Doping

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Doping:

-stimolanti C:Uno stimolante è una sostanza psicoattiva che ha un effetto


stimolante sull’organismo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce
gli stimolanti come sostanze che aumentano, accelerano o migliorano l’attività
dei nervi.Questa sostanza come per esempio il fumo e la cocaina può creare
dipendenza che è dovuta da vari fattori :

● la natura dello stimolo


● frequenza dei consumi
● dimensioni delle dosi consumate
● la via di somministrazione
● l’età e la personalità di un consumatore
● predisposizione genetica

-narcotici S: Che cosa sono?


I narcotici proibiti in competizione sono forti antidolorifici (analgesici) del
gruppo degli oppioidi. Sono impiegati per contrastare forti dolori. I narcotici
sono tra i più vecchi mezzi dopanti impiegati nello sport. L'uso di narcotici
nello sport si verifica in discipline sportive che comportano dolore, quali ad es.
la boxe e sport da combattimento in generale. Queste sostanze sono infatti, in
grado di innalzare la soglia del dolore a tal punto che si può arrivare a non
accorgersi neppure di eventuali danni fisici subiti o di percepire come innocue
situazioni pericolose.
QUALI SONO I PIÙ COMUNEMENTE UTILIZZATI NELLO SPORT
I narcotici più utilizzati sono:
- la morfina, una sostanza naturale prodotta dall'oppio, che e il prototipo degli
oppiacei;
- l'eroina;
- il metadone, un farmaco di sintesi, le cui azioni farmacologiche sono
qualitativamente sovrapponibili a quelle della morfina.
Effetto dei narcotici
I narcotici agiscono, come i loro affini endogeni - le endorfine secrete
dall’ipotalamo (porzione basale diencefalica) e dall’ipofisi (ghiandola
endocrina situata sotto la base dell’encefalo) - prioritariamente sul sistema
nervoso centrale. Le endorfine si legano ai recettori degli oppioidi sulle cellule
nervose, mettono così in moto i processi all’interno delle cellule, influenzano i
canali ionici e riducono il rilascio di neurotrasmettitori. Sopprimono così la
trasmissione del dolore e abbassano la soglia di percezione del dolore.
I narcotici somministrati agiscono primariamente sul sistema nervoso centrale.
Con un minor rilascio di neurotrasmettitori da parte delle cellule nervose
interessate, i narcotici impediscono la trasmissione del dolore e causano
l’abbassamento della soglia di percezione del dolore.
QUALI SONO I RISCHI PER LA SALUTE DERIVANTI DALL'USO
Gli effetti collaterali sono infatti, numerosi e molto gravi. Includono:
- danni psichici (dipendenza, sindrome da astinenza);
- danni nervosi (aumento della pressione intracranica, coma con alte dosi);
- danni cardiovascolari (tachicardia, ipotensione, bradicardia);
- danni respiratori (depressione respiratoria e, nei casi più gravi, persino
morte);
- danni gastroenterici (nausea, vomito).
QUALI SONO GLI EFFETTI RICERCATI NELLO SPORT
L’uso dei narcotici nello sport verifica in discipline sportive che comportano
dolori, quali ad esempio la boxe e sport da combattimento in generale. Queste
sostanze sono infatti, in grado di danzare la soglia del dolore dolore a tal
punto che si può arrivare ad accorgersi neppure di eventuali danni fisici subiti
o di persuadere come innocue situazioni pericolose.
I narcotici riducono gli stati d'ansia e di paura, di conseguenza l'atleta sotto
l'effetto di queste sostanze affronta con maggiore serenità e coraggio la
competizione. In pratica l'azione analgesica ed euforizzante permette all'atleta
di non sentire il dolore e di affrontare la situazione di pericolo con maggiore
sicurezza e determinazione, pertanto competere sotto l'azione di queste
sostanze garantisce una maggiore resa negli sport da combattimento, oppure
in caso di atleti particolarmente emotivi o in condizioni in cui l'atleta presenta
stati dolorosi che compromettono le capacità atletiche, per queste ragioni il
comitato olimpico ha inserito i narcotici nella lista delle sostanze vietate. Nel
ciclismo i narcotici sono stati impiegati in modo massiccio nella prima metà del
20° secolo in combinazione con stimolanti. Insieme agli stimolanti avevano lo
scopo di mettere in moto un processo di aumento del rendimento e nello
stesso tempo di soppressione dei segnali di dolore.
Oggigiorno, solo una modesta percentuale dei campioni positivi nei test
antidoping è riconducibile all’uso di narcotici, anche perché sono facilmente
rilevabili e quindi utilizzati più raramente. Vi sono inoltre degli analgesici
non-oppioidi ampiamente diffusi quali, per esempio, l’Aspirina, il Voltaren e
altri, che non figurano nella Lista del doping. Negli ultimi anni, tuttavia, nella
cerchia dei ciclisti professionisti sono stati numerosi i casi in cui è stato
accertato il possesso di narcotici. Nel 2002, nel corso di una retata della
polizia, vennero trovati grossi quantitativi di morfina nella casa del ciclista
professionista belga Frank Vandenbroucke. L’atleta è morto nel 2009 all’età di
34 anni per un’embolia polmonare.
-cannabinoidi S: I cannabinoidi sono sostanze naturali ricavate dalla canapa
indiana (Cannabis sativa), come pure analoghi sintetici (sostanze simili
prodotte sinteticamente). La sostanza più attiva è il tetraidrocannabinolo
(THC).

•effetti

•rischi collaterali

•discipline sportive interessate

-glucocorticoidi D: glucocorticoidi sono ormoni steroidei prodotti


naturalmente nella corteccia del surrene (ghiandole surrenali) ed
appartengono alla classe dei corticosteroidi.La secrezione di glucocorticoidi è
stimolata dall’ormone adrenocorticotropo (ACTH) prodotto dall'adenoipofisi, la
cui secrezione è a sua volta stimolata dall’ormone di rilascio della
corticotropina (CRH) prodotto dall’ipotalamo. Come tutti i corticosteroidi,
derivano da una matrice comune: il colesterolo.
Sia i glucocorticoidi naturali che quelli sintetici agiscono principalmente
attraverso il legame con il loro recettore chiamato, recettore dei glucocorticoidi
o GR. Il GR è presente in quasi tutte le cellule del nostro organismo; in
presenza dei glucocorticoidi, il GR si attiva ed entra nel nucleo cellulare, dove
è in grado di controllare il funzionamento dei geni aumentando (o diminuendo)
la produzione delle proteine.La cellula bersaglio dei glucocorticoidi cambia la
propria funzione.

Questi ormoni stimolano quindi la gluconeogenesi e la lipolisi, sono


considerati iperglicemizzanti ma allo stesso tempo catabolici per le proteine
(in quanto la gluconeogenesi si attua anche attraverso il catabolismo
proteico), anche se lo stimolo alla produzione di insulina correlato
all’iperglicemia annulla l’effetto lipolitico.

Il catabolismo non riguarda solo la massa muscolare ma anche i tessuti


linfatici e connettivi, con successiva demineralizzazione delle ossa e possibili
manifestazioni di osteoporosi. Livelli più o meno alti di ormoni glucocorticoidi
possono modulare la produzione di altri ormoni (insulina, gh, testosterone,
paratormone ecc.).In più, i glucocorticoidi agiscono inibendo l’attivazione di
altri geni, in particolare NFkB, proteina responsabile dell’attivazione di
numerosi mediatori dell’infiammazione.

Tuttora rappresentano circa il 5% dei casi di positività ai test antidoping. L’uso


dei glucocorticoidi normalmente è vietato, eccetto per specifiche cure
mediche.Attualmente, per lo sport, vengono assunti col fine di aumentare le
disponibilità energetiche, ritardare l’insorgenza dell’affaticamento muscolare e
combattere le infiammazioni, alleviando quindi il dolore in caso di infortunio.
c’è un abuso di questi farmaci negli sport, specialmente nel ciclismo.
A seconda della durata della loro azione possono dividersi in tre categorie:

● glucocorticoidi a breve durata d’azione (es. cortisone e


idrocortisone)
● glucocorticoidi a intermedia durata d’azione (es. prednisone,
prednisolone, parametasone)
● glucocorticoidi a lunga durata d’azione (es. desametasone,
betametasone ecc.)

Gli effetti collaterali, soprattutto se si esagera con le dosi sono molteplici,


insieme a quelli già accennati i principali sono:

● infiammazioni allo stomaco


● osteoporosi ed osteonecrosi
● diabete mellito
● ridotta sintesi collagene
● insonnia
● stanchezza
● ritenzione idrica e aumento di peso
● rallentamento metabolico
● ridotta produzione di androgeni
● scarsa cicatrizzazione delle ferite.
● retinopatia (retina)

-betabloccanti X:
Spesso li sentiamo nominare come protagonisti di terapie, utili a contrastare
gli effetti di diverse patologie, soprattutto di natura cardio-vascolare.
I farmaci betabloccanti sono tra i farmaci più prescritti a causa della loro
azione preventiva e terapeutica nelle più comuni malattie cardiovascolari. Uno
dei principi attivi betabloccanti più utilizzati è il propranololo, sintetizzato verso
la fine degli anni ’60 da Sir John Black, insignito per questo motivo anche del
premio Nobel per la medicina.

Come funzionano i farmaci betabloccanti?


Il nome "betabloccanti" deriva dal loro meccanismo d'azione: essi, infatti,
agiscono legandosi in maniera specifica (o selettiva) ad una proteina,
chiamata recettore. Il recettore a cui si lega è lo stesso a cui si legano anche
gli ormoni e neurotrasmettitori adrenalina e noradrenalina (da qui il nome di
recettori β-adrenergici). Adrenalina e noradrenalina sono chiamate anche
catecolamine e, tra le loro diverse azioni, sono in grado di aumentare la
frequenza cardiaca, di provocare un restringimento dei vasi sanguigni e di
aumentare la pressione arteriosa. Il legame ai recettori β-adrenergici viene
detto "competitivo", proprio perché il farmaco betabloccante instaura con
l'adrenalina e la noradrenalina una vera e propria gara a chi si lega ad un
numero più alto di recettori.

In generale si distinguono tre diversi tipi di recettori β-adrenergici:


β1, localizzati nel cuore, nel rene e negli occhi;
β2, localizzati a livello della muscolatura liscia di diversi organi tra cui quelli
dell’apparato genito-urinario, quello gastrointestinale e quello bronchiale. I β2,
però, si trovano anche a livello della muscolatura scheletrica, come ad
esempio quella del fegato;
β3, localizzati soprattutto sulle membrane delle cellule di grasso, dove
stimolano la digestione dei lipidi.
Nella terapia delle malattie cardiovascolari, i betabloccanti più utilizzati sono
quelli con selettività per i recettori β1.

Come vengono classificati i farmaci betabloccanti?


Non esiste una classificazione univoca per categorizzare i farmaci
betabloccanti. Essi sono generalmente classificati sia sulla base della loro
interazione con i recettori adrenergici e sia su base “gerarchica”, come:
non selettivi, o di prima generazione;
ß1 selettivi (particolarmente indicati per le patologie cardiovascolari) o di
seconda generazione;
ß1 selettivi con azione vasodilatatoria o di terza generazione.
I betabloccanti di prima generazione sono principi attivi che agiscono sia sui
recettori ß1 che ß2-adrenergici in maniera non selettiva. È in questa categoria
che si trova il propranololo, a cui si uniscono altre tre importanti molecole: il
nadololo, pindololo e il timololo.
Tra i betabloccanti di seconda generazione troviamo l'atenololo, il bisoprololo,
l'acebutololo, il metoprololo e l'esmololo (solo in casi di emergenza): queste
molecole svolgono un'azione selettiva sui recettori ß1 localizzati a livello
cardiaco. Ad alte dosi, però, interagiscono anche sui recettori ß2. I
betabloccanti di seconda generazione sono particolarmente indicati nei
pazienti che soffrono anche di altre patologie come il diabete, l’asma o la
Bronco Pneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO), malattia respiratoria cronica,
poiché non vengono coinvolti meccanismi che possono provocarne il
peggioramento.
I betabloccanti di terza generazione, come il carvedilolo e il labetalolo, sono
caratterizzati da effetti aggiuntivi dovuti all'interazione con altri recettori
specifici (gli α1 adrenergici), che provocano una dilatazione dei vasi sanguigni
(azione vasodilatatoria).

Esiste poi anche un altro gruppo di betabloccanti di terza generazione, capaci


sia di stimolare un’azione vasodilatatoria, mediante l'ossido nitrico, sia di
svolgere un'azione selettiva sui recettori ß1 adrenergici. Le molecole che
possiedono queste caratteristiche sono il celiprololo e il nebivololo.

Meccanismo d'azione
L'effetto antipertensivo di questa categoria di farmaci si esplica a livello
cardiaco, dove i beta-bloccanti riducono la forza di contrazione e la frequenza
cardiaca. Oltre a ciò, questi principi attivi influenzano anche la secrezione
della renina, inibendola. Così facendo i farmaci beta-bloccanti interferiscono
anche con il sistema renina-angiotensina, con riduzione della ritenzione
idro-salina e conseguentemente del volume sanguigno e delle resistenze
periferiche.

Quando vengono utilizzati i farmaci betabloccanti?


Le patologie per cui è prevista la loro prescrizione sono tante e molto diverse
tra di loro: in tutte sono stati dimostrati i loro benefici.
La patologia per eccellenza, comunque, per cui i farmaci betabloccanti sono
considerati “salva vita” è l’insufficienza cardiaca, ovvero quando il cuore è
incapace di pompare sangue nelle arterie in maniera sufficiente.
Di seguito elenchiamo altri casi in cui i farmaci betabloccanti sono utilizzati:
dolore al petto (angina pectoris);
per curare l’emicrania;
per controllare stati di ansia e tachicardia su base ansiosa;
come terapia degli emangiomi cutanei del neonato.

Quali sono gli effetti collaterali dei farmaci betabloccanti?


Data la molteplicità di meccanismi d'azione, molto diversi anche all’interno
della stessa categoria, è possibile che gli effetti collaterali provocati dai
farmaci betabloccanti siano di diversa natura.
In generale queste molecole sono ben tollerate e la maggior parte degli effetti
indesiderati è di grado lieve.
Eventuali effetti collaterali più gravi dipendono dall’azione betabloccante e
possono essere:
peggioramento dell’insufficienza cardiaca;
blocco cardiaco, cioè un ritardo nella conduzione della corrente elettrica nel
cuore;
broncospasmo, cioè una contrazione anomala ed eccessiva della muscolatura
liscia dei bronchi, che porta al loro restringimento e quindi ad una riduzione
del passaggio di aria nei polmoni con conseguente difficoltà respiratoria. Il
broncospasmo viene osservato con maggior frequenza nei pazienti con
disturbi ostruttivi ai bronchi. In questo caso i farmaci betabloccanti β1 selettivi
sono quelli più indicati, visto che i recettori dei bronchioli sono di tipo β2.
Altri effetti indesiderati più frequentemente riportati, con una forte componente
soggettiva, sono stanchezza e estremità fredde. Inoltre, i farmaci
betabloccanti possono interferire con il metabolismo degli zuccheri,
destabilizzando il controllo della glicemia; per questo motivo devono essere
usati con cautela, soprattutto nei pazienti con diabete difficile da controllare.
Non sono state riportate reazioni indesiderate nei neonati allattati al seno da
madri in cura con propranololo o con altri farmaci betabloccanti.

La somministrazione
I farmaci betabloccanti sono usati sia da soli (mono-terapia) che insieme ad
altri farmaci (poli-terapia).
Le dosi raccomandate sono riportate anche nella scheda tecnica di ogni
farmaco, tuttavia spetta al medico mettere a punto un adattamento
personalizzato della dose per ogni paziente, prevedendone l’associazione con
altri principi attivi. I betabloccanti vengono somministrati in compresse da
deglutire e, nella maggior parte dei casi, basta una sola somministrazione
quotididiana.

Andreas Krieger (Heidi) S


Comincia la sua carriera a 13 anni. Nel 1991 per problemi fisici la sua carriera
si avviò al termine. Durante la sua carriera le furono somministrate, come
accadde a molti atleti della Germania Est, sostanze dopanti, come
l'Oral-Turinabol uno steroide prodotto dalla Jenapharm, azienda di Stato: i
documenti scoperti dopo la caduta del muro di Berlino dimostrano che alla
Krieger ne furono somministrati, in un anno (il 1986), 2.590 milligrammi.
Krieger cominciò a sviluppare tratti prettamente maschili, anche a causa degli
effetti collaterali causati dalle sostanze dopanti. Nel 1997 si sottopone
all'intervento per cambiare sesso, assumendo successivamente il nome
Andreas.Krieger è sposato con l'ex nuotatrice Ute Krause.
Alex Schwazer S
Nel 2012 viene annunciata la sua positività all’eritropoietina, viene escluso dai
giochi olimpici di quell’anno.Rientra in gara e nel giugno del 2016 viene
sospeso in via cautelare e poi viene e squalificato per 8 anni.
Dopo essere risultato positivo ad un controllo anti-doping alla vigilia dei Giochi
olimpici di Londra 2012, venne squalificato dal Tribunale Nazionale Antidoping
fino al 29 aprile 2016. Rientrato in attività in occasione dei Mondiali a squadre
di marcia 2016, vince la 50 km ottenendo la qualificazione per i Giochi olimpici
di Rio de Janeiro 2016. Il 22 giugno 2016 viene comunicato alla FIDAL che
Schwazer risulta nuovamente positivo ad un controllo anti-doping su un
campione di urine prelevatogli in un controllo a sorpresa il 1º gennaio 2016 (la
sostanza dopante sarebbe testosterone). Per questo la IAAF (Federazione
Internazionale di atletica leggera) decide di sospenderlo in via cautelare in
attesa della decisione finale.Il 10 agosto 2016 il TAS (Tribunale Arbitrale dello
sport), considerata la seconda violazione delle norme antidoping, squalifica
l’atleta per 8 anni.[4][5] Come diretta conseguenza della squalifica, oltre a non
poter partecipare ai Giochi olimpici di Rio 2016, tutti i suoi risultati sportivi del
2016 sono stati cancellati.
Thomas Hicks C
Maratoneta statunitense, si mise al collo la medaglia d’oro ai Giochi di St.
Louis del 1904 dopo che per due volte, lungo il tragitto, il suo allenatore gli
aveva somministrato tramite iniezioni del solfato di stricnina (uno stimolante
particolarmente diffuso in quegli anni che oggi, in quantità maggiori, viene
usato come veleno per topi). nonostante il palese utilizzo di uno stimolante in
gara, Hicks non andò incontro ad alcuna squalifica. Questo accadde perché
nel 1904 non esisteva ancora l’antidoping e non si parlava di sostanze
proibite.
Knud Enemark Jensen
Alle Olimpiadi di Roma del 1960, il ciclista danese Knud Enemark Jensen
cade durante la 100 chilometri a squadre ed entra in coma. All’inizio si pensa
a un malore causato dalla calura estiva – quel giorno a Roma fanno 42 gradi –
ma l’autopsia chiarirà che il ciclista danese aveva fatto uso di sostanze
dopanti. Qualche anno dopo la tragedia, nel 1967, il Comitato olimpico (Cio)
decide di istituire una commissione medica e di iniziare i controlli antidoping
nei successivi giochi, quelli invernali ed estivi del 1968.E proprio a Città del
Messico il Cio applica la prima squalifica per doping. Con lo svedese Hans
LilJenwall che sarà ricordato negli annali come il primo atleta nella storia dei
Giochi olimpici ad essere escluso per uso di sostanze illegali. Gareggiava nel
pentathlon e fu trovato con una quantità eccessiva di alcol nel corpo. Lui si
giustificò dicendo che aveva bevuto due birre per stemperare la tensione, ma
dovette comunque restituire la medaglia. La squalifica di LilJenwall valse il
bronzo alla squadra atletica della Svezia.

Marion Jones-Thompson D
L'agenzia anti-doping americana investigò su Marion Jones per un possibile
uso di droga, in relazione allo scandalo legato alla BALCO (Bay Area
Laboratory Co-Operative), una industria farmaceutica americana. Il 3
dicembre 2004 Victor Conte, il fondatore della BALCO, apparve in
un'intervista sull'emittente ABC, in cui affermò che Jones fece uso di cinque
differenti sostanze illegali per il miglioramento delle prestazioni sportive,
prima, dopo e durante i Giochi di Sydney del 2000.
Il 19 agosto 2006, Marion Jones viene trovata positiva all'eritropoietina (EPO)
usata in occasione dei campionati americani dello stesso anno a fine giugno
ad Indianapolis.[1] Le controanalisi svolte il 6 settembre 2006 hanno però esito
negativo e l'atleta viene prosciolta dall'accusa di doping. Un anno dopo, il 5
ottobre 2007, confessa alla US. District Court di New York di aver fatto uso a
partire dal 1999 di sostanze dopanti, di aver mentito in riferimento al processo
BALCO ed alla frode bancaria in cui era implicato il suo ex-compagno Tim
Montgomery; contemporaneamente annuncia il ritiro dall'attività agonistica.
Tre giorni dopo restituisce le cinque medaglie vinte alle Olimpiadi di Sydney
nel 2000.
Il 12 dicembre 2007, il Comitato Olimpico ufficializza la cancellazione dei
risultati dell'atleta dall'albo ufficiale sino al 2004 a partire dalle Olimpiadi di
Sydney; a questo si aggiunge la richiesta della restituzione dei premi in
denaro ottenuti dalla Jones in quel periodo (circa un milione di dollari).
In data 11 gennaio 2008 viene condannata a sei mesi di carcere per aver
mentito al giudice riguardo all'uso di sostanze dopanti. La stessa ha svolto per
punizione quattrocento ore di lavori socialmente utili.

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