Nuovo vocabolario siciliano-italiano/LA
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La. art. f. La.
La. pron. f. Sempre è quarto caso del numero singolare: la.
La. s. f. Nota musicale: la.
Labbarda. V. laparda.
Làbbaru. s. m. Vessillo presso i Romani: làbaro.
Labbefettatu. (An. Man.) add. Debole, indebolito. È voce lat. però usata dal Redi.
Làbbili. add. Cadevole: làbile. || memoria labbili, che non ritiene: memoria labile.
Labbirintu. s. m. Luogo sì intricato che chi vi entra non trova la via d’uscirne: laberinto, labirinto. E si dice metaf.
Labboratòriu. V. labburatoriu.
Labbrata. s. f. Colpo nelle labbra: labbrata.
Labbrazzu. pegg. di labbru: labbraccio.
Labbriceddu. dim. Labbretto, labbrettino, labbricciuolo.
Labbrinu. V. libbrinu.
Labbru. s. m. (pl. labbra). Parte carnosa, colorita che circonda la bocca: labbro (pl. labbri e labbra). || Orlo di vaso o d’altro: labbro. || – di Veniri. T. bot. V. cicirimigna.|| aviri li labbra caduti, esser vecchio. || fari lu labbru. V. fari lu cucchiaru.
Labbruni. accr. di labbru: labbrone.
Labbrutu. add. Dicesi a chi ha grosse labbra: labbrone, labbracci.
Labbruzzu. dim. di labbru: labbruccio, labbruzzo, labbrino.
Labburatòriu s. m. Luogo disposto per servire alle operazioni chimiche e alle preparazioni farmaceutiche: laboratòrio.
Labburiusamenti. avv. Con fatiche: laboriosamente.
Labburiusu. add. Faticoso, con lavoro: laborioso. || Detto di persona che ama il lavoro: laborioso. Sup. labburiusissimu: laboriosissimo.
Lacca. s. f. Color rosso di cocciniglia: lacca. || Gomma in lagrime che serve per far vernice e ceralacca: lacca. || T. legn. L’orlo o canto smussato d’una tavola onde aviri la lacca: essere smussato.
Laccanìa. s. f. L’esser fiacco: fiacchezza. || Vale anco: chinea, cavallo. Da laccu. V.
Làccara. V. làppara.
Laccaratu. V. allaccaratu.
Laccarazzu. pegg. di làccaru.
Laccaru. s. m. Carne floscia e inconsistente.
Laccarumi. V. laccanìa.
Laccarusu. V. lapparusu.
Laccarutu. V. allaccaratu.
Lacchè. s. m. Servitore che serve a piedi il padrone: lacchè.
Lacchireddu, Lacchirottu. dim. di lacchè.
Laccia. V. alaccia.
Lacciata. s. f. Quella parte del latte rimasta, segregatone il cacio, e di cui si fa la ricotta: siero, latte sieroso, cagliato.
Lacciolu. V. lazzolu. || – ad arcu, arnese da uccellare: archetto.
Laccu. add. (An. Man.) Debole: fiacco.
Lacerari. V. lacirari.
Lacerta. V. lucerta (A. V. ital. lacerta).
Lacertu. s. m. Muscolo del braccio, taglio di carne da macello: lacerto.
Làceru. add. Stracciato; cencioso: làcero.
Laciramentu. s. m. L’atto del lacerare: laceramento.
Lacirari. v. a. Stracciare, rompere senza adoperar arme: lacerare. P. pres. laciranti: lacerante. P. pass. laciratu: lacerato.
Lacirazioni. s. f. Il lacerare: lacerazione.
Laconicamenti. avv. Alla laconica: laconicamente.
Lacònicu. add. Conciso ed energico: lacònico. || avv. Laconicamente: laconico.
Laconìsimu. s. m. Modo laconico di dire: laconismo.
Làcrima. V. lagrima.
Lacuna. s. f. Ridotto d’acqua morta: lacuna, laguna. || met. Voto tra una cosa e l’altra, interruzione: lacuna.
Làdiu. V. laidu.
Làfia, Lafiata. V. millafia.
Laganu. s. m. T. bot. Albero che ha le foglie quasi intere e vellutate di sotto; le spiche nodose: agnocasto. Vitex agnus castus. L.
Lagazzu. pegg. di lagu: lagaccio.
Laghiceddu. dim. di lagu: laghetto.
Lagnamentu. V. sotto.
Lagnanza. s. f. Querela, doglianza: lagno, lagnanza (Tomm.).
Lagnarisi. v. intr. pron. Dolersi, lamentarsi: lagnarsi. P. pass. lagnatu: lagnato.
Lagnusarìa. V. lagnusìa.
Lagnusazzu. pegg. di lagnusu: pigraccio, infingardaccio.
Lagnuseddu. dim. Pigretto.
Lagnusìa. s. f. L’esser pigro o infingardo: pigrizia, infingardìa, infingardàggine.
Lagnusu. add. Chi è tardo a fare per languido volere, o fugge dal lavoro: pigro, infingardo, sbuccione, tirillone (Nerucci); infingardo è difetto dell’animo, rifiuta e scansa il lavoro, non esprime tardezza o difetto corporale come può esprimerlo la voce pigro. || lu lagnusu sempri è nicissitusu, poichè: a voler che il mento balli (mangi), alle man ’gna (bisogna) far i calli. Sup. lagnusissimu, pigrissimo, infingardissimo (Pasq. lo vorrebbe dal Lat. langor quasi langusus. Potrebbe derivare da lagnoso, che si lagna. Però io credo venga dall’antico ital. laniero o lanieroso: molle, dappoco).
Lagnusuni. accr. di lagnusu: pigrone, carnaccia (a Firenze).
Làgrima. s. f. Umore stillato dagli occhi per soverchio affanno di dolore, o d’allegrezza: làgrima, làcrima. || Per sim. gocciola: lagrima. || ’na lagrima, un pochino: uno zinzino, un centellino. || jittari lagrimi comu coccia di favi, pianger a dirotto: piangere a sonagli di sparviero. || Giojello che per ornamento si porta al collo o all’orecchio: pendente. || – di Napuli, spezie di buon vino. || – di la Madonna, spezie di buon vino. || – Cristi. V. lagrimacristi.
Lagrimabbili. add. Degno di lacrime: lagrimabile, lacrimabile.
Lagrimacristi. s. m. Spezie di buon vino del Vesuvio: lagrimacristi.
Lagrimali. add. T. anat. Vasi per cui scorrono le lagrime: lagrimale.
Lagrimari. v. intr. Versar lagrime: lagrimare, lacrimare. || In generale per piangere: lagrimare. || Per gocciolare: lagrimare. P. pres. {{Sc| lagrimanti: lagrimante. P. pass. lagrimatu: lagrimato.
Lagrimatòriu. add. T. anat. Di uno dei muscoli dell’occhio: lagrimatòrio.
Lagrimaturieddu. (D. B.) dim. di lagrimatòriu.
Lagrimazioni. s. f. Il lagrimare: lagrimazione. || Infermità degli occhi per la quale lagrimano; o delle piante per cui distillano una certa linfa: lagrimazione.
Lagrimedda. dim. di lagrima: lagrimetta, lacrimetta.
Lagrimèvuli. add. Atto a indur le lagrime, luttuoso: lagrimèvole.
Lagrimiari. V. lagrimari.
Lagrimuna. accr. di lagrima: lacrimone.
Lagrimusamenti. avv. In modo lagrimoso: lagrimosamente.
Lagrimusu. add. Pieno o bagnato di lagrime: lagrimoso.
Lagrimuzza. dim. di lagrima: lagrimuccia, lagrimuzza.
Lagu. s. m. Grande estensione d’acque permanenti: lago. || Gran quantità d’umore: lago. || Grande abbondanza di checchessia: lago. || essiri ’nt’on lagu di suduri, essere fradicio mezzo di sudore: esser in un lago di sudore.
Laguni. accr. di lagu: lagone.
Lagusta. V. alagusta.
Lagustedda. dim. di lagusta.
Lahò. V. alaò.
Laicali. add. Di o da laico: laicale.
Laicu. s. m. Non iniziato alle cose sacre: làico. || Frate converso: laico. || Chi è poco pratico o ignorante di checchessia: laico.
Laidamenti. avv. In modo brutto: bruttamente. || Sozzamente: laidamente.
Laidazzu. pegg. di laidu: bruttaccio.
Laidizza. s. f. Difetto visibile di proporzioni, di convenienza: bruttezza. || Schifezza: laidezza, laidità.
Làidu. add. Deforme, che manca della proporzione, della convenienza: brutto, laido ma quest’ultimo ha senso morale e vale osceno, sozzo, indecente. || Guasto, corrotto, inservibile: brutto, inutile. || Anco per cattivo. Sup. laidissimu: bruttissimo.
Laiduliddu dim. di laidu: bruttino.
Laidumi. V. laidizza.
Laiduni. accr. di laidu: bruttone.
Laiduzzu. dim. di laidu: bruttino.
Laimari. V. lamiari. || V. lagrimari.
Làiu. V. laidu.
Làllara. V. boffa.
Lama. j. f. Piastra di ferro, la parte metallica dov’è il taglio negli strumenti da taglio: lama. || essiri lama pruvata, esser uomo sperimentato: da bosco e da riviera, cappato. || Prov. la bona lama si vidi alla mola, alla prova si conosce chi vale: il buon ferro si vede alla ruota o alla pietra. || bella lama pri fari cutedda, per ironia si dice ad uomo tristo: bel figuro! lamaccia. || aviri bona lama, detto di animale, avere buona crescenza. || lama o gran lama di fissa, si dice ad uomo sommamente soro.
Lamagnu. V. citarra. || V. lavagna.
Lamanni. V. scoddi.
Lamazza. pegg. di lama: lamaccia.
Lambicu. V. lammicu e derivati.
Lamentarisi. V. lamintarisi.
Lamentu. s. m. La voce che si manda fuori dolendosi: lamento.
Lamera. s. f. Specie di ferrereccia varia, piastre di metallo: lamiera.
Làmia. s. f. T. zool. Specie di pesce cartilaginoso: rana pescatrice, diavolo marino. Lophius pescatorius L. || Altro pesce con denti acuti e biforcuti; corpo bislungo; testa larga e sottile: làmia. Squalus carcharius L.
Lamiari. v. intr. Patire fame, esser famelico. || Aver bramosia: aver frègola. || met. Affliggersi, angustiarsi. || Venir meno, sfinirsi: basire, languire. || Per . V. . V. || Campare con istento: campacchiare. || Per lastimiari. V. || intr. pass. Per lamentarsi (Pasq. del Gr. λοιμάω: son famelico. Per certi suoi sensi potrebbe parere metatesi di laimari V. per lagrimari).
Lamicedda. dim. di lama: lametta, lamella.
Làmina. s. f. Piastra di metallo, o altra cosa similmente fatta: làmina.
Laminetta. dim. di lamina: laminetta.
Lamintamentu. s. m. Il lamentarsi, lamento: lamentamento.
Lamintanza. s. f. Lamento: lamentanza.
Lamintarisi. v. intr. pron. Dimostrare con voce cordogliosa il dolore: lamentarsi. || Far doglianze o richiamo di checchessia; querelarsi: lamentarsi. || Prov. io mi dogghiu e autru si lamenta, uno ha il male ed altro si lamenta. || nuddu si lamenta si nun si doli, per cui quando il popolo s’agita egli patisce qualcosa. || voi stari bonu? lamentati: chi si lamenta può guarire. P. pass. lamintatu: lamentato.
Lamintata. V. lamintamentu. (A. V. ital. lamentata).
Lamintatuna. accr. Prolungato lamento: lamentìo.
Lamintaturi. verb. Chi si lamenta: lamentatore.
Lamintazioni. s. f. Il lamentarsi, lamento: lamentazione. || – di Geremia V. treni.
Lamintaziunedda. dim. di lamintazioni: lamentazioncella.
Lamintazzu. pegg. di lamentu: lamentaccio.
Laminteddu. dim. di lamentu: lamentino (a Firenze).
Lamintèvuli. add. di lamentu: lamentèvole.
Lamintusamenti. avv. Con lamento: lamentevolmente.
Lamintuseddu. dim. di lamintusu. Alquanto lamentoso.
Lamintusu. add. Pieno di lamento; degno d’essere compianto: lamentoso. Sup. lamintusissimu: lamentosissimo.
Làmiu. s. m. T. bot. Pianta che ha le foglie macchiate bianche. Lamium maculalum L.
Lammicamentu. s. m. Il lambiccare: lambiccamento.
Lammicari. V. allammicari e seguenti. || Per piovigginare: lamicare (Nerucci).
Lammicata. s. f. Pioggerella, il lamicare: lamicata (Nerucci).
Lammìcu. V. allammicu. || Per angoscia.
Lammicusu. add. Con istento, con affanno: affannoso, angoscioso.
Lampa. s. f. Vaso senza piede, entro cui si tiene acceso lume ad olio: làmpana, làmpada e poet. lampa. || – a spiritu, quella accesa a spirito nelle machinette da caffè o altro: lumino a spirito. || Quel rigonfiamento che fa l’acqua piovendo o bollendo: gallòzzola, sonaglio, bolla. || E lampi chiamansi quei globetti, fatti con un bocciuolo intinto in acqua di sapone, soffiandovi dentro: bolle di sapone. || si lampa o stampa? si dice per garrire alcuno che stia come un sasso o si finga balordo. || lampa si dice per ischerzo dai beoni il bicchiere pieno di vino. Onde astutari la lampa, vuotar il bicchiere. || pagari la lampa, il pagare il diritto che si arroga il camorrista da’ più deboli.
Lampadàrio. s. m. Lumiera a più lumi: lampadàrio.
Lampanti. add. Risplendente: lampante. || Chiaro e di aperto significato onde si dice chiaru e lampanti: chiaro e lampante.
Lampantuni. add. Uomo dappoco, babbeo: lasagnone, moccicone, baggeo.
Lampari. v. a. Scagliare, lanciare con furia: scaraventare.
Lamparìgghia. s. f. Quella scatoletta di latta cilindrica che tiene l’olio e il lucignolo, la quale si mette dentro la lampana: lampanino. E quando è un bicchiere o altro vaso di vetro pieno di acqua con su l’olio dove galleggia il luminello acceso: làmpada.
Lamparu. s. m. Chi fa o vende lampane: lampanajo.
Lampazza. pegg. e accr. di lampa: lampadaccia. || Per schiaffo. Forse corrottamente dal Lat. alapa facendolo accr. || Per ischerno si dice a uomo scemo: baggèo.
Lampera, Lamperi. V. lampa. Il secondo è anco un titolo nella camorra delle carceri, cioè un grado inferiore al camorrista.
Lampiari. v. intr. Venire o apparire il lampo: lampeggiare. || Rilucere, splendere a guisa di lampo: lampeggiare, lampare. P. pass. lampiatu: lampeggiato.
Lampiata. s. f. Il lampeggiare: lampeggiamento, lampeggìo. || met. Indizio di prossimità di cosa che spiaccia: sentore.
Lampicedda. dim. di lampa: lampanino, lampanetta.
Lampiceddu. dim. di lampu.
Lampireddu, Lampiricchiu. V. lampicedda.
Lampirigghia. V. lamparigghia.
Lampirinu. V. lampicedda.
Lampiunaru. s. m. Colui che va accendendo i lampioni: lampionajo.
Lampiunazzu. accr. o pegg. di lampiuni: lampioncione (Guerrazzi), lampionaccio.
Lampiuneddu. dim. di lampiuni: lampioncino. || T. bot. Pianta di seme nero, che fa tra il grano: nigella. Nigella damascena L.
Lampiuni. s. m. Lume che rischiara le strade: lampione. || Lume messo ai lati del cocchiere nelle carrozze: lampione. || – di carta: lanternone. || È voce di scherno per riprendere alcuno che ti stia ritto innanzi, senza far nulla. || essiri a lampiuni. V. a lanterna. || lampiuni, per pozza di acqua V. specchiu, onde rumpiri un lampiuni V. rumpiri un specchiu ivi.
Lampreda. s. m. T. zool. Pesce di mare colla testa grigia bruna; occhi rotondi; pupilla nera entro iride gialla: lampreda. Petromyzon marinus L.
Lampu. s. m. Luce che risplende fra le nubi nella esplosione elettrica: lampo, baleno. || Splendore che vi somigli: lampo. || fari vidiri lu lampu cu tuttu lu tronu, avvertire e minacciar insieme o più: far lo scoppio e il baleno. || doppu lu lampu veni lu tronu, dopo la minaccia siegue il castigo. || Momentanea apparenza di checchessia: lampo.
Lampunazzu. s. m. Uomo vile, cagliostro e mangione: arlotto.
Lampuni. V. pappuni.
Lampuzza. s. f. Quel globetto che fa l’aria passando per qualche liquido, o quel sonaglio che fa nell’acqua la piova: gallòzzola, gallozzolina, bollicina.
Lamuzza. dim. di lama.
Lana. s. f. Pelo della pecora e del montone: lana. || Modo prov. quantu lana e linu, assai. || quistiunari di lana caprina, di cose inutili: disputar della lana caprina, o dell’ombra dell’asino. || è megghiu dari la lana chi la pecura, e met. si dice delle malattie, meglio la pelle che le budelle: è meglio dar la lana che la pecora. || bona lana, ironicamente a uom tristo: buona lana o lana fina. || cugghirisi li lani: far fagotto, andar via. || aviri pri la lana, tener in potere.
Lanaloru. s. m. Artefice di lana: lanajuolo, battilano.
Lanapìnula. s. f. T. zool. Verme che ha le valvole fragili, e il margine superiore aperto: pinna.
Lanata. s. f. Tutta la lana d’una pecora allorchè è separata dalla pelle: boldrone. || Grossa scopa o pennello con cui si dà la pece o sego a’ commenti o al fondo della nave, e per ispalmar il pattume quando si dà la carena: lanata o lanata da calafato (Zan. Voc. Met.).
Lanatu. add. Lanuto, lanoso: lanato.
Lanazza. pegg. e accr. di lana. || V. lanazzu.
Lanazzu. s. m. Cimatura, tosatura di pelo di panni che serve a riempire basti o che: borra.
Lancedda. s. f. Vaso di terra cotta: brocca, mezzina. || Quei piattelli che stanno nelle bilance: lance, coppe. (Si dice bilance dalle due lance, onde il nostro vocabolo lancedda ne parrebbe un dim. di detta lancia).
Lanceri. s. m. Soldato armato di lancia: lanciere.
Lancetta. s. f. Quel ferro che detta lancia segna le ore nell’orologio: lancetta.
Lanchè. s. m. Tela di color giallastro, da Nankin città della China: anchina.
Lància. s. f. Arma in asta: lància. || T. mar. Barchetta al servizio delle navi grosse: lància. || essiri lancia di unu, o lancia spizzata, cagnotto, satellite: esser lancia d’alcuno, o lancia spezzata d’alcuno.
Lanciari. v. a. Scagliare: lanciare. || fig. Mandare una citazione ecc.
Lanciaru. s. m. Artefice di lance: lanciajo.
Lanciata. s. f. Colpo di lancia: lanciata.
Lanciazza. pegg. e accr. di lancia, arme: lancione.
Lanciddaru. s. m. Chi fa o vende lanceddi.
Lanciddata. s. f. Quanto cape in una brocca: broccata.
Lancidduna. accr. di lancedda.
Lancidduzza. dim. Brocchetta.
Lànciu. s. m. Salto grande: làncio. || di primu lanciu, modo avv., subito: di prima lancio.
Lanciuni. accr. di lancia nel senso di barca: lancione.
Landò. s. m. Spezie di carrozza: landò (Valeriani). (Fr. landau).
Landolè. V. sopra.
Landreddu. s. m. T. bot. Pianterella. Bupleurum fruticens.
Landru. s. m. T. bot. Pianta di stelo diritto, grigio, foglie opposte, intere, coriacee; fiori rossi o rosa terminanti a mazzetti: oleandro. Nerium oleander L.
Landruni. s. m. Uomo dappoco o bighellone: scioperone.
Landuni. V. lannuni.
Lanetta. s. f. Specie di pannina di lana: lanetta.
Langirusu. add. Che non può sopportare o patire: insofferente.
Làngudu. (An. Man.). V. languidu.
Languidamenti. avv. Con languidezza: languidamente.
Languideddu, Languidettu. dim. di languidu: languidetto.
Languidizza. s. f. Astratto di languido: languidezza.
Lànguidu. add. Debole, senza vigore: lànguido. || Di voce, senza vibrazione: languido. Sup. languidissimu: languidissimo.
Languiduliddu. V. languidettu.
Languiri. v. intr. Venir in languidezza: languire.
Langura. V. languri (A. V. ital. langura).
Languri. s. m. Mancamento di forza, afflizione cagionata da infermità: languore.
Laniari. v. a. Lacerare, sbranare: dilaniare (A. V. ital. laniare). P. pass. laniatu: dilaniato.
Lanicedda. dim. di lana: lanetta.
Lanifìciu. s. m. L’arte di lavorare lana, e il luogo dove si lavora: lanifìcio.
Lanigghia. s. f. Stoffa di lana finissima.
Lanittèri. V. lanaloru.
Làniu. add. Di drappo che cominci a perder forza, ad essere rado e spelato: ragnato (Quasi contratto di laniatu da laniari V.).
Lanna. s. f. Lamiera di ferro sottilissima coperta di stagno: latta. || Per lamina o lama: latta. || Per vaso di latta: stagnuolo (Forse da lamina si contrasse lamna e quindi lanna).
Lannaru. s. m. Chi fa o vende lavori di latta: lattajo.
Lannetta. dim. di lanna nel 1º e 3º §. || Piastrettina di latta con laccio attaccata a qualche chiave per indicar dov’esso apre: cartellino.
Lanni. s. f. pl. Terreni incolti: lande. || T. mar. Spranghe o catene di ferro che sostengono le bigotte delle sartie, tenendole unite al bordo: lande (Zan. Voc. Met.).
Lannicedda. V. lannetta.
Lànniru. V. landru.
Lannò. V. landò.
Lannunazzu. V. landruni || pegg. di lannuni al 2º §: merendonaccio.
Lannuni. s. m. accr. di lanna; larga piastra per varî usi: bandone. || Detto ad uomo: scioperone, o buon a null’altro che a mangiare: merendone. || Bastone usato invece di catena per tener legati i cani. || Dapprima era il collare dei condannati alla gogna. Ora è la gogna o collare che si mette ai porci. Onde fig. si dice porcu cu lu lannuni, a uomo che non pensi altro che mangiare: merendonaccio.
Lannuniari. V. allannunari.
Làntanu. s. m. Specie di frutice: viburno, brionia.
Lanterna. s. f. Arnese per difendere il lume dal vento: lanterna. || Il fanale de’ fari: lanterna. || – maggica, quella per cui si fan vedere figure, rappresentazioni in grande: lanterna magica. || panz’a lanterna, digiuno. || Prov. vinniri vissichi pri lanterni, dar ad intendere cose che non sono: mostrare o dar altrui lucciole o vesciche per lanterne.
Lanternu. s. m. T. bot. specie di ramno, arboscello con fiori a racemi ascellari; foglie ovate seghettate, lucide: alaterno, alaterna.
Lantirnari. v. a. Illuminare: lanternare.
Lantirnaru. s. m. Chi fa o vende lanterne: lanternajo.
Lantirnazza. pegg. di lanterna: lanternaccia.
Lantirnedda. dim. Lanternetta.
Lantirneri. s. m. Chi nella ronda porta la lanterna, si dice anco per ispregio: porta lanterna (a Firenze).
Lantirnicchia. v. lantirnùzza. || vilif. Lanternucola.
Lantirnineddu. dim. di lantirninu: lanternino.
Lantirninu. s. m. Quella parte della cupola che è in cima: lanterna. || Finestra sopra tetto, con l’alzata di alcuni muretti: abbaino, lucernino.
Lantirnuna. V. lantirnuni.
Lantirnuneddu. dim. di lantirnuni: lanternoncino.
Lantirnuni. accr. di lanterna: lanternone.
Lanùggini. s. f. Primi peli morbidi che cominciano a comparire nella barba: lanùgine, lanùggine. || Qualsivoglia cosa a modo di peluria, raschiatura o simile: lanùgine.
Lanugginusu. add. Coperto di lanugine: lanuginoso.
Lanusu. add. Pieno di lana: lanoso.
Lanutu. add. Lanoso: lanuto. || Vestito di lana (Rocca).
Lanuzza. dim. di lana: lanuzza. || patri lanuzza, si dice a chi fa soprusi, soverchierie: leggino; o che tutto sindaca, di tutto si meraviglia. || fari lu patri lanuzza, voler fare il maestro addosso: far il dodda o ser Mesta (Buonarr. il Giov.), far l’ajo addosso a uno, far il messere.
Lanza. V. lancia (A. V. ital. lanza. Mico da Siena).
Lanzafina. s. f. T. bot. Pianta che ha le foglie ovate, nervose, lisce, nasce lungo le vie, e fiorisce di maggo: piantaggine, petacciuola. Plantago major L.
Lanzari. V. vomitari. || lanzarisi, ridire ciò che si è inteso o si sa: svesciare, rinvesciare, sfunare (Nerucci). Si dice anche, pigghiari la radica e lanzarisi: pigliar il sacco pel pelliccino, scioglier la bocca al sacco (Sp. lanzar: vomitare).
Lanzata. s. f. L’azione del vomitare, e ciò che vomitasi: vomizione. || Colpo di lancia: lanciata. || met. Aria fredda che entri da porta o da finestra, e che possa offendere la salute (Pasq.).
Lanzatura. s. f. (D. B.). Fatto ardimentoso, temerità.
Lanzaturi. s. m. Chi lancia: lanciatore. || Sorta di piccolo doccio d’onde sgorghi l’acqua: sifone. || add. D’uomo precipitoso: temerario. E per frettoloso. || V. abbiaturi.
Lanzetta. s. f. Strumento con cui i cerusici cavano il sangue: lancetta, lanciuola. || Il ferro che mostra le ore nell’oriuolo: lancettina.
Lanziari. v. a. Percuotere o ferir con lancia: lanciare (Caruso). || Per lacerare.
Lanzina. V. lanzetta. || dim. di lanza. V. (Pitrè).
Lanzittata. s. f. Colpo di lancetta: lancettata.
Lanzittatedda. dim. di lanzittata: lancettatina (a Firenze).
Lanzu. V. vomitu. || Detto di giumenti, quando son lunghi di corpo e svelti, aviri bonu lanzu: esser abbarberato, cioè come i barberi, snelli e presti. || lanzu di cani, si dice a colore sbiadito e brutto. || V. lanciu. Onde di lanzu, subito: di lancio.
Lanzudda. s. f. Crusca più minuta che esce dalla seconda stacciatura: cruschello, semolello, tritello. || Pane di crusca: pane inferigno. V. granza.
Lanzuna. accr. di lanza, arme: lancione.
Lanzuni. accr. di lanza, arme e barca.
Lanzusu. add. Rincrescevolmente affettato, caricato: lezioso, stuccoso, ristucchevole, svenèvole.
Laò. V. alaò.
Lapa. V. apa. Anco i Toscani hanno lape per ape.
Laparda. s. f. Arme in asta, guernita in cima con ferro a mezza luna e poscia altro aguzzo: labarda, alabarda. || appizzari la laparda, met. andar a mangiar a casa ed a spese altrui: appoggiare la labarda.
Lapardata. s. f. Colpo di labarda: labardata.
Lapardazza. pegg. di laparda: labardaccia.
Laparderi. s. m. Soldato armato d’alabarda: alabardiere. || met. Chi è solito scroccare: scroccone, parassito.
Lapardiari. V. lanziari.
Laparduna. accr. di laparda: labardone.
Laparìa. s. m. L’arte di curar le api: apiaria. || Luogo dove le pecchie fanno il miele: melàrio.
Lapazza. l. f. Pezzo di legno che s’adatta con chiodi per rinforzare porte, finestre ecc. quando son indebolite: spranga. || T. mar. Pezzi di legno tondi da una parte, e concavi dall’altra, che si adattano per rinforzare gli alberi, lapazza (Zan. Voc. Met.), lampazza (Tomm.).
Lapazzetta. dim. di lapazza: spranghetta. || T. bot. lapazza d’acqua o cu fogghi granni, pianta. V. lapazzu.
Lapazzu. s. m. T. bot. Pianta di radice lunga, fibrosa, gialla dentro, bruna fuori; fiori verdi, in ispiga ramosa: lapazio, romice. Rumex patientia L.
Lapera V. laparìa.
Làpia. s. f. Brama di mangiare: fame. || Pasq. spiega allegrezza.
Làpida. V. lapidi.
Lapidamentu. s. m. Il lapidare: lapidamento.
Lapidari. V. pitruliari: lapidare.
Lapidazioni. s. f. Il lapidare: lapidazione.
Làpidi. s. f. Pietra sepolcrale: làpida, làpide. || Iscrizione incisa in pietra: làpide.
Lapidiari. V. allapitiari. || V. pitruliari.
Lapillu. s. m. Lava sminuzzolata: lapillo.
Lapis. s. m. Cannello di legno sottile con dentro la piombaggine, che serve per disegnare, scrivere: lapis. || essiri un lapis, essere delicato, si dice di checchessia. || a lapis, fatto col lapis: a lapis, a matita.
Lapislàzzaru. s. m. Pietra preziosa azzurra: lapislàzuli, lapislàzzoli, lapislàzzari (z dolce).
Lappa maggiuri. V. bardana.
Làppana. s. f. Spezie di pesce di pietra: tordo. Labrus turdus L. || – pavunissa. Labrus varius. L. || V. làppara.
Lappaniu. (Don Nome burlesco ad uomo da nulla e prosuntuoso.
Làppara. s. f. Carne sottigliata, senza consistenza, quella cavata del ventre dell’animale. || Per magrèdine. || Per pidduncia V. || Per isproposito: svarione, scerpellone. || Pesci vili, di poco prezzo.
Lapparazza. pegg. di lappara.
Lapparedda. dim. di lappara.
Làpparu. add. Di poca consistenza: flòscio, mèncio. || Di carne: frolla (Gr. λαπαρός: molle, vano.
Lapparuna. V. smafaruna.
Lapparusu. add. Vantatore: gonfianùvole. V. smafarusu. || V. muddàcchiaru.
Làppiu. add. di certa qualità di mele: àppio. È la voce appia che con l’articolo forma unica parola, come lapa per apa, e come i Toscani hanno pure p. e. la lèllera per l’èllera.
Lappusazzu. pegg. di lazzo: lazzaccio (z dolce con tutti i seguenti).
Lappuseddu, Lappusettu. dim. di lazzo: lazzetto.
Lappusità e Lappusitati. s. f. L’esser lazzo: lazzezza, lazzità, lazzitade, lazzitate.
Lappusu. add. Di sapore aspro e astringente: lazzo, afro. || Attaccaticcio: vischioso.
Lappusuni. accr. di lappusu.
Lapuneddu. dim. di lapuni.
Lapuni. accr. di lapa o ape maschia: apone, pecchione. Anco i Toscani alle volte uniscono l’articolo al nome e quindi aggiungono poscia altro articolo p. e. l’apa fanno lapa quindi la lapa. || Il rumore che fanno le api: ronzìo. E fari lu lapuni: ronzare.
Laqueamentu. V. angustiamentu.
Laqueari. V. angustiari.
Lardaloru. V. grassu. || V. giovedì grassu.
Lardazzu. pegg. Lardo vieto, rancido: lardaccio.
Lardeddu. s. m. Pezzuolo di lardo: lardello.
Lardera. s. f. Si usa come nella frase, essiri tuttu ’na lardera: esser tutto una piaga.
Lardiari. v. a. Gocciolare sopra gli arrosti lardone o simile material strutta, bollente, mentre si girano: pillottare. || T. mar. Passar dei pezzi di corda vecchia, di comando, di stoppia, tra i fili del tessuto primitivo del paglietto o cinghia per renderlo più grosso: lardare (Zan. Voc. Met.). P. pass. lardiatu: pillottato. || Lardato.
Lardiaturi. s. m. Strumento da cucina che serve a lardellare: lardatoio.
Lardiceddu. dim. di lardu: lardellino.
Lardu. s. m. Grasso di porco, grasso strutto, salato o no: lardo. || ’na farda di lardu, tutto un lato, quanto è lungo l’animale, di grasso e cute: falda di lardo. E met. una notabile parte di un tutto. || faricci lu lardu, rallegrarsi, compiacersi di molto in checchessia: gongolarsi, coccolarvisi. || farisi lu lardu, o jittari lu lardu a li porci, diventar assai grasso: metter cotenna; met. arricchire, essere ricco in abbondanza: metter cotenna. || Prov. pri gula di lu lardu vasirriamu lu culu a la troja, tutto si fa per la speranza del guadagno. || cu’ cancia lardu cu lardu, unu di li quali (o di li dui) feti, nessuno cambia una cosa per altra identica se non per qualche ragione, cioè che l’una sia cattiva: chi barattò lardo per lardo, tutto sa di garianzino o di rancio.
Lardusu. add. Di lardo; che ha di molto lardo: lardoso.
Largamenti. avv. Con larghezza: largamente. || Diffusamente; copiosamente: largamente.
Largasìa. V. larghizza.
Largazzu. pegg. di largu: largaccio.
Larghettu. dim. di largu: larghetto. || T. mus. Modificazione del movimento largo: larghetto.
Larghiceddu. dim. di largu s. Un po’ di largo. || Anco dim. di largu add.: largoccio.
Larghizza. s. f. Una delle tre dimensioni del volume: larghezza. || Abbondanza, copia: larghezza.
Largizzioni. s. f. Liberalità, dono: largizione.
Largu. s. m. Spazio, larghezza: largo. || farisi largu, fare scostar la gente per aprirsi la via: farsi largo; vale anche farsi grande, farsi avanti: farsi largo (Il Parroco di Camp.). || farisi fari largu, fig. farsi rispettare: farsi far largo. || fari largu ad unu, ceder il posto: far largo ad uno. || nesciri a lu largu, andar in disparte, uscir dalla folla. Vale anche andar in disparte col contenditore per battersi. || largu! si dice a gente ammassata in un luogo, per intimarle che si scosti: largo! || T. mus. Che accenna doversi suonare lentamente: largo. || Momento di tempo per fare qualcosa, che si dice pure un pizzuddu di largu. || nun essiricci largu: non esserci posto. || pigghiari largu, allargarsi pigliando maggiore spazio: pigliar largume. || jirisinni a lu largu, allontanarsi, cansarsi: tirarsi al largo (nel pl. spesso fa làrgura).
Largu. add. Che ha larghezza: largo. || Prov. s’è larga nun ci trasi, s’è stritta nun ci capi, per garrire chi è testereccio, o che per qualunque maniera non vuolsi arrendere. || a la larga, lontano, di lontano: alla larga.
Largu. avv. Largamente: largo. || vutari largu: voltar largo.
Larguliddu. dim. di largu add. Alquanto largo: largoccio.
Larguni. accr. di largu.
Largura. s. f. Larghezza, grande spazio: largura.
Làrici. s. m. T. bot. Albero grande di forma piramidale, di tronco diritto; foglie corte e affastellate: làrice. Pinus laris L.
Làrigu. V. largu.
Laringi. s. f. T. anat. Parte superiore della trachea detta anco pomo d’adamo; è organo di respirazione e della voce: laringe.
Laringiti. s. f. Infiammazione della laringe: laringite, laringitide (Mort.).
Lariola. s. f. T. bot. Pianta boschereccia liscia, verde, grappoli ascellari brevi, composti di molti fiori notanti, fiorisce in gennaio ed aprile: laurèola. Daphne laureola L.
Làriu. V. laidu.
Larma. V. làgrima. || ’na larma, un poco: uno zinzino.
Larmicedda. dim. di larma: uno zinzinino.
Larrunarìa. s. f. Furto: ladroneccio.
Larruni. V. latru e seguenti.
Larruniscamenti. avv. In mo’ ladronesco: ladronescamente.
Larrunizza. V. larrunarìa.
Laru. (Veneziano) Uccello avidissimo, marittimo: laro.
Larùnchiu, Larùnghiu. V. giurana.
Larva. s. f. Essere fantastico, che la credulità supponeva comparire agli uomini: larva. || Verme di seta o alto baco, rinchiuso nel bòzzolo: larva, crisàlide.
Lasagna. s. f. Specie di pasta spianata e larga: lasagna. || farinni lasagni d’unu, malmenarlo: trassinarlo. || menza lasagna, specie di pasta: strisce. || lasagni cacati: pappardelle, quelle cotte nel brodo colla carne battuta della lepre.
Lasagnaru. s. m. Chi fa o vende lasagne: lasagnajo.
Lasagnaturazzu. pegg. di lasagnaturi.
Lasagnatureddu. dim. di lasagnaturi.
Lasagnaturi. s. m. Bastone rondo con cui si spiana la pasta: matterello, spianatojo. || Per bastone in generale.
Lasagnazza. pegg. di lasagna.
Lasagnedda. dim. di lasagna: lasagnino e radicchino (a Firenze). || – di s. Chiara, sorta di lasagne dolci.
Lascamenti. avv. Non fitto, non spesso: radamente. || Fiaccamente.
Lascari. V. allaschiri.
Laschizza. s. f. L’essere rado, non fitto: radezza, radore. || Sfibramento. || Fiacchezza.
Làscia. s. f. Guinzaglio, laccio con cui si tiene il cane: làscio, lassa. || essiricci tanti cani a la lascia, met. esservi molti pretendenti a una cosa. || Laccio o corda di setole, per uso di medicare alcun malore dei cavalli: setone.
Lasciamentu. V. lassamentu (Pasq.), e così quelli che seguono.
Làscitu. s. m. legato fatto per testamento: làscito, lascio.
Lascivamenti. avv. Con lascivia: lascivamente.
Lasciveddu. dim. di lascivu: lascivetto.
Lascìvia. s. f. Movimento disonesto di corpo o d’animo dissoluto; abito inchinato a cose impudiche: lascìvia.
Lascivu. add. Che ha lascivia: lascivo.
Lascu. add. Contrario di fitto: rado. || Debole e di mala voglia: bològio (Dal Fr. lâche: infingardo). E in ital. A. vi è lasco per molle, pigro.
Lasdu. V. laidu. Idiotismo o meglio differenza di pronunzia di Ribera.
Làsima. V. asima di cui è protesi.
Lassamentu. s. m. Il lasciare: lassamento.
Lassana. s. f. T. bot. Spezie di cavolo selvatico. Erysimum barbarea L.
Lassaneddi. s. m. T. bot. Erba comune che nasce tra le pietre, le macerie: erìsamo. Erysimum officinale L.
Lassari. v. a. Non tòrre o non portar seco checchessia: lasciare. || Contrario di tenere: lasciare. || Il rimettere in altrui le sostanze o altro; il non istare più con chicchessia; l’ordinare qualcosa nel testamento: lasciare. || Abbandonare è più, e per sempre. || lassari jiri, lasciar andar le cose come vanno: lasciar correre. Vale anche lasciar cadere in terra: lasciare ire. || lassamu jiri, vale non ne parliamo: lasciamol’ire (Mea del Lori). || lassari jiri un colpu, darlo: lasciarlo andare. Così lassarisi jiri: slanciarsi, fogarsi. V. in jiri. || lassari stari unu, cessare di nojarlo: lasciare stare alcuno. Detto di cosa, non toccarla: lasciarla stare. || Per tralasciare: lasciare. || lassari fari, permettere: lasciare fare. || lassari diri: lasciar dire, non importarsene. || lassari sutta la botta, ucciderlo a primo colpo, p. e. gli diede una bastonata sul capo, e lo lasciò sul tiro. || lassati fari a mia, parola di chi vuole assumere un’impresa o checchessia. E così, lassati fari a Diu: lasciate che Dio faccia, quasi dire uniformiamoci a lui. || lassarisi, dicesi di cose fragili o vecchie che si rompono o vengon via. || Si dice di uno sposalizio o promessa di matrimonio che più non si fa: sciogliersi, lasciarsi. || lassarisi ’na cosa, serbarsela, conservarsela: lasciarsi una cosa. || lassami stari, dice chi è afflitto o irato di qualche cosa: lasciami stare, deh mi lascia! || T. mar. Dicesi dell’ancora che più non afferra il fondo, e comincia ad arare: lasciare (Car. Voc. Met.). || io nun lassu pri lu tempu, cioè non perciò non seguito: e’ non lasciarono per lo forte tempo (Villani). || lassannu iri ca ddà cci sunnu ecc., oltrechè egli è cattivo non tenendo conto di ciò: p. e.: lasciandolo che in esso vi sono ecc. || lassa e pigghia, si dice a chi di tutto si briga, s’affanna e non riesce poi: ciaccione. || e cca ti lassu, cioè ora finisco: e più non dico. || una cosa si fazza e l’autra nun si lassa, per far una cosa non bisogna tralasciare l’altra || è megghiu muriri e lassari, chi campari e disiari, meglio è tener in serbo a costo di lasciare agli eredi, anzichè sciupar tutto a pericolo di dover desiderare. Simile al detto è quest’altro: megghiu lassari a li to nnimici, chi aviri bisognu di l’amici. || lassari comu ’na maria, afflitta. || nun lassari pri curtu, o nè pri curtu nè pri longu, insistere, stimolare: esser o stare ai fianchi di uno (Nel Gigli e nel Tigri si trova lassare per lasciare). P. pass. lassatu: lasciato.
Lassata. s. f. Lasciamento: lasciata. || ogni lassata è persa, o pirduta, non bisogna lasciar passare le occasioni: ogni lasciata è persa o perduta.
Lassatina. s. f. Il lasciare: lasciamento. || Errore del compositore di stamperia, allorchè lascia qualche parola: lasciatura, lasciato. s.
Lassativu. add. Che ha virtù di lenire, mofidicare o purgare: lassativo.
Lassatizzu. V. arristatizzu.
Lassatu. s. m. V. lassatina.
Làssitu. V. lascitu. (A. V. ital. làssito).
Lassizza. s. f. Stracchezza, stanchezza: lassezza.
Lassu. add. Fiacco, rilasciato, stanco: lasso.
Lassuni. (D. B.). accr. Troppo lasso.
Làstima. s. f. Noja forte: fastidio. || Dolore, affanno: afflizione. || L’innamorata: dama, amorosa, amanza. || fari la lastima, mancare di qualche cosa, o di tutto: penuriare (Sp. lastima: pietà, affanno).
Lastimiari. v. a. Dar fastidio: fastidire. || Dar angoscia: angosciare, tribolare. || sintirisi lastimiari lu cori, tormentarsi lo spirito per compassione: accorarsi, angosciarsi (Sp. lastimar: lagnarsi).
Lastra. s. f. Pietra non molto grande e di superficie piana: lastra. E dicesi di altre materie di simile forma. || Per alastra. V.
Lastricamentu. s. m. Il lastricare: lastricamento.
Lastricari. v. a. Coprir il suolo di lastre di pietra: lastricare. P. pass. lastricatu: lastricato.
Lastricatu. s. m. Lastrico: lastricato.
Lastricedda. dim. di lastra: lastretta.
Làstricu. s. m. Il coperto di lastre di pietra: làstrico.
Lastrotta. V. alastrotta.
Lastruni. accr. di lastra: lastrone.
Laterali. add. Da’ lati, che sta a lato: laterale.
Lateralmenti. avv. Dai fianchi, dai lati: lateralmente.
Latinamenti. avv. Alla latina: latinamente.
Latinanti. add. e s. Che latinizza: latinante.
Latinari. V. allatinari.
Latineddu. dim. di latinu: latinetto.
Latinìsimu. s. m. Maniera di dire latina: latinismo.
Latinista. s. m. Chi sa bene il latino: latinista.
Latinità. s. f. La lingua e gli scrittori latini: latinità.
Latinizzari. v. a. Far latino: latinizzare. P. pass. latinizzatu: latinizzato.
Latinu. s. m. Componimento in latino: latino. || La lingua latina: latino. || fari lu latinu a cavaddu, far checchessia malgrado: far il latino a cavallo. || dari lu latinu ad unu, dargli le norme segrete; far il maestro addosso: dar altrui il latino. || vinirisinni cu lu latinu fattu, col disegno concepito; sciente d’ogni cosa.
Latinu. add. Del Lazio: latino. || Puro, pretto: schietto. || lingua latina, maldicente: latino di bocca (non però usato). || Buono, perfetto. || vela latina, vela triangolare de’ legni: vela latina. || chiesa latina, l’occidentale: chiesa latina. || terra latina, terra di buona qualità.
Latinu. avv. Latinamente: latino.
Latìri. Erba. V. catapozzuli.
Latitùtini. s. f. Larghezza: latitùdine. || Estensione: latitudine.
Latòmia. s. f. Cava di pietre, in cui gli antichi Siracusani formarono prigioni: latòmia.
Latra. fem. di latru: ladra.
Latrazzu. pegg. di latru.
Latriceddu. dim. di latru: ladroncello.
Latrina. s. f. Luogo comodo, cesso: latrina.
Latru. s. m. Chi toglie la roba altrui: ladro, latro. || – di passu: stradajuolo. || Prov. nun sempri ridi la mugghieri di lu latru, a lungo andare le cose triste le si pagano: non sempre ride la moglie del ladro. || lu latru assicuta lu sbirru, le cose vanno al contrario: lo sbandito corre dietro al condannato; ovvero lu latru è boja e lu rubbatu ’mpisu. || ogni latru veni pri arrubbari, non bisogna illudersi, chè il furbo viene per ingannare e così via via. || lu latru si nun è vistu arrobba, s’iddu è vistu dici ca joca: se se ne avvede me l’abbo, se non se ne avvede me la gabbo, il furbo e il tristo quando sono scoperti negano o coonestano.
Latru. add. Aggiunto ch’esprime cattiva qualità: ladro, latro. || Detto d’occhio e simile, per vezzosa antifrasi, grazioso, bellissimo: ladro, quasi atto a rubare il cuore.
Latrucìniu. s. m. Ruberia: latrocinio.
Latrunazzu. pegg. di latruni: ladronaccio.
Latrùnculu. dim. di latru: ladroncello, ladrùncolo.
Latruneddu. dim. di latruni: ladroncello.
Latruni. accr. di latru: ladrone.
Latrunìggiu, Latrunìzziu. s. m. Ruberia: ladronèccio, ladronèggio.
Lattanti. add. e s. Che dà o piglia latte: lattante.
Lattara. s. m. Colei che vende latte: lattaja. || Detto di una balia o d’una vacca, ecc. che ha buon latte: lattaja, buona lattaja. || T. bot. Sorta di erba colla quale si curano gli sparvieri: lattajuola. Herba lactaria. L. || V. curunedda.
Lattari. s. m. pl. Lacrime che cascano grosse dagli occhi: lucciconi.
Lattariarisi. V. allattariarisi. (Pasq.).
Lattaru. s. m. Colui che vende latte: lattajo.
Lattata. s. f. Bevanda fatta con mandorle o seme di popone e simile peste e stemperate nell’acqua: lattata.
Lattatedda. dim. di lattata: lattatina.
Lattazzìniu. s. m. Vivanda di latte: latticìnio. || Per celia, latino.
Lattera. s. f. Vaso da bevanda di latte e caffè, brodo o altro: tazza, lattiera (Fanf. Casa Fior.). quella da brodo: ciòtola. || Arnese per pigliar topi: tràppola. Così a Catania. Sarebbe corruzione vorrei dire quasi di rattera da ratto per topo.
Latti. s. m. Nutrimento che esce dalle poppe delle femmine partorite: latte. || viteddu, crapettu di latti, che ancora poppa: vitello, capretto di latte. || latti d’oceddu, vale cibo squisito e quasi impossibile a trovarsi: latte di gallina. Per . V. . V. || fitiricci la vucca di latti, per dire che uno è ancora bambino: aver ancora il latte alla bocca. || livari lu latti, divezzare: levar dal latte. || Quell’umore viscoso bianco che esce dal fico acerbo, da’ rami ecc.: latticcio, lattificio. || Calce stemperata per imbiancare: bianco. || latti di niura, latte d’asina nera. || – virginali, infusione di resine nello spirito di vino, che mescolata coll’acqua divien bianca: latte verginale. || – di pullu, uovo dibattuto con brodo e acqua: latte di gallina. || – di canigghia o latti e g....., met. Scipitaggine. || – di terra V. antacitu. || – di mennula, sugo delle mandorle peste e stemperate: latte di mandorle. || fari spiriri lu latti, deviarlo dalle mammelle sì che più non si produca nel seno: cansar il latte (Car. Voc. Met.). || latt’e cafè, o cafè e latti, bevanda di latte e caffè: caffè e latte. || fari viniri lu latti a li c..., seccare, rincrescere, nojare: far venire il latte alle ginocchia. || sucari cu lu latti un custumi ecc.: aver col latte bevuta la cognizione di... (Di Giovanni Vinc.). || latti, T. m. pl. Piccole travi poste per rinforzo fra i travi che sostengono i ponti, parallelamente ai medesimi: latte, baglietti (Car. Voc. Met.). || latti di vecchia, nome d’un rosolio: latte di vecchia. || ciuri di latti V. ciuri (appendice). || essiri latti e sangu, di bella e fresca carnagione: esser di latte e sangue. Onde il saluto: sangu e latti. || frati di latti, chi ha poppato lo stesso latte che un altro: fratel di latte. || scantarisi di la sbrizza di latti e agghiuttirisi un crastu sanu, si dice dei bacchettoni che fingono avere scrupoli dove lor comoda, e poi commettono nefandità senza scrupolo; non dormirebbero se avessero ingojato una goccia d’acqua innanzi la comunione, e poi tranquillamente uccidono moralmente o fisicamente sia Monti e Tognetti, o Ugo Bassi: molti si fanno coscienza di sputare in chiesa, che poi cacano sull’altare; esempio la famigerata setta Lojolesca.
Latticogna. V. masticogna.
Lattigginusu. add. Di colore o sostanza simile al latte: lattiginoso.
Lattilebbra. s. f. Erba campestre che si mangia in insalata: caccialepre. Picridium vulgare L.
Lattimusa. add. Certa pietra bianca, molle, che serve a varî usi di commercio e alla litografia.
Lattinusu. add. Che fa latte, si dice di certe piante che rotte nelle parti tenere dan fuori un umore bianco: latticinoso.
Lattirazza. pegg. di lattera.
Lattiredda, Lattiricchia. dim. Tazzetta, tazzina. || Ciotoletta, ciotolina.
Lattiruna. accr. di lattera: tazzone, ciotolone.
Lattuàriu. s. m. Composto medicinale di varie materie, con zucchero e miele, alla consistenza della mostarda: lattovaro, lattuario.
Lattuca. s. f. T. bot. Pianta di orto nota e buona a mangiarsi: lattuga, lattuca. Lactuca sativa L. || ovu di lattuca, le foglie di dentro congiunte insieme: garzuolo. || Per minna. V. || lattuca sarvaggia: lattuca salvatica o velenosa. || tu manciasti lattuca e io scalora, diffirenza nun c’è semu a la para, si dice quando fra due tristi ci scatta poco.
Lattucazza. pegg. di lattuca: lattugaccia.
Lattuchedda. dim. di lattuca: lattughella (Tigri), lattughina. || – modda. Specie di erba spontanea. Fedia cornucopiae Gaert. || – rizza di giuraniPotamogeton crispum L. || V. sudda caprina.
Lattuchina. s. f. Lattuga nata di fresco.
Lattucuna. accr. di lattuca: lattugona, lattugone.
Lattumeddu. dim. di lattumi.
Lattumi. s. m. Sostanza bianca e tenera che si trova nei pesci maschi al tempo della fregola, e colla quale fecondano le uova gettate dalle femmine: latte di pesce. || Antonomasticamente la parte più delicata del tonno.
Lattuvàriu. V. lattuariu.
Latu. s. m. Parte destra o sinistra del corpo: lato. || Sito: lato. || Ragione, rispetto: lato. || Causa, pretesto: lato. || di latu, lateralmente: da lato. || da latu mio, tuo ecc., da parte mia: dal lato mio, tuo. || lassari di latu, tralasciare: lasciar da lato o dall’un dei lati. || iri di latu, ripiegando da una parte: andar a croscio. || T. mar. La parte laterale ed esteriore di un legno: fianco. || nun potiri stari a lu latu di unu, non poterglisi paragonare. || mettiri a lu latu, vale mettere a scaldare una cosa al fuoco accanto ad altro oggetto che sia stato messo prima a scaldare, e specialmente parlando di bevanda.
Latu. add. Largo: lato. Onde haju ’na tuvagghia longa e lata (Pitrè Canti pop.).
Laturi. s. m. Portatore: latore.
Latuzzu. dim. di latu: costatello.
Lau. pron. Lui. Così a S. Fratello.
Laudabbili. add. Degno di lode: laudabile. Sup. laudabbilissimu: laudabilissimo.
Laudabbilmenti. avv. Con modo laudabile: laudabilmente.
Làudanu. s. m. Umore grosso e viscoso che traesi dall’imbrentano: làudano, làdano. || Medicamento di oppio sciolto nello spirito: làudano.
Laudari. V. ludari.
Laudemiu. V. laudimiu.
Laudi. V. lodi. || Quell’ora canonica dopo il matutino: laude.
Laudìmiu. s. m. Danaro che pagasi al signore di un fondo da chi l’ottiene da primo censuario: laudèmio.
Làudu. V. lodu.
Laurdeddu. s. m. Sorta di legno. V. lauteddu.
Laùri. V. lavuri.
Làuria. s. f. Dignità dottorale; il conferire del dottorato: làurea.
Lauriari. v. a. Conferir il dottorato: laureare. || rifl. Laurearsi.
Lauriatu. add. e s. Colui a cui è stata conferita laurea: laureato.
Lauriola. V. lariola.
Làuru. V. addàuru.
Làusu. s. m. Lode. || nun aviri nè lausu, nè meritu di Diu, far cose buone ed esserne vituperato: lavar la testa all’asino. || nun vuliri lausu, agire senza pretender lodi. || Per imputamento (È più vicino al Lat. laus: lode).
Lautamenti. avv. Con lautezza: lautamente.
Lauteddu. s. m. Piccola nave: burchiello.
Lautìzza. s. f. L’esser lauto, qualità di lauto: lautezza.
Làutu. add. Detto di convito, splendido, abbondante: làuto. || Ricco, dovizioso, che tratta splendidamente: lauto. Sup. lautissimu: lautissimo.
Lava. s. f. Materia che esce da’ vulcani in eruzione: lava.
Lavabbili. add. Che puossi lavare: lavabile.
Lavabbu. s. m. Acquajo delle sacrestie: lavabo. || La cartella sull’altare, a sinistra, ov’è scritto il salmo che comincia lavabo ecc: lavabo.
Lavacru. s. m. Fonte battesimale: sacro lavacro.
Lavàggiu. s. m. Lavamento: lavacro.
Lavagna. s. f. Spezie di schisto duro, grigio, in lastre e serve a varî usi: lavagna.
Lavamanu. s. m. Arnese con tre piedi, da posarvi su la catinella per lavarsi le mani: lavamano, lavamani. || L’acquaio delle sagrestie, o del refettorio dei monasteri: lavamano, lavamani.
Lavamentu. s. m. Il lavare: lavamento.
Lavana. s. f. Sorta di tabacco rosso che ci si portava di Spagna. Forse da Avana, aggiuntovi l’articolo per protesi.
Lavanca. s. f. Luogo scosceso e sdrucciolevole: dirupo. L’idea è tolta da quelle masse di neve che si dirupano dall’alto d’una rupe, chiamate valanghe (Tramater). O dal Fr. lavange.
Lavanna. s. f. Lavatura, lavamento: lavanda. || acqua di lavanna, acqua distillata di spigo o lavanda: acqua di lavanda. || Per lavativu. V. || Pianta pur detta spicaddossu: lavanda.
Lavannara. s. f. Colei che lava i panni lini a prezzo: lavandaja, lavandara. || Spezie di carrozza. || Prov. a bona lavannara nun manca petra, chi ha volontà cerca i mezzi: a buona lavandaja non mancò mai pietra.
Lavannarazza. pegg. di lavannara.
Lavannaredda. dim. di lavannara.
Lavannaru. s. m. Colui che lava panni: lavandajo.
Lavannedda. dim. di lavanna: lavativetto.
Lavanneri. s. m. Lavandajo: lavandiere.
Lavapiatti. s. m. Arnese di pietra o di legno dove si lavano le stoviglie: acquajo, pila. || Colui che lava i piatti: lavascodelle.
Lavari. v. a. Far pulito e netto checchesia per via dell’acqua: lavare. || S’usa met. per far mondo ecc: lavare. || Detto dei piatti e stoviglie: rigovernare. || rifl. a. Lavarsi. || lavari la testa a lu tignusu, o la cammisa a lu carvunaru, o la testa all’asinu, far bene a chi nol conosca: lavar il capo all’asino. || lavari ad unu d’acqua e di liscìa, dirgli molte villanie a un punto: fargli un lavacapo, una risciacquata. || lavari la facci ad unu, vale quanto sopra. Però detto delle case, specialmente delle facciate, vale imbiancarle: lavar il viso alla casa. || lavarisi li manu d’una cosa, non se ne impacciar più: lavarsi le mani d’una cosa. || comu lavi la facci, lavi lu cori, di chi facilmente scorda una affezione.
Lavata. s. f. L’azione del lavare: lavata. || fari na lavata di testa, sgridare: far una lavata di capo.
Lavatazza. pegg. di lavata: lavataccia (a Firenze).
Lavatedda. dim. di lavata: lavatina.
Lavatina. L’istesso che lavata, e lavatura al 1º e 3º §.
Lavativeddu. dim. di lavativu: lavativetto.
Lavativu. s. m. Cristeo, serviziale: lavativo. || mittirisi a lavativu: esser troppo appiccicaticcio, far l’impronto.
Lavatòriu. V. lavaturi.
Lavatu. add. Da lavare: lavato. || Detto di colore sbiadito: dilavato. || met. Di persona che non si commove a nulla: àpata. || Senza ornamento.
Lavatuna. accr. di lavata: lavatona.
Lavatura. s. f. Lavamento: lavatura. Il liquido dove si sia lavata alcuna cosa: lavatura. E dove si son lavati i piatti: rigovernatura. || La mercede che pagasi alla lavandaja. || Acqua dove s’è cotta la pasta, o dove sia infusa farina o crusca, che si dà a’ cavalli: beverone. || lavatura di ciaschi, vino adacquato, senza vigore.
Lavaturedda. dim. di lavatura.
Lavatureddu. dim. di lavaturi.
Lavaturi. s. m. Luogo dove si lava: lavatojo. || Pietra dove la lavandaja vi lava su. || a lavaturi, posto avv., a piano inclinato: a pendio, a china.
Lavina. s. f. Acqua che corre, non perenne, ma che manca o cresce secondo le piogge: fiumana, torrente. || Solco d’acqua che scorre: rio, ruscello. L’idea è tolta dalla voce lavina che in italiano vale: frana. E i Sienesi chiamano gavina la fogna per cui scorrono le acque piovane. || a lavina, di acqua o altro che corra in copia: a torrente, a sgorgo. || jittarisi o darisi la facci a la lavina, travagliare accanitamente.
Lavinareddu. dim. di lavinaru: torrentello, ruscelletto.
Lavinaru. V. lavina.
Lavizzu. s. m. Vaso per cuocervi dentro vivande: lavèggio.
Lavòrnia. s. m. T. zool. Uccello di rapina simile al nibbio: buzzardo di palude. Falco acruginosus L. || Fiaba, sproposito, fandonia: bomba, bùbbola.
Lavrùnchiu. V. giurana. (a Gangi).
Lavuramentu. s. m. Lavoro che si fa per coltivar la terra: lavoreccio. || Lavoro: lavorìo.
Lavuranteddu. dim. di lavuranti. || Per contadinetto.
Lavuranti. s. m. Chi lavora, garzon da bottega: lavorante. || Operajo che lavora presso alcuno o a giornata o altrimenti: lavorante. || Giorno di lavoro.
Lavuranti. add. Si dice dei giorni in cui si lavora a distinzione dei dì festivi: giorno lavorativo.
Lavurari. v. a. Operare manualmente e intellettualmente: lavorare. || Coltivar un campo: lavorare. || Rompere la terra coll’aratro, o colla zappa: lavorare, arare, zappare. || Aver efficacia e virtù di operare: lavorare. || Detto di liquore, cominciar a nuocere al cerebro, dar alla testa. || T. legn. Pulire o digrossare il legno colla pialla: piallare. Onde lavurari pri drittu: piallare pel diritto o pel suo verso. || lavurari a traversu: piallar a ritroso. || lavurari ’n sutta manu o sutt’acqua, operare nascostamente: lavorar sotto mano, lavorar sott’acqua. || Per traforare. P. pass. lavuratu: lavorato.
Lavurateddu. dim. di lavuratu.
Lavurativu. add. Atto ad esser lavorato, si dice di terreno: lavorativo. || Detto di cosa che produca il suo effetto: lavorativo.
Lavuratu. s. m. Terra lavorata: lavorato. || V. lavuratura.
Lavuratura. s. f. Lavorazione: lavoratura. || Lo arare, zappare ecc. la terra: lavoratura.
Lavuratureddu. V. griddutalpa. || dim. di lavuraturi.
Lavuraturi –tura. verb. Chi lavora: lavoratore –trice –tora. || Chi ara: aratore. || Prov. a bonu lavuraturi nun manca sirvizzu, a chi sa e vuole non manca lavoro.
Lavurazzu. pegg. di lavuru: lavoraccio. accr. di lavuri.
Lavureddu. dim. di lavuru: lavoretto, lavorino. || dim. di lavuri.
Lavureri. s. m. Chi lavora: lavoratore –trice. || V. lavurativu.
Lavuri. s. m. La biada seminata ancora in erba: seminato, s. || Prov. si lu lavuri si curca, lu patruni si susi, o quannu si curcanu li lavuri, spincinu la testa li massari, quando la spiga si ripiega vuol dire che è carica di molto grano: quando il grano ricasca, il contadino si rizza. || tri così boni voli lu lavuri: tempu, simenza e lu zappuliaturi: tre cose vuol il campo, buon lavoratore, buon seme, e buon tempo. || Per lavuru. V. || nun taliari nè erva nè lavuri, farne di tutte maniere, lasciarsi ire a tutto: abbacchiare le acerbe e le mature (Fanf. Voc. d. u. Tosc.).
Lavurniedda. dim. di lavornia.
Lavuru. s. m. Opera fatta, o da farsi o che si fa: lavoro. || Quello che si fa per lavorar la terra: lavoreccio, lavoro. || Per lavuri. V. || a tuttu lavuru, si dice di stoffa ricamata finamente a fiori o simile.
Lazzalora. V. azzalora di cui è protesi.
Lazzaratu. (Garsia) add. Martoriato. Dal Lazzaro della scrittura. V. allazzaratu.
Lazzarettu. s. m. Luogo dove si guardano gli uomini e le robe sospette di peste: lazzaretto (z dolce).
Lazzarinu. add. Detto d’uomo scaltro: accorto, assentito. (Gangi).
Lazzarittaru. s. m. Guardia di lazzaretto: lazzarettiero (Gigli).
Làzzaru, Lazzaruni. In Napoli si chiama così la gente più vile del volgo: lazzerone.
Lazzaruniari. v. intr. Far da lazzerone, far il cialtrone.
Lazzata. V. ciunna. || V. filazzata.
Lazzettu. dim. di lazzu: laccetto.
Lazzi-di-poviromu. s. m. T. bot. Pianta di radice tuberosa; foglie spadiformi; fiori porporini, picchiettati di giallo: iride detta bermudiana. Moraba sisyrinchium. L.
Lazziari. v. intr. Far lazzi o atti da muovere risa: lazzeggiare (z dolce).
Lattiteddu, Lazzitteddu. dim. di lazzu: laccetto, lacciuolo.
Lazzittinu. dim. di lazzettu: laccettino, lacciuoletto.
Lazzolu. s. m. Legame a foggia di cappio che si stringe toccato, serve a pigliar uccelli: laccio, lacciuolo. || met. Trappola, insidia qualunque: lacciuolo.
Lazzu. (z duro) s. m. Piccola fune, corda per uso di legare ecc.: laccio, cordellina. || Qualunque cosa con che legar calza, scarpe ecc. legàcciolo. || – di li causi, nastro o altro con cui si legano le brache: usoliere, becca. || – ammagghittatu, striscia di cuojo o altro con una punta di metallo alla estremità, e serve per allacciare: stringa. || Quel filo di canape o altro attaccato al campanello della porta, acciò chi vuol esser aperto suoni: corda del campanello. E quella sottil fune che attaccata al saliscendi, e che tirata da fuori alza detto saliscendi ed apre la porta: corda. Onde tirari lu lazzu, sonare il campanello, o alzar il saliscendi: tirar la corda (Fanf. Casa Fior.). || – di li capiddi. V. intrizzaturi. || – pri midicari li cavaddi. V. lascia al 3º §. || jittari un corpu di lazzu, buttare una fune o foggia di accappiatojo per afferrare: buttare il laccio, o il lanciatojo. (pl. lazzi e lazza).
Lazzu. (z dolce) s. m. Atto giocoso che muova al riso: lazzo (z dolce).
Lazzuleddu. dim. di lazzolu: laccetto, lacciuoletto.
Supplemento
Làbbisi. V. lapis (In Licata).
Laiduzzeddu. dim. di laiduzzu.
Laizza. V. laidizza (In Marsala).
Làmpina. V. turdu, pesce (In Siracusa).
Lampiuni. Calvo. Onde aviri lu lampiuni, esser calvo.
Lampuca. V. capuni, pesce (In Siracusa).
Lanzisi. s. m. pl. Gli stipiti della porta, finestra ecc. (Macaluso-Storaci).
Lapazzuni. s. m. accr. di lapazza. || Sbarra che si mette tra un puntone e l’altro dell’armatura da tetto.
Lapparuni. V. santiuni.
Lardarìa. essiri ’na lardarìa, esser pieno di piaghe.
Lassari. Dicesi dei giorni che mancano a nove mesi di gravidanza; onde dice una donna io nni lassavi tri ecc., cioè partorii tre giorni prima del tempo.
Lattuca. || – cappuccia: lattuga cappuccia. Lactuca sativa L. || – spinusa: lattuga virosa. Lactuca virosa I..
Latturi. V. letturi (In Siracusa).
Lauruncia. V. giurana (Macaluso-Storaci).
Laustra. V. alausta.