Il bugiardo
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Carlo Goldoni
Carlo Goldoni was born in Venice in 1707. While studying Law in Pavia he was expelled from his College for having written a satirical tract about the people of Pavia. He continued his legal studies in Modena and finally graduated in Law in Padova. After practising this profession for a short while, he abandoned it in favour of the theatre. An extremely prolific theatrical career followed spanning over sixty years. Goldoni was a prolific playwright, widely regarded as the Italian Molière. He died in Paris in 1793.
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Anteprima del libro
Il bugiardo - Carlo Goldoni
1750.
L'AUTORE A CHI LEGGE
Il valoroso Pietro Cornelio, colla più bella ingenuità del mondo, ha confessato al Pubblico aver lavorato il suo Bugiardo sul modello di quello che fu attribuito in Ispagna a Lopez de Vega, quantunque un altro Autore Spagnuolo lo pretendesse per suo.
Io con altrettanta sincerità svelerò a' miei Leggitori aver il soggetto della presente Commedia tratto in parte da quella del sopraddetto Cornelio. Vanta l'Autor Francese aver condotto l'opera sua con quella varietà nell'intreccio, che più gli parve adattata al gusto della nazione, a cui doveva rappresentarsi. Tanto ho fatto io nel valermi di un tal soggetto: servito appena mi sono dell'argomento; seguito ho in qualche parte l'intreccio; ma chi vorrà riscontrarlo, dopo alcune scene che si somigliano, troverà il mio Bugiardo assai diverso dagli altri due; talmentechè avrei potuto darmi merito dell'invenzione ancora, se sopra un tal punto non fossi io assai scrupoloso, e nemicissimo di qualunque impostura.
Pur troppo nella edizione di Venezia, stampandosi dal Bettinelli le mie Commedie, senza le piccole mie Prefazioni, e non leggendosi questa tale premessa al mio Bugiardo, non mancherà chi dirà il bugiardo esser io medesimo, arrogandomi l'altrui merito e l'altrui fatica; ed ecco la necessità de' miei ragionamenti al Lettore, la mancanza de' quali fa difetto notabilissimo nella prenarrata Edizione.
Io per altro, come diceva, ho dato un giro assai più brillante ad una tale Commedia. Ho posto al confronto dell'uomo franco un timido, che lo fa risaltare. Ho posto il mentitore in impegni molto ardui e difficili da superare, per maggiormente intralciarlo nelle bugie medesime, le quali sono per natura così feconde, che una ne suol produr più di cento, e l'une han bisogno dell'altre per sostenersi.
Il sonetto è forse la parte più ridicola della Commedia.
Le lettere a Pantalone e a Lelio dirette accrescono l'imbarazzo e la sospensione. Tutte cose da me inventate, le quali potevano darmi sufficiente materia per una Commedia, che si potesse dir tutta mia, ciò non ostante, sapendo io d'aver fatto uso del soggetto dell'Autore Francese, non ho voluto abusarmene, e Dio volesse che così da tutti si praticasse, che non si vederebbono tante maschere, tanti rappezzamenti, tante manifeste imposture.
PERSONAGGI
Il DOTTOR BALANZONI, bolognese, Medico in Venezia.
ROSAURA, sua figlia.
BEATRICE, sua figlia.
COLOMBINA, loro cameriera.
OTTAVIO, Cavaliere padovano, amante di Beatrice.
FLORINDO, cittadino bolognese, che impara la medicina, e abita in casa del Dottore; amante timido di Rosaura.
BRIGHELLA, suo confidente.
PANTALONE, mercante veneziano, Padre di
LELIO, il bugiardo.
ARLECCHINO, suo servo.
Un Vetturino napolitano.
Un Giovine di mercante.
Un Portalettere
Una Donna che canta.
Suonatori.
Barcajuoli di peota.
Barcajuoli di gondola.
La Commedia si rappresenta in Venezia.
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Notte con luna.
Strada con veduta del canale. Da una parte la casa del Dottore, con un terrazzino. Dall'altra, locanda con l'insegna dell'Aquila.
Nell'alzar della tenda vedesi una peota illuminata, disposta per una serenata con dentro i suonatori, ed una donna che canta. I suonatori suonano una sinfonia.
Florindo e Brighella in terra, da un lato della scena.
Rosaura e Beatrice vengono sul terrazzino.
FLOR. Osserva, osserva, Brighella; ecco la mia cara Rosaura sul terrazzino con sua sorella Beatrice; sono venute a godere la serenata. Ora è tempo ch'io faccia cantare la canzonetta da me composta, per ispiegare con essa a Rosaura l'affetto mio.
BRIG. ¹ Mi non ho mai più visto un amor più curioso del vostro. Vusignoria ama teneramente la signora Rosaura: el ghe sta in casa, facendo pratica de medicina col signor dottor, padre della ragazza; el gh'ha quanto comodo el vol de parlarghe, e invece de farlo a bocca, el vol spiegarse con una serenada, el vol dirghelo con una canzonetta? Eh, no la butta via el so tempo cusì miseramente. La parla, la se fazza intender, la senta l'inclinazion della giovine; e se la ghe corrisponde, allora po la ghe fazza delle serenade, che almanco no la butterà via cusì malamente i so bezzi.
FLOR. Caro Brighella, te l'ho detto altre volte: non ho coraggio. Amo Rosaura, ma non trovo la via di spiegarmi che l'amo. Credimi: se a faccia a faccia giungessi a dirle qualche cosa dell'amor mio, morirei di rossore.
BRIG. Donca la vol tirar avanti cussì? Penar senza dirlo?
FLOR. Via, va alla peota, e ordina che si canti la nuova mia canzonetta.
BRIG. La me perdona. Ho servido in Bologna so sior padre. Vusignoria l'ho vista a nascer, e ghe vojo ben. Siben che adesso in sta città servo un altro, co la vedo ella, me par de vèder el mio patron, e quelle ore che posso robar, le impiego volontiera...
FLOR. Brighella, se mi vuoi bene, fa quello che ora ti ordino; va alla peota, e di' che si canti.
BRIG. La servirò come la comanda.
FLOR. Mi ritirerò dietro di questa casa.
BRIG. Perchè retirarse?
FLOR. Per non esser da nessuno osservato.
BRIG. (Oh che amor stravagante! Oh che zovene fatto all'antiga! Ai nostri dì se ne trova pochi de sta sorte de mammalucchi.) (s'avvia verso la peota)
FLOR. Cara Rosaura tu sei l'anima mia. Tu sei l'unica mia speranza. Oh se sapessi quanto ti amo! (si ritira)
I suonatori nella peota suonano il ritornello della canzonetta, e la donna dalla stessa peota canta la seguente canzonetta veneziana.
Idolo del mio cuor,
Ardo per vu d'amor,
E sempre, o mia speranza,
Se avanza el mio penar.
Vorria spiegar, o cara,
La mia passion amara;
Ma un certo no so che...
No so se m'intendè,
Fa, che non so parlar.
Quando lontana sè,
Quando no me vedè,
Vorria, senza parlarve,
Spiegarve el mio dolor;
Ma co ve son arente,
No son più bon da gnente.
Un certo no so che...
No so se m'intendè,
Me fa serrar el cuor.
Se in viso me vardè,
Fursi cognosserè
Quel barbaro tormento,
Che sento in tel mio sen.
Dissimular vorria
La cruda pena mia;
Ma un certo no so che...
No so se m'intendè,
Ve dise: el te vol ben.
Mio primo amor vu sè,
E l'ultimo sarè,
E se ho da maridarme,
Sposarme vòi con vu;
Ma, cara, femo presto...
Vorave dir el resto,
Ma un certo no so che...
No so se m'intendè,