Giacomo Brodolini

sindacalista e politico italiano (1920-1969)

«Da una parte sola. Dalla parte dei lavoratori.»

Giacomo Brodolini (Recanati, 19 luglio 1920Zurigo, 11 luglio 1969) è stato un sindacalista e politico italiano. Dal 1946 militò nel Partito d'Azione, nel 1948 aderì al PSI. Vicesegretario nazionale della CGIL (1955-1960), vicesegretario del PSI dal 1963 al 1966, ricoprì la medesima carica nel PSDI-PSI unificati fino al 1968. Deputato dal 1953, senatore dal 1968, nel dicembre di quell'anno fu nominato Ministro del Lavoro e della previdenza sociale. In tale veste promosse una vasta attività legislativa in materia previdenziale e sindacale e fu uno dei principali sostenitori dello Statuto dei lavoratori, divenuto poi legge (20 maggio 1970, n. 300)[2].

Giacomo Brodolini

Ministro del lavoro e della previdenza sociale
Durata mandato12 dicembre 1968 –
11 luglio 1969
PresidenteMariano Rumor
PredecessoreGiacinto Bosco
SuccessoreCarlo Donat-Cattin

Senatore della Repubblica Italiana
Durata mandato5 giugno 1968 –
11 luglio 1969
LegislaturaV
Gruppo
parlamentare
PSU
CircoscrizioneMarche
CollegioAncona
Sito istituzionale

Deputato della Repubblica Italiana
Durata mandato25 giugno 1953 –
4 giugno 1968
LegislaturaII, III, IV
Gruppo
parlamentare
PSI
CircoscrizioneAncona
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoPartito Socialista Italiano
Titolo di studioLaurea in lettere
UniversitàUniversità degli Studi di Bologna

Biografia

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Giacomo Brodolini nacque a Recanati il 19 luglio 1920 da Armando e da Doretta Federici[3]. Studiò a Bologna e nel 1939 conseguì la maturità[3]. Nel 1940, allo scoppio della Seconda guerra mondiale, fu chiamato alle armi e partecipò come ufficiale di complemento alle campagne di Albania e Grecia[3]. Rimpatriato, venne inviato in Sardegna, dove rimase fino all'armistizio dell'8 settembre 1943[3].

L'adesione al Partito d'Azione

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Giacomo Brodolini, con l'immancabile sigaretta, a fianco di Joyce Lussu a Recanati (MC) durante la campagna elettorale del 1946

In Sardegna si compì la sua formazione politica, che lo vide entrare nelle file del Partito d'Azione (1946) su impulso delle amicizie della cerchia dei militanti antifascisti, prima tra tutte quella di Emilio Lussu e Joyce Lussu[3]. Nel giugno 1946 si laureò in Lettere a Bologna con una tesi sull'attore e patriota Gustavo Modena[3]. Militante del Partito d'Azione, ne divenne dirigente nelle Marche[3].

L'ingresso nel Partito Socialista Italiano

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Dopo lo scioglimento del partito (1947) restò fedele all'ala socialista (maggioritaria) e aderì quindi nel 1948[2] al Partito Socialista Italiano, insieme alla componente di Riccardo Lombardi ed Emilio Lussu, nel quale lavorò come funzionario, specializzandosi nelle tematiche sindacali[3]. Il suo impegno politico lo portò un anno dopo alla carica di Segretario Provinciale dei socialisti ad Ancona e membro del comitato centrale dal 1948[3].

L'impegno sindacale nella CGIL

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Alla fine del 1950 fu chiamato a Roma, dietro suggerimento di Rodolfo Morandi, dove fu eletto segretario nazionale della Federazione lavoratori edili (FILLEA) della CGIL[3].

Membro del comitato direttivo della CGIL dal 1951 e dell'esecutivo dal 1952, rimase segretario generale della FILLEA fino al 1955 (come parlamentare svolse diversi interventi in questi anni sulla questione delle abitazioni), allorché venne nominato vice-segretario della CGIL (con Giuseppe Di Vittorio segretario generale e Fernando Santi segretario aggiunto), restando nel vertice confederale fino al 1960[3].

Il 27 ottobre 1956, in occasione dell'intervento delle truppe dell'Unione Sovietica in Ungheria per reprimere la rivoluzione popolare in corso, Brodolini, in qualità di vice-segretario della CGIL, si fece promotore di una presa di posizione del suo sindacato in solidarietà al popolo ungherese e di condanna dell'invasione sovietica. Fu l'estensore del documento[4], che, con la piena approvazione del Segretario generale della CGIL, il comunista Giuseppe Di Vittorio[5], fu approvato all'unanimità dalla Segreteria della Confederazione: «La Segreteria della CGIL esprime il suo profondo cordoglio per i caduti nei conflitti che hanno insanguinato l'Ungheria [...] , ravvisa in questi luttuosi avvenimenti la condanna storica e definitiva dei metodi antidemocratici di governo e di direzione politica ed economica che determinano il distacco fra dirigenti e masse popolari... deplora che sia stato richiesto e si sia verificato in Ungheria l'intervento di truppe straniere...» (Avanti! e l'Unità del 28 ottobre 1956[6][7]). Poiché si era diffusa la voce che l'atteggiamento assunto dalla C.G.I.L. riguardo agli avvenimenti ungheresi fosse dovuto principalmente alle pressioni dei sindacalisti socialisti, Di Vittorio si sentì di dover dimostrare che tale posizione rifletteva effettivamente le convinzioni di tutti i membri della segreteria confederale (del resto il documento era stato votato all'unanimità), rilasciando a sua volta una dichiarazione all'agenzia di stampa S.P.E.[8].

Per questa sua presa di posizione Giuseppe Di Vittorio fu assoggettato dal segretario del PCI Palmiro Togliatti ad una sorta di "processo interno", nel quale il leader sindacale fu costretto ad aderire alla posizione ufficiale del partito, in una sorta di abiura di quanto in precedenza da lui affermato, giustificando pubblicamente la sua condotta di sindacalista con l'esigenza di unità della confederazione[9].

L'elezione a deputato e l'impegno nel PSI

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1960, Direzione PSI: da sinistra Achille Corona, Giovanni Pieraccini, Pietro Nenni, Sandro Pertini, Giacomo Brodolini, Riccardo Lombardi e Alberto Jacometti.

Nel 1953 venne eletto per la prima volta alla Camera dei deputati nella circoscrizione di Ancona-Pesaro-Macerata-Ascoli Piceno (avrebbe ricoperto il seggio per tre legislature, fino al 1968, anno in cui fu eletto al Senato)[3].

Poi Brodolini decise di passare all'attività di partito, fu quindi eletto vicesegretario del PSI nel 1963, carica che mantenne fino al 1966[2]. Nel 1968, in seguito all'unificazione di PSI e PSDI, Brodolini divenne vicesegretario di questa aggregazione[2].

L'ingresso al governo

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Nel dicembre di quell'anno fu nominato Ministro del lavoro e della previdenza sociale nel primo governo di Mariano Rumor (1968-1969)[2]. In tale veste promosse una vasta attività legislativa in materia previdenziale e sindacale: il superamento delle gabbie salariali, la ristrutturazione del sistema previdenziale e fu uno dei principali sostenitori dello Statuto dei lavoratori, divenuto poi legge (20 maggio 1970, n. 300)[2].

Anche sul piano dello stile personale Brodolini diede un'immagine del tutto nuova al suo ministero trascorrendo la notte del Capodanno 1969 nella tenda alzata in via Veneto a Roma dai lavoratori della fabbrica romana Apollon, in lotta per la difesa del posto di lavoro, e portando ai braccianti di Avola la solidarietà del ministero a seguito della morte di due lavoratori uccisi dalla polizia il 2 dicembre 1968[3].

La scomparsa di Brodolini

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Brodolini morì, in seguito ad un tumore ai polmoni, l'11 luglio 1969 in una clinica di Zurigo. La consapevolezza della fine imminente lo spinse ad accelerare per quanto possibile la realizzazione del suo programma politico e l'approvazione dello Statuto dei diritti dei lavoratori. In riconoscimento dell'impegno profuso da Brodolini nell'ultima fase della sua vita, il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat gli conferì la Medaglia d'Oro al Valor Civile.

Lo Statuto dei diritti dei lavoratori

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Statuto dei lavoratori.

L'intervento più rilevante di Brodolini fu la presentazione, il 24 giugno 1969, di un disegno di legge, alla cui elaborazione aveva posto mano fin dall'inizio del mandato ministeriale, dal titolo Norme per la tutela della libertà e della dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro, bozza della legge nota come Statuto dei lavoratori. Con questo disegno Brodolini intendeva, come si legge nel testo: «contribuire in primo luogo a creare un clima di rispetto della libertà e della dignità umana nei luoghi di lavoro, riconducendo l'esercizio dei poteri direttivo e disciplinare dell'imprenditore nel loro giusto alveo e cioè in una stretta finalizzazione allo svolgimento delle attività produttive»[3].

La discussione del disegno di legge vide un serrato dibattito tra il ministero del Lavoro, il Parlamento e le organizzazioni sindacali, che ebbe come sfondo la crisi del centro-sinistra e le lotte operaie dell'autunno caldo, e che facilitò l'emergere di una concezione non formale dei diritto del lavoro. L'approvazione definitiva della legge, essendo Ministro del lavoro e della previdenza sociale l'onorevole democristiano Carlo Donat-Cattin, fu votata dal Parlamento il 20 maggio 1970 (legge n. 300)[3].

Onorificenze

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«Esempio altissimo di tenace impegno politico, dedicava, con instancabile e appassionata opera, ogni sua energia al conseguimento di una più alta giustizia sociale, dando, prima come sindacalista, successivamente come parlamentare e, infine, come Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, notevolissimo apporto alla soluzione di gravi e complessi problemi interessanti il mondo del lavoro. Colpito da inesorabile male e pur conscio dell'imminenza della sua fine, offriva prova di somma virtù civica, continuando a svolgere, sino all'ultimo, con ferma determinazione e con immutato fervore, le funzioni del suo incarico ministeriale, in una suprema riaffermazione degli ideali che avevano costantemente ispirato la sua azione. Luglio 1969»
— 14 agosto 1969[10]

La Fondazione "Giacomo Brodolini"

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Una fondazione[11] a lui intitolata opera oggi nel campo dell'economia, del diritto e della sociologia del lavoro.

Curiosità

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Nella puntata del 25 aprile 2009 de L'era glaciale in onda su Rai 2, si verificò un battibecco tra la conduttrice, Daria Bignardi, e l'allora Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, Renato Brunetta, sul nome di Brodolini, storpiato dalla giornalista in "Brandolini" a causa di un refuso degli autori della trasmissione che ne ignorava la vita e le opere.

  1. ^ Aa. Vv., Le Immagini del socialismo: comunicazione politica e propaganda del PSI dalle origini agli anni Ottanta, Marsilio Editore, ISBN 978-88-317-4684-7. URL consultato il 16 febbraio 2016.
  2. ^ a b c d e f Brodolini, Giacomo, su treccani.it. URL consultato il 19 febbraio 2016.
  3. ^ a b c d e f g h i j k l m n o BRODOLINI, Giacomo, su treccani.it. URL consultato il 19 febbraio 2016.
  4. ^ Cfr. Piero Boni, Il sindacalista Giacomo Brodolini, in Una stagione del riformismo socialista, Giacomo Brodolini a 40 anni dalla sua scomparsa, a cura di Enzo Bartocci, atti del Convegno omonimo svoltosi a Recanati il 27 e 28 marzo 2009, Edizioni Fondazione Giacomo Brodolini, Collana "Studi e ricerche", 2010, pagg.89-90.
  5. ^ Ricorda Piero Boni: «Vorrei richiamare ancora una volta quell’episodio che non costituì di certo un ricatto da parte dei socialisti nei confronti della maggioranza comunista della CGIL, come qualcuno ha scritto. In quella famosa mattina del 27 ottobre ci eravamo incontrati Brodolini ed io nella sede della Confederazione in Corso d’Italia e convenimmo che la CGIL non potesse rimanere insensibile di fronte alla gravità di un avvenimento quale l’invasione dell'Ungheria da parte delle truppe russe e alla violenta repressione che ne era seguita. Si decise pertanto di chiedere la convocazione immediata della Segreteria e di proporre una mozione di condanna di quanto era avvenuto. Giacomo Brodolini provvide alla stesura di un testo in cui si affermava "la condanna storica e definitiva di metodi antidemocratici di governo e di direzione politica ed economica. Sono questi metodi – si diceva – che determinano il distacco tra i dirigenti e le masse popolari". Portammo il testo a Lizzadri il quale lo approvò immediatamente e insieme andammo da Giuseppe Di Vittorio non con l'intenzione di proporre la dichiarazione come iniziativa di parte, ma come posizione dell'intera Confederazione. Di Vittorio, dopo averla letta attentamente più di una volta, disse "va bene". Alla fine era più convinto di noi».
  6. ^ Questo il testo integrale del comunicato della CGIL:
    "La segreteria della CGIL di fronte alla tragica situazione determinatasi in Ungheria, sicura di interpretare il sentimento comune dei lavoratori italiani, esprime il suo profondo cordoglio per i caduti nei conflitti che hanno insanguinato il Paese.
    La segreteria confederale ravvisa in questi luttuosi avvenimenti la condanna storica e definitiva di metodi antidemocratici di governo e di direzione politica ed economica che determinano il distacco fra dirigenti e masse popolari.
    Il progresso sociale e la costruzione di una società nella quale il lavoro sia liberato dallo sfruttamento capitalistico sono possibili soltanto con il consenso e la partecipazione attiva della classe operaia e delle masse popolari, garanzia della più ampia affermazione dei diritti di libertà, di democrazia e di indipendenza nazionale.
    L'evolversi positivo della situazione in Polonia ha dimostrato che soltanto sulla via dello sviluppo democratico si realizza un legame effettivo, vivente e creatore fra le masse lavoratrici e lo stato popolare.
    La C.G.I.L. si augura che cessi al più presto in Ungheria lo spargimento di sangue e che la nazione ungherese trovi, in una rinnovata concordia, la forza per superare la drammatica crisi attuale, isolando così gli elementi reazionari che in questa crisi si sono inseriti col proposito di ristabilire un regime di sfruttamento e di oppressione.
    In pari tempo, la C.G.I.L., fedele al principio del non intervento di uno Stato negli affari interni di un altro Stato, deplora che sia stato richiesto e si sia verificato in Ungheria l'intervento di truppe straniere.
    Di fronte ai tragici fatti di Ungheria e alla giustificata commozione che hanno suscitato nel popolo italiano, forze reazionarie tentano di inscenare speculazioni miranti a perpetuare la divisione tra i lavoratori, a creare disorientamento nelle loro file, a ingenerare sfiducia verso le loro organizzazioni per indebolirne la capacità di azione a difesa dei loro interessi economici e sociali.
    La C.G.I.L. chiama i lavoratori italiani a respingere decisamente queste speculazioni e a portare avanti il processo unitario in corso nel Paese, per il trionfo dei comuni ideali di progresso sociale, di libertà e di pace."
    in Avanti! del 28 ottobre 1956
  7. ^ Il pdf con la prima pagina de l'Unità contenente l'articolo è scaricabile da qui Archiviato il 4 marzo 2016 in Internet Archive.
  8. ^ Di Vittorio affermò che «gli avvenimenti hanno assunto un carattere di così tragica gravità che essi segnano una svolta di portata storica» e che «è un fatto che tutti proclami e le rivendicazioni dei ribelli, conosciuti attraverso le comunicazioni ufficiali di radio Budapest, sono di carattere sociale e rivendicano libertà e indipendenza. Da ciò si può desumere chiaramente che — ad eccezione di elementi provocatori e reazionari legati all'antico regime - non vi sono forze di popolo che richiedano il ritorno del capitalismo o del regime di terrore fascista di Horty». Cfr. in Avanti! del 28 ottobre 1956
  9. ^ Nel caso ungherese, ad avviso di Bruno Trentin (cfr. Lavoro e libertà, Roma, Ediesse, 2008, pp. 36-37), Di Vittorio dovette giustificare, senza sconfessare il documento, la posizione assunta dalla CGIL con l'esigenza di tener conto delle esigenze unitarie interne alla confederazione.
  10. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato, su quirinale.it. URL consultato il 28 dicembre 2012.
  11. ^ Cfr. La Fondazione Giacomo Brodolini

Bibliografia

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  • Enzo Bartocci (a cura di), Una stagione del riformismo. Giacomo Brodolini a 40 anni dalla scomparsa, Fondazione Giacomo Brodolini, Roma 2010.

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Collegamenti esterni

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