L'astronomo Giuseppe Piazzi/Capitolo VII
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Capitolo VI | Capitolo VIII | ► |
VII.
«Poichè ebbi passati, per sovrana disposizione, due anni in Londra, ed uno circa nella Francia, mi restituii l’anno 1789 in Palermo, ove, meco recati gli strumenti più necessarj per lo stabilimento di una Specola Astronomica, fatti costruire colla maggiore sollecitudine ed esattezza, mi diedi tosto a cercare il luogo più opportuno, in cui si potesse fabbricare1.» Nè il Collegio degli studi da prima, nè la chiesa dello Spasimo da poi essendosi trovati acconci a un nuovo peso di fabbrica, «non restava — prosegue egli stesso — che la torre del real palazzo, che non opponesse alcun ostacolo, e sulla cui solidità ed elevazione si potessero fondare le più ragionevoli speranze di felice riuscimento: del che ne informai tosto S. E. il Principe di Caramanico, attuale vicerè.2»
Intanto che il palermitano Giuseppe Vincenzo Marvuglia, famoso architetto, non tardava a por mano ai lavori che in meno d’un anno dovean dare compito il nuovo osservatorio, il Piazzi, costante nelle sue osservazioni, recita (1790) nell’Accademia degli studi il suo dotto Discorso sopra l’Astronomia, nel quale dà indizio di quanto abbia fatto fuori d’Italia, di quanto possa ripromettersi il paese dalle sue nuove fatiche. Da allora ei non attende che a poter conservare coi fatti il valor de’ princípi, non mira che a uno scopo, non vive più che per la scienza. E’ vuol provare che le speranze poste su lui, e le larghezze onde avevalo ricolmo il re nel bene dello Stato, si erano molto degnamente usate, e avrebbero dato i migliori frutti.
Nel febbraio del 1791 venne aperta la Specola palermitana; in maggio il direttore dava principio alle osservazioni, che non ebbero più a patire verun’ interruzione in tutto il corso di sua vita. Sua prima cura, informare gli astronomi d’Europa sull’uso e su’ principi del cerchio di Ramsden, sulla longitudine e latitudine dell’Osservatorio e su altre particolarità di questa natura. Giudicava necessario ne’ suoi nuovi rapporti cogli amici e fratelli nelle scientifiche discipline fare eziandio conoscere il campo delle sue osservazioni e della sua operosità. Il tutto è rassegnato nei IV libri della Specola Astronomica, editi nel 1792 in Palermo, dove, quattro anni dopo, riapparvero in V con opportune variazioni, stabilendo la refrazione dell’Osservatorio e usando per la prima volta il metodo degli angoli azimutali.
Persuaso, sin da’ primi suoi passi nel glorioso arringo, l’esatta posizione delle stelle essere fondamento e base dell’edifizio astronomico, audacemente imprese a formarne un catalogo; al quale oggetto principalmente diresse tutte le sue fatiche, senza trascurare intanto le altre osservazioni del sole e de’ pianeti. Per soddisfare a’ bisogni della scienza e a’ voti degli astronomi, che lavoravano contemporaneamente, si propose di conoscere tutte le stelle che gli si offrivano nel campo del telescopio. Il barone de Zach, Cagnoli e quanti valentissimi ebbero lavorato su tale oggetto, si fondarono tutti sopra la posizione delle 36 stelle di Maskelyne, date agli astronomi come sicuri termini di paragone. Arguto e diligentissimo, il Piazzi vide che non potevano essere sicure le posizioni fondate sopra una sola osservazione, essendo facile errare non tanto per le osservazioni medesime, quanto per gli strumenti e le sviste; e gravissime quindi le conseguenze. Inoltre, era noto che se Flamsteed, Mayer e Le Mounier avessero osservato le loro stelle per più giorni consecutivi, avrebbero preceduto Herschel nella scoperta del nuovo pianeta Urano. Per lo che determinava fondare le sue posizioni su quattro, cinque o più osservazioni seguite; e con tal metodo, laborioso e sicuro, partendo dalle 36 stelle del Maskelyne, compì il suo primo gran catalogo di 6748 stelle, ridotto all’anno 1800.
Ed ecco com’e’ s’esprime su questa sua fatica nella stessa prefazione:
«Sebbene chiaramente io conoscessi di quanta difficoltà mi dovesse riuscire un lavoro di tal fatta; pur non ostante non dubitai d’imprenderlo con pronto animo e di buona voglia nell’anno 1792; eziandio con intendimento che la Sicilia, la quale ora per la prima volta incomincia a darsi allo studio dei corpi celesti, possa nell’avvenire inalzare intero colle proprie osservazioni e co’ suoi progressi l’edificio dell’astronomia. E così faticando e vegliando per dieci anni, infine lo impreso lavoro è finito; che se per avventura non è perfetto, tuttavia qualche utilità sembra sia per apportare».3
Il Catalogo destò nel mondo scientifico soddisfazione meravigliosa: l’Istituto di Francia aggiudicógli il premio; il barone de Zach affermava che per esso aveva meritato il titolo di astronomo massimo; gli emuli stessi ne riconobbero l’alto valore: però il premio maggiore lo ebbe nelle successive scoperte, facilitate appunto dal metodo e dalla pertinace profondità delle sue osservazioni. Essendosi osservato come la distanza tra Marte e Giove fosse il doppio della misura che passava tra gli altri pianeti, gli astronomi erano in cerca di un pianeta grande o di molti piccoli, che supponevano doversi trovare fra Giove e Marte. E poichè i ricercatori non si occupavano che del grande, trascurando osservare le piccole stelle di sesta e settima grandezza, il Teatino, d’induzione in induzione, divinatore arguto, seguitava ne’ suoi calcoli e nelle sue osservazioni.
Era la notte del primo gennaio 1801, e il Piazzi attendeva, insieme al degno suo assistente ed allievo Niccola Cacciatore, a determinare la posizione di una creduta stella prossima all’ottantesima di Mayer, tra l’Ariete e il Toro. Uso a non fidarsi a una sola osservazione, rifece nella seguente notte quella dell’antecedente; ma, non iscorgendo più l’astro al sito veduto nella prima, stimò che l’assistente — benché gliel negasse — avesse errato nel farne l’annotazione; corresse quindi il supposto sbaglio. Non pago, alla terza notte esamina ancora le due precedenti osservazioni; ma che? scorge che l’astro è altrettanto discosto dal secondo sito, assegnatogli l’ultima notte, quanto erasi trovato lontano dal primo nell’antecedente. Si commuove, battesi con la destra la fronte e grida trepidante: «Una scoperta! una scoperta!»
Cerere gli era apparso!4
E il nome volle imposto in memoria dei tempi favolosi o del secol d’oro di Sicilia:
Qualis ab Ætnæis accensa lampade saxis
Orba Ceres, magnæ variabit imagine flammæ
Ausonium Siculumque latus, vestigia nigri
Raptoris, vastosque legens in pulvere sulcos:....5
E con Ovidio:
Prima Ceres uncò terram dimovit aratró,
Prima dedit fruges, alimentaque mitia terris,
Prima dedit leges....6
E’ v’aggiunse l’epiteto di Ferdinandéa, trascurato poi dagli astronomi, a riconoscenza dei molti e reali benefici ricevuti da Ferdinando. Il quale ordinò tosto venisse coniata in onore di Giuseppe Piazzi una medaglia d’oro, della quale esso con gara di nobile generosità chiese fosse convertito il prezzo a provvedere l'Osservatorio d’un equatoriale, di cui si aveva bisogno. Eccitati dalla nuova scoperta, gli astronomi non tardarono ad esplorare minutamente quel tratto di cielo, in cui appalesavasi Cerere; ed ecco non molto dopo (28 marzo 1802) apparir Pallade al telescopio di Olbers; Giunone (1° settembre 1804) a Harding; Vesta (29 marzo 1807) ancora a Olbers. Onde il citato de Zach ebbe giustamente a proferire la nota sentenza, che ci conviene ripetere; cioè che «senza la scoperta di Cerere non sarebbero venute nè Pallade, nè Giunone, nè Vesta;» e il Voiron nei Fasti Astronomici, come abbiamo veduto, che «la scoperta di Cerere è pure il frutto onorevole delle sue fatiche, la ricompensa meritata delle cure usate dal padre Piazzi nella formazione del suo catalogo delle stelle; resa difficile dalla piccolezza dell’astro, essa è divenuta più gloriosa per lo stesso suo autore, sopratutto per le importanti conseguenze che le tennero dietro.» Degni elogi al sapere e alla costanza di lui, e che designano un’epoca di felici applicazioni e di vero progresso allora e nelle condizioni successive dell’astronomia. Prima di sì felice scoperta, presentendo il celebre Keplero che tra Marte e Giove doveva esistere un gran pianeta, necessario all’equilibrio dei corpi celesti, lo aveva poeticamente manifestato con dire che una corda mancava all’armonia de’ cieli. Si era pertanto formata in Germania, sul finire del secolo, una società di ventiquattro astronomi, la quale, dividendo in ventiquattro zone tutta la vôlta celeste, ne aveva assegnato una a ciascuno di quelli, perchè in essa, senza tener conto delle altre, facendo osservazioni e studi, attendesse a rinvenire il tanto atteso pianeta, la corda armonica di Keplero.
Al Piazzi venne egualmente prescritta la propria zona; se non che le difficoltà di que’ tempi calamitosi rendendo le comunicazioni incerte, finirono per mandare a vuoto quella corrispondenza; onde al Valtellinese non pervenne mai la commissione affidatagli dalla società scientifica di Germania. Però, le metodiche osservazioni di lui, proseguite, come fu notato, senza interruzione, lo recarono a scuoprire, fuori della propria zona, la Cerere Ferdinandèa, e appunto colà dove credevasi che ne esistesse la mancanza, della quale lagnavasi Keplero.
La notizia di questa scoperta, com’era per certo lato da aspettarsi, destò le ire dei maligni, che misero fuori i loro dardi avvelenati. Obbiettavano, non esser figlia di metodo ragionato, proprio del Piazzi, sì del semplice caso; inoltre, lo dicevano reo di negligenza, perchè non avesse assegnato l’orbita del pianeta, nè calcolatone la rivoluzione. Ma, fra le tante cause, onde il Piazzi in quel tempo venne distolto da questo lavoro, dobbiamo notare esserne stata principale una malattia grave che lo colse, e l’altra, fortissima, della revisione del Catalogo. Per cui accadde che l’astronomo Gaus, non da altri studi distratto, il prevenisse, segnando l’orbita di Cerere.
Intanto, poichè, pubblicato il Catalogo, era stato avvertito da Maskelyne che le ascensioni rette delle 36 stelle dovevano essere alquanto accresciute, insorsero seri dubbi in altri astronomi e in lui, dubbi che doveano essere tolti. Quindi senz’attendere esterni aiuti, si diè, come notammo, alla necessaria riforma, risoluto a fare da sè. Ma, la vista cominciando ormai ad offuscarglisi, affidava al degnissimo suo assistente ed allievo, Niccola Cacciatore, la comparazione diretta delle principali stelle col sole, e la formazione d’un catalogo fondamentale, che, invece delle 36 stesse maskelyniane, ne contenne 120 principali: e a queste appoggiò il gran catalogo. A tal uopo, come scrive Agostino Gallo, riosservò tutti gli astri; e il Catalogo dopo dieci anni di vigilie venne da capo a fondo rifatto.7 In questa opera di revisione o di compimento giova eziandio porre sottocchio i nomi di Giuseppe Filati, Francesco Kapisarda e Luigi Martina, allievi suoi, lodevolmente notati dal Piazzi nella chiusa della prefazione.
Questo secondo lavoro, pubblicato nel 1814, gli meritava un nuovo premio dall’Istituto di Francia, a cui l’autore il volle intitolato; e furono veramente apprezzate dagli scienziati e tenute per capolavori le prelazioni apposte alle due opere. Difatti, mentre la seconda spiega le ragioni dei nuovi sperimenti e le riassume in breve, la prima spone gli studi precedentemente fatti, ossia la serie dei cataloghi innanzi il suo tempo, dichiara il metodo da lui tenuto nelle osservazioni e nei calcoli, e indica gli strumenti usati.
La sola enumerazione dei cataloghi ha un vero interesse storico, pregevole per brevità ed esattezza: partendo da Ipparco, che ordinò il proprio l’anno 136 avanti l’era nostra, e da Tolomeo, che nel secondo secolo di Cristo ce’l tramandava, parla di quello di Ulugh Beigh, che cominciò ad esser noto l’anno 481 dell’egira, ossia 1437 circa dell’êra nostra. Veramente, prima d’Ipparco, l’antichità aveva avuto l’idea di così fatti lavori, come si scorge dai cataloghi di Aristillo e di Timocari; ma la scienza non aveva fatto che passi elementari ed incerti; nè i posteriori messi in luce si potrebbero considerare come imprese di gran rilievo e significative. Dopo quello di Ulugh Beigh, il Piazzi continua a notare i cataloghi del Langravio di Assia (1593) e di Ticone (1600), riuniti in uno dal Flamsteed; e quello del Ricciolio (1701), di Evelio (1660) e di Flamsteed medesimo, che eccitò a’ suoi tempi un’ammirazione straordinaria, acquistandosi fama degna di lui. E dappoi sono indicati gli altri di De la Caille, di Tobia Mayer, di Bradley, di Maskelyne, di Wollanston e de’ più recenti. Il Valtellinese quindi, esposto il calcolo tenuto nella precessione degli equinozi, quello di ascensione retta e di declinazione, fissa l’epoca del catalogo, tratta dell’apparente grandezza delle stelle, facendo il paragone con gli altri cataloghi, ne pone sottocchio l’ordine e la disposizione, per finire poi con l’esame degli strumenti usati, come fu detto.
Quale progresso, pertanto, da Ipparco a Piazzi! Se Plinio, parlando dei lavori del primo, aveva ampollosamente scritto: Ausus rem etiam Dei improbam: i moderni, più severi e più saggi, potrebbero affermare che il Piazzi ebbe veramente fissato l’epoca di progresso dell’astronomia contemporanea.
Il moto è vita e legge dell’universo!
Compreso da questa grande e sublime verità, non ommise un momento le sue investigazioni; e la singolarissima scoperta sul «moto proprio» delle stelle venne a coronarne le dotte fatiche. — «Tutto cospira, scrive egli, a farci pensare che le stelle ancora sieno in perpetuo moto aggirandosi o tutte intorno ad un centro comune, o alcune intorno a uno, ed altre intorno ad altri.8»
Questo stesso moto venne dagli astronomi scoperto nel sole, cui Herschel crede avvicinarsi insensibilmente alla costellazione di Ercole. Secondo questo principio, ogni stella è un sole che siede centro del suo particolare sistema planetario; e ogni sole e pianeta possono avere i loro particolari abitatori. Per tal modo il concetto della formazione dell’universo si eleva e, se tasse possibile, fassi maggiormente sublime; il moto che presiede e governa tutto, è causa, mezzo e fine di generale armonia, e la possibile esistenza di altri esseri forse simili a noi, ci risveglia a un sentimento di ammirazione massima verso il principio coordinatore e mantenitore degli enti e delle esistenze, Dio!
Prima del Piazzi non era conosciuto che il moto di Arturo, di Sirio, di Procione e di qualch’altra stella: onde il profondo Lalande così esprimevasi in proposito: «Il y a quelques étoiles qui ont un mouvement propre, un dérangement physique, dont on ignore la cause, et dont on tàche de déterminer la quantité par observation... De celles quo Mayer avait observé en 1756’ sur 80 étoiles il y en a une quinzaine qui paraissent avoir en quelque mouvement.» E nondimeno il Piazzi determina il moto a meglio che 1000 stelle fisse: tra esse, soprattutto, pregiava il moto proprio della sessantesima, precedente e seguente, del Cigno: sei anni dopo di lui l’astronomo Bessel attribuiva a sé l’onore di questa scoperta; ma, avvertito di tale errore, pubblicamente la disdisse.
Pertanto, l’orizzonte dischiuso da Piazzi appare veramente qual è, sconfinato; l’osservazione e il raziocinio lo avevano messo sul cammino della verità, confermandogli le eterne e profonde leggi della natura fisica universale.
Note
- ↑ Giuseppe Piazzi. Della Specola Astronomica di Palermo, 1. 4.
- ↑ Dei meriti e degli uffici del Caramanico ecco quanto ne dice l’illustre Lalande nella sua Histoire de l’Astronomie pour 1790
«Ce Prince, amateur de l’Astronomie, a surmonté tous les obstacles que l’ignorance suscitait de toutes parts, et nous lui devons un des établissemens les plus utiles pour la beanté du climat et la situation à 38 de latitude. Un homme de génìe devance son siècle et son pays; mais il est rare qu’il gouverne. Nous féliciterons l’Astronomie que M. le prince de Caramanico ait été Vice-Roi de Sicile.» - ↑ Quamquam igitur optime nossem quantæ difficultatis jusmodi futurum opus foret, illud tamen alacri lubentique animo anno 1792 aggrediendum non dubitavi; eo etiam consilio, ut Sicilia, quæ nunc primum in cælestium corporum studio versari pergit, integrum Astronomiæ edificium propriis observationibus suisque progressionibus futuro in posterum tempore superstruere possit. Laboribus itaque vigiliisque decennibus eo tandem susceptum opus perfectum est, ut si minime fortasse perfectum, nonnihil tamen utilitatis allaturum videatur.n 1
- ↑ Præcipuarum stellarum inerrantium, ecc. Palermo, 1803.
- ↑ Parmi conveniente sottoporre qui all’occhio del lettore la Tavola Cronologica dei corpi planetari scoperti dopo l’invenzione del telescopio, nel 1608. Essa darà un’idea dei progressi della scienza da quell’epoca in poi, cioè sino all’anno 1870 inclusivamente; e crediamo sarà apprezzata nella sua importanza.
XVII SECOLO.
I quattro satelliti di Giove, scoperti da Galileo a Padova, il 7 gennaio 1610.
Triplicità di Saturno, segnalata da Galileo in novembre 1610: i due manichi degli anelli riconosciuti da Hevelius nel 1656: scoperta definitiva della vera forma dell’anello, fatta da Huygens, il 17 dicembre 1657.6° satellite di Saturno (Titano), Huygens, 25 marzo 1655. 8° » » (Giapeto), Domenico Cassini, ott. 1671. 5° » » (Rea), Cassini, 23 dicembre 1672. 3° e 4° » » (Teti e Dione), Cassini, alla fine di marzo 1684.
XVIII SECOLO.
Urano, W. Herschel, a Bath, 13 marzo 1781. 2° e 4° satellite d’Urano, W. Herschel, 11 gennaio 1787. 1° satellite di Saturno (Mimante), W. Herschel, 28 agosto 1789. 2° » » (Encelado), W. Herschel, 17 settembre 1789. 1° satellite d’Urano W. Herschel, 18 gennaio 1790. 5° » » W. Herschel, 9 febbraio 1790. 6° » » W. Herschel, 28 febbraio 1794. 3° » » W. Herschel, 26 marzo 1794.
XIX SECOLO.
Cerere, scoperto da Piazzi, a Palermo, il 1° gennaio 1801; la sua distanza dal sole è 27,7 in luogo di 28, quale sarebbe secondo la legge di Bode. Pallade, » Olbers, a Brema, il 28 marzo 1802; la sua distanza dal sole è 27,7. Giunone, » Harding, a Gottinga, il 1° settembre 1804; la sua distanza dal sole è 26,7. Vesta, » Olbers, a Brema, il 29 marzo 1807; la sua distanza dal sole è 23,6.
(Un intervallo di 38 anni scorse senza apportare alcuna scoperta di pianeti, nè di satelliti.)
Astrea, scoperto da Hencke, a Driessen, l'8 dicembre 1845; la sua distanza dal sole è 28,58.
Nettuno, Galle, a Berlino, sopra le indicazioni di Leverrier. 23 settembre 1846.
1° satellite di Nettuno, Lassell, a Starfield, presso Liverpool. novembre 1846; Bond, a Cambridge (Stati Uniti).
Ebe, scoperto da Hencke, a Driesen, il 1° luglio 1847: la sua distanza dal sole è 2,43 ossia 24,3.Iride, scoperto da Hind, a Londra, il 13 agosto 1847; la sua distanza dal sole è 2,39, ossia 23,9. Flora, » Hind a Londra, il 18 ottobre 1847; la sua distanza dal sole è 2,20, ossia 22,0. Meti, » Graham, a Markree (Irlanda), il 26 aprile 1848; la sua distanza dal sole è 2,39 ossia 23,9. 7° satellite di Saturno (Iperione), Bond, a Cambridge (Stati Uniti), dal 16 al 19 settembre 1848; Lassell, a Liverpool, dal 19 al 20 settembre 1848. Igea, scoperto da De Gasparis, a Napoli, il 14 aprile 1849; la sua distanza dal sole è 3,15. 2° satellite di Nettuno, Lassell, a Liverpool, 14 agosto 1850. Partenope, scoperto da De Gasparis, a Napoli, l’11 maggio 1850; la sua distanza dal sole è 2,45. Vittoria o Clio, » Hind, a Londra, 13 settembre 1850; la sua distanza dal sole è 2,33. Egeria, » De Gasparis, a Napoli, il 2 novembre 1850; la sua distanza dal sole è 2,58. Irene, » Hind, a Londra, il 19 maggio 1851 (tre giorni dopo anche De Gasparis lo scoprì senza sapere dell’antecedente scoperta fatta da Hind). Egeria, » De Gasparis, a Napoli, il 2 novembre 1850; la sua distanza dal sole è 2,58. Eunomia, » De Gasparis, a Napoli, il 29 luglio 1851; la sua distanza dal sole è 2,64. Psiche, » De Gasparis, a Napoli, il 17 marzo 1852; la sua distanza dal sole è 2,92. Teti, scoperto da Luther, a Bilk, presso Düsseldorf, il 17 aprile 1852; la sua distanza dal sole è 2.47. Melpomene, » Hind, a Londra, il 28 giugno 1852; la sua distanza dal sole è 2,30. Fortuna, » Hind, a Londra, 22 agosto 1852; la sua distanza dal sole è 2,44. Massalia, scoperto insieme da De Gasparis, a Napoli, il 19 settembre 1852, e da Chacornac, a Marsiglia, il domani, 20 settembre; la sua distanza dal sole è 2,41.
Lutezia, scoperto da Goldschmidt, a Parigi, il 15 novembre 1852; la sua distanza dal sole è 2,44. Calliope, » Hind, a Londra, il 16 novembre 1852; la sua distanza dal sole è 2,91. Talia, » Hind, a Londra, il 15 dicembre 1852; la sua distanza dal sole è 2,63. Temi, » De Gasparis, a Napoli, il 6 aprile 1853; la sua distanza dal sole è 3,17. Focea, » Chacornac, a Marsiglia, lo stesso giorno 1853; la sua distanza dal sole è 2,40. Proserpina, » Luther, a Bilk, il 5 maggio 1853; la sua distanza dal sole è 2,66. Euterpe, » Hind, a Londra, l'8 novembre 1853; la sua distanza dal sole è 2,35. Bellona, » Luther, a Bilk, il 1° marzo 1854; la sua distanza dal sole è 2,78. Anfritrite, scoperto da Alberto Marth, a Londra, all’Osservatorio di Regent’s Park, diretto dà Hind, lo stesso giorno 1° marzo 1854; la sua distanza dal sole è 2,55. Sembra che Chacornac avesse veduto questo pianeta a Marsiglia il 4 febbrajo; vale a dire un mese prima che fosse stato veduto a Londra; ma il silenzio da esso conservato a questo rispetto fino al 3 marzo, e che non si sa spiegare, lascia ad Alberto Marth tutto l’onore della scoperta. Urania, » Hind, a Londra, il 22 luglio 1854; la sua distanza dal sole è 2,36. Eufrosine, » Ferguson, a Cambridge (in America), il 2 settembre 1854; la sua distanza dal sole è 3,19. Pomora, » Goldschmidt, a Parigi, il 26 ottobre 1854; la distanza dal sole è 2,59. Polinnia, » Chacornac, a Parigi, il 28 ottobre 1854: la sua distanza dal sole è 2,38. Circe, » Chacornac a Parigi, il 6 aprile 1855. (*) Leucotea, » Luther, a Bilk, il 19 aprile 1855. Atalanta, » Goldschmidt, a Parigi, il 5 ottobre 1855. (*) Devo specialmente agli amichevoli uffici dell’egregio prof. E. Sergent, addetto all’Osservatorio astronomico di Brera, a cui rendo qui pubbliche grazie, la tavola cronologica di questi ultimi quindici anni
Fede, scoperto da Luther, a Bilk, il 5 ottobre 1855. Leda, » Chacornac, a Parigi, il 12 gennajo 1856 Letizia, » Chacornac, a Parigi, l'8 febbrajo 1856 Armonia, » Goldschmidt, a Parigi, il 31 marzo 1856 Dafni, » Goldschmidt, a Parigi, il 22 maggio 1856 Iside, » Pogson, a Oxford, il 23 maggio 1856. Arianna, » Pogson, a Oxford, il 15 aprile 1857. Nissa, » Goldschmidt, a Parigi, il 27 maggio 1857. Eugenia, » Goldschmidt, a Parigi, il 27 giugno 1857. Estia, » Pogson, a Oxford, il 16 agosto 1857. Aglaia, » Luther, a Bilk, il 15 settembre 1857. Dori, » Goldschmidt, a Parigi, il 29 settem. 1857. Pale, » » » » » Virginia, » Ferguson, a Washington, il 4 ott. 1857. Nemausa, » Laurent, a Nismes, il 22 gennajo 1858. Europa, » Goldschmidt, a Parigi, il 4 febbrajo 1858. Calipso, » Luther, a Bilk, il 4 aprile 1858. Alexandra, » Goldschmidt, a Parigi, il 10 settembre 1856 Pandora, » Searle, a Albany, il 10 settembre 1858. Mnemosine, » Luther, a Bilk, il 22 settembre 1859. Concordia, » Luther, a Bilk, il 24 marzo 1860. Elpis, » Chacornac, a Parigi, il 12 settembre 1860. Danae, » Goldschmidt, a Parigi, il 9 sett. 1860. Titania, » Ferguson, a Washington, il 14 settembre 1860. Erato, scoperto da Förster e Lesser, a Berlino, il 14 settembre 1860. Ausonia, » De Gasparis, a Napoli, il 10 febbraio 1861. Angelina, » Tempel, a Marsiglia, il 4 marzo 1861. Cibele, » » » 8 » » Maja, » Tuttle, a Cambridge (America), il 17 aprile 1861. Asia, » Pogson, a Madras, il 17 aprile 1861. Leto, » Luther, a Bilk, il 17 aprile 1861. Esperia, » Schiaparelli, a Milano, il 29 aprile 1861. Panopéa, » Goldschmidt, a Parigi, 8 maggio 1861. Niobe, » Luther, a Bilk, 13 agosto 1861. Feronia, » Peters, a Clinton, 20 maggio 1861. Clizia, » Tuttle, a Cambridge (America), 10 aprile 1862. Galatea, » Tempel, Marsiglia, 29 agosto 1862. Euridice, » Peters, Clinton, 22 settembre 1862. Freia, » d’Arrest, Copenaghen, 21 ottobre 1862. Frigga, » Peters, Clinton 13 novembre 1862. Diana, » Luther, Bilk, 15 marzo 1863. Eurinome, » Watson, Ann-Arbor, 14 settembre 1863. Saffo, » Pogson, Madras, 3 maggio 1864. Tersicore, » Tempel, Marsiglia, 30 settembre 1864. Alcmena, » Luther, Bilk, 27 novembre 1864. Beatrice, » De Gasparis, Napoli, 26 aprile 1865. Clio, » Luther, Bilk, 25 agosto 1865. Io, » Peters, Clinton, 19 settembre 1865. Semele, scoperto da Tietjen, Berlino, 4 gennajo 1866. Silvia, »
Pogson, Madras, 16 maggio 1866. Tisbe, »
Peters, Clinton, 15 giugno 1866. Giulia, »
Stephan, Marsiglia, 16 agosto 1866. Antiope, »
Luther, Bilk, 1° ottobre 1866. Egeria, »
Stephan, Marsiglia. 4 novembre 1866. Undina, »
Peters, Clinton, 7 luglio 1867. Minerva, »
Watson, Ann-Arbor, 24 agosto 1867. Aurora, »
id. id. 6 settem. 1867. Aretusa, »
Luther, Bilk, 23 novembre 1869. Egle, »
Cozzi, Marsiglia, 17 febbraio 1868. Cloto, »
Tempel, Marsiglia, 17 febbraio 1868. Janto, »
Peters, Clinton, 18 aprile 1868. Diche, »
Borelly, Marsiglia, 28 maggio 1868. Ecate, »
Watson, Ann-Arbor, 11 luglio 1868. Elena, »
id. id. 15 agosto 1868. Miriam, »
Peters, Clinton, 22 agosto 1868. Hera, »
Watson, Ann-Arbor, 7 settembre 1868. Climene, »
Watson, Ann-Arbor, 7 dicem. 1868. Artemisia »
» » 16 sett. 1868. Dione, »
» » 10 ottob. 1868. Camilla, »
Pogson, Madras, 17 novembre 1868. Ecuba, »
Luther, Bilk, 2 aprile 1869. Felicità, »
Peters, Clinton, 9 ottobre 1869. Lidia, »
Borelly, Marsiglia, 19 aprile 1870. Ada, »
Peters, Clinton, 14 agosto 1870, Ifigenia, »
id. id. 19 settembre 1870. - ↑ Stat. Theb. I. XII. v. 270.
- ↑ Met. l. V. v. 341.
- ↑ Ecco come lo narra egli stesso nella prefazione di questa seconda opera:
Demandata itaque Nicolao Cacciatore quarumdam præcipuarum stellarum cum sole comparatione, cæteras ipse comprobare suscepi. At ingravescente periculosa quadam molestissimaque oculorum infirmitate, qua jam antea laboraveram, id perficere non potui, nec ab anno 1807, non nisi per intervalla, observationibus amplius cacare. Opus tamen minime intermissum: nam, quæ iterandæ supererant observationes, complere aggressus et laudatus specula Assistens, qui tamen et ipse febribus aliisque incommodis afflictus, anno tantum 1813 estremam iis manum unposuit. - ↑ Lezioni elementari di astronomia, T. 1, p. 212, 221.