Tango: Un ballo che dura tutta una vita
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“In “Tango” danzano in un’alternanza armonica tre vite, tramite un unico nome, Ludovico, trasferito come inequivocabile segno di riconoscimento da una generazione all’altra.
Un Ludovico appartiene al periodo delle colonie estive per figli di italiani all’estero, alle balere del giovedì sera per donne di servizio e ragazzi di bottega. Un Ludovico si muove tra le Fiat Cinquecento della ripresa economica e i figli dei fiori. Infine un Ludovico contemporaneo, adolescente, sogna il suo passato, attraverso insospettabili pruriti in un naso perfetto che vuole ritrovare le sue origini aquiline.
Dietro il romanzo scorrono ben affrescati fondali storici, che caratterizzano cronologicamente il succedersi degli eventi.
Eppure, a lasciarsi trasportare dalla carica emotiva della lettura, il tempo non fluisce affatto, ma si ferma alla sala Pichetti, con i suoi odori di “caffè, alcool, succo di arancia, sigarette al mentolo, pipa profumata e spruzzi di mistero al passaggio delle donne”, in cui i protagonisti – Ludovico e Viviana – ballano il tango nella prima pagina come nell’ultima.
Nel mezzo si trovano le loro vite, fatte di figli, lavoro, relazioni: sempre un tango, beninteso, e anche dotato di eleganza e di ritmo, ma non di quel fascino magnetico con cui l’inizio e la fine della storia si fondono, nella magia del ricongiungimento dei protagonisti a distanza di anni.
I tre Ludovici diventano uno solo, mentre le esperienze accavallate dai vari personaggi negli anni si mescolano, e acquisiscono – accanto al loro significato primario di carburante dell’intreccio – la funzione di sfumare il romanzo, conferendogli brio e verve, rendendolo insomma vivo e vibrante.”
Nicoletta De Angelis
Siamo alle soglie della seconda guerra mondiale. In una sala da ballo, a San Lorenzo, un quartiere popolare della capitale, due giovani si conoscono e si legano profondamente, danzando al ritmo di un tango. Siamo in pieno ventennio fascista; i ricordi di infanzia del protagonista ritornano alle sue estati nella colonia romagnola per i figli degli italiani all’estero, trascorse sulle rive di Cattolica, e all’interno di imponenti costruzioni futuriste, dove campeggia nei corridoi il volto del Duce. Lo spettro della guerra si fa incombente e sospende il legame tra i due innamorati, costringendo Ludovico a partire per il fronte. Ludovico non torna, ma la vita continua, e il suo ricordo rimane, grazie al bambino che la sua amata porta in grembo, a cui verrà messo il nome del padre. Esistono due mondi, intensamente intrecciati tra loro: quello scandito dall’orologio e dall’alternarsi delle stagioni, in cui Ludovico e Viviana vivono separati, e quello fatto di pensieri e presenze immateriali, in cui i due sono indissolubili e vicini per tutta la vita. Riusciranno mai ad incontrarsi?
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Anteprima del libro
Tango - Pasquale Larotonda
TANGO
Un ballo che dura tutta una vita
di Pasquale Larotonda
© 2014 Pasquale Larotonda
ISBN: 978-1-304-83596-3
Prima edizione enbook
Enrico Massetti Publishing
TANGO
Un ballo che dura tutta una vita
Pasquale Larotonda
Copyright Pasquale Larotonda 2014
Published by Enrico Massetti at Smashwords
Libri, ebook, DVD, CD - mp3 di Tango:
http://tango-dancers.com
edizione di:
Enrico Massetti Plublishing
1939
Era un turbinio di odori. Caffè, alcolici, succo di arancia, sigarette al mentolo, pipa profumata e spruzzi di mistero al passaggio delle donne, nella sala Pichetti, a due passi da San Lorenzo. Il suo naso aquilino si aggirava nel locale, un ex garage adattato a sala da ballo, frequentato il giovedì dalle ragazze a servizio nelle famiglie dei quartieri alti. Venivano a frotte nel loro giorno libero; i militari, puntuali, erano lì ad aspettarle, ma anche operai e ragazzi di bottega con qualche attempato signore in cerca di avventure. La bottega era a poche centinaia di metri; conosceva di vista alcune ragazze che frequentavano il locale per averle incrociate al vicino mercato di San Lorenzo. Ma lei, era la prima volta che la vedeva. Il bel naso aquilino si volse immediatamente verso il bancone del bar della sala Pichetti dove, guardate a vista dal barista, impettito, giacca crema, mani svelte, baffo setoso e voce di fata, due ragazze erano in piedi, intimidite dal frastuono della musica sudamericana, guardando il centro della sala dove due ballerini si producevano in un enfatico tango figurato. La qualità del fonografo e l’eccessiva risonanza delle note sulle pareti e sui banconi della grande sala, produceva uno strano effetto; gli strumenti che accompagnavano il cantante suonavano ognuno per suo conto, ognuno una sua canzone, il suono della tromba andava a rimbalzare sul grande finestrone che dava sulla strada soprastante, la batteria scomposta nei suoi pezzi si sfasciava sulle pareti e la voce, sola, imprigionata all’interno della scatola del fonografo, urlava per farsi ascoltare. In tutto questo, la presenza di voci nella sala, del barman che ripeteva forte le ordinazioni e le risate delle donne che tagliavano ogni suono attraversando la sala da una parte all’altra.
Tango. Era la sua specialità. Quante volte l’aveva provato col manico della scopa nel negozio, al suono della radio sempre accesa. Ed ora, che stava ballando con una meravigliosa creatura, forse la più bella della sala, poteva finalmente esibirsi nel suo ballo preferito. La ragazza non era molto esperta e si lasciava guidare con leggerezza; questo permetteva al cavaliere di usare quelle piccole violenze, come spingere e tirare la dama per raggiungere la posizione più adatta e cingerle più a fondo e con maggiore presa i fianchi per trascinarla con sé. La canzone andava avanti e i passi intrecciati e non perfettamente corretti dei ballerini formavano un intrigo di gambe che, ansiose di mettersi nella giusta posizione, continuavano a toccarsi e a sfiorarsi in mille abbracci non voluti. Nel vederla da lontano, qualche minuto prima, egli ne aveva ammirato il sorriso che illuminava il volto suo e quello della sua amica, per la verità meno attraente. Tutte le ragazze vanno a coppie, una bella e una no, ma più intraprendente; si aiutano così. I capelli neri, lunghi, di cui aveva immaginato il profumo, l’arco delle sopracciglia ampio a incorniciare quegli occhi curiosi e sensibili, le spalle diritte, il seno alto e fiero, i fianchi fermi e le gambe di granito, lunghe, morbidamente fasciate da calze scure.
Era una di quelle canzoni argentine di grande passione; nella voce del cantante si percepiva l’ansia e il desiderio di impietosire l’innamorata e farle accettare il suo amore. Le parole, a tratti incomprensibili, descrivevano un tragico amore non corrisposto, con un filo di speranza, sottolineata dalla delicatezza dei violini e ammorbidita dalla pienezza della fisarmonica, regina del tango argentino.
La canzone proseguiva nel suo inciso più impetuoso e compassionevole mentre i due ballerini si annusavano ad ogni incontro dei loro volti che, a scatti, cambiavano direzione, sempre concentrati, seri, a guardare senza vedere le pareti della sala, i conoscenti seduti intorno, gli altri ballerini, il bar.
Quando i loro occhi si incontravano, un lieve tremore, un tuffo l’uno nell’altro, una vita in un’altra vita, per quei pochi interminabili secondi. E le parole della mente, che non possono uscire all’esterno - Come sei bella, se mai potessi accostare il mio viso alle tue guance, sentirne il profumo, che già percepisco lieve da così lontano, camminare con te, mano nella mano, sul lungotevere, amarti ed essere amato, avere una figlia bella come te, e far l’amore per due giorni di seguito, senza bere, senza mangiare. E lei - Elegante e serio, con uno sguardo responsabile di chi ti dà sicurezza, ti fa sentire tranquilla, al riparo, sei un ragazzo attraente, cosa fai nella vita? Lavori, non sei fidanzato? Chissà, se potesse nascere una storia d’amore, anche se è solo un ballo con uno sconosciuto. Hai delle mani molto belle. Vedo la tua mano sinistra che tiene la mia con delicatezza e, ad ogni giro, mi fermo ad osservarla. E’ secca, non umida come tante, piacevole al tatto, calda. Vorrei accarezzarla, sentirne ancor di più il calore, appoggiarla al mio viso, darle un piccolo bacio. Sei alto. Vorrei essere abbracciata e sentire il tuo corpo per tutta la sua lunghezza contro il mio -
La canzone era terminata e i ballerini aprirono le mani per lasciare libero ognuno di allontanarsi dichiarando così che la magia era finita, che il diritto di stare abbracciati era scaduto, che era necessario tornare alla realtà, rimettere in ordine i propri pensieri, dimenticare le piccole illusioni e le sensazioni provate in quei pochi minuti. Dopo la musica solo i resti di due anime felici in un pietoso campo di battaglia: si udivano voci sommesse, un grazie, una risata delusa, suoni di bicchieri, colpi di tosse e l’odore di fumo, una coltre di nebbia che copriva i danzatori e la sala intera.
L’incantesimo è finito. Cosa fare? Cosa si può dire in un clima di triste sconfitta, ad una ragazza? Si può dirle - Sono molto colpito dalla tua bellezza e dal tuo aspetto così gradevole che chiedo soltanto di stare ancora vicino a te per il resto della serata, magari conversare di quello che ti piace di più, fare ancora molti balli e poi riaccompagnarti a casa - Ma lei risponderebbe - Non mi sembra il caso di fare tutte queste richieste, io neppure ti conosco, accontentiamoci del ballo che abbiamo fatto, ti auguro di passare una bella serata - Infatti tutto si risolse in un inchino ed ognuno dei due tornò al proprio posto che, sfortunatamente, era lontanissimo dall’altro, ai due angoli opposti della sala. Ma il pensiero di lui era ormai preda dell’incantesimo dell’amore. La osservò per tutta la sera;