Che cosa significa amare
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Info su questo ebook
A cosa può spingere l’amore? Fino a dove può portare questo sentimento così viscerale? Ma soprattutto, che cosa significa amare?
Devis Annibaldi nasce a Rieti il 19 luglio 1974, e cresce a Casperia, un piccolo borgo di provincia. Dal 2015 vive a Zurigo con la moglie e i tre figli. Dapprima cantautore, arriva a realizzare cortometraggi come regista e a pubblicare due libri. La scrittura lo fa star bene, è il momento più importante con se stesso.
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Anteprima del libro
Che cosa significa amare - Devis Annibaldi
Devis Annibaldi
CHE COSA SIGNIFICA AMARE
© 2024 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 979-12-236-0073-3
I edizione novembre 2024
Finito di stampare nel mese di novembre 2024
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
CHE COSA SIGNIFICA AMARE
Nuove Voci
Prefazione di Barbara Alberti
Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.
È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.
Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi
Non esiste un vascello come un libro
per portarci in terre lontane
né corsieri come una pagina
di poesia che s’impenna.
Questa traversata la può fare anche un povero,
tanto è frugale il carro dell’anima
(Trad. Ginevra Bompiani).
A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.
Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.
Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.
Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov
.
Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.
Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.
Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.
Capitolo 1
28 settembre
Non ho alternative.
Non voglio, ma devo. Devo per il bene di tutti.
È l’unico modo per riuscire a convivere con lui. Non posso svelarglielo ora, lo amo troppo, troppo da dover rinunciare al mio sangue. Lo perderei, e perderlo è come darsi un colpo in testa con l’accetta. Ho mal di cuore, ho mal d’amore, sono frastornata e confusa. Tremo al pensiero di lasciarlo, di lasciar cadere la foglia sospesa dal vento, talmente leggera e indifesa che il primo ruscello se la porta via affogandola nel dolore. Anche se so che sarà in buone mani. Anche se so che tutti i giorni lo prenderò e lo stringerò al mio petto. Anche se so che non sarà lontano da me. Mi mancherà.
Vorrei che domani fosse il giorno in cui mi genufletterò ai suoi piedi per chiedergli perdono. Il giorno che gli dirò chi è, sarà come il primo giorno.
Prenderò il tempo necessario per aspettare il suo ritorno, aspetterò il giorno della verità per concedermi a Dio. Fino a quel giorno sarò invulnerabile, presente in ogni forma di vita per essergli accanto, userò tutta l’alchimia che è in me. Sopporterò il dolore invano del mio sangue infetto.
Rispetterò l’impegno fino alla morte. Lo farò per te.
Capitolo 2
2 giugno
- Buongiorno, Ines.
- Buongiorno a te, mio caro.
- Vado a fare la spesa, ti serve qualcosa per pranzo?
- No, grazie, sei proprio un amore di ragazzo, non mi serve nulla, oggi preparerò solamente un piatto di pasta in bianco.
Sai, è qualche giorno che non mi sento molto bene.
- Allora ci vediamo come sempre dopo pranzo per il caffè.
- Ti aspetto, ma non tardare che voglio andare a fare un riposino, oggi fa troppo caldo per la mia testa.
- Ok, Ines, a dopo.
Jeans chiaro Levi’s 501, camicia bianca e un paio di mocassini nero lucido.
Mi chiamo Enea, ho 29 anni e sono laureato in economia e commercio da tre. Dopo la laurea mi sono accorto di aver scelto la facoltà sbagliata, ma ormai non potevo più tornare indietro, e così ho cominciato a cercare lavoro nel mio settore. Sono stato in tutti gli studi commerciali della città, ma nulla, ho spedito il mio curriculum a centinaia di aziende proponendomi come contabile, ancora nulla. Sono passati tre anni: questa mattina devo presentarmi a un colloquio di lavoro in una azienda farmaceutica, ma non come contabile, semplicemente come magazziniere o autista per consegnare alle farmacie della zona. Anche questa mattina me la prendo con calma, non credo che cambi qualcosa, in questo periodo non sono molto fortunato, ma andrò lo stesso. Non voglio assolutamente essere di peso ai miei genitori che hanno lottato molto per farmi studiare. Mio padre è muratore nell’azienda di Nicola da quasi trentacinque anni, e tra un po’ andrà in pensione, mia madre è casalinga. Vorrei trovare una cazzo di indipendenza economica, tutto quello che cerco è un motivo per cui alzarmi la mattina, senza dover guardare la sveglia dicendo che cazzo anche stamattina non so che farò
.
Invece, quando guardi la sveglia e ti accorgi che sei in ritardo, è lì che viene il bello. Merda è tardissimo
ti dici, cominci a correre per la stanza per trovare il vestito giusto, con qualche preghiera riesci anche a lavarti i denti senza dentifricio, altrimenti si perdono minuti preziosi. È una corsa contro il tempo. Vuoi mettere alzarsi in quel modo, che magari non sapere che cosa fare? È tutto più eccitante. E finalmente arrivi al lavoro esattamente un minuto prima di timbrare il cartellino. E in quel caso ti rilassi alla grande con un sospiro di sollievo. Altro che yoga: ho un lavoro!
L’appuntamento dovrebbe essere in questo palazzo.
- Buongiorno sono qui per quel posto di magazziniere.
Senza nemmeno guardarmi, l’impiegata mi risponde: - Non è qui, deve andare all’altro sportello.
Mi reco quindi all’altro sportello.
- Buongiorno sono qui per quel posto di magazziniere.
Anche quest’altra con gli occhiali a doppie lenti senza guardarmi mi risponde: - È al piano di sopra terza stanza a sinistra.
Comincio a innervosirmi, provo a stare calmo. Ancora per poco.
Vado al piano di sopra, salgo le scale vestite da un tappeto verde scuro puzzolente e pieno di pedate. Comincio a sentire delle voci che provengono proprio da quella stanza. Le urla sono sempre più vicine. Apro la porta. Sembra che in quella stanza ci sia una tromba d’aria: mentre stavo aprendo il rumore delle voci e il fiato delle persone mi spostano indietro di qualche centimetro.
- O mio Dio! - grido ad alta voce. Che cos’è, una manifestazione politica? Una massa di gente indemoniata urla la propria vena portandola all’esaurimento totale. Rimango immobile per due minuti, non sapendo se piangere o spaccare con una testata la porta. Conto fino a dieci riflettendo attentamente a come potessi risolvere la questione, e la risposta è quella di voltarmi, e andarmene nella velocità immediata. Con un vaffanculo rivolto al mondo, e alle due troie di sotto che non mi hanno guardato nemmeno in faccia, esco da quel cazzo di posto. Stavolta senza rancore: perché non mi sento triste, frustrato, angosciato, un buono a nulla. Non so che mi è preso, ho delle emozioni dentro me che devo ancora capire. Non voglio questo. Mi sono preso una settimana di vacanza.
Capitolo 3
- Come è andato, Enea, il colloquio di questa mattina?
- Ines, male come al solito.
Spiego tutto a Ines. L’angoscia totale.
Passo l’intero pomeriggio a farle compagnia e a parlare del mio futuro, delle aspettative, dei sogni, delle paure. Sto bene con lei, mi sento a casa. Succede spesso di incontrarci e farci delle lunghe chiacchierate. Mi dà fiducia e dei buoni consigli.
Ines è una donna sola da molto tempo, il marito era un pilota d’aerei commerciali e morì accidentalmente investito da un carrello di quelli che portano le valigie dei passeggeri. Sceso dal suo aereo si recava verso la porta interna dell’aeroporto, mentre girava intorno al muso del bestione, dall’altra parte veniva a tutta birra il trattorino elettrico con quattro carrelli attaccati pieni di valigie. Il conducente, quando si vide spuntare il pilota dal muso, non fece in tempo a sterzare e lo colpì in pieno petto scaraventandolo a cinque metri di distanza. Che ironia. Walter era sovra pensiero, non sarebbe mai dovuto passare di là il conducente del trattorino.
Lo portarono all’ospedale ma non ci fu niente da fare. Morì sotto i ferri dopo due ore. Ines da allora si chiude in casa, non frequenta più nessuno tranne me. Si può dire che sono cresciuto a casa sua, ci andavo a giocare