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Le trasformazioni ottocentesche del Tribunale di Terra di Lavoro

LUNGO L’APPIA Scritti su Capua antica e dintorni a cura di M aria L uisa C hirico R osanna C ioffi S tef ania Q u ilici G ig li G iu s e ppe P ig natelli giannini editore Questo volume è stato realizzato con il contributo del Comune di Santa Maria Capua Vetere, capoila del Programma Integrato Territoriale ‘Antica Capua’ - POR Campania 2000-2006, misura 7.2 - alla Facoltà di Lettere della Seconda Università degli Studi di Napoli. Un particolare ringraziamento va alla Soprintendenza Archeologica per le Province di Salerno, Avellino, Caserta e Benevento, all’Archivio Storico del Comune di Santa Maria Capua Vetere ed all’Archivio di Stato di Caserta. In copertina, Vincenzo Aloja, Aniteatro campano a S. Maria di Capua, acquaforte acquerellata da un dipinto di Jacob Philipp Hackert, ante 1799. Roma, collezione privata. Sul retro, Luca Giordano, La Visione di San Bonaventura da Bagnoregio, particolare. Santa Maria Capua Vetere, Istituto Angiulli, ex Convento di San Bonaventura da Bagnoregio. Nei risguardi, Oficio Topograico del Regno di Napoli, Carta topograica e idrograica dei Contorni di Napoli, 1817-19, foglio 2 (aggiornato). Napoli, Biblioteca Nazionale. Progetto graico ed editing Giuseppe Pignatelli. ISBN13: 9788874314829 giannini editore Via Cisterna dell’Olio 6B - 80134 Napoli www.gianninispa.it direzione@gianninispa.it Finito di stampare in Napoli presso le Oficine Graiche Francesco Giannini & Figli S.p.A. dicembre 2009 2 Indice rosanna Cioffi Presentazione 5 stefania QuiliCi gigli Il Monte Tifata 9 fernando gilotta Capua etrusca 21 Carlo resCigno Un bosco di madri. Il santuario di fondo Patturelli tra documenti e contesti 31 alessandra Coen Gli ori di Capua 43 laura Chioffi Tifata, Spartacus e Vesuvius 53 Maria luisa ChiriCo, serena Cannavale La ‘via dei teatri’ nella Campania settentrionale 65 niCola Busino Potere e territorio in area capuana. L’insediamento fortiicato di Castel Morrone 77 silvana episCopo La cristianizzazione di Capua tra III e IX secolo: i rilessi nell’insediamento, i monumenti, i nuovi personaggi ‘eccellenti’ 83 alessandra perriCCioli saggese Sant’Angelo in Formis, Montecassino e l’abate Desiderio 93 MarCello rotili Capua vetus e Capua: alcune testimonianze archeologiche di età longobarda 103 Marina fioreMisto, riCCardo lattuada L’Istituto Angiulli, ex Convento di San Bonaventura da Bagnoregio a Santa Maria Capua Vetere 111 gaBriella pezone Trasformazioni tardo barocche nelle cattedrali di Santa Maria Capua Vetere, Capua, Teano e Calvi 121 3 giulio sodano Le Terre di Capua nell’età moderna tra identità, storie locali e storie di santi 133 siMonetta Conti Capua antica tra cartograia e appunti di viaggio 141 iMMa CeCere Memorie di Capua antica nel Grand Tour del XVIII secolo 151 alMerinda di Benedetto Arte e storia nel ‘lirico’ sammaritano 161 giuseppe pignatelli Le trasformazioni ottocentesche del Tribunale di Terra di Lavoro, da Mensa Arcivescovile a sede giudiziaria 173 gaia salvatori I monumenti ai Caduti di Santa Maria Capua Vetere: la Nazione nel Municipio 185 paolo de MarCo Cinquanta anni di storia di Santa Maria Capua Vetere: la città nella prima metà del Novecento 195 nadia Barrella I Musei del PIT Antica Capua: una risorsa strategica per il territorio 211 paola zito Il patrimonio bibliograico in Terra di Lavoro. Per un bilancio provvisorio 219 Elenco delle illustrazioni a colori 227 4 39 40 41 42 Le trasformazioni ottocentesche del Tribunale di Terra di Lavoro, da Mensa arcivescovile a sede giudiziaria Giuseppe Pignatelli La costruzione della Mensa arcivescovile di Santa Maria Maggiore fu avviata intorno al 1640 per iniziativa di Camillo Melzi, Arcivescovo di Capua dal 1636 al 1659, inglobando verosimilmente una preesistente fabbrica adiacente all’antica chiesa collegiale, in adempimento alle nuove prescrizioni tridentine che imponevano al Vescovo la residenza nella propria diocesi. Come testimoniato dal Granata, l’ediicio fu ampliato a più riprese “e ridotto a quella perfezione, in cui lo si ritrova oggi” dal nipote Giovanni Antonio entro il terzo quarto del secolo, conservando le funzioni di punto di riferimento politico e sociale della cittadina sino alla sua riduzione in sede dei Tribunali di Terra di Lavoro. In mancanza di documentazione sull’ediicio originario, limitata a vaghe ed incomplete descrizioni settecentesche, è tuttavia possibile ricostruirne l’aspetto immediatamente precedente alle trasformazioni dalla lettura della Perizia del palazzo con giardino, e altre case in poca distanza (…) che si appartiene alla Reverendissima Mensa Arcivescovile di Capua, e per essa all’odierno Monsignore Arcivescovo Eccellentissimo Sig. D. Baldassarre Mormile, stilata nel marzo del 1819 dagli ingegneri Pietro Tramunto, Antonio Iannotta e Giovanni d’Orta in occasione della deinitiva cessione dell’ediicio al pubblico demanio. La costruzione, “che resta nel Comune di Santa Maria Maggiore a fronte della strada principale, che li fa conine ad Oriente; altra strada denominata del Monte è posta pel suo lato di Settentrione; altra strada detta della Chiesa li resta ad Occidente; e lo spiazzo e fabbricato dell’Insigne Reale Collegiata Chiesa da Mezzogiorno”, presentava una rigida pianta quadrangolare con cortile centrale, tipica dell’edilizia nobiliare sei-settecentesca, sviluppata su due livelli con parziale copertura a tetto. Al pianterreno, intorno ad un porticato, si aprivano in sequenza una lunga serie di ambienti ad uso di cucine, stalle, legnaie e depositi, mentre parte dei bassi localizzati all’esterno dovevano essere occupati da botteghe cedute in afitto. Il primo piano, raggiungibile attraverso un elegante scalone posto lateralmente al cortile ed ornato da modanature in piperno e busti di marmo bianco, era invece interamente destinato all’appartamento dell’Arcivescovo: la dettagliata perizia descrive quel poco che ancora rimaneva dei rafinati ambienti originari, “tutti covert’a travi, con inte volte di tela e muri con fregij dipinti, con pavimenti di riggiole colorate, e porte, e serrande di pioppo (…), con gli stipiti, e arcotravi di marmo colorato”; due piccoli loggiati voltati, anch’essi affrescati, si aprivano sullo slargo della chiesa e sul giardino. Ancora al primo piano, adiacente alla loggetta occidentale, vi era la cappella privata, un semplice ambiente a pianta circolare coperto da una inta volta a scodella cassettonata sorretta da sei pilastri d’ordine dorico con cornicione architravato, in fondo alla quale si erigeva l’altare “consistente in una quantità di tavole di marmo lavorato, e due gattoni a medaglione, di simil marmo nella parte di sotto”, scomposto durante la prima fase dei lavori; una stretta scala a lumaca conduceva inine agli ambienti del sottotetto, destinati prevalentemente all’alloggio del personale di servizio e ai depositi. Estremamente rigorosa era la facciata che si apriva sullo slargo, l’unica ad essere descritta nell’apprezzo, qualiicata solamente dalle cornici in pietra liscia delle aperture e dal semplice portale in piperno bugnato inquadrato da due colonne in marmo granatello sorreggenti il balcone con lo stemma arcivescovile, chiuso alla ine dell’Ottocento ma ancora chiaramente visibile in alcune fotograie coeve (igg. 1 e 2). Oltre ad una “pertinenza di case in vicinanza del descritto palazzo” (poste ai margini dell’area), ampio risalto è dato dai redattori della perizia al giardino posto alla sinistra del palazzo, al quale si accedeva direttamente dal cortile attraverso un piccolo ambiente voltato, che ancora alla metà del Settecento doveva essere “delizioso per la sua situazione, e 173 Giuseppe Pignatelli 1. Santa Maria Capua Vetere, il Palazzo dei Tribunali e la via Mazzocchi in una fotograia degli inizi del secolo scorso. 2. La piazza Mazzocchi ed il Tribunale in una fotograia degli inizi del secolo scorso. 174 Il palazzo dei Tribunali di Terra di Lavoro 3. Piano di Rettiicazione della Regia Strada da Capua a Caserta, 1835 (Napoli, Biblioteca Nazionale). Particolare con la cattedrale di Santa Maria Maggiore, il palazzo dei Tribunali ed il retrostante giardino. 4. Regio Decreto del 16 gennaio 1808, con il quale si stabilisce l’insediamento del Tribunale di Terra di Lavoro nella Mensa arcivescovile di Santa Maria Maggiore (Caserta, Archivio di Stato). per l’abbondanza di scelte piante di squisitissime frutte”, come testimoniato dal Granata. L’area di “cinquecentosettantasette passi quadrati capuani”, coninante con la navata destra della cattedrale e murata sui rimanenti lati, era suddivisa da viali ortogonali in quattro riquadri nei quali erano disposti alberi da frutta, agrumi ed una gran quantità di specie loreali; al centro era collocato un pergolato sorretto da dodici pilastrini che, unitamente a fontane e sedili in piperno, doveva allietare il passeggio ed il riposo dell’Arcivescovo e dei prelati nei mesi più caldi. Al di sotto del giardino, accessibile tramite una botola, vi era inine una vasta cantina che occupava alcune gallerie di pertinenza di una antica cava di tufo, illuminata da una serie di aperture a bocca di lupo poste alla base della facciata occidentale del palazzo (ig. 3). Nell’agosto del 1806, già a pochi mesi dall’occupazione francese, con l’istituzione della Provincia di Terra di Lavoro fu deciso di insediare le sedi del Consiglio d’Intendenza e del Consiglio Provinciale nel casale di Santa Maria Maggiore come ricompensa per l’aiuto offerto dagli abitanti alle truppe d’oltralpe durante i lunghi assedi alla piazzaforte di Capua. Escludendo a priori la troppo onerosa realizzazione di un nuovo ediicio, e dopo aver preso in considerazione una serie d’immobili acquisiti dal demanio con la soppressione di numerosi ordini religiosi scaturita dalla politica anticlericale napoleonica, fu così deciso di insediare le nuove sedi “nell’abitazione antica accosto alla collegiale”, afidandone un provvisorio accomodo ad appaltatori locali. Conseguentemente al deinitivo riordino amministrativo del regno, alla metà dell’anno successivo la prestigiosa assegnazione fu tuttavia revocata, trasferendo d’uficio tutti le funzioni pubbliche a Capua: a parziale indennizzo alla popolazione, nel novembre del 1807 S. Maria fu quindi scelta quale sede dei nuovi Tribunali, inizialmente previsti nel soppresso monastero di Montevergine ad Aversa, vedendo accrescere 175 Giuseppe Pignatelli 5. Piano di Rettiicazione della Regia Strada da Capua a Caserta, 1835 (Napoli, Biblioteca Nazionale). Particolare con l’abitato di Santa Maria; evidenziata, l’area del Tribunale. considerevolmente la propria inluenza territoriale, ino ad allora garantita solamente dalla sia pur recente tradizione militare. In quest’ottica è interessante sottolineare che già nel mese seguente il Ministro dell’Interno sollecitava l’Intendente Parisi afinché il Comune contribuisse “alla spesa che occorrerà per la riduzione dell’ediizio che verrà destinato a residenza del riferito Tribunale”, evidenziando proprio “il positivo vantaggio che quegl’abitanti ne avranno in futuro”. Con Regio Recreto del gennaio del 1808 fu così inalmente stabilito di insediare la sede giudiziaria “nella Casa che vi tenea l’Arcivescovo” (ig. 4), nonostante gli angusti ambienti dell’antica Mensa, già gravemente danneggiati dal terremoto del luglio del 1805, ben poco si adattassero alle funzioni di un ediicio pubblico modernamente concepito: come infatti imposto dalle direttive ema176 nate nello stesso anno, oltre a presentare “una certa decenza e comodità”, i locali di un Tribunale di Prima Istanza e quelli di un Tribunale Criminale “quantunque devono avere la residenza nella stessa città, devono essere tra di loro distinti, e ben separati, afinché non si attraversino nelle rispettive funzioni, ed afinché la loro particolare economia, e Polizia, non susciti delle gare, e questioni”. D’altra parte, proprio la convivenza delle due sezioni in un unico ediicio dovette inluenzare in maniera determinante tutte le successive vicende costruttive del palazzo, protrattesi ino alla prima metà del secolo successivo in un ininterrotto susseguirsi di adattamenti, ampliamenti, demolizioni e ricostruzioni, condotte in maniera assolutamente disorganica e senza alcun programma unitario, spesso frutto di liti, gelosie ed incomprensioni sorte fra presidenti di corte, giudici, avvocati e cancellieri. Il palazzo dei Tribunali di Terra di Lavoro 6. Carta topograica e idrograica dei Contorni di Napoli, 1817-19 (Napoli, Biblioteca Nazionale). Particolare con Santa Maria Maggiore. 7. L’area dei Tribunali e della cattedrale in un particolare della Carta topograica e idrograica dei Contorni di Napoli, 1817-19. Le prime operazioni per la trasformazione dell’antica residenza vescovile, avviate già nel marzo del 1808, furono in realtà assai limitate per il bisogno impellente di una sede giudiziaria deinitiva e, soprattutto, per la cronica mancanza di fondi a disposizione della nuova Provincia. Dal confronto tra la relazione stesa nell’occasione dall’architetto Pietro Tramunto e la già citata perizia del 1818, è possibile stabilire che, oltre alla chiusura di tutti i collegamenti ancora esistenti con la cattedrale ed all’acquisizione di un piccolo comprensorio di ediici posto tra la chiesa ed il giardino, progressivamente inglobato nell’ediicio principale, al piano terra del palazzo alcuni bassi furono provvisoriamente adattati ad uso di archivio, ricavando nelle antiche stalle un modesto appartamento per il corpo di guardia; lavori più complessi riguardarono la trasformazione di parte delle cantine in un carcere per i condannati a morte, realizzato accrescendo le murature e dotando le sia pur piccole aperture di nuovi stipiti in pietra e robuste inferriate. Maggiore cura fu invece dedicata alla trasformazione del salone superiore in una decorosa sala d’attesa arredata con sedie e panche in legno per il pubblico, per gli avvocati e per i giudici; oltre all’uficio della Cancelleria, nelle logge furono ricavate le due ruote, piccole aule attrezzate con i banchi per la corte separati dalla zona riservata agli uditori da balaustre lignee. Le rimanenti stanze dell’antico appartamento vescovile, frazionate ed adattate alla meno peggio, furono invece destinate alle udienze segrete, alla biblioteca e all’uficio del Procuratore, mentre nel sottotetto fu allestito un ulteriore piccolo archivio. Nonostante l’inaugurazione, celebrata in pompa magna 177 Giuseppe Pignatelli 8. La via Mazzocchi in una immagine degli inizi del Novecento. 9. La facciata del palazzo dei Tribunali lungo la via Mazzocchi, 1920 ca. (da di Giacomo, 1925). il 7 gennaio del 1809 alla presenza dell’Intendente di Terra di Lavoro, dei Consiglieri e delle più alte rappresentanze del governo locale, i lavori non erano affatto completati, perché rallentati da una lunga serie di problemi legati da una parte allo stato in cui versava la fabbrica, “mai curata in dall’epoca in cui l’Arcivescovo la fe’ ediicare”, dall’altro alla cronica scarsità di fondi: la relazione stilata dall’ingegnere Antonio Iannotta nell’aprile dello stesso anno dimostra che al piano terra non erano state ancora ultimate le carceri, l’infermeria, la cappella per i condannati a morte, le abitazioni per il corpo di guardia e quant’altro necessario al normale funzionamento della sede giudiziaria, mentre al livello superiore numerose erano le carenze sia per il Tribunale Civile che per quello Criminale. Per ovviare alla mancanza di fondi fu così stabilito di destinare al restauro dell’ediicio l’intera gabella del vino dovuta dal circondario, issando una tassa di “quattro Cavalli ad anima per la summa di d.1685, mettà de’ 3370, intiero importo dell’ultimaz.ne de’ lavori per l’istallaz.ne de’ Tribunali”, da aggiungersi a quanto già messo a disposizione dal Comune per un’opera che “s’attesa tanto lustro e fortuna porterà alla Magniica città di Santa Maria di Capua”. L’improvvisa quanto auspicata accelerazione dei lavori portò alla stipula di nuovi contratti con i mastri fabbricatori Paolo Fermiani, Francesco de Gennaro e Francesco Troisi, supervisionati dall’ingegnere Domenico Brunelli, ed al conseguente completamento degli ambienti al pianterreno, all’apertura dell’ingresso laterale sulla via Mazzocchi e, soprattutto, alla realizzazione di una nuova scalinata alla destra del portone principale. Entro il maggio del 1812, come testimoniato 178 Il palazzo dei Tribunali di Terra di Lavoro 10. Pianta del piano terreno del Palazzo dei Tribunali, 1935 ca. (S. Maria Capua Vetere, Archivio Comunale). 11. Pianta della nuova ala del Palazzo dei Tribunali, 1930 ca. (S. Maria Capua Vetere, Archivio Comunale). 12. Pianta del nuovo giardino di fronte al Palazzo dei Tribunali in Piazza Mazzocchi, 1929 (S. Maria Capua Vetere, Archivio Comunale). da una relazione stesa dall’ingegnere Giuseppe Giordano, furono rettiicate tutte le aperture sullo slargo, trasformati i bassi attigui alla chiesa in cappella per i condannati a morte e realizzata nel giardino una zona attrezzata dove i carcerati potessero dignitosamente trascorrere l’ora d’aria. Sebbene la prima fase dei lavori potesse oramai considerarsi conclusa, gli ambienti a disposizione dei nuovi tribunali non dovevano essere ancora suficienti, se ancora nel 1811 parte del convento della Pietrasanta fu provvisoriamente adibita a Camera e ad archivio notarile. Lo stesso anno una terribile epidemia di colera costrinse inoltre alla momentanea evacuazione delle carceri, auspicata già da molti anni per l’“indegno e disumano” sovraffollamento venutosi a creare negli angusti sotterranei del palazzo. Nel 1814 Bartolomeo Grasso, Ingegnere Capo del Reale Corpo di Ponti e Strade, fu così incaricato di stendere un progetto per il risanamento delle celle seminterrate e, soprattutto, per l’urgente ampliamento del primo e del secondo piano. I lavori, avviati nello stesso anno ma immediatamente sospesi per il rapido aggravarsi della situazione politica che portò al ritorno dei Borbone, furono ripresi solamente quattro anni più tardi in occasione della deinitiva cessione dell’ediicio al pubblico demanio (seguita tra l’altro da una lunga controversia con la Curia), anche se limitati agli interventi più urgenti. I continui malumori manifestati da giudici ed avvocati dimostrano infatti che, ad appena quindici anni dall’inaugurazione, la sede giudiziaria “manca in realtà di decenza, ed è cosa indegna per un Tribunale della Provincia stare senza un certo decoro”. Nel 1821, ad esempio, il Procuratore Generale lamentava la 179 Giuseppe Pignatelli 13. La piazza Mazzocchi in una fotograia degli anni Venti del secolo scorso, poco prima della demolizione del corpo sporgente del Tribunale che ancora insisteva su parte della facciata della cattedrale. mancanza di un suficiente spazio a disposizione, “tant’è che li giudici debbono travagliare nelle loro case con grande incomodo per loro (…), e un tal sistema si è sinora eseguito, ma l’esperienza ha mostrato che il proseguirlo oltre arreca degli inconvenienti non pochi, ed apporta anche del ritardo al disbrigo degli affari”; l’anno seguente il Cancelliere del Tribunale Civile segnalava inoltre di “rischiare di sprofondare un giorno o l’altro abbasso poiché in alcuni luoghi del pavimento le chiancole, così dette che son quelle su cui poggia il piede, e queste per l’antichità son fracide, o son rose”. Ancor più grave era poi considerata la mancanza di un adeguato archivio, di un’ulteriore sala per le udienze e, soprattutto, di una cappella dove i giudici potessero pregare prima delle udienze, tanto che nel 1823 fu acquisita la Cappella Mazzocchi, afidandone la sistemazione, limitata in realtà alla scelta ed all’acquisto di sedie e suppellettili, all’architetto Giovanni D’Orta. Ottenuti nuovi ed insperati inanziamenti, a partire dal 1825, su progetto degli architetti Tenore e Parascandolo, fu così possibile chiudere deinitivamente la loggia occidentale, completare quattro nuove stanze, sopraelevare il braccio 180 meridionale dell’ediicio e riordinare i rimanenti ambienti, ristrutturando i bassi in previsione del trasferimento delle carceri nel nuovo ediicio di S. Francesco. Nell’occasione furono anche rettiicati i tre prospetti esterni dell’ediicio, “portati inalmente a simmetria tra loro” attraverso l’utilizzo di semplici modanature in stucco intorno alle aperture, un’alta zoccolatura di intonaco grezzo, un nuovo cornicione e ringhiere di ferro battuto, dipingendo il tutto “di color travertino carico con i rilievi bianchi”. Nonostante questi lavori, ancora negli anni Trenta il palazzo doveva presentarsi come un insieme di ambienti disposti in maniera assolutamente disordinata, privi delle più elementari norme igieniche e di decoro, ed oggetto di continue opere di manutenzione che non facevano altro che esasperare la già dificile situazione dettata dalla convivenza fra le due sezioni del tribunale: in quest’ottica il nuovo progetto presentato dall’architetto Panico nel 1835 rappresenta il primo tentativo di intervenire in maniera organica sull’ediicio, sostituendo l’antica lumaca con una nuova scalinata a pianta quadrangolare illuminata Il palazzo dei Tribunali di Terra di Lavoro 14. L’ex palazzo dei Tribunali e la cattedrale di Santa Maria Maggiore dalla piazza Matteotti. 15. L’ex palazzo dei Tribunali, oggi Facoltà di Giurisprudenza della Seconda Università degli Studi di Napoli. 181 Giuseppe Pignatelli 16. Il cortile interno del palazzo dei Tribunali con il loggiato chiuso negli anni Trenta del secolo scorso. da un lucernario superiore e, soprattutto, occupando parte del cortile con una costruzione nella quale ospitare le stanze dei patrocinatori al primo livello e dell’archivio e la cancelleria a quello superiore. Proprio in quegli anni, d’altra parte, furono avanzate le prime proposte per la realizzazione di una nuova ala nell’antico giardino del vescovo, oramai illeggibile nel suo disegno originario e utilizzato non solo “per comodo de’ carcerati”, ma anche come deposito della mobilia in disuso, tanto che tra il 1845 ed il decennio successivo ne furono cedute diverse parti alla curia per i lavori alla cappella dell’Assunta. Proprio il penoso stato in cui versava l’ediicio e le pesanti ripercussioni sull’attività giudiziaria portarono in quegli stessi anni all’avanzamento di una serie di mozioni per il trasferimento dei Tribunali a Caserta, vivacemente osteggiate dalla popolazione di Santa Maria; la presenza della sede giudiziaria aveva infatti notevolmente arricchito la cittadina, convogliandovi un numero sem182 pre crescente di magistrati, avvocati, impiegati e commercianti che andarono progressivamente a sostituirsi alle tradizionali classi sociali. Se agli inizi del secolo, insomma, erano solamente i resti delle antiche vestigia ed una modesta attività commerciale legata all’agricoltura ed alla concia delle pelli a destare l’interesse del Giustiniani, appena cinquanta anni dopo il casale doveva oramai avere l’aspetto di una moderna cittadina, con “vie piuttosto regolari, mediocri ediicii ma larghe piazze, chè vi seggono i Tribunali della Provincia, sì che per tal verso può stimarsene la capitale”. A dimostrazione dello strettissimo legame venutosi a creare fra la sede giudiziaria ed il territorio circostante, è esemplare la supplica al sovrano inviata nel 1845 dai cittadini sammaritani, “compresi da dolorose apprensioni alla voce pubblicamente ripetuta che disegna il trasferimento del Tribunale Civile e della Gran Corte Criminale della Provincia di Terra di Lavoro (…). Trentasette anni oramai volgono dacché la loro Patria è divenuta la sede di que’ Collegi Giudiziari, ed in questo non breve periodo Il palazzo dei Tribunali di Terra di Lavoro di tempo numerosa è la popolazione che vi ha immutabilmente stabilite le sue relazioni di commercio, di attività e di sussistenza. Se questo beneicio al presente cessasse, questo Comune, la cui ricchezza si è quasi tutta convertita in pubblici, e privati ediicii, rimarrebbe desolato e deserto, e di moltissime famiglie si produrrebbe la certa sventura”. A partire dalla metà del decennio successivo, scongiurata solo momentaneamente la minaccia del trasferimento con una serie di interventi che in realtà incisero ben poco sulla situazione della sede giudiziaria, poté così essere avviata una lenta ma radicale trasformazione di tutto il tessuto urbano che porterà al deinitivo accorpamento dei casali di S. Erasmo, di S. Maria Maggiore e di S. Pietro in Corpo, proseguita anche dopo l’Unità attraverso la riqualiicazione dell’edilizia consolidata e la realizzazione di nuovi ediici pubblici, in gran parte concentrati lungo il nuovo corso Garibaldi e la via Mazzocchi. Quest’ultima, considerata “una delle vie principali del Comune istesso ove abitano un gran numero di cittadini, ed ove sono grandiose abitazioni (…) che sono abitate da magistrati ed avvocati, oltre che un grandissimo albergo”, fu opportunamente allargata e rettiicata negli anni Settanta, ridisegnando completamente anche lo slargo antistante la cattedrale attraverso la demolizione delle antiche fabbriche che vi erano addossate, ancora ben visibili nei rilievi della città eseguiti nel 1817-19 e nel 1835 (igg. 5 - 7). Le operazioni, dirette dai tecnici comunali, portarono anche alla posa in opera di una massiccia ringhiera in ferro battuto che separasse visivamente e funzionalmente il sagrato dall’area di pertinenza del tribunale, ingentilita dalla presenza di un piccolo giardino ancora perfettamente individuabile nelle fotograie degli inizi del secolo scorso. Proprio nell’ambito di queste trasformazioni, nel 1870 fu redatto dall’ingegnere Pasquale Ianni un nuovo progetto per l’ampliamento dell’ediicio, da troppo tempo contraddistinto “da assoluta mancanza di decenza, di comodo e di riservatezza, propria del tempio della giustizia”. I lavori, assai ambiziosi, avrebbero portato alla realizzazione di un nuovo porticato nel cortile per favorire il passaggio e la sosta del pubblico, alla sopraelevazione della loggia lungo il lato dell’ingresso e, soprattutto, alla costruzione nel giardino di un nuovo grande ediicio da destinare ad archivio, al di sopra del quale innalzare una galleria che rendesse inalmente indipendenti gli ambienti di supporto 17. Una sala del Tribunale, oggi aula D’Antona della Facoltà di Giurisprudenza, con decorazioni databili agli ultimi decenni del XIX secolo. alla sala d’udienza. Grande cura sarebbe stata poi dedicata agli ornamenti delle facciate e degli ambienti interni, “onde ottenere con certa economia una decorazione che dia quella decenza e nettezza da rivelare a chiunque la presenza della classe eletta della società che amministra la giustizia”. Il progetto, rimasto sulla carta per i tempi necessari al suo compimento e, soprattutto, per le enormi spese preventivate, fu tuttavia ripreso alla ine del secolo limitatamente agli interventi giudicati improrogabili: i lavori compiuti tra il 1898 ed il 1904 sotto la direzione di Giuseppe Sticco ed Eleuterio Abbatecola portarono alla parziale separazione delle sezioni ai piani superiori ed alla ristrutturazione dei vani al pianterreno, alcuni dei quali furono afidati al Comune e destinati ad uficio postale; la chiusura dell’antico portale sulla piazza fece inine concentrare tutti gli sforzi economici sul ridisegno del solo prospetto su via Mazzocchi, nobilitato da semplici decorazioni in stucco intorno alle 183 Giuseppe Pignatelli aperture e dalla torre-belvedere con orologio, realizzata sul modello di quella concepita ben trenta anni prima dallo Ianni (igg. 8 e 9). Nonostante fosse giudicata oramai improrogabile la realizzazione di nuovi ambienti unitamente al riassetto di quelli esistenti, solamente il puntuale riproporsi delle voci sul trasferimento della sede giudiziaria a Caserta indusse il Consiglio Comunale di Santa Maria a deliberare inalmente la costruzione della nuova ala per la Corte d’Assise negli spazi un tempo occupati dal giardino, avviata dal 1928 sotto la direzione degli ingegneri Nicola Parisi e Domenico Morelli (igg. 10 e 11). Una lunga serie di imprevisti portarono tuttavia ad un notevole rallentamento dei lavori, sebbene nel frattempo notevoli sforzi economici fossero stati concentrati nella realizzazione delle facciate. In effetti, benché il progetto originario prevedesse una nuova decorazione in stucco limitata al solo prospetto su via Mazzocchi, privato del belvedere, nel 1929 fu invece deciso di intervenire anche sui rimanenti fronti nell’ambito dei lavori per la riqualiicazione di piazza Mazzocchi, diretti dallo stesso Parisi a partire dal 1923 in occasione della sistemazione del monumento ai Caduti della Grande Guerra. Grazie a nuovi inanziamenti fu così ridisegnato il giardino esterno, da molti anni in stato di completo abbandono (ig. 12), e riaperto l’antico ingresso al palazzo, recuperandone l’originario rapporto con lo slargo demolendo il corpo di fabbrica che ancora insisteva su parte della facciata della cattedrale (ig. 13). Ripresa l’attività dopo la riparazione dei danni causati dall’occupazione alleata, negli anni Cinquanta l’ediicio è stato oggetto di ulteriori lavori per la sopraelevazione dell’ala lungo via Sirtori, mantenendo la funzione di Tribunale sino al deinitivo trasferimento degli ufici nel nuovo Palazzo di Giustizia. Conseguentemente ad una complessa opera di restauro, che ha portato al consolidamento statico delle strutture ed al recupero delle decorazioni otto e novecentesche, dal 1992 il 184 palazzo è sede della Facoltà di Giurisprudenza della Seconda Università degli Studi di Napoli, mantenendo così intatto il ilo che da oltre due secoli lega Santa Maria, e con essa l’antica Mensa arcivescovile, all’amministrazione della giustizia in Terra di Lavoro (igg. 14 - 17). Riferimenti bibliograici Per le descrizioni sette ed ottocentesche del palazzo e di S. Maria Capua Vetere, si rimanda a: g.B. paCiChelli, Il Regno di Napoli in prospettiva diviso in dodici Provincie, I, Napoli 1703, p. 85. f. granata, Storia civile della fedelissima città di Capua, Napoli 1752. f. granata, Storia sacra della Chiesa Metropolitana di Capua, II, Napoli 1766, pp. 56 e 57. l. giustiniani, Dizionario geograico-ragionato del Regno di Napoli, VIII, Napoli 1804, p. 279. g.B. Carta, Dizionario geograico universale, Napoli 1852, p. 511. Per le trasformazioni ottocentesche del tessuto urbano della città, si rimanda a: s. di giaCoMo, Da Capua a Caserta, Bergamo, s.d. (ma 1925 ca.). s. Casiello, a.M. di stefano, Santa Maria Capua Vetere, architettura e ambiente urbano, Napoli 1980. Tutti i documenti citati o parzialmente riportati nel presente saggio sono custoditi presso l’Archivio Storico del Comune di Santa Maria Capua Vetere (Catalogo VII e Deliberazioni del Consiglio Comunale) e presso l’Archivio di Stato di Caserta (fondo Intendenza Borbonica - Affari Comunali; fondo Ponti e Strade e fondo Genio Civile). Il rilievo di Santa Maria, datato 1835, è parte dei sette fogli riguardanti il Piano di Rettiicazione della Regia Strada da Capua a Caserta, conservati presso la Biblioteca Nazionale di Napoli (Mss., Palat., banc.VI, 58.3); l’altra pianta della città è nel foglio 2 della Carta topograica e idrograica dei Contorni di Napoli, predisposta tra il 1817 ed il 1819 dai tecnici del Real Oficio Topograico del Regno e più volte aggiornata sino agli anni post-unitari (Biblioteca Nazionale di Napoli, Mss., Palat., banc.VII, 52.2). I rilievi novecenteschi del Tribunale sono custoditi presso l’Archivio Storico del Comune di Santa Maria Capua Vetere (Catalogo VII).