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Maria Pia Paoli
Tradizioni e metamorfosi della pietas nella Firenze medicea
Premessa
Il presente contributo intende per prima cosa tracciare una sintesi storiografica relativa agli studi sulla Firenze medicea condotti negli ultimi cinquant’anni,
privilegiando soltanto quei lavori che si sono occupati più o meno direttamente
degli aspetti della storia religiosa della città. Nella seconda parte saranno delineate alcune piste di ricerca sulla base di un esiguo, ma significativo campione di
fonti sulle quali chi scrive sta lavorando da tempo. I termini cronologici prescelti
coprono il periodo che va dal tardo Quattrocento alle soglie del XVIII secolo,
anche se una particolare attenzione è rivolta ai secoli XVI-XVII, emblematici di
alcune profonde trasformazioni avvenute nelle esperienze religiose di Firenze
vissute all’ombra di tradizioni antiche.
1. La tradizione: la religione delle buone opere
Il binomio tradizione e cambiamento, continuità e trasformazione costituisce da tempo un leit-motiv nella ricerca storica. Assumerlo all’interno di un discorso più ampio e di lungo periodo che miri a individuare le possibili peculiarità del cristianesimo fiorentino è funzionale soprattutto ai secoli dell’età moderna
cui questo contributo si rivolge; si tratta di capire per prima cosa come si articolò
nel tempo il rapporto con una tradizione che appare soprattutto condizionata
dalla religione delle buone opere e sulla quale esistono numerosi studi per i secoli XIII-XV e in minor numero per l’epoca medicea. Questi studi fino ad oggi
hanno privilegiato le precoci forme istituzionali e sociali della storia di Firenze,
delle sue confraternite, dei suoi ospizi e ospedali, di tutti quei sodalizi e strutture
assistenziali rivolte ai più deboli, ai poveri intesi in senso lato, alle donne, ai fanciulli1. Quale il legame di tutto questo fervore con la religione? Su questo punto,
in anni ormai lontani che videro nascere gli studi di Richard Trexler e Marvin
Becker sulla Firenze comunale e rinascimentale2, non è mancata una efficace e
ancora oggi valida riflessione sul significato di laicizzazione e secolarizzazione,
intese non tanto come declino della fede cristiana né come perdita di spiritualiAnnali di Storia di Firenze, VIII (2013): 171-194
www.fupress.com/asf
ISSN 1824-2545 (online)
© Firenze University Press
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tà, ma come sforzo di trovare dei significati spirituali a quegli aspetti della vita
umana che erano stati esclusi dalla dimensione della santità. In questo contesto
si era affermata nel XV secolo la sacralizzazione della famiglia e dell’infanzia,
entrambe al centro di messaggi edificanti e pedagogici rivolti non solo dagli umanisti o dai correttori e dai guardiani delle confraternite, ma anche da predicatori,
pastori e teologi come i domenicani Giovanni Dominici e Antonino Pierozzi3.
l’esperienza savonaroliana, come noto, allargò ulteriormente l’orizzonte
della religione civica, attribuendo una sorta di santità alla città stessa, ovvero a
Firenze «Nuova Gerusalemme». Alla base di tutto persisteva una consolidata
mitologia cittadina che, come ha osservato giustamente Donald Weinstein, si
collegava bene al «religious ethnocentrism» peculiare dell’Italia comunale4. Gli
studi sulla Firenze del Medioevo e del Rinascimento hanno sottolineato la complessità del concetto di pietà laica che comprendeva la predicazione dei laici,
l’orazione mentale, la conoscenza dei testi sacri5 anche da parte di uomini illetterati quali un celebre savonaroliano, il piagnone Pietro Bernardino, che predicava
allo scoccare del XVI secolo. Sul tenore della sua predicazione diretta e piena
di immagini e metafore che traevano spunto dall’insegnamento di Savonarola, è
tornato di recente Peter Howard6. Pietro, prima di essere mandato a morte dai
medicei, era un artigiano venticinquenne che predicava in casa sua, clandestinamente, «nel populo di Sancto lorenzo», esortando gli astanti, fanciulli e adulti,
a imparare «a fare le buone opere», incluse preghiere e processioni, purché sempre concepite in onore di Dio. Significativo è il fatto che la sua formazione fosse
avvenuta nelle confraternite fiorentine, specialmente quelle dedite all’educazione cristiana e civica dei fanciulli, un fenomeno che Trexler prima e altri studiosi
poi, da Konrad Eisenbichler, a Ilaria Taddei a lorenzo Polizzotto, a Nicholas
Terpstra hanno analizzato con attenzione sia nei suoi esordi quattrocenteschi,
sia nel periodo successivo fino alla soppressione delle compagnie religiose e dei
conventi sancita dalle riforme attuate dal granduca Pietro leopoldo7.
Fra le numerose testimonianze che ci sono giunte dalle fonti della memorialistica fiorentina, libri di ricordi e «ricordanze»8, non mancano esempi della
ricaduta che la predicazione aveva nell’orizzonte domestico, tanto da mescolarsi
con le consuete registrazioni di spese o di eventi della vita privata dello scrivente.
Il primo novembre 1532 messer Paradiso di messer Ugolino Mazzinghi, che fu
«tracto uno de’ dodici buoni huomini» il 12 marzo 1532, incominciava un libro
«nel quale fino a 49 exclusive vi sara scripto sermoni et altre cose letterarie et da
dicte carte in là si terrà conto di ogni ricordo et spese che giornalmente si fara…
che dio ci dia buon principio con salute dell anima et del corpo…»9.
Per capire meglio gli sviluppi di questo crocevia vale la pena richiamare alcuni snodi fondamentali che complicano il quadro della realtà urbana fiorentina,
del suo vivere civile fin da subito esaltato dagli umanisti e in seguito dagli stessi
storici angloamericani.
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Come ho già avuto modo di sottolineare in altre occasioni, dopo l’avvento
al potere di Cosimo I Medici nel 1537 e dopo alcune cesure fondamentali nella
storia della Chiesa quali l’istituzione della Compagnia di Gesù nel 1541 e la
chiusura del Concilio di Trento avvenuta nel 1564 grazie anche all’intervento del
duca, la società fiorentina e la sua ‘religione cittadina’ dovevano fare i conti con
istituzioni e progetti che andavano al di là delle antiche mura: da un lato la corte
e i suoi apparati e rituali condivisi nell’Europa dei principi, dall’altro le istanze
planetarie, universalistiche della Chiesa cattolica che a sua volta elaborava rituali, immagini e linguaggi indirizzati all’uniformità dei comportamenti dei fedeli10.
Un altro elemento, potremmo dire destabilizzante, nel quadro di una storia cittadina che rischierebbe di divenire autoreferenziale, è emerso dagli studi
dello storico inglese John Bossy che fin dagli anni ’70 del Novecento ha insistito
sull’idea di comunità cristiana come centrale nella storia dell’occidente prima
e dopo la Riforma protestante. Il termine di paragone adottato da Bossy, infatti,
non è il protestantesimo rispetto al cattolicesimo, ma il cristianesimo medievale
rispetto al cattolicesimo moderno uscito dal Concilio di Trento. Fu da allora
che, secondo Bossy, si incrinò quella solida struttura di parentele e solidarietà di
gruppo nelle quali agivano la famiglia coi suoi riti di passaggio (battesimi, matrimoni, funerali) e le confraternite che, ovunque, nelle città e nelle campagne del
mondo occidentale, erano dedite a funzioni secolarizzate di mutuo soccorso, a
riti paganeggianti come banchetti e veglie. Nel loro insieme tutti questi riti, compresi i sacramenti, erano deputati a garantire un ordine sociale minato da violenze private e faide interminabili. la chiesa della Controriforma mirava, dunque,
a dare rinnovato e maggior risalto alla pastorale dei vescovi e alla parrocchia
come sede opportuna per lo svolgimento della vita religiosa, per la celebrazione
delle feste comandate, per la confessione privata e non più pubblica. Si sanciva
così quel passaggio dal «cristianesimo tradizionale al cristianesimo tradotto», dal
«cristiano collettivo al cristiano individuale»11. Mario Rosa e Adriano Prosperi
con molta finezza hanno discusso e allo stesso tempo valorizzato le tesi di Bossy
sull’Europa cattolica, in particolare su Italia e Francia, le quali prendono come
punto di partenza e di paragone la situazione del cattolicesimo inglese, minoritaria sì, e per questo non conformista, ma comunque ben inserita in un contesto
pluriconfessionale, fatto di anglicani, anabattisti, presbiteriani, quaccheri ecc.12
È da verificare se le tesi di Bossy, applicate alla situazione di Firenze nell’epoca
della Controriforma, risultino pertinenti; sarà per questo necessario indagare
meglio la situazione del tessuto parrocchiale e il rapporto di nuclei familiari e
confraternite con le istituzioni ecclesiastiche locali e romane.
Si tratta in ogni caso di ripensare finalmente a una storia comparata di
Firenze; comparata nel rapporto con realtà esterne e comparata anche al suo
interno, se si vuole correttamente ricostruire, tra l’altro, l’evoluzione della sua
dimensione religiosa, devota e spirituale.
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A questo riguardo ritengo che in generale un richiamo lucido e sintetico sia
stato fatto da Ronald Weissman nel 1991 nell’ambito di una discussione a più
voci sul tema Storici americani e Rinascimento italiano ospitata nel numero monografico della rivista «Cheiron»13. A dispetto di una stagione di studi all’epoca
ancora molto florida, Weissman mostrava delle perplessità sugli sviluppi della
storia fiorentina, della quale tracciava un bilancio storiografico a partire dagli
interventi degli studiosi italiani del Risorgimento come Gino Capponi per arrivare agli studi dello stesso Weissman e di John Najemy14. Indubbiamente corroborata e stimolata dalla ricchezza delle sue fonti, la storia di Firenze, secondo
Weissman, negli anni ’60-’70 del Novecento aveva rappresentato un eccellente
banco di prova per collegare problemi fiorentini o toscani alle questioni generali della storia europea sull’onda delle domande rivolte dalle scienze sociali e
politiche contemporanee15. Che questo respiro di vedute sia nel tempo venuto
meno è, peraltro, un dato di fatto, per cui, in effetti, non avrebbe senso dedicarsi
all’ennesimo studio monografico su una singola famiglia fiorentina o su una delle
sue tante confraternite senza inserirle in quadri di ampio respiro.
Ma a prescindere da queste riflessioni, più o meno condivisibili da altri storici, nel bilancio autocritico fatto da Weissman studioso delle relazioni sociali
e delle confraternite fiorentine fra Medioevo ed età moderna, c’è un passaggio
che per noi riveste maggiore importanza e che riguarda l’opportunità di agganciare gli studi fiorentini al dibattito sulle origini della modernità in Europa; in
particolare dal punto di vista della storia sociale e religiosa occorre chiedersi:
«come influenzarono la società, la mentalità e la religiosità fiorentine i consistenti
movimenti della riforma cattolica?»16. Ci furono evidenti fratture o continuità e
trasformazioni rispetto al passato medievale e umanistico?
Prima di riprendere le fila del panorama storiografico italiano e internazionale rivolto non solo alla Firenze rinascimentale, ma anche a quella dei «forgotten
centuries» studiata da Eric Cochrane17, merita soffermarsi sulla questione della
continuità nella tradizione sostenuta da alcuni fiorentini dell’epoca, preoccupati
di difendere quella religione delle buone opere di misericordia che continuava
a manifestarsi nella fitta rete di solidarietà pubbliche e private già menzionate,
ovvero confraternite, ospizi, brefotrofi.
Quali furono i motivi e gli autori di questa difesa che sbocciò soprattutto
nel maturo Cinquecento? Bisogna per prima cosa fare attenzione alla periodizzazione, alle diverse fasi del magmatico secolo XVI che per la città del giglio
comportò all’inizio mutamenti politici e sociali profondi, senza contare, in ambito religioso, le non poche, anche se presto controllate, fratture o screpolature
eterodosse, luterane, calviniste, anabattiste, oggetto di studio e di discussione da
parte degli storici odierni18.
l’inizio del XVI secolo era stato inaugurato dall’elezione di Pier Soderini a
gonfaloniere a vita; nel periodo che vide il ritorno dei Medici al potere nel 1512
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e la loro nuova espulsione avvenuta nel 1530 si pubblicarono a Firenze molte
opere di argomento religioso, da quelle di Castellano Castellani19 a quelle di
Francesco da Meleto20 e del già ricordato Pietro Bernardino, tutte segnate dall’esperienza savonaroliana e dal suo profetismo21. Il sinodo provinciale svoltosi nel
1517 e indetto dall’arcivescovo Giulio de’ Medici avrebbe preso posizione contro questo stato di cose, mostrando di mescolare in maniera insolita «la causa
e la pena civile coll’ecclesiastica» e dando prova così della crescente ingerenza
del potere mediceo sulle varie espressioni della vita religiosa22. All’anno 1520 si
fa risalire la composizione del Dialogo della mutatione di Firenze del moderato filomediceo Bartolomeo Cerretani recentemente edito da Raul Mordenti23. I
principali interlocutori del Dialogo, Francesco Guicciardini al tempo governatore di Modena, Giovanni Rucellai nunzio apostolico presso il cristianissmo re di
Francia e due non ben identificati personaggi, Girolamo e lorenzo, attraverso
l’espediente di un viaggio geografico e spirituale iniziato da Modena e proseguito verso Venezia, la Germania e la Francia, in maniera originale mettono in
rapporto spiritualità diverse, ma tutte collocate all’interno di un unico processo
salvifico che comprende i primi cristiani, gli ordini mendicanti, i moderni eremiti e i profeti, l’umanesimo neoplatonico fiorentino, Erasmo24, la Kabbalah di
Pico e di Reuchlin e infine, Savonarola e lutero, del quale si dice che aveva
opinioni «molto proprie e conformi all’opinione e vita della primitiva chiesa militante». A questo testo si sono variamente interessati Joseph Schnitzer studioso
di Savonarola e Delio Cantimori nei suoi studi sugli eretici italiani; si è aperto
così un dibattito incentrato sul possibile rapporto fra lutero e Savonarola25. Alla
luce, tuttavia, dei solidi interessi che legavano Firenze a Roma, paralleli alle forti
posizioni anticlericali alla Guicciardini e alle divergenti opinioni sulla priorità o
meno delle opere sulla fede in vista della salvezza del cristiano26, anche Massimo
Firpo ha confermato «l’impossibilità di definire nessi univoci tra savonarolismo
ed eresia»27.
Su Savonarola e la sua influenza successiva alla sua morte, oggetto di numerosi studi e celebrazioni, non è il caso di dilungarsi in questa sede. Alcuni
problemi tuttavia, riemergeranno sullo sfondo di un mosaico in gran parte da
ricostruire28.
All’indomani del consolidamento politico del principato e dopo la chiusura
del Concilio di Trento e la sua accettazione in via ufficiale da parte di Cosimo e
dei suoi successori, l’esperienza savonaroliana veniva riassorbita e per certi versi
neutralizzata in virtù dei suoi risvolti più congeniali al programma del cosiddetto
«disciplinamento» che coinvolse laici e religiosi, uomini e donne, gruppi e individui, fenomeno sul quale la storiografia contemporanea è intervenuta in diverse
occasioni29. Uno scavo più ampio sulle fonti letterarie fiorentine della seconda
metà del Cinquecento servirebbe ad arricchire il confronto coi dibattiti della prima parte del secolo, caratterizzati da un clima culturale e religioso decisamente
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più fluido e pieno di contrasti. Fra i tanti, due autori, entrambi molto lontani
dalle dense implicazioni politico-religiose del Dialogo del Cerretani, si presero
l’incarico di difendere il primato fiorentino come testimonianza di fedeltà all’ortodossia religiosa e di devota e pietosa religione: il medico Paolo Mini e il frate
servita del convento della Santissima Annunziata Michele Poccianti30.
la storia di Firenze e dei suoi uomini illustri, letterati, uomini d’arme, santi e artisti aveva alla spalle una lunga tradizione iniziata al tempo di Filippo
Villani nel XIV secolo, frutto di una precoce mitografia/mitologia urbana che
la città del giglio aveva elaborato all’interno del genere delle laudationes urbis31.
l’intervento di Mini, che forse aveva svolto la professione medica a lione, prendeva le mosse dalle accuse di «ateismo e machiavellismo» lanciate in Francia
contro la Nazione fiorentina a causa dell’ostilità nutrita nei confronti della regina
Caterina de’ Medici invisa agli ugonotti32. A questo proposito l’autore introduce anche il richiamo alla tradizione delle numerose opere di carità esistenti a
Firenze, nonché a quelle compagnie di notte dette buche «per contemplare il
fervore che hanno gli huomini che le frequentano orando a Iddio, il sangue che
versano flagellandosi la gnuda carne con le funi et bene spesso con cateni di ferro
et le lagrime che eglino spargono piangendo i loro peccati…»33.
Precedente all’opera del Mini, ma riedito nel 1589 con aggiunte del confratello pratese luca Ferrini, è uno scritto agiografico del frate servita Michele
Poccianti: Vite de’ Sette Beati fiorentini Istitutori del sacro Ordine de’ servi di
Maria. E prima un discorso intorno alla divota e pietosa Religione della città di
Fiorenza col Sommario poi di tutte le chiese e Luoghi Pii di quella34. l’edizione del
1589 contiene un’aggiunta di mano del Ferrini dal titolo Difesa della nobiltà di
Firenze ancorché sia mercantile e un Discorso come la Religione dei Servi sia stata
fertile nella Vigna del Signore35. l’argomento religioso, lungi dal toccare implicazioni dottrinali profonde, risentiva ora di quelle nuove istanze cui accennavo
all’inizio e che spingevano i fiorentini e la stessa religione cittadina a misurarsi con
l’etica e gli ideali derivanti dal costume di vita nobiliare e principesco36. Il testo di
Poccianti è una piatta narrazione delle origini romane di Firenze, del suo primato
di città cristiana fra le altre città toscane: «in Fiorenza più che in ogni altra città
di Toscana è fiorita la vera Religione che forse per questo di Fluenza fu rinomata Fiorenza»37. la forzatura etimologica è funzionale a riproporre poco dopo il
paragone con la rivale Fiesole, quando si tratta di rievocare le origini apostoliche
della Chiesa fiorentina da San Frontino mandato da San Pietro e che, a differenza
di San Romolo vescovo di Fiesole, fu accolto pacificamente come buon pastore.
Alla storia della propagazione del culto cristiano a Firenze fa seguito un minuzioso elenco dei luoghi di culto e dei luoghi pii cittadini comprese
[…] le 100 e più compagnie in altri luoghi nominate fraternità e scuole, delle
quali alcune si domandano compagnie di disciplina, altre di devotione et altre
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di stendardo. Tutte però unitamente attendono a opere pie che son governare
infermi, maritar fanciulle, aiutar pupilli, scarcerare imprigionati et seppellire
morti, segni et argomenti certi della religione di Fiorenza […]38.
Santi e prelati, papi e vescovi sono ricordati tra le glorie cittadine per arrivare all’elogio finale delle religioni nate a Firenze e nel suo territorio, i vallombrosani, i servi di Maria, i padri di San Girolamo e l’ordine dei cavalieri di Santo
Stefano, religioni nate
[…] come i 4 torrenti che nel principio del mondo inondarono la terra, tre che
a guisa di Mosè stanno nel monte a orare, et una che con Josuè nel piano combatte, tre che cercano di muovere Iddio a pietà con l’acqua delle lagrime, et una
che ciò si sforza fare col sangue, tre che col coltello acuto del verbo divino fanno
resistenza a’ nimici et una che si contrappone con la spada tagliente et con la
vita, tre finalmente che son claustrali et una militare […]39.
Come ha dimostrato Caroline Callard, nella Firenze del Seicento, per motivi dovuti alla censura medicea oltre che a quella ecclesiastica, non si affermò
una vera scrittura di storia patria alla stregua della grande storia politica di
un Machiavelli e di un Guicciardini. Firenze divenne piuttosto il «luogo della
memoria» nel senso evocato nel 1595 dal domenicano di Santa Maria Novella
Agostino Del Riccio nel suo testo manoscritto Trattato della memoria locale. Del
Riccio, infatti, avallando il fortunato filone della letteratura storico-artistica cittadina, non manca di menzionare proprio l’opera del Poccianti e di tutti coloro
che avevano illustrato le bellezze di Firenze, i suoi monumenti sacri e profani, i
suoi costumi, le sue istituzioni40. Circa un secolo dopo, i luoghi di culto, le devozioni, le processioni, le feste, le numerose compagnie religiose di Firenze saranno ancora oggetto di attenzione e di orgoglio da parte di Ferdinando leopoldo
Del Migliore nell’opera dedicata a Firenze città nobilissima (Firenze, 1684), per
la quale aveva raccolto molti materiali ancora oggi inediti41.
Un altro personaggio chiave di questa erudizione messa al servizio del mito
di Firenze è il monaco cassinese Vincenzo Borghini, spedalingo degli Innocenti
dal 155242, autore di rielaborazioni teologiche e invenzioni di apparati iconografici congeniali alla politica di Cosimo I. Nel suo Trattato della chiesa e de’ vescovi
fiorentini, edito postumo nel 1585, Borghini non a caso si era ripromesso di
trattare «di tutta la materia della religione, la quale in ogni ben istituta città, ma
nella nostra precipuamente, fu sempre in sommo pregio e col governo civile in
primo grado congiunta»43.
Se il tema della continuità nella tradizione religiosa del popolo fiorentino
ha, dunque, radici che affiorano anche nella trattatistica cinquecentesca e che
andranno meglio approfondite, sullo stesso piano si pone lo studio di Arnaldo
D’Addario rivolto alla Firenze della Controriforma, studio nato a seguito del
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Concilio Vaticano II come mostra documentaria, poi interrotta dall’alluvione
che colpì Firenze del 1966, e finalmente pubblicato in volume nel 1972 con una
ricca appendice di fonti. Il termine ad quem di questo lavoro, che già abbiamo
avuto occasione di citare in questo contributo, è la Firenze di Cosimo I e dei suoi
successori, i figli Francesco e Ferdinando, e quella del governo pastorale degli arcivescovi Antonio Altoviti e Alessandro de’ Medici divenuto poi papa col nome
di leone XI. D’Addario individua una serie di «maestri di spirito e realizzatori
di opere caritative», di figure di spicco come le sante mistiche Caterina de’ Ricci
e Maria Maddalena de’ Pazzi, il laico Ippolito Galantini e la sua confraternita
per l’insegnamento della dottrina cristiana, San Filippo Neri fondatore dell’oratorio romano poi sviluppato a Firenze a metà Seicento da Francesco Cerretani
discendente del già menzionato Bartolomeo. Molte sono le figure evocate legate all’ordine domenicano come il padre Alessandro Capocchi del convento di
Santa Maria Novella, uno dei più rinomati correttori della confraternita di San
Benedetto Bianco44.
Nel descrivere il fervore della continuità dell’impegno caritativo e nell’eredità raccolta dalla spiritualità dei secoli precedenti, tesi ripresa anche in studi successivi45, D’Addario ridimensiona le conseguenze della crisi religiosa del
Cinquecento; nessun connubio tra luterani e savonaroliani, nessuna eco della
presenza a Firenze di Caterina Cybo legata ai circoli valdesiani46. Sinodi, precetti, divieti e compromessi costellano poi il quadro proposto nello studio di
D’Addario che è stato il primo a portare la storia religiosa di Firenze fuori dai
confini della periodizzazione strettamente rinascimentale, dopo che nel lontano 1920 Irene Pannoncini aveva dedicato un saggio a Il sentimento religioso a
Firenze dalla caduta della repubblica alla fine del Cinquecento, intravedendo delle
discontinuità rispetto al passato quattrocentesco47.
Una ricostruzione più ampia del cristianesimo fiorentino nell’età moderna,
tuttavia, stentava ancora a realizzarsi. Nessun saggio dedicato a temi di storia
religiosa cittadina comparve negli atti delle sei giornate del convegno dedicato
nel 1980 a Firenze e la Toscana dei Medici nell’Europa del Cinquecento48, mentre
fu ancora D’Addario che, in occasione di una mostra di opere d’arte e documenti dell’epoca, propose una ricca messe documentaria sulla comunità cristiana
fiorentina che andava oltre il Cinquecento49. Più improntato a suggestive interpretazioni che ad una ricerca storica vera e propria è da considerarsi il libro di
Maurilio Adriani, Firenze sacra50, che comprende il lungo periodo dalle origini
pagane della città fino al secolo XX. Il libro si apre con un quesito circa il significato religioso del nome Fiorenza, Florentia51, lasciando però in sospeso la
questione di tale significato che, invece, abbiamo visto risultare piuttosto evidente agli occhi del servita Michele Poccianti. Nelle pagine dedicate da Adriani
alla Firenze sacra nell’età medicea si ribadisce il fatto che Firenze fu estranea sia
alla Riforma che alla Controriforma, mancando, ad esempio, l’istituzione delle
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compagnie del Divino amore o forme religiose elitarie come quelle del Veneto
o più popolari come quelle attive a Napoli52. Pur riconoscendo l’importanza di
antichi centri di spiritualità quali la Badia fiorentina di Santa Maria dei monaci
benedettini cassinesi, la basilica di Santa Croce dei francescani conventuali, la
chiesa e il convento di Santa Maria Novella dei padri domenicani e la chiesa e il
convento di Santo Spirito degli agostiniani, Adriani non trascura di menzionare
le novità introdotte nella Firenze medicea da gesuiti, oratoriani e cappuccini,
congregazioni tutte rivolte alla paidèia dei caratteri e delle anime attraverso la
preghiera, la meditazione, il gioco53. Il tema è molto ampio e necessita ancora di
approfondimenti e ricerche nuove.
Gli anni ’90 del XX secolo sono stati fervidi di studi che hanno portato col
tempo anche gli studiosi statunitensi a spingere le loro ricerche nel Cinquecento
fino alle soglie del Seicento. la storia di genere, che nei primi contributi sulla lay
piety a Firenze restava sullo sfondo54, aveva nel frattempo arricchito le prospettive di indagine, cronologiche e tematiche. Ricordando uno studio di William
Jordan, Philanthropy in England 1480-1660 (london 1959), Philip Gavitt nel
suo studio sul primo secolo di vita dell’ospedale fiorentino degli Innocenti
(1419-1536) ha cercato di interpretare i motivi che spinsero i fiorentini del secolo XV a trascurare i lasciti a favore degli ordini religiosi e a fondare istituti
caritatevoli, spiegandoli con la volontà di realizzare un duplice scopo: la gloria
e l’immortalità personale e collettiva. Questa considerazione apre un confronto
con la svalutazione delle buone opere predicata dai riformatori protestanti, per i
quali la carità, come ricorda Gavitt sulla scorta del sociologo tedesco Troeltsch,
agiva come una «conscious social policy»55. In filigrana rimane sempre aperta
la questione del rapporto fra la politica medicea e la carità laica esercitata da
gruppi e individui e che diventa più cogente a partire dal governo di Cosimo I,
generalmente visto come accentratore di ogni iniziativa anche nel campo religioso in concorrenza con l’azione delle autorità ecclesiastiche.
In questo panorama storiografico che fa soprattutto tesoro della ricchezza delle fonti archivistiche, letterarie e iconografiche fiorentine, non sempre ci si è posti
il problema di incrociare la messe della documentazione disponibile ancor più
ricca nell’epoca dell’età moderna. Una fonte letteraria come i sonetti «quietisti»
sull’elevazione dell’anima a Dio composti dal poeta fiorentino Vincenzo da Filicaia
ha consentito a chi scrive di ricostruire l’humus meno noto in cui il Filicaia e altri
suoi concittadini e sodali della seconda metà del Seicento, letterati, poeti, giuristi,
burocrati, scienziati, religiosi, vissero in maniera intensa e talvolta conflittuale il
rapporto con gli ambienti cortigiani e accademici, con la Chiesa locale e la Chiesa
di Roma, con le devozioni ufficiali e con la ricerca di una dimensione spirituale
più intima56. Ma su questi temi ritornerò nella seconda parte di questo contributo.
In questo primo rapido excursus storico e storiografico non si può tralasciare
di osservare che mentre si parla di religione e di religiosità, di devozione e di ca-
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rità nella Firenze medicea, a partire dalla seconda metà del Novecento gli storici,
dietro le suggestioni dell’antropologia e della sociologia religiosa inaugurate in
Francia e Inghilterra, hanno sentito il bisogno di collocare questi temi in un ambito non limitato a realtà locali, anche se per Firenze il termine ‘locale’ può risultare angusto e ingeneroso. In questo clima sono nati, ad esempio, i volumi della
laterza dedicati alla storia dell’Italia religiosa a partire dal Medioevo. la situazione fiorentina dell’età moderna viene così riassorbita nella sintesi di Massimo
Firpo su Riforma protestante ed eresie nell’Italia del Cinquecento a proposito di
Antonio Brucioli volgarizzatore del testo biblico, o delle teorie valdesiane del
protonotario Pietro Carnesecchi poi giustiziato dal tribunale dell’Inquisizione57.
Una vicenda la cui vera peculiarità potrebbe ascriversi al suo legame con la personale strategia politica di Cosimo I e rientrare, dunque, nella ormai consolidata
tesi del compromesso Chiesa-Stato attuato nella Firenze medicea prima che si
rafforzassero e diffondessero le posizioni giurisdizionaliste del Settecento58. Ciò
non toglie che alcuni ‘primati’ fiorentini continuino ad affiorare anche quando si
tratta di fenomeni più ampi.
Con un richiamo alla formazione di tradizione savonaroliana avuta da
Filippo Neri si apre, infatti, il contributo di Mario Rosa che affronta poi temi peculiari della storia religiosa dei secoli XVI-XVII non soltanto italiana, ma anche
francese e spagnola: la spiritualità della mistica quietista e la pedagogia dei nuovi
ordini religiosi nati dopo il Concilio di Trento, gli oratoriani di Filippo Neri e gli
scolopi di Giuseppe Calasanzio59.
A proposito di primati e di oratorio filippino, già nel 1979 John Walter Hill
individuava nell’esperienza laica del «recitar cantando» nata nella fiorentina
Camerata dei Bardi le sue applicazioni alla musica e al canto sacro che i fanciulli
della Compagnia dell’Arcangelo Raffaello avevano sperimentato fin dal secolo
XV. laudi e sacre rappresentazioni, ritenute funzionali ad una pedagogia cristiana, furono poi riprese, adattate e portate in auge nella Roma barocca60.
Se tutte le strade portano a Roma, ciò è vero anche per lo studio delle tradizioni e delle esperienze religiose di Firenze, che la maggior frequentazione degli
archivi vaticani da parte di studiosi laici ha proiettato per forza di cose in uno
scenario più ampio61. In una premessa a una raccolta di saggi frutto della sua
carriera di studioso della società fiorentina nel Rinascimento, Gene Brucker annunciava di volersi interessare alle «religious structures, practices and beliefs» di
Firenze proprio dopo aver scoperto la ricchezza degli archivi vaticani che avrebbero fornito materiali per la Toscana ma anche per tutta l’Europa cattolica62. In
particolare Brucker si interessava alle carte della Penitenzieria apostolica fino ad
allora studiate soltanto dal tedesco Emil Göller nel 1907-1911 e poi da Filippo
Tamburini. Gli attori e i contesti di ciò che si controllava e reprimeva potevano sì
variare da città a città, da paese a paese, ma abbastanza uniformi si sono rivelati
gli strumenti adottati dalle Congregazioni romane deputate a questo, il tribunale
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dell’Inquisizione e la congregazione dell’Indice, comprese le loro diramazioni
disseminate su tutta la penisola63. Non è un caso poi che l’Inquisitore di Firenze
fosse anche inquisitore per tutto lo Stato mediceo così come quello di Ferrara lo
era per lo Stato estense64. Senza poter qui entrare nel merito della storia dell’Inquisizione fiorentina affidata ai padri francescani conventuali di Santa Croce e
non ai domenicani, basti richiamare il fatto che ancora nel 1593 il cardinale arcivescovo Alessandro de’ Medici avvertiva il granduca Ferdinando I dei pericoli
insiti in fermenti religiosi di chiara marca savonaroliana65.
Sull’onda di antiche persistenze e/o tradizioni che dir si voglia, Cristopher
Black nel 1994, a proposito di confraternite e Inquisizione in Italia, segnalava nelle confraternite della Nazione fiorentina presenti a Venezia alla fine del
Cinquecento l’abitudine dei laici di predicare, cosa che verrà denunciata anche
dal cardinal Garçia Millini nel 1626 a proposito degli usi seguiti in alcune confraternite fiorentine66.
2. La metamorfosi: cittadini devoti e anime contemplative
le svolte che si presentano nella storia del cristianesimo fiorentino nel corso
del secolo XVII sono ascrivibili soprattutto a due cesure fondamentali: da un
lato la devozione e la spiritualità coltivata nell’ambito della corte e condizionata
dai legami matrimoniali stretti fra i granduchi e principesse straniere provenienti
da formazioni religiose diverse, dall’altro gli esiti nefasti della peste del 1630 di
poco precedente la conclusione del secondo processo Galilei avvenuta nel 1633.
Cesure queste che non hanno strettamente a che vedere con l’applicazione dei
decreti tridentini né col governo più stabile della diocesi al tempo degli arcivescovi Alessandro de’ Medici (1573-1605), Alessandro Marzi Medici (16051630), Cosimo Bardi (1630-1631) e Pietro Niccolini (1632-1651).
Alla seconda cesura che segnò il declino di molti sodalizi accademici e di
compagnie religiose i cui soci furono decimati dall’epidemia, si collega anche un
ulteriore elemento foriero di metamorfosi, ovvero l’ingresso a Firenze di congregazioni nate dopo il Concilio di Trento e variamente appoggiate dai granduchi e dalle granduchesse, da Eleonora di Toledo a Maria Maddalena d’Austria
in particolare. Dopo gli esordi non facili della Compagnia di Gesù negli anni
Quaranta del Cinquecento67, dagli inizi del Seicento seguì l’arrivo dei chierici
regolari ministri degli infermi denominati a Firenze «padri del bel morire», dei
foglianti francesi, dei barnabiti o chierici di San Paolo, degli agostiniani, dei
carmelitani scalzi, degli oratoriani, dei padri delle scuole pie68. I contrasti che
spesso nacquero fra una congregazione e l’altra ebbero un momento di maggiore
risonanza in occasione delle delazioni del padre scolopio Mariano Sozzi nei confronti degli scolopi galileiani, e poi del canonico del duomo Pandolfo Ricasoli,
182
MARIA PIA PAolI
la cui vicenda, molto vicina ai fenomeni della mistica quietista diffusasi in Italia
in quel periodo, è ancora da ricostruire in profondità69. Il rapporto tra nuovi e
vecchi ordini costituisce, dunque, un capitolo a sé anche nella storia di Firenze;
non è forse un caso che proprio all’interno della già ricordata compagnia di
fanciulli dell’Arcangelo Raffaello, che per anni ebbe correttori spirituali scelti
tra francescani e domenicani, solo per una breve parentesi, fra il 1631 e il 1640,
si alternassero anche i padri teatini70.
Il ruolo della corte fiorentina nel favorire nuovi ordini e nuove congregazioni è stato studiato soprattutto dal punto di vista delle diverse personalità e delle
diverse inclinazioni devozionali nutrite dai principi e principesse Medici, nonché della loro politica ecclesiastica sospesa, come nel caso di Cosimo III, tra problemi di coscienza e volontà di affermare i diritti giurisdizionali del principe nei
confronti delle pretese curiali. occorre, però, chiedersi quanto il nutrito drappello di confessori e direttori spirituali di corte71, oltre a orientare la formazione
religiosa e l’azione politica dei principi, abbia provocato una ricaduta sulla vita
religiosa dei fiorentini, intaccando antiche tradizioni o provocando nuove aspirazioni e comportamenti. Sappiamo, infatti, abbastanza sul connubio tra religione e politica molto evidente, ad esempio, negli usi dello spazio cittadino scandito
da processioni e feste civiche e religiose come avveniva in ogni altra città dell’Europa cattolica72; sparsi indizi inducono a pensare che a Firenze tra principi e
cittadini si verificasse quell’osmosi già evidenziata nell’ambito culturale fatto di
circoli accademici dediti ad attività letterarie e artistiche73. È stato rilevato come
la granduchessa Cristina di lorena, positivamente colpita dal ruolo pedagogico
svolto dalla compagnia dei fanciulli dell’Arcangelo Raffaello, abbia deciso di
iscrivervi il figlio Cosimo all’età di sette anni, inaugurando così la partecipazione
dei rampolli della dinastia a questa confraternita fino all’estinzione della dinastia
stessa74. Pochi, peraltro, appaiono gli elementi ancora disponibili per parlare di
una significativa presenza delle Medici come committenti e protettrici di confraternite, mentre fu abbastanza diffuso il costume dei confratelli di fare orazioni e
celebrare riti funebri per i loro sovrani, granduchi e granduchesse75.
Non mancano infatti le testimonianze di una sintonia tra la corte fiorentina
e le esperienze religiose dei suoi sudditi che fecero sia di Cristina di lorena
che della nuora Maria Maddalena d’Austria delle ferventi sostenitrici della confraternita di San Francesco della dottrina cristiana fondata dal laico Ippolito
Galantini e legata ad un ambiente artigiano e popolare76. Fu Cristina di lorena
a donare al Galantini un grano della corona del Rosario appartenuto alla beata
spagnola, terziaria francescana, Giovanna della Croce. Tuttavia proprio la mistica e la spiritualità spagnola, sia carmelitana che domenicana, avevano circolato
a Firenze anche sotto la spinta dell’inversione di rotta che i divieti della congregazione romana dell’Indice aveva provocato nel campo editoriale. Non è un caso
che la stamperia fiorentina dei Giunti riuscisse a mantenersi attiva grazie alla
TRADIZIoNI E METAMoRFoSI DEllA PIETAS
183
traduzione delle opere di Teresa de Avila, Giovanni de Avila, luís de Granada e
Juan de los Angeles, parallela alla pubblicazione di opere a carattere agiografico
o storico-locale77. Che poi Cristina di lorena nel 1605 fosse la dedicataria della
traduzione italiana de Il cammino di perfezione e de Il castello interiore di Teresa
de Avila fatta da Cosimo Gaci canonico di San lorenzo in Damaso, è solo una
riprova dei circuiti clientelari della famiglia Medici, piuttosto che della loro influenza sulla produzione e divulgazione della mistica e dell’apostolato teresiano.
Gaci si dice, infatti, vassallo dei Medici e stimolato da molti a tradurre le opere
della Avila dopo che la riforma del Carmelo teresiano si andava diffondendo a
Roma, a Napoli, a Genova78. Queste svolte erano, dunque, peculiari di un clima
fluido sospeso tra le molteplici e rinnovate istanze di una religione instrumentum
regni e quelle consuete legate alla tensione e/o al connubio fra vita attiva e vita
contemplativa che aveva animato la cerchia degli umanisti fiorentini da Petrarca
ad Alberti79.
Non è possibile qui ripercorrere le varie fasi di questo clima che caratterizzò la vita della comunità cristiana fiorentina nell’età moderna. Mi limiterò
ad indicare qualche passaggio significativo, non ultimo quello della tenuta della
predicazione, della direzione spirituale e della scrittura agiografica domenicana.
A più di un secolo di distanza dall’epoca di Sant’Antonino e di Savonarola,
un intenso programma di predicazione e di scrittura agiografica impegnò il frate
Serafino Razzi fin dai tempi in cui era professo nel convento domenicano di San
Marco. Alla sua figura è legata, tra l’altro, la memoria di Caterina de’ Ricci sul cui
modello di santità è intervenuta Anna Scattigno80. Nel 1577 Serafino dava alle
stampe la prima edizione delle Vite dei santi e beati del sacro ordine de’ frati predicatori così huomini come donne81. Il successo dell’opera, riedita con aggiunte nel
1588 a cura del fratello di Serafino, il camaldolese Silvano Razzi, anche lui noto
per l’impegno nella scrittura biografica e agiografica, faceva circolare modelli di
santità eterogenei dal punto di vista dello spazio geografico, esteso dall’Europa
del nord alle lontane province dell’ordine in Etiopia e in India, mentre piuttosto
consolidati appaiono alcuni topoi agiografici sviluppati in seno agli ordini regolari. E così il Razzi, adattando la sua narrazione alla forma del dialogo, presenta
fra le tante anche la figura di una santa indiana, Zemedemarea, figlia di un re,
valoroso cavaliere di Cristo e martire. Fin da fanciulla, rifiutando le proposte matrimoniali suggeritele dai genitori, Zemedemarea preferì la fuga dalle ricchezze
e dal mondo per donarsi tutta alla vita claustrale. Quale miglior esempio perché
Razzi rivolgesse un monito, l’ennesimo, alle fanciulle dei suoi tempi?
Che diranno qui le fanciulle & giovanette dei nostri tempi? Che scusa haueranno dinanzi al tribunale di Christo di non haver mantenuta la loro purità al
Signore? Ecco una giovane tenera d’età, nobile di sangue, bellissima di corpo,
& ricchissima di favori & glorie mondane, unica & diletta a’ suoi genitori, lascia la paterna corte, la propria casa, le delizie tutte & piaceri sensuali, & nelle
184
MARIA PIA PAolI
purissime braccia di Giesu Christo buttandosi, da quello reggere & governare
si lascia82.
Predicatore itinerante, Razzi altre volte denota la funzione omiletica dei suoi
scritti agiografici, dai quali emerge la conoscenza diretta dei costumi del suo
tempo e, non a caso, di quelli muliebri83, dato che la donna, fanciulla, sposa,
madre di famiglia o claustrale che fosse, fu la destinataria privilegiata della precettistica morale e della catechesi cristiana particolarmente viva a Firenze fin
dal secolo XV84. lo stile immediato adottato dal Razzi avrà un seguito nella
ricca produzione omiletica del confratello Raffaello Delle Colombe, fratello di
ludovico Delle Colombe e come lui oppositore delle teorie copernicane poi sostenute da Galileo85. Come negli scritti di Razzi e prima ancora nei sermoni e nei
testi di direzione spirituale di Sant’Antonino, Delle Colombe costruisce i suoi
sermoni dividendoli in due parti sulla scorta del Salmo 33, Declina a malo et fac
bonum. Insiste molto anche sul modo di adattare la lingua toscana alla spiegazione dei concetti scritturali e porta l’esempio di Sant’Agostino che, pur essendo già
sacerdote, si prese del tempo per prepararsi meglio prima di accettare l’invito di
predicare rivoltogli dal vescovo San Valerio. Anche l’exemplum è funzionale al
confronto coi tempi presenti:
[…] e più ma noi siam giunti a un’età che ne i vescovi duran fatica a persuader
i predicatori che predichino, ne i predicatori a pregar i vescovi che indugino.
Per la qualcosa oggi più che mai ci bisognano molti aiuti affinché chi è risoluto
di dire habbi occasion di dir manco male. Gli Italiani e i Toscani gustando i
concetti utili all’anima desideran tre cose principalmente. Concetti morali assai,
secondariamente che sien disposti a un sola proposizione e per ultimo che sieno
spiegati con buona lingua toscana senza affettazione86.
Spia di un mutato contesto religioso in cui doveva muoversi e misurarsi anche la facondia del nostro domenicano è l’elenco stesso dei consultori che furono
coinvolti nel rilascio dei permessi di stampa dell’opera: oltre al padre provinciale
della provincia romana dei frati predicatori Domenico landi e all’arcivescovo di
Firenze Alessandro Marzi Medici, rividero l’opera il teatino Filippo lavagna e il
gesuita Emanuele Ximenes del Collegio di San Giovannino di Firenze.
l’analisi delle prediche del p. Raffaello porterà elementi nuovi su alcuni
aspetti della società fiorentina del suo tempo e altri di interesse più generale.
Basti qui sottolineare i frequenti richiami che il domenicano fa alla funzione
pedagogica e allo stile immediato necessari nelle prediche in opposizione alla
produzione coeva giudicata troppo ridondante; a questo riguardo sarebbe opportuno un raffronto con la predicazione del frate minore Francesco Panigarola
che nel 1567 aveva fatto il suo noviziato a Firenze dove insegnò per un breve
periodo prima di diventare vescovo di Asti87.
TRADIZIoNI E METAMoRFoSI DEllA PIETAS
185
In questi stessi anni non poche erano ancora le interferenze tra filosofia e religione. Nel 1571 lorenzo Giacomini Tebalducci, letterato, abile traduttore dal
greco oltre che mercante, componeva un trattato dal titolo Esortazione alla vita
cristiana e confermazione della fede88. San Paolo, San Tommaso, Platone, servono
al Giacomini per introdurre il tema della santità e dell’amicizia con Dio: «Che mi
giova che siate nobili, ricchi, dotti benigni, piacevoli e grati agli huomini se non
sete santi et amici di Dio?». Deplorando la superbia nelle scienze, nelle armi e
la prodigalità e vanagloria dei ricchi, Giacomini dichiara che «la principale operazione dell’huomo cristiano è l’oratione e contemplazione di Dio». la critica ai
tempi presenti non risparmia soprattutto le scienze che ritiene ostacolino la fede.
Pochi anni prima, nel 1567, il camaldolese Silvano Razzi, pubblicava il dialogo
Della economica christiana e civile, in cui per l’ultima volta ufficialmente comparivano anche delle donne fiorentine, tra le quali laura Battiferri Ammannati e
Fiammetta Soderini, che troviamo impegnate a discutere con interlocutori uomini su temi elevati come il libero arbitrio, la natura dell’anima e degli angeli89.
Ma non è certo soltanto dalla trattatistica o dalla predicazione che è possibile ricostruire l’evolversi delle esperienze religiose di una comunità cristiana.
Soprattutto è da ricostruire l’evolversi nel popolo dei fedeli della devozione affettiva presente nella spiritualità gesuitica, ma che a Firenze fu promossa soprattutto dai domenicani Domenico Gori, correttore e direttore spirituale nella confraternita di San Benedetto Bianco, e Ignazio Del Nente, biografo della mistica
Domenica da Paradiso90.
l’affermarsi di una religiosità più intima parallela ai riti e alle devozioni ufficiali coltivate nelle congregazione mariane della Compagnia di Gesù, non si
era, infatti, interrotto in seguito ai due eventi già ricordati, esterni a questo percorso ascetico, la peste del 1630 e il secondo processo a Galilei conclusosi con
la sua abiura. la vicenda di Galilei in rapporto all’humus culturale e religioso di
Firenze è stata giustamente interpretata da Eric Cochrane addirittura come un
punto di crisi che fece da cerniera fra la tradizione e le istanze innovative prodotte nel campo della musica da Giovan Battista Doni o della pittura da Pietro
da Cortona91.
È vero anche, come già ho accennato, che dopo la peste numerosi sodalizi
fiorentini chiusero i loro battenti o declinarono per poi ricostituirsi o dare adito
a qualcosa di nuovo. Questo aspetto è stato sottolineato a proposito delle accademie e in particolare per l’accademia degli Apatisti nata nel 1633 ad opera
dell’avvocato Agostino Coltellini che, oltre ai consueti argomenti letterari, aprì
gli interessi dell’accademia allo studio della medicina, della legge, della teologia.
Proprio Coltellini fu autore di una serie di Discorsi sacri che testimoniano di
nuovo la conoscenza che un laico fiorentino aveva delle sacre scritture. ogni discorso è dedicato a un personaggio diverso, a principi della casa Medici o a semplici funzionari di corte e, in qualche caso, a personaggi poco noti appartenenti
186
MARIA PIA PAolI
al mondo delle professioni92. Un’analisi più attenta anche di questi testi dovrà
portare a capire quanto si possa parlare di conformismo religioso o di un’osmosi
più complessa fra religiosità dei laici da un lato, catechesi e predicazione del
clero regolare e secolare dall’altro.
Uno studio più approfondito merita anche la vicenda del processo inquisitoriale in cui fu coinvolto il canonico della cattedrale fiorentina Pandolfo Ricasoli,
che dal 1641 finì i suoi giorni in carcere insieme ad altri laici, uomini e donne, e a
religiosi ritenuti seguaci di dottrine genericamente assimilate sotto l’etichetta del
quietismo. l’onda lunga di questo fenomeno, ben analizzato su scala nazionale
fino al momento della condanna da parte della Chiesa di tutte queste forme di
direzione spirituale e di mistica, ebbe ripercussioni durature anche nella Firenze
medicea. Sullo scorcio del Seicento anche la città delle buone opere fece da cassa
di risonanza alla guerra delle scritture instauratasi, con mezzi non sempre leali,
fra il gesuita Paolo Segneri e i sostenitori dell’orazione di quiete93.
Al solito è opportuno discernere fra l’intervento diretto e l’opera di mediazione che svolse il granduca Cosimo III, inserendosi nelle dispute esplose in
Francia tra quietisti e giansenisti94 e la ricezione che tali dottrine ebbero nel tessuto cittadino. Un tessuto che si mostra sempre più permeabile alle sollecitazioni
esterne, tanto che la spiritualità legata all’orazione di quiete e alla contemplazione divina coinvolse letterati e funzionari di corte come il poeta Vincenzo da
Filicaia o cavalieri di mondo come il poliglotta lorenzo Magalotti95. Figlio spirituale di Firenze e di questo clima vivace è stato considerato da Stefano Miniati
lo scienziato danese Niels Stensen che dal protestantesimo si convertì al cattolicesimo celebrando la sua prima messa nel 1675 nella basilica della Santissima
Annunziata. la vicenda di Stensen, noto come Stenone, dei suoi contatti coi
circoli accademici fiorentini, con la corte medicea e con la comunità internazionale dei dotti del suo tempo, ha portato alla luce gli sviluppi positivi che facevano progredire il rapporto tra scienza e fede apparentemente interrottosi con la
vicenda galileiana96.
Sotto il governo di Cosimo III si tentò un’altra esperienza di riforma legata
stavolta alla restaurazione dell’austerità monastica di regola cistercense, movimento nato in Francia nel corso del XVII secolo e che tra i suoi leaders annovera la
figura carismatica di Jean Armand Bouthillier de Rancé riformatore del monastero
di Notre Dame de la Trappe in Normandia. la trappa italiana si insediò, oltre che
nell’abbazia cistercense di Casamari, in quella omologa di Buonsollazzo nei pressi
di Firenze dopo laboriose trattative avviate con Roma da parte di Cosimo; lì rimase
con molte difficoltà dal 1705 al 1774.97 Enrico Bini, che ha ben studiato questa
vicenda, si pone all’inizio e a conclusione del suo studio un quesito che ritengo valido per un’interpretazione del cristianesimo fiorentino tra Sei e Settecento, ovvero
quello della conciliazione fra antiche esigenze di un ritorno alla primitiva chiesa
evangelica e l’avanzare di istanze provenienti dalla critica illuministica. Sospettati
TRADIZIoNI E METAMoRFoSI DEllA PIETAS
187
di filogiansenismo i trappisti di Buonsollazzo soffrirono alla fine del loro stesso
isolamento e del carattere tutto sommato elitario dei loro membri.
l’appello al ritiro nella preghiera e alla fuga dal mondo aveva avuto seguaci
convinti anche nella Firenze del tardo Seicento come dimostrato dal caso del
Magalotti o del Filicaia; ma la ben nota polemica innescatasi fra l’abate de Rancé
e il padre maurino Jean Mabillon in merito alla necessità per i monaci di dedicarsi o meno agli studi e alla ricerca erudita che esito poteva avere in una Firenze
dove il servita Gerardo Capassi e il laico erudito Giovanni lami avrebbero tentato, proprio attraverso lo studio, di sfatare molte credenze popolari sulla venerazione di alcuni santi o su certe immagini ritenute miracolose?98
Ecco allora che si ripropone il problema di uno studio delle esperienze religiose fiorentine in età moderna che tenga conto sia dei vari registri sui quali si calibrarono le devozioni personali e/o ufficiali dei principi e principesse Medici, i
loro patronati religiosi e le committenze artistiche a questi legate, sia delle strategie con cui le congregazioni postridentine di gesuiti, oratoriani, teatini, barnabiti
cercavano di agire sulla religione cittadina in un contesto ancora permeato della
forte presenza dei laici nel gestire monasteri e benefici ecclesiastici o addirittura
santi e sante di famiglia come nel caso dei Corsini e dei Cerchi99.
Note
1
lungo sarebbe l’elenco dei contributi su questi temi; per una puntuale sintesi si rinvia a M. Fubini leuzzi, Le istituzioni assistenziali in Toscana in età moderna. Una rassegna
storiografica attraverso gli ultimi decenni, in M. Ascheri, A. Contini (a cura di), La Toscana
in Età Moderna (secoli XVI-XVIII). Politica, istituzioni, società: studi recenti e prospettive
di ricerca, Atti del convegno (Arezzo 2000), Firenze, olschki, 2005, pp. 229-259; più in
generale, ma con riferimenti anche al caso fiorentino e toscano, cfr. A. Savelli, Contrade,
corporazioni e confraternite in età moderna: le fonti del vivere associati, in M.P. Paoli (a
cura di), Nel laboratorio della storia. Una guida alle fonti dell’età moderna, Roma, Carocci,
2013, pp. 169-204.
2
Cfr. R.C. Trexler, Public Life in Renaissance Florence, New York, Academic Press,
1980 e per una sintesi dei suoi studi più recenti e un bilancio storiografico Id., Dependance
in Context in Renaissance Florence. Medieval and Renaissance Texts and Studies, New
York, Binghamton, 1994; di Marvin B. Becker si veda soprattutto Aspects of Lay Piety
in Early Renaissance Florence, in C. Trinkaus with H.A. oberman (ed. by), The Pursuit
of Holiness in Late Medieval and Renaissance Religion. Papers from the University of
Michigan Conference, leiden, Brill, 1974, pp. 177-199.
3
Su questo punto mi permetto di rinviare ai contributi di diversi autori contenuti nel
recente volume di l. Cinelli, M.P. Paoli (a cura di), Antonino Pierozzi OP (1389-1459),
La figura e l’opera di un santo arcivescovo nell’Europa del Quattrocento, Atti del convegno
(Firenze 2009), numero monografico di «Memorie domenicane», XlIII (2012).
4
Cfr. D. Weinstein, Critical Issues in the Study of Civic Religion in Renaissance
Florence, in C. Trinkaus with H.A. oberman (ed. by), The Pursuit cit., pp. 265-270.
5
In vista dell’attività del sermoneggiare coltivata dai laici, sia i volgarizzamenti dei testi
biblici mescolati ai testi apocrifi, sia le vite dei santi circolarono manoscritti all’interno di
alcune confraternite fiorentine e senesi come è stato desunto dallo studio delle note di pos-
188
MARIA PIA PAolI
sesso e dai nomi dei copisti di codici tardomedievali. Il fenomeno coinvolgeva anche altre
città europee, ma al solito la ricchezza documentaria di zone urbanizzate e alfabetizzate
come la Toscana ha portato maggiori elementi sul tema del coinvolgimento dei laici nella
vita religiosa: cfr. S. Corbellini, La diffusione delle traduzioni bibliche nella Toscana medievale. Il ruolo delle confraternite, in S. Pastore, A. Prosperi, N. Terpstra (a cura di), Brotherhood
and Boundaries. Fraternità e barriere, Pisa, Edizioni della Normale, 2011, pp. 227-247.
6
Cfr. P. Howard, Bound by Words: Creating Belief and Community in Renaissance
Florence, in S. Pastore, A. Prosperi, N. Terpstra (a cura di), Brotherhood and Boundaries
cit., pp. 249-258.
7
Cfr. R.C. Trexler, Ritual in Florence: Adolescence and Salvation in the Renaissance, in
C. Trinkaus with H.A. oberman (ed. by), The Pursuit cit., pp. 200-264; K. Eisenbichler,
The Boys of the Archangel Raphael. A Youth Confraternity in Florence, 1411-1785,
Toronto, Toronto University Press, 1998; I. Taddei, Fanciulli e giovani: crescere a Firenze
nel Rinascimento, Firenze, olschki, 2001; l. Polizzotto, The Children of the Promise.
The Confraternity of the Purification and the Socialisation of Youths in Florence, 14271785, oxford, oxford University Press, 2004; N. Terpstra, Abandoned Children of
Italian Renaissance. Orphan Care in Florence and Bologna, Baltimore, The John Hopkins
University Press, 2005.
8
In generale cfr. G. Ciappelli (a cura di) , Memoria, famiglia, identità tra Italia ed
Europa nell’età moderna, Bologna, Il Mulino, 2009 e ora anche S. Calonaci, Oggetti, affetti, costumi: le fonti della storia quotidiana, in M.P. Paoli (a cura di), Nel laboratorio cit.,
pp. 135-168.
9
Cfr. Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Mss. Magliabechi XXXV, codice
13, cc. 1r. e sgg. Il codice catalogato come Sermoni di Anonimo, è formato da 159 carte
recto-verso; sulla carta di guardia compare un elenco di biancherie varie e una nota, forse
di possesso, che rimanda a «Bartolomeo di Francesco Pierozzi sopra al bagno a ripoli».
Il libro di sermoni e ricordi inizia alla c. 1r., mentre alle cc. 2r.-2v. inizia il primo sermone
col titolo latino: De ascensione sive Nativitate Domini che si addentra nel problema della
conoscenza fatta di «sustanza e accidente»: «li curiosi scrutatori dell’Universo dimandati filosofi, Dilectissimi in Xto iesu, harino distinti tucte le cose create in due parti…».
l’argomento filosofico è poi assorbito dall’interpretazione delle Scritture; se l’incarnazione è avvenuta per far conoscere Dio agli uomini, la Resurrezione è avvenuta perché il
Salvatore considerando che gli apostoli «troppo amavano la carne sua e fermavansi nello
amore sensuale, fu necessario quella carne andasse in sul cielo acciocché tirasse lintellecto
fore de sensi…». Seguono poi varie argomentazioni sul tema del «lume naturale». Il ricordo delle cariche pubbliche ricoperte dal Mazzinghi è alle cc. 38v.-39r.
10
Cfr. M.P. Paoli, «Nuovi» vescovi per l’antica città. Per una storia della chiesa fiorentina tra Cinque e Seicento, in Istituzioni e società in Toscana nell’età moderna, Atti delle
giornate di studio dedicate a Giuseppe Pansini (Firenze 1992), Roma, Ministero per i
Beni culturali e ambientali, Pubblicazioni degli Archivi di Stato, 1994, pp. 748-786.
11
Cfr. J. Bossy, Dalla comunità all’individuo. Per una storia sociale dei sacramenti
nell’Europa moderna, Torino, Einaudi, 1998 e Id., L’occidente cristiano, Torino, Einaudi,
1999 (ed. or. oxford, 1985).
12
Cfr. l’ introduzione di M. Rosa a Id. (a cura di), Le origini dell’Europa moderna.
Rivoluzione e continuità. Saggi da «Past and Present», Bari, De Donato, 1977, pp. 26-27
e J. Bossy, Controriforma e popolo. L’Europa cattolica, ivi, pp. 281-308; A. Prosperi, John
Bossy, Un punto di vista inglese su religione e società, in J. Bossy, Dalla comunità cit., pp.
VII-XVII.
13
Cfr. R.F.E. Weissman, Dal dialogo al monologo:la storia tra i fiorentini, «Cheiron»,
VIII (1991), pp. 95-112. Alla discussione, oltre a Weissman, hanno contribuito Giorgio
Chittolini, Anthony Molho, Andrea Zorzi, James Grubb.
14
Per una discussione sul recente volume di Najemy dedicato soprattutto alla storia
politica e sociale di Firenze cfr. P. Gualtieri, S. Diacciati, M.P. Paoli, A proposito di A
TRADIZIoNI E METAMoRFoSI DEllA PIETAS
189
History of Florence. 1200-1575 di John Najemy, «Annali di Storia di Firenze», V (2010),
pp. 169-190.
15
Cfr. R.F. Weissman, Dal dialogo cit., p. 95.
16
Ivi, p. 107. A tal proposito, però, Weissman cita un testo fondato sull’analisi delle
fonti notarili, dei testamenti in particolare, che riguarda nel lungo periodo Siena e non
Firenze, ovvero di S.K. Cohn, Death and Property in Siena, 1205-1880: Strategies for the
Afterlife, Baltimore, John Hopkins University Press, 1988.
17
Cfr. E. Cochrane, Florence in the Forgotten Centuries, 1527-1800. A History of
Florence and the Florentines in the Age of the Grandukes, Chicago and london, The
University of Chicago Press, 1973.
18
In particolare cfr. M. Firpo, Gli affreschi di Pontormo a San Lorenzo. Eresia, politica
e cultura nella Firenze di Cosimo I, Torino, Einaudi, 1997 e G. Bertoli, Luterani e anabattisti processati a Firenze nel 1552, «Archivio storico italiano», ClIV (1996), n. 1, pp.
59-122; Id., Un nuovo documento su luterani e anabattisti processati a Firenze nel 1552,
«Archivio italiano per la storia della pietà», XI (1998), pp. 245-267.
19
Su Castellani (1469-1519 c.) cfr. C. Mutini, Castellani, Castellano, in Dizionario
biografico degli italiani (d’ora in poi DBI), XXI, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana,
1978, pp. 611-616.
20
Cfr. V. Arrighi, Francesco da Meleto, in DBI, XlIX, 1997, pp. 804-807 e S.
Dall’Aglio, L’altra faccia dello pseudoprofeta Francesco Da Meleto, scrivano della SS.
Annunziata di Firenze, «Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance», lXVII (2005), n.
2, pp. 343-352.
21
Cfr. S. Periti, Contributo alla bibliografia fiorentina del XVI secolo: le edizioni dal
1501 al 1530, Tesi di dottorato di ricerca in Scienze bibliografiche, coord. A.M. Caproni,
Università degli Studi di Udine, 2003.
22
Cfr. M.P. Paoli, «Nuovi vescovi» cit., pp. 756 e 779; cfr. anche R.C. Trexler, Synodal
Law in Florence and Fiesole 1306-1518, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana,
1971, pp. 17-20 e 306 e in particolare S. Dall’Aglio, L’eremita e il Sinodo. Paolo Giustiniani
e l’offensiva medicea contro Savonarola 1516-1517, Firenze, Edizioni del Galluzzo per la
Fondazione Franceschini, 2006; cfr. anche M. Fubini leuzzi, Note sulle costituzioni sinodali fiorentine del 1517, in E. Insabato (a cura di), I ceti dirigenti in Firenze dal gonfalonierato di giustizia all’avvento del ducato, lecce, Conte Editore, 1999, pp. 171-187.
23
B. Cerretani, Dialogo della mutatione di Firenze. Edizione critica secondo l’apografo
magliabechiano, a cura di R. Mordenti, Roma, Edizioni di Storia e letteratura, 1990. Sul
Cerretani (1475-1524) cfr. anche P. Malanima, Cerretani Bartolomeo in DBI, XXIII, 1979,
pp. 806-809.
24
Per inquadrare il rapporto di Cerretani con Erasmo cfr. S. Seidel Menchi, Alcuni
atteggiamenti della cultura italiana di fronte a Erasmo 1520-1536, in Eresia e riforma nell’
Italia del Cinquecento. Miscellanea, I, Firenze Firenze – Chicago, Sansoni - The Newberry
library, 1974, pp. 79-89.
25
Si veda l’introduzione di R. Mordenti, Il «Dialogo della mutatione di Firenze» e il
suo autore, in B. Cerretani, Dialogo cit., pp. VII-IX e XXIV-XXV.
26
Su questo punto Cerretani sosteneva la priorità delle opere sulla fede: ivi, p. XXXV.
27
Cfr. M. Firpo, Gli affreschi di Pontormo cit., pp. 339-351 e anche A. D’Addario,
Aspetti della Controriforma a Firenze, Roma, Pubblicazioni degli Archivi di Stato, 1972,
pp. 33-35.
28
la decisione di non concentrarci sul crocevia savonaroliano è stata presa dai curatori di questo monografico, ma per evidenti filiazioni dal suo pensiero nella Firenze del
Cinque-Seicento si rinvia al contributo di Anna Scattigno in questo volume.
29
A questo proposito cfr. l’ormai classico P. Prodi, C. Penuti (a cura di), Disciplina
dell’anima, disciplina del corpo e disciplina della società tra Medioevo ed Età moderna, Atti
del convegno (Bologna 1993), Bologna, Il Mulino, 1994; cfr. anche C. Mozzarelli, D.
190
MARIA PIA PAolI
Zardin (a cura di), I tempi del Concilio. Religione, cultura e società nell’Europa tridentina,
Roma, Bulzoni, 1997 e C. ossola, M. Verga, M.A. Visceglia (a cura di), Religione, cultura
e politica nell’Europa moderna. Studi offerti a Mario Rosa dagli amici, Firenze, olschki,
2003; M. olivari, Considerazioni sulle premesse e prospettive della storiografia italiana sulla Controriforma e sul disciplinamento sociale, in E. Serrano, A.l. Cortès, J. l. Betràn (a
cura di), Discurso religioso y Contrarreforma, Zaragoza, Institución Fernando el católico,
2010, pp. 101-139.
30
Cfr. Paolo Mini, Difesa della città di Firenze e de’ fiorentini contra le calunnie et maldicentie de’ maligni, lione, Tinghi, 1587; su quest’opera e il suo contesto cfr. anche M.P.
Paoli, «Nuovi vescovi» cit., pp. 758-760; sul Mini (1526-1599), cfr. F. luti, Mini Paolo, in
DBI, lXXIV, 2010, pp. 638-640; sul Poccianti cfr. infra.
31
Per il contesto fiorentino in cui questi temi si svilupparono in età moderna cfr. J.
Boutier, M.P. Paoli, Cittadini letterati e principi filosofi, in J. Boutier, B. Marin, A. Romano
(sous la dir. de), Naples, Rome, Florence. Une histoire comparée des milieux intellectuels
italiens (XVIIe-XVIIIe siècles), Rome, Ecole française de Rome, 2005, pp. 331-403.
32
Cfr. P. Mini, Difesa cit., pp. 149 e 150-155.
33
Ivi, pp. 92-93 Sulle buche fiorentine, confraternite notturne di penitenti sorte già
attorno al 1260 cfr. A. D’Addario, Aspetti della controriforma cit., p.18 e R.F. Weissman,
Ritual Brotherhood cit., pp 50-55 e passim; l. Sebregondi, Tre confraternite fiorentine:
Santa Maria della Pietà, detta «Buca» di San Girolamo, San Filippo Benizi, San Francesco
Poverino, Firenze, Salimbeni, 1991.
34
In Fiorenza, per Giorgio Marescotti,1575.
35
Cfr. M. Poccianti, Vite cit., pp. 17-46 e 104-135.
36
A questo riguardo mi permetto di rinviare a M.P. Paoli, I Medici arbitri d’onore: duelli, vertenze cavalleresche e “paci aggiustate” negli antichi stati italiani (secoli XVIXVIII), in P. Broggio, M.P. Paoli (a cura di), Stringere la pace. Teorie e pratiche della
conciliazione nell’Europa moderna (secoli XV-XVIII), Roma, Viella, 2011, pp. 129-200.
37
Cfr. M. Poccianti, Vite cit., p. 2.
38
Ivi, pp. 6-7. l’elenco completo delle confraternite, inserito da luca Ferrini in appendice all’opera di Poccianti nell’edizione del 1589 (pp. 136-207), è stato ripubblicato
con una breve introduzione da G. Aranci, Formazione religiosa e santità laicale a Firenze
fra Cinque e Seicento, Firenze, Pagnini Editore,1997, pp. 333-339. Si veda inoltre la scheda di Gino Belloni dedicata ad un sintetico profilo di Borghini nella sezione Storici del
Portale di Storia di Firenze.
39
Cfr. M. Poccianti, Vite cit., pp. 12-16.
40
C. Callard, Le prince et la République. Histoire, pouvoir et société dans la Florence
des Médicis au XVIIe siècle, Paris, Presse de l’Université Paris-Sorbonne, 2007, pp. 405410 e passim.
41
Sul Del Migliore (1628-1696) cfr. M. Ceresa, Del Migliore Ferdinando Leopoldo, in
DBI, XXXVIII, 1990, pp. 121-122. Gli spogli inediti di Del Migliore sono ora conservati
alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze nei Mss. Magliabechiani alle classi XXV e
XXVI.
42
Cfr. G. Belloni, R. Drusi (a cura di), Vincenzo Borghini, Filologia e Invenzione nella
Firenze di Cosimo I, Firenze, olschki, 2002; G. Bertoli, R. Drusi (a cura di), Fra lo Spedale
e il Principe : Vincenzo Borghini, filologia e invenzione nella Firenze di Cosimo I, Atti del
convegno (Firenze 2002), Padova, Il Poligrafo, 2002.
43
Cfr. V. Borghini, Discorsi istorici dati in luce da’ deputati per suo testamento, Fiorenza,
Nella stamperia di Filippo e Jacopo Giunti, II, 1585, pp. 337 e sgg. Sul Trattato del
Borghini cfr. anche M.P. Paoli, «Nuovi vescovi» cit., p. 786 e M. Fubini leuzzi, Erudizione,
ideologia e politica nel Trattato della Chiesa e dei vescovi fiorentini di Vincenzo Borghini,
in E. Carrara, S. Ginzburg (a cura di), Testi immagini e filologia nel XVI secolo, Atti delle
giornate di studio (Pisa 2004), Pisa, Edizioni della Scuola Normale, 2007, pp. 455-469.
TRADIZIoNI E METAMoRFoSI DEllA PIETAS
191
44
Una storia di questa confraternita dalle origini al secolo XIX è in Archivio di Stato
di Firenze, Mss. Acquisti e doni 84, ins. 2.
45
Cfr. A. D’Addario, Confraternite a S. Croce, in G. Rosito (a cura di), Santa Croce
nel solco della Storia, Firenze, Città di Vita, 1996, pp. 135-148. D’Addario, mentre ribadisce l’origine popolare delle confraternite fiorentine a partire da quelle dei laudesi nate
in Santa Croce attorno al 1244 per combattere le dottrine eterodosse, conferma il lungo
trend della vita spirituale e caritativa fiorentina con particolare riguardo al succedersi
di compagnie e confraternite presso la basilica di Santa Croce. Tra queste la compagnia
di San Bonaventura detta dei carcerati, nata nel 1581 e quella dei Buoni uomini delle
Stinche nata in seno alla compagnia dei Neri, sodalizio dedito al conforto dei rei condannati al carcere e al patibolo.
46
Cfr. A. D’Addario, Aspetti della Controriforma cit., pp. 33-47 sgg.
47
Cfr. I. Pannoncini, Il sentimento religioso a Firenze dalla caduta della repubblica alla
fine del Cinquecento, «Rassegna nazionale», XXVI (1920), pp. 122-136 e 215-231.
48
Firenze e la Toscana dei Medici nell’Europa del Cinquecento, 3 voll., Firenze,
olschki, 1983 (I. Strumenti e veicoli della cultura. Relazioni politiche ed economiche; II.
Musica e spettacolo. Scienze dell’uomo e della natura; III. Relazioni artistiche. Il linguaggio
architettonico europeo).
49
Della mostra fu pubblicato un catalogo col titolo La comunità fiorentina e toscana
nella dialettica religiosa del Cinquecento, Firenze, Becocci, 1980 al cui interno si trova il
saggio di D’Addario, Testimonianze archivistiche, cronistiche e bibliografiche (pp. 120129).
50
M. Adriani, Firenze sacra, Firenze, Nardini editore, 1990.
51
Ivi, p. 19 e nota 1.
52
Ivi, pp. 191-193.
53
Ivi, pp. 197-200.
54
Cfr. S. Cohen, The Evolution of Women Asylum’s since 1500: from Refuges for
Ex-prostitutes to Shelters for Battered Women, oxford, oxford University Press, 1992.
Anche in questo studio, tuttavia, pur affrontandosi un problema generale, si ricorre alle
fonti offerte dalle istituzioni toscane rivolte alle donne, sia a Firenze che a Pistoia, come
esemplari di interventi pionieristici nel campo del recupero morale e della correzione
fraterna di fanciulle pericolanti, oltre che di social welfare; cfr. inoltre S.T. Strocchia, Nuns
and Nunnery in Renaissance Florence, Baltimore, The John Hopkins University Press,
2009 e Ph. Gavitt, Gender, Honor and Charity in Late Renaissance Florence, Cambridge,
Cambridge University Press, 2011.
55
Cfr. Ph. Gavitt, Charity and Children in Renaissance Florence. The Ospedale degli
Innocenti 1410-1536, Ann Arbor, The University of Michigan Press, 1990, pp. 8-9.
56
M.P. Paoli, Esperienze religiose e poesia nella Firenze del ‘600: intorno ad alcuni
sonetti “quietisti” di Vincenzo da Filicaia, «Rivista di Storia e letteratura religiosa», XXIX
(1993), pp. 35-78.
57
M. Firpo, Riforma protestante ed eresie nell’Italia del Cinquecento, in G. De Rosa,
T. Gregory (a cura di), Storia dell’Italia religiosa. II. L’età moderna, Roma-Bari, laterza,
pp. 55, 75-76, 115.
58
M.P. Paoli, Le ragioni del principe e i dubbi della coscienza: aspetti e problemi della
politica ecclesiastica di Cosimo III, in F. Angiolini, V. Becagli, M. Verga (a cura di), La
Toscana di Cosimo III, Atti del convegno (Pisa-Fiesole 1990), Firenze, Edifir, pp. 497-519.
59
Cfr. M. Rosa, Spiritualità mistica e insegnamento popolare. L’Oratorio e le Scuole
Pie, in G. De Rosa, T. Gregory (a cura di), Storia dell’Italia religiosa. II cit., pp. 271-302.
60
Cfr. J.W. Hill, Oratory Music in Florence, I: “Recitar cantando”, 1583-1655, «Acta
musicologica», lI (1979), pp. 108-136 e anche K. Eisenbichler, The Boys cit., pp. 235-256.
61
Cfr. L’Inquisizione e gli storici. Un cantiere aperto, Atti del convegno (Roma 1999),
Roma, Accademia Nazionale dei lincei, 2000.
192
MARIA PIA PAolI
62
G.A. Brucker, Renaissance Florence: Society, Culture and Religion, Goldbach, Keip
Verlag, 1994, pp. VII e 349-355.
63
Cfr. E. Brambilla, La giustizia intollerante. Inquisizione e tribunali confessionali in
Europa (secoli IV-XVIII), Roma, Carocci, 2006.
64
Cfr. A. Prosperi, L’età dell’Inquisizione romana, in G. Rosito (a cura di), Santa
Croce cit., pp. 151-170; su questi temi inerenti alla storia di Firenze cfr. anche A. Prosperi,
Il monaco Teodoro, «Critica storica», 1975, pp. 71-101; Id., L’inquisizione fiorentina
dopo il Concilio di Trento, «Annuario dell’Istituto storico italiano per l’età moderna e
contemporanea», XXXVII-XXXVIII (1985-1986), pp. 97-124. Cfr. inoltre A. Panella,
L’introduzione a Firenze dell’Indice di Paolo IV, «Rivista storica degli archivi toscani»,
I (1929), pp. 11-25. Più in generale, A. Prosperi, Tribunali della coscienza. Inquisitori,
confessori, missionari, Torino Einaudi, 1996.
65
Cesare Cantù, Spigolature negli archivi toscani, «Rivista contemporanea», n. 79
(1860), pp. 373 sgg. e A. Prosperi, L’età dell’Inquisizione cit., pp. 152-153.
66
Cfr. C.F. Black, Confraternities and the Italian Inquisitions, in l. Bertoldi lenoci
(a cura di), Confraternite, chiesa e società, Fasano, Schena editore, 1994, pp. 296 e 300301. Nello stesso volume cfr. i contributi di l. Sebregondi, La soppressione delle confraternite fiorentine: la dispersione di un patrimonio, le possibilità residue della sua salvaguardia, pp. 487-501 e di K. Eisenbichler, “Cosa degna”: il teatro nelle confraternite
di fanciulli a Firenze nel Rinascimento, pp. 823-836; cfr. anche M.P. Paoli, Esperienze
religiose cit., pp. 42-43.
67
Cfr. C. Franceschini, «Los scolares son cosa de su excelentia como lo es toda la
Compañia»: Eleonora di Toledo and the Jesuits, in K. Eisenbichler, The Cultural World of
Eleonora di Toledo Duchess of Florence and Siena, Aldershot, Ashgate, 2004, pp. 190-193.
68
Per un breve excursus su questi insediamenti cfr. F. Martelli, Padre Arsenio dell’Ascensione. Un Agostiniano scalzo alla corte di Cristina di Lorena, in G. Calvi, R. Spinelli
(a cura di), Le donne Medici nel sistema europeo delle corti, XVI-XVII secolo, Atti del
convegno (Firenze 2005), 2 voll., Firenze, Polistampa, 2008, I, pp. 76-81.
69
A. Malena, L’eresia dei perfetti. Inquisizione romana ed esperienze mistiche nel
Seicento italiano, Roma, Edizioni di Storia e letteratura, 2003 e M. Modica, Infetta dottrina. Inquisizione e quietismo nel Seicento, Roma, Viella, 2009.
70
K. Eisenbicler, The Boys cit., p. 108.
71
M. Fantoni, Il principe santo. Clero regolare e modelli di sovranità nella Toscana
tardo medicea, in F. Rurale (a cura di), I Religiosi a corte. Teologia, politica e diplomazia in
Antico Regime, Roma, Bulzoni, 1998, pp. 229-248; M. Fantoni, Il bigottismo di Cosimo
III: da leggenda storiografica ad oggetto storico, in F. Angiolini, V. Becagli, M. Verga (a cura
di), La Toscana nell’età di Cosimo III cit., pp. 389-402. Sul ruolo dei barnabiti assunti
come precettori dei giovani Medici cfr. anche M.P. Paoli, Di madre in figlio. Per una storia
dell’educazione alla corte dei Medici, «Annali di storia di Firenze», III (2008), pp. 116-121.
72
S. Mantini, Lo spazio sacro della Firenze medicea: trasformazioni urbane e cerimoniali pubblici tra Quattrocento e Cinquecento, Firenze, la loggia de’ lanzi, 1995 e più in
generale B. Dumons, B. Hours (sous la dir. de), La cité réenchantée. Ville et religion en
Europe du XVIe au XXe siècle, Grenoble, Presse Universitaire de Grenoble, 2010.
73
Cfr. infra.
74
Cfr. K. Eisenbichler, The Boys cit., pp. 81-82.
75
Cfr. l. Sebregondi, Donne di Casa Medici committenti e protettrici di confraternite
fiorentine, in G. Calvi, R. Spinelli (a cura di), Le donne Medici cit., I, pp. 105-116.
76
G. Aranci, Formazione religiosa cit., passim.
77
l.S. Camerini (a cura di), I Giunti tipografi editori di Firenze. Annali inediti (15711625), Firenze, olschki, 1979 e M.P. Paoli, Esperienze religiose cit., pp. 45-46.
78
Il cammino di perfezione e il castello interiore, libri della B. M. Teresa di Giesù fondatrice degli Scalzi Carmelitani. Per tutte le persone Spirituali, Religiose, e Contemplative
TRADIZIoNI E METAMoRFoSI DEllA PIETAS
193
e particularmente per le Monache di somma utilità. Trasportati dalla Spagnuola nella lingua Italiana dal sig. Cosimo Gaci, Canonico di San Lorenzo in Damaso, Firenze, Nella
Stamperia de’ Giunti, 1605.
79
M. Pellegrini, Religione e umanesimo nel primo Rinascimento. Da Petrarca ad
Alberti, Firenze, le lettere, 2012, pp. 328-386.
80
A. Scattigno, Sposa di Cristo. Mistica e comunità nei Ratti di Caterina de’ Ricci, con
il testo inedito del XVI secolo, Roma, Edizioni di Storia e letteratura, 2011, pp. 4-5 e nota
11 e passim; si rinvia inoltre al contributo di Anna Scattigno in questo volume.
81
In Firenze, Appresso Bartolomeo Sermartelli.
82
S. Razzi, Vite cit., pp. 335-339.
83
A questo riguardo nel capitolo XV della Vita e laudi di Santa Maria Maddalena, di
San Lazzero e di Santa Marta, Razzi dedica un lungo passo alla vanità dei «lisci», ovvero
all’uso ancora in auge al suo tempo che le donne facevano dei belletti composti con colori
stranieri, argento vivo e solimato, che oltre a fare increspare la pelle innanzi al tempo,
distoglievano l’attenzione dalla cura per la bellezza spirituale dell’anima, l’unica bellezza
«vera e durabile» (S. Razzi, Vita, e Laudi di Santa Maria Maddalena, di San Lazzero e di
Santa Marta, In Firenze, nella Stamperia di Bartolomeo Sermartelli, 1587, pp. 28-30).
84
Mi permetto di rinviare a M.P. Paoli, «Nel grado che siete…». Etica urbana e catechesi cristiana tra XV e XVII secolo: il caso fiorentino, in l. Guidi, M.R. Pellizzari (a cura
di), Nuove frontiere per la storia di genere, Atti del convegno (Napoli 2010), vol. II, parte
III: Immaginari e linguaggi, cap. I: Educazione dell’élite femminile: cultura delle donne,
cultura per le donne tra tardo Medioevo e prima età moderna, Padova, Webster Press,
2013, pp. 39-46.
85
l. Guerrini, Galileo e la polemica anticopernicana a Firenze, Firenze, Polistampa,
2009, passim.
86
R. Delle Colombe, De’ concetti scritturali e della lingua toscana, Prologo utilissimo
a’ lettori, in Id., Delle prediche sopra tutti gli Evangeli dell’anno nelle quali con similitudini, metafore, allegorie retoriche e considerazioni particolari si dichiarano molti luoghi morali della sacra Scrittura ma in senso letterale, Firenze, Appresso Bartolomeo Sermartelli
e fratelli, vol. I, 1613.
87
Per il tenore della predicazione del p. Delle Colombe cfr. M.P. Paoli, I Medici
arbitri d’onore cit., pp. 166-169.
88
Firenze, appresso Jacopo Giunti, 1571. Sul Giacomini (1552-1598) cfr. A Siekieira,
Giacomini Tebalducci Malespini, Lorenzo, in DBI, lIV, 2000, pp. 181-183.
89
Per il significato di questo testo nella storia della presenza femminile sulla scena
culturale e religiosa di Firenze in età moderna cfr. M.P. Paoli, La dama, il cavaliere, lo
Sposo celeste. Modelli e pratiche di vita femminile nella Toscana moderna, in M. Aglietti (a
cura di), Nobildonne, monache e cavaliere dell’ordine di santo Stefano. Modelli e strategie
femminili nella vita pubblica della Toscana granducale, Atti del convegno (Pisa 2009), Pisa,
ETS, 2009, pp. 173-175.
90
Cfr. M.P. Paoli, Esperienze religiose cit.
91
Cfr. E. Cochrane, Florence cit., pp. 214-224.
92
Cfr. A. Coltellini, Discorsi sacri… all’Altezza Serenissima di Ferdinando II Gran
Duca di Toscana, In Firenze, per i landi, 1654. Sul Coltellini (1613-1693) cfr. A. lazzeri,
Intellettuali e consenso nella Toscana del Seicento: l’Accademia degli Apatisti, Milano,
Franco Angeli, 1983 e M.P. Paoli, Anton Maria Salvini (1653-1729). Il ritratto di un “letterato” nella Firenze di fine Seicento, in J. Boutier, B. Marin, A. Romano (sous la dir. de),
Naples, Rome, Florence cit., pp. 508 e 534-536.
93
Cfr. supra e M.P. Paoli, Filotea e le «gelosie dei direttori». Alcune note sull’«illusione
perpetua» di François Malaval (1627-1719) nella sua eco italiana, in M. Catto, I. Gagliardi,
M. Parrinello (a cura di), Direzione spirituale tra eresia ed ortodossia. Dalla scuole filosofiche al Novecento, Brescia, Morcelliana, 2002, pp. 281-320.
194
MARIA PIA PAolI
94
Cfr. E. Bini, Echi in Toscana della polemica tra Bossuet e Fénelon, «Divinitas», Xl
(1997), pp. 24-61 e Id., Giansenismo e antigiansenismo durante il Granducato di Cosimo
III, in Arezzo e la Toscana tra i Medici e i Lorena, Atti del convegno (Arezzo 2001), Arezzo,
Edimond, 2001, pp. 43-101.
95
Cfr. M.P. Paoli, Esperienze cit.; sul Magalotti cfr. ora S. Miniati, Lorenzo Magalotti
(1637-1712): rassegna di studi e nuove prospettive di ricerca, «Annali di Storia di Firenze»,
V (2010), pp. 31-47.
96
Cfr. S. Miniati, Nicholas Steno’s Challenge for Truth. Reconciling Science and Faith,
Milano, Franco Angeli, 2009.
97
E. Bini, «Il primiero fervor cisterciense». L’introduzione dei trappisti in Italia, Roma,
libreria Editrice Vaticana, 1996.
98
Su Giovanni lami (1697-1770) cfr. M.P. Paoli, Lami Giovanni, in DBI, lXIII,
2004, pp. 226-233.
99
Cfr. G. Ciappelli, Un santo alla battaglia di Anghiari. La vita e il culto di Andrea
Corsini nel Rinascimento, Firenze, Sismel, 2007 e M.P. Paoli, Sante di famiglia: «notizie istoriche» e agiografie femminili nella Firenze dei secoli XVII-XVIII, in G. Zarri, N.
Baranda leturio (a cura di), Memoria e comunità femminili. Spagna e Italia, secc. XVXVII/ Memoria y comunidades femeninas. España e Italia, siglos XV-XVII, Firenze,
Firenze University Press, 2011, pp. 187-209.