Books by Marisa Tabarrini
Il codice Varia consilia pro bono urbis Romae della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, di cui... more Il codice Varia consilia pro bono urbis Romae della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, di cui si propone per la prima volta un’edizione integrale, è una straordinaria fonte inedita per la storia di Roma in età barocca. Databile allo scadere del pontificato di Innocenzo X Pamphilj (1644-1655), il manoscritto presenta un piano di riforma urbana volto ad abbellire la città di Roma, un piano finanziario per rimediare all’indebitamento dello Stato Pontificio, e un regesto degli eventi più significativi tra il 1648 e il 1655. Di eccezionale interesse sono le molte proposte che anticipano i principali piani attuati dalla politica urbana di Alessandro VII (1655-1667) e dai papi di fine Seicento. Sorprendente la collocazione ideologico-religiosa dell’estensore del manoscritto – il cui volto rimane ancora ignoto – apertamente schierato a favore del giansenismo e di istanze politico-sociali che matureranno solo molti decenni più tardi nell’entourage di Clemente XII Corsini (1730-1740).
M. Fagiolo, M. Tabarrini (a cura di), Giuseppe Piermarini tra Barocco e Neoclassico. Roma, Napoli, Caserta, Foligno, Catalogo della mostra (Foligno, Palazzo Trinci, 5 giugno - 2 ottobre 2010), Perugia, Effe Fabrizio Fabbri, 2010. La Roma settecentesca a cavallo degli anni Sessanta, attraverso i più significativi luoghi dell’a... more La Roma settecentesca a cavallo degli anni Sessanta, attraverso i più significativi luoghi dell’apprendistato piermariniano, tra lo scadere del pontificato di Benedetto XIV Lambertini (1740-1758) e il rinnovato clima culturale del pontificato di Clemente XIII Rezzonico (1758-1769); e quindi la collaborazione di Piermarini a Napoli nello studio di Vanvitelli, prima del trasferimento a Milano (1769-1798) e del rientro definitivo a Foligno.
La prima parte del volume ricostruisce il travagliato iter progettuale per l’ampliamento seicent... more La prima parte del volume ricostruisce il travagliato iter progettuale per l’ampliamento seicentesco di palazzo Spada già Capodiferro attraverso un libro di cantiere che si riteneva irrimediabilmente perduto e l’identificazione di nuovi disegni del corpus borrominiano a Vienna. La nuova ala su vicolo del Polverone viene destinata dal cardinale Bernardino Spada alla marchesa Maria Veralli, moglie del nipote Orazio, alla quale viene riconosciuta una notevole influenza sulle decisioni per le trasformazioni del palazzo. Viene indagato il ruolo spettante agli architetti in vario modo coinvolti dal cardinale nella realizzazione della nuova fabbrica: in particolare a Borromini, al quale tradizionalmente viene attribuita la progettazione; a Vincenzo Della Greca, al quale viene attribuito il progetto del nuovo scalone circolare con pozzo pilastrato; e al Bernini che svolse nel secondo rifacimento dello scalone d’onore rettilineo un ruolo decisamente più consistente di quanto si pensasse finora. Nella seconda parte del volume, prendendo spunto dalle scale progettate per Palazzo Spada, si presenta una analisi tipologica degli esemplari borrominiani di scale elicoidali e una accurata genealogia del tema e delle sue implicazioni simboliche.
Papers by Marisa Tabarrini
L'importante corpus grafico di Giuseppe Piermarini conservato alla Biblioteca Comunale di Fol... more L'importante corpus grafico di Giuseppe Piermarini conservato alla Biblioteca Comunale di Foligno include numerosi disegni riconducibili al periodo della formazione dell'architetto e cioè al soggiorno romano e alla frequentazione degli studi professionali di Paolo Posi e Carlo Murena collaboratore di Luigi Vanvitelli. L'autrice identifica i rilievi di alcune importanti fabbriche romane
L'alunnato di Piermarini presso lo studio romano di Paolo Posi non è stato mai approfondito. ... more L'alunnato di Piermarini presso lo studio romano di Paolo Posi non è stato mai approfondito. Le esercitazioni identificate dall'autrice nel corpus di disegni piermariniano della Biblioteca Comunale di Foligno consistono in rielaborazioni di opere progettate e realizzate da Posi prima del 1760. Tra queste compare la reinterpretazione del nuovo attico del Pantheon
L'alunnato di Piermarini presso lo studio romano di Paolo Posi non è stato mai approfondito. ... more L'alunnato di Piermarini presso lo studio romano di Paolo Posi non è stato mai approfondito. Le esercitazioni identificate dall'autrice nel corpus di disegni piermariniano della Biblioteca Comunale di Foligno consistono in rielaborazioni di opere progettate e realizzate da Posi prima del 1760. Tra queste compare il rilievo della facciata principale di palazzo Colonna prospiciente la grande corte detta la "cavallerizza" e schermata verso la piazza dei Santi Apostoli dalla quinta architettonica di Nicola Michetti
ArcHistoR Architettura Storia Restauro - Architecture History Restoration, Jun 15, 2014
The unrealised architectural projects of Borromini for the princely Pamphili and Carpegna palaces... more The unrealised architectural projects of Borromini for the princely Pamphili and Carpegna palaces in Rome have been relegated to a genre of ideal architecture on account of the grandeur of their conception and for their typological design complexity which anticipated the developments of seventeenth and eighteenth-century architecture. Rather, it can now be demonstrated that as far as questions regarding models for a "Palace of the Prince" in Renaissance practise and theory, Borromini was well aware of this long architectural tradition for high-ranking patrons-a tradition which culminated in the second half of the sixteenth century in the graphic experimentalism of the Florentine Accademia del Disegno. This article analyses two architectural projects for the Palazzo Barberini which can be related to this Florentine academic environment: the first, attributed by Wittkower to Pietro da Cortona, and the second, an allegorical drawing by Orazio Busini, still imbued with a late Renaissance schematic vision. To underline the specific importance of this academic type of architectural design in contrast to the inventiveness of Borromini's architecture, his design projects for the Palazzo Carpegna are compared to the series of ideal palaces featured in the Album of drawings of Giovanni Vincenzo Casale, secretary to the Accademia del Disegno during the period when he closely followed the models of Montorsoli. From these comparisons it will be argued that the novelty of Borromini's architectural projects for the Carpegna and the Pamphili palaces derives from the dynamic activation, interpreted in a "Brandian"-baroque meaning, of traditional academic schemes, that, once freed from the rigidly modular academic pattern, reach a harmonious fusion between interior and exterior design.
Il catalogo della Mostra propone un ampio panorama della Roma settecentesca a cavallo degli anni ... more Il catalogo della Mostra propone un ampio panorama della Roma settecentesca a cavallo degli anni Sessanta, attraverso i più significativi luoghi dell’apprendistato piermariniano, tra lo scadere del pontificato di Benedetto XIV Lambertini (1740-1758) e il rinnovato clima culturale del pontificato di Clemente XIII Rezzonico (1758-1769); e quindi della collaborazione a Napoli nello studio di Vanvitelli, prima del trasferimento a Milano (1769-1798) e del rientro definitivo a Foligno
L’appartamento dei principi nipoti al terzo livello nobile del Palazzo Nuovo vaticano venne arred... more L’appartamento dei principi nipoti al terzo livello nobile del Palazzo Nuovo vaticano venne arredato all’inizio del Settecento con venticinque cartoni, la maggior parte dei quali eseguiti da Pietro da Cortona per la decorazione in mosaico delle cupole minori di San Pietro. L’arredo si inseriva nel più vasto e progressivo progetto di allestimento museale del palazzo Apostolico concepito all’inizio del suo pontificato da Clemente XI Albani per promuovere la valorizzazione e conservazione delle collezioni papali, sebbene esclusivamente riservato alla ristretta cerchia di curiali, diplomatici, intellettuali, che avevano accesso agli appartamenti pontifici. A questo allestimento si può ricollegare un gruppo di cinque disegni conservati al Castello reale di Windsor, riconducibili allo studio di Carlo Fontana, architetto della fabbrica di San Pietro e soprintendente ai Palazzi Apostolici.
L’esperimento vaticano, nel suo insieme, va inteso come un primo importante precedente culturale e metodologico del progetto molto più ambizioso intrapreso da Clemente XII Corsini che sfocerà nell’apertura del primo museo pubblico inaugurato nel Palazzo Nuovo del Campidoglio nel 1734.
in Augusto Roca De Amicis (a cura di), Roma nel primo Seicento. Una città moderna nella veduta di Matthäus Greuter, Roma: Artemide, 2018, pp. 275-290.
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in Augusto Roca De Amicis (a cura di), Roma nel primo Seicento. Una città moderna nella veduta di Matthäus Greuter, Roma: Artemide, 2018, pp. 143-154.
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in E. Leuschner, I. Wenderholm (a cura di), Frauen und Päpste. Zur Konstruktion von Weiblichkeit in Kunst und Urbanistik des römischen Seicento (“Hamburger Forschungen zur Kunstgeschichte. Studien, Theorien, Quellen”, X), Berlin: De Gruyter, , 2016
in M. Bevilacqua, A. Capriotti (a cura di), Sant’Andrea al Quirinale. Il restauro della decorazione della cupola e nuovi studi berniniani, Roma: De Luca Editori d’Arte, 2016, pp. 59-75. ISBN: 978-88-6557-279-5, 2016
Nel 2014 si è concluso il restauro della decorazione interna della cupola di Sant’Andrea al Quiri... more Nel 2014 si è concluso il restauro della decorazione interna della cupola di Sant’Andrea al Quirinale diretto per la BSAE dall’arch. Paolo Castellani con responsabilità amministrativa della dott.ssa Adriana Capriotti. I rilievi e la campagna fotografica eseguiti nel cantiere hanno svelato la realtà morfologico-strutturale della cupola molto più complessa di quanto fino ad ora si sia creduto. La struttura è assimilabile a quella di un ombrello nervato a dieci spicchi ma con sorprendenti innovazioni rispetto a quelli tramandati dalla tradizione antica e rinascimentale. Alla base di questa incomprensione era l’esegesi della cupola, ormai congelata nel tempo, incentrata sull’ambiguità della tipologia decorativa della calotta ovale interpretata come intradosso continuo articolato da un intreccio puramente esornativo derivato dalla commistione visiva degli intradossi voltati di S. Maria del Fiore e del Pantheon. Gian Lorenzo Bernini si sarebbe limitato a incrostare con straordinarie decorazioni un modello cupolare della tradizione cinquecentesca – individuato nella cupola di S. Giacomo degli Incurabili dalla quale deriverebbero le soluzioni di calotta ovoidale finestrata, tiburio esterno, contrafforti radiali in forma di voluta - ispirandosi, per l’intreccio di costoloni e cassettoni dell’intradosso, a quello che aveva codificato Pietro da Cortona in S. Maria della Pace. In questa lettura storiografica convenzionale dell’opera berniniana, prevaleva l’accento sull’inedito ma virtuoso intreccio formale di elementi – i cassettoni e i costoloni – evocatori di due sistemi strutturali tra loro apparentemente inconciliabili. Questa interpretazione non va più relegata a un puro sistema decorativo, ma applicata all’ossatura architettonica se vogliamo comprendere oggi la vera natura dell’innovazione berniniana.
La realtà morfologico-strutturale della cupola di S. Andrea al Quirinale, celata dal suo stesso creatore con artifici illusionistici, consiste in una volta composta da una calotta polilobata incastonata in un tiburio, con costoloni alternati a vele di diversa ampiezza e profondità. Si tratterebbe quindi sempre di un caso di ripresa della tradizione, dove però la calotta a creste e vele di ascendenza tardoantica (e poi gotico-rinascimentale), è inserita in un tiburio con presidi statici (le volute), ed è risolta decorativamente con nervature costolonate e cassettoni dorati negli spicchi. Nella profondità degli spicchi al piede della calotta, furono alloggiate le grosse cornici dei finestroni con le imponenti figure in stucco caricate sull’allineamento verticale. Bernini fuse così la struttura tradizionale del tamburo con quella di una calotta a ombrello. Sopra i finestroni si attiva l’arretramento murario della cappa, che appare finalmente concava. L’alloggiamento ricavato nei gusci elastici tesi tra gli archi rampanti su pilastrini, tamponato con il blocco statuario, dissimula la geometria polilobata. La difficoltà, intrinseca all’utilizzo della forma ovale con più centri di curvatura, di stabilire i fulcri di irradiazione per gli elementi architettonici distribuiti lungo il suo perimetro diventa per Bernini uno stimolo per innovare e per sperimentare le obliquazioni su un intradosso curvilineo . Per il disegno “radiale” della volta Bernini si affidò, come suggerisce Caramuel, all’ausilio di un “circolo equante”, figura immaginaria utilizzata nel sistema cosmologico tolemaico per spiegare l’eccentricità dei pianeti e ridurla più facilmente al calcolo. A rendere ancora più complessa la realizzazione della cupola fu il controllo del profilo generatore delle vele, asimmetrico rispetto alla linea di chiave, e determinato da archi di cerchio di ampiezza e altezza (corda e freccia) variabili.
inin G. Bonaccorso, F. Moschini (a cura di), Carlo Fontana 1638-1714. Celebrato Architetto, atti del convegno internazionale (Roma, Accademia Nazionale di San Luca, 22-24 ottobre 2014), volume monografico, “Quaderni degli Atti 2013-2014”, 2017
The Utilissimo Trattato delle Acque Correnti published in Rome in 1696 and immediately regarded a... more The Utilissimo Trattato delle Acque Correnti published in Rome in 1696 and immediately regarded as a disciplinary summa of the century, is considered one of the most challenging work of Carlo Fontana after the Tempio Vaticano, for the latitude of subjects and the originality of contents. The comparison with a manuscript in Palermo by Vincenzo della Greca – Delli effetti delle acque (1642), a summary of hydraulic theory and practice probably conceived with educational purpose – demonstrates, however, that the Trattato delle Acque of Fontana is a work only partially original consisting largely in the transcription of the first two books of this unpublished source.
Carlo Fontana himself in his “Proemio” suggests a key to interpret his action. His role is that of disseminating to a wider audience the scientific knowledge in the field of water gathered by the masters who preceded him –even if he neglects to mention the main source, the text of Della Greca– and of interweaving it with his personal experiences, universally recognized, with the declared intention to demonstrate the links between theory and practice.
Il saggio offre una nuova visione storiografica del pontificato di Innocenzo X Pamphilj (1644-165... more Il saggio offre una nuova visione storiografica del pontificato di Innocenzo X Pamphilj (1644-1655) attraverso l’analisi dei traumatici sconvolgimenti nella politica estera e interna che segnarono la metà del Seicento, e con il supporto di un importante rinvenimento documentario. Eventi fondamentali furono: il trattato di pace di Westfalia (1648), dal quale scaturirono in Europa un nuovo ordine geopolitico, l’affermazione della ‘ragion di stato’ e del principio di inviolabilità nazionale ‘cuius regio, eius religio’; la riforma del clero regolare “Instaurandae regularis disciplinae”; i negoziati a Roma sulla questione giansenista.
“Tempi torbidi” per la curia romana a cui corrispose un malessere diffuso e il pullulare di proposte di riforma, spesso anonime. Un codice manoscritto della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma - Varia Consilia pro bono urbis Romae - testimonia che l’inchiesta innocenziana sul clero regolare e il soggiorno nell’Urbe della delegazione del clero francese giansenista guidata da Louis Saint Amour non rimasero senza conseguenze per la città di Roma, con inaspettate ripercussioni sul dibattito erudito architettonico-urbanistico e con la fugace illusione di una dialettica tra ortodossia ed eterodossia cattolica, subito repressa dalla reazione assolutista e controriformatrice. L’eccezionalità di questo codice consiste nel comprendere: un piano di interventi per la città di Roma, un piano finanziario per rimediare all’indebitamento dello Stato Pontificio, un memoriale sotto forma di diario nel quale l’anonimo autore prende nota di tutte le disfunzioni dello Stato economico e sociale, e riflette, ricorrendo alle sue conoscenze teologiche, letterarie e giuridiche nonché a esempi italiani e stranieri, sui possibili rimedi avanzando nel contempo proposte di riforma. Nella proposta urbanistica per il centro abitato di ampi e decisivi sventramenti per la creazione di poli funzionali collegati fra loro da grandi assi stradali e nell’idea prevalente di invasi urbani delimitati da pareti edilizie continue e uniformi e da portici per la fruizione dinamica degli spazi, il piano dell’anonimo urbanista riflette una concezione avanzata pienamente barocca. Di particolare interesse il fatto che le singole proposte, oltre ad anticipare significativamente i principali temi di politica urbana che caratterizzeranno l’operato di Alessandro VII, si estendono a comprendere interventi di infrastrutture urbane e di edilizia pubblica che si renderanno possibili solo a partire dalla fine del Seicento culminando nella Roma di Clemente XII (1730-40).
Ma è soprattutto la collocazione ideologico-religiosa dell’estensore del manoscritto, apertamente schierato a favore del giansenismo sotto il pontificato di Innocenzo X Pamphilj, a costituire ulteriore elemento di sorpresa, dimostrando l’attecchimento di una concezione laicizzante del governo temporale della Chiesa in alcuni circoli intellettuali dell’Urbe, già in tempi molto precoci, verso istanze politico e sociali che matureranno solo molti decenni più tardi nell’entourage corsiniano.
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Papers by Marisa Tabarrini
L’esperimento vaticano, nel suo insieme, va inteso come un primo importante precedente culturale e metodologico del progetto molto più ambizioso intrapreso da Clemente XII Corsini che sfocerà nell’apertura del primo museo pubblico inaugurato nel Palazzo Nuovo del Campidoglio nel 1734.
La realtà morfologico-strutturale della cupola di S. Andrea al Quirinale, celata dal suo stesso creatore con artifici illusionistici, consiste in una volta composta da una calotta polilobata incastonata in un tiburio, con costoloni alternati a vele di diversa ampiezza e profondità. Si tratterebbe quindi sempre di un caso di ripresa della tradizione, dove però la calotta a creste e vele di ascendenza tardoantica (e poi gotico-rinascimentale), è inserita in un tiburio con presidi statici (le volute), ed è risolta decorativamente con nervature costolonate e cassettoni dorati negli spicchi. Nella profondità degli spicchi al piede della calotta, furono alloggiate le grosse cornici dei finestroni con le imponenti figure in stucco caricate sull’allineamento verticale. Bernini fuse così la struttura tradizionale del tamburo con quella di una calotta a ombrello. Sopra i finestroni si attiva l’arretramento murario della cappa, che appare finalmente concava. L’alloggiamento ricavato nei gusci elastici tesi tra gli archi rampanti su pilastrini, tamponato con il blocco statuario, dissimula la geometria polilobata. La difficoltà, intrinseca all’utilizzo della forma ovale con più centri di curvatura, di stabilire i fulcri di irradiazione per gli elementi architettonici distribuiti lungo il suo perimetro diventa per Bernini uno stimolo per innovare e per sperimentare le obliquazioni su un intradosso curvilineo . Per il disegno “radiale” della volta Bernini si affidò, come suggerisce Caramuel, all’ausilio di un “circolo equante”, figura immaginaria utilizzata nel sistema cosmologico tolemaico per spiegare l’eccentricità dei pianeti e ridurla più facilmente al calcolo. A rendere ancora più complessa la realizzazione della cupola fu il controllo del profilo generatore delle vele, asimmetrico rispetto alla linea di chiave, e determinato da archi di cerchio di ampiezza e altezza (corda e freccia) variabili.
Carlo Fontana himself in his “Proemio” suggests a key to interpret his action. His role is that of disseminating to a wider audience the scientific knowledge in the field of water gathered by the masters who preceded him –even if he neglects to mention the main source, the text of Della Greca– and of interweaving it with his personal experiences, universally recognized, with the declared intention to demonstrate the links between theory and practice.
“Tempi torbidi” per la curia romana a cui corrispose un malessere diffuso e il pullulare di proposte di riforma, spesso anonime. Un codice manoscritto della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma - Varia Consilia pro bono urbis Romae - testimonia che l’inchiesta innocenziana sul clero regolare e il soggiorno nell’Urbe della delegazione del clero francese giansenista guidata da Louis Saint Amour non rimasero senza conseguenze per la città di Roma, con inaspettate ripercussioni sul dibattito erudito architettonico-urbanistico e con la fugace illusione di una dialettica tra ortodossia ed eterodossia cattolica, subito repressa dalla reazione assolutista e controriformatrice. L’eccezionalità di questo codice consiste nel comprendere: un piano di interventi per la città di Roma, un piano finanziario per rimediare all’indebitamento dello Stato Pontificio, un memoriale sotto forma di diario nel quale l’anonimo autore prende nota di tutte le disfunzioni dello Stato economico e sociale, e riflette, ricorrendo alle sue conoscenze teologiche, letterarie e giuridiche nonché a esempi italiani e stranieri, sui possibili rimedi avanzando nel contempo proposte di riforma. Nella proposta urbanistica per il centro abitato di ampi e decisivi sventramenti per la creazione di poli funzionali collegati fra loro da grandi assi stradali e nell’idea prevalente di invasi urbani delimitati da pareti edilizie continue e uniformi e da portici per la fruizione dinamica degli spazi, il piano dell’anonimo urbanista riflette una concezione avanzata pienamente barocca. Di particolare interesse il fatto che le singole proposte, oltre ad anticipare significativamente i principali temi di politica urbana che caratterizzeranno l’operato di Alessandro VII, si estendono a comprendere interventi di infrastrutture urbane e di edilizia pubblica che si renderanno possibili solo a partire dalla fine del Seicento culminando nella Roma di Clemente XII (1730-40).
Ma è soprattutto la collocazione ideologico-religiosa dell’estensore del manoscritto, apertamente schierato a favore del giansenismo sotto il pontificato di Innocenzo X Pamphilj, a costituire ulteriore elemento di sorpresa, dimostrando l’attecchimento di una concezione laicizzante del governo temporale della Chiesa in alcuni circoli intellettuali dell’Urbe, già in tempi molto precoci, verso istanze politico e sociali che matureranno solo molti decenni più tardi nell’entourage corsiniano.
L’esperimento vaticano, nel suo insieme, va inteso come un primo importante precedente culturale e metodologico del progetto molto più ambizioso intrapreso da Clemente XII Corsini che sfocerà nell’apertura del primo museo pubblico inaugurato nel Palazzo Nuovo del Campidoglio nel 1734.
La realtà morfologico-strutturale della cupola di S. Andrea al Quirinale, celata dal suo stesso creatore con artifici illusionistici, consiste in una volta composta da una calotta polilobata incastonata in un tiburio, con costoloni alternati a vele di diversa ampiezza e profondità. Si tratterebbe quindi sempre di un caso di ripresa della tradizione, dove però la calotta a creste e vele di ascendenza tardoantica (e poi gotico-rinascimentale), è inserita in un tiburio con presidi statici (le volute), ed è risolta decorativamente con nervature costolonate e cassettoni dorati negli spicchi. Nella profondità degli spicchi al piede della calotta, furono alloggiate le grosse cornici dei finestroni con le imponenti figure in stucco caricate sull’allineamento verticale. Bernini fuse così la struttura tradizionale del tamburo con quella di una calotta a ombrello. Sopra i finestroni si attiva l’arretramento murario della cappa, che appare finalmente concava. L’alloggiamento ricavato nei gusci elastici tesi tra gli archi rampanti su pilastrini, tamponato con il blocco statuario, dissimula la geometria polilobata. La difficoltà, intrinseca all’utilizzo della forma ovale con più centri di curvatura, di stabilire i fulcri di irradiazione per gli elementi architettonici distribuiti lungo il suo perimetro diventa per Bernini uno stimolo per innovare e per sperimentare le obliquazioni su un intradosso curvilineo . Per il disegno “radiale” della volta Bernini si affidò, come suggerisce Caramuel, all’ausilio di un “circolo equante”, figura immaginaria utilizzata nel sistema cosmologico tolemaico per spiegare l’eccentricità dei pianeti e ridurla più facilmente al calcolo. A rendere ancora più complessa la realizzazione della cupola fu il controllo del profilo generatore delle vele, asimmetrico rispetto alla linea di chiave, e determinato da archi di cerchio di ampiezza e altezza (corda e freccia) variabili.
Carlo Fontana himself in his “Proemio” suggests a key to interpret his action. His role is that of disseminating to a wider audience the scientific knowledge in the field of water gathered by the masters who preceded him –even if he neglects to mention the main source, the text of Della Greca– and of interweaving it with his personal experiences, universally recognized, with the declared intention to demonstrate the links between theory and practice.
“Tempi torbidi” per la curia romana a cui corrispose un malessere diffuso e il pullulare di proposte di riforma, spesso anonime. Un codice manoscritto della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma - Varia Consilia pro bono urbis Romae - testimonia che l’inchiesta innocenziana sul clero regolare e il soggiorno nell’Urbe della delegazione del clero francese giansenista guidata da Louis Saint Amour non rimasero senza conseguenze per la città di Roma, con inaspettate ripercussioni sul dibattito erudito architettonico-urbanistico e con la fugace illusione di una dialettica tra ortodossia ed eterodossia cattolica, subito repressa dalla reazione assolutista e controriformatrice. L’eccezionalità di questo codice consiste nel comprendere: un piano di interventi per la città di Roma, un piano finanziario per rimediare all’indebitamento dello Stato Pontificio, un memoriale sotto forma di diario nel quale l’anonimo autore prende nota di tutte le disfunzioni dello Stato economico e sociale, e riflette, ricorrendo alle sue conoscenze teologiche, letterarie e giuridiche nonché a esempi italiani e stranieri, sui possibili rimedi avanzando nel contempo proposte di riforma. Nella proposta urbanistica per il centro abitato di ampi e decisivi sventramenti per la creazione di poli funzionali collegati fra loro da grandi assi stradali e nell’idea prevalente di invasi urbani delimitati da pareti edilizie continue e uniformi e da portici per la fruizione dinamica degli spazi, il piano dell’anonimo urbanista riflette una concezione avanzata pienamente barocca. Di particolare interesse il fatto che le singole proposte, oltre ad anticipare significativamente i principali temi di politica urbana che caratterizzeranno l’operato di Alessandro VII, si estendono a comprendere interventi di infrastrutture urbane e di edilizia pubblica che si renderanno possibili solo a partire dalla fine del Seicento culminando nella Roma di Clemente XII (1730-40).
Ma è soprattutto la collocazione ideologico-religiosa dell’estensore del manoscritto, apertamente schierato a favore del giansenismo sotto il pontificato di Innocenzo X Pamphilj, a costituire ulteriore elemento di sorpresa, dimostrando l’attecchimento di una concezione laicizzante del governo temporale della Chiesa in alcuni circoli intellettuali dell’Urbe, già in tempi molto precoci, verso istanze politico e sociali che matureranno solo molti decenni più tardi nell’entourage corsiniano.
princely Pamphili and Carpegna palaces in Rome have been
relegated to a genre of ideal architecture on account of the
grandeur of their conception and for their typological design
complexity which anticipated the developments of seventeenth
and eighteenth-century architecture. Rather, it can now be
demonstrated that as far as questions regarding models for
a “Palace of the Prince” in Renaissance practise and theory,
Borromini was well aware of this long architectural tradition
for high-ranking patrons – a tradition which culminated
in the second half of the sixteenth century in the graphic
experimentalism of the Florentine Accademia del Disegno.
This article analyses two architectural projects for the Palazzo
Barberini which can be related to this Florentine academic
environment: the first, attributed by Wittkower to Pietro da
Cortona, and the second, an allegorical drawing by Orazio
Busini, still imbued with a late Renaissance schematic vision.
To underline the specific importance of this academic type
of architectural design in contrast to the inventiveness of
Borromini’s architecture, his design projects for the Palazzo
Carpegna are compared to the series of ideal palaces featured
in the Album of drawings of Giovanni Vincenzo Casale, secretary
to the Accademia del Disegno during the period when he closely
followed the models of Montorsoli. From these comparisons
it will be argued that the novelty of Borromini’s architectural
projects for the Carpegna and the Pamphili palaces derives from
the dynamic activation, interpreted in a “Brandian”-baroque
meaning, of traditional academic schemes, that, once freed
from the rigidly modular academic pattern, reach a harmonious
fusion between interior and exterior design.
same interests developed inside the Accademia dei Desiosi. For them it was quite logical also to consider ideas and suggestions of the architects whom they had known during their stay in Rome for the challenging architectural programmes being planned in Turin. In addition, between the death of Carlo di Castellamonte in 1630 and the professional maturation of his son Amedeo, the ducal engineers were attracted by the monumental persuasiveness of
the works of their Roman counterparts. This focus on Rome was enhanced by the arrival in Turin of the Theatines and the Minims with their first settlements during the 1620s, and by the promotion of the ‘dynastic cult’ with the resumption of works in the chapel of the Holy Shroud in the 1650s. However, the novelty of the contemporary urban and architectural planning of Turin as
a capital city was not ignored by Roman architects as can be seen in some unrealized projects for the renewal of Rome. That Turin could thus command the attention of contemporaries tends to reinforce the theses of Andreina Griseri and of 1960s scholarship on Turin as a model city. The 1640s and 1650s in Turin coincide with a phase of transition and experimentation before the arrival in 1666 of Guarino Guarini, who marked a turning point in Baroque
architecture in Piedmont.