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Roberth Smithson - entropy

La poetica di Robert Smithson si fonda sull’esperienza creativa nata nell’ambito dell’arte concettuale: il suo significato profondo, infatti, sta nel pensiero che la ispira e nell’idea che la modificazione del paesaggio sia l’opportunità per definire la relazione tra uomo e natura, e tra spazio e tempo. Non si limita ad una forma d’arte o di stile, ma va al di là delle regole e dei materiali tradizionali di lavoro. L’entropia, tema costante in tutta la sua produzione, gli ha permesso di esplorare confini che si estendono oltre il formalismo artistico.

ROBERT SMITHSON The artist seeks... the iction that reality will sooner or later imitate. l’artista cerca... la inzione che la realtà prima o poi cercherà di imitare. Robert Smithson INDICE INTRODUZIONE • 7 WELCOME TO ROBERT SMITHSON • 11 DERIVA ENTROPICA ROCKS AND THE MIRROR SQUARE NONSITE LINE OF WRECKAGE BAYONNE (New Jersey) 13 14 IL LINGUAGGIO DELLA MENTE 20 INSIDE SMITHSON • 16 27 YUCATAN MIRROR DISPLACEMENTS the irst disposition the second disposition the third disposition the fourth disposition the ifth disposition the sixth disposition the seventh disposition the eighth disposition the ninth disposition 28 31 32 33 34 35 36 37 38 39 SPIRAL JETTY 40 5 INTRODUZIONE Il termine entropia (dal greco en “dentro”, e tropé “trasformazione”) indica il grado di disordine di un sistema isico qualsiasi. La realtà passata ha sempre avuto un universo simbolico collettivamente condiviso e partecipato, che proponesse canoni comportamentali, sociali, stilistici così deiniti da essere certezze tangibili per l’uomo. La realtà contemporanea, invece, propone differenti punti di vista per interpretare i rituali condivisi dalla società, tanto da non ammettere né dichiarare un’unica corrispondenza tangibile. Ciò ha portato un radicale cambiamento anche nell’ambito artistico: nella modernità l’artista rappresentava il paesaggio circostante, contesti quotidiani, religiosi, cioè tutto ciò che rappresentasse per lui una certezza concreta. Nell’ambito contemporaneo, invece, l’artista non riscontra alcuna prossimità con il reale. Egli si colloca esplicitamente al di fuori di esso, non lo rappresenta, ma trasgredisce le norme convenzionali che lo regolano in vista di un suo superamento. L’artista, infatti, si libera delle relazioni istituzionalizzate imponendosi nuove regole personali, ed evadendo al di sopra di esse. In questo modo ciascun artista contemporaneo ordina il proprio universo in modo indipendente, usando la materia artistica come mezzo per presentare se stesso. Si tratta di opere che tendono generalmente a manifestarsi come espressioni (igurative o non) di rottura con la tradizione rappresentativa dell’arte dei secoli passati. Questo comporta anche un disorientamento nell’osservazione di un elaborato: il campo dell’esperienza risulta di dificile comprensione e fuori dalle esperienze quotidiane per tutti quegli spettatori comuni che non hanno le conoscenze approfondite per comprenderne l’essenza. Il fruitore comune, infatti, tende ad osservare l’opera distinguendone le varie parti secondo iconograia, funzione, uso che esse assolvono. Lo sguardo, localizzandosi solo su varie parti, tende a mantenerle isolate o a porre relazioni con lo scopo di riconoscere l’oggetto. Un fruitore consapevole, invece, si pone in atteggiamento estetico, sollecitando un gioco percettivo ed interpretativo più ricco, disemantizzando le parti. Fra le operazioni costitutive è di fondamentale importanza la compresenza stabilita fra gli elementi in cui si articola l’opera. Inoltre, il fruitore consapevole 7 (per la sua stessa deinizione) ha conoscenze più approfondite rispetto a quello comune; pertanto possiede maggiori chiavi per avvicinarsi e leggere l’arte contemporanea. È un’operazione assai complessa per un fruitore comune, poiché non distingue alcun elemento che sia a lui abituale credere. Citando Marcel Duchamp “è lo spettatore a stabilire il contatto dell’opera stessa con il mondo esterno, interpretando ed aggiungendo il proprio contributo al processo creativo”. Si tratterà di contributo consapevole, quando il fruitore è informato e conscio del percorso concettuale che ha portato l’artista a quella determinata elaborazione; al contrario sarà un’interpretazione inconsapevole, quando il fruitore comune, nonostante non abbia chiavi di lettura approfondite, solleverà questioni attorno all’opera osservata. Infatti ricerca artistica e dialogo con lo spettatore avvengono attraverso il pensiero: l’una, poiché si tratta di un percorso concettuale che scaturisce in materiale artistico; l’altro, poiché è nella memoria e nel pensiero del fruitore che vive l’opera stessa. In base alla deinizione quantistica e classica del termine, si può dire che quando un sistema passa da uno stato di equilibrio ordinato ad uno disordinato la sua entropia aumenta. Da ciò ne deriva che l’aumento entropico precisa i differenti stati in cui si può trovare un sistema. Questi possono essere: (a) ordinati, (b) con un basso grado di disordine o (c) disordinati. a 8 b c A livello visivo, sistemi ordinati e disordinati delineano un campo attenzionale omogeneo: infatti l’occhio umano valuta equamente ogni parte, dal momento che non emerge alcun dettaglio che erompa fuori dallo schema compositivo. Un sistema con un basso grado di disordine, invece, presuppone la presenza di un elemento che non si uniformi con il resto, rendendo la composizione non perfettamente organizzata, ma nemmeno con un grado entropico così alto. È lo stato intermedio, necessario perché avvenga il passaggio da un sistema ordinato ad uno disordinato. Proiettando tale discorso nel sistema artistico contemporaneo, l’elemento di disturbo causa la rottura del rigore mentale del fruitore, poiché diventa incongruente rispetto alla severità sul quale vertono gli stereotipi, saldo pilastro a cui si appella generalmente l’uomo. Lo stato di passaggio entropico, invece, è il medesimo passaggio che lo spettatore compie per creare relazioni tra la mente ed il contenuto dell’opera d’arte. Rappresenta la dimensione in cui aumenta gradualmente l’entropia mentale umana, poiché il fruitore aziona i meccanismi necessari per spezzare le relazioni istituzionalizzate ed ampliare la propria visione a prospettive multiple. L’uomo considera gli stereotipi, infatti, come verità assolute al quale appellarsi per rispondere alle esigenze quotidiane. Tuttavia, a domande più complesse corrispondono verità molteplici che non coincidono con un’unica visione della realtà. I lavori di Robert Smithson sono visivamente inquadrati in un alto rigore geometrico, ma concettualmente hanno a livello del fruitore anche un elevato grado entropico. L’accostamento di tali elementi rappresenta l’ossimoro attraverso il quale si frantumano gli schemi di economia mentale e percettiva, giungendo a considerazioni che si traducono in prospettive diverse. 9 WELCOME TO ROBERT SMITHSON DERIVA ENTROPICA La poetica di Robert Smithson si fonda sull’esperienza creativa nata nell’ambito dell’arte concettuale: il suo signiicato profondo, infatti, sta nel pensiero che la ispira e nell’idea che la modiicazione del paesaggio sia l’opportunità per deinire la relazione tra uomo e natura, e tra spazio e tempo. Non si limita ad una forma d’arte o di stile, ma va al di là delle regole e dei materiali tradizionali di lavoro. L’entropia, tema costante in tutta la sua produzione, gli ha permesso di esplorare conini che si estendono oltre il formalismo artistico: le sue idee comportano degrado e rinnovamento, caos e ordine attraverso i quali ri-contestualizza i suoi materiali di lavoro, conferendo loro un’estetica artistica, oltre che un luogo concettuale. In The Entropy and the New Monuments spiega la relazione tra l’uomo, essere inito e mortale, e la natura, ininita ed immortale. L’essere umano è caratterizzato da un incessante bisogno di trascendere la propria condizione per dare una logica e scientiica spiegazione a tutto quello che accade, comprese le trasformazioni dell’ambiente circostante. Questo atteggiamento denota la costante tensione a spiegare ogni cosa attraverso un rigoroso ordine schematico, che è per l’uomo fonte di sicurezza. Tuttavia è una sicurezza apparente. Non sempre tutte le previsioni sono corrette, poiché ogni ecosistema o universo nella natura ha una propria entropia che non si sviluppa nel tempo omogeneamente. Non è possibile parlare di una evoluzione costante ed in crescita. Smithson, infatti, si distanzia dall’idea tradizionale di evoluzione, per cui le cose future possono essere calcolate ed organizzate sulla base di 13 leggi matematiche. Al contrario, sostiene che sia in atto un processo di deriva entropica: le costruzioni artiiciali ed i nuovi monumenti architettonici sono simbolo della civiltà contemporanea, ma anche preludio di un ritorno ad uno stato primordiale, a causa della desertiicazione del territorio e dell’impoverimento delle risorse organiche. Il concetto di “deriva entropica” è esplicitato da Smithson tramite la igura dell’ossimoro: il rigore geometrico che inquadra gli scatti fotograici allude alla tensione dell’uomo verso la perfezione, l’ordine; i frammenti isici o le porzioni di paesaggio alludono alla deriva entropica del contesto circostante, e alle molteplici considerazioni che il fruitore può sollevarne. L’artista opera attraverso l’uso della fotograia, delle carte topograiche e di elementi che riconducono 14 alla isicità del luogo su cui ha lavorato. Seppure ogni rappresentazione alluda a visioni differenti, i mezzi da lui usati cercano di far raggiungere allo spettatore un’esperienza sensoriale il più vicino possibile a quella in-situ. L’utilizzo di frammenti prelevati dal paesaggio, infatti, tenta di avvicinare isicamente il fruitore all’esperienza attuata dall’artista, e mentalmente alludono alla deriva entropica a cui lo spettatore stesso sta assistendo inconsapevolmente. In Rocks and mirror square i frammenti di roccia rompono l’ordine compositivo dettato dalla verticalità degli specchi sia per la loro forma irregolare, sia per il loro rilesso, che tende a disorientare l’occhio. È evidente come l’autore voglia ricreare la medesima esperienza da lui vissuta nel luogo: la cromia dominante grigia delle rocce, con pigmenti anche marrone chiaro, allude alla visione comune dell’inquinamento atmosferico e globale, causa della deriva entropica del continente. È un particolare non indifferente, poiché tale cromia richiama uno stereotipo ormai consolidato nella memoria collettiva, capace di avvicinare spettatori, sia comuni che consapevoli, a spazi verbali ed interpretativi. Inoltre, il rilesso delle rocce negli specchi ampliica sia il concetto di deriva entropia, per il disorientamento visuale, equivalente all’inconsapevolezza di un ritorno allo stato primordiale; sia di esperienza in-situ, poiché propone una visione tridimensionali simile a quella esperienziale. 15 La fotograia, invece, ha funzione mediatrice ed è il mezzo più diretto per testimoniare l’esperienza personale dell’artista sul luogo fotografato. La protesa ad immedesimarsi nell’autore stesso spinge lo spettatore ad addentrarsi in spazi mentali, che sono per lui sconinati e poco chiari. Inoltre, le fotograie sono spesso rese come pause istantanee che traducono la frammentazione temporale che avviene nella società odierna. Questi concetti sono ben presentati e sintetizzati nell’opera Nonsite Line of Wreckage Bayonne, New Jersey. Materialmente Smithson pone detriti grigi causati dall’industrializzazione all’interno di uno spazio quadrangolare, la cui cromia tende al marrone. In una visione stereotipata il colore del contenitore può alludere al “rosso mattone”, con cui denotativamente si descrive il colore dei tetti. Non a caso l’autore, infatti, utilizza questa cromia 16 piuttosto che un’altra: per fare in modo che anche lo spettatore comune si avvicini a spazi più concettuali, utilizza colorazioni radicate nella memoria collettiva. L’installazione è completata dai quattro spazi bidimensionali alla parete. Entrambi sono accomunati dallo stesso elemento orizzontale che si ripete verticalmente e dall’aspetto cromatico: la prima fascia cromatica grigia in alto ha il medesimo colore dei detriti rocciosi che compongono l’installazione. Le altre tre fasce cromatiche, invece, richiamano la colorazione del contenitore. Smithson, in questo modo, utilizza una strategia di accomunamento che gli permette di ampliare l’esperienza del fruitore. La cartina geograica grigia rappresenta il luogo isico presentato tramite la materia rocciosa; le fotograie rappresentano vari detriti industriali presentati in unicum dal luogo che contiene i detriti rocciosi. L’utilizzo delle foto accostate a materiali isici sottolinea il conine tra rappresentazione e presentazione. La rappresentazione implica il ritratto di qualcosa; la presentazione, invece, non solo può implicare la presenza isica dell’oggetto considerato, ma sottintende un’esperienza personale. La continuità con il luogo da cui traggono origine le componenti presenti nell’allestimento, è fornita anche dall’uso di carte geograiche. Esse hanno una funzione pragmatica e di riconoscimento per lo spettatore: sono sinonimo di una lettura sicura ed ordinata. Tuttavia, non sono elementi di verità assoluta, poiché il circuito di natura ed il paesaggio a cui fanno riferimento mutano rispetto al momento in cui sono state sviluppate. Nonostante questo, dal momento che sono un simbolo di lettura universale, incarnano 17 un forte elemento di sicurezza per lo spettatore. Nonsite Line of Wreckage Bayonne, New Jersey lo spettatore riconosce che i detriti sono stati recuperati da un unico luogo, poiché la cartina geograica ne delinea i conini di ricerca. Sebbene gli strumenti di dialogo siano diversi, sono accomunati dallo stesso ordine dispositivo e schema formale. Visivamente Smithson inserisce materiali o fotograie di una realtà priva di certezze future, all’interno di una cornice geometrica che è sinonimo, invece, di una verità assiomatica. L’adesione sinestetica ai suoi lavori genera una condizione di annullamento che si trova tra la mente ed il contenuto. L’opera si allontana dagli ideali classici di spazio: emerge una sensazione di deprivazione dell’azione che porta il 18 soggetto fruitore a sentirsi in uno stato confusionale, di disordine mentale. Smithson sovverte l’ordine museale, portandovi all’interno materia ed esperienze che indicano un cammino disorientante per il fruitore. Inoltre, non ha la possibilità isica di ripercorrere la medesima esperienza nel luogo illustrato, in cui invece è stato l’artista. L’impossibilità isica è anche ampliata dall’uso, (come in Nonsite Line of Wreckage Bayonne, New Jersey), di geometri che costringono l’occhio dello spettatore a rimanere entro quei rigidi conini. Inoltre, l’opera esposta è lontana dall’idea di artefatto artistico stereotipato. La materia in quanto tale agisce autonomamente, trasportando lo spettatore in una condizione di oblio, in cui è obbligato ad attuare considerazioni personali per ristabilire un contatto con il luogo presentato e un ordine mentale. Quest’ultimo, tuttavia, non sarà mai deinitivo o risolutivo per le domande che si pone, poiché ad ogni dilemma dovrà correlare nuove soluzioni. Ad esempio ogni posizione attorno a Rocks and mirror square produce visioni diverse, le quali non hanno un unico punto di vista ottimale ma, al contrario, migliaia di rilessioni. Lo spettatore è portato a girarglici attorno ino a che non avrà stabilito la meccanica del suo funzionamento e della sua composizione. Tuttavia, un approccio simile è causa di continui dilemmi senza soluzione, poiché l’installazione non ha una funzione pratica, bensì concettuale: l’oblio a cui è portato il fruitore equivale alla deriva entropia in cui sta mutando il contesto a noi circostante. 19 IL LINGUAGGIO DELLA MENTE 20 L’arte è solitamente valutata attraverso le categorie stereotipate di pittura, scultura e architettura. Tuttavia, secondo Smithson, il razionalismo guarda ai dettagli e non all’insieme. Non a caso – proprio per sottolineare tale concetto – integra i suoi lavori con cartine geograiche. Le categorie che procedono da una logica razionale trasportano un dettaglio verbale o visivo all’interno di un datato sistema di signiicati. In una comunicazione che deve trasmettere un messaggio in modo chiaro, la logica linguistica è fondamentale e funzionale alla comprensione e all’apprendimento del messaggio stesso. Nel contesto artistico contemporaneo, invece, la logica razionale diviene una condizione che priva lo spettatore di libertà interpretativa. Solitamente l’uomo crea associazioni mentali logiche e razionali, in base alle proprie conoscenze, senza evadere. Ogni ambito, da quello burocratico a quello giornalistico, fa usi stereotipati della lingua che si rivelano utili, vantaggiosi, o indulgenti al bisogno umano di risparmio mentale e di rilassatezza linguistica. Lo stereotipo linguistico rappresenta la nicchi per l’indolenza mentale umana: si traduce nella rigidità di forme mentis e di conformismi concettuali. L’arte contemporanea, invece, stimola le menti del fruitore, facendolo evadere dai rifugi del prefabbricato linguistico e mentale, anche se per uno spettatore comune non è cosa facile. Egli, infatti, si circoscrive in atteggiamenti comuni, come quello in cui afferma l’inconsistenza di ciò che vede, poiché è cosa che anche lui stesso può realizzare. In tal caso isola la forma considerando solo l’aspetto materiale e non quello concettuale da quale è nato. Il fruitore comune, diversamente da quello estetico, riconosce la bellezza di un’opera soltanto quando essa è verosimile. L’opera d’arte di maniera era realizzata da schemi ripetitivi che l’uomo considerava, ormai, le sole chiavi di lettura. L’arte contemporanea, invece, fornisce esperienze diverse che stimolano lo spettatore ad abbandonare tali certezze ed a capire che il valore dell’opera non sta nel suo essere imitazione del vero, ma nella sua differenza. Il linguaggio studiato in ogni sua forma opera tra un signiicato letterale ed uno metaforico. Il potere di una parola, a volte, giace nell’incongruenza del contesto in cui è posta: una volta decontestualizzato il signiicato, la parola torna ad essere solo signiicante ed assume un nuovo senso grazie al diverso contesto in cui è inserita. Si pensi agli specchi quadrati che Smithson inserisce nei paesaggi fotografati in Yucatan Mirror Displacements: lo specchio non è inteso come oggetto in cui rilettersi, ma come linea in cui il cielo incontra la terra e gli oggetti cessano di esistere. La forma viene distaccata dallo stereotipo universale: il suo potere entropico sta nell’essere nuovo veicolo che stimola i processi mentali nello spettatore. Qualsiasi forma di comunicazione può essere multiforme, cioè presentarsi attraverso nuovi supporti, in modo da interagire attivamente con l’uditorio. Spesso si tende a dire che l’informazione equivale al medium con cui essa viene trasmessa: a volte è più importante la forma e le modalità con le quali si trasmette un’informazione, piuttosto che il messaggio stesso. Il sociologo canadese McLuhan sostiene che i media non sono neutrali: la loro stessa struttura produce infatti un’inluenza sui destinatari del messaggio, che va al di là del contenuto speciico che veicolano. Si delinea, così, una miopia visiva, poiché il destinatario si concentra su una sola parte, senza tenere in considerazione 21 tutte le parti della comunicazione. Traslando questo concetto sul piano artistico, è ciò che il fruitore comune fa davanti ad un’opera d’arte, che sia installazione o dipinto: isola degli elementi che riconosce o che catturano la sua attenzione, senza svolgere anche una visione d’insieme. Invece, è fondamentale che lo spettatore ponga in relazione tra loro elementi, contesto e contenuto. Solo tramite una visione consapevole sarà in grado di avvicinarsi all’esperienza dell’artista, come appunto nel caso di Robert Smithson. La supericie terrestre e le inzioni della mente hanno il medesimo stato di disintegrazione nelle regioni dell’arte. Infatti, la mente e la Terra sono in costante stato di erosione: le rive mentali si portano su sponde concettuali, le onde cerebrali si rovesciano su scogliere di pensieri, e assiomi stereotipati e cristallizzati si rompono in prospettive multiple. Anche la stessa forma visiva dell’universo allude alla precarietà dei modelli con cui viene spiegato, i quali invece sono solitamente proposti come assoluti e deinitivi (ig. 7). A prima vista prevale l’impressione di un ammasso disordinato di astri dove lo sguardo vaga a caso (ig. 8). Basti pensare all’immagine iniziale con cui la matematica descrive un sistema ad alto grado di disordine: l’occhio vaga senza posarsi su alcun particolare. È il caos primordiale dal quale emergerà poi l’ordine: il Cosmo. Basta infatti dirigere l’attenzione su uno di questi mondi immaginari che esso sarà considerato il centro dell’universo, dove vigono le leggi della simmetria e dove i corpi celesti si muovono seguendo orbite circolari (secondo il sistema geocentrico) (ig. 9). La sicurezza di un ordine assoluto e immutabile può essere tuttavia smentita dalla grande esplosione che scaglia i corpi celesti in ogni direzione (ig. 10), oppure da un vortice che trascina i mondi creando le galassie (ig. 11). Certamente la visione più rasserenante è quella per cui nel cielo si predispongono le costellazioni (ig. 12). 22 23 Questa provocazione denota come il linguaggio, inteso come signiicato abbinato ad un determinato signiicante, possa variare a seconda della personale esperienza percettiva: non si tratta di una struttura deinitiva ed assoluta. L’ordine linguistico dipende dai dinamismi attenzionali e dal pensiero che lo spettatore proietta su una forma. Ciò consente di liberarsi dal pregiudizio che la forma delle cose sia univoca e legata solo al signiicato stereotipato datogli nel tempo dall’uomo. In Yucatan Mirror Displacements, come precedentemente speciicato, la forma degli specchi viene distaccata dall’idea formale che si ha di essi, in favore di un signiicato metaforico. Il loro rilesso è linea che congiunge i vari elementi del contesto circostante. Perciò i vari signiicati che si crede risiedano nelle cose si rivelano essere proprietà del pensiero 24 Non trovando corrispondenza univoca tra pensiero e forma materiale, l’artista tende ad osservare maggiormente il proprio status interiore. Un tale comportamento è frutto della frantumazione dei valori del mondo circostante, in cui milioni di “verità” non svolgono più il ruolo di certezze assolute. Il modo in cui Smithson traduce la deriva entropia del paesaggio scuote la mente dello spettatore, facendolo uscire dall’inerzia intellettuale. L’artista, che è stato isicamente inghiottito, cerca di riportare chiaramente la sua esperienza attraverso una revisione, se pur limitata, dell’originale stato illimitato. Naturalmente, c’è un’evidente differenza tra un abisso isico ed uno rivisitato attraverso una mappatura, una fotograia o l’inserimento di elementi di paesaggio. Tuttavia, tale accostamento consente al fruitore di uscire dallo stato di assopimento mentale per rovesciarsi in spazi labirintici. I N S I D E SMITHSON YUCATAN MIRROR DISPLACEMENTS “ the characteristic feature of the savage mind is its timelessness: its object is to grap the world as both a synchronic and diachronic totaly and the knowledge which it draws therefrom is like that afforded of a room by mirrors ixed on opposite walls, which relect each other although without being strictly parallel. 28 “ la caratteristica del pensiero selvaggio è la sua atemporalità: il suo scopo è quello di afferrare il mondo come totalità sincronica e diacronica, e di conoscerlo, come la sensazione offerta da specchi issi su pareti opposte di una camera: si rispecchiano, pur senza essere rigorosamente paralleli. Una mentalità elastica è più incline a creare relazioni tra discipline differenti. Nuovi legami interdisciplinari ampliano la conoscenza, delineando ininite prospettive e considerazioni personali. Sebbene i contenuti non siano perfettamente paralleli, il loro rilesso forma un nuovo reticolo conoscitivo, basato sulle relazioni che l’individuo attua. L’inlessibilità provocata dallo stereotipo è superata con un aumento della propria entropia (dubbi, considerazioni), per lasciare spazio ad un nuovo ordine intellettuale e sinestetico 29 Ogni disposizione è formata da dodici specchi quadrati, ognuno dei quali misura dodici pollici quadrati. Gli oggetti rispecchiano il paesaggio circostante ed il cielo per denunciare la deriva entropica del luogo fotografato. Ogni paesaggio diventa soggetto di un’analisi estetica e storica, rendendo il rilesso nuova supericie del luogo stesso. Tuttavia gli oggetti rilessi cessano di esistere in quanto reali, poiché, distorcendo la percezione del luogo circostante, l’area dei quadrati diventa nuova dimensione sensoriale. Il disordine visivo che l’insieme può percettivamente dare è controllato, e perciò ordinato, dalla mente dell’artista. Le installazioni fanno parte di numerosi viaggi che l’artista ha compiuto. Ognuna è fotografata secondo l’inquadratura più opportuna per l’esposizione. Queste, documentazione di un luogo speciico, divengono materiale artistico di un non-site (non luogo) in cui vengono inserite per essere fruibili allo spettatore. Nonostante chi osserva non potrà mai avere la medesima esperienza fatta dall’artista, la scelta delle inquadrature, la composizione e gli elementi in compresenza cercano di avvicinare la mente del fruitore all’esperienza sensoriale dell’artista. Come ogni luogo ha una propria caratteristica, così ogni spettatore avrà la propria sinestesia con esso. 30 La prima disposizione è fatta nella zona tra Uman e Muna, caratterizzata da un territorio completamente bruciato. Smithson denuncia come le persone del luogo, per ripulire la zona stessa, brucino ogni cosa. In questa distesa di ceneri l’artista posiziona gli specchi tra cumuli di polvere. Ogni specchio è supportato sia dall’alto sia dai lati dalla terra bruciata. La distribuzione dei quadrati segue i contorni irregolari dello spazio circostante, ed ognuno è disposto in una successione casuale che, tuttavia, segue linee parallele. L’irregolarità e la deriva del paesaggio si rilettono in supporti che mirano alla perfezione. Idealmente, anche l’accostamento tra materiale terroso e materiale resistente da cui sono composti gli specchi, sottolinea la precarietà dell’uomo e la deriva a cui lui stesso sta portano il paesaggio. Alcuni pezzi di terra si riversano sulle superici degli specchi, sabotando il perfetto rilesso del cielo. Lo sporco e la distruzione si appendono ad un cielo afoso, e candide nuvole si miscelano con rocce dai contorni spezzati. Il fruitore, nonostante possa parzialmente riconoscere le parti rispecchiate, non riesce a conferire ordine a ciò che sta vedendo. Tuttavia si tratta di un controsenso, poiché è quello che lui stesso ha creato. L’uomo considera disordinato e senza senso ciò che lui stesso ha creato per dare ordine al luogo. Lo spostamento è in terra (cioè nell’ordine delle cose e dell’uomo), non sulla terra. 31 La seconda disposizione, situata nel sobborgo di Uxmal, è posizionata a schieramento. Ciò che sembra una semplice cava, in realtà è un luogo scavato ad una profondità che va dai quattro ai cinque piedi. È formata da argilla rossa mescolata con frammenti di calcare giallo, perciò la cromia marrone con pigmenti rossi domina rispetto a quella gialla. Metaforicamente il colore dell’argilla allude alla terra bruciata che l’uomo si sta creando attorno. Ogni sua azione conduce una deriva entropica di cui il territorio sta soffrendo. Tuttavia le due colorazioni formano un insieme cromaticamente compatto ed equilibrato. La contraddizione – tra equilibrio cromatico e concetto a cui si allude – ribadisce come l’ordine architettonico crei disordine nell’ecosistema. A causa dei frammenti di argilla, i dodici specchi sembrano bloccati da una scogliera di piccole rocce, come se lo schieramento non potesse più muoversi da quella posizione. Si rilette l’idea dell’arroganza umana, per cui l’uomo tende a non distaccarsi da ciò che considera giusto o certo, mentre a volte non lo è. Uxmal, era un luogo ricco di calcare. Nella fotograia si evince come ora, invece, sia l’argilla a prevalere sulla sostanza gialla. Smithson considera questa foto una “tomba portatile”, poiché rivela la morte di qualcosa per la sopravvivenza di qualcos’altro. Parallelamente, l’uomo porta alla deriva il territorio per lasciare spazio alla sua artiiciale architettura. Vuole porre un nuovo ordine alla natura, portando disordine nell’ordine naturale delle cose. 32 Nella terza disposizione i dodici specchi sono posti nel bel mezzo di un gruppo di farfalle, il quale è atterrato sulla supericie di calcare. Per qualche momento il volo delle farfalle è stato rilesso negli specchi; sembrava che stessero volando attraverso un cielo di ghiaia. Il rilesso reale diventa un nuovo prodotto della mente, poiché questa guarda il contesto da un punto di vista diverso rispetto a quello convenzionale. Si converte, così, l’ordine logico delle cose, lasciando spazio a rilessioni molteplici. Lo specchio inteso come oggetto non è soggetto a durata, perché è luogo di astrazioni sempre valide e senza tempo (la durata di astrazione non ha un tempo deinito). D’altra parte, invece, ogni rilesso riproduce un istante che ha una misura precisa. I dodici specchi, perciò, sono metaforicamente la mente del fruitore: ognuno compie rilessioni differenti in base alle proprie esperienze. Queste sono atemporali, poiché, se pur passate, non è detto che non possano avere nuovi legami con il futuro. Tuttavia gli attimi vissuti possono essere misurati sia in base all’emotività con cui gli individui li apprezzano o disdegnano, sia in base al ricordo che ognuno ha di questi. Nella terza disposizione, grazie al rilesso del volo delle farfalle, Smithson riesce ad esplicitare il parallelismo tra la mente dello spettatore e i luoghi isici: nonostante entrambi tendano ad avere un proprio ordine, ci sono oggetti o esperienze che ne convertono gli schemi. E l’arte contemporanea innesca questo meccanismo. 33 La quarta disposizione è stata realizzata posizionando i dodici specchi nella riva del Golfo del Messico. L’acqua del mare irrompe sugli specchi, i quali sono disposti tra alghe secche e rocce erose. Il piano è caratterizzano da pigmenti grigi che si mescolano con altri più chiari, sino a creare una supericie contrastante rispetto alla tonalità azzurra degli specchi. Il supporto passa in secondo piano, poiché esteticamente l’immagine rilessa ha la medesima cromia del cielo e con tonalità di blu che tendono alla parte superiore destra dell’insieme. Le innominabili tonalità di blu, che sono denotativamente zone di cielo e di mare, divengono parte di una narrazione diversa rispetto a quella isica e reale. Non si distinguono più i contorni del paesaggio, ma solo una cromia dominante. Perciò il rilesso negli specchi non può esistere in una dimensione razionale. Smithson per argomentare la quarta disposizione pone metaforicamente al fruitore le seguenti domande: chi può precisare da quale parte di cielo o mare provenga il colore blu? Il blu signiica qualcosa? Chi può dire quanto permarrà quel colore rispetto ad un’altra sua tonalità? Sono domande la cui risposta non è mono direzionale, ma multi direzionale, poiché in ogni singola situazione rilessa il fruitore esprime la propria condizione. Esteticamente l’insieme appare ordinato, sia cromaticamente sia geometricamente. Tuttavia, la dimensione in cui si addentra l’individuo quando osserva il rilesso in movimento è singolare e traducibile attraverso molteplici interpretazioni. Un sistema ordinato è contenitore di diversi pensieri che, messi assieme in un unico spazio, aumentano l’entropia dell’insieme in cui sono posizionati. 34 Gli specchi della quinta disposizione sono inseriti all’interno della itta giungla di Palenque, chiamata Città dei Serpenti. Le parole che dominano l’atmosfera, dice Smithson, sono quelle degli insetti, che creano un incessante brusio. Per le orecchie umane si trattano di rumori, a volte anche fastidiosi, mentre, inseriti nel loro contesto, sono parti ordinate di una composizione sonora naturale. Non sempre ciò che l’umano considera sgradevole o disordinato, è tale nel proprio contesto. Al contrario, quel suono o quell’immagine sono elementi necessari perché il contesto circostante (giungla, pianura, città...) sia ordinato e completo di ogni elemento che lo caratterizza come tale. Anche questo aspetto fa parte della deriva entropica: le nuove architetture hanno un impatto ambientale sul territorio molto elevato. Ciò causa una distruzione dell’ordine naturale delle cose per dare vita ad un ordine urbano che, tuttavia, irrompe così violentemente nel paesaggio da creare disordine. Basti pensare a tutte quelle costruzione la cui geometria non è compatibile con il terreno sul quale vengono costruite: è suficiente un alluvione per distruggere sia il territorio sia le costruzioni. Nella giungla tutte le luci sono paralizzate. Esteticamente con il termine luce si intendono le zone grigie o verdi più chiare rispetto a quelle più scure. Il loro accostamento produce parti che sono denotativamente più in luce rispetto alle altre. La moltitudine di tonalità di verde contaminano i rilessi negli specchi, così da creare apparentemente una supericie unica, senza distinzione tra luogo reale e luogo rilesso. Spettri di luce vengono imprigionati da rilessi verdi. L’insieme è ricoperto da uno strato disordinato di colori. Tuttavia si tratta del naturale ordine delle cose. Perciò, proporzioni e colori sono disconnessi e connessi ad una condizione si sorpresa propria di chi osserva la composizione – in realtà si tratta di una condizione propria di ogni disposizione –. 35 La sesta disposizione può essere suddivisa in due zone orizzontali, che fanno capo a due percezioni visive differenti. La fascia inferiore tende a far cadere l’occhio verso il centro; in quella superiore, invece, il punto di fuga prospettico tende a fa scivolare l’attenzione all’esterno. Anche la disposizione degli specchi ampliica la diversa percezione dello spazio. Essi, infatti, tendono verso l’alto sia per l’andamento sia per le cromie. Nei cinque elementi a sinistra domina una cromia azzurra più scura rispetto a quella grigio-chiara degli altri elementi a destra. Le diverse sfaccettature cromatiche richiamano quelle blu, azzurre e viola della fascia superiore dell’immagine. Ciò denota un legame cromatico tra le due differenti parti in cui si può dividere l’insieme. Il rilesso degli specchi, come accade anche nelle altre disposizioni, è atemporale ed in continuo movimento. Nell’immagine è stabile, perché si tratta di una documentazione fotograica. Grazie ad essa l’artista tratta la presenza fantasma del rilesso: infatti, soltanto per un breve istante l’immagine rilessa è stata la medesima di quella fotografata. Il concetto di “presenza fantasma” è alla base della sesta composizione: essa nasce da un volo fatto da Ruinas Bonampak ad Agua Azul testimoniato dall’artista. Smithson si sofferma sulla bellezza estetica della giungla e sul movimento delle foglie. Sottolinea come la percezione dall’alto sia ininita ed ordinata, poiché non esistono punti issi su cui posare l’attenzione. Questa visione è paragona all’iperbole matematica: come essa tende ad un vertice idealmente perfetto, ma che non toccherà mai, così l’estetica paesaggistica appare esemplare, tanto da tendere ad una visione quasi utopica. Tuttavia, nella contemporaneità accade il contrario: l’uomo è così concentrato ad ammirare i propri progetti architettonici, da non tener conto del paesaggio sul quale sta costruendo. Smithson, proprio per denunciare questo fatto, posiziona gli specchi in un posto desolato e dotato di colori che ricordano la cenere. Cromaticamente, infatti, non solo si allude all’impoverimento paesaggistico, ma anche all’impoverimento emotivo dell’uomo per il luogo in cui vive. 36 Con la settima disposizione Smithson vuole ricordare Yuxchilan. Egli afferma che non può essere considerato come un riiuto, solo perché si tratta di un luogo e di una civiltà non più esistenti. La disposizione degli specchi si ispira ai segreti che le antiche costruzioni Maya celavano dietro alle proprie mura. Infatti, le sottili fasce cromatiche tendenti al giallo che si sviluppano verticalmente e diagonalmente, sovrastano e nascondono parti di specchi che, tuttavia, ne rilettono l’estetica. Il colore dominante è il verde, utilizzato nelle sue varie degradazioni: la parte sinistra è molto più scura rispetto a quella centrale e a quella inferiore. Denotativamente il luogo è caratterizzato da nicchie frantumate di piante selvatiche ed infestanti, che creano una geometria frantumata e divisa in più parti. Ogni elemento, compresi i raggi del solo che iltrano tra i muri selvatici, si rispecchiano nei dodici quadrati, venendo a creare nuove visioni astratte. Sebbene sembri un insieme disordinato, si tratta di una disposizione controllata. Infatti, parallelamente alla realtà rilessa, nelle superici degli specchi si vengono a creare dodici nuovi centri di gravità. Guardandoli dall’alto, poiché non c’è distinzione tra ciò che è reale e ciò che è rilesso, il fruitore ha la sensazione di cadere in una nuova dimensione. È un disordine controllato ed apparente, poiché dietro all’estetica vi è una mente ordinata. Un altro interessante aspetto legato alla “confusione visiva” è dato dalla volontà di emulare le capanne che i Maya costruivano con bastoni e tetti in paglia. È evidente come esso diventi secondo termine di paragone con le costruzioni attuali. Le civiltà antiche utilizzavano anche materiale ecologici, mentre oggi l’uomo tende sempre più a servirsi di materiali artiiciali per esporre i propri progetti. L’artista, attraverso l’allusione dell’uso di materiali naturali per l’architettura, dichiara un avanzamento sempre maggiore della deriva entropica. 37 L’ottava disposizione viene effettuata nella riva dell’Isola delle Acque Bianche. Come per le precedenti immagini, i dodici specchi sono posti in un luogo cromaticamente misero, poiché i colori sono deboli e spenti, e in un posto isicamente povero. Si tratta di una fotograia i cui tre quarti della stampa sono occupati da una cromi grigia che, procedendo verso il lato inferiore si scurisce. Soltanto nella zona in alto si nota una fascia cromatica molto più scura che si addensa a sinistra. A destra, invece, emerge una cromia azzurra i cui pigmenti sono uniti anche alla cromia dominante grigia. Nonostante siano due cromie distinte, l’insieme appare cromaticamente spento, come se un volo di nebbia coprisse il tutto. Smithson, infatti, nei suoi scritti dichiara che l’Isola si annienta nella presenza della riva, sia realmente sia mentalmente. Piccole parti di sedimenti distaccatesi dalla sabbia scivolano in acqua; analogamente, queste trascinano la vista verso la coda dell’occhio, spostando la percezione visiva altrove. Smithson, per alludere a questo movimento, decide di fotografare l’installazione con un’inquadratura diversa rispetto alle precedenti. Infatti gli specchi si trovano nell’angolo in alto a sinistra. La composizione spaziale allude metaforicamente al movimento continuo che la pupilla dell’occhio fa verso l’esterno per seguire i frammenti di sabbia che scivolano in acqua. Lo spostamento isico dell’occhio fa anche riferimento alla pluralità di prospettive con cui l’arte contemporanea può essere interpretata. Essa non è realizzata mediante un’interpretazione univoca e centrale, ma tramite prospettive laterali che il fruitore pensa. Non sempre tutto ciò che interessa si trova al centro. Gli argini hanno la medesima importanza della zona centrale. 38 La nona disposizione nasce da alcuni viaggi che Smithson considera enantiomeri. Con il termine enantiomeri si indica una coppia le cui entità sono due immagini speculari e non sovrapponibili. Si suppone che il rilesso di qualcosa corrisponda alla sua realtà isica, eppure gli oggetti enantiomeri non combaciano. Una delle zone visitate dall’artista, Villahermosa, nella cartina geograica è indicata con una forma gialla irregolare, con una stella al centro; nella realtà, invece, è un terreno tendente al giallo, ma senza alcuna stella. Le parti sono le medesime, ma non combaciano. L’ultima disposizione è stata realizzata vicino a Sabancuy. Gli specchi sono sospesi in mezzo a rami e grovigli di mangrovia, formazione vegetale costituita da piante prevalentemente legnose. Si potrebbe afferma che l’installazione è immersa nella natura. Tuttavia, l’artista vuole lavorare sull’inesplicabile. Smithson afferma che, contrariamente alle deinizioni di natura, l’arte è incline alle sembianze delle cose. Non si basa sulle diversiicazioni, ma sulla de-diversiicazione; non sulla creazione, ma sulla de-creazione. Solo le apparenze sono terreno fertile: infatti il modo in cui appare un’opera d’arte delinea le diverse visioni che ogni spettatore ha di essa. Geometricamente la nona disposizione appare disordinata e, perciò, anestetica. Cromaticamente, invece, ogni elemento è in compresenza rispetto all’altro, tanto da creare un insieme ordinato ed uniforme. Il colore dominante è azzurro e, sebbene vi siano parti molto scure tendente al marrone, ogni zona risulta equilibrata. Le parti più chiare tendenti al giallo illuminano le parti azzurre e pongono in ombra quelle più scure. Nonostante ci sia contrasto cromatico, l’occhio del fruitore non tende a soffermarsi su un unico particolare, ma considera le entità come parti di un insieme. Questa disposizione è un esempio di sistema matematicamente disordinato. Tuttavia, a seconda della lettura che gli si vuole dare, può essere considerato sia ordinato sia disordinato. Si ripete il concetto per cui non tutto ciò che è deinizione è veritiero. 39 SPIRAL JETTY “ The “curved” reality of sense perception operates in and out of the “straight” abstractions of the mind. 40 “ La realtà “curva” della percezione sensoriale opera dentro e fuori le “rettilinee” astrazioni della mente. Il disordine sensoriale in site (inteso come disordine emotivo dato dall’esperienza unica sul luogo), diviene elemento costitutivo della testimonianza raccontata dallo spettatore, una volta realizzata l’esperienza. Il racconto è un reticolo di informazioni organizzato secondo gradimenti estetici o sensoriali. In tal caso, ciò che ha suscitato maggior disordine emotivo o maggior interesse estetico viene posto all’inizio della narrazione. Perciò si potrebbe dire che la narrazione è costruita secondo una proporzione diretta: maggior interesse emotivo ed estetico (cioè aumento sensoriale entropico) equivale ad una posizione privilegiata nel racconto. 41 Smithson iniziò ad interessarsi al Grande Lago Salato di Lucin Cutoff, quando gli venne detto che le sue acque erano del medesimo colore della zuppa al pomodoro: rosse. La tonalità è dovuta alla presenza di alghe e batteri, e per la sua connessione con il mare primordiale, considerato tale per la sua bellezza e per i residui industriali provenienti dal vicino Golden Spike National Historic Site. La cromia dominante rossa, come ben visibile dalla documentazione fotograica, varia dai toni del rosa a toni più arancioni, ad altri più azzurri procedendo verso l’alto. Essi si distinguono dalla cromia marrone dell’elemento principale, il quale si scurisce nell’angolo sinistro. Sebbene l’estetica della Spiral Jetty si differenzi da quella del paesaggio circostante, la gradazione di tonalità di esso segue il medesimo andamento a spirale del molo. L’artista fece un viaggio di ricerca che lo portò ad esplorare il luogo sia dall’alto, grazie ad un viaggio in aereo, sia dall’interno, mediante una barca, sia dalla riva del Lago. Tuttavia, trovò una sola barca in grado di galleggiare sulle sue acque: a causa dell’alta percentuale di sale, si aveva a disposizione un solo mezzo con cui attraversarle. Inizialmente l’artista non aveva idea di che forma dare al proprio lavoro. Pensò di costruire l’isola con l’aiuto delle barche e delle chiatte, ma alla ine lasciò che fosse il luogo a determinare quale forma sarebbe venuta fuori. 42 Circa un miglio a nord da alcune piattaforme petrolifere, Smithson seleziona la zona su cui costruire la propria opera. Irregolari letti di calcare e massicci depositi di basalto nero lungo la costa. Sotto l’acqua rosata si può notare una rete formata da crepe di fango, puzzle caratteristico del letto salato. L’artista afferma che le acque rilettono gli orizzonti, suggerendo l’immagine di un ciclone immobile che, tuttavia, mentre la luce tremula, sembra rendere l’intero paesaggio soggetto ad un terremoto. Crea una sensazione di ilatura senza un reale movimento. Perciò, considerando il rilesso nelle acque dello spazio circostante, il paesaggio diviene una continua rotazione racchiusa in un’immobile rotondità. Da ciò, emerge l’idea di creare Spiral Jetty. La ricerca paesaggistica, quindi, è dovuta ad un’intesta ricerca estetica e stilistica, alla quale Smithson conferisce grande valore. È realizzato interamente con fango, cristalli di sale, basalto, terra ed acqua. Misura 460 metri di lunghezze e si trova a 4,6 metri a livello del mare. Per spostare la roccia nel lago, Smithson assunse Bob Phillips, il quale usò due dumper, un trattore di ingenti dimensioni ed un caricatore frontale per trasportare 6650 tonnellate di roccia e terra nel lago. Oltre ad un lavoro pratico e di manutenzione, l’artista dovette attuare anche un lavoro burocratico: infatti dovette richiedere l’acquisizione dei diritti della terra. Un’altra particolarità dell’opera è la sua possibilità di fruizione. È visibile soltanto quando il livello del lago è più basso del normale. Al momento della costruzione, ad esempio, l’acqua era insolitamente bassa a causa di una forte siccità. L’opera, infatti, diventa sommersa e non più visibile quando il livello del Great Salt Lake va al di sopra di un’altitudine di 4195 metri. 43 La sua fruizione, inoltre, coinvolge tre livelli di percezione visiva: aerea, dalla quale si può ammirare l’opera per l’interezza dell’ambiente nella quale è inserita. Da tale prospettiva si può mentalmente disegnare il tracciato geometrico ad aspirale che l’opera segue. Le sue curve richiamano la rotondità della costa della penisola. Terrena, in cui l’opera è fruita ad una scala maggiore ed isolata dallo stesso paesaggio terreno. Essa, infatti, è immersa nelle acque del lago e lo spettatore può notarne l’immensità attraverso la grandezza delle rocce che la costituiscono. Rispetto alla visione aerea, quella terrena tende ad estraniare maggiormente il fruitore, poiché non riesce a deinirne i contorni o le misure. Anche se la visione aerea sfalsa le reali dimensioni dell’opera, rassicura ingannevolmente l’uomo, poiché esso riesce a delinearne i conini. Interna, dalla quale si può studiare l’opera per la sua forma, percorrendola, per la sua composizione materiale, e per la sua grandezza. L’osservatore, sebbene venga avvolto da una sensazione di immensità, non può percepire l’opera interamente con un unico sguardo. Egli può soltanto vedere più dettagliatamente le rocce che la compongono, l’acqua ed i cristalli di sale. Percorrendola può, inoltre, notare il proprio rilesso nell’acqua e divenire visivamente consapevole di essere parte integrante dell’opera. La visita al molo è preceduta da importanti indicazioni che i visitatori sono tenuti a 44 considerare. Ad esempio, viene consigliato loro di portarsi appresso acqua e cibo, e di indossare abiti appropriati. Vengono avvisati che il livello del lago varia di anno in anno, quindi è bene informarsi sullo stato delle sue acque, poiché la Spiral Jetty non è sempre visibile. Non è possibile prelevale e portare via alcun frammento, poiché il suo naturale equilibrio verrebbe meno. Inoltre è possibile fornirsi di una cartina geograica per informarsi più dettagliatamente sul luogo di esposizione. Il molo a spirale perciò, non è soltanto un’opera, ma grazie all’interazione con il fruitore, diviene un contenitore ed un produttore di esperienze. È considerato contenitore, poiché ogni orma, agente atmosferico o fatto accaduto ne cambia l’estetica. Inizialmente, ad esempio, le rocce da cui 45 era costituita avevano una colorazione scura, quasi nera. Poi, durante gli anni, a causa del continuo contatto con il sale delle acque e l’innalzarsi della mare, le rocce hanno assunto una cromia molto più chiara, tendente al bianco. Inoltre è considerato un produttore di esperienze, poiché lo spettatore, per avere una reale fruizione e percezione dell’opera, deve recarsi nel luogo in cui è situata. Nonostante Smithson abbia realizzato un ilm nel quale documenti la costruzione del molo o nonostante ne testimoni i cambiamenti attraverso fotograie, il fruitore non potrà mai avere la medesima esperienza sensoriale e percettiva che sia ha in site. Tale considerazione sostiene la tesi per cui il disordine sensoriale in site (inteso come disordine emotivo dato dall’esperienza unica sul luogo), diviene poi elemento costitutivo della testimonianza raccontata dallo spettatore, una volta realizzata l’esperienza. 46 Il racconto è un reticolo di informazioni organizzato secondo gradimenti estetici o sensoriali. In tal caso, ciò che ha suscitato maggior disordine emotivo o maggior interesse estetico viene posto all’inizio della narrazione. Perciò si potrebbe dire che la narrazione è costruita secondo una proporzione diretta: maggior interesse emotivo ed estetico (cioè aumento sensoriale entropico) equivale ad una posizione privilegiata nel racconto.