LUNGO L’APPIA
Scritti su Capua antica e dintorni
a cura di
M aria L uisa C hirico R osanna C ioffi
S tef ania Q u ilici G ig li G iu s e ppe P ig natelli
giannini editore
Questo volume è stato realizzato con il contributo del Comune di Santa Maria Capua Vetere, capoila
del Programma Integrato Territoriale ‘Antica Capua’ - POR Campania 2000-2006, misura 7.2 - alla
Facoltà di Lettere della Seconda Università degli Studi di Napoli.
Un particolare ringraziamento va alla Soprintendenza Archeologica per le Province di Salerno, Avellino,
Caserta e Benevento, all’Archivio Storico del Comune di Santa Maria Capua Vetere ed all’Archivio di
Stato di Caserta.
In copertina, Vincenzo Aloja, Aniteatro campano a S. Maria di Capua, acquaforte acquerellata da un
dipinto di Jacob Philipp Hackert, ante 1799. Roma, collezione privata.
Sul retro, Luca Giordano, La Visione di San Bonaventura da Bagnoregio, particolare. Santa Maria Capua
Vetere, Istituto Angiulli, ex Convento di San Bonaventura da Bagnoregio.
Nei risguardi, Oficio Topograico del Regno di Napoli, Carta topograica e idrograica dei Contorni di
Napoli, 1817-19, foglio 2 (aggiornato). Napoli, Biblioteca Nazionale.
Progetto graico ed editing Giuseppe Pignatelli.
ISBN13: 9788874314829
giannini editore
Via Cisterna dell’Olio 6B - 80134 Napoli
www.gianninispa.it
direzione@gianninispa.it
Finito di stampare in Napoli presso le
Oficine Graiche Francesco Giannini & Figli S.p.A.
dicembre 2009
2
Indice
rosanna Cioffi
Presentazione
5
stefania QuiliCi gigli
Il Monte Tifata
9
fernando gilotta
Capua etrusca
21
Carlo resCigno
Un bosco di madri. Il santuario di fondo Patturelli tra documenti e contesti
31
alessandra Coen
Gli ori di Capua
43
laura Chioffi
Tifata, Spartacus e Vesuvius
53
Maria luisa ChiriCo, serena Cannavale
La ‘via dei teatri’ nella Campania settentrionale
65
niCola Busino
Potere e territorio in area capuana. L’insediamento fortiicato di Castel Morrone
77
silvana episCopo
La cristianizzazione di Capua tra III e IX secolo:
i rilessi nell’insediamento, i monumenti, i nuovi personaggi ‘eccellenti’
83
alessandra perriCCioli saggese
Sant’Angelo in Formis, Montecassino e l’abate Desiderio
93
MarCello rotili
Capua vetus e Capua: alcune testimonianze archeologiche di età longobarda
103
Marina fioreMisto, riCCardo lattuada
L’Istituto Angiulli, ex Convento di San Bonaventura da Bagnoregio a Santa Maria Capua Vetere
111
gaBriella pezone
Trasformazioni tardo barocche nelle cattedrali di Santa Maria Capua Vetere, Capua, Teano e Calvi
121
3
giulio sodano
Le Terre di Capua nell’età moderna tra identità, storie locali e storie di santi
133
siMonetta Conti
Capua antica tra cartograia e appunti di viaggio
141
iMMa CeCere
Memorie di Capua antica nel Grand Tour del XVIII secolo
151
alMerinda di Benedetto
Arte e storia nel ‘lirico’ sammaritano
161
giuseppe pignatelli
Le trasformazioni ottocentesche del Tribunale di Terra di Lavoro, da Mensa Arcivescovile a sede giudiziaria
173
gaia salvatori
I monumenti ai Caduti di Santa Maria Capua Vetere: la Nazione nel Municipio
185
paolo de MarCo
Cinquanta anni di storia di Santa Maria Capua Vetere: la città nella prima metà del Novecento
195
nadia Barrella
I Musei del PIT Antica Capua: una risorsa strategica per il territorio
211
paola zito
Il patrimonio bibliograico in Terra di Lavoro. Per un bilancio provvisorio
219
Elenco delle illustrazioni a colori
227
4
39
40
41
42
Le trasformazioni ottocentesche del Tribunale di Terra di Lavoro,
da Mensa arcivescovile a sede giudiziaria
Giuseppe Pignatelli
La costruzione della Mensa arcivescovile di
Santa Maria Maggiore fu avviata intorno al 1640
per iniziativa di Camillo Melzi, Arcivescovo di
Capua dal 1636 al 1659, inglobando verosimilmente una preesistente fabbrica adiacente all’antica chiesa collegiale, in adempimento alle nuove
prescrizioni tridentine che imponevano al Vescovo la residenza nella propria diocesi. Come testimoniato dal Granata, l’ediicio fu ampliato a più
riprese “e ridotto a quella perfezione, in cui lo si ritrova
oggi” dal nipote Giovanni Antonio entro il terzo quarto del secolo, conservando le funzioni di
punto di riferimento politico e sociale della cittadina sino alla sua riduzione in sede dei Tribunali
di Terra di Lavoro. In mancanza di documentazione sull’ediicio originario, limitata a vaghe ed
incomplete descrizioni settecentesche, è tuttavia
possibile ricostruirne l’aspetto immediatamente
precedente alle trasformazioni dalla lettura della
Perizia del palazzo con giardino, e altre case in poca distanza (…) che si appartiene alla Reverendissima Mensa
Arcivescovile di Capua, e per essa all’odierno Monsignore
Arcivescovo Eccellentissimo Sig. D. Baldassarre Mormile, stilata nel marzo del 1819 dagli ingegneri
Pietro Tramunto, Antonio Iannotta e Giovanni d’Orta in occasione della deinitiva cessione
dell’ediicio al pubblico demanio. La costruzione, “che resta nel Comune di Santa Maria Maggiore a
fronte della strada principale, che li fa conine ad Oriente;
altra strada denominata del Monte è posta pel suo lato
di Settentrione; altra strada detta della Chiesa li resta
ad Occidente; e lo spiazzo e fabbricato dell’Insigne Reale
Collegiata Chiesa da Mezzogiorno”, presentava una
rigida pianta quadrangolare con cortile centrale, tipica dell’edilizia nobiliare sei-settecentesca,
sviluppata su due livelli con parziale copertura a
tetto. Al pianterreno, intorno ad un porticato, si
aprivano in sequenza una lunga serie di ambienti
ad uso di cucine, stalle, legnaie e depositi, mentre parte dei bassi localizzati all’esterno dovevano
essere occupati da botteghe cedute in afitto. Il
primo piano, raggiungibile attraverso un elegante
scalone posto lateralmente al cortile ed ornato da
modanature in piperno e busti di marmo bianco,
era invece interamente destinato all’appartamento dell’Arcivescovo: la dettagliata perizia descrive
quel poco che ancora rimaneva dei rafinati ambienti originari, “tutti covert’a travi, con inte volte di
tela e muri con fregij dipinti, con pavimenti di riggiole colorate, e porte, e serrande di pioppo (…), con gli stipiti, e
arcotravi di marmo colorato”; due piccoli loggiati voltati, anch’essi affrescati, si aprivano sullo slargo
della chiesa e sul giardino. Ancora al primo piano,
adiacente alla loggetta occidentale, vi era la cappella
privata, un semplice ambiente a pianta circolare
coperto da una inta volta a scodella cassettonata
sorretta da sei pilastri d’ordine dorico con cornicione architravato, in fondo alla quale si erigeva
l’altare “consistente in una quantità di tavole di marmo
lavorato, e due gattoni a medaglione, di simil marmo nella
parte di sotto”, scomposto durante la prima fase
dei lavori; una stretta scala a lumaca conduceva
inine agli ambienti del sottotetto, destinati prevalentemente all’alloggio del personale di servizio e ai depositi. Estremamente rigorosa era la
facciata che si apriva sullo slargo, l’unica ad essere descritta nell’apprezzo, qualiicata solamente
dalle cornici in pietra liscia delle aperture e dal
semplice portale in piperno bugnato inquadrato
da due colonne in marmo granatello sorreggenti il balcone con lo stemma arcivescovile, chiuso
alla ine dell’Ottocento ma ancora chiaramente
visibile in alcune fotograie coeve (igg. 1 e 2).
Oltre ad una “pertinenza di case in vicinanza del descritto palazzo” (poste ai margini dell’area), ampio
risalto è dato dai redattori della perizia al giardino
posto alla sinistra del palazzo, al quale si accedeva direttamente dal cortile attraverso un piccolo
ambiente voltato, che ancora alla metà del Settecento doveva essere “delizioso per la sua situazione, e
173
Giuseppe Pignatelli
1. Santa Maria Capua Vetere, il Palazzo dei Tribunali e la via Mazzocchi in una fotograia degli inizi del secolo scorso.
2. La piazza Mazzocchi ed il Tribunale in una fotograia degli inizi del secolo scorso.
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Il palazzo dei Tribunali di Terra di Lavoro
3. Piano di Rettiicazione della Regia Strada da Capua a Caserta,
1835 (Napoli, Biblioteca Nazionale). Particolare con la
cattedrale di Santa Maria Maggiore, il palazzo dei Tribunali
ed il retrostante giardino.
4. Regio Decreto del 16 gennaio 1808, con il quale si
stabilisce l’insediamento del Tribunale di Terra di Lavoro
nella Mensa arcivescovile di Santa Maria Maggiore (Caserta,
Archivio di Stato).
per l’abbondanza di scelte piante di squisitissime frutte”,
come testimoniato dal Granata. L’area di “cinquecentosettantasette passi quadrati capuani”, coninante
con la navata destra della cattedrale e murata sui
rimanenti lati, era suddivisa da viali ortogonali in
quattro riquadri nei quali erano disposti alberi da
frutta, agrumi ed una gran quantità di specie loreali; al centro era collocato un pergolato sorretto
da dodici pilastrini che, unitamente a fontane e
sedili in piperno, doveva allietare il passeggio ed il
riposo dell’Arcivescovo e dei prelati nei mesi più
caldi. Al di sotto del giardino, accessibile tramite
una botola, vi era inine una vasta cantina che occupava alcune gallerie di pertinenza di una antica
cava di tufo, illuminata da una serie di aperture a
bocca di lupo poste alla base della facciata occidentale del palazzo (ig. 3).
Nell’agosto del 1806, già a pochi mesi dall’occupazione francese, con l’istituzione della Provincia di Terra di Lavoro fu deciso di insediare
le sedi del Consiglio d’Intendenza e del Consiglio
Provinciale nel casale di Santa Maria Maggiore
come ricompensa per l’aiuto offerto dagli abitanti alle truppe d’oltralpe durante i lunghi assedi
alla piazzaforte di Capua. Escludendo a priori la
troppo onerosa realizzazione di un nuovo ediicio, e dopo aver preso in considerazione una serie
d’immobili acquisiti dal demanio con la soppressione di numerosi ordini religiosi scaturita dalla
politica anticlericale napoleonica, fu così deciso
di insediare le nuove sedi “nell’abitazione antica
accosto alla collegiale”, afidandone un provvisorio
accomodo ad appaltatori locali.
Conseguentemente al deinitivo riordino amministrativo del regno, alla metà dell’anno successivo la prestigiosa assegnazione fu tuttavia
revocata, trasferendo d’uficio tutti le funzioni
pubbliche a Capua: a parziale indennizzo alla
popolazione, nel novembre del 1807 S. Maria
fu quindi scelta quale sede dei nuovi Tribunali,
inizialmente previsti nel soppresso monastero
di Montevergine ad Aversa, vedendo accrescere
175
Giuseppe Pignatelli
5. Piano di Rettiicazione della Regia Strada da Capua a Caserta, 1835 (Napoli, Biblioteca Nazionale). Particolare con l’abitato di
Santa Maria; evidenziata, l’area del Tribunale.
considerevolmente la propria inluenza territoriale, ino ad allora garantita solamente dalla sia
pur recente tradizione militare. In quest’ottica è
interessante sottolineare che già nel mese seguente il Ministro dell’Interno sollecitava l’Intendente
Parisi afinché il Comune contribuisse “alla spesa
che occorrerà per la riduzione dell’ediizio che verrà destinato a residenza del riferito Tribunale”, evidenziando proprio “il positivo vantaggio che quegl’abitanti ne
avranno in futuro”.
Con Regio Recreto del gennaio del 1808 fu
così inalmente stabilito di insediare la sede giudiziaria “nella Casa che vi tenea l’Arcivescovo” (ig. 4),
nonostante gli angusti ambienti dell’antica Mensa, già gravemente danneggiati dal terremoto del
luglio del 1805, ben poco si adattassero alle funzioni di un ediicio pubblico modernamente concepito: come infatti imposto dalle direttive ema176
nate nello stesso anno, oltre a presentare “una
certa decenza e comodità”, i locali di un Tribunale di
Prima Istanza e quelli di un Tribunale Criminale
“quantunque devono avere la residenza nella stessa città,
devono essere tra di loro distinti, e ben separati, afinché
non si attraversino nelle rispettive funzioni, ed afinché
la loro particolare economia, e Polizia, non susciti delle
gare, e questioni”. D’altra parte, proprio la convivenza delle due sezioni in un unico ediicio dovette inluenzare in maniera determinante tutte le
successive vicende costruttive del palazzo, protrattesi ino alla prima metà del secolo successivo
in un ininterrotto susseguirsi di adattamenti, ampliamenti, demolizioni e ricostruzioni, condotte
in maniera assolutamente disorganica e senza
alcun programma unitario, spesso frutto di liti,
gelosie ed incomprensioni sorte fra presidenti di
corte, giudici, avvocati e cancellieri.
Il palazzo dei Tribunali di Terra di Lavoro
6. Carta topograica e idrograica dei Contorni di Napoli, 1817-19
(Napoli, Biblioteca Nazionale). Particolare con Santa Maria
Maggiore.
7. L’area dei Tribunali e della cattedrale in un particolare
della Carta topograica e idrograica dei Contorni di Napoli,
1817-19.
Le prime operazioni per la trasformazione
dell’antica residenza vescovile, avviate già nel
marzo del 1808, furono in realtà assai limitate
per il bisogno impellente di una sede giudiziaria
deinitiva e, soprattutto, per la cronica mancanza di fondi a disposizione della nuova Provincia.
Dal confronto tra la relazione stesa nell’occasione dall’architetto Pietro Tramunto e la già citata
perizia del 1818, è possibile stabilire che, oltre alla
chiusura di tutti i collegamenti ancora esistenti
con la cattedrale ed all’acquisizione di un piccolo
comprensorio di ediici posto tra la chiesa ed il
giardino, progressivamente inglobato nell’ediicio principale, al piano terra del palazzo alcuni
bassi furono provvisoriamente adattati ad uso di
archivio, ricavando nelle antiche stalle un modesto appartamento per il corpo di guardia; lavori
più complessi riguardarono la trasformazione di
parte delle cantine in un carcere per i condannati
a morte, realizzato accrescendo le murature e dotando le sia pur piccole aperture di nuovi stipiti in
pietra e robuste inferriate.
Maggiore cura fu invece dedicata alla trasformazione del salone superiore in una decorosa
sala d’attesa arredata con sedie e panche in legno
per il pubblico, per gli avvocati e per i giudici; oltre all’uficio della Cancelleria, nelle logge furono
ricavate le due ruote, piccole aule attrezzate con i
banchi per la corte separati dalla zona riservata
agli uditori da balaustre lignee. Le rimanenti stanze dell’antico appartamento vescovile, frazionate ed adattate alla meno peggio, furono invece
destinate alle udienze segrete, alla biblioteca e
all’uficio del Procuratore, mentre nel sottotetto
fu allestito un ulteriore piccolo archivio. Nonostante l’inaugurazione, celebrata in pompa magna
177
Giuseppe Pignatelli
8. La via Mazzocchi in una immagine degli inizi del
Novecento.
9. La facciata del palazzo dei Tribunali lungo la via
Mazzocchi, 1920 ca. (da di Giacomo, 1925).
il 7 gennaio del 1809 alla presenza dell’Intendente di Terra di Lavoro, dei Consiglieri e delle più
alte rappresentanze del governo locale, i lavori
non erano affatto completati, perché rallentati da
una lunga serie di problemi legati da una parte
allo stato in cui versava la fabbrica, “mai curata in
dall’epoca in cui l’Arcivescovo la fe’ ediicare”, dall’altro
alla cronica scarsità di fondi: la relazione stilata
dall’ingegnere Antonio Iannotta nell’aprile dello
stesso anno dimostra che al piano terra non erano state ancora ultimate le carceri, l’infermeria,
la cappella per i condannati a morte, le abitazioni
per il corpo di guardia e quant’altro necessario
al normale funzionamento della sede giudiziaria,
mentre al livello superiore numerose erano le carenze sia per il Tribunale Civile che per quello
Criminale. Per ovviare alla mancanza di fondi fu
così stabilito di destinare al restauro dell’ediicio
l’intera gabella del vino dovuta dal circondario,
issando una tassa di “quattro Cavalli ad anima per
la summa di d.1685, mettà de’ 3370, intiero importo
dell’ultimaz.ne de’ lavori per l’istallaz.ne de’ Tribunali”,
da aggiungersi a quanto già messo a disposizione
dal Comune per un’opera che “s’attesa tanto lustro
e fortuna porterà alla Magniica città di Santa Maria di
Capua”.
L’improvvisa quanto auspicata accelerazione
dei lavori portò alla stipula di nuovi contratti con
i mastri fabbricatori Paolo Fermiani, Francesco
de Gennaro e Francesco Troisi, supervisionati
dall’ingegnere Domenico Brunelli, ed al conseguente completamento degli ambienti al pianterreno, all’apertura dell’ingresso laterale sulla via
Mazzocchi e, soprattutto, alla realizzazione di una
nuova scalinata alla destra del portone principale. Entro il maggio del 1812, come testimoniato
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Il palazzo dei Tribunali di Terra di Lavoro
10. Pianta del piano terreno del Palazzo dei Tribunali, 1935
ca. (S. Maria Capua Vetere, Archivio Comunale).
11. Pianta della nuova ala del Palazzo dei Tribunali, 1930
ca. (S. Maria Capua Vetere, Archivio Comunale).
12. Pianta del nuovo giardino di fronte al Palazzo dei Tribunali in Piazza Mazzocchi, 1929 (S. Maria Capua Vetere, Archivio
Comunale).
da una relazione stesa dall’ingegnere Giuseppe
Giordano, furono rettiicate tutte le aperture sullo slargo, trasformati i bassi attigui alla chiesa in
cappella per i condannati a morte e realizzata nel
giardino una zona attrezzata dove i carcerati potessero dignitosamente trascorrere l’ora d’aria.
Sebbene la prima fase dei lavori potesse oramai considerarsi conclusa, gli ambienti a disposizione dei nuovi tribunali non dovevano essere
ancora suficienti, se ancora nel 1811 parte del
convento della Pietrasanta fu provvisoriamente
adibita a Camera e ad archivio notarile. Lo stesso anno una terribile epidemia di colera costrinse
inoltre alla momentanea evacuazione delle carceri, auspicata già da molti anni per l’“indegno e disumano” sovraffollamento venutosi a creare negli
angusti sotterranei del palazzo.
Nel 1814 Bartolomeo Grasso, Ingegnere
Capo del Reale Corpo di Ponti e Strade, fu così
incaricato di stendere un progetto per il risanamento delle celle seminterrate e, soprattutto, per
l’urgente ampliamento del primo e del secondo
piano. I lavori, avviati nello stesso anno ma immediatamente sospesi per il rapido aggravarsi
della situazione politica che portò al ritorno dei
Borbone, furono ripresi solamente quattro anni
più tardi in occasione della deinitiva cessione dell’ediicio al pubblico demanio (seguita tra
l’altro da una lunga controversia con la Curia),
anche se limitati agli interventi più urgenti. I continui malumori manifestati da giudici ed avvocati
dimostrano infatti che, ad appena quindici anni
dall’inaugurazione, la sede giudiziaria “manca in
realtà di decenza, ed è cosa indegna per un Tribunale
della Provincia stare senza un certo decoro”. Nel 1821,
ad esempio, il Procuratore Generale lamentava la
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Giuseppe Pignatelli
13. La piazza Mazzocchi in una fotograia degli anni Venti del secolo scorso, poco prima della demolizione del corpo
sporgente del Tribunale che ancora insisteva su parte della facciata della cattedrale.
mancanza di un suficiente spazio a disposizione,
“tant’è che li giudici debbono travagliare nelle loro case con
grande incomodo per loro (…), e un tal sistema si è sinora
eseguito, ma l’esperienza ha mostrato che il proseguirlo oltre arreca degli inconvenienti non pochi, ed apporta anche
del ritardo al disbrigo degli affari”; l’anno seguente il
Cancelliere del Tribunale Civile segnalava inoltre
di “rischiare di sprofondare un giorno o l’altro abbasso poiché in alcuni luoghi del pavimento le chiancole, così
dette che son quelle su cui poggia il piede, e queste per
l’antichità son fracide, o son rose”. Ancor più grave
era poi considerata la mancanza di un adeguato
archivio, di un’ulteriore sala per le udienze e, soprattutto, di una cappella dove i giudici potessero
pregare prima delle udienze, tanto che nel 1823
fu acquisita la Cappella Mazzocchi, afidandone
la sistemazione, limitata in realtà alla scelta ed
all’acquisto di sedie e suppellettili, all’architetto
Giovanni D’Orta.
Ottenuti nuovi ed insperati inanziamenti, a
partire dal 1825, su progetto degli architetti Tenore e Parascandolo, fu così possibile chiudere
deinitivamente la loggia occidentale, completare quattro nuove stanze, sopraelevare il braccio
180
meridionale dell’ediicio e riordinare i rimanenti
ambienti, ristrutturando i bassi in previsione del
trasferimento delle carceri nel nuovo ediicio di
S. Francesco. Nell’occasione furono anche rettiicati i tre prospetti esterni dell’ediicio, “portati
inalmente a simmetria tra loro” attraverso l’utilizzo
di semplici modanature in stucco intorno alle
aperture, un’alta zoccolatura di intonaco grezzo,
un nuovo cornicione e ringhiere di ferro battuto,
dipingendo il tutto “di color travertino carico con i
rilievi bianchi”.
Nonostante questi lavori, ancora negli anni
Trenta il palazzo doveva presentarsi come un insieme di ambienti disposti in maniera assolutamente disordinata, privi delle più elementari norme igieniche e di decoro, ed oggetto di continue
opere di manutenzione che non facevano altro
che esasperare la già dificile situazione dettata
dalla convivenza fra le due sezioni del tribunale: in quest’ottica il nuovo progetto presentato
dall’architetto Panico nel 1835 rappresenta il primo tentativo di intervenire in maniera organica
sull’ediicio, sostituendo l’antica lumaca con una
nuova scalinata a pianta quadrangolare illuminata
Il palazzo dei Tribunali di Terra di Lavoro
14. L’ex palazzo dei Tribunali e la cattedrale di Santa Maria Maggiore dalla piazza Matteotti.
15. L’ex palazzo dei Tribunali, oggi Facoltà di Giurisprudenza della Seconda Università degli Studi di Napoli.
181
Giuseppe Pignatelli
16. Il cortile interno del palazzo dei Tribunali con il loggiato chiuso negli anni Trenta del secolo scorso.
da un lucernario superiore e, soprattutto, occupando parte del cortile con una costruzione nella
quale ospitare le stanze dei patrocinatori al primo
livello e dell’archivio e la cancelleria a quello superiore. Proprio in quegli anni, d’altra parte, furono
avanzate le prime proposte per la realizzazione
di una nuova ala nell’antico giardino del vescovo, oramai illeggibile nel suo disegno originario
e utilizzato non solo “per comodo de’ carcerati”, ma
anche come deposito della mobilia in disuso, tanto che tra il 1845 ed il decennio successivo ne
furono cedute diverse parti alla curia per i lavori
alla cappella dell’Assunta.
Proprio il penoso stato in cui versava l’ediicio
e le pesanti ripercussioni sull’attività giudiziaria
portarono in quegli stessi anni all’avanzamento
di una serie di mozioni per il trasferimento dei
Tribunali a Caserta, vivacemente osteggiate dalla
popolazione di Santa Maria; la presenza della sede
giudiziaria aveva infatti notevolmente arricchito la cittadina, convogliandovi un numero sem182
pre crescente di magistrati, avvocati, impiegati e
commercianti che andarono progressivamente
a sostituirsi alle tradizionali classi sociali. Se agli
inizi del secolo, insomma, erano solamente i resti delle antiche vestigia ed una modesta attività
commerciale legata all’agricoltura ed alla concia
delle pelli a destare l’interesse del Giustiniani, appena cinquanta anni dopo il casale doveva oramai
avere l’aspetto di una moderna cittadina, con “vie
piuttosto regolari, mediocri ediicii ma larghe piazze, chè
vi seggono i Tribunali della Provincia, sì che per tal verso
può stimarsene la capitale”. A dimostrazione dello
strettissimo legame venutosi a creare fra la sede
giudiziaria ed il territorio circostante, è esemplare
la supplica al sovrano inviata nel 1845 dai cittadini sammaritani, “compresi da dolorose apprensioni alla
voce pubblicamente ripetuta che disegna il trasferimento
del Tribunale Civile e della Gran Corte Criminale della Provincia di Terra di Lavoro (…). Trentasette anni
oramai volgono dacché la loro Patria è divenuta la sede di
que’ Collegi Giudiziari, ed in questo non breve periodo
Il palazzo dei Tribunali di Terra di Lavoro
di tempo numerosa è la popolazione che vi ha immutabilmente stabilite le sue relazioni di commercio, di attività
e di sussistenza. Se questo beneicio al presente cessasse,
questo Comune, la cui ricchezza si è quasi tutta convertita in pubblici, e privati ediicii, rimarrebbe desolato e
deserto, e di moltissime famiglie si produrrebbe la certa
sventura”.
A partire dalla metà del decennio successivo,
scongiurata solo momentaneamente la minaccia
del trasferimento con una serie di interventi che
in realtà incisero ben poco sulla situazione della
sede giudiziaria, poté così essere avviata una lenta
ma radicale trasformazione di tutto il tessuto urbano che porterà al deinitivo accorpamento dei
casali di S. Erasmo, di S. Maria Maggiore e di S.
Pietro in Corpo, proseguita anche dopo l’Unità
attraverso la riqualiicazione dell’edilizia consolidata e la realizzazione di nuovi ediici pubblici,
in gran parte concentrati lungo il nuovo corso
Garibaldi e la via Mazzocchi. Quest’ultima, considerata “una delle vie principali del Comune istesso ove
abitano un gran numero di cittadini, ed ove sono grandiose abitazioni (…) che sono abitate da magistrati ed
avvocati, oltre che un grandissimo albergo”, fu opportunamente allargata e rettiicata negli anni Settanta, ridisegnando completamente anche lo slargo
antistante la cattedrale attraverso la demolizione
delle antiche fabbriche che vi erano addossate,
ancora ben visibili nei rilievi della città eseguiti
nel 1817-19 e nel 1835 (igg. 5 - 7). Le operazioni, dirette dai tecnici comunali, portarono anche
alla posa in opera di una massiccia ringhiera in
ferro battuto che separasse visivamente e funzionalmente il sagrato dall’area di pertinenza del
tribunale, ingentilita dalla presenza di un piccolo
giardino ancora perfettamente individuabile nelle
fotograie degli inizi del secolo scorso.
Proprio nell’ambito di queste trasformazioni,
nel 1870 fu redatto dall’ingegnere Pasquale Ianni
un nuovo progetto per l’ampliamento dell’ediicio, da troppo tempo contraddistinto “da assoluta
mancanza di decenza, di comodo e di riservatezza, propria del tempio della giustizia”. I lavori, assai ambiziosi, avrebbero portato alla realizzazione di un
nuovo porticato nel cortile per favorire il passaggio e la sosta del pubblico, alla sopraelevazione
della loggia lungo il lato dell’ingresso e, soprattutto, alla costruzione nel giardino di un nuovo
grande ediicio da destinare ad archivio, al di sopra del quale innalzare una galleria che rendesse
inalmente indipendenti gli ambienti di supporto
17. Una sala del Tribunale, oggi aula D’Antona della Facoltà
di Giurisprudenza, con decorazioni databili agli ultimi
decenni del XIX secolo.
alla sala d’udienza. Grande cura sarebbe stata poi
dedicata agli ornamenti delle facciate e degli ambienti interni, “onde ottenere con certa economia una
decorazione che dia quella decenza e nettezza da rivelare
a chiunque la presenza della classe eletta della società che
amministra la giustizia”. Il progetto, rimasto sulla
carta per i tempi necessari al suo compimento e,
soprattutto, per le enormi spese preventivate, fu
tuttavia ripreso alla ine del secolo limitatamente agli interventi giudicati improrogabili: i lavori
compiuti tra il 1898 ed il 1904 sotto la direzione di Giuseppe Sticco ed Eleuterio Abbatecola
portarono alla parziale separazione delle sezioni
ai piani superiori ed alla ristrutturazione dei vani
al pianterreno, alcuni dei quali furono afidati al
Comune e destinati ad uficio postale; la chiusura
dell’antico portale sulla piazza fece inine concentrare tutti gli sforzi economici sul ridisegno
del solo prospetto su via Mazzocchi, nobilitato
da semplici decorazioni in stucco intorno alle
183
Giuseppe Pignatelli
aperture e dalla torre-belvedere con orologio,
realizzata sul modello di quella concepita ben
trenta anni prima dallo Ianni (igg. 8 e 9).
Nonostante fosse giudicata oramai improrogabile la realizzazione di nuovi ambienti unitamente al riassetto di quelli esistenti, solamente il
puntuale riproporsi delle voci sul trasferimento
della sede giudiziaria a Caserta indusse il Consiglio Comunale di Santa Maria a deliberare inalmente la costruzione della nuova ala per la
Corte d’Assise negli spazi un tempo occupati dal
giardino, avviata dal 1928 sotto la direzione degli
ingegneri Nicola Parisi e Domenico Morelli (igg.
10 e 11).
Una lunga serie di imprevisti portarono tuttavia ad un notevole rallentamento dei lavori,
sebbene nel frattempo notevoli sforzi economici
fossero stati concentrati nella realizzazione delle
facciate.
In effetti, benché il progetto originario prevedesse una nuova decorazione in stucco limitata al
solo prospetto su via Mazzocchi, privato del belvedere, nel 1929 fu invece deciso di intervenire
anche sui rimanenti fronti nell’ambito dei lavori
per la riqualiicazione di piazza Mazzocchi, diretti
dallo stesso Parisi a partire dal 1923 in occasione
della sistemazione del monumento ai Caduti della Grande Guerra. Grazie a nuovi inanziamenti
fu così ridisegnato il giardino esterno, da molti
anni in stato di completo abbandono (ig. 12), e
riaperto l’antico ingresso al palazzo, recuperandone l’originario rapporto con lo slargo demolendo il corpo di fabbrica che ancora insisteva su
parte della facciata della cattedrale (ig. 13). Ripresa l’attività dopo la riparazione dei danni causati dall’occupazione alleata, negli anni Cinquanta
l’ediicio è stato oggetto di ulteriori lavori per la
sopraelevazione dell’ala lungo via Sirtori, mantenendo la funzione di Tribunale sino al deinitivo
trasferimento degli ufici nel nuovo Palazzo di
Giustizia. Conseguentemente ad una complessa
opera di restauro, che ha portato al consolidamento statico delle strutture ed al recupero delle decorazioni otto e novecentesche, dal 1992 il
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palazzo è sede della Facoltà di Giurisprudenza
della Seconda Università degli Studi di Napoli,
mantenendo così intatto il ilo che da oltre due
secoli lega Santa Maria, e con essa l’antica Mensa
arcivescovile, all’amministrazione della giustizia
in Terra di Lavoro (igg. 14 - 17).
Riferimenti bibliograici
Per le descrizioni sette ed ottocentesche del palazzo e
di S. Maria Capua Vetere, si rimanda a:
g.B. paCiChelli, Il Regno di Napoli in prospettiva diviso in
dodici Provincie, I, Napoli 1703, p. 85.
f. granata, Storia civile della fedelissima città di Capua, Napoli 1752.
f. granata, Storia sacra della Chiesa Metropolitana di Capua, II, Napoli 1766, pp. 56 e 57.
l. giustiniani, Dizionario geograico-ragionato del Regno di
Napoli, VIII, Napoli 1804, p. 279.
g.B. Carta, Dizionario geograico universale, Napoli 1852,
p. 511.
Per le trasformazioni ottocentesche del tessuto urbano
della città, si rimanda a:
s. di giaCoMo, Da Capua a Caserta, Bergamo, s.d. (ma
1925 ca.).
s. Casiello, a.M. di stefano, Santa Maria Capua Vetere, architettura e ambiente urbano, Napoli 1980.
Tutti i documenti citati o parzialmente riportati nel presente saggio sono custoditi presso l’Archivio Storico del
Comune di Santa Maria Capua Vetere (Catalogo VII e Deliberazioni del Consiglio Comunale) e presso l’Archivio di Stato
di Caserta (fondo Intendenza Borbonica - Affari Comunali; fondo Ponti e Strade e fondo Genio Civile).
Il rilievo di Santa Maria, datato 1835, è parte dei sette
fogli riguardanti il Piano di Rettiicazione della Regia Strada da
Capua a Caserta, conservati presso la Biblioteca Nazionale
di Napoli (Mss., Palat., banc.VI, 58.3); l’altra pianta della città è nel foglio 2 della Carta topograica e idrograica dei Contorni
di Napoli, predisposta tra il 1817 ed il 1819 dai tecnici del
Real Oficio Topograico del Regno e più volte aggiornata
sino agli anni post-unitari (Biblioteca Nazionale di Napoli,
Mss., Palat., banc.VII, 52.2).
I rilievi novecenteschi del Tribunale sono custoditi
presso l’Archivio Storico del Comune di Santa Maria Capua Vetere (Catalogo VII).