Qal'at Marqab
Il Qalʿat Marqab (in arabo قلعة المرقب?, Qalʿat al-Marqab), lett. Fortezza di al-Marqab) è una delle fortezze crociate in Siria meglio conservate, insieme al Krak dei Cavalieri e alla Cittadella del Saladino,
Situato sulla vetta di un antico vulcano, a pochi chilometri dalla cittadina di Bāniyās, in posizione tale da dominare la strada che da Tartus conduceva a Laodicea. Per un lungo periodo ha costituito il baluardo crociato nella zona, per contrastare le scorribande degli Assassini, che avevano le loro basi a Maṣyaf e in altri castelli circostanti.
Storia
modificaAppartenente alla famiglia al-Muhriz, nel 1118 fu ceduta ai crociati, che iniziarono lavori di ampliamento e di ristrutturazione che la resero un baluardo pressoché inespugnabile e un presidio strategicamente fondamentale per i possedimenti crociati lungo il litorale siriano.
Sfruttando i contrasti tra i cristiani di Antiochia e di Tripoli 1133-1140, i musulmani erano riusciti a conquistare la fortezza, scarsamente protetta dal conestabile Onfroy de Toron, ma solo per alcuni mesi, grazie a Norandino e al suo generale Shirkuh (zio di Saladino), il 21 maggio 1157.[1]
Dopo la riconquista crociata, Riccardo II di Masoler eseguì ampi lavori di ampliamento e di rafforzamento della fortezza, tanto da intaccare profondamente il proprio patrimonio. Fu per tale ragione che il figlio fu costretto a cedere la fortezza agli Ospitalieri nel 1186, cui Onfroy l'aveva già assegnata pur di fruire del loro appoggio contro le forze zengidi.
L'Ordine cavalleresco terminò i lavori progettati da Rinaldo poco prima della celebre battaglia di Hattin; così che Saladino non tentò neppure di porre l'assedio alla fortezza durante la sua marcia di riconquista delle città e dei castelli della Siria.
Nel 1271 la caduta del Krak dei Cavalieri segnò anche la fine del Qalʿat Marqab; il sultano mamelucco Baybars tentò per due volte la sua conquista, successivamente il sultano mamelucco Qalawun riuscì a espugnarla grazie all'alto numero di guerrieri che era in grado di schierare. I pochi superstiti furono lasciati liberi e raggiunsero Tartus.
Note
modifica- ^ Nikita Elisséeff, Nūr ad-Dīn, Damas, Institut Français de Damas, 3 voll, tomo II, pp. 508 e segg.
Bibliografia
modifica- Nikita Elisséeff, Nūr ad-Dīn, Damas, Institut Français de Damas, 3 voll, tomo II, pp. 508 e segg.
Voci correlate
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Collegamenti esterni
modifica- (EN) Margat, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
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