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Utente:Franco aq/sandbox7

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Syrinx, 1925.

William McMillan (Aberdeen, 31 agosto 1887Richmond, 25 settembre 1977) è stato uno scultore e medaglista scozzese, notevole per il numero di sue statue poste in luoghi pubblici nel Regno Unito[1].

La medaglia fu disegnata da William McMillian, autore anche della British War Medal in quanto .

Nel 1919 McMillan, vinse di entrambi i concorsi indetti dal War Office e fu incaricato dal governo britannico di disegnare le medaglie di campagna della prima guerra mondiale per le forze armate britanniche, da assegnare a tutto il personale che aveva prestato servizio attivo nei teatri di guerra durante il conflitto. Per la Medaglia della vittoria utilizzò un'incisione in rilievo della classica dea greca Nike con il testo "THE GREAT WAR FOR CIVILISATION 1914–1919", mentre per la British War Medal un rilievo in stile greco classico di San Giorgio su un cavallo che calpesta gli emblemi dell'Impero tedesco sconfitto. Questa divennero le sue opere più riprodotte, con quasi dodici milioni di medaglie distribuite in combinazione nel Regno Unito e in tutto l'Impero britannico[2].

  • Piergiorgio Nicolazzini (a cura di), Bill Johnson, in I Premi Hugo 1995-1998, collana Grandi Opere Nord, vol. 33, Milano, Nord, novembre 1999, p. 489, ISBN 8842911178.

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  • (EN) 1998 Hugo Awards, su The Official Site of The Hugo Awards. URL consultato l'8 agosto 2022.

James Cox (c.; 17231800) è stato un gioielliere, imprenditore e inventore britannico.

A typical "toy": a necessaire and watch by Cox (Walters Art Museum)

James Cox (c. 1723–1800) was a British jeweller, goldsmith and entrepreneur[1] e prprietrio del Cox's Museum. He is now best known for creating ingenious automi meccanici and mechanical clocks, including Cox's timepiece, powered by pressione atmosferica, the Orologio del Pavone[2] and the Cigno d'argento.

Inizio della carriera

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La carriera di Cox come gioielliere iniziò già nel 1751 e i suoi automi furono disegnati da artisti come Joseph Nollekens e Johann Zoffany. Negli anni sessanta del settecento John Joseph Merlin divenne suo apprendista.[3] Sebbene proclamasse di essere un orafo, impiegò un certo numero di gioiellieri e artigiani che probabilmente svolsero gran parte del lavoro;[1] il fatto che non sia mai stato membro della corporazione degli orafi conferma ulteriormente l'ipotesi che abbia subappaltato il suo lavoro.[4] Cox si specializzò in intricate curiosità a orologeria tempestate d'oro, argento e gioielli, chiamate "sing-songs" (canta-canzoni).[3] Il suo mercato principale era l'Estremo Oriente, in particolare India e Cina, e l'imperatore cinese Qianlong possedeva uno dei suoi automi, a forma di carro.[1] La popolarità di Cox era importante per il commercio britannico: le importazioni britanniche di tè superavano di gran lunga le esportazioni verso la Cina e Cox contribuì a rimediare allo squilibrio.[3] His sing-songs initially reduced British trade deficit, but in the early 1770s Cox was stuck with a large inventory and a flooded eastern market. I suoi "sing-songs" inizialmente ridussero il deficit commerciale britannico, ma all'inizio degli anni 1770 Cox rimase bloccato con un grande inventario e un mercato orientale ingolfato. He liquidated some of his stock at Christie's in 1772, and used the remaining inventory to start his museum.[3]

In the 1770s Cox managed a private museum in the Great Room at Spring Gardens, London. He had been exhibiting his wares since at least 1769, though the official museum opened only in February, 1772.[4] The site is near the Admiralty Arch, and would be among the most popular exhibition halls in London for the next half-century. Cox's Museum was so memorable that it was customary to refer to the room as "formerly Cox's Museum,"[3] and during the museum's run from 1772 to 1776 Cox's display eclipsed all other exhibits.[4] His skill at advertising no doubt played a role in building the museum's popularity. Cox produced several catalogues[1] and a collection of verses praising his museum, which had first been published in various London newspapers (some were probably planted by Cox).[3]

Cox's Museum was among the most expensive exhibitions in London, and the price was purportedly to limit the number of patrons for security reasons.[3] The museum was popular among London's upper classes and literati: James Boswell visited in 1772, at the recommendation of Samuel Johnson, and Frances Burney stages a debate about the uses of art at Cox's, in her novel Evelina. Playwright Richard Sheridan pays tribute to Cox's Museum in The Rivals.[3] As proprietor of the museum Cox may have purchased Oliver Cromwell's head as a curiosity.[senza fonte]

Though he hoped for royal patronage, and displayed, as was common, royal portraits in the museum,[4] Cox never achieved his goal. In 1773 a special Act of Parliament authorised Cox to break up his collection and sell pieces by lottery.[5] The museum was removed from Spring Gardens in 1775, and after being briefly displayed at Mansion House by the Lord Mayor,[3] was dissolved and sold by lottery in May 1775.[4]

In 1778 Cox went bankrupt for the second time.[6] Cox despatched his son John Henry to Canton, China in 1782 to sell off an accumulated stock.[7] In Canton, both James and John Henry became partners with Daniel Beale and his brother Thomas in the firm of Cox & Beale. Cox remained in business as a retailer, if no longer as an artist or manufacturer, until his death.[3]

The Peacock Clock at the State Hermitage Museum

Among Cox's best known works are the Peacock Clock, now in the State Hermitage Museum in Saint Petersburg, and the Silver Swan, built by Cox in 1773 in conjunction with Merlin, which is now exhibited at the Bowes Museum, Barnard Castle, Teesdale, County Durham.[8] The swan, which can raise its neck, turn its head and (seemingly) pick up small fish, still functions, as is demonstrated daily.[4]

At the time of the May 1775 lottery, a pair of diamond earrings garnered much attention, with Cox offering to buy them back from the winner for £5000.[4] A musical clock designed by Cox, and previously owned by King Farouk of Egypt, sold on 12 December 2012 at a Bonhams London sale for £385,250 ($577,547).[9]

  1. ^ a b c d James Cox (ca. 1723–1800): Goldsmith and Entrepreneur Heilbrunn Timeline of Art History; Roger Smith "James Cox (c. 1723-1800): A Revised Biography" The Burlington Magazine, Vol. 142, No. 1167 (Jun., 2000), pp. 353-361
  2. ^ The State Hermitage Museum: Exhibitions Archiviato il 2 febbraio 2008 in Internet Archive.
  3. ^ a b c d e f g h i j Richard Altick, The Shows of London, Cambridge, Massachusetts, The Belknap Press of Harvard University Press, 1978, pp. 69–70.
  4. ^ a b c d e f g Marcia Pointon, Dealer in Magic: James Cox’s Jewelry Museum and the Economics of Luxurious Spectacle in Late-Eighteenth-Century London, in History of Political Economy, vol. 31, 199, pp. 423–451, DOI:10.1215/00182702-31-supplement-423.
  5. ^ 13 Geo III cap XLI
  6. ^ Clare Vincent e J. H. Leopold, James Cox (ca. 1723–1800): Goldsmith and Entrepreneur, su metmuseum.org, Heilbrunn Timeline of Art History, The Metropolitan Museum of Art. URL consultato l'8 dicembre 2014.
  7. ^ Lindsay Ride, May Ride e Bernard (ed.) Mellor, An East India company cemetery: Protestant burials in Macao, Hong Kong Univ Press, 1996, ISBN 978-962-209-384-3. Online version at Google books p. 13
  8. ^ Richard, Magic Wrought by a Merlin, su wsj.com, 21 dicembre 2012.
  9. ^ MUSICAL CLOCK ONCE OWNED BY EGYPT'S KING FAROUK SELLS FOR £385,250 AT BONHAMS £1.5M FINE CLOCK SALE IN LONDOn. Bonhams' Press Release, 2012-12-12

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Nel 1091 al-Muʿtamid fu imprigionato dagli Almoravidi ed esiliato ad Aghmat, in Marocco dove morì nel 1095. La sua tomba si trova nella periferia di Aghmat.[1]

  1. ^ Lisan Al Din Ibn Al Khatib, Nafadhat al-jirab (Il posacenere dei calzini), XIV secolo, p. 9.

Matteo Schilizzi fu un banchiere livornese trasferitosi a Napoli, ove fece costruire il Mausoleo Schilizzi per ospitarvi le tombe dei suoi familiari.

Medaglia d'oro ai benemeriti della salute pubblica - nastrino per uniforme ordinaria
«per essersi reso in modo eminente benemerito della pubblica salute durante la recente epidemia colerica»
— 15 novembre 1884[1]
  1. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n. 293 del 26 novembre 1884
Reggimento di chevalier-garde

Chevalier Guard Regiment in the Battaglia di Austerlitz.
Descrizione generale
Nazione - Impero russo
ServizioEsercito
TipoCavalleria
DimensioneReggimento
Guarnigione/QGSan Pietroburgo
Parte di
Prima Divisione di Cavalleria della Guardia
Simboli
Il distintivo del reggimento "In memoria del venticinquesimo patrocinio di Sua Maestà Imperiale l'imperatrice Maria Feodorovna nel Reggimento di Cavalleria"
Voci su unità militari presenti su Wikipedia

Il Reggimento di chevalier-garde (in russo Кавалергардский полк?) fu un reggimento della guardia di russo,

Les chevaliers-gardes sono un'unità di cavalleria della Guardia imperiale russa, costituito solo da nobili, e recluta i più grandi nomi dell'aristocrazia russa..

Come gli altri reggimenti di cavalleria pesante della guardia russi (Reggimento delle guardie a cavallo, Reggimento dei corazzieri della guardia di Sua maestà lo Zar e Reggimento dei corazzieri della guardia di Sua maestà la Zarina) le Chevalier-garde erano equipaggiati come corazzieri con alcune differenze nell'uniforme e nell'equipaggiamento rispetto ai corazzieri dell'esercito e agli altri reggimenti di corazzieri della guardia.

  • 1724 : creazione di un'unità di scorta a Caterina I, formata da nobili, chiamata Chevalier-garde
  • tra il 1724 ed il 1740 : ricostituita in occasione delle incoronazioni, poi sciolta
  • 1742 : i Chevalier-garde formano una compagnia di cavalleria, integrata nel Reggimento Preobraženskij. Durante il regno di Caterina la Grande, sono adibiti alla guardia del palazzo
  • 1799 : l'11 gennaio l’unità divenne permanente sotto il nome di Guardia-del-Corpo (=Kavalergardia)
  • 1800 : l'11 gennaio, l'unità duvenne il reggimento dei Chevalier-garde con tre squadre

creato nel 1800 dalla riforma del Corpo dei chevalier-gard, che era stato creato nel 1764 da Caterina la Grande.

Membres célèbres

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Officers of the Chevalier Guard. In left (1-2) is Gustaf Mannerheim.

Many famous men served as Chevalier Guards, among them:

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Battaglia di Iconio
parte Terza crociata

La Battaglia di Iconio, di Wislicensus (c. 1890)
Data18 maggio 1190
LuogoIconio (l'odierna Konya), Turchia
EsitoVittoria dei crociati
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
sconosciutisconosciuti
Perdite
lievipesanti
Voci di guerre presenti su Wikipedia

Casa di Lacon Gunale

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lasciò il governo a suo figlio
Prese in moglie Nivatta (o Nibatta) che diede alla luce Torbeno, figlio maggiore e suo successore.
sposò Anna de Lacon, gli succedette suo figlio Orzocco
La moglie di Orzocorre era Maria Orvu (od Orrù) e suo figlio, nonché sucessore fu Comita I.
Senza eredi maschi, con Comita I termina la casata dei Lacon-Zori; Ebbe una figlia di nome Eleonora nel 1110 circa che sposerà il successore Gonnario II dando inizio alla potente stirpe dei Lacon-Serra.

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A bayonet mount
A bayonet mount before and after insertion
Early-19th century socket bayonet
Socket of a bayonet

Nella tecnica, innesto a b., tipo particolare di innesto, cioè di dispositivo per la giunzione di due pezzi, adoperato, tra l’altro, in elettronica come combinazione spina-presa bipolare, e in elettrotecnica per certi tipi di lampade a incandescenza.

Un innesto a baionetta (mainly as a method of mechanical attachment, as for fitting a lens to a fotocamera) or bayonet connector (for electrical use) is a dispositivo di giunzione consisting of a cylindrical male side with one or more radial pins, and a female receptor with matching L-shaped slot(s) and with spring(s) to keep the two parts locked together. The slots are shaped like a capital letter L with serif (a short upward segment at the end of the horizontal arm); the pin slides into the vertical arm of the L, rotates across the horizontal arm, then is pushed slightly upwards into the short vertical "serif" by the spring; the connector is no longer free to rotate unless pushed down against the spring until the pin is out of the "serif".

To couple the two parts, the pin(s) on the male are aligned with the slot(s) on the female and the two pushed together. Once the pins reach the bottom of the slot, one or both parts are rotated so that the pin slides along the horizontal arm of the L until it reaches the "serif". The spring then pushes the male connector up into the "serif" to keep the pin locked into place. A practised user can connect them quickly and, unlike screw connectors, they are not subject to cross-threading. To disconnect, the two parts are pushed together to move the pin out of the "serif" while twisting in the opposite direction than for connecting, and then pulling apart.

The strength of the joint comes from the strength of the pins and the L slots, and the spring. To disengage unintentionally, the pins must break, the sleeve into which the connector slides must be distorted or torn enough to free the pins, or the spring must fail and allow the connector to be pushed down and rotate due to, say, vibration.

It is often possible to push down the connector and rotate it, but not far enough to engage and lock; it will stay in place temporarily, but accidental disconnection is very likely.

The first documented use of this type of fitting (without the name "bayonet") may be by Al-Jazari in the 13th century, who used it to mount candles into his candle-clocks.[1] This type of fitting was later used for soldiers who needed to quickly mount bayonets to the ends of their rifles, whence the name.

Many cameras with interchangeable lenses use a bayonet lens mount to allow lenses to be changed rapidly and locked accurately in position. Camera lens mounts usually employ stronger flattened tabs rather than pins, though their function is the same.

Bayonet electrical connectors are used in the same applications where other connectors are used, to transmit either power or signals. Bayonet connections can be made faster than screw connections, and more securely than push-fit connections; they are more resistant to vibration than both these types. They may be used to connect two cables, or to connect a cable to a connector on the panel of a piece of equipment.

The coupling system is usually made of 2 bayonet ramps machined on the external side of the receptacle connector and 2 stainless steel studs mounted inside the plug connector’s coupling nut. Several classes of electrical cable connectors, including audio, video, and data cables use bayonet connectors. Examples include BNC, C, and ST connectors. (The BNC connector is not exactly as described in this article, as the male, not female, connector has the slots and spring.)

Many types of light bulb are fitted with integral bayonet connectors.

Light bulb bayonet mounts

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LED lamps with GU10 bi-pin twist-lock mount

[[:Image:Bulb-bayonet-male.png|thumb|upright=0.7|Compact fluorescent lamp with double contact B22d bayonet mount]]

Incandescent light bulb with double contact B22d bayonet mount, and corresponding socket with sprung connectors
Preceding bulb mounted in the socket
Incandescent 40 W BA15d bulb
Lo stesso argomento in dettaglio: Automotive lamp types.

Template:For

The bayonet light bulb mount is the standard fitting in many former members of the British Empire including the United Kingdom, Australia, India, Ireland, and New Zealand, as well as parts of the Middle East and Africa (although not Canada, which primarily uses Edison screw sockets along with the Stati Uniti d'America and Mexico). The standard size is B22d-2, often referred to in the context of lighting as simply BC. Older installations in some other countries, including France use this base. Standard bulbs have two pins on opposite sides of the cap; however, some specialized bulbs have three pins (cap designation B22d-3) to prevent use in domestic light fittings. Examples of three-pin bulbs are found in mercury street lamps and fireglow bulbs in some older models of electric radiative heater. Bayonet cap bulbs are also very common worldwide in applications where vibration may loosen screw-mount bulbs, such as automotive lighting and other small indicators, and in many flashlights. In many other countries the Edison screw (E) base is used for lighting.

Some bulbs may have slightly offset lugs to ensure they can be only inserted in one orientation, for example the 1157 automobile tail-light which has two different filaments to act as both a running light and a signal light. In this bulb each filament has a different brightness and is connected to a separate contact on the bottom of the base; the two contacts are symmetrically positioned about the axis of the base, but the pins are offset so that the bulb can only be fitted in the correct orientation. Newer bulbs use a wedge base which can be inserted either way with no issues. Some special-purpose bulbs, such as infrared, have 3 pins 120 degrees apart to prevent them being used in any but the intended socket.

Bayonet bases or caps are often abbreviated to BC, often with a number after. The number refers to the diameter of the base (e.g., BC22 is a 22 mm diameter bayonet cap lamp). BC15, a 15 mm base, can also be referred to as SBC standing for small bayonet cap. The lower-case letter s or d specifies whether the bulb has single or double contacts.

Type IEC DIN ANSI
B15d IEC 60061-1 (7004-11) DIN 49721
BA15d IEC 7004-11 A DIN 49720
BA15s IEC 7004-11 A DIN 49720
BA20d IEC 7004-12 DIN 49730
B21s-4
B22d IEC 60061-1 (7004-10)
BY22d
B24s-3
GU10 IEC 60061-1 (7004-121)
GZ10 IEC 60061-1 (7004-120)
GU24 Pending (Mar 2007)

While G actually indicates bi-pin, those listed above have a twist-lock, but with parallel pins from the end instead of opposing pins on the side.

These are the available sizes in the UK:[2]

Designation Alternative designation Contacts Dimension, etc.
BA5s 1 5 mm
BA7s 1 7 mm
BAX9s 1 9 mm
BA9s Miniature bayonet cap (MBC) 1 9 mm
BA15d Small bayonet cap (SBC) 2 15 mm
BAX15s 1 15 mm
BA15s Single centre contact (SCC) 1 15 mm
BA20s 1 20 mm
BA20d 2 20 mm
BA21d 2 21 mm
B21-4 21 mm 4 pin
BA22d Bayonet cap (BC) 2 22 mm
BC-3 Bayonet cap (BC) 2 22 mm 3 bayonet pins
B22d-3 2 22 mm double ended (railway)
BX22d 2 22 mm

Of these, only the BC (BA22d) is widely used in homes. The BA20d (sometimes confusingly called a Bosch fitting) was once a common automotive (twin filament) headlamp fitting but has largely been superseded by more modern, higher-rated H-series sockets and is only used for some lower-powered applications such as combined automotive tail and stop lamps.

  1. ^ [[Ancient Discoveries]], Episode 12: Machines of the East, History Channel. URL consultato il 7 settembre 2008. Wikilink compreso nell'URL del titolo (aiuto)
  2. ^ see http://technical.greenstock.co.uk/KYBLampBases.htm
  • IEC 61184: Bayonet lampholders, International Electrotechnical Commission, 1997. (also: BS EN 61184) – specifies requirements and tests for the B15 and B22 bayonet holders for light bulbs used in some Commonwealth countries

Collegamenti esterni

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Consiglio per l'Unità Economica Araba
(EN) Council of Arab Economic Unity
AbbreviazioneCAEU
TipoComunità economica
Fondazione3 giugno 1957
Sede centraleEgitto (bandiera) Cairo
Sito web

Il Consiglio per l'Unità Economica Araba (o CAEU dall'inglese Council of Arab Economic Unity) fu istituito il 3 giugno 1957[1] da Egitto, Iraq, Giordania, Kuwait, Libia, Mauritania, Palestina, Arabia Saudita, Somalia, Sudan, Tunisia, Siria, Emirati Arabi Uniti e Yemen. Ha iniziato ad operare il 30 maggio 1964, con l'obiettivo finale di raggiungere una integrazione economica completa tra i suoi stati membri.

composto dai ministri dell'Economia

  1. ^ (EN) Greater Arab Free Trade Area (GAFTA), su mit.gov.jo, Jordan Ministry of Industry and Trade. URL consultato il 24 luglio 2012.

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Voci correlate

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La censura nella Repubblica Popolare Cinese, implementata o imposta dal partito al governo: il Partito Comunista Cinese (PCC), è uno dei regimi di censura più severi al mondo.[1] Il governo censura contenuti per ragioni principalmente politiche, come limitare l'opposizione politica e censurare eventi sfavorevoli al PCC, come la Protesta di piazza Tienanmen, il movimento democratico cinese, il genocidio culturale degli uiguri, il problema dei diritti umani in Tibet, il movimento per l'indipendenza di Taiwan, Falun Gong e le proteste a Hong Kong. Da quando Xi Jinping è diventato Segretario generale del Partito Comunista Cinese (de facto leader supremo) nel 2012, la censura è stata "notevolmente rafforzata".[2]

Il governo esercita la censura su tutti i media in grado di raggiungere un ampio pubblico, ciò include televisione, carta stampata, radio, film, teatro, messaggi di testo, messaggistica istantanea, video games, letteratura, e Internet. Il governo cinese asserisce di avere il diritto legale di controllare i contenuti di Internet all'interno del proprio territorio e che le regole di censura che applica non violano il diritto alla libertà di parola dei cittadini.[3] I funzionari governativi hanno accesso a informazioni non censurate tramite un sistema di documentazione riservato.

A partire dal 2022 Reporter senza frontiere classifica la Cina come uno dei dieci paesi al mondo con la minore libertà di stampa.[4] Nell'agosto 2012 la OpenNet Initiative ha classificato la censura di Internet in Cina come "pervasiva" nell'area della politica e in quella di Conflitto e sicurezza e "sostanziale" in campo sociale e riguardo gli strumenti Internet, le due classificazioni più severe delle cinque utilizzate.[5] Freedom House classifica la stampa cinese come "non libera", la peggiore classifica possibile, affermando che "il controllo statale sui mezzi d'informazione in Cina è ottenuto attraverso una complessa combinazione di monitoraggio da parte del partito dei contenuti delle notizie, restrizioni legali sui giornalisti, incentivi finanziari per l'autocensura"[6] e una crescente pratica di "scomparsa informatica" di materiale scritto da o su blogger attivisti.[7]

Altri punti di vista suggeriscono che aziende cinesi come Baidu, Tencent e Alibaba, alcune delle più grandi imprese Internet del mondo, abbiano beneficiato del modo in cui la Cina ha bloccato il mercato interno ai rivali internazionali.[8]

  1. ^ (EN) Lee Fang, Google Executive Declines to Say If China Censors Its Citizens, su The Intercept, 27 settembre 2018. URL consultato il 27/11/2022.
  2. ^ (EN) Simon Denyer, China's Xi Jinping unveils his top party leaders, with no successor in sight, in The Washington Post, 25 ottobre 2017. URL consultato il 25 ottobre 2017 (archiviato il 13 agosto 2019).
  3. ^ (EN) Michael Bristow, China defends internet censorship, in BBC News, BBC, 8 giugno 2010. URL consultato il 20 gennaio 2017 (archiviato il 1º luglio 2019).
  4. ^ (EN) Press Freedom Index, su Reporters Without Borders. URL consultato il 23 giugno 2022.
  5. ^ (EN) China, in Country Profiles, OpenNet Initiative, 9 agosto 2012. URL consultato il 2 settembre 2014 (archiviato dall'url originale il 9 ottobre 2014).
  6. ^ (EN) Ashley Esarey, Speak No Evil: Mass Media Control in Contemporary China (PDF), Freedom House, 9 febbraio 2006. URL consultato il 27 novembre 2022 (archiviato il 28 marzo 2020).
  7. ^ (EN) CMB special feature: Cyberdisappearance in Action, in China Media Bulletin:, n. 29, Freedom House, 14 luglio 2011 (archiviato dall'url originale il 1º dicembre 2017).
  8. ^ (EN) Carrie Gracie, Alibaba IPO: Chairman Ma's China, in BBC News, BBC, 8 settembre 2014 (archiviato il 2 luglio 2019).