Il documento tratta della figura dell'intellettuale nel periodo tra le due guerre mondiali in Italia e in Europa. Viene descritto il consolidarsi delle dittature fascista e nazista e l'emergere di una polarizzazione tra filofascisti e antifascisti. Vengono menzionate figure chiave come Benjamin, Weil, Gobetti e Ginzburg.
0 valutazioniIl 0% ha trovato utile questo documento (0 voti)
3 visualizzazioni3 pagine
Il documento tratta della figura dell'intellettuale nel periodo tra le due guerre mondiali in Italia e in Europa. Viene descritto il consolidarsi delle dittature fascista e nazista e l'emergere di una polarizzazione tra filofascisti e antifascisti. Vengono menzionate figure chiave come Benjamin, Weil, Gobetti e Ginzburg.
Il documento tratta della figura dell'intellettuale nel periodo tra le due guerre mondiali in Italia e in Europa. Viene descritto il consolidarsi delle dittature fascista e nazista e l'emergere di una polarizzazione tra filofascisti e antifascisti. Vengono menzionate figure chiave come Benjamin, Weil, Gobetti e Ginzburg.
Il documento tratta della figura dell'intellettuale nel periodo tra le due guerre mondiali in Italia e in Europa. Viene descritto il consolidarsi delle dittature fascista e nazista e l'emergere di una polarizzazione tra filofascisti e antifascisti. Vengono menzionate figure chiave come Benjamin, Weil, Gobetti e Ginzburg.
Scarica in formato DOCX, PDF, TXT o leggi online su Scribd
Scarica in formato docx, pdf o txt
Sei sulla pagina 1di 3
Pascoli e d’Annunzio preparano al fascismo con i loro stilemi nazionalisti.
Costruire un’identità nazionale
comporta un’esclusione del diverso, minimizzare l’identità dell’altro. Questo lo vedremo nell’opera di un intellettuale nato a Gerusalemme da genitori arabi che poi si forma e insegna negli USA. Sul piano dello scontro tra civiltà vale lo stesso ragionamento: l’identità occidentale si è costruita nel corso dei secoli in opposizione al diverso che è l’Oriente. Per sostenere le sue tesi Said usa una pluralità di fonti, perché gli scrittori occidentali hanno fabbricato la frontiera. Dopo i montaggi delle testimonianze di chi viaggiava in Oriente e poi tornava Poi c’è un altro nazionalismo che è quello degli esuli, quindi magari quelli che se ne vanno e rimangono legati alla propria identità e ci riflettono su senza razzismo, senza discriminare l’altro. WALTER BENJAMIN Un esule ebreo costretto alla fuga ha costruito un pensiero sullo choc della modernità. È tedesco e all’inizio aderisce alla scuola di Francoforte cui si uniranno Adorno Marcuse nella quale si denuncia la zona in ombra del progresso. Benjamin è eccentrico rispetto alle scuole e i gruppi del suo tempo, quindi aderisce solo in parte alla scuola di Francoforte. Contrabbando tra le frontiere disciplinari nella sua formazione: integrazione tra marxismo, psicoanalisi. Benjamin come Gramsci concepisce il linguaggio letterario come un sintomo, come qualcosa che ci dice qualcos’altro sulla storia. Da quando nel 33 il nazismo lo porta a scappare e vivere come esule tra francia e svizzera e le leggi razziali nel 38-9 che rendono insicuro anche l’esilio francese, parte per gli usa e rimane in attesa del visto. Hanna Arendt parla della fuga di cervelli verso gli usa di quegli anni come la nuova arca (di noè), un modo di mettere in salvo anche il pensiero. La cosa triste del vissuto di Benjamin è che lui si sposta verso la Spagna e viene arrestato sui Pirenei a Port Bou dalla polizia spagnola. Nel timore di essere consegnato ai nazisti e col rischio di essere riconosciuto come oppositore e come ebreo, durante la notte assume un’overdose di morfina e si suicida. Lo scherzo del destino è che lui non era destinato alla consegna ai nazisti ma che era stato arrestato solo per dei controlli. Un’altra cosa triste è che nonostante fosse uno dei più geniali filosofi del 900 non vince mai concorsi all’università ma non per discriminazione ma per metodo. Se avesse aspettato la mattina dopo sarebbe partito per gli usa. È considerato un intellettuale centauro, a metà tra La sua prosa è molto complicata, è aforistica e allusiva. Si parla di un marximo messianico per lui, cioè che prende spunto dalla religione ebraica. Lui era attratto dai concetti tipicamente marxiani dell’alienazione, della reificazione, della mercificazione, cioè da metà ottocento a oggi tutto diventa merce, quindi per affrontare questo lato reificato scrive varie opere tra cui “”, un volume nel quale retrocede alla Parigi di fine ‘800. I passage sono gallerie coperte in cui si vendevano oggetti d’arte. L’attenzione di Benjamin si rivolge alle nuove forme di cultura di massa, cioè come si vende l’arte. Quindi osserva la fotografia, il cinema, le reclame pubblicitarie e il destino dell’arte del racconto. In un’opera descrive due figure di narratori e l’arte incarnata da queste due figure è a rischio: una figura è sedentaria e la associa all’agricoltore che stando sul posto conosce e tramanda, cioè i raccontastorie che rimangono in un luogo e fanno del racconto orale una forma di narrazione; l’altra figura è il mercante che invece viaggia e raccoglie le esperienze dei luoghi stranieri e poi torna al villaggio a raccontarle. Qual è il rischio? Che entrambe le figure dei narratori basano la propria arte del racconto sullo scambio di esperienze vissute in un unico posto attraversando cicli di generazioni RESTANDO in un unico posto oppure il nomadismo. Per B. queste due forme stanno rallentando per la prima guerra mondiale. Cioè i resti, quelli che si sono salvati dalla prima guerra mondiale o tornano menomati o muti e non possono raccontare. Quindi interrogativo: dopo Aushwitz si può fare poesia? Brecht: di cosa parleranno i poeti nei tempi bui? Parleranno dei tempi bui. “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”, per B. l’arte ha perso il suo valore RITUALE non solo per le scosse della storia ma per qualcosa che riguarda la sociologia dell’arte, cioè grazie alle nuove tecnologie come il cinema si distrugge l’aura dell’opera d’arte. Questa aura vuol dire quel valore sacrale che aveva l’arte. Con il cinema accade che tu il film lo puoi rivedere, invece l’oralità ha l’aura dell’irriproducibilità. Lui in questo in realtà riconosce che quello che sta avvenendo è una democratizzazione potenziale dell’arte perché attraverso il cinema molta più gente può accedere alla ultura. Allora subentra il B. critico: da una parte una cosa e dall’altra l’altra. Come giudizio di valore dice dobbiamo sdoganare l’arte spiazzante, quella che ci fa prendere coscienza del presente. Fa questo ragionamento a partire da A una passante di Baudelaire. Lui dice che quella è la poesia della perdita dell’aura o meglio dell’aureola, cioè il simbolo dell’artista tradizionale fa i conti con la modernità e la sua aureola gli cade per strada: il poeta non è più vate di un’arte con l’aura ma sarà un uomo mischiato alla folla. La diffidenza verso il modernismo di Rebora fa la sua prima apparizione proprio in questo sonetto. Per B. in quei versi di Baudelaire è rappresentato lo choc della modernità. Questo nuovo modo di vivere il presente passa da uno dei topoi più consunti della poesia, cioè l’esperienza amorosa. Il furtivo gioco di sguardi con una compagna di viaggio. L’esperienza amorosa allegorica diventa ora traumatica, non c’è più una concessione a effusioni e sentimentalismi, ma il sentimento d’amore diventa quasi una malattia. È scritta rispettando la forma tradizionale del sonetto (apparenza tradizionale) in cui subentrano i segni percettivi dello choc. Ero per strada: per B. incipit della modernità: il poeta si trova per strada non più nella natura Clamore: richiama i suoni del moderno che contrastano e disturbano la comunicazione tra gli uomini. Esile e alta perché è agile, in contrapposizione all’andatura meccanica della folla. Scultura antica: la cristallizza. Ossesso, istupidito: l’uomo che cerca lo sguardo della passante la guarda come un ossesso, quasi come un pervertito. Dalla descrizione della figura perviene una figura femminile tenebrosa. All’apparenza sembra ancora una poesia tradizionale in certi punti, ma guardando i dettagli percepisce l’io lirico dai sentimenti malati e maniacali viziati dai tempi veloci e meccanicizzati della modernità. Il pensatore rintraccia i tratti della storia. 21/03/2024 Collegamento tra saggio n.1 dedicato a De Sanctis e Tornaca e su come si scrivono i manuali Tentativo di rimuovere il presente. L’ottica di questi saggi è microstorica, c’è un collegamento tra il patriottismo nazionalista e aggressivo di Torraca e il patriottismo senza patria di Jiher. Saggio n.5 su Carlo Levi. Attraverso Levi si costruisce la storia intricata dell’antifascismo italiano. Abbiamo rintracciato l’origine dell’intellettuale detto dreyfusardo e ora dobbiamo rintracciare l’intellettuale in quella che Enzo Traverso chiama guerra civile europea. Restiamo nel periodo dei totalitarismi tra le due guerre, che vede l’instaurarsi e consolidarsi delle dittature. La primazia italiana va ricordata: dalla marcia su Roma del 22 allo stato fascista del 24 l’Italia precede la Germania. Altre due date solide importanti sono il 1936 lo scoppio della guerra civile spagnola. Elio Vittorini sta scrivendo un romanzo e lo interrompe. Gli intellettuali non ancora antifascisti con la guerra civile spagnola scoprono il volto liberticida del fascismo, che non aveva ancora manifestato il suo lato mortifero su scala europea e che può scatenare una guerra civile. In Spagna i repubblicani nazionalisti di Francisco Franco e coloro che invece combattono per la democrazia. Convergono in Spagna da tutto il mondo intellettuali dei due blocchi. Mussolini porta contadini del sud ad arruolarsi per Franco. La guerra civile crea quindi una polarizzazione degli ambienti civili intellettuali: o si è filofascisti o si è dissidenti, clandestini e oppositori del fascismo. Anche Orwell partecipa e scriverà un reportage. Abbiamo visto la fine di Benjamin intrecciata al nazismo, la scuola di Francoforte che prima si sposta in Svizzera e poi negli USA. Una figura da seguire è Simone Weill, un’altra è Piero Gobetti editore della prima edizione di ossi di seppia. La casa editrice Einaudi nasce come rivista e poi riesce a produrre cultura antifascista seguendo l’esempio di Gobetti e Leone Ginzburg, di Odessa, che introduce autori slavi in Einaudi. Questo fiume carsico di inclusione della cultura riesce ad arginare la censura. Ginzburg non ha interesse a firmarsi e a far comparire il suo nome perché sarebbe colpito da censura. Dopo arresti e accuse e confino con la moglie Natalie e il figlio Carlo oggi grande storico alla fine verrà arrestato a Regina Coeli e a causa delle torture patite in carcere morirà. Altra figura Harendt, importante perché introduce questa immagine archetipica religiosa dell’arca, riassumendone la diaspora di cervelli (Benjamin, Levi quasi scappato, Gobetti) che si mette in salvo, resiste. Carlo Ginzburg osserva che in un anno escono i libri dell’anno zero (1939) e si interroga sullo scoppio della guerra. Con la guerra fredda sembra tramontata la fase dell’intellettuale pubblico, antifascista, e questo si estende fino agli anni 70. Vediamo come Sartre riformula il concetto di intellettuale pubblico e dreyfusardo. Dopo la guerra inizia l’anticolonialismo con i suoi alfieri che si battono per l’indipendenza e questo prende i primi passi dalla Francia. Gli intellettuali francesi ma nati in colonia vengono chiamati piede nero e prendono le parti dei popoli oppressi che cercano di liberarsi dal giogo nazionalista. Capiamo l’importanza perché un filosofo francese si schiera contro la propria nazione cioè Sartre. L’Italia discende da questi grandi maestri e partorisce Sciascia (1921-1989, curioso), Fortini, Pasolini. Sono tutti nati negli anni 20 quindi hanno attraversato l’educazione sotto il fascismo. Loro vivono ravvicinatamente la fine del fascismo, della guerra, la resistenza. Con la morte di Pasolini e la conseguente solitudine di Sciascia scompare questa figura di intellettuale pubblico in Italia, ma dobbiamo contrapporci all’idea che bisogni parlare di scomparsa di intellettuali. Approfondire il Politecnico di Vittorini e la sua pausa per scontro con Togliatti. Togliatti vuole allinearlo alle direttive sovietiche e gli altri intellettuali dicono no vogliamo autonomia. Scodellaro è il più giovane sindaco d’Italia, verrà incarcerato dove lì leggerà passi del Cristo di è fermato a Eboli e poi rilasciato. C’era una terza via tra socialismo e comunismo e pensiero liberale degenerabile in dittatura. Il fallimento del liberalismo storico porta a Giolitti. La terza via è il socialismo liberale. Il partito d’azione ha anime liberali… Vittorini è il primo presidente del partito radicale negli anni 50. In occhialacci di legno di Ginzburg si fa un elogio dello sguardo da lontano. Non bisogna rimuovere la ferita dell’esilio. Nicola Roversi partecipa alla resistenza fa il partigiano. Nel 55 a Bologna formano la rivista Officina. Dal 69 fuoriesce dalle editorie ufficiali e interrompe il rapporto con esse e pubblica in ciclo ostile cioè in fotocopia. Diffonde in un modo alternativo ed è un esempio di come il contrasto al potere editoriale non prevede solo la pars destruens.