UD1 - Approccio All'Urbanistica
UD1 - Approccio All'Urbanistica
UD1 - Approccio All'Urbanistica
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Diamo inizio a questo impegnativo quanto suggestivo corso di urbanistica nel quale
andremo a sviscerare l'essenza della materia attraverso la progettazione o, meglio, il
dimensionamento di uno strumento di pianificazione a livello comunale. Quello che un
tempo era definito come Piano Regolatore e, per il vero, ancora oggi, dopo oltre dieci
anni dalla riforma del titolo V della nostra Costituzione rimane tale.
Nel corso di questa unità didattica andremo nell'ordine ad affrontare molto
sommariamente le basi concettuali della materia.
Si tratta di un approccio forzatamente generico sia per l'argomento che non è proprio
quello del corso e sia per ragioni di spazio, tuttavia si ritiene che avere una visione
generale sulla materia e sui concetti fondamentali sistematizzati -per quanto possibile-
aiutino a comprendere meglio tutto il corso.
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E' difficile però assumere un tale atteggiamento culturale in una materia come
l'urbanistica che difficilmente si presta a essere un insieme come semplice somma delle
parti, dove ogni argomento ha dipendenza con molti altri e dove ogni argomento ha
molte interpretazioni parallele che non si intersecano mai.
Se volessimo scrivere un manuale su come si muove un orologio avremmo gioco facile
perchè le leggi sono deterministiche e prevedibili.
Scrivere un manuale sul movimento delle nuvole è senz'altro più complesso perché le
leggi che sottendono il loro movimento sono meno riassumibili, sintetizzabili. Il
movimento è imprevedibile in assoluto e diventa, quindi, difficile estrarre delle leggi
assolute, ma solo delle leggi di probabilità.
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Questo corso parte, dunque, dalla presa di coscienza da parte di chi scrive o parla e da
parte di chi legge o ascolta, che per predisporre un apparato disciplinare di tipo
manualistico occorre sposare una logica di percorso e non una logica paradigmatica
dell'insegnamento dell'urbanistica.
Assumere un percorso come direzione privilegiata per insegnare l'urbanistica vuol dire
necessariamente escludere alcune argomentazioni, semplificare e soprattutto scegliere.
Scegliere non è inteso però, come visione episodica della materia. Abbiamo già
implicitamente fatto capire che una lettura episodica dell'urbanistica non porta a nulla.
Chi intende apprendere la materia ha bisogno di rudimenti, appigli e quant'altro possa
orientare nel difficile mare della materia, conoscere luoghi speciali in questo mare non
aiuta a comprendere l'insieme.
Scegliere in questo corso è inteso come decisione coraggiosa su cosa deve essere
assunto come orientamento per il discente ed effettivamente a lui “serve” o può essere
comunque più utile a dare una visione quadro generale della materia.
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Abbiamo parlato di scelte finalizzate a fare sì che l'allievo assuma una visione unitaria
della materia.
Ragioniamo, pertanto, sui possibili approcci alla materia urbanistica.
Tra l'universo delle innumerevoli visioni urbanistiche: storiche, sociologiche, strutturali,
destrutturali, parametriche e chi più ne ha più ne metta, ne estraiamo alcune che,
sempre nell'ambito delle scelte di cui alla premessa precedente, ci consentono di avere
una visione più estensiva dei motivi che rendono necessaria una disciplina urbanistica.
Premesso che il verbo fondamentale della materia è il “governo”, inteso come
complesso di scelte volte a ottenere il dominio delle possibili varianti che si possono
presentare nella realtà, avremo:
Urbanistica come governo della trasformazione, intesa come legge universale di
modifica continua della realtà:
Urbanistica come governo dello spazio, inteso come entità occupata dall'individuo
all'esterno della propria abitazione;
Urbanistica come governo delle esigenze economiche, intese come soddisfacimento
dei bisogni dell'uomo.
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La prosecuzione e la protezione della vita porta, infatti, alla necessità di intervenire sul
proprio ambiente per modificarlo in base alle proprie esigenze di specie.
Abbiamo, quindi, una trasformazione definita NATURALE se proviene dal mondo
vegetale o animale (escluso l'uomo) o se proviene dal naturale ciclo degli elementi e una
trasformazione; ANTROPICA se determinata esclusivamente dalle esigenze dell'uomo.
La trasformazione naturale avviene per esigenze di riequilibrio del sistema a seguito
degli eventi che si sono manifestati e che ne hanno, appunto, alterato in qualche modo
l'equilibrio.
La trasformazione antropica avviene, invece, per il soddisfacimento dei bisogni umani,
ma non solo, anche per il riequilibrio delle esigenze dell'uomo per eventi che egli stesso
ha provocato o per eventi naturali da egli indipendenti.
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Abbiamo già affermato che l'universo, inteso in qualsiasi accezione: l'universo delle
cose, del creato e qualsiasi altro concetto, si muove verso una direzione perché si
trasforma in continuazione.
Possiamo spingerci oltre e dire che l'unica verità assoluta dell'universo sia la
trasformazione e che rappresenti l'unico modo per verificare l'andamento dell'universo.
Solo la trasformazione, infatti, ci informa che il tempo è passato. Solo una modifica
visibile ci fa rendere conto che c'è stato un movimento. Una dinamica. Possiamo, quindi,
fissare come concetto didattico di partenza dell'urbanistica, la presa di coscienza della
trasformazione come movimento inarrestabile e insopprimibile di ciò che esiste.
Possono sembrare concetti metafisici, mentre in realtà sono nozioni razionali e,
soprattutto, fisiche. Ci serve introdurre la trasformazione come motore dell'universo per
comprendere meglio due fondamenti e che ci serviranno a spiegare meglio la ragione
fondativa dell'urbanistica: l'entropìa e la neghentropia. Non lasciamoci spaventare dai
nomi ostici, per i nostri fini i due concetti sono ridotti e semplificati all'essenziale.
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Nel sistema urbano, vale a dire la città, vige la stessa legge di trasformazione universale
tendente al disordine.
Un sistema complesso, come il sistema territoriale o il sistema urbano, cioè formato da
molti elementi costituenti, lasciato a se stesso, tende -come tutte le cose- a modificarsi
dall'ordine verso il disordine per disgregazione degli stessi costituenti perché ognuno di
essi tenderà, inevitabilmente, a essere assoggettato alla legge universale di
trasformazione.
Disordine vuol dire complessità crescente e, quindi, per contrastare il disordine e
tentare una riorganizzazione antropica, vale a dire che sia comprensibile per l'uomo, c'è
un'inevitabile dissipazione di energia.
L'urbanistica ha proprio questo compito: controllare la trasformazione della città al fine
di ridurre il disordine derivante dalla trasformazione medesima.
Controllare e dirigere la trasformazione urbana significa, quindi, ridurre il disordine.
Ridurre il disordine, abbiamo detto, significa anche risparmiare energia nel futuro per
cercare di contrastare il disordine derivante, appunto, da una trasformazione
incontrollata.
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La necessità di collegare i vari villaggi diventa sempre più estesa e sempre più
specializzata, si passa, quindi, dal semplice collegamento per via terrestre a quello
sull'acqua tramite imbarcazioni che permettano il collegamento di quei villaggi
altrimenti non raggiungibili per via terrestre. Questa crescente specializzazione degli
scambi porta dunque alla nascita dei grandi assi viari di terra -da villaggio baricentrico a
villaggio altrettanto baricentrico- o di mare -da porto a porto-.
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I luoghi d'incrocio di due o più assi viari diventano, dunque, luoghi strategici per
velocizzare gli scambi delle eccedenze. In questi luoghi dove lo scambio è più facile e
più veloce nascono, quindi, i mercati come luoghi d'incontro di più provenienze di beni
economici. In corrispondenza dei mercati, i villaggi già esistenti o nati ex novo in questi
spazi acquistano, pertanto, una maggiore importanza rispetto a quelli più decentrati.
Tutta la ricchezza transita attraverso questi luoghi e una parte viene giocoforza
trattenuta sul posto determinando una maggiore velocità di accumulo di beni rispetto
agli altri villaggi.
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La maggiore ricchezza a sua volta intercetta dei flussi di persone e denaro alla ricerca di
fortuna negli stessi spazi, determinando così un circolo virtuoso di crescita e di
importanza di queste aree. Con la nascita dei mercati i villaggi diventano borghi o città,
non c'è più solo un aspetto meramente funzionale a cui l'urbanistica deve rispondere,
ma anche un aspetto simbolico a rafforzare l'etica dominante. La scelta degli spazi
dunque, non è più dettata da ragioni strettamente organizzative ma la loro successione,
dimensione e collegamento avviene anche per ottenere l'affermazione di un principio
dominante.
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La nascita del sovrappiù nella storia ha, però, permesso non solo lo sviluppo e la
crescita della complessità con la necessità di ricorrere all'urbanistica per organizzare i
problemi derivanti da questa, ma ha permesso anche la nascita di metodi -di vario
genere- in parte leciti, o anche resi forzatamente tali, per sottrarre il surplus a chi lo ha
realizzato da parte di soggetti che non hanno minimamente partecipato al processo
produttivo. La sottrazione forzata del sovrappiù è un problema del genere umano
determinato dalla scarsità dei beni economici e che ha causato conflitti in ogni epoca.
La sottrazione a volte è avvenuta in maniera esplicitamente forzosa, vale a dire in
maniera violenta, quindi, in assenza di qualsiasi etica di facciata in nome del risultato
oppure, al contrario, in nome di un'etica imposta, capace comunque di persuadere il
possessore del surplus a cedere questo o parte di questo in nome di un principio da egli
condiviso o, nella migliore delle ipotesi, in nome di uno scambio solo apparentemente
equo.
Il metodo di sottrazione del sovrappiù ha determinato nella storia anche la morfologia
urbanistica delle città.
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Nelle società dove i beni del surplus appartengono in maniera completa a una ristretta
cerchia di soggetti si ha una forma rozza di città o borgo.
Una città fortemente gerarchizzata dove da una parte trovano posto la residenza della
persona padrona del surplus e dell'altra le persone impossibilitate di possedere nulla di
eccedente oltre al minimo necessario per la sopravvivenza.
In questo caso la città è un insieme di spazi destinati all'uso e consumo del padrone del
surplus e tutto ha una forma simbolica atta a rafforzare l'idea comune che il principio
per il quale una -o più persone- siano proprietarie di tutto, a scapito di chi
effettivamente produce, sia un concetto giusto. La forma della città serve anche a
proteggere il surplus da possibili sottrazioni.
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Nelle società dove non tutto il surplus viene sottratto al produttore, invece, abbiamo
degli spazi gerarchicamente suddivisi:
- i luoghi di prestigio e simbolicamente significativi appartengono sempre al sottrattore
del sovrappiù, mentre
- gli spazi meramente funzionali possono essere anche utilizzati dalla persona a cui è
concesso trattenere una quota di sovrappiù oltre alle proprie esigenze.
Con l'aumentare delle quote di surplus a favore del produttore di beni, aumenta anche
la complessità delle città.
Nascono nuovi ruoli e, quindi, nuove divisioni del lavoro. Nasce un nuovo concetto di
gestione del sovrappiù: chi possiede beni in eccedenza rispetto al proprio fabbisogno,
oltre a quanto vada al padrone, non sempre è in grado di organizzare lo scambio con
altri o, semplicemente è impossibilitato a farlo. Nasce quindi una nuova figura: il
mercante.
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Con la nascita delle industrie il processo di produzione diventa di massa e di larga scala.
Il bene non è più prodotto da un piccolo gruppo di persone, ma da molti soggetti
ognuno dei quali partecipa solo a una parte del processo. Nasce anche il possessore dei
mezzi di produzione, il quale in virtù di questa sua caratteristica è il solo in grado di
coordinare più persone a un processo produttivo da lui scelto e di trattenere per sé
l'eccedenza pagando ai lavoratori un salario per la loro prestazione.
I lavoratori diventano, pertanto, anch'essi “merce lavoro” da utilizzare nel processo
produttivo come qualsiasi altro fattore che interviene.
Il compenso per il lavoratore diventa, quindi, una variabile dipendente dall'eccedenza
come tutti gli altri fattori della produzione.
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L'industrialismo causa una complessità esponenziale del sistema città. Ogni città ha
estrema necessità di legarsi ad altre città e ad altri luoghi rilevanti del territorio. La
specializzazione del lavoro aumenta a dismisura frammentandosi sempre di più.
Aumentano enormemente gli scambi, le comunicazione e, quindi, le infrastrutture. La
città s'ingigantisce a dismisura e il controllo da parte dell'urbanistica diventa sempre più
complicato e oggetto di studi approfonditi. Nasce, in altre parole, la necessità di
pianificare lo sviluppo del futuro.
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Accanto al mercante trova spazio anche un'altra figura, quella del prestatore di beni.
Chi possiede beni in eccesso o il loro valore in denaro non è obbligato a cederli in
maniera definitiva, li cede solo momentaneamente ad altri per ottenerli indietro dopo
un certo tempo con il pagamento di una somma, detta INTERESSE, per il servizio offerto.
Nasce così la finanza moderna basata tutta sul principio di prezzo d'uso del capitale.
Gli spazi destinati alle nuove attività sono spazi senza gerarchizzazione ma
rigorosamente ancorati a una pura funzionalità. Col progredire delle nuove figure
nascono nuove forme di ricchezza non direttamente ancorate alla produzione di beni,
del surplus di servizi, quindi, puramente sulla carta e non immediatamente disponibile. I
padroni delle città cedono però sempre più spazi a favore delle nuove figure perché
consapevoli che queste, producendo ricchezza, possono incrementare anche la loro.
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Da una parte l'esigenza di modellare il contesto in cui vive l'uomo per ottenere una
maggiore e sempre più efficiente funzionalità che possa affrancare ogni individuo da
qualsiasi sensazione fisicamente sgradevole e dall'altra preservare il contesto medesimo,
affinché questo riesca ad adeguarsi alla trasformazione nel tempo più breve possibile.
Nella città, da una parte esiste, quindi, l'esigenza di aumentare le abitazioni per le
famiglie al fine di: soddisfare la crescita demografica, aumentare la mobilità degli
individui con trasporti e strade sempre più capillari ed efficienti, erigere strutture di
produzione e di scambio commerciale culturale e artistico, dall'altra c'è un consumo di
territorio con il rischio di svilire l'ambiente di vita, distruggere le emergenze
monumentali, storiche e architettoniche in nome della funzionalità.
Stessa cosa dicasi a livello territoriale, dove in luogo del rispetto dei tessuti urbanistici e
delle emergenze architettoniche troviamo il rispetto dell'ambiente e delle emergenze
paesaggistiche.
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Nei sistemi complessi ha, poi, fondamentale importanza il concetto di feedback, vale a
dire la retroazione provata da un'azione.
Spieghiamo in poche parole cos'è: una componente interagisce su un'altra; a causa di
questo impulso tale altra componente eserciterà una risposta sulla prima.
Tale risposta detta appunto feedback potrà, quindi, inibire ulteriori interazioni da parte
della prima componente sulla seconda e in tal caso si dirà che è il feedback è
NEGATIVO; oppure, diversamente, potrà incoraggiare ulteriori interazioni e si dirà
quindi POSITIVO.
I feedback negativi determinano l'equilibrio dinamico di un sistema, mentre quelli
positivi ne determinano l'esplosione, quindi, sostanzialmente lo squilibrio.
Le componenti di una città interagiscono tra di loro formando una rete di interazioni
locali non lineari. Le interazioni producono all'interno della città un intreccio di
feedback negativi e di feedback negativi che influiscono in maniera diversa sull'equilibrio
del sistema nel suo complesso.
La teoria dei sistemi dinamici, prende in considerazione quei sistemi che evolvono nel
tempo e tiene anche presente il fatto che sia l'ingresso che l'uscita si sviluppano
progressivamente. Questa teoria, può essere considerata come il supporto
indispensabile nella messa a punto del quadro concettuale di riferimento per lo studio
del CAOS.
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Il concetto di città come SISTEMA è molto importante, per cui vale la pena di spendere
un po' di tempo ad approfondire la teoria dei sistemi e in particolare i sistemi dinamici.
Si definisce come SISTEMA un insieme di oggetti o di sottosistemi, che interagiscono tra
di loro e scambiano energia, informazione o materia con l'ambiente esterno allo scopo
di raggiungere un obiettivo
prefissato.
I criteri utilizzati per classificare i sistemi fanno riferimento:
· all'origine o natura
· alla composizione o struttura
· al tipo di funzionamento o comportamento
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quale, a sua volta, dipende dalla sequenza degli stimoli ricevuti. Nel sistema ascensore,
premendo un pulsante relativo a un piano, esso può salire, scendere o restare fermo in
funzione del piano di partenza. Sono sistemi con memoria, cioè in grado di
immagazzinare energia, materia o informazione. Il distributore di lattine è sequenziale e
fornirà o meno la lattina a seconda della somma inserita fino a quel momento.
Attualmente le teorie del caos ancora non permettono di dare soluzione al problema
della previsione dell'evoluzione dei sistemi soprattutto perché esistono ancora molte
incognite sulla effettiva incidenza e sul significato del caos.
La centralità dei sistemi complessi è dunque costituita dall'organizzazione come sua
qualità intrinseca.
Si può definire come organizzazione la forma, la distribuzione e l'intensità delle relazioni
tra le componenti che costituiscono un'unità complessa o sistema. L'attitudine a
organizzarsi è una delle proprietà fondamentali di un sistema e può essere espressa
come l'evoluzione delle interazioni di carattere relazionale in organizzazione.
L'elevata quantità dei sistemi esistenti rende necessario realizzare una gerarchia e una
categorizzazione dei sistemi.
La determinazione del livello gerarchico di un sistema dipende fondamentalmente dalle
scelte e dalle decisioni dell'osservatore, dal quale dipende, in buona sostanza, la
rappresentazione stessa del sistema. Questo significa che nella definizione di un sistema
vi sono sempre decisioni e scelte di un soggetto che opera delle selezioni in base: alle
proprie finalità, agli strumenti disponibili e in relazione al contesto culturale e sociale.
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Tra gli infiniti sistemi in cui può essere articolata la realtà fisica, è indispensabile, per i
fini più recenti della ricerca avente come oggetto di studio il territorio, considerare la
città come un sistema dinamico a elevata complessità.
Affermare che la città è un sistema dinamicamente complesso, equivale ad asserire che
la città è:
• riconducibile a un insieme di parti tra loro in relazione, cioè è un sistema a tutti gli
effetti;
• i processi del sistema non sono gestibili e controllabili con strumenti deterministici per
cui siamo in presenza di un sistema complesso;
• l'evoluzione del sistema-città non è prevedibile linearmente sulla base della
conoscenza delle condizioni iniziali, si tratta pertanto di un sistema DINAMICO e
complesso.
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Il grado di complessità raggiunto dalla città è tale che non si è in grado di dare una
soluzione compatibile e adeguata ai problemi del suo sistema pesantemente sottoposto
ai processi di massimizzazione dell'entropia. In alcuni periodi della storia la città si è
sviluppata conservando armonia e compatibilità tra le sue parti, da alcuni decenni,
invece, assistiamo al verificarsi di eventi estremamente variabili difficilmente
riconducibili ad una unica causa determinando insopportabili condizioni di invivibilità.
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Queste condizioni sono -quasi sempre- frutto di molte cause in relazione tra loro e di
difficile interpretazione cui si accompagna l'incapacità di gestire fenomeni complessi,
non solo per l' inadeguatezza delle procedure adottate, ma anche per l'indisponibilità di
strumenti culturali efficaci.
La complessità del sistema società-città richiede metodi di lettura e di analisi adeguati,
nonché strumenti e tecniche di controllo innovative; da alcuni anni, la ricerca scientifica
nel campo urbano e territoriale concorda nel considerare la città come un "sistema"
definito da:
• gli elementi: le diverse attività e funzioni urbane;
• le interazioni e relazioni tra le sue molteplici componenti: comunicazioni materiali e
immateriali.
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Nel corso di questa unità abbiamo affrontato molto sommariamente le basi concettuali
della materia.
Si è trattato di un approccio forzatamente generico sia per l'argomento che non è
proprio quello del corso e sia per ragioni di spazio, tuttavia si ritiene che avere una
visione generale sulla materia e sui concetti fondamentali sistematizzati, aiuti a
comprendere meglio tutto il corso.