Leone Leoni
Leone Leoni (Arezzo, 1509 circa[1] – Milano, 22 luglio 1590) è stato uno scultore, collezionista d'arte e medaglista italiano.
Biografia
modificaNacque in Lombardia da una famiglia originaria di Arezzo (Giorgio Vasari, nella seconda edizione delle Vite, lo indica come "Lione Aretino"). Si formò come scultore, cesellatore e intagliatore di gemme a Venezia, dove ebbe modo di assorbire l'influsso dell'arte di Donatello e Jacopo Sansovino, ma la sua opera denuncia comunque i suoi legami con il manierismo toscano di tradizione michelangiolesca.
Grazie a Pietro Aretino entrò nel circolo di Tiziano: dopo l'arresto di Benvenuto Cellini (1538) venne nominato incisore della zecca pontificia ma nel 1540, coinvolto in una cospirazione contro un gioielliere papale, perdette l'incarico e venne imprigionato. Colpevole di aver sfregiato un tedesco venne condannato al taglio della mano, ma Andrea Doria ottenne per lui la grazia.
Nel 1542 si stabilì a Milano, dove ottenne la carica di incisore della zecca imperiale: apprezzato da Carlo V, per il quale eseguì numerosi ritratti in bronzo (inclusa l'opera L'imperatore Carlo V domina il Furore, oggi al museo del Prado), seguì l'imperatore nelle Fiandre e in Baviera.
Nel 1546 Leone Leoni viene nominato dal duca Pier Luigi Farnese, figlio del papa Paolo III Farnese, “maestro generale delle stampe delle zecche di Piacenza e Parma”; incarico che dovette lasciare dopo la morte violenta del duca avvenuta nel 1547[2].
Fondò a Milano una scuola di scultura che continuò col figlio Pompeo: nella sua abitazione (la cosiddetta Casa degli Omenoni), disegnata da lui stesso, raccolse una ricca collezione di opere d'arte. Suo allievo fu anche Jacopo Nizzola, detto Jacopo da Trezzo.
Leone Leoni tra il 1568 e il 1569 eseguì per il duca Guglielmo Gonzaga due reliquari d'argento raffiguranti San Silvestro e Sant'Adriano, nella chiesa palatina di Santa Barbara nel Palazzo Ducale di Mantova conservate fino alla fine del XVIII sec. quando furono disperse.[3]
Tra le sue opere monumentali, il monumento funebre a Gian Giacomo Medici nel duomo di Milano, quello di Vespasiano Gonzaga, a Sabbioneta, e il Ferrante I Gonzaga domina l'Invidia a Guastalla.
Galleria d'immagini
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Busto di Giambattista Castaldo.
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Statua di bronzo di re Filippo II di Spagna (1551-1553).
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Monumento funebre al condottiero Gian Giacomo Medici, detto "il Medeghino".
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Statua in marmo dell'Imperatore del Sacro Romano Impero Carlo V (1553).
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Medaglia di Ippolita Gonzaga.
Note
modifica- ^ Walter Cupperi, Leone Leoni, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 64, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2005. URL consultato l'11 giugno 2020. Altre fonti indicano come luogo di nascita Menaggio.
- ^ Monete del Ducato Farnesiano, su PiacenzAntica.it. URL consultato l'11 giugno 2020.
- ^ Maria Giustina Grassi, Le 'statue' di Leone Leoni per Santa Barbara a Mantova: Con una nota sul reliquiario di sant'Adriano, in Vita e Pensiero, Nuova serie, n. 128, Milano, Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, 2000.
Bibliografia
modifica- Solone Ambrosoli, Una medaglia inedita del Museo di Brera, in Rivista italiana di numismatica, Milano, 1888, 471-481.
- Apparati della Vita di Benvenuto Cellini, edizione a cura di Ettore Camesasca, Classici Bur, Milano 2007, prima edizione 1985, ISBN 978-88-17-16532-7.
- Silvestro Severgnini, Un Leone a Milano. Vita e avventure di Leone Leoni, scultore cesareo, Milano, Mursia, ISBN 9788842501268.
Altri progetti
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Collegamenti esterni
modifica- Leóni, Leone, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- Adolfo Venturi, LEONI, Leone, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1933.
- (EN) Naomi Blumberg, Leone Leoni, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- Walter Cupperi, LEONI, Leone, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 64, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2005.
- (ES) Leone Leoni, in Diccionario biográfico español, Real Academia de la Historia.
- Planiscig Leo, Bronzi minori di Leone Leoni, in Dedalo, Anno VII, vol. III, 1926-1927, 545-565. URL consultato l'11 giugno 2020.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 57410696 · ISNI (EN) 0000 0000 8137 0599 · BAV 495/50022 · CERL cnp00588519 · ULAN (EN) 500008130 · LCCN (EN) no93030895 · GND (DE) 118779567 · BNE (ES) XX1077068 (data) · BNF (FR) cb12192515c (data) · J9U (EN, HE) 987007293056005171 |
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