Integrazione Dei Diritti e Dei Mercati 3

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INTEGRAZIONE EUROPEA

E
REGOLAZIONE DEI MERCATI
3
LEZIONE 11
Corporate governance
Le regole di corporate governance incidono sull’assetto di governo societario della
banca. Insieme a controlli interni e politiche di remunerazione fanno riferimento
all’organizzazione e al governo della banca.
Qui troviamo le regole per chi assume le decisioni e le regole che attengono all’assunzione
di tali decisioni. Troviamo:
-Distinzione fra funzione di supervisione strategica e di gestione
-Rafforzamento dell’autonomia dell’organo aziendale preposto al controllo dei rischi*
*organo di controllo societario è il collegio sindacale, composto da 3 membri, che si
occupa di vigilare sulla conformità della gestione aziendale rispetto alla legge
c’è un rapporto funzionale tra questo organo e le funzioni di controllo interno, che invece
sono funzioni interne della banca (ricoperte da dipendenti della banca) che sono articolate
secondo tre livelli, in quanto queste funzioni rappresentano la lunga mano del collegio
sindacale.
Il collegio sindacale non è caratteristico della sola banca, la differenza che c’è all'interno
delle banche è che abbiamo un rapporto funzionale con le funzioni di controllo interno e
delle responsabilità apposite nella normativa speciale delle banche, per esempio il
collegio è tenuto a fare all'autorità di vigilanza la pubblicazione di certe attività.
L’inadempimento a questo obbligo viene anche sanzionato dall’autorità di vigilanza.
Responsabilità che si ritrovano anche nei confronti sanzionatori, l’autorità di vigilanza ha
diritti sanzionatori anche nei confronti di questi soggetti.
Organo di supervisione strategica: Consiglio di Amministrazione
Organo di gestione: nelle realtà più grandi è rappresentato di solito dal comitato esecutivo
+ amministratori delegati; nelle realtà più piccole le funzioni di supervisione strategica e
gestione vengono svolte contemporaneamente dal CdA e dal direttore generale. Il
direttore generale è una figura dipendente.
Il collegio sindacale vede rafforzata la propria autonomia nel momento in cui ha degli
specifici obblighi di comunicazione ed informazione all'autorità di vigilanza laddove
venga a contatto con attività irregolari rilevanti della banca. Obbligo che esiste perchè nelle
imprese bancarie l’attenzione ai rischi è particolarmente importante e non si vuole correre il
rischio che il CdA non ascolti la voce del collegio sindacale.
-Rafforzamento dei presidi funzionali l'efficiente svolgimento dei propri compiti da parte degli
organi e degli esponenti aziendali
Nelle regole di corporate governance c’è un’attenzione particolare alle modalità di
funzionamento di questi organi, dettagliate nella regolamentazione secondaria dettata
dall'autorità di vigilanza. Le banche devono osservare queste regole nell’organizzazione
funzionale di questi organi.
Gli organi stessi nella scelta dei propri componenti devono osservare particolari canoni di cui
devono osservare la sussistenza per esempio (curriculum sottoposto alla valutazione del
CdA), valutazione fatta ogni anno, ogni anno il consiglio valuta i requisiti dei propri
componenti perché si ritiene che l’esercizio dell’attività bancaria sia complesso e richieda
delle competenze specifiche sempre più articolate (con nuovi interessi nel mercato e una
nuova concezione della sana e prudente gestione). Anche gli esponenti aziendali devono
essere pronti a confrontarsi con queste nuove difficoltà.

Politiche di remunerazione
Esse sono le regole interne all’intermediario per pagare dipendenti ed esponenti aziendali.
L’individuazione di quale sia la giusta remunerazione di dipendenti e degli esponenti
aziendali è oggetto di regolamentazione bancaria. —> Fenomeno unico, in qualunque
altra azienda non succede, l’autorità di vigilanza non entra nel merito. Regole che sono state
inserite nel nostro paese a inizio 2008/2010, quando la crisi finanziaria era nella parte più
cruenta, a livello europeo sono state inserite nel 2013. Regole che rappresentano una delle
risposte alla crisi finanziaria, quando si vede che meccanismi retributivi possono essere
una causa di una gestione non sana e prudente. Queste regole fanno parte della vigilanza
regolamentare.
Di personale più rilevante
Dei sistemi di remunerazione

LEZIONE 12
Vigilanza regolamentare
Partecipazioni detenibili dalle banche: azioni di altre imprese che le banche possono
acquisire e quindi detenere nel proprio portafoglio, forma di investimento delle banche. Le
azioni hanno una caratteristica particolare dal punto di vista del rischio di liquidità: questo
investimento non ha una propria scadenza ma è di natura permanente e che quindi viene
rimborsato solo nel momento stesso in cui la società della quale io detengo le azioni viene
liquidata (quindi termina la propria missione imprenditoriale). Gli azionisti ottengono una
quota parte del residuo della società una volta che si ha la liquidazioni dei beni. Questo
rappresenta anche un rischio di liquidità per la banca, non avendo l’investimento nella
propria scadenza la trasformazione di scadenze rispetto alle risorse ottenute dalla banca è
massima. Avrei il vincolo di restituire i depositi a vista quando ho delle azioni di cui non viene
ancora restituito il controvalore (solo quando la società va ad estinzione), oppure posso
vendere la liquidità dell'azione sul mercato cercando un compratore se essa è trasferibile, la
ricerca di un compratore in un determinato momento mi espone laddove fossi costretto per
motivi di liquidità al rischio di dover accontentarmi di un prezzo che non è particolarmente
soddisfacente = rischio di credito nel trovare un acquirente ad un prezzo basso rispetto a
quello che ho sostenuto nel momento dell’acquisto.
L’investimento azionario può avvenire secondo due direttrici, le banche possono
investire in azioni di altre società che svolgono attività finanziaria oppure possono
investire in azioni di società che non svolgono attività finanziaria.
Storicamente dopo la legge bancaria del 36/38 che aveva visto l’abbandono della banca
mista, la possibilità delle banche di investire in azioni non finanziarie era stata drasticamente
ridotta, sostanzialmente per le aziende di credito (breve termine) era stata esclusa. Era
stata impedita questa possibilità perché non si voleva che questi soggetti avessero una
trasformazione delle scadenze e dei rischi oltre il breve termine (le azioni per loro natura
sono oltre il breve termine, ovvero 18 mesi).
Per le azioni di società finanziarie l’autorità di vigilanza tendeva ad acconsentire questo
investimento perché rappresentava un ampliamento dell'operatività della banca stessa:
investimento che le banche iniziarono a fare in quelle società che negli anni 70/80 iniziavano
ad operare nel sistema finanziario (leasing, factoring, imprese di investimento…). Un
primo modello poteva essere quello di allargare la propria operatività a livello individuale
svolgendo queste attività in modo accessorio rispetto a quelle tradizionali che la banca già
svolgeva, soluzione che temporalmente si sviluppò successivamente - la prima soluzione
invece delle banche negli anni 70/80/90 fu quella di acquisire partecipazioni, inglobare se
non addirittura costituire delle società che svolgessero queste attività =costituire una
società di leasing della quale a volte ha 100% del patrimonio azionario oppure comprare le
azioni di una società di leasing già esistente.
Si va ad invidiare quello che chiamiamo gruppo bancario = rappresentato in questa prima
configurazione da una banca che fa da capogruppo, detiene le partecipazioni di altre
società finanziarie, che svolgono attività finanziarie accessorie rispetto a quelle
tradizionali della banca.
Le azioni che la banca ha nel proprio portafoglio di queste società finanziarie hanno una
disciplina diversa dalle partecipazioni in imprese non finanziarie (vietate fino al 1992,
quando si sostituisce la legge del 36/38 con il TUB del 93: disciplina più organica che
ancora fa leva sul patrimonio, i fondi propri rappresentano il presidio fondamentale
della disciplina della partecipazioni).
Due direttrici: abbiamo un limite generale e poi limiti specifici a seconda delle partecipazioni.
La disciplina delle partecipazioni in imprese finanziarie è più larga rispetto a quelle non
finanziarie, logica di continuità rispetto al passato. Favor dettato dal fatto che l’attività
finanziaria rispetto a quella bancaria pone meno rischi di contaminazione nel settore, il tema
dei rischi viene trattato in modo individuale.
Favore che si ripercuote anche nella capacità della banca di partecipare in imprese
finanziarie, creandosi un gruppo bancario.
Esempio classico è quello delle partecipazioni in società che gestiscono i sistemi informatici
della banca, società strumentali rispetto all’attività finanziaria.

Limite complessivo delle partecipazioni viste nella loro interezza: partecipazioni +


immobili <= fondi propri (non devono superare l’importo totale dei fondi propri)
Si intendono immobili in proprietà e non in locazione.
Questo per —> Trasformazione delle scadenze: siccome si tratta di beni che non hanno una
scadenza determinata, salvo che non vengano venduti sul mercato non forniscono liquidità
ad una determinata scadenza, quindi a fronte di attività di incerta/difficile liquidabilità
dobbiamo avere delle risorse stabili dal punto di vista delle fonti e le fonti più stabili sono i
fondi propri.
Regola che limita la possibilità della banca oggi di fare eccessiva trasformazione di rischi e
scadenze. Mitiga i rischi che erano propri della banca mista, cercando di far sì che ora ci sia
una corrispondenza tra le scadenze dell’attivo e quelle del passivo.
All'interno di questo limite che è la prima condizione, passiamo ai limiti specifici differenziati
tra imprese finanziarie e non finanziarie.

-Partecipazioni in imprese finanziarie = autorizzazione se >10% fondi propri o


controllo della partecipata, si prevede un meccanismo autorizzativo (autorizzazione
dell’autorità di vigilanza) nel momento in cui la banca acquisisce partecipazioni della società
partecipata per un importo superiore al 10% del capitale della partecipata o nel caso in cui
acquisisca il controllo della partecipata.
L’autorità vuole riservarsi la possibilità di autorizzare o meno le partecipazioni che
consentono alla banca un’influenza importante o un controllo delle sorti della società
partecipata. Controllo sulle varie ramificazioni che la banca può avere nell’attività finanziaria.
Non c’è un limite dell’entità della partecipazione, la partecipazione può essere anche
molto grande, deve rispettare tendenzialmente solo il limite generale (fondi propri) oltre a
quando richiesta l’autorizzazione. Non c’è nessun limite all'acquisto della singola
partecipazione.

-Partecipazioni in imprese non finanziarie:


● Limite di concentrazione: all’ammontare della singola partecipazione
nell’impresa non finanziaria, nella stessa società la banca non può investire in misura
uguale o maggiore del 15% del capitale della banca (limite della singola
partecipazione); <= 15% capitale ammissibile della banca
● Limite complessivo: tutta la somma delle partecipazioni qualificate in imprese
non finanziarie non può superare il 60% del capitale della banca; <= 60% capitale
ammissibile della banca
quello che si vuole raggiungere è quello di parametrare l’ammontare della singola
partecipazione e della complessità delle imprese non finanziarie ai fondi propri.

+Regole organizzative per la gestione del rischio: processo decisionale particolarmente


attento per entrambe le partecipazioni. Gli investimenti in partecipazioni devono rispettare
delle regole specifiche in termini per esempio di deliberazioni dell’investimento che deve
passare attraverso un processo interno deliberativo specifico. Questi investimenti non hanno
solo un problema quantitativo ma anche qualitativo, il regolatore vuole accertarsi che la
scelta di investimento delle partecipazioni vista la particolare rischiosità sia attentamente
valutata e ponderata.

Analisi e controlli microprudenziali - secondo pilastro della funzione di vigilanza


=prospettiva definita come processo di valutazione prudenziale per accertare che questi
presidi organizzativi e patrimoniali siano adeguati ai rischi assunti dalla banca —>
prospettiva dinamica: bisogna apprezzare questi presidi in una prospettiva dinamica, per
vedere se essi si adattano alle evoluzioni delle attività di impresa bancaria - è l’attività
dell’impresa bancaria che deve adattarsi ai presidi organizzativi e patrimoniali, che
rappresentano anche il limite della dinamicità della banca
=Continua valutazione di adeguatezza dell’attività di business e dei presidi.
(Esempio dei presidi organizzativi che devono cambiare se facciamo riferimento a una
banca fisica o online —> sicurezza dei sistemi informatici / variazioni dal punto di vista
patrimoniale se io prima faccio finanziamenti solo a soggetti privati e poi passo a
finanziamenti per grandi imprese in difficoltà).
Il secondo pilastro rappresenta l’attività che viene svolta dall'autorità di vigilanza per
accertare nel continuo l’adeguatezza dei presidi organizzativi e patrimoniali
dell’impresa bancaria = Supervisory review and evaluation process (SREP)
Nel fare questa valutazione prudenziale, l’autorità di vigilanza si avvale di un
autovalutazione che fa la banca stessa con l’Internal Capital Adequacy Assessment
Process (ICAAP) = la banca stessa deve darsi un voto sulla propria capacità di essere
adeguata, il CdA (che poi delibera), gli organi aziendali, insieme soprattutto al risk
management ogni anno fanno un’autovalutazione sulla loro adeguatezza
Autovalutazione che l’autorità di vigilanza prende in considerazione e testa quando fa lo
SREP - questo viene fatto in modo sistematico, processo particolarmente importante che
negli ultimi anni sta assumendo sempre più importanza perché il mercato è sempre più
dinamico e le banche anche di conseguenza, tra l’altro con attività di business che si
sviluppano con grande velocità
Cosa può succedere ad esito di una valutazione negativa dello SREP? L’autorità di
vigilanza può applicare misure correttive, che sono misure individuali: per esempio un
intervento sull’organizzazione della banca, necessità di rafforzamento del sistema dei
controlli interni o della governance, oppure una necessità di rafforzamento patrimoniale
imponendo dei coefficienti aggiuntivi.
In questo modo l’autorità di vigilanza aggiusta nel tempo l’adeguatezza delle imprese
vigilate.

Vigilanza informativa - terzo pilastro


Il terzo pilastro è rappresentato da misure di trasparenza della banca, non in quella
accezione vista precedentemente, ma intesa come trasparenza dell'intermediario verso il
mercato e verso le autorità di vigilanza. L’impresa bancaria è tenuta a produrre dei flussi
informativi nei confronti di questi due soggetti, funzionali a mettere in grado i destinatari di
effettuare delle valutazioni sulla gestione della banca stessa.
Quali sono queste informazioni? Quelle più classiche sono quelle che riguardano il bilancio.
Informazioni principalmente verso l’autorità di vigilanza:
- Regole di bilancio
L’autorità di vigilanza pone delle specifiche regole che la banca deve osservare quando
predispone il proprio bilancio, funzionali a consentire prima di tutto all'autorità di vigilanza e
poi anche al pubblico di fare una valutazione delle varie poste di bilancio: asset, beni che
sono in bilancio (poste di credito molto importanti nel bilancio della banca per esempio,
hanno regole molto più invasive sulle poste di credito rispetto a quelle di un’azienda
commerciale per esempio) adattamento del bilancio rispetto all’attività che svolge l’impresa
- Flusso informativo verso banca d’Italia
Uno dei numerosi flussi è rappresentato da delle segnalazioni aggregate periodiche che
le banche fanno a fini di vigilanza e statistici. (Le banche sono tenute a dare una
segnalazione periodica per esempio su quanti e quali tipi di strumenti finanziari derivati
investono). Focus particolare su talune poste di particolare importanza dal punto di vista
gestionale, gli strumenti finanziari derivati per esempio sono una grande fonte di rischi.
- Analisi e controlli macroprudenziali
Queste sono attività di vigilanza che hanno una prospettiva di sistema piuttosto che
individuale come quelle precedenti. Sono interessato a verificare come alcune situazioni
individuali possano impattare a livello complessivo sul sistema.
Assunto fondamentale è che la crisi di un singolo intermediario può portare a una crisi di
sistema. Vado a valutare se ci sono le condizioni per cui si possa innescare una crisi di
carattere sistemico.
Il più importante strumento che viene utilizzato in questa prospettiva è il cd Stress test =
sorta di esercizio di vigilanza che si concretizza in una valutazione delle condizioni teoriche
di alcune banche che vengono sottoposte a questo esercizio (di solito quelle più grandi)
laddove si verificassero certi eventi sfavorevoli di mercato.
Esempio: un evento sfavorevole potrebbe essere un improvviso rialzo dei tassi di mercato,
io autorità chiedo alle banche di valutare come il valore delle loro attività varierebbe al
variare di questo tasso, come varierebbe il conto economico e quale sarebbe l’impatto sui
fondi propri, se essi sarebbero ancora capaci di assorbire tutti i rischi. Se lo stress test da un
esito negativo la singola banca è tenuta ad intervenire nella propria gestione con due
modalità fondamentali: aumentare i fondi propri oppure diminuire le attività di rischio.

LEZIONE 13
Vigilanza informativa
Informazioni per il mercato
Terzo pilastro Basilea 2 e Basilea 3 = accordo internazionale a cui partecipano le autorità
di vigilanza dei paesi più importanti a livello mondiale.
Il numero rappresenta la successione temporale di questi accordi. Hanno introdotto questo
ulteriore pilastro, insieme di regole che assistono la vigilanza sulle banche con uno
strumento di carattere informativo, si ritiene che la vigilanza delle banche possa essere più
efficace nel momento stesso in cui le banche sono tenute a informare il pubblico, il mercato
su una serie di aspetti che riguardano la gestione della banca stessa: informazioni che
potrebbero rendere edotto il pubblico alle caratteristiche di rischio della gestione
dell'intermediario e riguardo alle caratteristiche di sana e prudente gestione
dell’intermediario in generale.
Tra i dati che vengono forniti abbiamo:
- Adeguatezza patrimoniale (informazioni di carattere prudenziale)
- Esposizione ai rischi “
- Politiche remunerative (anche queste incidono sull’esposizione al rischio della
banca stessa, quanto più queste politiche sono aggressive = premiano
l’assunzione dei rischi da parte dei manager, quanto più l’impresa è esposta al
rischio)
- Utile/perdita ante imposte (informativa funzionale all’efficienza, se l’intermediario
fa profitto)
- Imposte “
- Contributi pubblici ricevuti (le banche che hanno ricevuto dei contributi pubblici a
sostegno della propria gestione devono informare il pubblico circa questa
circostanza, perché la ricezione di contributi pubblici è significativa di una situazione
di maggiore incertezza sulle sorti della banca)

Comunicazioni collegio sindacale (CS) e di altre funzioni interne di controllo


all'autorità di vigilanza
Rapporto privilegiato del CS con l’autorità di vigilanza segnale del particolare interesse
pubblico sotteso alla gestione bancaria. Il CS è tenuto a dare comunicazioni all'autorità di
vigilanza pena sanzione.
Possono essere fatti specifici che fanno riferimento a particolari eventi: disciplina specifica
dell'antiriciclaggio, in questo caso il CS deve comunicare all’autorità competenti eventuali
inadempimenti di questa disciplina. Se non provvede a questa comunicazione, i membri del
CS sono sottoposti a un procedimento sanzionatorio amministrativo (sanzione che si
colloca in un intervallo tra 5000 e 30000 euro).
In Italia il penale è abbastanza ristretto, ma gli esponenti aziendali e i dirigenti bancari sono
abbastanza frequentemente sottoposti a sanzioni di carattere amministrativo pecuniario che
possono addirittura nelle infrazioni più importanti oscillare tra i 10000 e i 5 milioni di euro per
gli esponenti e tra i 30000 a 10 milioni per l’ente. Elevatissimo importo. A prescindere
dall’impatto finanziario, hanno anche un impatto reputazionale e possono incidere anche
sul requisito dell’onorabilità, se un esponente è stato sanzionato pesantemente potrebbe
essere discriminato da certe cariche.
+ sanzioni a carattere interdittivo nei casi più rilevanti dall’assunzione di certi incarichi
Il fatto che un organo di controllo interno abbia questo potere consente all'autorità di
vigilanza di conoscere molto tempestivamente quelle che sono le irregolarità importanti di
una determinata banca, che consente di intervenire anche tempestivamente e quindi
adottare misure correttive funzionali ad assicurare la sana e prudente gestione. Questi
obblighi fanno riferimento al CS e fanno riferimento anche recentemente a meccanismi
interni di whistleblowing: pratica importata dai paesi anglosassoni e che rappresenta una
possibilità di denuncia riservata, anonima, da parte dei dipendenti dell’impresa nei
confronti dell’autorità di vigilanza.
Strumento che serve a diffondere anche un comportamento etico degli operatori.

Vigilanza ispettiva
Possibilità che l’autorità di vigilanza possa entrare nel merito delle decisioni del singolo
intermediario addirittura entrando nei locali della banca, nelle procedure della banca
andando a controllare nel concreto l’operatività della banca stessa. Autorità che interviene
coattivamente, sia a livello di filiali sul territorio sia a livello di direzione generale per avere
accesso alle attività della banca stessa. Le ispezioni possono avere un carattere mirato o a
spettro esteso.
Ispezioni mirate o a spettro esteso Le prime vengono condotte quando si vuole verificare
particolari aspetti della gestione, per esempio delle verifiche sull’adempimento degli obblighi
antiriciclaggio; le seconde possono essere condotte anche generali, l’autorità di vigilanza
inizia una sorta di percorso a tappeto, partendo dalla governance della banca andando a
verificare le varie attività (concessione crediti, rispetto dei coefficienti patrimoniali, gestione
dei rischi…).
Poteri particolari, pubblici ufficiali delle pubbliche funzioni che quindi possono accedere e
in modo coattivo, l’eventuale ostacolo alle funzioni ispettive può essere sanzionato
penalmente.
Ripartizione delle competenze:la BCE è competente per le banche significative e banca
d’Italia invece è competente per le realtà più piccole. Anche nei confronti delle realtà più
grandi di solito abbiamo dei team misti, con esponenti della banca d’Italia, di supporto a
quelli della BCE.

Vigilanza consolidata
Recuperiamo il concetto di gruppo bancario: le attività finanziarie possono essere esercitate
o direttamente dalla banca ovvero mediante partecipazioni su società finanziarie che
esercitano specifiche attività (attività accessorie o attività funzionali ai servizi della banca).
Risponde all’esigenza di adeguare i controlli alla struttura organizzativa prescelta dalla
banca (gruppo bancario vs banca universale) = adattare gli strumenti di vigilanza visti
precedentemente ad una configurazione dell’attività suddivisa in gruppi, in più entità. Questo
rende la vigilanza efficiente ed economica. Si ha interesse a valutare la situazione
complessiva e non il singolo soggetto, stabilità ed efficienza del gruppo e non del singolo
soggetto. Gruppo collegato mediante meccanismi partecipativi.
Da chi è composto il Gruppo bancario 1. Capogruppo: banca o società finanziaria o
società di partecipazione finanziaria mista 2. Componenti del gruppo: banche, società
finanziarie, società strumentali controllate dalla capogruppo
Le componenti assicurative non fanno parte del gruppo bancario ma di un’altra struttura:
Conglomerato finanziario (GRUPPO BANCARIO ALLARGATO ALLE COMPONENTI
ASSICURATIVE) - 1.Capogruppo: società di partecipazione finanziaria mista 2. Componenti
del conglomerato: banche, imprese di investimento, società strumentali, imprese
assicurative
Il nostro modello di vigilanza è misto, in questo senso le imprese assicurative tendono ad
essere un po’ staccate rispetto al mondo finanziario, hanno delle regole di vigilanza distinte
ma sempre più spesso i gruppi bancari hanno delle componenti assicurative (partecipazioni
in assicurazioni) e quindi il regolatore ha creato la struttura del conglomerato finanziario.
I poteri dell’autorità di vigilanza sono però diversi, sono più intensi nei confronti dei soggetti
compresi nel gruppo bancario e meno invasivi nei confronti dei soggetti del conglomerato
finanziario, risentono di questa configurazione istituzionale (banca d’Italia e BCE) leader.
La vigilanza consolidata lavora in una logica di collaborazione tra l’autorità di vigilanza e la
capogruppo. La capogruppo viene responsabilizzata per trasmettere, diffondere le
indicazioni dell’autorità di vigilanza che sono fatte alla capogruppo stessa. La capogruppo è
soggetta ai controlli di vigilanza informativa, regolamentare e ispettiva. La capogruppo
esercita attività di direzione e coordinamento sulle componenti del gruppo, emanando
disposizioni per l’esecuzione delle istruzioni impartite da Banca d’Italia. Trasmissione
dall’alto verso il basso, a cascata.
C’è però un problema di competenze: nelle componenti del gruppo abbiamo anche dei
soggetti che non sono sotto la diretta competenza dell’autorità di vigilanza oppure dei
soggetti che non hanno natura finanziaria —> i poteri non possono essere esercitati nello
stesso modo e misura, i poteri di vigilanza informativa sono esercitabili anche nei loro
confronti, quelli ispettivi no. La vigilanza ispettiva può arrivare solo alle componenti di
carattere bancario. Difficoltà che non si porrebbe con un modello di banca universale che
non agisce tramite altre componenti ma esercitando tutte le attività al suo interno. L’attività
di gestione collettiva del risparmio è l’unica che non è esercitabile direttamente da
una banca e ovviamente le attività assicurative, devono essere esercitate
necessariamente in un modello di gruppo.

Stile di regolazione
Argomento che può essere allargato ad altre attività regolate (attività economiche che sono
sottoposte a regolazioni speciali). Quando parliamo dello stile di regolazione facciamo
riferimento al modo con cui sono formulate le regole, le norme, le disposizioni. La distinzione
che possiamo fare è tra regole fisse e regole discrezionali, nella regolazione bancaria esse
convincono:
-Sistema a regole fisse (rules-based regulation) in altri casi definite come regole: adatte in
ambienti strutturalmente stabili o poco instabili. Danno un contenuto puntuale
dell’obbligo, un precetto. Il legislatore ha già deciso per me (non passare con il rosso in
strada: l’autorità amministrativa deve solo accertare che il conducente rispetti la scelta del
legislatore, l’autorità giudiziaria con poca discrezionalità verifica con una prova adeguata il
rispetto della regola). Nel contesto delle regole finanziarie vediamo un precetto per esempio
quello del coefficiente patrimoniale (8%).
-Sistema a regole discrezionali (principles-based regulation “pura”) in altri casi definite
come principi o clausole generali: pensiamo alla guida pericolosa, la discrezionalità
dell’agente accertatore è più ampia, vuol dire andare troppo forte rispetto alle circostanze di
traffico? Regola, disposizione, principio, clausola generale perché abbiamo un contenuto
che deve essere valutato: cosa vuol dire pericoloso? Termine di carattere generale, non
immediatamente esplicativo e puntuale. C‘è necessità di un’integrazione valutativa per fare
diventare la regola cogente, nel caso concreto. Adattare la regola al caso concreto. Può
cambiare nel tempo e nel luogo.
Vediamo nel contesto finanziario regole che possono essere riconnesse a dei principi:
adeguatezza organizzativa, gestione sana e prudente (regola che ha bisogno di
un’integrazione valutativa, cosa si intende per sana e cosa si intende per prudente).
Pro e contro di un precetto e di un principio: (1) nel caso del precetto è più facile accertare
l‘infrazione ed è più semplice capire che comportamento devo tenere, valutazione che il
precetto non mi chiede di fare - svantaggio è che è fisso, immutabile rispetto al contesto,
non tiene conto delle circostanze di tempo e spazio*; (2) le regole discrezionali sono più
adatti ad ambienti instabili e dinamici - il contro è che necessita di integrazione valutativa
che fisiologicamente rende più incerto il cosa fare.
*Esempio del rosso che diventa giallo lampeggiante di notte perché il contesto cambia.
Le clausole generali sono adatte in ambienti dinamici e/o instabili, possibili fonti di
distorsione nei meccanismi di mercato a causa di ritardi od inefficienze delle autorità o a
ragione di scelte di politica economica che esulano dalle finalità di vigilanza. Si perde in
termini di certezza del diritto e quindi si affida la risoluzione del caso concreto prima
all’autorità di vigilanza e poi nel caso al giudice.

LEZIONE 14
Il legislatore elabora delle norme di principio e a volte delle norme precetto, queste ultime le
elabora laddove la scelta degli interessi sia stabile, chiara, evidente.
Regole molto desiderabili ai fini della certezza del diritto (pro), fa capire con certezza il
desiderio del regolatore, hanno il contro di essere adatte in un contesto particolarmente
stabile e soprattutto laddove l’interesse non va a dover essere bilanciato con altri
interessi.
Il sistema a regole discrezionali ha come contro quello che è l’altra faccia della regola
rigida, quindi l’incertezza del diritto, sia il soggetto regolato sia l’autorità di regolazione deve
riempire di contenuto questo principio, declinandolo.
Spesso lo stile di regolazione che noi avvertiamo nella regolazione finanziaria è una sorta
di sistema misto, nel quale troviamo alcune regole fisse, principi fondamentali e regole a
carattere discrezionale.
-Sistema misto (principles-based regulation “corretta”): regole fisse a difesa di principi
fondamentali e regole a carattere moderatamente discrezionale per favorire l’integrazione
dei mercati sovranazionali ed accompagnare il dinamismo del sistema.
Bisogna cercare di contemperare più esigenze, avere certezza del diritto e al contempo dare
la possibilità all'autorità di adattare la regola in varie situazioni, per difendere alcuni principi
particolarmente importanti ma allo stesso tempo lasciare all’autorità la possibilità di rendere
la regola più duttile al contesto nel quale l’autorità regola. Le norme di principio consentono
questa permeabilità. Regole discrezionali che a volte si legavano anche ai desideri della
politica. Limitando la discrezionalità si consente ora al regolatore di indirizzare meglio le
regole per la conformazione del mercato e secondo i principi della comunità europea.

La proporzionalità come principio generale del diritto europeo


Art 5 TUE: il contenuto e la forma dell'azione dell’Unione si limitano a quanto necessario per
il conseguimento degli obiettivi dei trattati
La Corte di Giustizia sostiene che l'azione dell'unione è proporzionale quando si utilizzano
dei mezzi (anche normativi, atti regolativi di carattere generale o individuale) idonei a
conseguire lo scopo perseguito e non eccedenti quanto necessario per raggiungere detto
scopo
Quando si parla di proporzionalità si tende a far riferimento a tre caratteri: l'azione deve
essere idonea, necessaria e ponderata, nel senso che nell’azione devono essere ponderati
gli interessi in gioco.
Esempio ILVA di Taranto: interessi da bilanciare, interesse alla salute, all'ambiente, al lavoro,
tutti costituzionalmente garantiti. I provvedimenti che sono stati presi per autorizzare il
funzionamento in via provvisoria prevedevano che in questo caso l’ILVA potesse lavorare
anche fuori dal rispetto del limiti di inquinamento prefissati. La corte costituzionale nel 2018
risponde che l’autorizzazione ambientale concessa nel 2013 era illegittima. Quando si valuta
la proporzionalità del provvedimento, si valuta se questo ha un contenuto idoneo a regolare
una certa questione, se il contenuto è necessario per regolare e infine si valuta se sono stati
correttamente bilanciati gli interessi delle parti in gioco (test di proporzionalità in senso
stretto).
Sempre più frequentemente anche nella regolazione finanziaria dobbiamo bilanciare più
interessi in gioco (esempio della stabilità e dell’efficienza-concorrenza).
La proporzionalità viene sempre più in vista per migrazione di questo principio dal diritto
europeo.

-Proporzionalità e ordinamento bancario


Il principio di proporzionalità dovrebbe orientare l’attività di regolazione verso la ricerca di un
rapporto più equilibrato tra controlli e pubblici interessi (stabilità, efficienza, concorrenza).

-Proporzionalità e risposta regolamentare alla crisi finanziaria


Arriviamo agli ultimi anni, quelli dopo la crisi finanziaria: l’effetto della crisi finanziaria
come spesso succede è quello di rafforzare le regole.
Basilea III richiede requisiti prudenziali più rigorosi
In questo innalzamento abbiamo una tendenza nel 2013 apparentemente divergente: la
banca di regolamenti internazionali nel 2012 (BIS, organismo internazionale che detta le
regole a livello internazionale per quanto non abbia dei poteri imperativi, comitato di Basilea
è all’interno del BIS) richiama l’importanza del criterio di proporzionalità: nella
regolazione finanziaria bisogna fare attenzione alla proporzionalità, ossia che i requisiti
prudenziali dovrebbero essere commisurati sulla base del profilo di rischio e alla
rilevanza sistemica delle banche, dobbiamo adattare i requisiti patrimoniali sulla base del
rischio di business, che assume una certa banca, e sulla base delle dimensioni della banca
stessa capace di scatenare una crisi sistemica. Non dobbiamo gravare eccessivi requisiti
patrimoniali su una banca piccola e che non può impattare più di tanto su una crisi
sistemica, mentre invece dobbiamo rafforzare i requisiti per gli intermediari che invece
possono scatenare queste crisi sistemiche.
Abbiamo una prima direzione che è verso la proporzionalità, poi abbiamo però una seconda
direzione molto più concreta rappresentata dai due pacchetti regolamentari emanati nel
2013: CRR (reg UE 575/2013) e CRD IV (dir UE 2013/36) introducono regole
indifferenziate più rigorose e complesse, per non creare distorsioni competitive e
presupposti per arbitraggi regolamentari.
Si utilizza il regolamento per la prima volta perché nel 2013 è già partito il meccanismo di
vigilanza unico, si centralizza la vigilanza e quindi anche l’attività di regolazione.
Rafforzamento a livello europeo della vigilanza sulle banche europee. A seguito di questo
rafforzamento, l’Unione europea ha la forza di fare anche un regolamento.
Sembra essere in controtendenza con quanto detto prima: fissa delle regole più rigide che
sono praticamente le stesse, alzando il livello di complessità, per tutte le banche. Non
vengono differenziate le regole sulla base di quanto affermato nel 2012.
Perché l’Unione alza il livello delle regole senza fare grosse distinzioni? Per non creare
distorsioni competitive e presupposti per arbitraggi regolamentari. Ricordiamo che le banche
dagli anni 80 hanno il cd passaporto europeo, questo vale ancora, secondo l'Unione,
consentire di avere regole diverse a categorie diverse di banche avrebbe potuto favorire
ingiustamente le piccole medie banche e quindi discriminare le altre —> livelliamo il terreno
di gioco.
In termini più concreti il pacchetto CRR e CRD IV viene applicato a tutte le banche
autorizzate in uno Stato membro indipendente dalla loro dimensione, attività e
rischiosità.
In tutti i temi principali della vigilanza regolamentare: disciplina dei fondi propri (compresi gli
elementi di rischio di credito, di mercato, operativo e di regolamento), limiti ai grandi fidi,
requisiti di liquidità (compresi gli elementi del rischio di liquidità)
obblighi di segnalazione verso le autorità e di informativa verso il pubblico, vincoli di leva,
standard di liquidità, corporate governance, ICAAP, ILAAP, SREP
Rafforzamento delle regole per esigenze di salvaguardia del sistema finanziario e a
rafforzamento della sua resilienza in caso di eventi negativi
Le regole di CRR, CRD IV e Single Rule Book sono tarate sulle caratteristiche delle
banche di maggiori dimensioni, in quanto tese al raggiungimento degli obiettivi di tutela
dell'interesse pubblico con riferimento agli intermediari a rilevanza sistemica o
quasi-sistemica, dato il loro significativo contributo all'instabilità intrinseca del sistema
finanziario
Prima critica a questo modello è che probabilmente abbiamo posto delle regole
sovrabbondanti rispetto a certi intermediari, in particolare quelli piccoli-medi.
Violato il principio di proporzionalità? Esagerazione dei mezzi rispetto all’obiettivo
perseguito. Riflessione fatta successivamente che ha portato a una revisione nel 2019 in
senso di alleggerimento di alcuni di questi requisiti con riferimento alle banche più piccole.
Nel frattempo questi intermediari hanno subito le conseguenze, dovendosi adattare a delle
regole molto invasive e complesse si sono trovati in difficoltà, che hanno portato alcuni di
loro ad andare in crisi o a fondersi con altre banche —> c’è stata la conseguenza di avere
un sistema bancario più ridotto in termini numerici.
Norme abbastanza rigide che non consentono all'autorità di modellare la vigilanza
rispetto all’esigenza dell’intermediario. Discrezionalità non concessa a sufficienza con il
pacchetto CRR e CRD, per livellare ogni banca con le stesse regole.
Primo problema in questa prospettiva sull’ecosistema bancario (composizione del sistema in
piccole e medie banche).
Secondo problema: l’utilizzo di queste regole rigide sembra essere anche poco coerente ed
idoneo ad assicurare la capacità del sistema bancario di confrontarsi con altri
interessi, già diversi rispetto a quelli tradizionali già analizzati. La clausola di sana e
prudente gestione oggi per esempio è una sorta di prospettiva microeconomica di tre temi di
carattere puramente finanziario, tecnico: stabilità, efficienza, concorrenza (es: non mi
interessa se il credito mi deve arrivare da un’impresa che inquina molto, a me interessa solo
che mi venga restituito il credito). Negli ultimi anni questa prospettiva inizia a non essere più
accettabile, gli interessi che vengono in gioco nel mondo attuale sono sempre più complessi:
aspetti ambientali, diritti sociali, sicurezza sul lavoro… convivenza di interessi più variegata.
Questi nuovi interessi dovrebbero entrare nelle logiche delle banche? Oggi la banche che
non si occupa di questi temi non è più valida. Questo pacchetto di regole non ha una
ponderazione di questi interessi, tenendoli in considerazione pur non abbandonando i criteri
tradizionali (sana e prudente gestione: non posso uscire da questo vincolo). Nel gestire
questa complessità, potrebbero esserci dei trade-off che impongono di frequente una
ponderazione e un bilanciamento che non è sempre agevole ricondurre a profili meramente
tecnico-economici.
L’autorità di vigilanza e il regolatore devono interpretare i concetti tradizionali in modo
diverso, integrandoli contemperando interessi diversi = cuore della proporzionalità. Non
necessariamente avremo lo stesso risultato, abbiamo un contesto dinamico. La
ponderazione e il bilanciamento di diritti, valori e interessi è un esercizio complesso, che da
esiti non sempre univoci e spesso instabili, potendo mutare nel tempo in ragione di diverse
condizioni di fatto o di diritto, ma anche della diversa sensibilità dell'interprete rispetto alle
questioni trattate.
Il metodo del bilanciamento non dovrebbe di norma consentire che uno dei diritti in gioco
sia espanso illimitatamente e divenga "tiranno" nei confronti delle altre situazioni giuridiche
costituzionalmente riconosciute e protette. Nei casi in cui ciò fosse inevitabile, il diritto
recessivo non dovrà necessariamente essere tale per sempre, poiché il giudizio può dare un
diverso esito alla luce del contesto sociale, culturale ed economico in cui viene pronunciato.
L'esercizio dell'attività bancaria è immanente gestione dei rischi, su cui sono tarati anche
le regole e i controlli pubblici: il rischio può porsi come parametro di riferimento, purché in
un’accezione poliedrica e inclusiva che non sia limitata ai tradizionali rischi finanziari, ma
ricomprenda nuove fattispecie di rischio oggi comunque connesse all’esercizio dell’attività
caratteristica delle banche, quale il rischio tecnologico (legato alla
discriminazione,andando a guardare le statistiche di chi storicamente ha più reddito=uomo
bianco che vive in centro), di outsourcing, legato al clima (rischio fisico e di transizione).
Le nuove dimensioni di rischio riflettono le complessità che la regolazione dei mercati
finanziari moderni deve affrontare anche sul piano finalistico: agli obiettivi tradizionali di
stabilità, concorrenza ed efficienza si affiancano, ad esempio, esigenze di tutela di diritti
fondamentali (biodiversità, non discriminazione, autodeterminazione nelle scelte di
consumo, per citarne alcuni) che ormai non possono più considerarsi estranei all’esercizio
dell’attività delle banche.
I rischi finanziari andrebbero dunque ponderati con i rischi non finanziari in senso
stretto e le eventuali difficoltà legate all'incommensurabilità dovrebbero essere mitigate
da un rafforzamento dell’apparato motivazionale della decisione, per favorirne la
valutazione almeno sul piano argomentativo (utilizzabile anche poi dall’organo
giurisdizionale).

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