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Storia genetica dell'Italia

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Analisi delle componenti principali della popolazione italiana.[1]

La storia genetica è l'insieme delle scoperte effettuate tramite la genetica delle popolazioni, una branca della genetica che analizza la costituzione genetica delle popolazioni mendeliane in termini qualitativi (varianti alleliche presenti all'interno di una popolazione) e quantitativi (frequenze alleliche e genotipiche). Tali scoperte hanno permesso, mediante l'analisi delle parentele e delle differenze geniche, a livello sia delle etnie che delle popolazioni umane, di ricostruire i flussi migratori, gli incroci, l'emersione o l'eliminazione dei caratteri che contraddistinguono le attuali etnie e popolazioni umane, sia nello spazio sia nel tempo, aiutando a ricostruire la storia dell'uomo sin dalla sua comparsa.

Comparsa dell'uomo moderno e seconda fuoriuscita dal continente africano

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Circa sette milioni di anni fa l'assestamento della crosta terrestre produsse l'innalzamento della Rift Valley che attraversa gli attuali stati di Etiopia, Kenya e Tanzania. I venti carichi di piogge provenienti da ovest furono intrappolati dal sollevamento tettonico di una barriera naturale, il Rift africano, provocando un processo di inaridimento verificatosi sull'altopiano omonimo. Il processo di inaridimento portò infatti alla progressiva formazione dell'attuale savana africana in sostituzione della foresta e la popolazione delle protoscimmie africane si trovò ad essere geograficamente separata in due sottopopolazioni dal Rift: il versante ovest rimase lussureggiante e le protoscimmie stanziate su questo lato si adattarono ad un ambiente boscoso, differenziandosi dalle altre e precorrendo le moderne scimmie antropomorfe, mentre le protoscimmie intrappolate sull'altopiano, a causa del lento inaridimento, si adattarono a condizioni ambientali differenti, quali la scomparsa della foresta sostituita dalla savana africana. Tale tipo di ambiente permise l'evoluzione e l'affermazione del genere Homo[2].

Out-of-Africa

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Lo stesso argomento in dettaglio: Out of Africa I.

Il processo Out-of-Africa (letteralmente: fuoriuscita dall'Africa) è il primo processo migratorio conosciuto, anche se a differenza dei moderni flussi migratori esso fu dovuto al successo dei primi ominidi, i quali poterono espandersi in un ambiente privo di competitori e particolarmente vantaggioso. L'appartenente al genere Homo progenitore della nostra specie, denominato Homo ergaster, si origina in Africa. La sua evoluzione dà origine all'Homo erectus, e colonizzando ad ondate successive l'Eurasia si adatta alle diverse condizioni ambientali, differenziandosi nelle specie Homo heidelbergensis e successivamente in Homo neanderthalensis con caratteristiche carnivore.

Out-of-Africa 2

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Lo stesso argomento in dettaglio: Origine africana dell'Homo sapiens.

Alcuni ominidi appartenenti al genere Homo, anziché partecipare al processo Out-of-Africa si stanziarono nella Rift Valley. Da tali ominidi si originò l'Homo sapiens, una cui sottospecie, definita Homo sapiens sapiens (circa 200 000 anni fa), migrò per affermarsi successivamente come unica specie appartenente al genere Homo[3], e sostituendosi, per motivi tuttora ampiamente dibattuti, sia alle specie comparse a seguito del processo Out-of-Africa, sia a quelle coevolutesi in Africa.

Cronologia del popolamento (Y-DNA)

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Principali aplogruppi del cromosoma Y (lettere A-T) correlati filogeneticamente in un albero. Adamo cromosomico-Y = Progenitore comune patrilineare

In genetica umana, il cromosoma Y viene suddiviso in aplogruppi definiti sulla base della mutazione di un singolo nucleotide[4] nella sequenza non ricombinante del cromosoma Y chiamata NRY.[5] Ogni mutazione corrisponde ad un aplotipio e il cromosoma Y viene ereditato di padre in figlio. Dal momento che la mutazione colpisce una sequenza non ricombinante (cioè che non subisce modificazioni quando viene ereditata), è possibile risalire, andando a ritroso di generazione in generazione, alla linea di discendenza maschile.

Mappa delle migrazioni dell'uomo secondo gli aplogruppi del cromosoma Y (i numeri sono gli anni prima del presente).

Aplotipi europei legati all'Y-DNA

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Lo studio degli aplotipi ovvero della combinazione delle varianti alleliche lungo un cromosoma o lungo un segmento cromosomico contenente loci strettamente associati tra di loro, e che in genere, vengono ereditati insieme, ha permesso di identificare due aplotipi europei definiti Eu18 ed Eu19 i quali hanno permesso, tramite metodiche di comparazione delle sequenze, di identificare tracce di migrazioni di popolazioni Europee risalenti all'epoca paleolitica, si ritiene che le migrazioni delle popolazioni europee siano dovute a fenomeni ambientali, quali glaciazioni, competizione fra popolazioni e ricerca di cibo, essendo gli aplotipi ereditati insieme, sono stati identificati due nuclei isolati di popolazioni, rispettivamente i nuclei nella penisola Iberica e i nuclei in Ucraina, questi aplotipi costituiscono il 50% dei cromosomi Y europei. L'aplotipo Eu19 è diffuso anche nel Pakistan settentrionale e nell'Asia centrale a supporto dell'ipotesi che queste due popolazioni siano migrate sia verso il centro Europa che verso l'Asia[6].

Aplotipi italiani legati all'Y-DNA

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Distribuzione percentuale degli aplotipi del cromosoma Y italiani[7].

Regione I1 I2a I2b R1a R1b G J2 J1 E1b1b T Q
Italia settentrionale 7% 1% 3.5% 4,5% 49.5% 7.5% 10% 1.5% 11% 2% 0%
Toscana 4% 1.5% 2.5% 4% 52.5% 9% 11.5% 2% 9% 2% 0%
Italia centrale 2.5% 2% 1.5% 3% 36% 11% 23% 5% 11.5% 2,5% 0%
Italia meridionale 2.5% 3.5% 1% 3% 27.5% 10.5% 21.5% 4% 18.5% 2.5% 0%
Sicilia 3.5% 3% 1% 4.5% 26% 8.5% 23% 3.5% 20.5% 4% 1%
Sardegna 0% 37,5% 2% 1% 18.5% 12% 9% 4% 9.5% 1.5% 0%

Cronologia del popolamento (mtDNA)

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A differenza del cromosoma Y, il cui DNA è ereditato da parte paterna, il DNA mitocondriale (mtDNA) contenuto nei mitocondri, viene ereditato da parte materna e consente quindi di risalire alla via patrilineare femminile, l'aplogruppo mitocondriale U5b3 ha permesso di identificare un effetto del fondatore verificatosi circa 10.000 anni fa in Italia, si ritiene che le femmine portatrici siano successivamente migrate in Provenza, probabilmente fra i 9000 e 7000 anni fa, dove si sviluppò la variante U5b3a1. Fenomeni di migrazione successivi avrebbero poi permesso l'introduzione dell'aplotipo U5b3a1 dalla Provenza alla Sardegna, presumibilmente seguendo i commerci di ossidiana, ad oggi circa il 4% della popolazione femminile in Sardegna appartiene a questo aplotipo.[8]

Aplotipi legati all'mtDNA

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L'aplogruppo più comune in Europa e in Italia risulta essere l'aplogruppo H originatosi probabilmente circa 20.000 anni fa in Europa meridionale e nel Vicino Oriente, sempre in Europa circa 15.000 anni fa in Spagna si differenzia l'aplogruppo V. L'aplogruppo J si ritiene essersi originato nel Vicino Oriente o nel Caucaso mentre nel nord-est circa 25.000 anni fa si origina l'aplogruppo W, l'aplogruppo T si origina in Mesopotamia circa 17,000 anni fa, l'aplogruppo U si origina in Asia occidentale circa 60,000 anni fa, l'aplogruppo I circa 30.000 anni fa probabilmente in Europa, l'aplogruppo K circa 16.000 anni fa nel Vicino Oriente, l'aplogruppo X2 oltre 30.000 anni fa nel nord-est europeo[9][10]

Tabella percentuale degli aplogruppi femminili di mtDNA presenti in Italia:

H V J T U K I W X2 altri
% 33,5% 4,5% 7,5% 12% 12,5% 7% 2% 2,5% 2% 16,5%

Migrazioni umane riscontrate tramite analisi dell'Y-DNA

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Paleolitico superiore

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Attraverso gli studi sulla variazione genetica del cromosoma Y in Europa, è stato riscontrato un primo periodo di colonizzazione in epoca tardo-glaciale, la quale ha portato alla differenziazione dei primi aplotipi europei associati all'uomo moderno. Ogni aplotipo viene di norma associato ad una popolazione, la quale, stanziatasi sul territorio, ha avuto un tempo sufficiente per differenziarsi dalla popolazione di origine, dando via ad un proprio aplotipo caratteristico. L'aplotipo I1a risulta maggiormente presente in Scandinavia, la sua frequenza diminuisce rapidamente spostandosi verso la pianura orientale e la frangia atlantica, tuttavia le differenze riscontrate a livello dei microsatelliti mostrano che probabilmente nel sud della Francia si debba ricercare la zona di origine delle popolazioni portatrici degli aplotipi I1a e I1c. L'aplotipo I1b si estende dall'Adriatico orientale fino all'Europa orientale, diminuisce in direzione dei Balcani meridionali, e scompare bruscamente nel nord Italia. Si suppone che l'aplotipo I e sotto prodotti si siano originati durante l'ultima glaciazione nell'area dei Balcani o dell'Europa dell'est. Al contrario, la popolazione portatrice di I1b2, molto probabilmente, si originò nel sud della Francia, subendo un'espansione nel periodo post-glaciale, e, a seguito dei flussi migratori, avrebbe poi colonizzato la Sardegna circa 9000 anni fa[11].

Mesolitico e Neolitico

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Durante questo periodo si ha un grado di espansione apprezzabile dell'uomo moderno nella penisola Italiana. Gli studi attuali risultano molto complessi a causa della deriva genetica e degli effetti fondatori locali che si sono verificati su tutta la penisola in questo periodo di tempo. L'Aplogruppo R1b (Y-DNA) viene ritenuto essere la più antica linea genetica presente nel continente europeo[6]. La sua presenza viene comunemente associata ad un effetto del fondatore verificatosi nell'Europa centro occidentale[12][13]. Le popolazioni stanziatesi in Italia dal Mesolitico sono caratterizzate da alte frequenze di R1*(xR1a1), condizione che si ritrova ad oggi nelle popolazioni basche, ritenute le più somiglianti geneticamente ai primi europei. Durante il Neolitico i migranti introducono le varianti E3B1 e J2, il 27% delle variazioni genetiche totali, basate sull'analisi dei polimorfismi, indicano un chiaro gradiente di distribuzione della popolazione italiana sull'asse nord-sud della penisola. Le variazioni introdotte nel Neolitico non sembrano essere dovute a flussi migratori provenienti dalla Spagna, ma si configurano come migrazioni provenienti dall'Asia o dall'Anatolia attraverso l'attuale area Balcanica; diversi autori hanno suggerito che l'asse di distribuzione Nord-Sud delle differenze genetiche fra le popolazioni italiane sia dovuto agli eventi di colonizzazione greca nel Sud. Tuttavia nuovi studi suggeriscono che in epoca Neolitica fu l'influenza delle popolazioni provenienti dall'Anatolia la causa principale delle differenze nel bacino genetico italiano, assegnando ai greci un ruolo di secondaria importanza; attualmente si assume che durante il Neolitico si consolidò l'aplotipo principale R1*(xR1a1) mentre gli aplotipi HGS, E3B1 e J2 risultano assenti o presenti a bassa frequenza. In particolare, nel nord d'Italia si ritrova a bassissima frequenza E3b2 di origine africana[14].

R1b-S28 (U152)

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La distribuzione della variazione STR di R1b in Europa diminuisce da est a ovest, suggerendo un ingresso in Europa dall'Asia occidentale con la diffusione dell'agricoltura[15]. R1b viene spesso citato come esempio di una distribuzione ad onda dell'aplogruppo, in questo caso, da est a ovest.[16]. La proposta di un'origine a sud-est di R1b origina con la scoperta dei primi subcladi di R1b localizzati in Asia occidentale e il più recente in Europa occidentale[17][18]. Tuttavia non vi è accordo sulle datazioni della migrazione o migrazioni responsabili di questa distribuzione, non si escludono migrazioni prima o dopo il Neolitico[17].

David K. Faux ha ipotizzato che la mutazione S28 (marcatore U152), e relativi sottogruppi, possano essere associati in maniera non esclusiva alla popolazione celtica dell'arco Alpino[19][20].

Alcuni studi hanno identificato l'esistenza di un sottoclade a livello dell'arco Alpino localizzato nell'Italia nord occidentale chiamato S28/U152 il quale suggerisce l'esistenza di un nucleo di dispersione aplotipica proprio della penisola italiana a livello delle Alpi, comprendente il nord-ovest italiano a partire dal 1200 aC[21], tuttavia non è ancora stata identificata la prima area geografica nella quale sia comparso tale marcatore.

Questa subclade dell'aplogruppo R1b è la più comune nella penisola italiana (26,6% al Nord e 10,5% al Sud) e nelle isole di Sardegna e Corsica.

E1b1b (ex E3B)

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E1b1b (E-M215), precedentemente noto come E3B (o "aplotipo V")[22] è definito dalla mutazione M215.[23][24][25], attualmente è oggetto di numerose controversie.

Attualmente le linee partilineari di E-M215 ed E-M35 appaiono identiche, si ritiene che l'aplogruppo compaia in Africa orientale circa 22400 anni fa.[23][26]

In Europa è presente E-M35, alcuni studiosi hanno ipotizzato che questa mutazione possa rappresentare il marcatore di un'antica migrazione avvenuta nel tardo Pleistocene dal Nord Africa verso l'Europa, Sinai ed Egitto[27].

In Italia prevale il sottoclade E-V13[senza fonte].

Alcuni studiosi hanno avanzato l'ipotesi secondo la quale l'aplogruppo E3b1a2 sia stato introdotto in Gran Bretagna a partire dalle popolazioni greche, spinte in quanto arruolate dall'esercito Romano a colonizzare l'isola Britannica, assegnando alla dominazione imperiale Romana un ruolo indiretto nella diffusione di questo aplotipo, appartenente al Peloponneso, nell'isola Britannica[28].

J2a-M410 e J2b-M12

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La diffusione dell'aplotipo J2 nel bacino del Mediterraneo viene spesso associata all'espansione dei popoli agricoli durante il periodo Neolitico[29]. La comparsa di J2 è stimata a circa 18,500 anni fa con uno scarto di 3.500 anni fa[30]. Taluni studiosi lo inseriscono fra gli aplogruppi dell'Asia occidentale e sud-orientale, associandolo alla presenza di reperti archeologici del neolitico, come statuette e ceramiche dipinte[31] è stata avanzata l'ipotesi che il subclade J2a-M410 appartenga ai primi agricoltori[32]. Tuttavia altri studiosi ipotizzano un possibile evento di dispersione nel post-neolitico, in particolare legato alla dominazione della Grecia antica[33]. In Europa, la frequenza di aplogruppo J2 scende drammaticamente muovendosi verso nord dal Mediterraneo.

In Italia, J2 si presenta con frequenze regionali che variano tra il 9% e il 36%[34].

È stato proposto che il subclade J2a-M410 sia collegato alle popolazioni dell'antica Creta. L'aplogruppo J2b-M12 è stato associato con l’Anatolia del Neolitico (circa 8500 - 4300 aC) ed è stato segnalato all'interno di siti Cretesi (3,1%)[35].

Negli studi meno recenti viene denominato UE10, questo aplogruppo si trova con frequenze importanti nel Medio Oriente, Caucaso, Nord Africa, Corno d'Africa. Si trova anche meno frequentemente, ma ancora occasionalmente in quantità significative, in Europa e in Estremo Oriente come il subcontinente indiano e nell'Asia centrale.

J1 viene diviso in diversi sub-cladi, alcuni dei quali sono stati riconosciuti prima ancora di J1, per esempio J-M62[36]. Con la sola eccezione di J1c3, la maggior parte dei subcladi non risultano comuni[37]. La frequenza e la diversità di J1 (e anche di J2) rendono questo aplotipo uno dei marcatori candidati tramite i quali si ipotizza che si possa ricostruire la diffusione della tecnologia agricola durante il Neolitico.

Popolazione Sample size J1 totale J1 in assenza di P58 J-P58 (J1c3) pubblicazione
Nord Est Italia 67 0.0% NA NA Battaglia et al. (2008)[38]
Italiani 915 0.7% NA NA Capelli et al. (2009)[39]
Siciliani 236 3.8% NA NA Di Gaetano et al. (2009)[40]

L'aplogruppo G del cromosoma Y si presenta a basse frequenze in più popolazioni, ma risulta distribuito in Europa centrale e Asia occidentale, Nord Africa, India e Sri Lanka.

Attualmente non vi è consenso sulle date e luoghi di origine di questo aplogruppo[41][42].

In Europa occidentale e nell'area del Mar Nero l'aplogruppo G si trova in media in circa il 5% della popolazione. La concentrazione scende al di sotto di questa media in Scandinavia, Polonia, Islanda e isole britanniche.

In Tirolo (e Alto Adige) la percentuale G raggiunge l'8% o più; Nelle zone settentrionali ed in Sardegna raggiunge picchi all'11% della popolazione[43]. Analisi genetiche sui resti della mummia del Similaun, meglio nota come Ötzi, hanno dimostrato che apparteneva a una subclade (G-L91) di questo aplogruppo [44].

Romanizzazione

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Per quanto il fenomeno della romanizzazione, in Italia ed in Europa, abbia apportato importanti contributi sul piano culturale, politico e storico delle popolazioni locali, non si riscontra un processo di omogeneizzazione a livello genetico[45]. Le varie aree dell'Italia presentano ad oggi differenze sul piano della distribuzione percentuale degli aplotipi, legati alla discendenza Y nelle varie zone d'Italia, la quale appare più similare alla distribuzione del periodo pre-romano.

Sotto il profilo genetico la penisola italiana e le isole del Mediterraneo hanno interessato diversi autori: ciò si deve alla contemporanea presenza di popoli rimasti relativamente isolati, quali per esempio i Sardi, e popolazioni enormemente eterogenee e da sempre interessate da fenomeni migratori, quali per esempio quelle costiere dell'Italia meridionale[45].

Anche le migrazioni avvenute in suolo italico dalla caduta dell'Impero romano d'Occidente fino all'anno 1000 d.C. non hanno alterato in maniera significativa il pool genetico degli odierni italiani; si stima che l'aplogruppo I sia diffuso fra gli italiani del nord nell'ordine del 2-3% e fra gli italiani del sud nell'1-1,5%[46]. Alcuni subcladi dell'aplogruppo R1a, che potrebbero essere penetrati in Italia assieme alle invasioni provenienti dall'Europa nord-occidentale, compaiono in ordini di percentuali fra il 2,5% ed in particolare R1b1c9 a cui appartiene il 3,5% degli italiani[47], 5,6% nel Nord Italia[12][13], particolarmente diffusa fra i popoli dell'Europa nord-occidentale, essendo però questi subcladi appena citati piuttosto diffusi anche in altre aree europee è difficile stabilire se siano stati veramente introdotti in Italia da migrazioni di quei popoli.

Ulteriori migrazioni di popolazioni come quelle risultanti dalle scorrerie arabe non hanno intaccato in percentuali significative la distribuzione aplotipica dell'Italia, ad eccezione della Sicilia dove la civiltà araba ha prosperato per circa due secoli e l'impatto della colonizzazione araba è avvenuto in modo più intenso rispetto alla penisola; la presenza araba non ha tuttavia modificato in modo significativo la composizione neolitica dell'isola[48]. Il contributo arabo si stima tra il 6% e il 7,5% in Sicilia, 6,5% in Puglia Nord-Occidentale, 4,8% in Campania orientale; è da sottolineare il fatto che precedenti studi[senza fonte] effettuati nelle stesse aree diedero percentuali minori. Le altre regioni dimostrano percentuali minori, dallo 0 al 2%[49][50].

Il Regno Normanno di Sicilia fu creato nel 1130, con Palermo capitale, 70 anni dopo l'iniziale migrazione normanna e 40 dopo la conquista dell'ultima città, Noto nel 1091, e durerà fino al 1198. Oggi si trova nella Sicilia nord-occidentale , intorno a Palermo e Trapani, che il DNA Y normanno è comune, con il 15-20% dei lignaggi appartenenti all'aplogruppo I. Nella restante parte dell’isola si attesta intorno all’8-15%.

Albero filogenetico degli aplogruppi del cromosoma Y e X

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Lo stesso argomento in dettaglio: Aplogruppi del cromosoma Y e Aplogruppi mitocondriali umani.

Mappa genetica dell'Europa

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Lo stesso argomento in dettaglio: Storia genetica dell'Europa.

Diversi ricercatori hanno contribuito allo sviluppo di una mappa genetica dell'Europa, che mostra un evidente grado di somiglianza strutturale alla mappa geografica. Le principali differenze genetiche si sono riscontrate fra le popolazioni del nord e del sud. Una ricerca genetica pubblicata su Current Biology, che prendeva a campione 24 popolazioni umane europee, conferma che le differenze genetiche in Europa sono direttamente proporzionali alla distanza tra i popoli con maggiori differenze per l'Italia e la Finlandia. Le popolazioni abitanti questi due paesi mostrerebbero quindi una maggiore distanza genetica rispetto alle altre 22 popolazioni campionate per via delle barriere geografiche che li separano dalle altre popolazioni[51][52].

Per ciò che concerne l'Italia in particolare, uno studio del 2014 rileva che «le popolazioni italiane sono estremamente eterogenee da un punto di vista genetico, tanto da poter paragonare la loro diversità a quella che si osserva tra gruppi che vivono agli angoli opposti dell'Europa»[53][54]. Un altro studio corrobora quanto appena riferito sull'eterogeneità genetica della popolazione italiana, la quale risulta distribuita lungo un asse longitudinale ovest-est; i sardi presentano invece dei pattern specifici[55][56], nonché dei rilevanti punti di contatto coi primi abitanti storici dell'isola[57][58].

I ricercatori ipotizzano tre principali eventi di colonizzazione dell'Europa a partire da sud. I primi esseri umani moderni vi avrebbero fatto il loro ingresso circa 45.000 anni fa, in seguito al quale si verificò un'interruzione dei flussi migratori dovuto ad un massimo glaciale, circa 20.000 anni fa; la seconda colonizzazione, avvenuta al ritiro dei ghiacci, risalirebbe a circa 17.000 anni fa a partire da popolazioni di ritorno dalle zone di rifugio a sud[59]; l'ultima colonizzazione si ebbe intorno ai 10.000 anni fa con l'espansione dal Vicino Oriente dell'agricoltura.[60][61]

  1. ^ Characterization of the biological processes shaping the genetic structure of the Italian population, su bmcgenet.biomedcentral.com, BMC Genetics.
  2. ^ Ancora oggi alcuni biologi, tra cui Jared Diamond, sono del parere che la distinzione tra i generi Homo e Pan sia del tutto arbitraria e artificiosa, risolvibile riclassificando lo scimpanzé comune come Homo troglodytes ed il bonobo come Homo paniscus.
  3. ^ L'uomo moderno secondo gli studi genetici, è originario dell'Africa. Durante il processo di migrazione chiamato Out-of-Africa 2.
  4. ^ SNPs (Single Nucleotide Polymorphisms).
  5. ^ Non-Recombining Y-chromosome.
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  9. ^ [3] Distribuzione europea del DNA mitocondriale (mtDNA) aplogruppi per regione in percentuale
  10. ^ [4] Differenziazione su base cronologica degli aplogruppi del mtDNA
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