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LA GENERAZIONE DEI PADRI

2019

Le celebrazioni commemorative del primo conflitto mondiale tenutesi lungo tutto il 2018 hanno suscitato vivaci dibattiti in vari paesi europei sul rapporto tra memoria e storia, così come tra memoria e propaganda politica. I temi di tale dibattito non furono estranei alla cultura politica antica e l’elaborazione di patrimoni memoriali in concorrenza con altri partecipò, in specie nella fase successiva alla guerra civile tra mariani e sillani, alla costruzione dell’immaginario storico-politico della nuova classe dirigente, impo-stasi dopo il conflitto, che avrebbe dovuto trarne motivo di stabilizzazione.

LA GENERAZIONE DEI PADRI TRA MEMORIE FAMILIARI E PROPAGANDA POLITICA Le celebrazioni commemorative del primo conflitto mondiale tenutesi lungo tutto il 2018 hanno suscitato vivaci dibattiti in vari paesi europei sul rapporto tra memoria e storia, così come tra memoria e propaganda politica. I temi di tale dibattito non furono estranei alla cultura politica1 antica e l’elaborazione di patrimoni memoriali in concorrenza con altri partecipò, in specie nella fase successiva alla guerra civile tra mariani e sillani, alla costruzione dell’immaginario storico-politico della nuova classe dirigente, impostasi dopo il conflitto, che avrebbe dovuto trarne motivo di stabilizzazione. In questa sede intendo occuparmi dell’attività svolta in tal senso dal gruppo di sillani i cui familiari furono eliminati nell’87 a.C., dopo la partenza di Silla per l’Oriente e il rientro a Roma di Mario e Cinna. Si tratta del gruppo dirigente che aveva raggiunto i vertici della Res publica a cavallo della guerra sociale cui aveva partecipato con compiti di rilievo (I). Questo gruppo è ricordato in un passo del de oratore di Cicerone che non è stato finora oggetto di studio sotto questo profilo (II). Il passo ciceroniano sarà letto anche in relazione al ruolo svolto dai discendenti delle vittime illustri dell’87 a.C. per mantenerne vivo il ricordo, rivendicando l’eredità politica dei padri sacrificatisi per il bene della Res publica e un posto di rilievo esclusivo nella classe politica postsillana (III). 1. LA SCOMPARSA DI UNA GENERAZIONE AI VERTICI DELLA RES PUBLICA La guerra contro gli alleati italici era stato un avvenimento-chiave della vita politica romana nel decennio che precedette il conflitto civile tra Mario e Silla; aveva contribuito a rinsaldare i legami tra i membri 1 La ‘cultura politica’ si intende qui nel senso di HÖLKESKAMP 2004, come l’insieme delle regole, dei valori, delle forme che costituiscono i modi d’azione della classe dirigente e del popolo e sui quali riposa il gioco politico. MONCERDAC-48.indd 97 17/12/2019 03:31:47 98 MARIA TERESA SCHETTINO della nobilitas2 e a consolidare in particolare il sodalizio dei legati del console L. Giulio Cesare (90 a.C.). Tra di essi, vi erano P. Licinio Crasso, padre di M. Licinio Crasso, il futuro triumviro3, P. Cornelio Lentulo, Q. Lutazio Catulo, T. Didio, L. Cornelio Silla, M. Claudio Marcello4, ai quali potrebbe essere aggiunto il nome di Marco Antonio sulla base di Cic., Brut. 3045. Lucio Giulio Cesare, fratello maggiore di Gaio Giulio Cesare Strabone Vopisco6, fu governatore della Macedonia intorno al 94 a.C.; console nel 90 a.C., ebbe la direzione del fronte meridionale durante la guerra sociale, nel momento in cui P. Licinio Crasso e gli altri legati erano ai suoi ordini7. Durante il consolato, promosse la legge che attribuiva la cittadinanza a tutti i Latini8; fu incaricato dell’iscrizione dei nuovi cittadini durante la sua censura nell’89 a.C., censura che rivestì con lo stesso P. Licinio Crasso9. 2 Questi uomini politici avevano combattuto nel corso della guerra sociale e avevano infine concesso la cittadinanza ai socii: su questo periodo, rinvio a GABBA 1954, pp. 41-114; ID. 1957, pp. 259-272; POBJOY, 2000, pp. 187-211; BROWN 2003, pp. 94-120; CAPPELLETTI 2004, pp. 229-236; TATARANNI 2005, pp. 291304; BARCHIESI 2008, pp. 243-260; DART 2009, pp. 215-224; BRIQUEL 2010, pp. 83-100; CRAWFORD 2010, pp. 97-101; PATTERSON 2012, pp. 215-226; TWEEDIE 2012, pp. 123-139. Per una sintese della questione e degli studi relativi, vd. BRUNT 1971, in part. pp. 61-90 e 435-440; KEAVENEY 1987, in part. pp. 115-221; MOURITSEN 1998; PEDRONI 2006; BISPHAM 2007. 3 Uso per praticità questo termine, anche se inappropriato: l’accordo tra Crasso, Pompeo e Cesare non corrispondeva infatti a una magistratura triumvirale. Crasso doveva essere a quest’epoca al fianco di suo padre; stesso avviso in GELZER 1926, coll. 295-331, in part. col. 296, e in MARSHALL 1976, p. 10, mentre GARZETTI 1941, pp. 1-37; 1942, pp. 12-40; 1944-45, pp. 1-62 [=1996, pp. 63-184, in part. p. 76], ammette che egli servì tra il 96 e il 93 av. J.-C. nell’esercito di suo padre in Spagna. Egli ebbe sicuramente dei contatti con gli altri legati e i loro figli, che tutti insieme costituivano l’ambiente in cui crebbe e si formò. GRUEN 19952 [1974], pp. 66-74, sottovaluta i legami di M. Licinio Crasso con gli altri nobiles: egli traccia un ritratto del triumviro dove costui detiene un’influenza eccezionale fondata sui senatori appartenenti ai ranghi inferiori del senato, i pedarii. 4 Cf. BROUGHTON 1952, pp. 28-31. I legati di L. Giulio Caesare, di cui si conosce la posizione, erano schierati presso Aesernia nel Sannio (M. Claudio Marcello, L. Cornelio Silla) e in Lucania (P. Licinio Crasso). 5 Cic. Brutus 89, 305: Erat Hortensius in bello primo anno miles, altero tribunus militum, Sulpicius legatus; aberat etiam M. Antonius [...]. [«Il primo anno di guerra, Ortenzio era soldato, il secondo, tribuno militare. Sulpicio era assente in qualità di legato, così come Antonio (...)»]. Vd. BADIAN 1957, pp. 318-346, in part. p. 341. 6 G. Giulio Cesare fu edile nel 90 a.C. (cf. BROUGHTON 1952, p. 26). Su questo personaggio vd. DIEHL 1918, coll. 428-431. 7 Dopo diverse sconfitte, L. Giulio Cesare vinse una battaglia contro Papio (App. BC 1, 42): cf. MÜNZER 1917, coll. 465-468. 8 Cic. Pro Balbo 21 e 50; Gell. N.A. 4, 4, 3; vd. NICOLET 1977, p. 227-230. 9 L. Giulio Cesare e P. Licinio Crasso non vi riuscirono (Cic. Pro Archia 11) a causa delle tensioni che dividevano le fazioni politiche, dal momento che l’iscrizione influiva sul procedimento elettorare: cf. LEWIS 1968, pp. 272-291. La posizione anti-mariana di L. Giulio Cesare è stata dimostrata da BADIAN 1957, pp. 332-337. La prossimità di P. Licinio Crasso con Mario negli anni Novanta del I sec. MONCERDAC-48.indd 98 17/12/2019 03:31:47 LA GENERAZIONE DEI PADRI TRA MEMORIE FAMILIARI E PROPAGANDA POLITICA 99 I due Cesari erano, per parte di madre, fratellastri di Q. Lutazio Catulo, il collega di G. Mario nel consolato nel 102 a.C., con cui aveva condiviso la vittoria sui Cimbri e la celebrazione del trionfo10. Un legame di parentela univa anche L. Giulio Cesare e M. Antonio, che fu console nel 99 a.C. e censore nel 97 a.C., ovvero all’epoca del consolato di P. Licinio Crasso e Gn. Cornelio Lentulo: sua figlia, Giulia, sposò M. Antonio Cretico, figlio de M. Antonio11. Relazioni di amicizia e di natura politica si strinsero anche tra i suoi legati12. Tre di loro avevano già raggiunto il consolato: Q. Lutazio Catulo nel 102 a.C.13, Titio Didio nel 98 a.C.14, P. Licinio Crasso nel 97 a.C. Erano dunque membri influenti in seno al senato15. P. Licinio Crasso con il figlio maggiore, L. Giulio Cesare, G. Giulio Cesare Strabone Vopisco, Q. Lutazio Catulo, Marco Antonio ebbero tutti un comune destino: morirono al ritorno di Mario e Cinna a Roma nell’87 a.C.16. Coloro che avevano rivestito le cariche più importanti e che costituivano, grazie all’intreccio dei loro rapporti politici e familiari, il vertice della classe dirigente romana negli anni intorno alla guerra sociale furono eliminati. Taluni dei loro figli, che avevano già intrapreso il cursus ed erano inseriti nell’ambiente politico, subirono la medesima sorte. Gli altri sfuggirono alla morte abbandonando Roma, come il figlio di Catulo, Q. Lutazio Catulo17, il figlio minore di P. Licinio Crasso, M. Licinio Crasso, e i due Lentuli, P. Cornelio Lentulo Sura e Gn. Cornelio Lentulo Clodiano18. Non soltanto le famiglie più potenti furono private dei loro rappresentanti, ma gli esponenti a.C. è stata sostenuta da BADIAN 1957, pp. 332-337 e MARSHALL 1976, p. 9; tuttavia essa è stata risolutamente scartata da WARD 1977, pp. 50-51 e ANGELI BERTINELLI 1993, pp. 317-422, in part. p. 321. 10 La madre di Lutazio Catulo si era infatti risposata con il padre dei due Cesari, L. Giulio Cesare. 11 BADIAN 1957, p. 342, data questo matrimonio all’inizio degli anni Ottanta del I sec. a.C. 12 Uno schema ricapitolativo dei legami tra alcuni dei personaggi menzionati nel testo si trova alla pagina seguente (fig. 1). Questo schema è tratto dal mémoire scientifique « Marcus Licinius Crassus : Étude sur le contrôle du pouvoir politique à Rome au Ier siècle », che costituisce una delle tre parti del mio dossier d’habilitation à diriger des recherches (HDR) « Institutions, enjeux politiques, identités culturelles à Rome » (Paris 1 Panthéon-Sorbonne 2007); la publicazione di questo studio è in preparazione. 13 Egli si sposò con Domizia, poi con una sorella di Cepione; fu console nel 102 a.C., suo collega era G. Mario: fu sconfitto dai Cimbri presso l’Alto Adige, mais nel 101 a.C., con Mario, ottenne la vittoria di Vercellae (forse presso Rovigo). Celebrà il trionfo con Mario, di cui divenne uno dei principali avversari. Sulle loro differenze ideologiche, cf. HINARD 1987, pp. 17-20. 14 Titio Didio morì nel corso di una battaglia nell’89 a.C., dopo aver preso Ercolano. 15 Sulla coesione politica dei legati e i rapporti tra di loro BADIAN 1957, pp. 337-339. 16 Nel racconto di App. BC 1, 332, la liste delle altre vittime dei mariani è ben più ampia, tra cui il console Gneo Ottavio, Quinto Ancario, G. Atilio Serrano, Marco Bebio, P. Cornelio Lentulo, L. Cornelio Merula, Gaio Numitorio: il resoconto appianeo è riportato infra, paragrafo 2; sull’argomento cf. LOVANO 2002, p. 48. 17 Secondo BADIAN 1957, p. 342, sarebbe rimasto a Roma, tuttavia qualche dubbio è avanzato da LOVANO 2002, p. 54 e n. 5. Cf. MÜNZER 1927, coll. 2082-2094. 18 Cf. Cic. Brut. 308-311. MONCERDAC-48.indd 99 17/12/2019 03:31:47 100 MARIA TERESA SCHETTINO Fig. 1. Relazioni familiari dei protagonisti di Cic. de orat. 3, 3, 9-11 autorevoli della classe dirigente di un’intera generazione politica furono eliminati. 2. LA GENERAZIONE DEI PADRI: IL RITRATTO IDEALIZZATO DI CICERONE Si tratta della stessa generazione al centro del de oratore ciceroniano. Tra i protagonisti dell’opera si trova il celebre oratore L. Licinio Crasso, console nel 95 e censore nel 92 a.C., che morì qualche anno prima delle lacerazioni profonde causate in seno al mondo politico romano da Mario e Silla e le morti brutali che le accompagnarono19. Il trattato, scritto nel 55 a.C.20, è collocato nel 91 a.C., qualche mese prima della sua morte (avvenuta nel settembre dello stesso anno), alla vigilia della guerra sociale e della successiva guerra civile21. È questo il quadro cronologico che Cicerone presenta in particolare 19 I personaggi del de oratore rappresentano un ambiente omogeneo, benché avessero età differenti: P. Scevola 70 anni, Licinio Crasso e M. Antonio 50 anni, Cotta e Sulpicio 30 anni, Lutazio Catulo 60 anni, Cesare Strabone più di 40 anni; cf. ROMANO 2015, pp. VII-XXXVI, in part. p. XX. 20 Alla metà di novembre di quell’anno: cf. ROMANO 2015, p. VII. 21 Nato nel 140 a.C., L. Licinio Crasso fu allievo di Celio e studiò il diritto presso gli Scevola, di cui divenne parente perché si sposò con Mucia (cf. HÄPKE 1926, coll. 252-268). Fin dall’inizio, condivise le idee degli optimates (ROMAN 1994, pp. 97-110). Nel 95 a.C., fu console con Q. Mucio Scevola Pontefice. I due fecero approvare una legge contro gli stranieri iscritti illegalemente come cittadini, soprattutto durante la censura di Antonio e Flacco nel 97 a.C. Nel 92 a.C. divenne censore con Domizio; interdirono l’insegnamento ai rhetores Latini (cf. Cic. de orat. 3, 97; Gell. N.A. 15, 11): era una misura destinata a imbrigliare la factio popularis, cf. DAVID 1979, pp. 135-181. Nonostante l’opinione contraria di MANFREDINI 1976, pp. 99-148, la reazione a questa misura fu la Rhetorica ad Herennium, scritta tra l’86 e l’82 a.C. da un cavaliere originario dell’Italia centro-meridionale e dedicata a un membro della famiglia mariana degli Herennii (cf. ZECCHINI 1997, pp. 46-47): su quest’opera, cf. CALBOLI 1963, p. 1-114; VON UNGERNSTERNBERG 1973, pp. 143-162; ACHARD 1989, pp. V-LIII. Tuttavia, L. Licinio Crasso divenne adfinis di Mario: il matrimonio tra sua figlia e Mario il Giovane potrebbe datare al 94 o 93 a.C., secondo BADIAN 1957, p. 329, che gli attribuisce un atteggiamento duttile. MONCERDAC-48.indd 100 17/12/2019 03:31:47 LA GENERAZIONE DEI PADRI TRA MEMORIE FAMILIARI E PROPAGANDA POLITICA 101 in de orat. 3, 2, 622. Il ricordo della morte di L. Licinio Crasso è indissolubilmente legato all’evocazione non solo della guerra sociale, ma anche dell’odio che lacerò il senato e degli assassinii commessi dai mariani dopo il loro ritorno a Roma (de orat. 3, 2, 8): Fuit hoc luctuosum suis, acerbum patriae, graue bonis omnibus; sed ei tamen rem publicam casus secuti sunt, ut mihi non erepta L. Crasso a dis immortalibus uita, sed donata mors esse uideatur. Non uidit flagrantem bello Italiam, non ardentem inuidia senatum, non sceleris nefarii principes ciuitatis reos, non luctum filiae, non exsilium generi, non acerbissimam C. Mari fugam, non illam post reditum eius caedem omnium crudelissimam, non denique in omni genere deformatam eam ciuitatem ? in qua ipse florentissima multum omnibus [gloria] praestitisset 23. Questo legame storico non è stato finora sufficientemente sottolineato, così come il giudizio espresso da Cicerone sulle uccisioni commesse dai mariani (caedem […] crudelissimam)24. Cicerone mira a ricostruire l’ambiente politico al quale apparteneva L. Licinio Crasso, ambiente che egli fissa nel suo declino e presenta come destinato ormai a un’irrimediabile scomparsa sotto i colpi dei mariani. Il de oratore diviene così l’evocazione di questi protagonisti della Res publica, il ricordo di quell’epoca anteriore alle divisioni gravi e irreparabili che sfociarono per la prima volta in una guerra civile, l’idealizzazione della coesione e dell’armonia di una fase storica sul punto di concludersi25. 22 Cic. de orat. 3, 2, 6: Illa tamquam cycnea fuit diuini hominis uox et oratio, quam quasi exspectantes post eius interitum ueniebamus in curiam, ut uestigium illud ipsum, in quo ille postremum, institisset, contueremur: namque tum latus ei dicenti condoluisse sudoremque multum consecutum esse audiebamus; ex quo cum cohorruisset, cum febri domum rediit dieque septimo lateris dolore consumptus est. [«Quelle parole, quel discorso furono come il canto del cigno di quell’uomo divino, ed era come se ci aspettassimo di sentirlo, quando, dopo la sua morte, ci recavamo nella curia per contemplare il luogo che ancora recava l’impronta dell’ultima volta che lui vi era stato. Si diceva infatti che mentre parlava fosse stato colto da un dolore al fianco e avesse molto sudato; in seguito, scosso da brividi, rientrὸ a casa febbricitante e sei giorni dopo fu stroncato dalla pleurite». Qui e di seguito, le traduzioni del terzo libro del de oratore sono tratte dall’edizione di Li Causi, Marino, Formisano 2015, pp. 274-375]. 23 Cic. de orat. 3, 2, 8: «Ciὸ fu un lutto per i suoi familiari, una perdita per la patria, un dolore per tutte le persone oneste. Tuttavia tali sono le sventure che perseguitarono lo stato, che mi viene da credere che dagli dei immortali non gli fu strappata la vita, bensì data in dono la morte. Non vide l’Italia ardere nella guerra, né il senato consumato dall’odio, né i primi cittadini accusati di crimini scellerati, né il lutto della figlia, né l’esilio del genero, né la dolorissima fuga di Mario e nemmeno la strage crudelissima che seguì al suo rientro, né vide infine sovvertita da ogni parte quella città nel rigoglio della quale egli aveva di gran lunga brillato su tutti per gloria». 24 Non vi è peraltro alcuna allusione alle proscrizioni sillane. Gli studiosi preferiscono insistere sul risentimento di Cicerone contro le misure che obbligarono Mario a lasciare Roma (acerbissimam […] fugam): cf. RAWSON 1971, pp. 17-22; FORMISANO 2015, p. 531. 25 Cic. de orat. 3, 3, 9-11: Et quoniam attigi cogitatione uim uarietatemque fortunae, non uagabitur oratio mea longius atque eis fere ipsis definietur uiris, qui hoc sermone, quem referre suscepimus, continentur. Quis enim non iure beatam L. Crassi mortem illam, quae est a multis saepe defleta, dixerit, cum horum ipsorum sit, MONCERDAC-48.indd 101 17/12/2019 03:31:50 102 MARIA TERESA SCHETTINO Cicerone richiama la triste sorte di uomini che egli celebra e idealizza26: nell’ordine, Q. Lutazio Catulo, Marco Antonio, G. Giulio Cesare, L. Giulio Cesare, P. Licinio Crasso; a questa lista coerente egli aggiunge i nomi di P. Mucio Scevola pontefice e di G. Papirio Carbone, uccisi nell’82 a.C. dai mariani27, e di due discepoli di L. Licinio Crasso, ovvero G. Aurelio Cotta, che accusato sulla base della lex Varia si trovava tuttavia in esilio dal 90 a.C.28, e del qui tum cum illo postremum fere conlocuti sunt, euentum recordatus? Tenemus enim memoria Q. Catulum, uirum omni laude praestantem, cum sibi non incolumem fortunam, sed exsilium et fugam deprecaretur, esse coactum, ut uita se ipse priuaret. Iam M. Antoni in eis ipsis rostris, in quibus ille rem publicam constantissime consul defenderat quaeque censor imperatoriis manubiis ornarat, positum caput illud fuit, a quo erant multorum (ciuium) capita seruata; neque uero longe ab eo C. Iuli caput hospitis Etrusci scelere proditum cum L. Iuli fratris capite iacuit, ut ille, qui haec non uidit, et uixisse cum re publica pariter et cum illa simul exstinctus esse uideatur. Neque enim propinquum suum, maximi animi uirum, P. Crassum, suapte interfectum manu neque conlegae sui, pontificis maximi, sanguine simulacrum Vestae respersum esse uidit; cui maerori, qua mente ille in patriam fuit, etiam C. Carbonis, inimicissimi hominis, eodem illo die mors fuisset nefaria; non uidit eorum ipsorum, qui tum adulescentes Crasso se dicarant, horribilis miserosque casus; ex quibus (C.) Cotta, quem ille florentem reliquerat, paucis diebus post mortem Crassi depulsus per inuidiam tribunatu non multis ab eo tempore mensibus eiectus est e ciuitate; Sulpicius autem, qui in eadem inuidiae flamma fuisset, quibuscum priuatus coniunctissime uixerat, hos in tribunatu spoliare instituit omni dignitate; cui quidem ad summam gloriam eloquentiae efflorescenti ferro erepta uita est et poena temeritatis non sine magno rei publicae malo constituta. [«E poiché con le mie riflessioni sono giunto a trattare del potere e della mutevolezza della sorte, le mie parole non si diffonderanno oltre, ma avranno per oggetto quasi esclusivamente le persone che presero parte ai discorsi che ho deciso di riportare. Chi infatti non avrà a ragione ritenuto fortunata la morte di Lucio Crasso, che spesso da molti è stata pianta, se solo riandrà con la memoria al destino di coloro che allora, forse per l’ultima volta, ebbero l’occasione di parlare con lui? Ricordiamo infatti che Quinto Catulo, personalità eccezionale in ogni senso, pur pregando non di mantenere il suo stato, ma di poter fuggire in esilio, fu costretto a togliersi la vita. Persino la testa di Marco Antonio, il quale di teste ne aveva salvate molte, andò a finire proprio su quei rostri da cui egli con grande fermezza aveva difeso la patria in qualità di console, e che da censore aveva ornato con le spoglie ottenute da generale. Né lontano da lui giacque la testa di Gaio Giulio, tradito dalla scelleratezza di un ospite etrusco, assieme a quella del fratello Lucio Giulio, in modo che Crasso, che non assistette a tali cose, sembra aver vissuto con lo stato e con esso essersene andato! E nemmeno vide il suo parente Publio Crasso, dotato di grandissimo coraggio, togliersi la vita, né il sangue del suo collega, pontefice massimo, spruzzato sulla statua di Vesta. Persino la morte tremenda di Gaio Carbone in quello stesso giorno gli sarebbe riuscita motivo di afflizione, pur essendo questi suo acerrimo nemico, visto che il suo sentimento era tutto per la patria. Non vide nemmeno la fine orrenda e infelice di coloro che sin da giovani lo avevano seguito fedelmente. Tra costoro, Cotta, che egli aveva lasciato in ottimo stato, dopo la sua espulsione dal tribunato causata dall’odio qualche giorno dopo la morte di Crasso, dopo qualche mese fu cacciato da Roma; e ancora Sulpicio, che fu al centro di quella vampata di odii, decise durante il suo tribunato di spogliare di ogni dignità persone a cui nella sua vita era stato molto vicino. Costui nel fiore del successo per la sua fama di oratore, venne privato della vita con la spada, e non senza grande danno per lo stato fu stabilita la pena per la sua temerarietà»]. 26 Egli aveva già trattato il tema nelle Catilinarie (Cat. 3, 10, 24), dove tracciava un quadro storico più preciso dalla marcia su Roma di Silla al ritorno di Mario, fino alla vittoria definitiva del primo sui mariani, nell’82 a.C., e alle proscrizioni. Cicerone non menzionava nell’orazione i nomi delle vittime dell’87 a.C., le ricordava collettivamente come le personalità più nobili di Roma: superauit postea Cinna cum Mario; tum uero clarissimis uiris interfectis lumina ciuitatis extincta sunt. [«Più tardi, Cinna e Mario prevalsero: i più illustri cittadini furono uccisi e le glorie che si irradiavano sul paese furono spente»]. 27 Cf. BADIAN 1957, p. 329 e LOVANO 2002, pp. 55 e 91-92. 28 Cic. Brut. 303 e 305; de orat. 3, 11; App. BC 1, 37, 165-168. La lex Varia, proposta dal tribuno delle MONCERDAC-48.indd 102 17/12/2019 03:31:50 LA GENERAZIONE DEI PADRI TRA MEMORIE FAMILIARI E PROPAGANDA POLITICA 103 tribuno Sulpicio Rufo, ucciso nell’88 a.C. su ordine di Silla29. La testimonianza più completa sulle esecuzioni ad opera dei mariani è in Appiano, che include una lista più lunga con personaggi che restano anonimi e altri che sono identificati30. L’elenco comincia con l’esecuzione di Gneo Ottavio31, nonostante la parola data da Cinna e Mario che non avrebbe sofferto alcun male32; prosegue plebe Q. Vario Hybrida, prevedeva l’accusa di lesa maestà contro gli amici di Druso che avrebbero incitato i socii alla ribellione. La lex Varia de maiestate fu approvata nei primi mesi del 90 a.C. e istituiva una quaestio extraordinaria che restò la sola in attività durante la guerra sociale, dal momento che le altre quaestiones furono sospese (Cic. Brut. 304; Ascon. p. 58, 11 Stangl): vd. GABBA 19672, p. 124. App. BC 1, 37, 165168: Οὕτω μὲν δὴ καὶ Δροῦσος ἀνῄρητο δημαρχῶν. Καὶ οἱ ἱππεῖς ἐπίβασιν ἐς συκοφαντίαν τῶν ἐχθρῶν τὸ πολίτευμα αὐτοῦ τιθέμενοι, Κόιντον Οὐράιον δήμαρχον ἔπεισαν εἰσηγήσασθαι κρίσεις εἶναι κατὰ τῶν τοῖς Ἰταλιώταις ἐπὶ τὰ κοινὰ φανερῶς ἢ κρύφα βοηθούντων, ἐλπίσαντες τοὺς δυνατοὺς ἅπαντας αὐτίκα εἰς ἔγκλημα ἐπίφθονον ὑπάξεσθαι καὶ δικάσειν μὲν αὐτοί, γενομένων δ’ ἐκείνων ἐκποδὼν δυνατώτερον ἔτι τῆς πόλεως ἐπάρξειν. Τὸν μὲν δὴ νόμον ἀπαγορευόντων τῶν ἑτέρων δημάρχων μὴ τίθεσθαι, περιστάντες οἱ ἱππεῖς σὺν ξιφιδίοις γυμνοῖς ἐκύρωσαν· ὡς δ’ ἐκεκύρωτο, αὐτίκα τοῖς ἐπιφανεστάτοις τῶν βουλευτῶν ἐπεγράφοντο κατήγοροι. Καὶ Βηστίας μὲν οὐδ’ ὑπακούσας ἑκὼν ἔφευγεν ὡς οὐκ ἐκδώσων ἑαυτὸν εἰς χεῖρας ἐχθρῶν, καὶ Κόττας ἐπ’ ἐκείνῳ παρῆλθε μὲν ἐς τὸ δικαστήριον, σεμνολογήσας δὲ ὑπὲρ ὧν ἐπεπολίτευτο, καὶ λοιδορησάμενος τοῖς ἱππεῦσι φανερῶς, ἐξῄει τῆς πόλεως καὶ ὅδε πρὸ τῆς ψήφου· Μούμμιος δ’, ὁ τὴν Ἑλλάδα ἑλών, αἰσχρῶς ἐνεδρευθεὶς ὑπὸ τῶν ἱππέων ὑποσχομένων αὐτὸν ἀπολύσειν κατεκρίθη φεύγειν καὶ ἐν Δήλῳ διεβίωσεν. [«Così anche Druso morì durante il tribunato. Ed i cavalieri, facendo della sua azione politica un mezzo per attaccare calunniosamente i loro avversari, convinsero il tribuno Quinto Vario a proporre una legge, per la quale si processassero coloro che, apertamente o di nascosto, aiutavano gli alleati Italici ai danni dello stato; essi speravano di trascinare senz’altro tutti gli oligarchici sotto un’odiosa accusa, e di essere loro a giudicarli; così, dopo l’eliminazione degli avversari avrebbero dominato ancor più completamente lo stato. E poiché gli altri tribuni intercedevano contro la proposta di legge, i cavalieri minacciando con le spade nude la fecero approvare; ed approvata che fu, subito si presentarono degli accusatori contro i senatori più in vista. Bestia non si presentò, ma volontariamente andò in esilio, per non darsi nelle mani degli avversari; dopo di lui Cotta si presentò al tribunale e, fatta una esposizione delle proprie azioni pubbliche, apertamente si scagliò contro il ceto equestre; quindi si allontanò pure lui dalla città prima del voto. Mummio Acaico, vergognosamente ingannato dai cavalieri, che gli avevano promesso l’assoluzione, fu condannato all’esilio e si ritirò a vivere a Delo». Le traduzioni del testo appianeo, qui e in seguito, sono tratte da E. Gabba 19672]. 29 L’inserzione del tribuno della plebe dell’88 a.C. P. Sulpicio Rufo, accanto a G. Aurelio Cotta, è giustificata dal suo discepolato di L. Licinio Crasso, cui la morte impedì di vedere il destino infelice di coloro che fin da giovani erano stati suoi fedeli seguaci. Sulla fuga dei mariani e l’esecuzione di Sulpicio, vd. App. BC 1, 61, 272: Καὶ ζητηταὶ διέθεον ἐπὶ τοὺς ἄνδρας, οἳ Σουλπίκιον μὲν καταλαβόντες ἔκτειναν· ὁ δὲ Μάριος αὐτοὺς ἐς Μιντούρνας διέφυγεν, ἔρημος ὑπηρέτου τε καὶ θεράποντος. [...]. [«Furono mandati degli inseguitori alla loro ricerca, che catturarono Sulpicio e lo uccisero. Mario riuscì a sfuggir loro e si diresse a Minturno, senza compagni e servi.»]. 30 App. BC 1, 71-74, 325-343. 31 App. BC 1, 71, 327-328: Ἐπιθέοντος δ’ αὐτῷ μετά τινων ἱππέων Κηνσωρίνου καὶ πάλιν τῶν φίλων αὐτὸν καὶ τῆς παρεστώσης στρατιᾶς φυγεῖν παρακαλούντων καὶ τὸν ἵππον αὐτῷ προσαγαγόντων, οὐκ ἀνασχόμενος οὐδὲ ὑπαναστῆναι τὴν σφαγὴν περιέμενεν. Ὁ δὲ Κηνσωρῖνος αὐτοῦ τὴν κεφαλὴν ἐκτεμὼν ἐκόμισεν ἐς Κίνναν, καὶ ἐκρεμάσθη πρὸ τῶν ἐμβόλων ἐν ἀγορᾷ πρώτου τοῦδε ὑπάτου. [«Mentre già Censorino con alcuni cavalieri correva verso di lui, gli amici e i soldati, che gli erano vicini, lo scongiurarono di nuovo di fuggire e gli portarono innanzi il cavallo; ma Ottavio non si degnò nemmeno di alzarsi ed attese d’essere ucciso. Censorino gli mozzò il capo e lo inviò a Cinna; esso venne appeso ai rostri nel foro e fu il primo caso per la testa di un console.»]. 32 Secondo Diod. 38-39, 4, 1-2, Cinna e Mario avevano deciso di uccidere τοὺς ἐπιφανεστάτους τῶν ἐχθρῶν e di non mantenere le promesse di impunità prima concesse. Cf. Dio fr. 102, 8-11; Liv. Per. 80; Vell. 2, 22, 1-2; Flor. 2, 9, 13; Oros. 5, 19, 19. MONCERDAC-48.indd 103 17/12/2019 03:31:50 104 MARIA TERESA SCHETTINO con la descrizione della morte efferata di molte vittime tra senatori e cavalieri, di cui si tace il nome33; riprende con la menzione di 8 personaggi: Gaio Giulio Cesare, Lucio Giulio Cesare, Gaio Atilio Serrano, Publio Cornelio Lentulo, Gaio Numitorio, Marco Bebio, Publio Licinio Crasso e suo figlio maggiore34; continua con il racconto più dettagliato della morte di Marco Antonio35 e di Quinto Ancario36, le cui teste, con quelle di altri personaggi di rango consolare 33 App. BC 1, 71, 330-331: Ζητηταὶ δ’ ἐπὶ τοὺς ἐχθροὺς αὐτίκα ἐξέθεον τούς τε ἀπὸ τῆς βουλῆς καὶ τῶν καλουμένων ἱππέων, καὶ τῶν μὲν ἱππέων ἀναιρουμένων λόγος οὐδεὶς ἔτι μετὰ τὴν ἀναίρεσιν ἐγίγνετο, αἱ δὲ τῶν βουλευτῶν κεφαλαὶ πᾶσαι προυτίθεντο πρὸ τῶν ἐμβόλων. Αἰδώς τε θεῶν ἢ νέμεσις ἀνδρῶν ἢ φθόνου φόβος οὐδεὶς ἔτι τοῖς γιγνομένοις ἐπῆν, ἀλλὰ ἐς ἔργα ἀνήμερα καὶ ἐπὶ τοῖς ἔργοις ἐς ὄψεις ἐτρέποντο ἀθεμίστους, κτιννύντες τε ἀνηλεῶς καὶ περιτέμνοντες αὐχένας ἀνδρῶν ἤδη τεθνεώτων καὶ προτιθέντες τὰς συμφορὰς ἐς φόβον ἢ κατάπληξιν ἢ θέαν ἀθέμιστον. [«Si iniziò subito la caccia agli avversari, senatori e cavalieri: e mentre per questi ultimi, una volta uccisi, non vi era più nessun interesse, tutte le teste dei senatori, invece, venivano esposte sui rostri. In queste azioni non aveva più alcun valore né il timore degli dei, né il biasimo degli uomini, né la paura della vendetta, ma ci si dedicava ad imprese selvagge e poi ci si rivolgeva al piacere di spettacoli criminali, uccidendo senza pietà, mozzando i capi degli uomini già morti ed offrendo agli sguardi di tutta la gente azioni nefande o per suscitare terrore e costernazione o per infame diletto della vista. »]. Secondo Dio fr. 102, 11, le uccisioni durarono 5 giorni e 5 notti, con un numero di vittime molto elevato. 34 App. BC 1, 72, 332: Γάιος μὲν δὴ Ἰούλιος καὶ Λεύκιος Ἰούλιος, δύο ἀλλήλοιν ἀδελφώ, καὶ Ἀτιλίος Σερρανὸς καὶ Πούπλιος Λέντλος καὶ Γάιος Νεμετώριος καὶ Μᾶρκος Βαίβιος ἐν ὁδῷ καταληφθέντες ἀνῃρέθησαν, Κράσσος δὲ μετὰ τοῦ παιδὸς διωκόμενος τὸν μὲν υἱὸν ἔφθασε προανελεῖν, αὐτὸς δ’ ὑπὸ τῶν διωκόντων ἐπανῃρέθη. [«Gaio e Lucio Giulii, due fratelli, Atilio Serrano, Publio Lentulo, Gaio Numitorio e Marco Bebio, raggiunti nella pubblica via, vennero assassinati; Crasso, inseguito insieme al figlio, riuscì ad ucciderlo prima d’essere ammazzato egli stesso dagli inseguitori.»]. G. Atilio Serrano fu console nel 106 a.C., cf. KLEBS 1896, col. 2098. 35 App. BC 1, 72, 333-335: Τὸν δὲ ῥήτορα Μᾶρκον Ἀντώνιον ἔς τι χωρίον ἐκφυγόντα ὁ γεωργὸς ἐπικρύπτων καὶ ξενίζων ἐς πανδοκεῖον ἔπεμψε τὸν θεράποντα σπουδαιότερον τοῦ συνήθους οἶνον πρίασθαι· καὶ τοῦ καπήλου, τί δὴ σπουδαιότερον αἰτοίη, πυθομένου, ὁ μὲν θεράπων ἐψιθύρισε τὴν αἰτίαν καὶ πριάμενος ἐπανῆλθεν, ὁ δὲ κάπηλος αὐτίκα ἔθει Μαρίῳ τοῦτο δηλώσων, καὶ ὁ Μάριος, ἐπείτε ἤκουσεν, ὑφ’ ἡδονῆς ἀνέδραμεν ὡς αὐτὸς ὁρμήσων ἐπὶ τὸ ἔργον. Ἐπισχόντων δ’ αὐτὸν τῶν φίλων χιλίαρχος ἀποσταλεὶς στρατιώτας ἐς τὸ οἴκημα ἀνέπεμψεν, οὓς ὁ Ἀντώνιος ἡδὺς ὢν εἰπεῖν κατεκήλει λόγοις μακροῖς, οἰκτιζόμενός τε καὶ πολλὰ καὶ ποικίλα διεξιών, ἕως ὁ χιλίαρχος ἀπορῶν ἐπὶ τῷ γιγνομένῳ αὐτὸς ἀνέδραμεν ἐς τὸ οἴκημα καὶ τοὺς στρατιώτας εὑρὼν ἀκροωμένους ἔκτεινε τὸν Ἀντώνιον ῥητορεύοντα ἔτι καὶ τὴν κεφαλὴν ἔπεμψε τῷ Μαρίῳ. [«L’oratore Marco Antonio fuggì in campagna e fu accolto e nascosto da un contadino. Questi mandò un servo ad un’osteria per comprare del vino più fino che non l’usuale. Alla domanda dell’oste, perché acquistasse un vino più fino, il servo disse sottovoce il motivo e se ne andò con l’acquisto. L’oste corse subito a svelare tutto a Mario, che, non appena ebbe udito, per la gioia fece un balzo, quasi volesse andar lui ad ucciderlo, ma fu trattenuto dagli amici. Un tribuno, inviato per l’incombenza, fece salire in casa dei soldati. Antonio, la cui eloquenza era dolce, li affascinò con lunghi discorsi, cercando di impietosirli e narrando molte e svariate cose, finché il tribuno, non comprendendo cosa stesse accadendo, salì anch’egli in casa e, trovati i soldati intenti ad ascoltare, uccise Antonio mentre ancora parlava e ne mandò il capo a Mario.»]. 36 App. BC 1, 73, 337: Κόιντος δὲ Ἀγχάριος Μάριον ἐν τῷ Καπιτωλίῳ μέλλοντα θύσειν ἐφύλαττεν, ἐλπίζων οἱ τὸ ἱερὸν διαλλακτήριον ἔσεσθαι. Ὁ δ’ ἀρχόμενος τῆς θυσίας προσιόντα τὸν Ἀγχάριον καὶ προσαγορεύοντα αὐτίκα ἐν τῷ Καπιτωλίῳ τοῖς παρεστῶσι προσέταξεν ἀνελεῖν. [«Q. Ancario aspettava l’occasione che Mario stesse sacrificando in Campidoglio, nella speranza che la sacertà del luogo avrebbe favorito la conciliazione. Ma, all’avvicinarsi di Ancario ed al di lui saluto, Mario, che già aveva iniziato il sacrificio, subito comandò ai suoi seguaci di ucciderlo nello stesso Campidoglio.»]. MONCERDAC-48.indd 104 17/12/2019 03:31:50 LA GENERAZIONE DEI PADRI TRA MEMORIE FAMILIARI E PROPAGANDA POLITICA 105 o pretorio, furono esposte nel foro, e i cui corpi, come i cadaveri delle altre vittime, rimasero insepolti37; tra l’esecuzione di Marco Antonio e Quinto Ancario, Appiano ricorda la salvezza assicurata a Cornuto dai propri schiavi38; segue il ricordo di altre vittime imprecisate, della comminazione di esilii e delle confische di beni39, della sorte toccata agli amici di Silla, a quest’ultimo e alla sua famiglia40; l’elenco termina con la morte di Lucio Cornelio Merula41 e di Quinto Lutazio Catulo42. Il confronto tra il passo ciceroniano di de orat. 3, 2, 6 e il racconto di Appiano è, secondo me, rivelatore: in rapporto al numero più elevato di vittime nell’87 a.C. riferito dal secondo, in cui ne sono identificate 13, Cicerone effettua una selezione che trascura personalità ben conosciute, come Gneo Ottavio, Publio Cornelio Lentulo, Lucio Cornelio Merula, e che si giustifica solo parzialmente in virtù delle relazioni di amicizia che L. Licinio Crasso aveva intrattenuto con i personaggi menzionati. Cicerone 37 App. BC 1, 73, 338: Καὶ ἡ κεφαλὴ καὶ τοῦδε καὶ Ἀντωνίου τοῦ ῥήτορος καὶ τῶν ἄλλων ὑπάτων ἢ στρατηγῶν γεγονότων ἐν ἀγορᾷ προυτέθησαν. Ταφήν τε οὐδενὶ ἐξῆν ἐπενεγκεῖν ἐς οὐδένα τῶν ἀναιρουμένων, ἀλλ’ οἰωνοὶ καὶ κύνες ἄνδρας τοιούσδε διεσπάσαντο. [«La sua testa (scil.: di Ancario), insieme a quelle dell’oratore Antonio e di altri personaggi consolari e pretorii, fu esposta nel foro. A nessuno fu concesso di dar sepoltura agli uccisi: i corpi di persone così illustri furono lacerati dagli uccelli e dai cani.»]. 38 App. BC 1, 73, 336: Κορνοῦτον δὲ ἐν καλύβαις κρυπτόμενον οἱ θεράποντες εὐμηχάνως περιέσωσαν· νεκρῷ γὰρ περιτυχόντες σώματι πυράν τε ἔνησαν καὶ τῶν ζητητῶν ἐπιόντων ἅψαντες τὴν πυρὰν ἔφασαν τὸν δεσπότην καίειν ἀπαγξάμενον. [«I servi salvarono astutamente Cornuto nascosto in una capanna: infatti, preso a caso un cadavere, lo posero sul rogo e, dato fuoco alla pira, ai ricercatori sopraggiunti dissero che bruciavano il cadavere del padrone, che si era impiccato.»]. Si tratta probabilmente di M. Celio Cornuto che aveva avuto un comando durante la guerra sociale: cf. MÜNZER 1897, col. 1200. 39 App. BC 1, 73, 339: Πολὺς δὲ καὶ ἄλλος ἦν τῶν στασιωτῶν φόνος ἐς ἀλλήλους ἀνεύθυνος καὶ ἐξελάσεις ἑτέρων καὶ δημεύσεις περιουσίας καὶ ἀρχῆς ἀφαιρέσεις καὶ ἀνατροπαὶ τῶν ἐπὶ Σύλλα τεθέντων νόμων. [«Vi furono, inoltre, numerose uccisioni di rivoluzionari fra di loro senza alcuna giustificazione; si ebbero esilii di altri, confische di beni, deposizioni dalle cariche e la cassazione delle leggi approvate sotto Silla.»]. Per gli esilii, cf. Liv. Per. 84 e Dio fr. 102, 12 (si tratterebbe di due pretori): vd. GABBA 19672, p. 199. 40 App. BC 1, 73, 340: Αὐτοῦ τε Σύλλα φίλοι πάντες ἀνῃροῦντο, καὶ ἡ οἰκία κατεσκάπτετο, καὶ ἡ πε ριουσία δεδήμευτο, καὶ πολέμιος ἐψηφίζετο· τὸ δὲ γύναιον καὶ ἡ γενεὰ ζητούμενοι διέφυγον. Ὅλως τε οὐδὲν ἀπῆν ἀθρόων τε καὶ ποικίλων κακῶν. [«Dello stesso Silla tutti gli amici vennero uccisi, la casa abbattuta, i beni confiscati: egli stesso fu dichiarato nemico dello stato. Sua moglie e i suoi figli riuscirono a fuggire benché braccati. Veramente nulla mancò a queste sventure immense e d’ogni genere.»]. Sui figli di Silla, si veda GABBA 19672, p. 200. 41 App. BC 1, 74, 342: [...] Μερόλας μὲν τὰς φλέβας ἐνέτεμεν ἑαυτοῦ, καὶ πινάκιον αὐτῷ παρακείμενον ἐδήλου, ὅτι κόπτων τὰς φλέβας τὸν πῖλον ἀποθοῖτο οοὐ γὰρ ἦν θεμιτὸν ἱερέα περικείμενον τελευτᾶνν. [«(...) Merula, però, si tagliò egli stesso le vene ed una tavoletta abbandonata presso di lui fece sapere che per tagliarsi le vene si era tolto il cappello; giacché non era consentito al sacerdote morire con il capo coperto.»]. 42 App. BC 1, 74, 342-343: Κάτλος δ’ ἐν οἰκήματι νεοχρίστῳ τε καὶ ἔτι ὑγρῷ καίων ἄνθρακας ἑκὼν ἀπεπνίγη. [«Catulo si lasciò volontariamente asfissiare in una stanza da poco imbiancata ed ancor umida, facendo bruciare dei carboni.»]. MONCERDAC-48.indd 105 17/12/2019 03:31:50 106 MARIA TERESA SCHETTINO rivolge la sua attenzione, mi sembra, verso quei personaggi che appartenevano al gruppo legato a L. Giulio Cesare43 e che costituivano da diversi anni un’élite consolidata e unita, al vertice della repubblica44. Benché L. Licinio Crasso avesse adottato una condotta del tutto autonoma, e talora in contrasto con le posizioni di questo gruppo45, Cicerone tuttavia sottolinea l’inimicizia implacabile che l’aveva opposto a G. Carbone, appena moderata dall’afflizione che avrebbe provato alla notizia della sua morte, per compassione verso lo stato46: in una sequenza anacronistica, egli ricrea una coesione, di cui lo stesso L. Licinio Crasso era parte integrante, nonostante le sue posizioni distinte, e proietta su quest’uomo la sua visione idealizzata di una fase e di un’intera generazione della storia di Roma. 3. LA TOPOGRAFIA MEMORIALE DELLA GENERAZIONE DEI FIGLI Cicerone in de oratore 3, 3, 9-11 menziona un gruppo coeso costituito dalle personalità ai vertici della Res publica prima della guerra civile, che subirono tutte la medesima sorte nell’87 a.C. Questi uomini politici non erano affiliati di Silla, con cui taluni di loro avevano avuto occasione di polemizzare durante il cursus honorum dello stesso Silla, come fu il caso di G. Giulio Cesare Strabone Vopisco all’epoca della sua elezione alla pretura47. I loro discendenti si trovarono a militare nelle fila dei sillani dopo la morte violenta per mano dei mariani dei loro parenti. I mariani non colpirono soltanto i sostenitori dichiarati di Silla, ma i membri della nobiltà senatoria che avevano diretto la Res publica durante le vicende a cavallo della guerra sociale. Era questo gruppo che Cicerone ricordava nel passo del de oratore, un gruppo unito, come si è visto, da legami familiari e politici. Questo quadro, dettagliato e suggestivo, che superava il richiamo storico e veicolava una riflessione sul passato, induce a chiedersi se la selezione di Cicerone non sia stata indotta anche dalle celebrazioni con cui la generazione dei figli tenne 43 Se ci si affida alla lista dei legati, la sola eccezione sarebbe costituita da P. Cornelio Lentulo: secondo GABBA 1958, pp. 197-198 e BADIAN 1957, pp. 337-343, si tratta della stessa persona. 44 Sulla coesione di questa fazione, opposta a quella di Mario, cf. BADIAN 1957, pp. 337-343, benché consideri questi nobiles come precedenti amici di Mario. 45 Cf. supra, nota n° 21. 46 Si tratterebbe di G. Papirio Carbone Arvina, tribuno della plebe nel 90 a.C., che raggiunse la pretura nell’83 a.C., fu ucciso l’anno seguente, con P. Mucio Scevola pontefice, ad opera del pretore L. Giunio Bruto Damasippo: cf. BROUGHTON 1952, pp. 26, 30-31, 63, 65. Nell’82 a.C., G. Papirio Carbone era sul punto di passare dall’alleanza con i mariani al campo avverso. 47 Cf. SCHETTINO 2018, pp. 205-224, in part. p. 212. MONCERDAC-48.indd 106 17/12/2019 03:31:50 LA GENERAZIONE DEI PADRI TRA MEMORIE FAMILIARI E PROPAGANDA POLITICA 107 viva la memoria del destino tragico dei propri padri, rivendicando in nome della loro morte ingiusta il proprio prestigio e ruolo politico. In realtà, senza le tensioni che sfociarono nella guerra civile, i discendenti del gruppo ai vertici della repubblica al tempo del conflitto sociale, avrebbero goduto di una condizione di privilegio nella loro carriera politica, che avrebbero percorso con successo incontestato, mentre in seguito allo scontro civile si trovarono in concorrenza con personalità emergenti che dovevano la loro fortuna proprio alla guerra. Non si può escludere che il ricordo delle vicende dolorose dei padri rientrasse in una strategia politica di auto-affermazione nell’ambito di una competizione che era diventata più agguerrita per il numero maggiore di rivali che avevano conquistato posizioni di prestigio in seguito al loro impegno nel conflitto civile. La strategia dovette essere efficace, se i figli delle personalità citate da Cicerone nel passo del de oratore raggiunsero l’apice del cursus48. Lo stesso Silla, in nome delle vittime dell’87 a.C., ne aveva onorato i discendenti cui ricordava, se necessario, l’onta subita49. Atti simbolici avevano fissato nella memoria quelle morti quale momento imprescindibile della guerra civile, come l’uccisione davanti alla tomba di Q. Lutazio Catulo, in una sorta di rito espiatorio o di sacrificio ai Mani, di Marco Mario Gratidiano, che da tribuno della plebe l’aveva accusato di alto tradimento. Per questa ragione, mi sembra riduttiva l’interpretazione che propone Penelope Davies, cui pure va ascritto il merito di aver messo in rilievo il nesso tra architettura e politica in età repubblicana50, dell’attività svolta nella monumentalizzazione di Roma da esponenti sillani discendenti delle vittime dell’87 a.C., attribuendole l’obiettivo di obliterare le vicende appena trascorse51. 48 Q. Lutazio Catulo, forse pretore nell’81 a.C., 20 anni dopo, con calcolo inclusivo, della celebrazione paterna del trionfo sui Cimbri, fu console nel 78 a.C., censore nel 65 a.C.; M. Antonio Cretico, pretore nel 74 a.C., morì probabilmente poco dopo; il fratello G. Antonio Hybrida, pretore nel 66 a.C., dopo essere stato espulso dal senato nel 70 a.C., rivestì il consolato nel 63 a.C.; L. Giulio Cesare, pretore nel 67 a.C., fu console nel 64 a.C.; M. Licinio Crasso, forse pretore nel 73 a.C., fu console nel 70 a.C. e nel 55 a.C., censore nel 65 a.C.; G. Aurelio Cotta, pretore nel 78 a.C., fu eletto console nel 75 a.C. 49 Vd. Plut. Crass. 6, 3-4: ἐπεὶ δὲ διαβὰς εἰς Ἰταλίαν ὁ Σύλλας πάντας ἐβούλετο τοὺς σὺν αὐτῷ νέους ἔχειν συνεργούς, καὶ πρὸς ἄλλην ἄλλον ἔταττε πρᾶξιν, ἀποστελλόμενος εἰς Μαρσοὺς ἐπὶ στρατιὰν ὁ Κράσσος, ᾔτει φύλακας· ἡ γὰρ πάροδος ἦν παρὰ τοὺς πολεμίους. εἰπόντος δὲ τοῦ Σύλλα σὺν ὀργῇ καὶ σφοδρῶς πρὸς αὐτόν· “δίδωμί σοι φύλακας τὸν πατέρα, τὸν ἀδελφόν, τοὺς φίλους, τοὺς συγγενεῖς, ὧν παρανόμως καὶ ἀδίκως ἀναιρεθέντων ἐγὼ μετέρχομαι τοὺς φονεῖς”. [«Quando Silla passò in Italia, volle che tutti i giovani che erano con lui collaborassero nelle operazioni, e assegnò a ciascuno un compito. Crasso, inviato a raccogliere truppe fra i Marsi, chiese una scorta, poiché la strada passava fra i nemici. Silla rispose fremente d’ira: “Ti do come scorta tuo padre, tuo fratello, i tuoi amici, i tuoi parenti, dei quali io sto perseguitando gli assassini, che li uccisero contro le leggi e la giustizia”.», trad. C. Carena 1993]. 50 DAVIES 2017. 51 DAVIES 2018, pp. 477-511. MONCERDAC-48.indd 107 17/12/2019 03:31:50 108 MARIA TERESA SCHETTINO Diversi indizi dimostrerebbero non solo che vi fu un vivace dibattito attorno alla memoria di alcuni di questi personaggi morti nell’87 a.C., ma anche il ruolo che vi rivestirono i figli. L’epoca postsillana fu, a Roma, un periodo di intensa attività edilizia e di monumentalizzazione, che non furono prive di valore ideologico. In particolare, si distinsero per il fervore con cui si adoperarono e i luoghi simbolo che furono oggetto dei loro interventi Q. Lutazio Catulo, figlio del collega di Mario, e C. Aurelio Cotta. La vittoria sui Cimbri e i Teutoni era diventata fin dal suo conseguimento ragione di rivalità tra Mario e Catulo, che aveva assunto valenza di opposizione politica e ideologica. Il primo, la cui attività edilizia fu assai modesta, per celebrarla aveva edificato, presso la porta Capena, il tempio a Honos et Virtus, divinità che dovevano riflettere le sue doti di comandante52. Invece, per commemorare la vittoria sui Cimbri del 101 a.C., Q. Lutazio Catulo padre, ai cui ordini si trovava lo stesso Silla, fece erigere l’aedes della Fortuna Huiusce Diei, anticipando quel culto per la dea Fortuna che sarebbe diventanto uno dei tratti distintivi di Silla53. Il tempio, del tipo a tholos, di cui sono ancora visibili i resti in Largo Argentina54, fu dedicato qualche anno dopo la vittoria55, il 30 luglio, ovvero lo stesso giorno della battaglia di Vercellae. Nell’anniversario del successo militare, ogni anno, veniva celebrato un sacrificio alla dea: se il tempio era stato edificato in forma privata56, il culto di Fortuna Huiusce Diei faceva parte di quelli della Res publica. L’attività letteraria e storica di Q. Lutazio Catulo57 manteneva viva la sua memoria nel mondo politico e intellettuale romano58, mentre il tempio di Fortuna Huiusce Diei era il simbolo dei fasti della sua carriera di cui annualmente si rin- 52 Si tratta della sola realizzazione monumentale di un certo rilievo nella scarsissima attività edilizia di Mario. La sua localizzazione deve essere posta nell’area dell’arco di Tito; il tempio scomparve forse nella costruzione del grande santuario adrianeo di Venere e Roma: PALOMBI 1996, pp. 33-35. 53 La statua si trova attualmente al Museo Capitolino (palazzo dei Conservatori). Catulo fece voto di edificare il tempio, che fu innalzato nel campo Marzio, durante la battaglia di Vercellae: Plut. Mar. 26, 3. 54 Fig. 2, alla pagina seguente. Secondo l’ipotesi di BOYANCÉ 1940, pp. 64-71, confermata da COARELLI 1968, pp. 365-373; cf. GROSS 1995, pp. 269-279, che ritiene inoltre che fosse il primo consacrato a Fortuna Huiusce Diei, ma già Emilio Paolo ne avrebbe dedicato uno alla medesima divinità sul Campidoglio dopo la vittoria di Pidna: cf. BOYANCÉ 1940, p. 67, si veda tuttavia contra COARELLI 1995, p. 271. 55 Cf. GROS 1995, p. 269. 56 In quanto tale era tutelato dal comune diritto civile. 57 Poeta neotero e autore di un Liber de consulatu et de rebus gestis suis, così come probabilmente della Communis historia: su questa attribuzione, nonostante le ipotesi alternative (comme quella del liberto di Catulo, Lutazio Dafnide), cf. ZECCHINI 2016, pp. 56-57. Per i tre frammenti del Liber de consulatu et de rebus gestis suis si veda SMITH 2013, n° 19, pp. 275-276 e 440-445: F 1 = 1 Chassignet (Plut. Mar. 25, 6-8); F 2 = 2 Chassignet (Plut. Mar. 26, 10); F 3 = 3 Chassignet (Plut. Mar. 27, 6-7). 58 Sui due livelli della propaganda politica indirizzata rispettivamente all’ambiente senatorio e al popolo romano, cf. SANDBERG 2018, pp. 351-389. MONCERDAC-48.indd 108 17/12/2019 03:31:50 LA GENERAZIONE DEI PADRI TRA MEMORIE FAMILIARI E PROPAGANDA POLITICA 109 Fig. 2. novava il ricordo. Il culto della dea Fortuna associava nel ricordo il padre di Catulo e Silla, con una duplice valenza ideologica che assegnava al console del 78 a.C. un posto di primo piano nella generazione politica post-sillana. Verso la metà del I secolo a.C., il tempio subì alcune trasformazioni acquisendo in monumentalità59: poiché si trattava di una costruzione privata, la famiglia dovette svolgere un ruolo nei cambiamenti architettonici, nella persona del figlio o di altri membri della medesima famiglia. Le attività connesse con l’aedes non furono probabilmente disgiunte dalla polemica intorno alla vittoria e dalla concorrenza con la memoria del rivale Mario, che segnarono gli anni postsillani. Come è noto, Cesare, nel 69 a.C., ai funerali della zia Giulia, vedova di Mario, fece sfilare tra le imagines degli antenati quelle dei 59 GROSS 1995, p. 279: « Le temple fut transformé en une sorte de pseudomonoptère [...]: le mur de la celle est démoli et le péribole clos par des plaques de tuf encastrées entre les colonnes ; un nouveau podium, adossé au précédent, élargit l’assise du stylobate ; revêtu de pépérin, il laisse libre les podiums latéraux (bases de statues) et l’escalier initial ». Il mosaico potrebbe essere della stessa epoca, ma anche dell’età domizianea. Al tempo dei Severi è rappresentato nella FUR (fr. 37). MONCERDAC-48.indd 109 17/12/2019 03:31:50 110 MARIA TERESA SCHETTINO due Marii, la cui memoria era stata bandita da Silla60; nel 65 a.C., durante la sua edilità, fece restaurare i trofei di Mario61. Le accuse che in tale occasione Catulo gli rivolse in senato testimoniano la concorrenza memoriale a fini politici e propagandistici62: su tale episodio ritornerὸ per comprendere le ragioni che portarono il senato, pure a maggioranza sillana, a schierarsi, forse un po’ a sorpresa, con Cesare. Agli inizi degli anni 50 a.C., si verificὸ un altro episodio che inasprì le tensioni memoriali presenti a Roma, in cui Q. Lutazio Catulo ebbe un ruolo di primo piano. La Porticus (o Monumentum) Catuli era stata costruita dopo il 101 a.C.63 ed era ornata degli spolia Cimbrica64. A seguito del rinnovamento edilizio di Clodio nel 58 a.C., che riprendeva contro gli esponenti sillani la propaganda che essi avevano promosso attraverso le realizzazioni architettoniche, il nome di Catulo fu cancellato65 e fu edificata una nuova costruzione dedicata alla Libertas che portava quello di Clodio66. La consacrazione, a motivo dell’inadempienza delle norme pontificali, fu perὸ invalidata nel 57 a.C. dal senato67 che ordinὸ che la Porticus Catuli fosse ricostruita secondo le dimensioni originali. I consoli aggiudicarono i lavori e gli appaltatori iniziarono subito la demolizione del complesso di Clodio68. Nel novembre dello stesso anno le sue bande armate distrussero nuovamente la Porticus, il cui innalzamento era quasi giunto al tetto69. Le fasi di costruzione, demolizione e riedificazione dimostrano come questo luogo simbolico fosse preso di mira ancora all’inizio degli anni 50 e come la polemica attorno alla memoria di Q. Lutazio Catulo attraversasse tutta la prima metà del I secolo a.C. infiammando gli animi per il suo valore ideologico e propagandistico70. La celebrazione della famiglia che accompagnava il ricordo delle sue imprese in contrapposizione ai nemici politici che ne avevano decretato la 60 Plut. Caes. 5, 1-2; Svet. Iul. 6, 1-2. Intensa fu peraltro l’attività edilizia di Cesare durante tale carica, e non senza valore propagandistico: vd. Svet. Iul. 10. 62 Plut. Caes. 6, 4. 63 Sulla pendice settentrionale del Palatino, non in prossimità della domus Catuli, che si trovava presso la Scala Caci e fu acquisita da Augusto e integrata nella sua dimora sul Palatino: PAPI 1999, p. 119. 64 De manubiis Cimbricis: Cic. dom. 102; Val.Max 6, 3, 1. 65 Cic. dom. 137. 66 Cic. dom. 51. 67 Cic. Att. 4, 3, 2. 68 Cic. Att. 4, 2, 5. 69 Cic. Att. 4.3.2. PAPI 1999, p. 119. È probabile che i lavori siano stati ripresi parallelamente a quelli delle domus di M. e Q. Tullii Cicerones. 70 L’interesse per la vicenda di Cicerone, che ci conserva delle informazioni preziose a riguardo, era dovuto al fatto che la ristrutturazione di Clodio aveva inglobato un decimo della casa di Cicerone. 61 MONCERDAC-48.indd 110 17/12/2019 03:31:52 LA GENERAZIONE DEI PADRI TRA MEMORIE FAMILIARI E PROPAGANDA POLITICA 111 morte, a cominciare dall’antico collega e rivale, Mario, fu sostenuta dall’intensa attività edilizia di Q. Lutazio Catulo figlio, che legὸ il suo nome in specie al sito del Campidoglio. L’incendio dell’83 a.C. aveva provocato la distruzione totale del tempio di Iuppiter Optimus Maximus Capitolinus, compresa l’antica immagine di culto di Giove71, dei libri dei carmina sibillina, di diverse offerte votive72. Silla diede inizio ai lavori di riedificazione del tempio73, ma la morte, nel 78 a.C., gli impedì di poterli concludere74. Furono allora affidati a Q. Lutazio Catulo, console in quello stesso anno, che nel 69 a.C. lo dedicὸ, come mostrava il suo nome sulla fronte del tempio75. In concomitanza con tale dedica Catulo fece erigere sempre sul Campidoglio un edificio provvisorio in cui furono usati, per la prima volta, teli di lino per proteggere gli spettatori dal sole76: un’innovazione che doveva accrescere la popolarità di Catulo e della sua famiglia. Il rilievo propagandistico della riedificazione del tempio è dimostrato dal duplice tentativo di Cesare, nel 62 e di nuovo nel 46 a.C., di sostituire il nome di Catulo con il proprio77: entrambi i tentativi fallirono, infatti il nome di Q. Lutazio Catulo si conservava ancora nel 69 d.C., al momento dell’incendio di quell’anno. Sul Campidoglio, di cui contribuì a risistemare l’area, Q. Lutazio Catulo fu anche incaricato, sempre nell’anno del suo consolato, della ricostruzione del tabularium, distrutto anch’esso in seguito all’incendio dell’83 a.C.78. Le realizzazioni monumentali, che legavano il suo nome al Campidoglio, non solo costituivano un programma architettonico di propaganda personale, ma contribuivano, anche tacitamente, a rinverdire il ricordo paterno e della sua fine ingiusta in nome della Res publica. Menzionato da Cicerone tra le vittime dei mariani nell’87 a.C., ma già in esilio in seguito a una precedente condanna, G. Aurelio Cotta si dedicὸ alla risistemazione di un altro sito nevralgico, ovvero il foro romano, fin 71 Plut. Mor. 379D. DE ANGELI 1996, p. 149. Il tesoro del tempio fu portato in salvo da Gaio Mario il Giovane (MÜNZER 1930, coll. 1811-1815) secondo Plin. NH 33, 17. 73 Val.Max. 9, 3, 8; Tac. Hist. 3, 72, 3; Plut. Publ. 15, 1. 74 Le fonti ne ricordano il rammarico a tale proposito: Plin. NH 7, 138; Tac. Hist. 3, 72, 3. 75 Cf. ad esempio Cic. Verr. II, 4, 69; Liv. Per. 98; Val.Max. 6, 9, 5. Plin. NH 34, 77 ricorda anche la dedica di Lutazio Catulo di una statua di Atena, opera di Euphranon (vd. LTUR, Capitolium). Un denario di M. Volteio (GUNDEL, 1961, col. 848) emesso nel 78 a.C. raffigura il tempio (RRC, I, p. 399, 385.1, II, tav. 49, 3). 76 Plin. NH 19, 6. 77 Dio 37, 44, 1-2; Svet. Iul. 15. 78 Sulla data, cf. CIL VI, 1313 e 1314. Una terza iscrizione trovata alcuni decenni fa sulla via Prenestina riporta il nome dell’architetto: un tale Lucio Cornelio, figlio di Lucio, della tribù Voturia, prefetto del genio e poi architetto di Quinto Lutazio Catulo. Allo stesso Catulo, piuttosto che all’antenato vincitore della prima guerra punica, si deve forse la costruzione del primo tempio alla dea Iuturna nel campo Marzio (COARELLI 1996, pp. 162-163), non lontanto dall’aedes paterna. 72 MONCERDAC-48.indd 111 17/12/2019 03:31:52 112 MARIA TERESA SCHETTINO dall’81 a.C., anno della sua pretura. I cambiamenti architettonici e funzionali in specie nell’area del Comitium furono resi necessari dall’intervento di Silla nel corso della sua dittatura. L’intera attività giudiziaria fu collocata nel lato meridionale del foro in seguito alla sistemazione sillana delle quaestiones perpetuae. Si ritiene che lo spostamento debba essere collegato con la tradizione del tribunal e dei gradus Aurelii ad opera di G. Aurelio Cotta79. A quest’ultimo andrebbe attribuita l’obliterazione del santuario di Stata Mater tramite una pavimentazione, forse da identificare con il Lapis Niger80. Il Campidoglio e il foro, che avevano già visto interventi di Silla, divennero due luoghi-simbolo della classe dirigente sillana, in particolare di coloro che erano stati colpiti nell’87 a.C. attraverso la morte dei propri parenti o le condanne pronunciate contro loro stessi. Costoro iscrissero il proprio potere, evocatore delle fasi drammatiche della violenta reazione mariana e della guerra civile, nella risistemazione di aree vitali per la vita religiosa e politico-economica di Roma e coagularono talora le tensioni memoriali che dividevano il senato. Il quadro si completa grazie a edifici preesistenti restaurati o edificati da membri della nobilità senatoria uccisi nell’87 a.C. che mantenevano vivo il loro ricordo. È il caso dei navalia, restaurati per celebrare le campagne piratiche, conclusesi con la costituzione della provincia di Cilicia, di M. Antonio, pretore nel 102 a.C.81, il cui figlio M. Antonio Cretico, avrebbe 79 KLEBS 1896, coll. 2482-2484. Cf. VASALY 1993, pp. 66-67. Secondo PURCELL 1995, pp. 332-333, i gradus Aurelii coincidevano con il tribunal Aurelium che fu usato da Clodio per riunire i suoi sostenitori nel 58 a.C. 80 Fest. 416 L.: Statae Matris simulacrum in Foro colebatur: postquam id Cotta stravit, ne lapides igne corrumperentur, qui †plurimis† ibi fiebat nocturno tempore, magna pars populi in suos quisque v(i) cos rettulerunt ei(u)s deae cultum. A G. Aurelio Cotta si devono forse attribuire anche gli Aureliana, un complesso edilizio a destinazione commerciale: cf. PAPI 1999, p. 230. La domus di G. Aurelio Cotta, nella cui exedra si svolge il dialogo ciceroniano De natura deorum, pubblicato circa nel 45 a.C., ma ambientato negli anni 77-76 a.C. (cf. Cic. nat. deor. 1, 15) si trovava forse non lontana dal tempio mariano di Honos et Virtus, presso la porta Capena, che sarebbe stata visibile dall’exedra della casa (Cic. nat. deor. 2, 61). I luoghi evocavano un intreccio di eventi e personaggi che all’epoca dell’ambientazione del dialogo erano ben vivi nella memoria e di cui, anni dopo il secondo conflitto civile, Cicerone risvegliava il ricordo, indicandoli come l’origine degli accadimenti successivi. 81 Se si deve intendere in tal senso Cic. de orat. 1, 14, 62, che sembra alludere a un restauro in tale occasione ad opera dell’architetto Ermodoro di Salamina, attivo a Roma nella seconda metà del II secolo a.C., che costruì i primi templi in marmo, il Circo Massimo e i cantieri navali del Campo Marzio (cf. ad es. Plin. NH 36, 26): [...] nec, si huic M. Antonio pro Hermodoro fuisset de naualium opere dicendum, non, cum ab illo causam didicisset, ipse ornate de alieno artificio copioseque dixisset; neque uero Asclepiades, is quo nos medico amicoque usi sumus tum eloquentia uincebat ceteros medicos, in eo ipso, quod ornate dicebat, medicinae facultate utebatur, non eloquentiae. [«(...) E se il qui presente Marco Antonio avesse dovuto patrocinare la causa di Ermodoro, che verteva sulla costruzione dei cantieri navali, dopo essersi fatto spiegare da lui l’ambito del contendere, avrebbe certo parlato estesamente e con eleganza di una disciplina tecnica che gli era estranea.», trad. P. Li Causi 2015]. MONCERDAC-48.indd 112 17/12/2019 03:31:52 LA GENERAZIONE DEI PADRI TRA MEMORIE FAMILIARI E PROPAGANDA POLITICA 113 voluto rinverdire le glorie con la sua guerra, ancorché fallimentare, di nuovo contro i pirati82. Ciascuna pars rivendicava i propri ‘martiri’, morti per il bene della Res publica. Negli anni che precedono la vittoria di Porta Collina e l’instaurazione della dittatura sillana, del ricordo delle vittime populares, con una sorta di elenco delle più importanti, rimarrebbe traccia nella Rhetorica ad Herennium83. Alla lista degli oratori esemplari della generazione precedente a 4, 7, tra cui sono menzionati anche i Gracchi84, segue a 4, 31 quella delle vittime della perfidia degli optimates: Ti. Sempronio Gracco, G. Sempronio Gracco, L. Apuleio Saturnino, M. Livio Druso, P. Sulpicio Rufo, 5 tribuni della plebe le cui morti avevano tragicamente segnato gli avvenimenti dal 133 all’88 a.C. sottolineando la violenza di parte ottimate85. L’elogio della morte per la salvezza dello stato è ribadito poco oltre nella Rhetorica ad Herennium, con un’enfasi che sembra connetterlo alle morti dei tribuni citati a 4, 3186. È significativo che nell’orazione de haruspicum responsis, pronunciata nell’aprile del 56 a.C., Cicerone sembri riprendere il medesimo tema in rapporto allo stesso elenco, con l’eccezione di Druso, per confermare le abilità oratorie di quei personaggi, ma smentire il valore delle loro gesta politiche, accusandoli di aver minato la stabilità della Res publica87. Nel medesimo torno di tempo, Cicerone si interrogava sui 82 Gli interventi architettonici e monumentali appartenavano alla tradizione politica degli esponenti più illustri della classe dirigente, tra cui altri membri della nobilitas periti nell’87 a.C. Si ricordi ad esempio il tempio di Iuno Sospita (in Foro Holitorio), che fu invece restaurato nel 90 a.C. da L. Giulio Cesare, nell’anno del suo consolato: COARELLI 1996, pp. 128-129. 83 Sull’opera, vd. supra nota n° 21. Sicuramente composta tra l’86 e l’82 a.C., questa datazione può essere circoscritta all’84-83 a.C., secondo ACHARD 1989, p. V-XIII. 84 Rhet. ad Her. 4, 7: Allatis igitur exemplis a Catone, a Graccis, a Laelio, a Scipione, Galba Porcina, Crasso Antonio, ceteris, item sumptis aliis a poetis et historiarum scriptoribus necesse erit eum, qui discet, putare ab omnibus omnia, ab uno pauca uix potuisse sumi. Qui e di seguito la Rhetorica ad Herennium è citata nell’edizione CUF (Achard 1989). 85 Rhet. ad Her. 4, 31: Hic unum nomen in commutatione casuum uolutatum est. Plura nomina casibus conmutatis hoc modo facient adnominationem: «Tiberium Graccum rem publicam administrantem prohibuit indigna nex diutius in eo commorari. Gaio Gracco similis occisio est oblata, quae uirum rei publicae amantissimum subito de sinu ciuitatis eripuit. Saturninum fide captum malorum perfidia <per> scelus uita priuauit. Tuus, o Druse, sanguis domesticos parietes et uoltum parentis aspersit. Sulpicio, qui paulo ante omnia concedebant, eum breui spatio non modo uiuere, sed etiam sepelirei prohibuerunt.». 86 Rhet. ad Her. 4, 57. La morte di G. Sempronio Gracco è ricordata come invendicata di nuovo in Rhet. ad Her. 4, 67, insieme con la menzione di Saturnino; quella di Ti. Sempronio Gracco è descritta in dettaglio anche in Rhet. ad Her. 4, 68. 87 Cic. de har. resp. 19, 41: Ti- Gracchus conuellit statum ciuitatis, qua grauitate uir, qua eloquentia, qua dignitate! nihil ut a patris auique Africani praestabili insignique uirtute, praeterquam quod a senatu desciuerat, deflexisset. Secutus est C- Gracchus, quo ingenio, qua eloquentia, quanta ui, quanta grauitate dicendi! ut dolerent boni non illa tanta ornamenta ad meliorem mentem uoluntatemque esse conuersa. Ipse Saturninus ita fuit effrenatus et paene demens ut actor esset egregius et ad animos imperitorum excitandos MONCERDAC-48.indd 113 17/12/2019 03:31:52 114 MARIA TERESA SCHETTINO ‘martiri’ di entrambe le parti, proponendo un’interpretazione idealizzata di quelli dell’87 a.C. e contestando la legittimità delle rivendicazioni espresse nella Rhetorica ad Herennium alla metà degli anni 80 a.C., che dovevano suonare quale giustificazione pressoché contemporanea delle esecuzioni per mano dei mariani. Il dibattito politico, ancora vivo presso la classe dirigeante postsillana, come testimoniano le opere ciceroniane citate, doveva riguardare il tema più ampio di quali fossero le vittime morte per la giusta causa, rappresentata dalla tutela della Res publica, e il cui ricordo dovesse essere mantenuto vivo nel suo patrimonio memoriale. Alla periodizzazione popularis che faceva risalire ai Gracchi l’inizio delle esecuzioni perpetrate ingiustamente di coloro che si erano distinti per il bene della patria, se ne opponeva un’altra che fissava tale momento all’87 a.C.: ne derivava una ricostruzione opposta delle vicende dalla morte dei due fratelli fino alla guerra civile sfociata nelle proscrizioni sillane, una visione divergente del bene supremo costituito dalla salvaguardia della Res publica88 che legittimava una pars politica, quella sillana, assolvendola in nome di un fine superiore, e condannava l’altra all’oblio. Le polemiche attorno alla memoria degli avvenimenti recenti erano ancora acute negli anni 50 del I secolo a.C. e superavano la sfera della classe politica, come dimostrano le vicende della Porticus Catuli: il passo del de oratore ciceroniano, opera del novembre del 55 a.C., risente di tali polemiche e degli scontri riguardo a monumenti che avevano acquisito fin dalla loro edificazione un valore ideologico ed esprimevano la memoria divisa e concorrenziale in seno al mondo politico romano. Le tensioni, alimentate fino alla dittatura di Cesare dalla questione spinosa dei discendenti dei proscritti, non coinvolgevano solo esponenti sillani e anti-sillani, ma segnavano forse una frattura all’interno dei primi. Può essere significativo a tale proposito il dibattito che ebbe luogo in senato dopo che Cesare, da edile, nel 65 a.C., aveva fatto innalzare sul Campidoglio i trofei che ricordavano le vittorie di Mario sui Cimbri; il suo più importante accusatore nella seduta senatoriale fu Q. Lutazio Catulo che gli imputò la volontà di impossessarsi dello stato: nonostante la grave accusa e l’autorevolezza di cui godeinflammandosque perfectus. Nam quid ego de Sulpicio loquar? cuius tanta in dicendo grauitas, tanta iucunditas, tanta breuitas fuit, ut posset uel ut prudentes errarent, uel ut boni minus bene sentirent perficere dicendo. Cum his conflictari et pro salute patriae cotidie dimicare erat omnino illis qui tum rem publicam gubernabant molestum; sed habebat ea molestia quandam tamen dignitatem. Cf. Cic de har. resp. 20, 43. 88 FERRARY 1982, pp. 723-804; ID. 1997, pp. 221-231, in part. p. 228, ha già sottolineato come valori comuni ricevessero interpretazioni nettamente in contrasto. Sui populares nell’epoca postsillana cf. in particolare ZECCHINI 2009, pp. 105- 120. Sull’interpretazione e sulle critiche ciceroniane all’azione politica popularis, vd. anche CLEMENTE 2019, pp. 35-49. MONCERDAC-48.indd 114 17/12/2019 03:31:53 LA GENERAZIONE DEI PADRI TRA MEMORIE FAMILIARI E PROPAGANDA POLITICA 115 va Catulo, Cesare riuscì a persuadere il senato, a maggioranza filosillana, e ad allontare da sé i sospetti ventilati dal suo influente accusatore89. Quinto Lutazio Catulo era in quell’anno censore, con Marco Licinio Crasso, e intervenne probabilmente in tale veste rimproverando a Cesare un atteggiamento non consono allo statuto di senatore. La vittoria riportata da Cesare nel dibattito in senato non può giustificarsi solo con l’appoggio popolare di cui egli godeva e che poteva incutere qualche timore; essa rivelerebbe una frattura nel fronte dei sillani che potrebbe avere una ragione interna a tale fronte. Infatti, è probabile che i discendenti delle vittime dell’87 a.C. traessero vantaggio dalle morti dei loro parenti per rivendicare un prestigio e un’autorità morale e politica superiore agli altri partigiani di Silla. In tale contesto, la sconfitta subita da Catulo nel 65 a.C., nel dibattito che seguì in 89 Plut. Caes. 6: Δυεῖν δ´ οὐσῶν ἐν τῇ πόλει στάσεων, τῆς μὲν ἀπὸ Σύλλα μέγα δυναμένης, τῆς δὲ Μαριανῆς, ἣ τότε κατεπτήχει καὶ διέσπαστο κομιδῇ ταπεινὰ πράττουσα, ταύτην ἀναρρῶσαι καὶ προσαγαγέσθαι βουλόμενος, ἐν ταῖς ἀγορανομικαῖς φιλοτιμίαις ἀκμὴν ἐχούσαις εἰκόνας ἐποιήσατο Μαρίου κρύφα καὶ Νίκας τροπαιοφόρους, ἃς φέρων νυκτὸς εἰς τὸ Καπιτώλιον ἀνέστησεν. ἅμα δ´ ἡμέρᾳ τοὺς θεασαμένους μαρμαίροντα πάντα χρυσῷ καὶ τέχνῃ κατεσκευασμένα περιττῶς (διεδήλου δὲ γράμμασι τὰ Κιμβρικὰ κατορθώματα) θάμβος ἔσχε τῆς τόλμης τοῦ ἀναθέντος (οὐ γὰρ ἦν ἄδηλος), ταχὺ δὲ περιϊὼν ὁ λόγος ἤθροιζε πάντας ἀνθρώπους πρὸς τὴν ὄψιν. Ἀλλ´ οἱ μὲν ἐβόων τυραννίδα πολιτεύεσθαι Καίσαρα, νόμοις καὶ δόγμασι κατορωρυγμένας ἐπανιστάντα τιμάς, καὶ τοῦτο πεῖραν ἐπὶ τὸν δῆμον εἶναι, προμαλαττόμενον εἰ τετιθάσσευται ταῖς φιλοτιμίαις ὑπ´ αὐτοῦ καὶ δίδωσι παίζειν τοιαῦτα καὶ καινοτομεῖν· οἱ δὲ Μαριανοὶ παραθαρρύναντες ἀλλήλους, πλήθει τε θαυμαστὸν ὅσοι διεφάνησαν ἐξαίφνης, καὶ κρότῳ κατεῖχον τὸ Καπιτώλιον· πολλοῖς δὲ καὶ δάκρυα τὴν Μαρίου θεωμένοις ὄψιν ὑφ´ ἡδονῆς ἐχώρει, καὶ μέγας ἦν ὁ Καῖσαρ ἐγκωμίοις αἰρόμενος, ὡς ἀντὶ πάντων ἄξιος εἷς ὁ ἀνὴρ τῆς Μαρίου συγγενείας. συναχθείσης δὲ περὶ τούτων τῆς βουλῆς, Κάτλος Λουτάτιος, ἀνὴρ εὐδοκιμῶν τότε μάλιστα Ῥωμαίων, ἀναστὰς καὶ κατηγορήσας Καίσαρος ἐπεφθέγξατο τὸ μνημονευόμενον· „οὐκέτι“ γὰρ „ὑπονόμοις“ ἔφη „Καῖσαρ, ἀλλ´ ἤδη μηχαναῖς αἱρεῖ τὴν πολιτείαν“. ἐπεὶ δ´ ἀπολογησάμενος πρὸς ταῦτα Καῖσαρ ἔπεισε τὴν σύγκλητον, ἔτι μᾶλλον οἱ θαυμάζοντες αὐτὸν ἐπήρθησαν, καὶ παρεκελεύοντο μηδενὶ τοῦ φρονήματος ὑφίεσθαι· πάντων γὰρ ἑκόντι τῷ δήμῳ περιέσεσθαι καὶ πρωτεύσειν. [«C’erano in quel momento in città due fazioni: quella sillana, in auge, e quella mariana, dimessa e divisa, veramente in cattive condizioni. Egli volle risollevare questa e legarla a sé, e nel momento in cui le sue liberalità di edile lo posero al centro dell’attenzione, fece costruire in segreto alcune statue di Mario e delle Vittorie portatrici di trofei, e una notte le fece trasportare sul Campidoglio, ove vennero innalzate. La mattina successiva coloro che videro quelle statue, tutte rilucenti d’oro e costruite con arte sopraffina (le iscrizioni ricordavano le vittorie sur Cimbri), furono presi d’ammirazione per l’audacia di chi le aveva fatte collocare (si sapeva bene chi fosse), e presto la voce si sparse e accorsero tutti a vedere. Alcuni però si diedero a gridare che Cesare meditava un regime tirannico, riesumando onori che erano stati affossati da deliberazioni legali, e che questa era una prova per controllare se il popolo, in precedenza addomesticato, era stato conquistato dalle sue larghezze e gli concedeva di scherzare in tal modo e di introdurre innovazioni. I mariani invece, facendosi coraggio a vicenda, apparvero all’improvviso in pubblico in numero straodinariamente grande, e riecheggiarono il Campidoglio dei loro applausi; molti piangevano di gioia vedendo il volto di Mario, e si alzava un gran grido di lode a Cesare, salutato come l’unico tra tutti gli altri degno della stirpe di Mario. Il senato si riunì a discutere di questo episodio, e Lutazio Catulo, a quel tempo particolarmente stimato tra i Romani, si alzò ad accusare Cesare con quella famosa frase: “Cesare cerca di conquistare lo stato non più scavando gallerie, ma muovendo le macchine da guerra”. Cesare si difese di fronte a queste accuse e persuase il senato; i suoi ammiratori si ringalluzzirono ancor di più e lo esortarono a non cedere di fronte ad alcuno, perché con il favore del popolo avrebbe superato tutti e sarebbe diventato il primo.», trad. D. Magnino 1996]. MONCERDAC-48.indd 115 17/12/2019 03:31:53 116 MARIA TERESA SCHETTINO senato le accuse da lui rivolte a Cesare per aver restaurato i trofei mariani, potrebbe essere la conseguenza dell’opposizione della maggioranza dei sillani, che non potevano vantare morti illustri, alle pretese, acquisite quasi per diritto di nascita, di un piccolo gruppo della generazione postsillana, il quale pure riuscì a raggiungere i vertici del cursus. La competizione accesa all’interno delle fila sillane era alimentata dalla fortuna di diversi personaggi che non avevano ascendenze altisonanti, come ad esempio lo stesso Pompeo, e che la vittoria nella guerra civile aveva proiettato verso una carriera brillante e altrimenti insperata. Da un lato la concorrenza, dall’altro le rivendicazioni memoriali cristallizzavano le tensioni e le discordie di una classe politica in cerca di una sua stabilizzazione, che tuttavia si rivelὸ ben presto incerta e fugace, poiché anche la costruzione memoriale divenne strumento di lotta politica all’interno della stessa generazione postsillana. MARIA TERESA SCHETTINO Université de Haute - Alsace, Université de Strasbourg, CNRS, UMR Archimède mtschettino@misha.fr BIBLIOGRAFIA ACHARD 1989 ANGELI BERTINELLI 1993 BADIAN 1957 BARCHIESI 2008 BISPHAM 2007 BRIQUEL 2010 BOYANCÉ 1940 MONCERDAC-48.indd 116 G. ACHARD (éd.), Rhétorique à Herennius, Paris 1989, pp. V-LIII. M. G. ANGELI BERTINELLI, Commento. La Vita di Crasso, in M.G. ANGELI BERTINELLI, C. CARENA, M. MANFREDINI, L. PICCIRILLI (edd.), Plutarco. Le Vite di Nicia e di Crasso, Milano 1993, pp. 317-422. E. BADIAN, Caepio and Norbanus. Notes on the Decade 100-90 BC, «Historia» 6, 1957, pp. 318-346. A. 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