CPM9-Mecc 2435650

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Meccanica della frattura

• B. Atzori - Appunti di Costruzione di Macchine – Ed.


Cortina Padova

• L. Vergani – Meccanica dei Materiali – McGraw-Hill

• Davoli,Bernasconi,Filippini,Foletti – Comportamento
meccanico dei materiali – McGraw-Hill

• J. M. Basom and S.T.Rolfe - Fracture and Fatigue


control in Structures – ASTM
• T.L.Anderson - Fracture Mechanics – Taylor & Francis
Strategia di progettazione a fatica
Infinite-life design
Rappresenta un valido criterio di proget-
tazione nelle situazioni in cui un compo-
nente è soggetto ad un numero di cicli
molto grande ad ampiezza di sollecita- Vita finita

zione costante. Consiste nel contenere


la sollecitazione al di sotto di una frazio- Vita infinita

ne del limite di fatica del materiale di cui Storia di carico


è fatto il componente.
Safe-life design. Questo approccio è basato sull’assunzione che il
componente inizialmente è privo di difetti che, al contrario, si svilup-
pano durante la sollecitazione di fatica. Questo criterio risente molto
della dispersione statistica della vita ad una data ampiezza di solleci-
tazione. Nelle costruzioni aeronautiche, secondo le norme FAA, strut-
ture di questo tipo vengono calcolate con Cs= 4 rispetto alla durata.
Fail-safe design
Secondo questo criterio la cricca di fatica non giungerà mai al ter-
mine prima della sua individuazione e riparazione. Questo criterio
ispira strutture che possono reggere un certo grado di difettosità, in
quanto prevede architetture con presenza di irrigidimenti multipli di
arresto alla propagazione della cricca e di un rigido programma di
ispezione e di individuazione della cricca. Nel campo delle costru-
zioni aeronautiche, secondo le stesse norme FAA il Cs è ridotto a 2
rispetto alla durata.
Damage tolerant design
E’ un’estensione del criterio precedente. Secondo questo criterio si
assume che il difetto già è presente nel componente quando viene
messo in uso. Ha bisogno delle tecniche della meccanica della frat-
tura per determinare se i difetti cresceranno abbastanza da causare
la rottura prima che siano individuati durante periodiche ispezioni. Il
successo di questa strategia dipende dall’uso di materiali ad alta te-
nacità alla frattura e da un programma di valutazioni non distruttive
che permettano di identificare le aree critiche al danneggiamento.
Meccanica della frattura
L’introduzione alla strategia di progettazione tollerando il difetto nel
componente (meccanica della frattura) richiede un approfondimento in
presenza di gradienti di tensione:
Finora si è dimensionata la sezione resistente di un componente in
base alla ricerca del punto più pericoloso nella sezione più sollecitata,
vale a dire del punto la cui sollecitazione è più grande in assoluto
rispetto agli altri (criterio di picco) .
Il calcolo di questa sollecitazione in presenza di intaglio viene effet-
tuato mediante il fattore di forma, e nel caso di materiali fragili (cam-
po elastico), il calcolo della sezione resistente è basato sulla relazione
σmax = σn. Ktn ≤ σL = f(σR)

Nel caso di materiali duttili per i quali è prevista una ridistribuzione


del carico dopo lo snervamento, la relazione di confronto con le carat-
teristiche meccaniche del materiale è semplicemente
σmax = σn ≤ σamm
Il fattore di forma cresce con il dimi-
nuire del raggio di fondo, ed in presenza
di intagli con raggio di gola tendente a
zero (cricche) il fattore teorico di forma
cresce infinitamente e pertanto il criterio
di picco perde di significato.
In tal caso nella sezione più sollecitata
non si fa più riferimento al punto più sol-
lecitato, ma all’intero campo di tensione
nell’intorno del punto criterio di campo.
E’ possibile dimostrare che il campo di
tensione cresce all’aumentare della for-
za applicata restando sempre simile a
sé stesso e caratterizzato da un nuovo
parametro chiamato fattore di intensifi-
cazione degli sforzi rappresentato con
KI, KII, KIII.
Tale fattore (SCF) rappresenta il nuovo parametro da limitare ri-
spetto alle caratteristiche del materiale perchè la sezione possa
tollerare il difetto che genera il gradiente di tensione.
Esso è affetto da indici diversi, secondo il modo di apertura della
cricca sotto carico e sostituisce la σ locale.
Pertanto seguendo l’approccio tensionale la relazione da con-
frontare diventa Ki < Klim dove il Ki fotografa la situazione di ser-
vizio (driving force) mentre il Klim è caratteristico del materiale
(resistance force).
Seguendo l’approccio energetico la relazione da confrontare di-
venta G < Gc in funzione della forza applicata e della dimensione
del difetto.
Quando il parametro K o G di servizio raggiunge il corrispondente
parametro limite caratteristico del materiale, la rottura del compo-
nente avviene senza alcuna deformazione plastica e con velocità
di propagazione molto alta (frat. instabile circa 2000 m/sec negli
acciai).
Modi di frattura

2a

Modo I: quando le superfici di frattura tendono ad allontanarsi sim-


metricamente dal piano iniziale comune.
Modo II: quando le superfici di frattura tendono a scorrere l’una ri-
spetto all’altra in direzione parallela all’asse della frattura
Modo III: quando le superfici di frattura tendono a scorrere in
direzione normale all’asse della frattura.
Approccio energetico
La prima indagine su questo
problema fu eseguita da Ing. Si supponga di bloccare il pro-
Griffith su un materiale fra- cesso di frattura nell’istante im-
gile, il vetro, secondo un ap- mediatamente precedente alla
propagazione della cricca.
proccio di tipo energetico e
In tale istante Griffith ha analiz-
non tensionale. zato il sistema isolato. La forza
non cresce più, ma il sistema è
Fragile 2a instabile e si trova in condizioni di
ideale non equilibrio energetico in quan-
to la sua configurazione sta evol-
vendo per tendere ad un’altra. Il
primo principio della termodina-
mica afferma che nel passaggio
Fragile reale da uno stato di non equilibrio ad
uno equilibrato, l’energia poten-
ziale del sistema assume un va-
Fragile quasi-duttile lore minimo possibile di configu-
razione del sistema
In questo passaggio non c’è
scambio con l’esterno. Griffith
ha evidenziato che l’evento
equilibrante che comporta un
decremento dell’energia po-
tenziale totale è la frattura che
comunque può avvenire solo
quando l’energia assorbita dal
sistema è superiore alla resi-
stenza del materiale. Una
cricca può dunque formarsi o
crescere solo se tale proces- 2a
so comporta una diminuzione
o costanza di energia totale.
In tale situazione particolare
può definirnirsi quella condizione critica di
equilibrio interno per la quale la cricca cresce
senza nessuna variazione di energia totale.
= Gc (σc,a) = R

Una cricca propagherà


quando il decremento di
energia elastica di defor-
mazione è almeno uguale
2a
all’energia richiesta per
creare una nuova super-
= σ√a ficie di frattura
Pertanto la condizione da rispettare per evitare la frattura
fragile è πaσ 2
G= '
≤ 2Γ = Gc
E
In caso di uguaglianza σ diventa criti-
con E’ = E ca per quella dimensione di a
In condizioni di tensione piana σ
ed E’ = E/(1-ν2) EGc
σc =
In condizioni di deform. piana πa
σc
Gc esprime il limite per il quale
si estende la cricca in un
materiale fragile (resistenza alla
propagazione della cricca)
ao a
1/ 2
 2 E (Γs + Γp ) 
Γs ≤ Γp
'
Condizione limite per materiali dut-
σc =  
tili (secondo Orowan)
 πa 
Esercizio n. 1
Una cilindro di vetro di 600 mm di diametro, dello spessore di 3 mm è
soggetto ad una pressione interna di 0,7 MN/m2. Trovare la lunghezza
massima ammissibile per una cricca sapendo che E= 6·104 MN/m2 e
γs= 6 J/ m2
Trattazione di Irwin
In un sistema isolato, per il principio di con-
servazione dell’energia, qualora le forze
agenti producano uno spostamento δ, l’e-
2a nergia potenziale totale disponibile al siste-
ma si può scrivere
Π = U + L + W = cos t
Un incremento infinitesimo di cricca dunque
di da dovrà avvenire a variazione nulla di

=0 energia totale rispetto all’esterno, ma a va-
da riazione di quella generata dalla forza P.
d Considerando l’energia disponibile U=Pδ/2,
(U + L + W ) = 0 una sua variazione, introducendo la cede-
da volezza,
dU dL dW
+ + =0 δ
da da da δ =P
1 P=
k (1 / k )
consisterà in
1 1 1 dδ (1 / k ) − δd (1 / k )
dU = d ( Pδ ) = ( Pdδ + δdP ) = ( Pdδ + δ 2
)=
2 2 2 (1 / k )
1 1 δdδ δ2 P2
= Pdδ + − d (1 / k ) = Pdδ − d (1 / k ) = dL − dW
2 2 (1 / k ) 2(1 / k ) 2 2
dU dL dW dU dL dW
= − − = −
da da da da da da
dU dL dW
dW/da rappresenta la variazione di energia po- − + − =0
da da da
tenziale necessaria per un incremento infinitesi-
dL dU dW
mo della superficie della cricca per un materiale − =
duttile (equivalente di G per i materiali fragili) da da da
[strain energy release rate] e dividendo per lo spessore B si defini-
sce la forza elementare per generare l’unità di lunghezza della cric-
ca
[crack extension force or P 2 d (1 / k ) [ F ]2 ⋅ [ L]
G= [ L ⋅ L] [ F ]
crack driving force ]
2 B ⋅ da
In altro modo, se a parità di forza (con-
trollo di forza) il difetto avanza di una
quantità da, la lastra diventa più cedevole
e il sistema cede energia, per cui si potrà
scrivere che
dL = P1 (δ 2 − δ 1 )
1
dU = P1 (δ 2 − δ 1 )
2
1
dU − dL = − P1 (δ 2 − δ 1 ) = −dU = dW dU dW
2 − =
da da
e quindi, passando alle forze unitarie
1 dU P  dδ  1 dW
− =G=   =
B da 2 B  da  P B da
Quando G = Gc = dW f/B da = R
con R = resistenza alla propagazione della cricca allora si
verifica la frattura instabile
Curva R
Rappresentazione grafica del criterio energetico per una lastra con difetto
centrale passante
Per evidenziare il raggiungimento della condizione limite alla
propagazione della cricca è conveniente riferirsi alla curva di
resistenza alla propagazione della cricca chiamata curva R.
Nel caso di materiali fragili la curva si
presenta piatta in quanto la rottura av-
(πσ2/E)a = G viene per clivaggio che è una proprietà
Gc=R per a=a0 invariante per il materiale raggiungibile
linearmente e a cui corrisponde una
zona plastica all’apice della cricca tra-
scurabile o inesistente rispetto alla di-
mensione degli oggetti criccati.
Pertanto per uno sforzo σ1, la driving
force anche se cresce è sempre più
bassa di R e la cricca si mantiene sta-
bile anche se la sua dimensione è >a0,
mentre propaga instabilmente quando
raggiunge lo sforzo σ2 sin dalla dimen-
sione a0
La propagazione avviene quindi per G (ai ) ≥ R(ai )
Per i materiali duttili per i quali la
non linearità del comportamento
plastico non può essere trascura-
ta, la curva R si presenta non piat-
ta, ma ad andamento crescente, in
quanto la resistenza non è inva-
riante per il materiale. Infatti la zo-
na plastica all’apice della cricca
Quando la tensione è σ1 la cricca aumenta all’aumentare della di-
non cresce. Quando la tensione è mensione della cricca e la driving
σ2 la propagazione è stabile in force deve crescere al crescere
quanto la driving force cresce con della zona plastica ed essere su-
velocità più bassa della resisten- periore alla resistenza alla propa-
za. Per σ3 la crescita è stabile e gazione della cricca per poter far
solo quando σ4 è tangente alla cur propagare la cricca.
va R si ha la propagazione insta-
bile in quanto la crescita della G (ai ) = R(ai )
driving force eccede la pendenza
 dG   dR 
della curva R. Pertanto la propa-   >  
gazione avviene quando  da  ai  da  ai
Approccio tensionale
Definizione
Stress concentrated
factor (SCF)
r =1/10 c

σ < 0,6 σsn

KI = σ√π.c
E’ valida solo in prossimità dell’apice del-
la cricca, vale a dire nella zona dominata
dalla singolarità 1/√r
Mano a mano che ci si allontana dalla
cricca, la σy remota genera una σ co-
stante.
KI
σx =σy =
Per θ = 0 2πr
KI
Per r =2π σx =σy = = KI
1


1
lg σ y = lg K I − lg(2πr )
2
=r
K I = σ πc Per piastra infinita

K I = α ⋅ σ πc Per piastra finita


πc
K I = sec ⋅ σ πc
B
Si ha rottura quando
KI = Kc
[Nm1/2/m2]=[N/m3/2]
Prende il nome di tenacità, la
capacità del materiale a resi-
stere alla rottura fragile o alla
propagazione della cricca
πσ 2 a
G=
E
K = σ πa
K2
G=
E

Alcuni valori di tenacità


materiali duttili Kic = 100÷200 MPa√m
materiali fragili Kic = 20÷100 MPa√m
materiali ceramici Kic = 5÷6 MPa√m
materiali polimerici Kic = 1÷5 MPa√m
Esercizio n. 2
Un recipiente in pressione di ac-
ciaio basso legato ha le seguenti
caratteristiche e condizioni di ser-
vizio:
KIc = 92.5 MPa.m1/2
σsn = 450 MPa
d = 800 mm
p = 200 bar [kg/cm2] Per questo tipo di geometria
Coeff. Sicurezza = 2 e carico. 1.21aπσ 2
KI =
2
La cricca è superficiale, semi-el- Q
littica e orientata con il piano mag- Q = Φ 2 − 0.212(σ σ sn ) 2
giore perpendicolare alla pressio-
ne circonferenziale uniforme. e ϕ è un integrale ellittico del
Si vuole determinare la dimensio- second’ordine.
ne critica della cricca che causerà Q è rilevabile dall’abaco se-
la rottura del recipiente. guente
Utilizzando il criterio della tensione tangenziale max (Guest-Tresca)
determiniamo il minimo spessore che sopporta staticamente la pres-
sione del recipiente
σ sn
σ eq = σ max − σ min ≤
2
σ r = σ min = −20MPa La tensione assiale è la metà di quella
pd σ sn circonferenziale
− (− p) =
2t 2
pd 20 ⋅ 800
t= = ≥ 39mm pd 20 ⋅ 800
σ sn 2 ⋅ (225 − 20) σ = = = 205MPa
2( − p) circ
2t 2 ⋅ 39
2
La determinazione di Q è funzione di a e c per cui è necessario
analizzare la condizione critica con alcuni tentativi distinguendo fra
una propagazione longitudinale senza perforazione e quella di per-
forazione della parete.
Ipotizzando un rapporto a/2c = 0,5 con un rapporto σcirc./σsn=0, 45
Per a/2c = 0.5 Q =2.35 acr= 0.125 m
1.21aπσ circ
2
KI =
2

Q Per a/2c = 0,25 Q =1.35 acr= 0.071 m


K Ic2 Q = 1.21aπσ circ
2
Per a/2c = 0.05 Q =1 acr= 0.053 m
1.21π / Q = 3.80 / Q
In tutti i casi con acr > t la rottura fragile
 K Ic2  3.80
 2  = a cr si verificherebbe dopo la perforazione
 σ circ  Q della parete del recipiente provovo-
 K Ic2  Q cando semplicemente perdite di fluido,
a cr =  2  ⋅ = 0.053Q che tuttavia possono essere rilevate
 σ circ  3.8 mediante misure di pressione

Se acr < t la frattura fragile sarebbe potuta evolvere lungo la


parete del cilindro generando danni che sono ritenuti maggiori.
Pertanto le scelte di materiale e pressione interna potrebbero
anche essere fatte per favorire la perforazione del mantello del
cilindro.
Esercizio n. 3

Sapendo che sperimentalmen-


te il carico che produce la rot-
tura instabile è 800 kN a quel-
la estensione di cricca

Rappresenta il più alto valore di intensificazione de-


gli sforzi che può essere sopportato da una qualun-
que struttura criccata fabbricata con quel materiale
Esercizio n. 4

In una lastra realizzata in lega di P 50000


alluminio è presente un difetto σ = = = 100 MPa
WB 100 ⋅ 5
centrale, passante, di dimensio- K c2 24 2
ni 2a. Calcolare la dimensione del α = 1 ⇒ ac = α ⋅ π ⋅ σ 2 = 1 ⋅ π ⋅ 100 2 = 18,3mm
difetto ac per cui si ha la propaga-
zione instabile, noti:
W = 100 mm
B = 5 mm
P = 50 kN
ssn = 415 MPa
Kcd = 24 MPa m1/2
Definizione della zona con singolarità dominante
dove r è sufficientemente piccolo perché lo stato di sforzo sia
controllato dalle equazioni di Westergaard e quindi dal fattore K
- la zona dell’intaglio plasticizza
- la zona plasticizzata aumenta con la sollecitazione
- la dimensione della zona plastica controlla l’innesco e la
propagazione della cricca
- la presenza della zona plastica ridistribuisce le tensioni
all’apice della cricca per i materiali duttili.
Sorge il problema di capire quanto la zona plastica influenza
la zona con singolarità dominante per verificare la validità del-
l’uso del fattore K ricavato secondo ipotesi di comportamento
perfettamente elastico

Modello di
Irwin
A
KI
B C σy =
A’ 2πr
1 K I2
C’ ry = ⋅ 2
O B’
2π σ y
OA’BB’ = B’BCC’ = σyry

ry ry


KI
dr =
KI
∫r
−1 / 2
dr =
KI
[2r ]
−1 / 2 +1 ry
=
2πr 2π 2π
0
0 0

KI 2 2
= 2 ry = K I ry = σ y 2πry ry =
2π π π
2σ y ry = OA ' BB ' + A ' AB
Per calcolare il nuovo valore di K, Irwin ha definito una lunghezza effettiva della
cricca allungandola della quantità pari al raggio plastico

Entrambi vanno
moltiplicati con il
fattore di forma
(α) relativo al
proprio valore di
cricca
Modello di Dudgale

Il fattore di intensità dovuto ad


una forza agente sulla superficie
di frattura può essere stimato con- KI = 0 σ π (c + ρ ) Kρ
siderando la normale forza P ap-
plicata al crack a una distanza x Il modello prevede all’apice della cricca una
dalla mezzeria del crack. Tenendo zona plastica di dimensioni pari a ρ dove si
conto dei contributi di entrambe le esercita una compressione che tende a chiudere
estremità del crack passante per il difetto. Il problema si riconduce alla sovrap-
uno spessore unitario della piastra posizione di una lastra soggetta a trazione uni-
è dimostrato che forme con una cricca di dimensione c+ρ e di
un’altra uguale con le stesse dimensioni di
cricca, sottoposta nella zona plastica ad uno
sforzo di compressione pari allo snervamento,
in modo che si annulli la singolarità
Nelle condizioni di chiusura del crack, sostituendo
all’apertura c quella c+ρ prodotta dalla stessa forza di
snervamento e sommando i contributi descritti prima

c+ ρ
− σ sn  c+ρ +x c+ρ −x 
Kρ =
π (c + ρ ) ∫  
 c + ρ − x + c + ρ + x dx =

c 
− σ sn
c+ ρ
 c+ρ + x+c+ρ −x 
= ∫ 
 c+ρ −x c+ρ +x
dx = P = −σ sn dx
π (c + ρ ) c  
x
c+ ρ c+ ρ D
2σ sn (c + ρ ) dx 2σ sn (c + ρ ) (c + ρ )
=−
π (c + ρ ) ∫ (c + ρ ) − x
2 2
=−
π (c + ρ ) ∫ 2
=
c c  x 
1 −  
c+ ρ 
c+ ρ
2σ sn c + ρ  x  2σ sn c + ρ c
=−  − arccos  = − (arccos ) = Kρ
π  c + ρ c π c+ρ
Ricordando che σ π (c + ρ ) + K ρ = 0

2σ sn c + ρ c
σ π (c + ρ ) = (arccos )
π c+ρ Sviluppiamo in serie di Fourier
πσ = 2σ sn (arccos
c
) poichè per σ σsn
c+ρ
ρ ∞
πσ c
cos =
2σ sn c + ρ
2 4 6
c 1  πσ  1  πσ  1  πσ 
= 1 −   +   −   + .......
c+ρ 2!  2σ sn  4!  2σ sn  6!  2σ sn 
2
c 1  πσ  8σ sn2 − π 2σ 2
= 1 −   =
c+ρ 2!  2σ sn  8σ sn2
8cσ sn2 = (c + ρ )(8σ sn2 − π 2σ 2 )
ρ (8σ sn2 − π 2σ 2 ) + c(8σ sn2 − π 2σ 2 ) = 8cσ sn2
2
8cσ − c(8σ − π σ ) cπ σ
2 2
π  KI 
2 2 2 2

per σ << σsn ρ= sn


≅ sn
=  
(8σ sn − π σ )
2 2
8σ sn
2 2
8  σ sn 
Il confronto fra i modelli descritti non stima
significative differenze per quanto riguarda Se si tien conto del
la dimensione delle zone plastiche, in quan- raggio plastico ρ, si
to (2ry) 1/π = 0.318 mentre (ρ) π/8= 0.392. ottiene
Tuttavia il modello di Dudgale tende a so-
 πσ 
vrastimare il Keff: infatti ceff è qualcosa meno K effDudgale = σ πc sec 
di c+ρ dato che tutta la zona plastica è  2σ sn 
calcolata caricandola con la tensione di
snervamento.
Diagrammando infatti i rispettivi Keff adimen-
sionalizzati si può notare come le differenze
non sono significative fra i valori corretti e
quelli della MFLE entro un rapporto di
ascissa pari a 0.5. Oltre σ/σsn=0.6 le dif-
ferenze diventano significative e Dudgale
aumenta vistosamente
Burdekin e Stone poi hanno corretto la rela- 1/ 2
zione ottenendo un valore più realistico at-  8  πσ 
K eff = σ sn πc  2 ln sec 
traverso la relazione π  2σ sn 
Fattori che influenzano il Kc - tenacità alla frattura

Materiale
Temperatura
Spessore
Tensione piana

   
σ xx 
  E  1 ν 0  ε xx 
σ
 yy  = ν 1 0  ⋅ ε yy 
σ  1 − υ 2
 1 −ν   
 xy    ε xy 
 2 
ν
ε zz = − (ε + ε yy )
1 −ν
xx

Deformazione piana

ε xx  1 − ν − ν 0 σ xx 
  1 +ν  −ν 1 −ν  
ε yy  =  0 ⋅ σ yy 
ε  E
 xy   2 σ xy 

σ zz = (νε xx + νε yy + (1 − ν ))
E
(1 + ν )(1 − 2ν )
Stato di tensione tridimesionale - spessore

σ y − σ x = σ sn

ε z = (σ z − υ (σ x + σ y ) ) = 0
1
E
perθ = 0
σx =σy
σ z = 0,66σ y
e quindi secondo Tresca

σ y − 0,66σ y = σ sn
σ y = 3σ sn
Determinazione sperimentale del KIc
Curva tipo A
mostra deviazione dalla
linearità prima di rag-
giungere il carico max
Curva tipo B
mostra un pop-in prima
della deviazione del 5%
rispetto alla linearità
Curva tipo C
alla linearità del comportamento mostra rottura prima di
raggiungere il 5% dalla
linearità
Per il compact test
Si ipotizza un valore di tenacità a frattura
che diventa la tenacità del materiale se
rispetta le condizioni
0,45 ≤ a/w ≤ 0,55
B,(W-a) ≥ 2,5(KQ/σsn)2
Limitazione alla Meccanica della Frattura Lineare Elastica

Quando il fattore K raggiunge il


valore critico significa che gli
sforzi all’apice della cricca rag-
giungono valori non più soppor-
tabili dal materiale e il difetto
propaga instabilmente.
All’apice della cricca comunque
esiste una zona plastica nella
quale la singolarità non è domi-
nante, anche se è in essa che
ha inizio la propagazione.
Ma se è trascurabile rispetto alla dimensione del ligament, al suo
confine valgono ancora le espressioni del Westergaard, si può
dire che la frattura è governata dalle leggi della MFLE indipen-
dentemente dalle reali dimensioni dei pezzi considerati e dalle
proprietà del materiale.
All’interno della zona definita da Irwin o Dudgale
si possono distinguere due zone: (fig a) quella
più vicina all’apice della cricca (zona scura) nella
quale si hanno grandi deformazioni non con-
trollabili da nessuna legge, ed una più esterna
nella quale gli sforzi sono rappresentabili con la
MF elasto-plastica governata dalla singolarità
HRR attraverso altri due parametri (CTOD e J),
oltre che da K per approssimazione.
Se la zona scura si estende troppo, la MFLE non
può essere più applicata, ma rimane il controllo
approssimato mediante il parametro J (fig. b), se
la zona plasticizzata non è più trascurabile ri-
spetto al ligament (fig. c), la propagazione della
cricca non è più governabile da alcuna legge e
la propagazione avviene lentamente e a strappo.
Crack (tip) opening displacement – COD (δ)
Crack (tip) opening displacement -- COD(δ)

4⋅G
=
πσ s
Generalmente la definizione del COD considera il modello di
Dudgale. In questo caso si ha
K I2 σ s K I2 ε s K I2
CTOD = δ = = 2 =
σsE σs E σ s2
δ K I2 Relazione che ha un senso anche in campo
= 2
εs σs lineare elastico. Perciò le condizioni critiche

possono essere dedotte indifferentemente da misure di KIC o


CTOD critico (δc).
Nel caso di rottura post-
1  σ s  K Ic2 1  εs  δc
2 2
K Ic2
ac = =   =   snervamento tali relazio-
πσ 2
π  σ  σs π  ε  εs
2
ni perdono di validità
K Ic2
a c = cos t ⋅
σ s2 1 δc  Burdekin ha cercato di determi-
ac =  
δ 2πΦ  ε s 
nare la costante, secondo un
a c = cos t ⋅ c approccio semi-empirico intro-
εs 1 εs 
2
δ c ducendo la quantità ϕ in
cos t =   =Φ=
2π  ε  2πε s a c funzione del rapporto ε/ε
s
Fissata una lunghezza utile a
cavallo della cricca yo, il rapporto
ε/εs è stato ricavato per diversi
valori di allungamento

1 δc 
ac = 
 
2πΦ  ε s 
δc
Φ=
2πε s a c
L’Integrale J
Rice dimostrò che J, calcolato su un
percorso intorno all’apice della cric-
ca è equivalente alla variazione di
energia disponibile per la propaga-
zione della cricca anche per i mate-
riali con comportamento elastico non
lineare, da cui l’estensione al regime
plastico ∂u
J = ∫ W (ε mn )dy − Ti i
ds
ε mn Γ
∂x
W (ε mn ) = ∫ σ ij dε ij Energia di deformazione
0

σij è il tensore degli sforzi


εij è il tensore delle deformazioni In pratica J ha lo stesso
Ti = σij nj vettore delle forze unitarie significato di G nella MFLE
ui componente vettore spostamento ed è uguale a G nel campo
ds elemento infinitesimo di percorso elastico lineare
y

E’ stato anche dimostrato che J gode di due


proprietà: x
a) E’ indipendente dal percorso di integrazione
nel caso elastico bi-dimensionale senza defor-
mazioni iniziali [Definito su un percorso chiuso
è sempre uguale a zero]
E’ basato sulla conservazione dell’energia.
Infatti Uenergia di defor. – Llavoro forze est. = 0 dal momento che i termini
della definizione di J rappresentano rispettivamente energia di defor-
mazione e lavoro delle forze esterne. In realtà la dimostrazione si ba-
sa sul PLV applicato all’area contenuta all’interno di Γ, per poi risalire
al contorno mediante il teorema di Green.
Scrivendo l’integrale J sugli spezzoni di percorso, la somma dei con-
tributi è zero dato che il percorso è chiuso.


ABC
+ ∫
CD
+ ∫
DEF
+ ∫
FA
=0
y
Si può anche scrivere che ∫CD = FA∫ = 0
in quanto dy=0 essendo le
facce del difetto combacianti e il carico Ti
su di esse nullo x
Rimane dunque ∫
e i contributi di Γ1 e Γ2 sono Γ1
∫ +
Γ2
=0
uguali e opposti in quanto i
contorni di integrazione sono
percorsi in senso opposto; Γ1
∫ =−∫ Γ2
saranno uguali se considera-
ti percorsi nello stesso sen-
so. b) E’ equivalente a J definito energeticamente
dΠ 1  dU ∗  In realtà U e U* differiscono
J =− J =   di 1/2dPdδ infinitesimo di
dA B  da  P ordine superiore
P
U ∗ = ∫ δdP 1 ∂  1  ∂δ 
P P
J =  ∫ δdP  = ∫   dP
B  ∂a 0  P B 0  δa  P
0
Meccanica della frattura e fatica - legge di Paris
da
= C∆K m
dN
K max = Qσ max πa
K min = Qσ min πa
∆K = K max − K min = Q (σ max − σ min ) πa

I zona – velocità di prpagazione molto basse. La curva tende ad un asintoto


verticale verso ∆Kth fattore di intensificazione degli sforzi di soglia al
di sotto del quale non si ha propagazione apprezzabile del difetto;
II zona – legge di Paris rappresenta il legame fra velocità di propagazione e
fattore di intensificazione degli sforzi; C ed m sono costanti del
materiale;
III zona – la curva diventa molto ripida a causa di una crescita del difetto mol-
to rapida. Per plasticizzazioni ridotte la curva tende al valore di KIc
La conoscenza di soglia è importante in quanto si possono sta-
bilire le condizioni di carico per cui non si ha propagazione di
cricca, ma i dati sperimentali al riguardo sono molto scarsi e quel-
li disponibili sono dispersi, per cui non esistono dati consolidati.
Nel tratto lineare in
diagramma doppio cf
dc
∆N = ∫
c C (∆K )
log, N può essere m
i

calcolato cf
dc
∆N = ∫ CQ
ci
m
∆σ m (πc )
m/2

per m≠2
 (c )− m / 2+1 
cf cf

∫ (c )
1 −m / 2 1
∆N = dc =  
CQ m ∆σ m (π ) CQ m ∆σ m (π )  − m / 2 + 1 ci
m/2 m/2
ci

1 c1f− m / 2 − ci1− m / 2
=
CQ m ∆σ m (π ) 1− m / 2
m/2

per m=2
1 cf
ln
CQ m ∆σ m (π )
m/2
ci
Il procedimento per analizzare la crescita della cricca in un com-
ponente di acciaio saldato o meno sollecitato a fatica, secondo i
concetti della meccanica della frattura, è il seguente:

- Stimare la dimensione iniziale del difetto (anche equivalente)


ed il KI associato ad esso;
- Conoscendo il Kc o il KIc e la sollecitazione nominale mas-
sima del ciclo di fatica, calcolare la dimensione critica del di-
fetto ccr che causerebbe la frattura fragile;
- Ottenere una espressione del dc/dN in funzione del ΔK;
- Determinare il ΔK;
- Integrare l’espressione della crescita della cricca fra i limiti c0
e ccr per ottenere la vita della struttura prima della rottura;
- Attenzione al valore da attribuire al Q che può non essere co-
stante fra i limiti iniziale e finale della cricca.
Esercizio
Un recipiente a parete sottile è
soggetto a dei cicli di pressurizza-
zione secondo il seguente ordine:
50000 cicli con pressione variabile
da 0 a 100 bar
8000 cicli con pressione variabile
da 0 a 120 bar.
Supponendo che una ispezione
preventiva abbia evidenziato la Dati:
presenza di una cricca longitudi- Spessore recip. s=5 mm
nale di 10 mm di lunghezza, veri- Diametro recip. d =100 mm
ficare se il componente può portare KIc = 100 MPa m 1/2
a termine i cicli previsti senza giun- m=3
gere a rottura. C= 4,5 10-11 per dimensioni
in [m] e [MPa]
K I = σ circ πc
Le sollecitazioni circonferenziali che nascono per effetto delle di-
verse ampiezze di pressioni sono

p1 ⋅ d 100 ⋅ 10
σ 1circ = = = 100 MPa
2s 2⋅5
p ⋅ d 120 ⋅ 10
σ 2circ = 2 = = 120 MPa
2s 2⋅5

mentre le condizioni critiche sono

2
1  K 
2

 = 
1 100 
ccr1 = ⋅  Ic  = 0,318mm
π  σ 1circ  π  100 
2
1  K Ic 
2

 = 
1 100 
ccr 2 = ⋅   = 0,221m
π  σ 2circ  π  120 
Applicando dunque la legge di Paris già integrata, rispetto ai primi
50000 cicli, risulta con Q=1, costante per l’intera propagazione
1 c 1f− m / 2 − ci1− m / 2
∆N = ⋅ =
CQ ∆σ π
m m m/2
1− m / 2
1 0,318 −1 / 2 − 0,01−1 / 2
= ⋅ = 65669 cicli
4,5 ⋅ 10 ⋅ 100 ⋅ π
−11 3 3/ 2
− 1/ 2
E pertanto la prima serie di cicli può essere sopportata dal
materiale in quanto il ΔN è superiore a 50000 cicli.
Per quanto riguarda la seconda serie di cicli, possiamo usare la
stessa formula integrata correggendo la lunghezza iniziale della
cricca.
c 1f− m / 2 = ∆N ⋅ CQ m ∆σ mπ m / 2 (1 − m / 2) + ci1− m / 2 =
= 5 ⋅ 10 4 ⋅ 4,5 ⋅ 10 −11 ⋅ 10 6 ⋅ π 3 / 2 (−1 / 2) + 0,01−1 / 2 = −6,260 + 10 = 3,74
cui corrisponde un’allungamento di cricca pari a 0,0715 m
1 c 1f− m / 2 − ci1− m / 2
∆N = ⋅ =
CQ ∆σ π
m m m/2
1− m / 2
1 0,221−1 / 2 − 0,072 −1 / 2
= ⋅ = 7391
4,5 ⋅ 10 ⋅ 120 ⋅ π
−11 3 3/ 2
− 1/ 2

Pertanto la seconda serie di cicli non può essere sop-


portata in quanto il numero di cicli richiesto è superiore
a quello corrispondente alla rottura instabile del reci-
piente.

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