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Mondo celtico e dintorni. La leggenda di Melusina

È nota la leggenda di Melusina ed il fascino che questa continua ad esercitare sugli studiosi di diverse discipline, dagli storici agli antropologi, dai folkloristi agli psicologi del profondo. Si potrebbe dire che chiunque si avventura nello studio del Medio Evo con un approccio non esclusivamente événementiel si imbatte, prima o poi, nella figura ambigua della donna serpente, con tutta la sua carica di attrazione e di repulsione. La letteratura in proposito è molto vasta, e Melusina, oltre che Mater Lusignani, è stata vista come trasformazione medievale di una dea madre, fata del decollo economico medievale e del corrispondente incremento demografico, in quanto protagonista di grandi dissodamenti, fondatrice di villaggi e madre di dieci figli, e anche incarnazione delle aspirazioni sociali dei cavalieri 1 . Sono stati evidenziati gli apporti della cultura dotta, della vicenda di Amore e Psiche in modo particolare, i contributi dei racconti celtici, mediati soprattutto dai lais di Maria di Francia, e come all'origine della leggenda si trovino tre gruppi di racconti: quelli caratterizzati dall'interdetto, quelli aventi per tema l'unione di un essere umano con un demone succube e quelli in relazione al tema del serpente. Il tutto riflette un mito attestato sin dall'antichità e proprio degli indoeuropei 2 . La storia di Melusina vede la luce come leggenda genealogica per opera di Jean d'Arras nel 1392 e Coudrette tra il 1401 ed il 1405, ma la sua prefigurazione è facilmente rintracciabile in un insieme di racconti la cui redazione scritta risale al periodo che va dal 1170 al 1210, "età dell'oro delle leggende melusiniane" 3 , ed è opera quasi esclusiva di autori che hanno fatto parte dell'ambiente di corte di Enrico II d'Inghilterra. Questo ha fatto sì che la figura di Melusina venisse associata ad Eleonora d'Aquitania che fu contessa del Poitou 4 . Secondo D. Poirion Melusina deriva dall'immaginario matriarcale e "probabilmente figura l'anima del mondo, la Natura che nasconde il suo misterioso rapporto con il male, con la notte" 5 . È stata sottolineata la parentela tra Melusina ed il Cavaliere del Cigno, entrambe le narrazioni sono state interpretate quali leggende contro la paura della morte 6 . Non sono stati trascurati i nessi con il totemismo 7 . Infine L. Harf-Lancner ha individuato lo schema del "racconto melusiniano", la cui protagonista è una fata che, innamorata di un mortale, vuol rinunciare alla sua condizione per vivere nel nostro mondo, in contrapposizione al "racconto morganiano" avente per protagonista una fata che vuole attirare nel suo mondo l'eroe oggetto del suo amore 8 . Come si verifica per qualsiasi leggenda medievale tutte queste interpretazioni vanno lette come se fossero collegate da tante et, non da altrettante aut, perché, anche se sembrano molto lontane tra loro, in realtà sono compatibili dato che ognuna di queste trova la propria ragion d'essere ad un diverso livello di lettura e nel particolare rilievo attribuito ad una serie di motivi piuttosto che ad un'altra. Non solo, anche lo stesso aspetto può essere interpretato dai contemporanei in senso opposto, ad esempio la leggenda della dama d'Angers fu utilizzata pro e contro i Plantageneti, suoi supposti discendenti 9 . Una determinata leggenda è frutto, in prospettiva diacronica, di una lenta sedimentazione di miti, contenuti, sensibilità, timori e speranze, e, in prospettiva sincronica, di un gioco di contaminazioni e prestiti. A ciò si aggiungano le interpolazioni e i riadattamenti voluti in relazione alle diverse sollecitazioni della committenza, dei destinatari ed all'uso ideologico che della narrazione si vuole fare in una precisa contingenza storica. Alcuni motivi si perdono, altri vengono aggiunti, altri ancora smarriscono, del tutto o in parte, il loro significato originario e se ne vedono

Mondo celtico e dintorni. La leggenda di Melusina (pubblicato in Miscellanea di storia delle esplorazioni XVIII, Genova, 1993, pp. 7 – 20) Francesco Sarchi È nota la leggenda di Melusina ed il fascino che questa continua ad esercitare sugli studiosi di diverse discipline, dagli storici agli antropologi, dai folkloristi agli psicologi del profondo. Si potrebbe dire che chiunque si avventura nello studio del Medio Evo con un approccio non esclusivamente événementiel si imbatte, prima o poi, nella figura ambigua della donna serpente, con tutta la sua carica di attrazione e di repulsione. La letteratura in proposito è molto vasta, e Melusina, oltre che Mater Lusignani, è stata vista come trasformazione medievale di una dea madre, fata del decollo economico medievale e del corrispondente incremento demografico, in quanto protagonista di grandi dissodamenti, fondatrice di villaggi e madre di dieci figli, e anche incarnazione delle aspirazioni sociali dei cavalieri1. Sono stati evidenziati gli apporti della cultura dotta, della vicenda di Amore e Psiche in modo particolare, i contributi dei racconti celtici, mediati soprattutto dai lais di Maria di Francia, e come all'origine della leggenda si trovino tre gruppi di racconti: quelli caratterizzati dall'interdetto, quelli aventi per tema l'unione di un essere umano con un demone succube e quelli in relazione al tema del serpente. Il tutto riflette un mito attestato sin dall'antichità e proprio degli indoeuropei2. La storia di Melusina vede la luce come leggenda genealogica per opera di Jean d'Arras nel 1392 e Coudrette tra il 1401 ed il 1405, ma la sua prefigurazione è facilmente rintracciabile in un insieme di racconti la cui redazione scritta risale al periodo che va dal 1170 al 1210, "età dell'oro delle leggende melusiniane"3, ed è opera quasi esclusiva di autori che hanno fatto parte dell'ambiente di corte di Enrico II d'Inghilterra. Questo ha fatto sì che la figura di Melusina venisse associata ad Eleonora d'Aquitania che fu contessa del Poitou4. Secondo D. Poirion Melusina deriva dall'immaginario matriarcale e "probabilmente figura l'anima del mondo, la Natura che nasconde il suo misterioso rapporto con il male, con la notte" 5. È stata sottolineata la parentela tra Melusina ed il Cavaliere del Cigno, entrambe le narrazioni sono state interpretate quali leggende contro la paura della morte 6. Non sono stati trascurati i nessi con il totemismo7. Infine L. Harf-Lancner ha individuato lo schema del "racconto melusiniano", la cui protagonista è una fata che, innamorata di un mortale, vuol rinunciare alla sua condizione per vivere nel nostro mondo, in contrapposizione al "racconto morganiano" avente per protagonista una fata che vuole attirare nel suo mondo l'eroe oggetto del suo amore8. Come si verifica per qualsiasi leggenda medievale tutte queste interpretazioni vanno lette come se fossero collegate da tante et, non da altrettante aut, perché, anche se sembrano molto lontane tra loro, in realtà sono compatibili dato che ognuna di queste trova la propria ragion d'essere ad un diverso livello di lettura e nel particolare rilievo attribuito ad una serie di motivi piuttosto che ad un'altra. Non solo, anche lo stesso aspetto può essere interpretato dai contemporanei in senso opposto, ad esempio la leggenda della dama d'Angers fu utilizzata pro e contro i Plantageneti, suoi supposti discendenti9. Una determinata leggenda è frutto, in prospettiva diacronica, di una lenta sedimentazione di miti, contenuti, sensibilità, timori e speranze, e, in prospettiva sincronica, di un gioco di contaminazioni e prestiti. A ciò si aggiungano le interpolazioni e i riadattamenti voluti in relazione alle diverse sollecitazioni della committenza, dei destinatari ed all'uso ideologico che della narrazione si vuole fare in una precisa contingenza storica. Alcuni motivi si perdono, altri vengono aggiunti, altri ancora smarriscono, del tutto o in parte, il loro significato originario e se ne vedono attribuire uno nuovo o rimangono presenti solo per inerzia e allora sembrano elementi incoerenti con il contesto. È anche per questi motivi che, per dirla con le parole di C. Ginzburg, "i miti agiscono anche indipendentemente dalla coscienza che gli individui ne hanno" e che "nella sezione trasversale di qualunque presente sono incrostati anche molti passati, di diverso spessore temporale"10. A questo punto sorge legittima una domanda: è possibile individuare il nucleo primario della leggenda di Melusina? Per poter sperare di raggiungere tale scopo è necessario un lavoro di stratigrafia11 oltre che, ovviamente, tener presente, quale punto di partenza e costante riferimento, lo stato attuale degli studi in materia. È chiaro che la leggenda genealogica, quella che assegna il nome proprio alla donna serpente, rappresenta lo strato più superficiale, l'ultima utilizzazione di un materiale fantastico di cui ancora non siamo in grado né di spiegare la genesi né di individuare il percorso. Anche la cristianizzazione del racconto e, data la difficoltà di conciliare le fate con il soprannaturale cristiano, la conseguente demonizzazione della protagonista sono un rivestimento recente, probabilmente risalgono all'ingresso del racconto melusiniano nella cultura dotta, quando i chierici cercano di recuperare e addomesticare gli esseri delle regioni beate dell'altro mondo, che nei racconti bretoni e nei miti celtici hanno rapporti con i mortali, ascrivendoli alle schiere dei demoni incubi o succubi. L. HarfLancner mette a nudo, all'interno dell'opera di Gualtiero di Map, la dissonanza tra il narratore gallese, che parla di fate dispensatrici d'amore e di fortuna, e il chierico che cerca di metterci in guardia dalle tentatrici demoniache12. L'associazione di Melusina al grande sviluppo economico dell'Occidente medievale è una di quelle operazioni che J. Le Goff definisce "risposte del racconto alle sollecitazioni della storia" 13, ma è stata resa possibile da un contesto di significati disposto ad accoglierla. Non dimentichiamo che nella cultura folklorica il serpente è simbolo dell'ambivalenza delle forze della natura e di fecondità14. Le "risposte alle sollecitazioni della storia" comportano dei mutamenti di contenuto ma la struttura rimane intatta: lo schema del racconto melusiniano può essere ridotto al seguente15: - incontro tra l'eroe e la fata - patto - trasgressione del divieto da parte dell'eroe Sulla base di un'analisi strutturale C. Lecouteux risale da Melusina, attraverso il Lai di Lanval di Maria di Francia, alla dea celtica Macha, la protagonista dell' episodio della mitologia irlandese relativo all'origine della malattia degli Ulaid16. Lo svolgimento dei due racconti appena citati è il seguente: Lai di Lanval17 - Lanval, cavaliere di re Artù, incontra una donna che gli dona il suo amore e la facoltà di ottenere ciò che lui desidera - la dama proibisce al cavaliere di parlare di lei, altrimenti non la rivedrà mai più - Ginevra offre il suo amore a Lanval che però rifiuta - Lanval per difendersi dalle insinuazioni di Ginevra dichiara di avere un'amica più bella della regina - Artù intima a Lanval di dimostrare quanto ha affermato, pena l'esilio - il cavaliere è disperato perché ha violato l'interdetto - mentre Lanval sta per essere giudicato sopraggiunge la fata di cui tutti riconoscono la bellezza e così viene assolto - la fata lascia la corte portando Lanval con sé, ad Avalon La malattia degli Ulaid18 - Crunniuc, rimasto vedovo, vive in solitudine fra i monti - un giorno nella sua casa entra una giovane bellissima, Macha, che si ferma a vivere con lui - da quel giorno la fortuna di Crunniuc aumenta e tutto gli diventa più facile - Crunniuc deve partecipare all'assemblea degli Ulaid, Macha, che è prossima al parto, gli raccomanda di non parlare di lei con nessuno - Crunniuc, dopo aver promesso di non far parola della donna, si reca all'assemblea - mentre tutti lodano i cavalli del re, Crunniuc dichiara che la sua donna è in grado di batterli in corsa - il re, offeso, fa imprigionare Crunniuc e manda a cercare la donna perché provi le affermazioni del marito - Macha chiede di poter rinviare la corsa a dopo il parto ma il re rifiuta e minaccia di far uccidere Crunniuc - Macha batte i cavalli e poi, vicino a questi, partorisce due gemelli - infine Macha proferisce la sua maledizione: gli uomini Ulaid, nei momenti di maggiore difficoltà, soffriranno le doglie del parto per cinque giorni e quattro notti o per cinque notti e quattro giorni Al di là delle connessioni formali l'orientamento della ricerca verso la matière de Bretagne e l'epopea irlandese è rafforzato anche dal motivo della fontana e da quello che potremmo definire il tratto distintivo del racconto melusiniano, l'interdetto, una sorta di secolarizzazione del geis celtico. Considerando il contenuto dei racconti melusiniani siamo in grado di individuare un dato di continuità presente in quasi tutti gli elementi della serie: il rapporto con l'acqua. Melusina è sorpresa mentre si pettina, in una vasca ed è rappresentata anche come sirena 19. La protagonista del racconto di Gervasio di Tilbury trasformatasi in serpente immerge la testa nell'acqua e scompare. La melusina siciliana di cui parla Goffredo d'Auxerre proviene dal mare e nel mare sparisce. Lo stesso autore riporta la storia di una fata del paese di Langres, che non vuol essere vista mentre fa il bagno dato che in tale circostanza si trasforma in serpente. Henno dai grandi denti incontra la sua compagna in riva al mare e Wastinus Wastiniauc sposa una Dama del Lago, questa fa parte di un gruppo di "danzatrici soprannaturali" che "si fanno intravedere sulla sponda del lago per poi scomparire sotto i flutti"20. Il rapporto con le acque è duplice, alcune di queste melusine sono ondine, non subiscono trasmutazione animale ma ritornano al loro elemento d'origine portandosi dietro la prole, altre si trasformano, del tutto o parzialmente, in serpente acquatico, resta però da spiegare la fuga sotto forma di serpente alato di Melusina e della moglie di Henno. Entrambi i tipi donano prosperità, le ondine sembrano voler dimostrare con il loro comportamento che i figli appartengono alla madre, in altre parole rimandano ad una concezione matrilineare della discendenza, e sono forse un eco delle dee madri, visto che "nell'etimologia dei nomi occidentali delle dee madri la femminilità e la linguistica dell'acqua sono una cosa sola nella denominazione della marfaye primordiale"21, mentre le rimanenti pur non abdicando alla loro funzione materna, Melusina e la moglie di Raimondo di Chateau Rousset tornano la notte in segreto per accudire i propri figli, collegandosi al serpente acquatico, essere temibile ma benefico, dispensatore di fecondità alla terra ed agli uomini e guardiano dell'altro mondo22, si mettono in relazione con il mondo dei morti. A tal proposito teniamo presente che Melusina è anche una banshee, infatti ricompare ogni volta ad annunciare l'imminente morte di un membro della famiglia dei Lusignano. La vicenda di Wastinus è ambientata in Galles e nel riportarla, nel De nugis curialium, Gualtiero di Map si riferisce ad una fonte orale gallese. In questo racconto colpisce la singolarità dell'interdetto: io ti servirò con gioia,ti obbedirò e ti sarò completamente devota, fino al giorno in cui, sentendo dei clamori sopra il lago di Lene, ti precipiterai in quel lago e mi colpirai col morso del tuo cavallo23 Nella tradizione gallese esiste una serie di racconti paralleli a questo accomunati dallo stesso tipo di divieto che, come osserva L. Harf-Lancner 24, porta all'assimilazione delle ondine gallesi alle dee giumente celtiche, Rhiannon e ancora Macha. Si tratta di dee madri corrispettive della dea gallo romana Epona. Ad accomunare Macha alle ondine gallesi non troviamo solo il cavallo ma anche il nesso con l'acqua. La dea è connessa a Manannan Mac Lir, dio dell'oceano, ma anche signore di Tir Tain-gire, il paese dei beati. Manannan possedeva un cavallo velocissimo e le onde erano chiamate i cavalli di Mac Lir25. Rhiannon, nel Mabinogion, è costretta a portare i viaggiatori sulle spalle al palazzo di Arberth, corte principale di suo marito Pwill, signore di Annwn, l'oltretomba gallese, sarebbe quindi un'accompagnatrice dei trapassati. Anch'essa è in rapporto con l'acqua perché dopo la morte di Pwill sposa Manawyddan, il Manannan Mac Lir gallese26. A questo punto il cerchio si chiude, il serpente acquatico, il cavallo, le dee madri, Macha, Rhiannon e Manannan Mac Lir permettono di individuare le coordinate entro cui proseguire la nostra indagine: il rapporto con la fecondità e con l'altro mondo. Esiste un altro elemento che consente di collegare direttamente Macha a Melusina e per fare ciò dobbiamo ancora una volta andare oltre l'analisi formale. Il motivo della proibizione è stato sempre considerato in quanto funzione, a prescindere dal comportamento vietato. Secondo questo atteggiamento la storia dei genitori di Melusina, Elinas e Presine viene vista come uno dei tanti racconti melusiniani, se invece andasse letta quale autentico prologo e causa di tutte le vicende successive? La condizione che Presine pone ad Elinas, non essere vista al momento del parto, non ha lo scopo di mantenere segreta la vera natura della fata dato che questa non è caratterizzata da alcun tratto mostruoso, né subisce metamorfosi animale. La trasgressione di Elinas potrebbe venire interpretata come un mancato rispetto dell'esperienza esistenziale del parto. Analoga interpretazione si adatta alla vicenda di Macha costretta a sostenere una gara di velocità contro i cavalli malgrado fosse vicina al puerperio. Se accettiamo questo tipo di lettura è l'affermazione della sacertà del parto il legame più forte e profondo tra le due narrazioni, il nesso che annulla le distanze tra l'Irlanda ed il Poitou, tra l'età della mitopoiesi celto irlandese e il tempo di Jean d'Arras. Ora è inevitabile soffermarsi sulla figura di Macha. Abbiamo già considerato il suo aspetto di dea della fecondità e le sue connessioni con il mondo dei morti e il cavallo, aspetti che si ritrovano in Rhiannon ed in Epona, anch'essa divinità mortuaria e dell'abbondanza 27, aggiungiamo che dietro questa triade di dee giumente "si vede profilarsi l'idea della dea madre dei Celti" 28. Nella religione celtica erano frequenti le triadi e se quella a cui abbiamo appena accennato sembra riferirsi a tre diversi ambiti geografici, l'Irlanda per Macha, il Galles per Rhiannon e la Gallia per Epona, in Irlanda troviamo un'altra triade imperniata su Macha riproducente le tre funzioni dell'ordinamento sociale indoeuropeo29. La tradizione mitica presenta le tre Macha come persone diverse ma non è certo troppo azzardato vedere in esse tre manifestazioni diverse di un'unica dea. Oltre a quella già esaminata abbiamo una Macha veggente ed una guerriera che contende vittoriosamente la sovranità sull'Irlanda ad altri due re, Cimbaeth e Dithorba 30. Nel nostro percorso ci imbattiamo quindi in una dea della fecondità connessa con l'altro mondo, con gli animali e in relazione con la funzione sacerdotale e con quella regale. Sacertà del parto, concezione matrilineare della discendenza, contiguità con la natura, figure femminili apportatrici di fecondità e abbondanza, mediatrici con l'altro mondo e guerriere che contendono la sovranità agli uomini non solo rimandano alle grandi madri ma lasciano anche trasparire le tracce di quella cultura alternativa femminile i cui scontri con la cultura dominante sono alla base, secondo G. Galli 31, dei grandi salti culturali e istituzionali della civiltà europea. Questa cultura alternativa avrebbe animato movimenti a prevalenza femminile, antagonisti all'ordine costituito, caratterizzati da richieste di forte libertà sessuale, pratica della medicina attraverso le erbe e gestione del parto, anche di quello animale. G. Galli, in sintonia con quanto sosteneva E. Fromm32, riconosce in diverse manifestazioni della civiltà greca indizi che testimoniano tali conflitti. Pensiamo che per quanto riguarda il Medio Evo la cultura celtica costituisca il terreno di ricerca più fertile in questo senso, si pensi alla funzione delle sacerdotesse, alle donne guerriere e condottiere dell'epopea irlandese33, alla sovranità d'Irlanda incarnata in una donna, al ruolo centrale della regina Mebd nella Razzia del bestiame di Cuailnge34, a come molti eroi e divinità rivelino nei loro nomi la discendenza materna, a cominciare dalla stirpe degli dei, i Tuatha Dé Danann, figli di Dana 35. La permanenza dei valori matriarcali è riscontrabile anche dopo la cristianizzazione delle terre abitate dai Celti, sappiamo che, nel 511, alcuni preti bretoni armoricani furono rimproverati dai vescovi perché associavano delle donne al ministero sacerdotale e ancora nel 1625, in Armorica, padre Michel Le Nobletz formava delle catechiste36. Si possono trovare riscontri anche nell'agiografia: è solo grazie ai consigli di una donna, santa Ita, che San Brendano, dopo un primo tentativo fallito, riesce a raggiungere la Terra Repromissionis Sanctorum37. È quasi superfluo ricordare l'influenza della cultura celtica nell'Occidente medievale, ci limitiamo a riportare le parole di C. Ginzburg: "per molto tempo secoli, addirittura millenni - matrone, fate e altre divinità benefiche e mortuarie abitarono invisibilmente l'Europa celtizzata38. Nel XII secolo l'immaginario celtico irrompe nella cultura scritta. G. Galli ritrova nei poemi cavallereschi l'egemonia maschile ma anche l'eco della cultura alternativa 39. Anche D. Poirion riconosce che il meraviglioso lascia affiorare nel Medio Evo maschio uno spirito matriarcale più arcaico (...) recuperato attraverso il fine amor nella letteratura cavalleresca e che il racconto di fate è emanazione di un paganesimo femminile e le leggende celtiche hanno un substrato matriarcale40. Questo "paganesimo femminile" si è espresso nei culti della natura della cui diffusione si trova un indizio nella parte ad essi riservata nei penitenziali medievali 41. Ai culti della natura è legata la metamorfosi animale42 ed è a tale contesto che vanno ricondotti elementi quali la contiguità con gli animali e la natura semibestiale che sarebbero "variazioni su un identico tema mitico: quello della signora degli animali"43. Abbiamo più volte fatto riferimento alla Storia notturna di C. Ginzburg, testo che si sofferma a lungo su "misteriose figure femminili venerate soprattutto dalle donne" 44, si tratta di esseri benefici che "elargiscono prosperità, ricchezza, sapere" e "il loro mondo è il mondo dei morti" 45: ancora una volta troviamo legati la fertilità e l'altro mondo 46 come abbiamo già notato per Melusina e per le sue prefigurazioni sia folkloriche che mitiche. Le figure femminili che attraversano volando il cielo notturno sono percepite positivamente sino al XII secolo 47 poi inizia la loro lenta demonizzazione, la stessa sorte, a partire dallo stesso periodo subita da Melusina. C'è di più, C. Ginzburg considera isomorfe la cavalcata in volo in groppa ad animali e la trasformazione in animale: entrambe le situazioni esprimerebbero la separazione temporanea dell'anima dal corpo. Il volo avveniva di notte, ricordiamo che nelle tradizioni popolari Melusina lavora esclusivamente di notte48. Forse ora siamo in grado di dare una risposta all'interrogativo lasciato in sospeso a proposito del motivo della scomparsa in volo della donna serpente. Esso è funzionale a due livelli di lettura: per la cultura folklorica assimila la fata alle creature benefiche che volano al seguito di una divinità femminile notturna, mentre per i chierici ne svelano la natura demoniaca; non dimentichiamo che volo notturno e metamorfosi animale diverranno elementi portanti del concetto cumulativo di stregoneria49. L'esercito di donne che partecipa alle cavalcate notturne in compagnia di una dea è noto in tutto l'occidente europeo. Nella divinità femminile in questione sono state di volta in volta riconosciute Diana, Ecate, Holda, Perchta e, in alcune tradizioni, Erodiade. F. Cardini si chiede se l'ultima identificazione non sia il frutto della "mitizzazione del ricordo di un'originaria resistenza al battesimo da parte di gruppi di manipolatrici del sacro" 50. Come non ripensare alle melusine che evitano il contatto con l'acqua santa o che non possano restare in Chiesa al momento della consacrazione?51 Nella mitologia celtica troviamo sia il complesso acque - metamorfosi animale - manipolatrici del sacro: le sacerdotesse dell' isola di Sena hanno il potere di sconvolgere il mare e di trasformarsi in animali52,sia quello acque - metamorfosi animale - incompatibilità con il sacro cristiano: Libane, protagonista della leggenda irlandese della città inghiottita dal mare, trasformata in salmone con esclusione del viso e del seno, viene pescata da San Congall e, per essere stata battezzata, muore53. Anche il motivo dell'incompatibilità con il sacro cristiano è soggetto ad una duplice interpretazione, può infatti essere segno tanto di natura demoniaca come di appartenenza ad un altro ordine di sacro. Partendo da quella che a prima vista pare solo una leggenda genealogica, dopo aver incontrato amanti soprannaturali, miti celtici, dee della fecondità, grandi madri e l'esercito di Diana, siamo giunti a sacerdotesse pagane demonizzate come del resto al tempo delle prime redazioni scritte delle leggende melusiniane viene ulteriormente e con rinnovato vigore demonizzata l'aspirazione femminile al sacerdozio che, in quel XII secolo stava trovando una risposta positiva da parte delle sette ereticali, Catari e Valdesi in particolare 54. È necessario, però, spingersi oltre perché non è soltanto la sacerdotessa ma è tutta la figura femminile in sé che ha attinenza con il "governo dei segreti più misteriosi della vita relativi alla nascita ed alla morte"55. Se è così, aderendo al modello proposto da G. Galli, possiamo inserire anche la storia di Melusina tra quei testi che, come i romanzi arturiani o l'Orestiade di Eschilo, "non sono univoci, ma esprimono concezioni in contrapposizione"56. In essa riconosciamo immediatamente una componente legata al clima misogino che va in crescendo parallelamente al riproporsi di comportamenti femminili ritenuti inaccettabili. Abbiamo già detto dell'aspirazione al sacerdozio, facciamo presente ora lo scandalo delle beghine, né mogli né monache e quindi non soggette all'uomo, condannate come eretiche nel 1311 dal Concilio di Vienne 57, aggiungiamo il tentativo continuo di discredito e di assimilazione a Messalina operato nei confronti di Eleonora d'Aquitania, la sovrana che secondo J. Markale incarna il femminismo del XII secolo 58, citiamo ora F. Heer il quale ci ricorda che molti trovatori erano donne, sottolinea come la crociata contro gli Albigesi pose fine anche alla cultura del mondo cortese e, poco oltre, afferma che "la questione femminile irrisolta grava come una pesante ipoteca sul futuro d'Europa" 59. Teniamo inoltre presenti gli autori delle prime redazioni scritte delle prefigurazioni del racconto di Melusina: Gualtiero di Map è anche l'autore della Dissuasio Valerii, violento trattato antifemminile, Gervasio di Tilbury fu inquisitore ad Arles, Goffredo d'Auxerre verrà ripreso dall'inquisitore U. Molitor nel De pythonicis mulieribus et lamiis pubblicato nel 149860. Si tratta di componenti dello stesso clima culturale che vede nascere e diffondersi un'altra leggenda intesa a tener lontane le donne dall'altare, centrata anch'essa sul momento del parto: la storia della Papessa Giovanna61. Concludendo, la versione dotta del racconto melusiniano sarebbe parte della risposta culturale alla questione femminile che nel XII secolo "iniziava il lungo cammino che portava alla repressione di massa della stregoneria" 62. A ben guardare, però, si individuano le tracce della cultura alternativa in quegli elementi che i chierici medievali forse non hanno neppure riconosciuto o che addirittura hanno considerato funzionali ai loro scopi. J. Michelet, il primo ad interpretare il fenomeno della stregoneria come ribellione, scrisse che la strega è nata nelle "marche allora selvagge, tra il paese di Merlino e il paese di Melusina" 63. Oggi sappiamo che si sbagliava, ma se intendiamo le sue indicazioni geografiche quali orizzonti mentali dobbiamo riconoscere che la cultura delle streghe agli albori dell'età moderna deve molto al mondo celtico ed alla tradizione delle grandi madri e delle dee della fecondità dalla natura semiferina. È significativo che C. Ginzburg, seguendo le tracce del sabba lungo la direttrice Celti - Traci - Sciti - nomadi delle steppe, la stessa indicata dall'immagine della dea giumenta che dà "significato alle primitive connessioni eurasiatiche" dei Celti 64, si imbatta in "una dea mezzo donna mezzo serpente, circondata da coppie di serpenti: un'immagine immediatamente assimilabile a quelle della cosiddetta signora degli animali" venerata dagli Sciti65. Sappiamo tutti come andò a finire lo scontro che si stava profilando, ora ci è meno oscura l'immagine di Melusina che trasformata in serpente abbandona il castello dei Lusignano per ritornare nella sua "storia notturna", tra i vinti, ma sappiamo anche che, come la malattia degli Ulaid che colpisce nei momenti di crisi, di tanto in tanto, quando i paradigmi della cultura dominante iniziano ad incrinarsi e vengono meno antiche certezze, riemerge con tutto ciò che essa rappresenta, per ricordarci che, non possiamo fare a meno di riproporre la conclusione del più volte citato lavoro di G. Galli, "non verso un indefinito iper-uranio traggono gli echi delle periodiche ribellioni egualitarie a forte presenza femminile, ma verso una riconsiderazione della nostra storia terrestre. Con un suggerimento: quello di riflettere, in una situazione nella quale molto è stato acquisito, a quanto può essere andato perduto (e può essere recuperato) perché donne e uomini possano fruire di quella che i neo-gnostici definiscono esistenza riuscita"66. Note 1) J. LE GOFF - E. LE ROY LADURIE, Melusina materna e dissodatrice, in J. LE GOFF, Tempo della chiesa e tempo del mercante, Torino, 1977, pp. 287-318. 2) C. LECOUTEUX, Lohengrin e Melusina, Milano, 1989. 3) L'espressione è di C. LECOUTEUX, cit.. 4) J. MARKALE, Eleonora d'Aquitania, Milano, 1980. 5) D. POIROIN, Il meraviglioso nella letteratura francese del Medio Evo, Torino, 1988, p. 109. 6) C. LECOUTEUX, cit.. 7) C. LECOUTEUX, cit. e J. LE GOFF - E. LE ROY LADURIE, cit.. 8) L. HARF - LANCNER, Morgana e Melusina, Torino, 1989. 9) J. LE GOFF, Il meraviglioso nell'Occidente medievale, in Il meraviglioso e il quotidiano nell'Occidente medievale, Bari, 1983, pp. 3-23. 10) C. GINZBURG, Storia notturna, Torino, 1989, pp. XXXVIII e XXXV. 11) Cfr. C. LECOUTEUX, Paganisme, Christianisme et merveilleux médieval, Annales, XXXVII, 1982, pp. 700-716; J. LE GOFF, cit.; D. POIROIN, cit.. 12) L. HARF - LANCNER, cit.. 13) J. LE GOFF - E. LE ROY LADURIE, cit., p. 303. 14) J. LE GOFF, Cultura clericale e tradizioni folkloriche nella civiltà merovingia e Cultura ecclesiastica e cultura folklorica nel Medio Evo: San Marcello di Parigi e il drago, entrambi in Tempo della Chiesa ..., cit., pp. 193-207 e 209-255. 15) L. HARF - LANCNER, cit. 16) C. LECOUTEUX, Lohengrin ..., cit.. 17) La sintesi del Lai di Lanval è desunta da C. LECOUTEUX, Lohengrin ..., cit.. 18) Vedi La saga irlandese di Chu Chullain, a cura di G. AGRATI - M. L. MAGINI, Milano, 1982, e J. MARKALE, L'epopée celtique d'Irlande, Parigi, 1971. 19) Vedi L. HARF - LANCNER, cit, che a p. 207, n. 32, rimanda a F. EYGUM, Ce que l'on peut savoir de Mélusine et de son iconographie, in Bullettin de la Société des Antiquaires de l'ouest, 1951. 20) Ibidem, p. 146. 21) G. DURAND, Le strutture antropologiche dell'immaginario, Bari, 1983, p. 228. 22) Cfr. M. ELIADE, Trattato di storia delle religioni, Torino, 1957, e V. PROPP, Le radici storiche dei racconti di fate, Torino, 1949. 23) La citazione è ripresa da L. HARF - LANCNER, cit., p. 146. 24) Ibidem. 25) J. DE VRIES, I Celti, etnia, religiosità, visione del mondo, Milano, 1961. 26) I racconti gallesi del Mabinogion, a cura di G. AGRATI - M. L. MAGINI, Milano, 1982. 27) Cfr. C. GINZBURG, cit.. 28) L. HARF - LANCNER, cit., p. 100. 29) Cfr. J. DE VRIES, cit. e T.G.E. POWELL, I Celti, Milano, 1959. 30) J. DE VRIES, cit.. 31) G. GALLI, Occidente misterioso. Baccanti, Gnostici, Streghe, i vinti della storia e la loro eredità, Milano, 1987. 32) E. FROMM, Il linguaggio dimenticato, Milano, 1977. 33) Cfr. J. MARKALE, L'epopée ..., cit.. 34) La saga irlandese di Chu Chullain, cit.. 35) Cfr. J. DE VRIES, cit.. 36) Cfr. J. MARKALE, Le Christianisme celtique et ses survivances populaires, Parigi, 1983, e D. CORSI, Dal sacrificio al maleficio. La donna e il sacro nell'eresia e nella stregoneria, Quaderni Medievali, n. 30, dic. 1990,pp. 8-62. 37) L' episodio si trova nella Vita Sancti Brendani, contenuta nel Codex Insulensis, cfr. I. ORLANDI, Navigatio Sancti Brendani, Milano, 1968. 38) C. GINZBURG, cit., p. 83. 39) G. GALLI, cit.. 40) D. POIRION, cit.. 41) Cfr. A. GUREVIC, La cultura popolare riflessa nei libri penitenziali, in Contadini e santi, Torino, 1986, pp. 125-172. 42) Ibidem. 43) C. GINZBURG, cit., p. 109. 44) Ibidem, p. 76. 45) Ibidem, p. 77. 46) Cfr. F. CARDINI, Magia, stregoneria, superstizioni nell'Occidente medievale, Firenze, 1986, secondo cui la compresenza di elementi femminili e delle anime dei defunti caratterizza il ciclo della fecondità. 47) Cfr. S. ABBIATI - A. AGNOLETTO - M. R. LAZZATI, La stregoneria, Milano, 1984. 48) C. LECOUTEUX, Lohengrin ..., cit.. 49) Cfr. P. LEVACK, La caccia alle streghe, Bari, 1988. 50) F. CARDINI, cit., p. 20. 51) Vedi L. HARF - LANCNER, cit.. 52) Vedi J. DE VRIES, cit.. 53) Cfr. J. MARKALE, L'epopée ..., cit.. 54) Cfr. D. CORSI, cit.. 55) G. DUBY, Medioevo maschio, Bari, 1988, p. 108, allo stesso modo si esprime D. CORSI, cit., p. 60, parlando di "poteri capaci di conferire alla sua figura una sacralità il cui arcano carisma governa l'origine della vita, il nutrimento, la morte". 56) G. GALLI, cit., p. 161. 57) Cfr. C. ERICKSON, La visione del Medio Evo, Napoli, 1982. 58) J. MARKALE, Eleonora ..., cit.. 59) Cfr. F. HEER, Il Medio Evo, Milano, 1962, la citazione è tratta da p. 321. 60) Cfr. L. HARF - LANCNER, cit., p. 134. 61) Cfr. A. BOUREAU, La Papessa Giovanna, Torino, 1991. 62) G. GALLI, cit., p. 151. 63) J. MICHELET, La strega, Milano, 1989, p. 56. 64) T. G. E. POWELL, cit., p. 56. 65) C. GINZBURG, cit., p. 191. 66) G. GALLI, cit., p. 288-289.