Gaio Sulpicio Petico

politico e militare romano

Gaio Sulpicio Petico [1] (in latino: Caius Sulpicius Peticus) (... – ...) è stato un politico romano.

Gaio Sulpicio Petico
Console della Repubblica romana

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Consolato364 a.C., 361 a.C.

Biografia

Di origine patrizia, fu censore nel 366 a.C., anno in cui fu eletto il primo console plebeo, Lucio Sestio Laterano.

Fu eletto console per la prima volta nel 364 a.C. ed ebbe come collega Gaio Licinio Calvo Stolone[2], uno dei due tribuni della plebe, promotori delle Leges Liciniae Sextiae, o leggi licinie sestie. Durante l'anno a Roma continuò ad imperversare la peste, che l'anno prima aveva colito anche Marco Furio Camillo, e per scongiurarla furono istituiti i ludi scenici per la prima volta [3].

Nel 362 a.C. fu legatus del console plebeo Lucio Genucio Aventinense e, in seguito alla morte del console, comandò l'esercito che respinse un attacco degli Ernici al campo romano. L'anno successivo (361 a.C.) fu console per la seconda volta con il suo precedente collega Licinio[4]. Entrambi i consoli marciarono con l'esercito contro gli Ernici e conquistarono la città di Ferentinum; al suo ritorno a Roma il solo Petico ricevette l'onore del trionfo.

Nel 358 a.C. fu nominato dittatore per fronteggiare l'invasione dei Galli, che avevano invaso il territorio fino a Pedum. Petico fortificò il campo dell'esercito, ma in conseguenza del malumore dei propri soldati, impazienti di combattere e di concludere velocemente il conflitto, marciò contro il nemico e lo sconfisse, non senza difficoltà. Per tutto ciò ottenne l'onore di un secondo trionfo e portò in Campidoglio una notevole quantità di oggetti d'oro, frutto del bottino della battaglia[5].

«Dai tempi di Marco Furio, nessuno meritò più di Gaio Sulpicio di celebrare un trionfo sui Galli. Egli raccolse dalle spoglie dei Galli una notevole quantità d'oro che consacrò agli dèi in Campidoglio facendola interrare in una cella sotterranea.»

Nel 355 a.C. fu eletto console per la terza volta ed ebbe come collega il patrizio Marco Valerio Publicola, questo in violazione delle leggi licinie-sestie. Fu rieletto console nuovamente nel 353 a.C. con Publicola ed infine fu eletto ancora console per la quinta volta nel 351 a.C. con Tito Quinzio Peno Capitolino Crispino.

Note

  1. ^ William Smith, Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology, 1, Boston: Little, Brown and Company, Vol.3 p. 211
  2. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita, VII, 2.
  3. ^ Valerio Massimo, Fatti e detti memorabili II 4, 5
  4. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita, VII, 9.
  5. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita, VII, 12-15.

Voci correlate


Collegamenti esterni