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LUCANO pag 149

L’EPICA DOPO VIRGILIO


l'eneide diventò il canone indiscusso del genere epico, tutti gli autori successivi verranno
messi a confronto con Virgilio.
Vale anche per Lucano che viene definito l’ ANTI-VIRGILIO perchè basava la sua epica su
un tipo di arte allusiva
(arte allusiva: l’autore inserisce allusioni ad altri testi, presuppone che il lettore li riconosca)
Lucano rovescia e stravolge il sistema, i contenuti, le immagini e le espressioni memorabili
del eneide.

LA VITA
39 dC nasce a Cordova in Spagna
40 dC si trasferisce a Roma
entra nella corte di Nerone
entrato in disgrazia a causa della rottura con l’imperatore Nerone aderisce alla congiura di
pisone e gli viene ordinato di darsi la morte

OPERA CONSERVATA: Bellum civile (titolo preso dalle biografie antiche dell’autore) o
Pharsalia (titolo con cui la chiama Lucano)

OPERE PERDUTE: sono tutte opere precedenti alla pharsalia

LA PHARSALIA
viene criticata, non considerata vera poesia, per due motivi:
1) viene eliminato e abbandonato l’apparato mitologico, non c’è più l’intervento divino che
favorisca il protagonista.
2) la narrazione segue un ordine quasi annalistico

Un altro difetto è quello dell'abuso delle sententiae e degli interventi diretti del narratore.
Lucano sacrifica la veridicità storica per inserire le “deformazioni” (avvenimenti falsi) ad
esempio l’intervento di cicerone a farsalo

1
INVERSIONE DI PROSPETTIVA e STILE
Eneide: canto sulle strade misteriose del fato che anche se attraverso la sofferenza degli
individui avrebbero portato alla realizzazione del grande piano della provvidenza,
favorendo la guerra e la sofferenza par un bene secondario (la fondazione di roma).

Pharsalia: denuncia i misfatti di una “provvidenza crudele” e la guerra fratricida (civile),


operando con un sistema antifrastico riprendendo in chiave polemica espressioni
e situazioni virgiliane.

INVERSIONE DI ARGOMENTO/OGGETTO della POESIA


Eneide: rielaborazione di racconti mitici

Pharsalia: esposizione di una storia recente e ben documentata, spesso anche argomenti
ancora attuali

LA NEGROMANZIA
Come nell’eneide, anche nell’opera di lucano la vicenda si basa su una serie di profezie, a
differenza dall’eneide però non rivelano la futura gloria di roma, ma la sua rovina.
un esempio di profezia è la negromanzia, con la quale lucano presenta il mondo dei morti e
allo stesso tempo si riferisce alla discesa agli inferi di Enea.
crolla ogni illusione e quindi critica il destino e i personaggi storici che l’hanno eseguito

2
I PERSONAGGI
La pharsalia non ha un singolo personaggio principale ma la narrazione ruota attorno a tre
personaggi:
Cesare, pompeo e catone.
A dominare la scena però è Cesare

CESARE: Cesare rappresenta il trionfo di quelle forze irrazionali che nell'Eneide venivano
domate e sconfitte: il furor, l'ira, l'impatientia («insofferenza») e una colpevole
volontà di farsi superiore alle istituzioni dello stato che sono i tratti tipici della
rappresentazione del tiranno, presenti già nella tragedia romana arcaica
Nell'incessante attivismo dispiegato da Cesare, ‘l'eroe nero' del poema si è voluto
intravedere talvolta quasi il segno dell'ammirazione di Lucano

POMPEO: Pompeo è contrapposto a Cesare (frenetico ed energico) poiché rappresentato


come personaggio passivo e in declino
La caratterizzazione poco 'eroica' serve a togliere responsabilità a Pompeo
rispetto allo scoppio della guerra civile: è la brama di potere di Cesare la
principale responsabile della catastrofe
È una figura tragica e anche l’unica che compie un processo/evoluzione
psicologica (il suo pensiero cambia all’interno della narrazione)
Con la perdita di autorevolezza in campo politico e militare Pompeo si rifugia nella
sfera del privato. Comprende la malvagità dei fati l’inconsistenza della gloria
terrena.
la morte in nome di una causa giusta è l'unica via di riscatto morale, e si ottiene
così un posto in cielo tra gli spiriti degli eroi incorrotti.

CATONE: catone è già a conoscenza della consapevolezza raggiunta da Pompeo


sfondo filosofico di tipo stoico: in Catone è presente la crisi dello stoicismo
Si accorge della malvagità del fato che porterà alla distruzione di Roma e quindi
non può più avere piena fiducia nella volontà del destino che lo stoicismo
pretendeva dal saggio.
Catone rifiuta la crudele azione del fato e della storia, e contrappone la propria
incrollabile moralità alla totale perdita di valori etici
Ricerca quindi il criterio della giustizia e lo ritrova nella coscienza del saggio
Catone difende la res pubblica anche se consapevole della sconfitta e della morte
che ne consegue.
La morte è l’unico modo continuare ad affermare il diritto e la libertà

Intorno ai tre personaggi principali girano altri personaggi secondari/minori:


Soldati pompeiani: eroi presentati come combattenti valorosi anche se sfortunati.
Soldati cesariani: costituito da 'mostri assetati di sangue
Altro personaggio di spicco è Cornelia, moglie di Pompeo, simbolo di fedeltà

3
EVOLUZIONE della POETICA
viene presentata al lettore una storia a tinte fosche, non è presente possibilità di riscatto.

Il pessimismo di Lucano però matura in maniera progressiva nella storia.


Lucano riprende Seneca (de clementia e apokolokyntosis) e nei primi tre libri la conciliazione
tra principato e libertà è possibile.
Inizialmente condivide le speranze di palingenesi («rinascita», usato per descrivere l'attesa
di un completo rinnovamento seguito dall'avvento di un nuovo regime politico) dovuta alla
salita al potere di Nerone, probabilmente fa anche un elogio nei suoi confronti come nuovo
augusteo (in questo riprende l’eneide).

un’altra visione dell’elogio lo considera in chiave ironica e iperbolica, non è accettata perché
l’eccesso è tipico del encomio.

Durante la narrazione Lucano cambia idea anche sul rapporto cesare-pompeo.


inizialmente i due erano sullo stesso piano, ma poi Lucano inizia a favorire Pompeo in
seguito alla sua conquista di saggezza, nei confronti di Cesare rimarrà invece sempre
avverso.

STILE
con il crollo dell’epica antica, data dallo sviluppo degli eventi che ha tradito il mondo ideale,
Lucano toglie credito alle forme letterarie che la raccontavano.
Lui però non può sbarazzarsi di tale forma e più che fondandone una nuova ne critica
l'inadeguatezza

Da racconto di imprese illustri, l'epica diventa espressione delle idee di un narratore


'invadente' e militante.
L’io del poeta infatti è presente e visibile nel testo, si intromette quasi sempre per giudicare e
condannare tramite apostrofi
il linguaggio è invaso da un'ideologia ossessiva: lo stile è messo al servizio del messaggio
politico-morale che l'autore vuole ostentare.
Il linguaggio poetico finisce per ridursi a una retorica ricercata, tende a una forma sempre
più densa ed efficace per esprimere un preciso contenuto ideologico.
rinunciando a un'espressione semplice e diretta e ricorrendo invece alle figure enfatiche del
discorso retorico.
Ha molti punti in comune con le tragedie di Seneca, presenta un ritmo incalzante, usando
anche enjambement e spesso la paratassi con cui accumula i pensieri

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PETRONIO

SATYRICON? I DUBBI
è un’opera menippea come, l’apokolokyntosis, narrativa con utilizzo del prosimetro

1) AUTORE: Non si è certi però chi fosse l’autore.


Nei vecchi manoscritti viene attribuita ad un certo PETRONIUS ARBITER di cui
però nessuno parla.
Così la maggioranza degli interpreti ha identificato l’autore, descritto negli
annales di Tacito, nella figura di Petronio, considerato l’ELEGANTIAE
ARBITER della corte di Nerone (giudice dell’eleganza).

2) DATAZIONE: a dare credito a questa idea è la datazione presente nel testo, che, seppur
incerta, non va oltre il principato di Nerone.
Aiuta la datazione anche la lingua usata nel testo: si tratta di un latino
differente a quello che ci è familiare
2 LINGUE: latino classico usato spesso da petronio nelle parti narrative e il
latino dei liberti con parole tipiche della conversazione informale

3) TESTO: del Satyricon ci rimane un testo narrativo in prosa mista a versi di cui però è
stato perso sia l’inizio che la fine.
Essendo un genere unico è inoltre impossibile confrontarlo con altri del suo
genere

4) TRAMA: ci giunge frammentata

la storia è narrata dal protagonista ENCOLPIO (nome che significa colto).


all’inizio del testo, il giovane, di buona cultura, incontra il maestro di retorica: Agamennone.
Poi veniamo a sapere che Encolpio viaggia in compagnia di due giovani: ASCILTO e
GITONE.
La matrona Quartilla coinvolge i tre in un trio amoroso.
sfuggiti dalla matrona i tre sono invitati alla casa di trimalchione (episodio più importante che
abbiamo dell’opera).
Encolpio e Ascilto litigano tra di loro per Gitone e il secondo porta via Gitone.
Encolpio conosce un nuovo personaggio di nome EUMOLPO (un poeta vagabondo).
In seguito ad una serie di peripezie Encolpio recupera Gitone e si libera di Ascilto ma non di
Eumolpo, che a sua volta è interessato a Gitone.
Si forma così un secondo terzetto amoroso.
Ad un certo punto i tre (non conosciamo il motivo) si imbarcano in incognito su una nave , il
cui padrone si rivela essere il peggior nemico di Encolpio, LICA.
Il giovane viene scoperto e cerca una mediazione con Lica
Si scatena una tempesta provvidenziale e Lica è spazzato in mare.
I tre approdano difficilmente vicino a crotone ed elaborano il piano del vecchio facoltoso:
Eumolpo è il vecchio e Gitone e Encolpio i suoi schiavi.
I tre vivono grazie a questa menzogna ma ad un certo punto la bugia viene scoperta.
Qui termina il testo a noi rimasto.

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IL TITOLO
Probabilmente deriva da satyricus che sta a significare “temi/libri riguardanti” e dal grecismo
Satyri (Satiri) e quindi completo sarebbe: libri su vicende da satiri, probabilmente alludendo
ai contenuti avventurosi e lascivi.

LA NARRATIVA.
la prosa narrativa è spesso interrotta da inserti poetici che hanno funzione ironica perché
l’inserto non corrisponde né per stile né per contenuto alla narrazione in cui è posto.
grazie a questo è presente un effetto di contrasti tra aspettative e realtà.

Nel testo vengono anche “derisi” i versi “sublimi” di di Catullo

si tratta di un tipo di narrazione in prima persona (appunto Encolpio) che accosta il Satyricon
alle Metamorfosi di Apuleio e alla narrativa picaresca (racconto in prima persona delle
avventure di un personaggio di classe sociale bassa, letteralmente furfante)

LA SATIRA DI SENECA e DI PETRONIO


Non è stato identificato un genere preciso ma ci sono similitudini con il romanzo antico e la
satira menippea.

ANALOGIE: l’andatura del racconto è scandita dall’alternarsi di citazioni di autori classici con
composizioni poetiche originali dell'autore
l'alternarsi è inoltre presente nei toni che vanno da toni seri a quelli giocosi

DIFFERENZE: il testo di Seneca è breve ed è un libello, ovvero un testo con un attacco


personale ad un personaggio (Claudio) in maniera esplicita

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ORIGINALITÀ del SATYRICON
l’aspetto più originale è il realismo (che ritroviamo evidente soprattutto nell’episodio della
cena di trimalchione) ed è l’antagonista del sublime con cui i personaggi pretendono di
interpretare la realtà

ad esempio la figura di Encolpio è vittima degli schematismi della scuola poichè è uno
scholasticus (giovane educato alla retorica), da ciò ne deriva l’idea che lo studio sia di
impiccio alla narrazione, Encolpio infatti si immedesima nelle figure dei grandi mitico-letterari
—> mitomania

LA SATIRA ANTI-SATIRICA

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IL GENERE SATIRICO

Persio e Giovenale, nonostante appartengano a periodi storici differenti, presentano


numerose caratteristiche comuni.
Tutti e due si rifanno agli autori antichi come Lucilio e Orazio ma con un marcato
cambiamento sia nella destinazione che nella forma.

DESTINAZIONE: un generico pubblico di ascoltatori


FORMA:non c’è più alcuna vicinanza e identificazione con il poeta.
viene spesso usata l’invettiva
FRUIZIONE: la satira è destinata all’esecuzione orale e alla recitazione in pubblico.

PERSIO pag 271

LA VITA
Persio avrà una vita brevissima, morirà a soli 28 anni.
Nasce nel 34 d.C. a Volterra in Etruria.
La sua vita è influenzata dalla figura del filosofo stoico Anneo Cornuto, che lo portò ad
opporsi al regime neroniano.

LE SATIRE
Persio non pubblicò le sue opere in vita, ci pensò un amico, Cesio Basso, in seguito ad una
revisione effettuata con Cornuto.
I due decisero di pubblicare solamente le satire, ovvero 6 componimenti satirici in esametri
dattilici.

PROLOGO: Sono precedute da un prologo formato da 14 choliambi in cui l’autore polemizza


contro le mode letterarie del tempo.
In realtà il testo è riportato alla fine dell’opera quindi alcuni studiosi lo
considerano un epilogo più che un prologo.

ADESIONE ALLA SATIRA


Per Persio è quasi una scelta obbligata perché la satira è il miglior genere per portare avanti
il pensiero stoico dell’esortazione morale tramite sarcasmo e invettiva.
La sua poesia infatti è uno strumento di formazione morale atto a smascherare e combattere
vizio e corruzione.

IL SAGGIO: la figura del saggio si distingue dal pacato sermo oraziano, Persio costruisce
una figura di un maestro non ascoltato e quindi prende un atteggiamento aspro
e aggressivo.
il saggio infatti non ha l’autorevolezza con cui viene appellato ed è per questo
spesso deriso

il discorso satirico, indebolita l’influenza che ha sul destinatario, sembra diventare un


monologo o esame di coscienza.
Può essere visto come un itinerario personale verso la filosofia: non si insegna più agli altri
ma nasce come un esercizio per se stessi.

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QUINTA SATIRA: viene presentato il destinatario il maestro di persio, Cornuto.
E’ descritto come una figura integra e onesta

SESTA SATIRA: Persio si rivolge, sotto forma di lettera, all’amico Cesio Basso dicendogli di
aver terminato il suo cammino di saggezza ed essere pronto a raggiungere
una meta di serena solitudine.

L’OBIETTIVO
Persio vuole contrastare la letteratura mercenaria, la critica è presente già nei choliambi e
nella prima satira.
Secondo Persio il suo periodo era succube di indegnità morale e questo ha portato alla
degenerazione del gusto.
A se stesso attribuisce la qualifica di rusticitas (rozzezza campagnola) e il compito di
aggredire violentemente le coscienze per redimerle.

LINGUAGGIO e STILE
Persio ricorre a un particolare campo lessicale, quello del corpo e del sesso, usandolo come
metafora.
L’esigenza di realismo gli impone un linguaggio ordinario e quotidiano che è però deformato
da uno stile che produce nessi contorti, metafore difficili e associazioni sgradevoli.

TESTI

LA NUOVA SATIRA E I SUOI MODELLI


Il brano descrive una critica verso la società romana dell’epoca, con Lucilio che punisce
coloro che disprezza, mentre Orazio si chiede se ha il diritto di esprimere le proprie opinioni,
anche se in modo discreto.
Invita il lettore a valutare le sue opere con mente aperta, ma condanna coloro che si vantano
di piccole imprese o si divertono a deridere gli altri.
Orazio si offre come alternativa, invitando il lettore a godere delle sue opere senza
pregiudizi.

UNA VITA DISSIPATA


Il brano descrive un giovane pigro e privo di scopo che viene rimproverato da un amico più
maturo, invitandolo a cercare la virtù e ad abbracciare gli insegnamenti dello stoicismo prima
che sia troppo tardi.
Viene evidenziata l’importanza di affrontare i problemi anziché procrastinarli, e si sottolinea
la necessità di istruirsi e comprendere il proprio posto nel mondo.

Analisi: la satira presenta una cadenza drammatica.


Il pedagogo rinfaccia l’accidia del giovane rivolgendogli un discorso di esortazione alla virtù.
Quello del maestro è un discorso protrettico, ovvero di esortazione alla filosofia. Il pedagogo
utilizza diversi mezzi persuasivi e diversi argomenti:

1) Aperte provocazioni contro l’indolenza del ragazzo: Persio viene paragonato a un “tenero
colombo che aspetta la pappina ben tritata, oppure al figlio viziato di un re.
2) Ricordi autobiografici dello stesso maestro, per creare un senso di complicità con il
giovane

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3) Metafore concrete, Persio viene paragonato a del fango ancora molle che necessita di
essere lavorato da mani esperte
4) Casi esemplari, come quello di Natta che serve per stigmatizzare la vita dissoluta del
giovane
5) Esempi storici

Nella perorazione finale viene esplicitata la necessità di raggiungere la virtù


mediante la filosofia.
Seguono una serie di domande a cui sono essa può dare risposta.
Il linguaggio utilizza dal pedagogo è vivido ed espressionista.
I versi indulgono agli effetti che la malattia morale ha sul corpo, in una deformazione
grottesca così da rendere più urgente redimersi dal male.
Il pedagogo richiama toni simili a Lucrezio nel De rerum natura, ma le domande successive
chiariscono che le cause cui si fa riferimento sono diverse: si tratta del piano divino dello
stoicismo, in cui ognuno ha precisi doveri verso la società, la famiglia e la divinità.
Persio sottolinea la differenza tra epicureismo e stoicismo e l’importanza delle cause morali
rispetto a quelle fisiche.

CONTRO L’ARROGANZA DI UN NOVELLO ALCIBIADE


Nella quarta satira, Persio sviluppa il tema del “conosci te stesso” (nosce te ispum) in
relazione alla sfera politica, utilizzando un dialogo immaginario tra un giovane ambizioso e
un maestro dai tratti socratici.
Persio critica coloro che si lanciano in politica senza una vera comprensione di sé stessi e
delle proprie responsabilità.
L’interlocutore, rappresentante della saggezza, invita ad abbandonare l’ambizione vuota e
superficiale, e ad abbracciare invece una vita improntata alla saggezza e all’integrità.
Viene sottolineata l’importanza di conoscere se stessi prima di cercare di influenzare gli altri
e di assumere ruoli di leadership.
La satira riflette anche sulle superficiali preoccupazioni esteriori e sulle vanità della società,
evidenziando la necessità di un’autentica ricerca interiore e di coerenza tra ciò che si dice e
ciò che si fa.

Analisi: Il rigore moralistico di Persio si esprime attraverso un linguaggio crudo e realistico, in


antitesi alle ampollosità della poesia contemporanea, conformemente alla concezione stoica
che la parola deve aderire alla realtà in modo naturale. GIOV

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GIOVENALE pag 276

LA VITA
Non si ha certezze sulla vita dell’autore e i dati che abbiamo sono un insieme di
ricostruzione da varie biografie, come quella di Marziale o Vitae.
Giovenale sarebbe nato ad Aquino da una famiglia benestante che gli diede la possibilità di
studiare retorica.
Visse sotto i potenti come cliente e quindi senza autonomia economica.
Non si sa nulla sulla sua morte, avvenne sicuramente dopo il 127 dC in cui si ha la certezza
di un suo testo.

OPERE: Giovenale scrive 16 satire in esametri suddivise in 5 libri e pubblicate o composte


tra il 100 e 127 dC

ADESIONE ALLA SATIRA


Giovenale, come Persio, si contrappone alla letteratura del suo tempo.
Secondo lui troppo improntata su saghe mitologiche.
Di fronte a questo dilagare del vizio, il poeta trova la sua musa ispiratrice nell'indignazione.
L’autore sceglie la satira perché esprime al meglio la furia del disgusto.

SATIRA UNO: Giovenale enuncia le ragioni della sua poetica e la centralità del tema
dell’indignatio.
Il poeta va contro sia Orazio e sia Persio.
Giovenale, a differenza di orazio, non crede che la sua poesia possa influire
sul comportamento degli uomini.
Sempre Giovenale, a differenza di Persio, elimina la satira come terapia
individuale e si limita a denunciare senza coltivare illusioni di riscatto.

RAPPORTO CON LA DIATRIBA


Giovenale si rifiuta di uniformarsi alla tradizione satirica e più in particolare alle forme di
ragionamento e/o morale.
La tradizione si fonda sull'adattamento dei valori romani (topoi) della diàtriba cinico-stoica e
costruisce il suo studio sui problemi di etica personale e morale sociale.

GIOVENALE CLIENTE
Nel rigetto del poeta alla morale del tempo una grande causa si può ritrovare nella sua
condizione di emarginato, dovuta alla sua umiliante posizione di cliente.
La mancata integrazione è infatti una componente importante nella satira indignata di
Giovenale.

Agli occhi dell’autore la società romana è irrimediabilmente perversa: il ruolo delle classi
sociali è ormai stravolto.
La sua furia si concentra sull’arroganza dei nuovi ricchi, lo strapotere dei liberti,
l'intraprendenza degli orientali e l’immoralità dei dei letterati.

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LE DONNE: Giovenale, nella satira 6, prese di mira alcuni comportamenti delle donne del
suo tempo, considerate dall’autore troppo emancipate e libere.
Il suo atteggiamento considerato a lungo misogino era rivolto esclusivamente
per le matrone, le donne ricche.
Gli strali giovenaliani non sono dunque diretti al genere femminile ma una
particolare categoria.

GIOVENALE DEMOCRATICO
L’atteggiamento di Giovenale, di critica contro le ingiustizie e contro l’oppressione di umili e
reietti, hanno portato a pensare che il poeta avesse un atteggiamento “democratico”.
In realtà gli atti di solidarietà verso questa categoria sono pochi e il suo atteggiamento nei
confronti del volgo rimane di disprezzo.

IL PASSATO: l'utopica arcaizzazione rappresenta per Giovenale l’unico esito in cui approda
l’indignatio.
L’autore vede il buon tempo antico come governato da una sana moralità
agricola non ancora influenzata da orientali, liberti ed arricchiti, e quindi ben
lontana dalla corruzione del presente cittadino.

GIOVENALE DEMOCRITEO
Negli ultimi due libri, il poeta sembra cambiare toni, rinunciando alla violenza, assume un
atteggiamento più distaccato, mirante all’apàtheia stoica.
Pare dunque avvicinarsi alla diatriba da cui aveva precedentemente preso le distanze.

DEMOCRITO: è un filosofo greco, presente nella satira 10 che davanti ai mali del mondo
porgeva un sorriso distaccato e sereno.

Si pensa che Giovenale faccia riferimento a democrito per spiegare il suo nuovo
atteggiamento più conciliante con il suo tempo.
In realtà questo suo atteggiamento è solamente superficiale e transitorio, infatti nemmeno
sotto l’influenza filosofica il suo pessimismo è in grado di affievolirsi.

LO STILE
Inizialmente l’opera di Giovenale presentava un livello stilistico umile e un sermo (tono
familiare) senza pretese.
Il vizio ha popolato la realtà di monstra (fatti assolutamente eccezionali) che potrebbero
appartenere alla tragedia, come fossero avvenimenti mitologici o epici.
Per questo Giovenale adotta toni nuovi per la satira.
Lo stile non è più dimesso ma rispecchia la grandiosità adeguata alla grandezza
del’indignatio.

La tragedia viene affiancata alla stira sia per i contenuti (MONSTRA), sia per lo stile
(SUBLIME), altro tema è quello della deformazione in cui trova sfogo il moralista indignato.

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TESTI

È DIFFICILE NON SCRIVERE SATIRE


La prima satira di Giovenale denuncia la frivolezza e la mancanza di originalità della
letteratura contemporanea a Roma, caratterizzata da poesie banali e recitazioni pubbliche
ripetitive.
Il poeta si distingue per la sua educazione letteraria dignitosa e sceglie di seguire la via del
genere satirico, prendendo Lucilio come modello.
Questa scelta non è solo una volontà di distinguersi, ma si basa su una considerazione
etica: in una società corrotta e decadente, la satira diventa l’unica forma letteraria degna di
essere praticata per denunciare i vizi e le ingiustizie.
Giovenale vede nella satira una missione morale e un dovere irrinunciabile per l’intellettuale.

LA PEGGIORE DI TUTTE LE EPOCHE


Giovenale esprime la sua indignatio riguardo alla corruzione e alla follia nella società.
Denuncia il proliferare dei vizi, come l’avidità, il gioco d’azzardo e lo sperpero di denaro.
Descrive le scene di lusso e di eccesso durante i banchetti e le dimostrazioni di ricchezza
sfrenata, sottolineando la mancanza di equità e di rispetto per i valori tradizionali.
La ricchezza è diventata il metro di misura del prestigio e del potere sociale, anche se non è
ancora stata deificata come la Pace o la Concordia, mette così in luce la deriva morale della
società romana e la sua dipendenza dalla ricchezza e dal potere.

IL CONSIGLIO DI DOMIZIANO
L’imperatore Domiziano si trova di fronte a un insolito dilemma: gli è stato donato un enorme
pesce che non si adatta alle pentole esistenti nell’impero, e deve decidere come cucinarlo.
Questo evento surreale è utilizzato da Giovenale per descrivere il clima di terrore che
pervadeva il regime di Domiziano e per criticare i senatori romani timorosi e
accondiscendenti che, accettando di partecipare a una questione così futile, dimostrano la
loro debolezza e la mancanza di coraggio nel contrastare la tirannia dell’imperatore.
Il confronto con Nerone sottolinea le colpe dell’imperatore. Ben diverso da Augusto,
Domiziano è un flagello per Roma.
Giovenale, non godendo di protezione, si limitò a criticare i vizi del presente mediante
riferimenti a episodi del passato e a personaggi ormai morti. Nelle sue satire vi sono però
allusioni che portano il lettore a riflettere anche sulla situazione contemporanea.

IL TRAMONTO DELLA PUDICIZIA


Giovenale, nella sesta satira, traccia un percorso storico del declino della pudicizia (violata
puntualmente dalle moderne matrone romane), partendo dall’età dorata sotto il regno di
Saturno fino ai suoi giorni, dominati dalla lussuria sfrenata.
Descrive la vita semplice e dignitosa degli antichi uomini, contrapponendola al lusso e al
benessere che hanno portato alla diffusione di costumi immorali.
La Povertà romana era una difesa contro la lussuria, ma con l’avvento delle ricchezze e del
lusso, i costumi si sono corrotti.
La lussuria è diventata predominante, portando a una perdita della virtù e della pudicizia.
Sono principalmente tre i motivi di tale trionfo di libido e corruzione:
1) una lunga situazione di pace, che ha fatto venir meno l’effetto benefico del metus hostilis,
2) un eccesso di benessere
3) l’influenza negativa della molle cultura orientale.

13
PLINIO IL VECCHIO pag 331

LA VITA
Plinio nacque a Como nel 23 dC.
Prestò servizio militare tra il 46 e il 58 dC.
Dopo essersi ritirato a vita privata a causa dell’avversione nei confronti di Nerone, tornò sulla
scena politica al fianco di Vespasiano.

LA MORTE
Di Plinio sono famose le leggende sulla sua morte.
lui infatti si trovava ai piedi del vesuvio nel giorno dell’eruzione.
Viene per questo considerato un modello di scienziato che per la scoperta rischia e perde la
vita.
In realtà come testimoniato dal figlio Plinio il giovane, Plinio il vecchio si espose al pericolo
non per osservare meglio il fenomeno ma per salvare alcuni cittadini.

LA NATURALIS HISTORIA
Si tratta di un testo enciclopedico con lo scopo di analizzare tutte le conoscenze scientifiche
del tempo.
Plinio svolse un grande lavoro nell’analizzare numerosi fonti per la scrittura del suo testo.
L’opera è divisa in 37 libri, ordinati secondo una distribuzione delle materie (come
cosmologia, geografia, antropologia etc)

STRUTTURA del TESTO: la Naturalis historia parte dai moti astrali fino a raggiungere le
opere create dagli umani.
In questo si vede l’adesione di Plinio allo stoicismo, con la visione
di un universo provvidenzialmente ordinato da una divinità.

STILE: Plinio viene considerato il peggior scrittore della storia latina.


Ciò non è dovuto alla sua incapacità (all’interno del testo sono presenti anche parti
retoriche con elogi e una ambizione letteraria) ma dalla lunghezza del suo testo, che
non permetteva una revisione stilistic

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MARZIALE pag 335

LA VITA
Abbiamo notizie della sua vita grazie ai suoi stessi versi e ad una lettera di Plinio il giovane.
Nacque a Biblis in Spagna tra il 38 e il 41 dC.
Nel 64 si trasferì a Roma dove viene accolto dalla famiglia di Seneca, per questo motivo nel
65 fu coinvolto nella congiura pisoniana contro nerone.
La repressione della congiura lo obbligò a vivere come cliente.
Intorno all’80 dC ottenne fama e scrisse una raccolta di epigrammi per l’inaugurazione del
Colosseo.
Nel 87-88, infastidito dalla vita cittadina lasciò Roma e si trasferì ad imola, dopo poco tornò
però a Roma e grazie a Plinio il giovane, che gli pagò il viaggio, tornò definitivamente a
biblis, dove morì nel 104 dC.

CORPUS degli EPIGRAMMI


1) 80 → LIBER DE SPECTACULIS, componimenti prodotti in occasione dell’inaugurazione
del colosseo
2) 84 e 85 → Xenia e Apophoreta, brevissime iscrizioni, utilizzate per accompagnare i doni
per la festa dei Saturnali
3) tra 86 e 102 → Epigrammi, dodici libri

Gli epigrammi sono distribuiti in modo equilibrato vario secondo: metro ed estensione, per
evitare ripetizioni e piattezza.

METRI: distico elegiaco, endecasillabo falecio e il trimetro giambico scazonte


DIMENSIONI: dall’epigramma di un solo distico a 10 o più decine.

LA SCELTA del GENERE


Secondo Marziale, l’epigramma è il genere più umile di tutti poichè nasce senza alcuna
ambizione artistica.
Fa quindi dell’epigramma il suo genere esclusivo per la sua duttilità e facilità di aderire agli
aspetti del reale.
Contrappone varietà e mobilità dell’epigramma alla tragedia ormai ripetitiva.

ARGOMENTI: il lettore poteva trovare la rievocazione di un evento spettacolare, lo spunto


per la scrittura di un biglietto di accompagnamento ad un regalo o la
commemorazione di momenti importanti della vita.
Il lettore ritrovava perciò la propria esperienza.

Questa è la forza dell’epigramma: la possibilità di coniugare la pratica con il divertimento


letterario.
Il destinatario diventa l’ambiente dei cortigiani e dei patroni.

IL GENERE SATIRICO
é il genere più presente all’interno del testo, che Marziale usa per osservare la realtà e
descriverla, insieme ai suoi personaggi; con fare grottesco.
Marziale ha l’atteggiamento di un osservatore attento ma che non si espone tramite alcun
giudizio morale, preferendo il sorriso all'indignazione.

15
TEMI RICORRENTI
1) epigramma funerario tradizionale
2) vicende personali del poeta
3) il costume del tempo

Marziale continua la tendenza di Lucilio al comico-satirico perfezionando la principale


caratteristica: il fulmen in clausula (ovvero la stoccata finale).
L’epigramma infatti si divideva in due parti:
PRIMA → l’autore presenta la vicenda e i personaggi lasciando il lettore in attesa
SECONDA → scarica la tensione in un paradosso, un’impennata illuminante con effetto
bruscamente sorprendente.

STILE
Lo stile deve adattarsi alla scelta poetica e quindi Marziale fa spesso uso di lessico
quotidiano e modi colloquiali per descrivere la realtà umile e ordinaria.
L’autore fa poi spesso uso dell’oscenità che giustifica con il ricorso al motivo di distinzione
tra vita e arte.

TESTI

VERSI ELEGANTI E GARBATI


È l’epistula con cui Marziale introduce il primo libro dei suoi Epigrammi.
È quasi interamente in prosa.
I versi saranno di carattere giocoso ma baderanno a non offendere nessuno, a differenza dei
suoi predecessori, senza distinzione tra umili e potenti.
Bisogna pur sempre concedergli però una certa libertà. Invita coloro che non sono disposti a
concedere spazio all’ironia a non leggere il libro.
Tale invito è rivolto a due categorie: ai puristi della lingua che potrebbero riprovare la
licenziosità della lingua che Marziale utilizzerà nei suoi versi e ai moralisti che potrebbero
trovare offensivi i contenuti dei componenti.
Essi sono personificati nella figura di Catone, a cui il poeta dedica i 4 versi giambici
conclusivi.
Marziale introduce due caratteristiche fondamentali del genere epigrammatico:
1) Lingua: utilizzerà un tono scherzoso e un’apertura all’oscenità. Il modello è Catullo.
2) Generi: gli argomenti trattati non saranno né seri né moralmente sorvegliati (scene
curiose e straniamenti, personaggi grotteschi e comportamenti bizzarri).

LIBRI TASCABILI
Marziale parla di un’edizione dei suoi libri realizzata in un formato che oggi chiameremmo
tascabile.
Marziale è ben lieto che i Romani portino con sé le sue poesie in ogni momento, e conclude
indicando ai lettori dove si possono comprare questi libretti (dietro il tempio della Pace ed il
Foro di Minerva).
Ne risulta una sorta di messaggio pubblicitario in versi e una testimonianza preziosa sul
graduale passaggio dai rotoli di papiro ai codici di pergamena.
Questo testo sottolinea la brevità e praticità dei testi.

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VIVERE DA SQUATTRINATI
Marziale esorta l’amico Flacco a rinunciare ai sogni di gloria letteraria, poiché non otterrà
alcuna ricompensa per le sue performance (nessuna ragazza a cui rivolgerà le sue poesia
gli darà del denaro).
Invita Flacco a cercare denaro altrove.
Infine, suggerisce che il Foro di Roma (l’avvocatura) sia un luogo più adatto per cercare
ricchezza, mentre le arti sono trascurate e non ricompensate. Marziale usa un tono piuttosto
elevato.

IL CACCIATORE DI EREDITÀ (LA BELLEZZA NON È TUTTO)


Gemello corteggia insistentemente Maronilla.
Marziale si chiede se sia veramente così bella questa donna da meritare tutte queste
attenzioni.
Il verbo finale “Tussit” (tossisce) rivela la verità: la donna è tutt’altro che bella ma è anche
malata e presto morirà, l’avido Gemello potrà rivedere la sua eredità. Il verso finale lascia in
sospeso fino all’ultimo il flumen in clausula ( locuzione impiegata per indicare una battuta o
una stoccata velenosa che si trova alla fine di un comportamento).
Il motivo dei cacciatori di eredità è un topos della satira, presente anche nel Satyricon di
Petronio.

UN MEDICO QUESTIONE DI VITA O DI MORTE


I medici non godevano di buona fortuna, perché i loro metodi apparivano discutibili ai
contemporanei.
Pertanto Diaulo quando decide di cambiare professione, da medico a becchino, ottiene
comunque lo stesso risultato.

I VERSI CHE SANNO DI UMANITÀ


Il testo si apre con l’elenco dei miti che Marziale si rifiuta di riproporre, perché continuamente
ripresi dall’epica e tragedia.
A questo tipo di lettura, il poeta contrappone la propria poesia che parla della vita e “sa di
uomo”.
Questi carmi costringono perciò il lettore a riflettere su se stesso. Con il termine recusatio si
indica il rifiuto di un autore di cimentarsi nella poesia epica, poiché richiede troppo impegno.
Della tradizione epica veniva contestata l’eccessiva lunghezza e il carattere trito dei miti
riportati.
“Hominem pagina nostra sapit”: manifesto della poetica di Marziale, che pone il suo
interesse sui comportamenti umani.

POESIA LASCIVA, MA VITA ONESTA


Marziale si rivolge direttamente all’imperatore, immagina infatti che il suo libretto potrebbe
arrivare nella mani di Domiziano.
L’autore riconosce che la sua poesia spesso sia lasciva e spinta ma chiede di non giudicare
la moralità di un poeta in base ai suoi versi.
La richiesta è di avvicinarsi ai suoi versi con lo stesso animo con cui si assiste a uno
spettacolo di mimi.
Domiziano aveva dato prova di una certa severità specie rispetto alla produzione letteraria,
quindi Marziale si difende (anche nella prefatio al libro I).
“Lasciva est nobis pagina, vita proba”

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QUINTILIANO pag 381

LA VITA
Nasce a Calagurris in Spagna nel 35 dC.
Si trasferì a Roma dove ricevette un’ottima educazione e poi decise di tornare in Spagna a
praticare l’attività forense.
Grazie alla sua fama venne richiamato a Roma da Galba, Vespasiano gli affidò la prima
cattedra di retorica e con Domiziano ottenne gli ornamenta consularia (anche non essendo
console) per aver educato i suoi nipoti.
si ritirerà nel 88 per dedicarsi agli studi, in questo periodo scriverà la sua opera più
importante, l’institutio oratoria.
Muore dopo il 95 dC.

INSTITUTIO ORATORIA: Composta da 12 libri, è il manuale del percorso che uno studente
deve seguire per diventare un perfetto oratore, apprendendo
tecniche come:
- inventio - dispositio - elocutio - memoria - actio -
Interessandosi al mondo dell’infanzia, questo è considerato il
primo trattato di pedagogia della storia.

CORRUZIONE dell’ELOQUENZA
In questo periodo l’arte di parlare in modo efficace per persuadere versava in una fase di
generale corruzione.
Questa decadenza era la conseguenza di problemi sia morali che di gusto letterario.

1 PROBLEMA MORALE: Nascono la delazioni (pratica di denunciare qualcuno


segretamente, spesso per denaro) e l’eloquenza giudiziaria venne
usata per processi-farsa contro avversari politici, a risolversi era
l’imperatore.
La corruzione arrivò anche nelle scuole, dove istruttori corrotti
influenzano, corrompendo, la vita dei giovani.

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2 CAUSE LETTERARIE: la diffusione della teatralizzazione della letteratura portò allo stile
barocco e alla ricerca, tramite toni patetici, dell’applauso
dell’ascoltatore (perde la sua funzione persuasiva e formativa).
Come faranno i poeti maledetti durante la scapigliatura (1800), gli
artisti romani si erano abbassati alle richieste del pubblico.

METODI DI SOLUZIONE (STILE)


Da una parte alcuni autori volevano riportare la tradizione latina arcaica, dall’altra, autori
come lo stesso quintiliano, volevano erigere a modello la prosa cicerone.
Quintiliano era infatti (nell’institutio oratoria) portavoce della reazione classicista che
opponeva lo stile di Cicerone allo stile degenerato del suo tempo.

3 CAUSE POLITICHE (TACITO): secondo lui le mutate condizioni politiche, con l'avvento del
periodo imperiale e la fine della libertà repubblicana,
avevano posto fine alla tradizione oratoria con
l’impossibilità di un dibattito al Foro.

LA SCUOLA: In questo contesto, l’unico luogo in cui si poteva svolgere un dibattito libero era
la scuola.
Il dibattito diventa così un lavoro fine a se stesso che favorì il gusto per il
virtuosismo e la ricercatezza di uno stile a effetto.

19
INSTITUTIO ORATORIA
Anche Quintiliano addita le cause della decadenza alla degradazione dei costumi.
Lui, esperto della scuola, rimane convinto della sua utilità, facendo ricadere la corruzione
delle scuole a problematiche tecniche.
Ecco perché scrive questo programma di formazione culturale e morale, che il futuro oratore
deve seguire scrupolosamente dall’infanzia fino all’ingresso nella vita pubblica.

DEDICATARIO: L’opera in sè è dedicata a Vittorio Marcello, oratore ammirato da Quintiliano


e da Sanzio, mentre la lettera che precede il testo è dedicata all’editore,
Trifone.

SCOPO: riprendere ed adattare ai suoi tempi l’eredità di Cicerone


Eredità sia di tipo stilistico che politico
Stile: la prosa di Cicerone incarna l’armonia e l’equilibrio della concinnitas
politica: Cicerone era l’estremo difensore della libertà repubblicana
Quintiliano è in grado di riprendere le idee Ciceroniane (sobrietà di espressione e
saldezza dei costumi) ben consapevole delle differenze di tempo e di contesto
politico che caratterizzano il suo tempo.

CAPITOLI

IL PRINCIPATO
Come Tacito, anche Quintiliano accettava il principato come necessario e nei limiti di questa
situazione, non modificabile, cerca di ottenere per l’oratore il massimo di professionalità e
dignità, recuperando anche una missione civile.
Non mette in discussione il regime ma le doti morali (non si sottomette senza spirito critico).

20
LO STILE
E’ avverso agli arcaismi e al modernismo (rinnovare idee e metodi in base ai gusti e alla
cultura).
Riprende lo stile Ciceroniano con l’uso, per esempio, delle sententiae (frasi a effetto).
Ricerca la chiarezza ed evita gli eccessi, come evita l’originalità fine a se stessa, a favore
dell’equilibrio.

OCCORRE FORMARE L’ORATORE FIN DALLA NASCITA


RIASSUNTO: Un insegnante, dopo vent’anni di insegnamento, riceve la richiesta di
comporre un trattato sull’oratoria, ma inizialmente esita poiché altri autori
celebri hanno già affrontato l’argomento.
Tuttavia, si sente obbligato ad accettare per evitare la vergogna del diniego e
per offrire un contributo unico al campo.
A differenza di altri, ritiene che l’oratoria non debba essere trattata come una
disciplina separata, ma come parte integrante di una formazione completa.
Accetta quindi di scrivere il trattato, partendo dal presupposto che
l’educazione all’oratoria debba iniziare fin dall’infanzia.

ANALISI: come in tutti i Proemi, qui Quintiliano dichiara i motivi dell’opera.


L’autore ricorda le pressanti sollecitazioni di alcuni amici a mettere per iscritto i
risultati della sua esperienza da educatore.
Inoltre erano iniziate a circolare delle sue dispense, senza consenso.
Doveva dunque assumere il controllo della situazione pubblicando lui in primis un
proprio manuale.
È presente inoltre il tributo ai predecessori (non li cita) che si sono dedicati al
medesimo genere ed enuncia le novità della sua opera che la distinguono dalle
altre.
Quintiliano si propone di prendere posizione sulle questioni più dibattute.
Presenza inoltre la sua opera come rivoluzionaria e rivendica di voler superare i
suoi predecessori dedicando la meritata attenzione ai primi anni di studio del
futuro oratore(primo trattato di pedagogia).
Ritroviamo l’ideale di concinnitas ricercato da Quintiliano e il ricordo di un
linguaggio metaforico e ricco di similitudini.

IL MAESTRO IDEALE
RIASSUNTO: Il testo tratta delle qualità e degli approcci che un insegnante dovrebbe
adottare per gestire efficacemente una classe.
Innanzitutto, l’insegnante dovrebbe comportarsi come un padre verso i suoi
studenti, senza essere né eccessivamente rigido né troppo permissivo.
Deve amare il ragazzo e volere il suo bene, anche se ciò significa qualche
volta essere severo e punirlo.
Il maestro ha due grandi amori, lo studio e i ragazzo e quindi è felice quando
questi due amori si incontrano.
Deve soprattutto evitare che il ragazzo odi lo studio.
Dovrebbe essere serio ma non cupo, affabile ma non sguaiato.
È importante che corregga gli errori degli studenti senza essere troppo aspro,
in modo da non scoraggiarli.

21
L’insegnante dovrebbe anche essere un modello da imitare, offrendo esempi
e parole che gli studenti possano ripetere.
Infine, l’insegnante dovrebbe cercare di capire e apprezzare ciò che gli
studenti trovano utile e di valore, in modo da incoraggiare una sana capacità
critica e un rapporto positivo con l’apprendimento.

ANALISI: Quintiliano critica le esibizioni degli studenti applaudite acriticamente dai


compagni, simili alle declamationes degli oratori contemporanei.
Egli suggerisce di ristabilire i ruoli, in cui il maestro deve avere il coraggio di
correggere gli studenti anche quando vengono applauditi dai compagni, poiché è
lui che guida il gusto degli allievi, non il contrario.
Questa critica era già presente in un brano di Seneca il Vecchio

IL GIUDIZIO SU SENECA
RIASSUNTO: Quintiliano discute la sua posizione su Seneca, smentendo l’idea che lo
condanni o lo detesti.
Ammette che Seneca aveva molte qualità (intelligenza, cultura e moralità) ma
critica il suo stile corrotto.
Quintiliano ritiene che Seneca sarebbe stato più apprezzato se avesse
adottato uno stile più sobrio e selettivo.
Tuttavia, riconosce che Seneca può essere utile per esercitare il senso critico
e ammirare le sue buone qualità, soprattutto per coloro che sono già forti e
non si lasciano influenzare negativamente.

ANALISI: Il brano esplora la preoccupazione di Quintiliano riguardo alla diffusione del


modello stilistico di Seneca tra i giovani lettori, temendo che possa causare un
ulteriore deterioramento del gusto letterario.
Quintiliano riconosce le qualità di Seneca, come il suo ingegno fecondo e la
predicazione morale brillante, ma critica il suo stile frammentato e l’eccessivo
ricorso agli aforismi.
Questo rischio per Quintiliano si inserisce in un contesto più ampio di riforma
culturale, in cui egli cerca di ripristinare la sobrietà e la severità della tradizione
retorica ed etica romana, contrastando l’ampollosità e gli effetti retorici superficiali.
La sua battaglia culturale si riflette anche nella sua proposta di riforma
dell’insegnamento della declamazione, mirando a un ritorno ai valori tradizionali e
alla purezza dello stile ciceroniano.

LA SCUOLA DEVE PREPARARE ALLA VITA


Quintiliano ritiene che l’insegnamento, incluso l’uso della declamazione, debba preparare gli
studenti ad affrontare la vita.
Anche se la declamazione è spesso criticata, se correttamente utilizzata può essere un
valido strumento educativo.
Tuttavia, gli insegnanti devono assicurarsi che i temi trattati siano vicini alla realtà e che la
pratica rifletta la preparazione per affrontare situazioni reali.
Quintiliano critica l’uso di temi irreali e insensati, suggerendo che gli studenti dovrebbero
invece affrontare argomenti grandiosi ed enfatici, evitando la vuota gonfiezza che può
ostacolare il successo nelle sfide reali della vita

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LA MOZIONE DEGLI AFFETTI
Quintiliano esprime il desiderio di svelare tutti i segreti dell’eloquenza, inclusi quelli appresi
attraverso la sua esperienza e la guida della natura.
Sottolinea l’importanza di provare sinceramente gli stessi sentimenti che si vogliono
comunicare al pubblico, poiché solo così il discorso risulterà credibile e commovente.
Afferma che per suscitare emozioni nel giudice, è necessario provare quelle emozioni prima
di tutto personalmente, poiché solo così si può sperare di influenzare gli altri in modo
autentico e efficace.

SI AL GIOCO, NO ALLE BOTTE


Quintiliano, nel suo trattato sull’istruzione retorica, sottolinea l’importanza di concedere ai
giovani momenti di svago (=remissio) per riprendersi dalle fatiche dello studio.
Egli evidenzia la necessità di un equilibrio tra studio e riposo, citando anche altri trattati
pedagogici antichi che condividono questa visione.
Quintiliano riconosce il valore del gioco (=ludus) per i ragazzi, soprattutto se improntato a
un’intelligenza ludica, e suggerisce che anche durante i momenti di gioco il precettore debba
osservare e intervenire per correggere eventuali difetti.
Tuttavia, Quintiliano si oppone fermamente all’uso delle punizioni corporali, ritenendole
offensive e dannose per lo sviluppo degli studenti.
Infine, critica coloro che abusano del loro potere sugli studenti, denunciando gli abusi e
difendendo l’importanza di proteggere l’età giovanile dall’oppressione e dalle vessazioni

23
TACITO pag 443

LA VITA
Tacito nacque intorno al 55 d.C molto probabilmente nella Gallia Narbonense.
Nel 78 sposò la figlia del comandante militare romano Agricola e grazie a questo grado di
parentela che si venne a creare iniziò la carriera politica sotto Vespasiano.
Carriera che proseguì poi sotto Tito e Domiziano.
Morì probabilmente intorno al 117.

LE OPERE
1) DE AGRICOLAE (De vita ac moribus Iulii Agricolae) → biografia encomiastica per il
suocero Agricola
2) GERMANIA (De origine et situ Germanorum) → opera geografica ed etnografica sulla
Germania e sui Germani
3) DIALOGUS DE ORATORIBUS → dialogo sulla crisi dell’oratoria
4) HISTORIAE → 12/14 libri che narrano il periodo compreso tra 1 gennaio 69 e la morte di
Domiziano del 96
5) ANNALES → 16/18 libri in cui sono narrati gli anni dalla morte di Augusto alla morte di
Nerone

IL NUMERO DI LIBRI: nelle Historiae e negli Annales è molto discusso (rispettivamente 12 e


18 oppure 14 e 16) perché, nonostante le due opere siano state
composte e pubblicate separatamente, ha iniziato a circolare
un’edizione congiunta formata da 30 libri.

DIALOGUS de ORATORIBUS
È un dialogo ambientato nel 75 o nel 77 che riprende il De oratore di Cicerone.
L’argomento trattato è quello di un’ipotetica discussione avvenuta a casa di Curiazio
Materno.

IL DIALOGO: inizialmente i protagonisti stavano parlando in difesa chi della poesia e chi
dell’eloquenza,
con l’arrivo di Messala il tema si sposta su quello della decadenza dell’
oratoria.
Messala rintraccia le cause di questo fenomeno al deterioramento
dell’educazione del
futuro oratore.
Dopo una parte lacunosa ci rimane l’importante dialogo finale di Materno (in
cui é
presente il pensiero di Tacito) in cui sostiene che una grande oratoria è
possibile solo con
la LIBERTÀ.

Di conseguenza bisogna accettare la pace garantita dal principato senza


ripensare al
passato.

Il dialogo restituisce una precisa considerazione del principato da parte di Tacito.

24
Per lui la necessità dell’impero come unica forza in grado di salvare lo stato dal caos delle
guerre civili era indiscutibile.
Non esistono alternative al principato.

LO STILE: è la causa di alcune perplessità sulla effettiva appartenenza dell’opera a Tacito,


infatti il testo
è privo di spezzature del discorso o dell’inconcinnitas caratteristica di Tacito ma
piuttosto si
avvicina al modello neociceroniano.

DE AGRICOLAE
È il primo opuscolo storico pubblicato da Tacito, scritto in memoria del suocero Giulio
Agricola (funzionario imperiale artefice della conquista della gran parte della Britannia,
durante Domiziano).

ARGOMENTO: Tacito inizia l’opera con un rapido riepilogo della carriera e poi si concentra
principalmente sul tema della conquista dell’isola, lasciando spazio a
digressioni
geografiche ed etnografiche.

Tacito mette in rilievo la fedeltà, l’onestà e la competenza con cui il suocero (governatore
della Britannia e capo di un esercito in guerra) ha servito anche un pessimo principe come
Domiziano.
Altrettanto importante è la morte discreta che lo “colpisce” dopo essere caduto in disgrazia.
Tacito non ci dice se fu per cause naturali o se voluta da Domiziano, ma la cosa importante
per l’autore é che Agricola non ha cercato la gloria di un martirio (suicidio) ostentato, la così
chiamata ambitiosa mors (morte ambiziosa).

IL TEMA DEL SUICDIO: Tacito va contro l’idea di Seneca del suicidio perché secondo lui
quella che era
considerata una forma spettacolare di opposizione era in realtà di
alcuna utilità
alla res publica.

LA VIA DI MEZZO:

25
APULEIO pag 567
Le notizie note su di lui ci arrivano dalle opere dello stesso autore.

IL PRAENOMEN: alcuni codici lo tramandano come Lucius, ma che con più probabilità fosse
ricavato dal nome del protagonista-narratore del suo romanzo.

LA VITA
Nacque attorno al 125 dC da una famiglia agiata che gli permise di compiere gli studi a
Cartagine e ad Atene.
Ad Atene coltiva i suoi interessi filosofici e di oratoria.
Tornato in Africa, conobbe Ponziano a Oea, tra 155-156.
Apuleio si sposò con la madre vedova dell’amico Ponziano ma i parenti della moglie lo
accusarono di magia e si difese a processo, ottenendo l’assoluzione.
Non si hanno più notizie di lui dal 170 in poi.

LE OPERE
1) METAMORPHOSEON —> nota anche con il nome di ASINUS AUREUS (l’asino d’oro) ed
oltre al Satyricon di Petronio è l’unico altro romanzo della
storia latina.

2) APOLÓGIA —> è l’auto difesa scritta in occasione dell’accusa di magia

3) i FLÓRIDA —> raccolta di brani oratori.

APULEIO FILOSOFO
PLATONICUS: Apuleio viene detto in questo modo in alcuni codici nelle sue opere.
Questa definizione (filosofo platonico) serviva per descrivere la qualifica
ufficiale posseduta dall’autore e sulla cui rivendicazione aveva basato anche
il discorso di difesa.

Apuleio dimostra di avere una cultura poliedrica (cultura enciclopedica) che rientra
nell’orientamento culturale della SECONDA SOFISTICA.
Lui da dimostrazioni di questo fenomeno: l’esperienza di conferenziere itinerante
(padroneggia il greco al pari del latino) e
la pluralità di interessi, che si traducono per una
CURIOSITAS per il mondo della natura.

DE DEO SOCRATIS: è il trattato filosofico più importante di Apuleio.


E’ una trattazione sulla dottrina dei dèmoni ed ha impianto tripartito:
1^ SEZIONE: esamina i mondi separati di dèi e uomini
2^ SEZIONE: analisi dei demoni nella gerarchia degli esseri umani e il
loro compito di intermediari tra i due mondi.
3^ SEZIONE: analisi del demone Socrate, una voce interiore che
spinge il filosofo a perseguire il vero.

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APOLOGIA
E’ una lunga orazione giudiziaria, probabilmente il testo tramandato non è quello
pronunciato al processo ma ha subito una rielaborazione.

ORIGINE DEL PROCESSO: si pensa che dietro l’accusa ci fossero ragioni economiche.
Infatti il suocero di Ponziano, Rufino, cercò l’aiuto dello stesso
Ponziano (e alla sua morte, quello del fratello minore) per
garantirsi la futura eredità della moglie di Apuleio.
L’accusa di magia si riferiva alla difficoltà di convincere una
donna non più giovane ad amare un altro uomo, Apuleio
avrebbe dunque ricorso ad artifici magici.

IL DISCORSO: Apuleio si difende in tribunale con un discorso che mostra l’orgoglio del
poeta della propria attività di filosofo.
Come filosofo infatti il suo obiettivo era esclusivamente la ricerca del bene,
senza secondo fine come poteva essere il guadagno materiale.

Dall’alto della sua cultura enciclopedica (seconda sofistica) è in grado di


mettere in ridicolo i motivi delle accuse.

Ad Apuleio dobbiamo la distinzione tra MAGIA NERA (destinata ad offendere) e MAGIA


BIANCA (destinata a realizzare una comunione con la divinità).

LE METAMORFOSI
IL TITOLO: il titolo presente nel libro (metamorphoseon libri) è affiancato a quello dato da
Agostino, Asinus aureus (l’asino d’oro).

Ci sono 4 possibili motivi che portano a questo titolo alternativo:


1) il protagonista subisce una metamorfosi in asino.
2) il dorato si riferisce al colore fulvo dell’animale.
3) l’oro è usato per descrivere la qualità e lo stile del testo.
4) viene fatto un riferimento alla divinità egiziana Seth, rappresentato con un
corpo umano e un animale di color fulvo (spesso era l’asino).

LA TRAMA
L’opera è divisa in 11 libri

I PRIMI TRE: vengono raccontate le vicende del protagonista, Lucio.


Lui è ospite di Milone la moglie Panfile.
Lucio conquista i favori di una serva, Fòtide e preso dalla curiositas le chiede
di assistere ad una delle trasformazioni a cui si sottopone Panfile.
Alla vista della trasformazione, grazie ad un unguento, della donna in gufo,
non riesce a resistere e chiede di essere trasformato.
Fòtide accetta ma per uno sbaglio da lei commesso Lucio è trasformato in
asino.
Apprende dalla donna che l’unico modo che ha per tornare normale dovrò
cibarsi di rose.

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LIBRI IV-VII: la seconda sezione del romanzo comprende le vicende di Lucio-asino catturato
da un gruppo di banditi.
Questa parte comprende un’altro racconto quello della favola di Amore e
Psiche.

LIBRI VIII-X: riprende la narrazione delle peripezie dell’asino e la sua continua ricerca delle
rose per raggiungere la bramata libertà.
Proprio la razione che usa per ottenere il suo obiettivo desta sospetti e viene
quindi acquistato per essere esposto come vanto.
Lui riesce a scappare e raggiunge una spiaggia deserta, dove si addormenta.

L’ULTIMO LIBRO: si apre con il brusco risveglio di Lucio sulla spiaggia.


Lui decide di innalzare una preghiera alla Luna (una delle manifestazioni
di Iside) e la scena è vista come un rito di purificazione.
Iside annuncia in sogno a Lucio la sua imminente liberazione grazie a
delle rose portate da un sacerdote della dea.
Lui allora segue le istruzioni e diventa devoto ad Osiride, per volere del
dio esercita a Roma la professione di avvocato

IL GENERE LETTERARIO
Al genere del romanzo (uno tra gli unici due romanzi della storia latina) a quest’opera è
affiancato il genere dell Fabulae Milesiae.

ELEMENTI DI CONTINUITÀ: ci sono tre motivi per cui è considerata una fabula milesiae:
1) il tema amoroso.
2) l’utilizzo delle insertae fabulae (novelle inserite) all’interno
del racconto principale (es. Amore e Psiche).
Usa la cosiddetta struttura a cornice.
3) l’elemento magico.

OBIETTIVO DELL’OPERA
Anche se è possibile considerarla un’opera che offre una lettura di svago, presenta delle
caratteristiche per cui può essere considerata un racconto esemplare.

CURIOSITAS: Il tema centrale in cui appare l’avvertimento è quello della curiosità, che
punita dalla divinità è in grado di cambiare drasticamente la vita in seguito
alla lunga espiazione.

AMORE E PSICHE
Un episodio emblematico di curiositas è la favola di Cupido e Psiche, grazie alla cui
interpretazione si può interpretare l’intero testo.

LA TRAMA:

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