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Waterboys – Fisherman’s Blues (1988)

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di Silvano Bottaro Con “This is the sea” del 1985, lo scozzese Mike Scott, realizzò il sogno della sua vita. Per questo disse: “Dopo un disco così, non posso che andare da un’altra parte”. Lo fece in tutti i sensi, anche geograficamente; lasciò Londra per l’Irlanda e passo anni a tessere una nuova tela di suoni, inserendo fili di quella gloriosa tradizione nel suo mondo già ricco di Dylan, Van Morrison e Patti Smith, di country, gospel e cajun. Fisherman’s Blues è il loro quarto album, chiamato anche “disco verde”, è stato registrato nella contea di Galway, e si sente. La svolta è decisamente “Irish”, il violino virtuoso di Steve Wickham recita il ruolo del protagonista e il mandolino di Anthony Thistlewaite non è da meno. Ed è ancora musica fresca, un viaggio folk rock, un dolce blues celtico, un ritorno ai valori della tradizione in opposizione al futurismo del rock ’80. Le ballate tradizionali e i suoni ricercati fanno di questo disco un meraviglioso tributo all’Isola Verde...

Jimi Hendrix

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Di sicuro una cosa c’è: un prima e un dopo Hendrix .  Jimi Hendrix irruppe sulla scena del rock come una meteora incandescente che trasformò l’idea stessa della chitarra elettrica. A tutti gli effetti è stato un musicista simbolo di quegli anni. Nessuno meglio di lui ha incarnato un tratto ineliminabile degli anni Sessanta, ovvero quella sensazione di rincorsa creativa. Tutto correva, i cambiamenti sembravano a portata di mano, gli eventi si succedevano ad un ritmo febbrile. Questa ebbrezza collettiva, Hendrix cercò di interpretarla in una stravolta improvvisazione sonora. I suoi “voli” solistici sembravano sfuggire ai consueti piani narrativi musicali. Le sue invenzioni, i furori creativi, le visioni folgoranti, imponevano continue sfaccettature. Sempre “in fuga” tra progetto e spontaneità, caos e ordine, allo stesso tempo. Capirne oggi la portata è più difficile, perché ormai tutto è già stato assimilato, digerito, trasformato in ovvio, ma, se pensiamo a quel tempo, quando ...

The Pogues - Poguetry In Motion (1986)

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Nel 1976 la rivista Sounds (che era una delle tre meravigliose riviste musicali inglesi, con il Melody Maker e il New Musical Express, e dalle cui ceneri nascerà Kerrang!) onora il cantante della band di oggi con un titolo, Face Of The Year, a quel viso grottesco, sdentato, che nascondeva un genio tanto bizzarro quanto straordinario. Shane MacGowan è un irlandese nato nel Kent, nel 1957, ed è un giovane punk scorbutico e ribelle quando fonda, a 19 anni nel 1976, la sua prima band: i Nipple Erectors, con due suoi amici, Shane Bradley e Adrian Thrills (che guarda caso farà più tardi il giornalista per il NME). Visto il nome (e questa sua verve creativa lo avrà anche per il gruppo che lo farà diventare un personaggio), lo abbreviano in Nips, il trio incide un paio di singolo e un disco, Only At The End Of The Beginning (1980) che non si ricorda nessuno. La band si scioglie, ma lui è deciso a continuare. Abbandona la ferocia del rock punk e si dedica ad una riscoperta del folk, del rockabi...

Negrita

Il rock dei Negrita si leva all'inizio degli anni '90 dalle ceneri degli Inudibili. Dopo un rapido assestamento, già nel 1992 la band aretina si presenta con la line-up definitiva (Pau alla voce, Drigo e Mac alla chitarra, Franky al basso e Zama alla batteria) e inizia a suonare in piccoli locali, promuovendo una manciata di demo. Discografia e Wikipedia

Just Like Honey - The Jesus and Mary Chain (1985)

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Nessuno meglio dei Jesus and Mary Chain dei fratelli Reid ha saputo attualizzare la lezione di Suicide e Velvet Underground, ovvero trasmettere il senso del rock attraverso il furore e la dolcezza, la perversione del noise e il candore delle armonie vocali. Armati di feedback e di abrasioni, hanno siringato l'incoscienza dei vent'anni (i Reid erano poco più che adolescenti quando diedero alle stampe Psychocandy) in pillole pop-punk davanti alle quali ci si può solo arrendere, perché velate di carta dark. Questa è la grandezza della band di Glasgow: agitare l'ascoltatore e al tempo stesso cullarlo, tra suggestioni lisergiche e riverberi, istantanee di desolazione e improvvisi muri di chitarre. Just Like Honey è, probabilmente, il più grande inno rock-punk-pop-dark-new wave degli anni ottanta. Racchiude il nocciolo di ogni stile e al tempo stesso li trascende. L'intro alla Phil Spector, il basso cupo e dark, la voce spettrale di Jim Reid, le chitarre che tagliano l'ar...

White Fence - For The Recently Found Innocent (2014)

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di Ruben Gavilli Tim Presley, aka White Fence, giunge con “For The Recently Found Innocent “ al sesto album in quattro anni di carriera e sembra aver rinforzato sempre di più la venatura cantautoriale del suo pop lo-fi psichedelico: si è fatto più preciso, il Nostro, meno rude, più limpido e meno confusionario. Perciò via i suoni stravaganti e i mille pedali che hanno caratterizzato per anni il suono della sua chitarra, ma solo strumenti che servono al jangle- psych californiano: chitarra acustica, chitarra elettrica, basso e batteria. C’è meno urgenza in For The Recently Found Innocent e si percepisce di più la forza crescente della composizione di White Fence. Rispetto agli stessi due dischi precedenti, “Family Perfume Vol. 2“ (2012) e “Cyclops Reap” (2013) c’è più chiarezza e sicurezza nello scrivere canzoni, che inevitabilmente predispone all’ascolto. Detto questo, non che l’immaginario di riferimento cambi, siamo sempre in odore di Byrds, folk-rock, Syd Barrett, il Bob Dyla...

Frank Zappa for President

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di Michele Pizzi* Frank Zappa amava sostenere che l’unica ragione per abbinare delle liriche alla sua musica fosse che “viviamo in una società dove la musica strumentale viene giudicata irrilevante”, concludendo che i suoi testi potevano essere classificati in tre sole categorie: “Quelli davvero stupidi, quelli appena meno stupidi e una minoranza semplicemente divertenti”. Sarà, ma è così difficile credergli. Altrimenti perché avrebbe consumato la sua vita nel gioioso affanno di scrivere centinaia di ‘storie cantate’, straboccanti di doppi e tripli sensi, citazioni, rivisitazioni di materiale classico, persino soggetti teatrali. E che dire dei suoi spettacoli, in cui la parte ‘narrata’ degli immancabili siparietti diventa indiscutibilmente parte integrante e fondamentale dello show, concepito da Frank come ‘teatro musicale’ a tutto tondo fin dai tempi gloriosi e fecondi delle serate al newyorkese Garrick Theatre. La realtà dice che Zappa è stato, oltre che un geniale com...

Pixies – Doolittle (1989)

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di Silvano Bottaro Era la fine degli anni Ottanta e non si pensi, musicalmente parlando, che le cose andassero male, tutt’altro. “ Come on Pilgrim ”, il mini album d’esordio del 1987, aveva fatto scalpore e più impressione ancora aveva suscitato il seguito, “ Surfer Rosa ” (1988) votato miglior disco dell’anno dai critici del settimanale Melody Maker. Ma, i Pixies scrissero il loro capolavoro con “ Doolittle ”, salutato dai fans e dai critici come un sublime artefatto di post punk. L’album è il risultato di varie influenze, un misto di note sonore inizialmente riprese da gruppi come gli Husker Du, Violent Femmes, Jesus and Mary Chain, e i Pere Ubu. Questo disco dalla musica incontenibile possiede, infatti, una freschezza ed una vitalità praticamente inesauribili. I Pixies con “ Doolittle ” hanno creato un disco meno devastante dei precedenti, più estroso, sottile.  Doolittle è una sorta di enciclopedia del rock americano in versione, naturalmente, molto riveduta e poco “corrett...

Frank Zappa

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Il duca della prugne, così era chiamato Frank Zappa, dal brano omonimo che comparve nel suo ce lebre secondo album "Absolutely Free". Nessuno prima di lui fu maestro della sovversione musicale, il più illuminato e multiforme dei musicisti generati dalla rivoluzione degli anni sessanta. La parte più ludica e irriverente della cultura rock, l'esempio indomabile di una coscienza scomoda e indigesta al perbenismo americano.  Alla cultura rock, Zappa ha insegnato cinismo e parodia, una visione fortemente laica e demitizzata della realtà, mescolando musica e rumori, parole e gemiti, telefonate e sirene. Con pari dignità dimostrava che si poteva eseguire un jodel tirolese e Stravinskij, un chicchirichi e il jazz. Come per tutti i grandi della musica del nostro tempo, continueremo a domandarci se sia stato o meno un raro, isolato genio del bricolage musicale, oppure un perfetto prodotto della sua epoca, di quegli anni sessanta e settanta così sbeffeggiati dai suoi dischi. Di...

Storia della musica: Bob Marley e il reggae

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di Stefano Nurse Bob Marley è stato uno dei più grandi interpreti musicali, nel suo genere, il reggae. Questo tipo di musica è nato in Giamaica alla fine degli anni '60, sotto l'influenza di vari stili musicali come l'R&B, lo ska ed il rocksteady. La nascita del reggae ha coinciso con la conquista dell'indipendenza della Giamaica dal colonialismo inglese. Il suo nome deriva, quasi sicuramente, dal termine dispregiativo inglese "ragged" (cioè, "rozzo"). La sua prima comparsa sulle scene si deve al titolo dell'album "Do the reggay", realizzato da uno dei primi gruppi musicali giamaicani, i Tolls& the Martayls. Tuttavia, c'è qualche teoria che attribuisce il nome reggae all'idioma "ragga", parlato dalle popolazioni bantu. Tracciamo, ora, una breve storia della sua vita con le tappe più significative. Bob Marley, è il nome d'arte di Robert Nesta Marley. È nato il 6 febbraio del 1945 nel piccolo villaggio...

E T I C H E T T E

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