ROBERT
SMITHSON
The artist seeks... the iction
that reality will sooner or later imitate.
l’artista cerca... la inzione che la realtà
prima o poi cercherà di imitare.
Robert Smithson
INDICE
INTRODUZIONE •
7
WELCOME TO ROBERT SMITHSON •
11
DERIVA ENTROPICA
ROCKS AND THE MIRROR SQUARE
NONSITE LINE
OF WRECKAGE BAYONNE (New Jersey)
13
14
IL LINGUAGGIO DELLA MENTE
20
INSIDE SMITHSON •
16
27
YUCATAN MIRROR DISPLACEMENTS
the irst disposition
the second disposition
the third disposition
the fourth disposition
the ifth disposition
the sixth disposition
the seventh disposition
the eighth disposition
the ninth disposition
28
31
32
33
34
35
36
37
38
39
SPIRAL JETTY
40
5
INTRODUZIONE
Il termine entropia (dal greco en “dentro”, e tropé
“trasformazione”) indica il grado di disordine di un sistema isico
qualsiasi. La realtà passata ha sempre avuto un universo simbolico
collettivamente condiviso e partecipato, che proponesse
canoni comportamentali, sociali, stilistici così deiniti da essere
certezze tangibili per l’uomo. La realtà contemporanea, invece,
propone differenti punti di vista per interpretare i rituali condivisi
dalla società, tanto da non ammettere né dichiarare un’unica
corrispondenza tangibile. Ciò ha portato un radicale cambiamento
anche nell’ambito artistico: nella modernità l’artista rappresentava
il paesaggio circostante, contesti quotidiani, religiosi, cioè tutto
ciò che rappresentasse per lui una certezza concreta. Nell’ambito
contemporaneo, invece, l’artista non riscontra alcuna prossimità
con il reale. Egli si colloca esplicitamente al di fuori di esso,
non lo rappresenta, ma trasgredisce le norme convenzionali
che lo regolano in vista di un suo superamento. L’artista, infatti,
si libera delle relazioni istituzionalizzate imponendosi nuove
regole personali, ed evadendo al di sopra di esse. In questo
modo ciascun artista contemporaneo ordina il proprio universo
in modo indipendente, usando la materia artistica come
mezzo per presentare se stesso. Si tratta di opere che tendono
generalmente a manifestarsi come espressioni (igurative o
non) di rottura con la tradizione rappresentativa dell’arte dei
secoli passati. Questo comporta anche un disorientamento
nell’osservazione di un elaborato: il campo dell’esperienza risulta
di dificile comprensione e fuori dalle esperienze quotidiane
per tutti quegli spettatori comuni che non hanno le conoscenze
approfondite per comprenderne l’essenza. Il fruitore comune,
infatti, tende ad osservare l’opera distinguendone le varie parti
secondo iconograia, funzione, uso che esse assolvono. Lo
sguardo, localizzandosi solo su varie parti, tende a mantenerle
isolate o a porre relazioni con lo scopo di riconoscere l’oggetto.
Un fruitore consapevole, invece, si pone in atteggiamento
estetico, sollecitando un gioco percettivo ed interpretativo più
ricco, disemantizzando le parti. Fra le operazioni costitutive è di
fondamentale importanza la compresenza stabilita fra gli elementi
in cui si articola l’opera. Inoltre, il fruitore consapevole
7
(per la sua stessa deinizione) ha conoscenze più approfondite
rispetto a quello comune; pertanto possiede maggiori chiavi
per avvicinarsi e leggere l’arte contemporanea. È un’operazione
assai complessa per un fruitore comune, poiché non distingue
alcun elemento che sia a lui abituale credere. Citando Marcel
Duchamp “è lo spettatore a stabilire il contatto dell’opera
stessa con il mondo esterno, interpretando ed aggiungendo il
proprio contributo al processo creativo”. Si tratterà di contributo
consapevole, quando il fruitore è informato e conscio del
percorso concettuale che ha portato l’artista a quella determinata
elaborazione; al contrario sarà un’interpretazione inconsapevole,
quando il fruitore comune, nonostante non abbia chiavi di lettura
approfondite, solleverà questioni attorno all’opera osservata.
Infatti ricerca artistica e dialogo con lo spettatore avvengono
attraverso il pensiero: l’una, poiché si tratta di un percorso
concettuale che scaturisce in materiale artistico; l’altro, poiché è
nella memoria e nel pensiero del fruitore che vive l’opera stessa.
In base alla deinizione quantistica e classica del termine, si può
dire che quando un sistema passa da uno stato di equilibrio
ordinato ad uno disordinato la sua entropia aumenta. Da ciò ne
deriva che l’aumento entropico precisa i differenti stati in cui si può
trovare un sistema. Questi possono essere: (a) ordinati, (b) con un
basso grado di disordine o (c) disordinati.
a
8
b
c
A livello visivo, sistemi ordinati e disordinati delineano un campo
attenzionale omogeneo: infatti l’occhio umano valuta equamente
ogni parte, dal momento che non emerge alcun dettaglio che
erompa fuori dallo schema compositivo.
Un sistema con un basso grado di disordine, invece, presuppone
la presenza di un elemento che non si uniformi con il resto,
rendendo la composizione non perfettamente organizzata, ma
nemmeno con un grado entropico così alto. È lo stato intermedio,
necessario perché avvenga il passaggio da un sistema ordinato ad
uno disordinato.
Proiettando tale discorso nel sistema artistico contemporaneo,
l’elemento di disturbo causa la rottura del rigore mentale del
fruitore, poiché diventa incongruente rispetto alla severità
sul quale vertono gli stereotipi, saldo pilastro a cui si appella
generalmente l’uomo.
Lo stato di passaggio entropico, invece, è il medesimo passaggio
che lo spettatore compie per creare relazioni tra la mente ed
il contenuto dell’opera d’arte. Rappresenta la dimensione in
cui aumenta gradualmente l’entropia mentale umana, poiché il
fruitore aziona i meccanismi necessari per spezzare le relazioni
istituzionalizzate ed ampliare la propria visione a prospettive
multiple. L’uomo considera gli stereotipi, infatti, come verità
assolute al quale appellarsi per rispondere alle esigenze
quotidiane. Tuttavia, a domande più complesse corrispondono
verità molteplici che non coincidono con un’unica visione della
realtà.
I lavori di Robert Smithson sono visivamente inquadrati in un alto
rigore geometrico, ma concettualmente hanno a livello del fruitore
anche un elevato grado entropico. L’accostamento di tali elementi
rappresenta l’ossimoro attraverso il quale si frantumano gli schemi
di economia mentale e percettiva, giungendo a considerazioni che
si traducono in prospettive diverse.
9
WELCOME TO
ROBERT SMITHSON
DERIVA ENTROPICA
La poetica di Robert
Smithson si fonda
sull’esperienza creativa
nata nell’ambito dell’arte
concettuale: il suo
signiicato profondo,
infatti, sta nel pensiero
che la ispira e nell’idea
che la modiicazione del
paesaggio sia l’opportunità
per deinire la relazione tra
uomo e natura, e tra spazio
e tempo. Non si limita ad
una forma d’arte o di stile,
ma va al di là delle regole
e dei materiali tradizionali
di lavoro. L’entropia, tema
costante in tutta la sua
produzione, gli ha permesso
di esplorare conini che
si estendono oltre il
formalismo artistico: le sue
idee comportano degrado e
rinnovamento, caos e ordine
attraverso i quali
ri-contestualizza i suoi
materiali di lavoro,
conferendo loro un’estetica
artistica, oltre che un luogo
concettuale.
In The Entropy and the
New Monuments spiega
la relazione tra l’uomo,
essere inito e mortale,
e la natura, ininita ed
immortale. L’essere umano
è caratterizzato da un
incessante bisogno di
trascendere la propria
condizione per dare
una logica e scientiica
spiegazione a tutto quello
che accade, comprese le
trasformazioni dell’ambiente
circostante.
Questo atteggiamento
denota la costante tensione
a spiegare ogni cosa
attraverso un rigoroso
ordine schematico,
che è per l’uomo fonte
di sicurezza. Tuttavia
è una sicurezza apparente.
Non sempre tutte le
previsioni sono corrette,
poiché ogni ecosistema
o universo nella natura
ha una propria entropia
che non si sviluppa nel
tempo omogeneamente.
Non è possibile parlare di
una evoluzione costante
ed in crescita. Smithson,
infatti, si distanzia dall’idea
tradizionale di evoluzione,
per cui le cose future
possono essere calcolate
ed organizzate sulla base di
13
leggi matematiche.
Al contrario, sostiene che
sia in atto un processo
di deriva entropica: le
costruzioni artiiciali
ed i nuovi monumenti
architettonici sono simbolo
della civiltà contemporanea,
ma anche preludio di
un ritorno ad uno stato
primordiale, a causa della
desertiicazione del territorio
e dell’impoverimento delle
risorse organiche.
Il concetto di “deriva
entropica” è esplicitato da
Smithson tramite la igura
dell’ossimoro: il rigore
geometrico che inquadra gli
scatti fotograici allude alla
tensione dell’uomo verso la
perfezione, l’ordine;
i frammenti isici o le
porzioni di paesaggio
alludono alla deriva
entropica del contesto
circostante, e alle molteplici
considerazioni che il fruitore
può sollevarne.
L’artista opera attraverso
l’uso della fotograia, delle
carte topograiche e di
elementi che riconducono
14
alla isicità del luogo su cui
ha lavorato. Seppure ogni
rappresentazione alluda
a visioni differenti, i mezzi
da lui usati cercano di far
raggiungere allo spettatore
un’esperienza sensoriale il
più vicino possibile a quella
in-situ. L’utilizzo di frammenti
prelevati dal paesaggio,
infatti, tenta di avvicinare
isicamente il fruitore
all’esperienza attuata
dall’artista, e mentalmente
alludono alla deriva
entropica a cui lo spettatore
stesso sta assistendo
inconsapevolmente.
In Rocks and mirror
square i frammenti di
roccia rompono l’ordine
compositivo dettato dalla
verticalità degli specchi sia
per la loro forma irregolare,
sia per il loro rilesso,
che tende a disorientare
l’occhio. È evidente come
l’autore voglia ricreare
la medesima esperienza
da lui vissuta nel luogo:
la cromia dominante
grigia delle rocce, con
pigmenti anche marrone
chiaro, allude alla visione
comune dell’inquinamento atmosferico e globale, causa della
deriva entropica del continente. È un particolare non indifferente,
poiché tale cromia richiama uno stereotipo ormai consolidato nella
memoria collettiva, capace di avvicinare spettatori, sia comuni che
consapevoli, a spazi verbali ed interpretativi. Inoltre, il rilesso delle
rocce negli specchi ampliica sia il concetto di deriva entropia,
per il disorientamento visuale, equivalente all’inconsapevolezza di
un ritorno allo stato primordiale; sia di esperienza in-situ, poiché
propone una visione tridimensionali simile a quella esperienziale.
15
La fotograia, invece, ha
funzione mediatrice ed è
il mezzo più diretto per
testimoniare l’esperienza
personale dell’artista sul
luogo fotografato. La
protesa ad immedesimarsi
nell’autore stesso spinge lo
spettatore ad addentrarsi in
spazi mentali, che sono per
lui sconinati e poco chiari.
Inoltre, le fotograie sono
spesso rese come pause
istantanee che traducono la
frammentazione temporale
che avviene nella società
odierna. Questi concetti
sono ben presentati e
sintetizzati nell’opera
Nonsite Line of Wreckage
Bayonne, New Jersey.
Materialmente Smithson
pone detriti grigi causati
dall’industrializzazione
all’interno di uno spazio
quadrangolare, la cui
cromia tende al marrone. In
una visione stereotipata il
colore del contenitore può
alludere al “rosso mattone”,
con cui denotativamente
si descrive il colore dei
tetti. Non a caso l’autore,
infatti, utilizza questa cromia
16
piuttosto che un’altra: per
fare in modo che anche lo
spettatore comune si avvicini
a spazi più concettuali,
utilizza colorazioni
radicate nella memoria
collettiva. L’installazione è
completata dai quattro spazi
bidimensionali alla parete.
Entrambi sono accomunati
dallo stesso elemento
orizzontale che si ripete
verticalmente e dall’aspetto
cromatico: la prima fascia
cromatica grigia in alto ha il
medesimo colore dei detriti
rocciosi che compongono
l’installazione. Le altre tre
fasce cromatiche, invece,
richiamano la colorazione
del contenitore. Smithson,
in questo modo, utilizza una
strategia di accomunamento
che gli permette di ampliare
l’esperienza del fruitore.
La cartina geograica
grigia rappresenta il luogo
isico presentato tramite
la materia rocciosa; le
fotograie rappresentano
vari detriti industriali
presentati in unicum dal
luogo che contiene i detriti
rocciosi. L’utilizzo delle foto
accostate a materiali isici sottolinea il conine tra rappresentazione
e presentazione. La rappresentazione implica il ritratto di qualcosa;
la presentazione, invece, non solo può implicare la presenza isica
dell’oggetto considerato, ma sottintende un’esperienza personale.
La continuità con il luogo da cui traggono origine le
componenti presenti nell’allestimento, è fornita anche dall’uso
di carte geograiche. Esse hanno una funzione pragmatica e di
riconoscimento per lo spettatore: sono sinonimo di una lettura sicura
ed ordinata. Tuttavia, non sono elementi di verità assoluta, poiché
il circuito di natura ed il paesaggio a cui fanno riferimento mutano
rispetto al momento in cui sono state sviluppate. Nonostante questo,
dal momento che sono un simbolo di lettura universale, incarnano
17
un forte elemento di sicurezza per lo spettatore. Nonsite Line of
Wreckage Bayonne, New Jersey lo spettatore riconosce che i detriti
sono stati recuperati da un unico luogo, poiché la cartina geograica
ne delinea i conini di ricerca.
Sebbene gli strumenti di dialogo siano diversi, sono accomunati
dallo stesso ordine dispositivo e schema formale. Visivamente
Smithson inserisce materiali o fotograie di una realtà priva di
certezze future, all’interno di una cornice geometrica che è sinonimo,
invece, di una verità assiomatica. L’adesione sinestetica ai suoi lavori
genera una condizione di annullamento che si trova tra la mente
ed il contenuto. L’opera si allontana dagli ideali classici di spazio:
emerge una sensazione di deprivazione dell’azione che porta il
18
soggetto fruitore a sentirsi
in uno stato confusionale, di
disordine mentale. Smithson
sovverte l’ordine museale,
portandovi all’interno
materia ed esperienze
che indicano un cammino
disorientante per il fruitore.
Inoltre, non ha la possibilità
isica di ripercorrere la
medesima esperienza
nel luogo illustrato, in cui
invece è stato l’artista.
L’impossibilità isica è anche
ampliata dall’uso, (come in
Nonsite Line of Wreckage
Bayonne, New Jersey), di
geometri che costringono
l’occhio dello spettatore a
rimanere entro quei rigidi
conini.
Inoltre, l’opera esposta è
lontana dall’idea di artefatto
artistico stereotipato. La
materia in quanto tale
agisce autonomamente,
trasportando lo spettatore
in una condizione di oblio,
in cui è obbligato ad attuare
considerazioni personali
per ristabilire un contatto
con il luogo presentato
e un ordine mentale.
Quest’ultimo, tuttavia,
non sarà mai deinitivo o
risolutivo per le domande
che si pone, poiché ad ogni
dilemma dovrà correlare
nuove soluzioni. Ad esempio
ogni posizione attorno a
Rocks and mirror square
produce visioni diverse, le
quali non hanno un unico
punto di vista ottimale ma,
al contrario, migliaia di
rilessioni. Lo spettatore è
portato a girarglici attorno
ino a che non avrà stabilito
la meccanica del suo
funzionamento e della sua
composizione. Tuttavia,
un approccio simile è
causa di continui dilemmi
senza soluzione, poiché
l’installazione non ha una
funzione pratica, bensì
concettuale: l’oblio a cui è
portato il fruitore equivale
alla deriva entropia in cui sta
mutando il contesto a noi
circostante.
19
IL LINGUAGGIO DELLA MENTE
20
L’arte è solitamente valutata
attraverso le categorie
stereotipate di pittura,
scultura e architettura.
Tuttavia, secondo Smithson,
il razionalismo guarda ai
dettagli e non all’insieme.
Non a caso – proprio per
sottolineare tale concetto
– integra i suoi lavori con
cartine geograiche.
Le categorie che procedono
da una logica razionale
trasportano un dettaglio
verbale o visivo all’interno
di un datato sistema
di signiicati. In una
comunicazione che deve
trasmettere un messaggio
in modo chiaro, la logica
linguistica è fondamentale e
funzionale alla comprensione
e all’apprendimento
del messaggio stesso.
Nel contesto artistico
contemporaneo, invece,
la logica razionale diviene
una condizione che priva
lo spettatore di libertà
interpretativa. Solitamente
l’uomo crea associazioni
mentali logiche e razionali, in
base alle proprie conoscenze,
senza evadere.
Ogni ambito, da quello
burocratico a quello
giornalistico, fa usi stereotipati
della lingua che si rivelano
utili, vantaggiosi, o indulgenti
al bisogno umano di risparmio
mentale e di rilassatezza
linguistica. Lo stereotipo
linguistico rappresenta la
nicchi per l’indolenza mentale
umana: si traduce nella
rigidità di forme mentis e di
conformismi concettuali.
L’arte contemporanea, invece,
stimola le menti del fruitore,
facendolo evadere dai rifugi
del prefabbricato linguistico
e mentale, anche se per
uno spettatore comune non
è cosa facile. Egli, infatti, si
circoscrive in atteggiamenti
comuni, come quello in cui
afferma l’inconsistenza di ciò
che vede, poiché è cosa che
anche lui stesso può realizzare.
In tal caso isola la forma
considerando solo l’aspetto
materiale e non quello
concettuale da quale è nato. Il
fruitore comune, diversamente
da quello estetico, riconosce
la bellezza di un’opera
soltanto quando essa è
verosimile. L’opera d’arte di
maniera era realizzata da
schemi ripetitivi che l’uomo
considerava, ormai, le sole
chiavi di lettura.
L’arte contemporanea, invece,
fornisce esperienze diverse
che stimolano lo spettatore
ad abbandonare tali certezze
ed a capire che il valore
dell’opera non sta nel suo
essere imitazione del vero,
ma nella sua differenza.
Il linguaggio studiato in
ogni sua forma opera tra
un signiicato letterale ed
uno metaforico. Il potere
di una parola, a volte,
giace nell’incongruenza del
contesto in cui è posta: una
volta decontestualizzato il
signiicato, la parola torna
ad essere solo signiicante
ed assume un nuovo
senso grazie al diverso
contesto in cui è inserita.
Si pensi agli specchi
quadrati che Smithson
inserisce nei paesaggi
fotografati in Yucatan Mirror
Displacements: lo specchio
non è inteso come oggetto
in cui rilettersi, ma come
linea in cui il cielo incontra
la terra e gli oggetti cessano
di esistere. La forma viene
distaccata dallo stereotipo
universale: il suo potere
entropico sta nell’essere
nuovo veicolo che stimola
i processi mentali nello
spettatore.
Qualsiasi forma di
comunicazione può essere
multiforme, cioè presentarsi
attraverso nuovi supporti,
in modo da interagire
attivamente con l’uditorio.
Spesso si tende a dire che
l’informazione equivale
al medium con cui essa
viene trasmessa: a volte è
più importante la forma e
le modalità con le quali si
trasmette un’informazione,
piuttosto che il messaggio
stesso. Il sociologo canadese
McLuhan sostiene che i media
non sono neutrali: la loro
stessa struttura produce infatti
un’inluenza sui destinatari
del messaggio, che va al di là
del contenuto speciico che
veicolano. Si delinea, così,
una miopia visiva, poiché
il destinatario si concentra
su una sola parte, senza
tenere in considerazione
21
tutte le parti della comunicazione. Traslando questo concetto sul piano
artistico, è ciò che il fruitore comune fa davanti ad un’opera d’arte, che
sia installazione o dipinto: isola degli elementi che riconosce o che
catturano la sua attenzione, senza svolgere anche una visione d’insieme.
Invece, è fondamentale che lo spettatore ponga in relazione tra loro
elementi, contesto e contenuto. Solo tramite una visione consapevole
sarà in grado di avvicinarsi all’esperienza dell’artista, come appunto nel
caso di Robert Smithson.
La supericie terrestre e le inzioni della mente hanno il medesimo stato
di disintegrazione nelle regioni dell’arte. Infatti, la mente e la Terra
sono in costante stato di erosione: le rive mentali si portano su sponde
concettuali, le onde cerebrali si rovesciano su scogliere di pensieri, e
assiomi stereotipati e cristallizzati si rompono in prospettive multiple.
Anche la stessa forma visiva dell’universo allude alla precarietà dei
modelli con cui viene spiegato, i quali invece sono solitamente proposti
come assoluti e deinitivi (ig. 7). A prima vista prevale l’impressione
di un ammasso disordinato di astri dove lo sguardo vaga a caso (ig.
8). Basti pensare all’immagine iniziale con cui la matematica descrive
un sistema ad alto grado di disordine: l’occhio vaga senza posarsi
su alcun particolare. È il caos primordiale dal quale emergerà poi
l’ordine: il Cosmo. Basta infatti dirigere l’attenzione su uno di questi
mondi immaginari che esso sarà considerato il centro dell’universo,
dove vigono le leggi della simmetria e dove i corpi celesti si muovono
seguendo orbite circolari (secondo il sistema geocentrico) (ig. 9).
La sicurezza di un ordine assoluto e immutabile può essere tuttavia
smentita dalla grande esplosione che scaglia i corpi celesti in ogni
direzione (ig. 10), oppure da un vortice che trascina i mondi creando le
galassie (ig. 11). Certamente la visione più rasserenante è quella per cui
nel cielo si predispongono le costellazioni (ig. 12).
22
23
Questa provocazione denota
come il linguaggio, inteso
come signiicato abbinato ad
un determinato signiicante,
possa variare a seconda
della personale esperienza
percettiva: non si tratta di
una struttura deinitiva ed
assoluta. L’ordine linguistico
dipende dai dinamismi
attenzionali e dal pensiero
che lo spettatore proietta su
una forma. Ciò consente di
liberarsi dal pregiudizio che la
forma delle cose sia univoca
e legata solo al signiicato
stereotipato datogli nel
tempo dall’uomo. In Yucatan
Mirror Displacements, come
precedentemente speciicato,
la forma degli specchi viene
distaccata dall’idea formale
che si ha di essi, in favore di
un signiicato metaforico.
Il loro rilesso è linea che
congiunge i vari elementi del
contesto circostante.
Perciò i vari signiicati che si
crede risiedano nelle cose si
rivelano essere proprietà del
pensiero
24
Non trovando corrispondenza
univoca tra pensiero e forma
materiale, l’artista tende ad
osservare maggiormente il
proprio status interiore. Un
tale comportamento è frutto
della frantumazione dei valori
del mondo circostante, in
cui milioni di “verità” non
svolgono più il ruolo di
certezze assolute. Il modo in
cui Smithson traduce la deriva
entropia del paesaggio scuote
la mente dello spettatore,
facendolo uscire dall’inerzia
intellettuale. L’artista, che è
stato isicamente inghiottito,
cerca di riportare chiaramente
la sua esperienza attraverso
una revisione, se pur limitata,
dell’originale stato illimitato.
Naturalmente, c’è un’evidente
differenza tra un abisso isico
ed uno rivisitato attraverso
una mappatura, una fotograia
o l’inserimento di elementi
di paesaggio. Tuttavia, tale
accostamento consente al
fruitore di uscire dallo stato
di assopimento mentale per
rovesciarsi in spazi labirintici.
I N S I D E
SMITHSON
YUCATAN
MIRROR
DISPLACEMENTS
“
the characteristic feature of the savage mind
is its timelessness: its object is to grap the world
as both a synchronic and diachronic totaly and the
knowledge which it draws therefrom is like that
afforded of a room by mirrors ixed on opposite
walls, which relect each other although without
being strictly parallel.
28
“
la caratteristica
del pensiero selvaggio
è la sua atemporalità:
il suo scopo è quello di
afferrare il mondo come
totalità sincronica
e diacronica, e di conoscerlo,
come la sensazione offerta
da specchi issi su pareti
opposte di una camera:
si rispecchiano, pur senza
essere rigorosamente
paralleli.
Una mentalità elastica è più
incline a creare relazioni tra
discipline differenti. Nuovi
legami interdisciplinari
ampliano la conoscenza,
delineando ininite prospettive
e considerazioni personali.
Sebbene i contenuti non siano
perfettamente paralleli, il loro
rilesso forma un nuovo reticolo
conoscitivo, basato sulle
relazioni che l’individuo attua.
L’inlessibilità provocata dallo
stereotipo è superata con un
aumento della propria entropia
(dubbi, considerazioni), per
lasciare spazio ad un nuovo
ordine intellettuale e sinestetico
29
Ogni disposizione è formata da dodici specchi
quadrati, ognuno dei quali misura dodici pollici
quadrati. Gli oggetti rispecchiano il paesaggio
circostante ed il cielo per denunciare la deriva
entropica del luogo fotografato. Ogni paesaggio
diventa soggetto di un’analisi estetica e storica,
rendendo il rilesso nuova supericie del luogo
stesso. Tuttavia gli oggetti rilessi cessano di
esistere in quanto reali, poiché, distorcendo
la percezione del luogo circostante, l’area dei
quadrati diventa nuova dimensione sensoriale.
Il disordine visivo che l’insieme può
percettivamente dare è controllato,
e perciò ordinato, dalla mente dell’artista.
Le installazioni fanno parte di numerosi viaggi
che l’artista ha compiuto. Ognuna è fotografata
secondo l’inquadratura più opportuna per
l’esposizione. Queste, documentazione di un
luogo speciico, divengono materiale artistico
di un non-site (non luogo) in cui vengono inserite
per essere fruibili allo spettatore. Nonostante
chi osserva non potrà mai avere la medesima
esperienza fatta dall’artista, la scelta delle
inquadrature, la composizione e gli elementi in
compresenza cercano di avvicinare la mente del
fruitore all’esperienza sensoriale dell’artista.
Come ogni luogo ha una propria caratteristica,
così ogni spettatore avrà la propria sinestesia
con esso.
30
La prima disposizione è fatta
nella zona tra Uman e Muna,
caratterizzata da un territorio
completamente bruciato.
Smithson denuncia come le
persone del luogo, per ripulire
la zona stessa, brucino ogni
cosa. In questa distesa di ceneri
l’artista posiziona gli specchi tra
cumuli di polvere. Ogni specchio
è supportato sia dall’alto sia
dai lati dalla terra bruciata.
La distribuzione dei quadrati
segue i contorni irregolari dello
spazio circostante, ed ognuno
è disposto in una successione casuale che, tuttavia, segue linee parallele.
L’irregolarità e la deriva del paesaggio si rilettono in supporti che mirano
alla perfezione. Idealmente, anche l’accostamento tra materiale terroso
e materiale resistente da cui sono composti gli specchi, sottolinea la
precarietà dell’uomo e la deriva a cui lui stesso sta portano il paesaggio.
Alcuni pezzi di terra si riversano sulle superici degli specchi, sabotando il
perfetto rilesso del cielo. Lo sporco e la distruzione si appendono ad un
cielo afoso, e candide nuvole si miscelano con rocce dai contorni spezzati.
Il fruitore, nonostante possa parzialmente riconoscere le parti rispecchiate,
non riesce a conferire ordine a ciò che sta vedendo.
Tuttavia si tratta di un controsenso, poiché è quello che lui stesso ha creato.
L’uomo considera disordinato e senza senso ciò che lui stesso ha creato per
dare ordine al luogo. Lo spostamento è in terra (cioè nell’ordine delle cose
e dell’uomo), non sulla terra.
31
La seconda disposizione,
situata nel sobborgo di Uxmal,
è posizionata a schieramento.
Ciò che sembra una semplice
cava, in realtà è un luogo scavato
ad una profondità che va dai
quattro ai cinque piedi. È formata
da argilla rossa mescolata con
frammenti di calcare giallo, perciò
la cromia marrone con pigmenti
rossi domina rispetto a quella
gialla. Metaforicamente il colore
dell’argilla allude alla terra bruciata
che l’uomo si sta creando attorno.
Ogni sua azione conduce una
deriva entropica di cui il territorio sta soffrendo. Tuttavia le due colorazioni
formano un insieme cromaticamente compatto ed equilibrato.
La contraddizione – tra equilibrio cromatico e concetto a cui si allude –
ribadisce come l’ordine architettonico crei disordine nell’ecosistema.
A causa dei frammenti di argilla, i dodici specchi sembrano bloccati da una
scogliera di piccole rocce, come se lo schieramento non potesse più muoversi
da quella posizione. Si rilette l’idea dell’arroganza umana, per cui l’uomo tende
a non distaccarsi da ciò che considera giusto o certo, mentre a volte non lo è.
Uxmal, era un luogo ricco di calcare. Nella fotograia si evince come ora,
invece, sia l’argilla a prevalere sulla sostanza gialla. Smithson considera
questa foto una “tomba portatile”, poiché rivela la morte di qualcosa per
la sopravvivenza di qualcos’altro. Parallelamente, l’uomo porta alla deriva
il territorio per lasciare spazio alla sua artiiciale architettura. Vuole porre un
nuovo ordine alla natura, portando disordine nell’ordine naturale delle cose.
32
Nella terza disposizione i dodici
specchi sono posti nel bel mezzo
di un gruppo di farfalle,
il quale è atterrato sulla
supericie di calcare. Per qualche
momento il volo delle farfalle
è stato rilesso negli specchi;
sembrava che stessero volando
attraverso un cielo di ghiaia.
Il rilesso reale diventa un nuovo
prodotto della mente, poiché
questa guarda il contesto da un
punto di vista diverso rispetto
a quello convenzionale.
Si converte, così, l’ordine logico
delle cose, lasciando spazio a rilessioni molteplici.
Lo specchio inteso come oggetto non è soggetto a durata, perché è luogo
di astrazioni sempre valide e senza tempo (la durata di astrazione non ha un
tempo deinito). D’altra parte, invece, ogni rilesso riproduce un istante che
ha una misura precisa.
I dodici specchi, perciò, sono metaforicamente la mente del fruitore:
ognuno compie rilessioni differenti in base alle proprie esperienze.
Queste sono atemporali, poiché, se pur passate, non è detto che non
possano avere nuovi legami con il futuro. Tuttavia gli attimi vissuti possono
essere misurati sia in base all’emotività con cui gli individui li apprezzano o
disdegnano, sia in base al ricordo che ognuno ha di questi.
Nella terza disposizione, grazie al rilesso del volo delle farfalle, Smithson
riesce ad esplicitare il parallelismo tra la mente dello spettatore e i luoghi
isici: nonostante entrambi tendano ad avere un proprio ordine, ci sono
oggetti o esperienze che ne convertono gli schemi.
E l’arte contemporanea innesca questo meccanismo.
33
La quarta disposizione è stata
realizzata posizionando i dodici
specchi nella riva del Golfo del
Messico. L’acqua del mare irrompe
sugli specchi, i quali sono disposti
tra alghe secche e rocce erose. Il
piano è caratterizzano da pigmenti
grigi che si mescolano con altri più
chiari, sino a creare una supericie
contrastante rispetto alla tonalità
azzurra degli specchi.
Il supporto passa in secondo
piano, poiché esteticamente
l’immagine rilessa ha la
medesima cromia del cielo e
con tonalità di blu che tendono alla parte superiore destra dell’insieme. Le
innominabili tonalità di blu, che sono denotativamente zone di cielo e di mare,
divengono parte di una narrazione diversa rispetto a quella isica e reale. Non
si distinguono più i contorni del paesaggio, ma solo una cromia dominante.
Perciò il rilesso negli specchi non può esistere in una dimensione razionale.
Smithson per argomentare la quarta disposizione pone metaforicamente al
fruitore le seguenti domande: chi può precisare da quale parte di cielo o mare
provenga il colore blu? Il blu signiica qualcosa? Chi può dire quanto permarrà
quel colore rispetto ad un’altra sua tonalità?
Sono domande la cui risposta non è mono direzionale, ma multi direzionale,
poiché in ogni singola situazione rilessa il fruitore esprime la propria
condizione. Esteticamente l’insieme appare ordinato, sia cromaticamente sia
geometricamente. Tuttavia, la dimensione in cui si addentra l’individuo quando
osserva il rilesso in movimento è singolare e traducibile attraverso molteplici
interpretazioni. Un sistema ordinato è contenitore di diversi pensieri che, messi
assieme in un unico spazio, aumentano l’entropia dell’insieme in cui sono
posizionati.
34
Gli specchi della quinta disposizione
sono inseriti all’interno della itta giungla
di Palenque, chiamata Città dei Serpenti.
Le parole che dominano l’atmosfera,
dice Smithson, sono quelle degli insetti,
che creano un incessante brusio. Per le
orecchie umane si trattano di rumori, a
volte anche fastidiosi, mentre, inseriti
nel loro contesto, sono parti ordinate
di una composizione sonora naturale.
Non sempre ciò che l’umano considera
sgradevole o disordinato, è tale nel
proprio contesto. Al contrario, quel
suono o quell’immagine sono elementi
necessari perché il contesto circostante
(giungla, pianura, città...) sia ordinato e completo di ogni elemento che lo caratterizza
come tale. Anche questo aspetto fa parte della deriva entropica: le nuove architetture
hanno un impatto ambientale sul territorio molto elevato. Ciò causa una distruzione
dell’ordine naturale delle cose per dare vita ad un ordine urbano che, tuttavia, irrompe così
violentemente nel paesaggio da creare disordine. Basti pensare a tutte quelle costruzione la
cui geometria non è compatibile con il terreno sul quale vengono costruite: è suficiente un
alluvione per distruggere sia il territorio sia le costruzioni.
Nella giungla tutte le luci sono paralizzate. Esteticamente con il termine luce si intendono
le zone grigie o verdi più chiare rispetto a quelle più scure. Il loro accostamento produce
parti che sono denotativamente più in luce rispetto alle altre. La moltitudine di tonalità di
verde contaminano i rilessi negli specchi, così da creare apparentemente una supericie
unica, senza distinzione tra luogo reale e luogo rilesso. Spettri di luce vengono imprigionati
da rilessi verdi. L’insieme è ricoperto da uno strato disordinato di colori. Tuttavia si tratta
del naturale ordine delle cose. Perciò, proporzioni e colori sono disconnessi e connessi ad
una condizione si sorpresa propria di chi osserva la composizione – in realtà si tratta di una
condizione propria di ogni disposizione –.
35
La sesta disposizione può essere suddivisa
in due zone orizzontali, che fanno capo a
due percezioni visive differenti. La fascia
inferiore tende a far cadere l’occhio verso
il centro; in quella superiore, invece, il
punto di fuga prospettico tende a fa
scivolare l’attenzione all’esterno. Anche
la disposizione degli specchi ampliica la
diversa percezione dello spazio. Essi, infatti,
tendono verso l’alto sia per l’andamento
sia per le cromie. Nei cinque elementi
a sinistra domina una cromia azzurra
più scura rispetto a quella grigio-chiara
degli altri elementi a destra. Le diverse
sfaccettature cromatiche richiamano quelle
blu, azzurre e viola della fascia superiore dell’immagine. Ciò denota un legame cromatico tra le due
differenti parti in cui si può dividere l’insieme. Il rilesso degli specchi, come accade anche nelle
altre disposizioni, è atemporale ed in continuo movimento. Nell’immagine è stabile, perché si tratta
di una documentazione fotograica. Grazie ad essa l’artista tratta la presenza fantasma del rilesso:
infatti, soltanto per un breve istante l’immagine rilessa è stata la medesima di quella fotografata.
Il concetto di “presenza fantasma” è alla base della sesta composizione: essa nasce da un volo
fatto da Ruinas Bonampak ad Agua Azul testimoniato dall’artista. Smithson si sofferma sulla
bellezza estetica della giungla e sul movimento delle foglie. Sottolinea come la percezione dall’alto
sia ininita ed ordinata, poiché non esistono punti issi su cui posare l’attenzione. Questa visione è
paragona all’iperbole matematica: come essa tende ad un vertice idealmente perfetto, ma che non
toccherà mai, così l’estetica paesaggistica appare esemplare, tanto da tendere ad una visione quasi
utopica. Tuttavia, nella contemporaneità accade il contrario: l’uomo è così concentrato ad ammirare
i propri progetti architettonici, da non tener conto del paesaggio sul quale sta costruendo.
Smithson, proprio per denunciare questo fatto, posiziona gli specchi in un posto desolato e dotato
di colori che ricordano la cenere. Cromaticamente, infatti, non solo si allude all’impoverimento
paesaggistico, ma anche all’impoverimento emotivo dell’uomo per il luogo in cui vive.
36
Con la settima disposizione Smithson
vuole ricordare Yuxchilan. Egli afferma
che non può essere considerato come
un riiuto, solo perché si tratta di un
luogo e di una civiltà non più esistenti.
La disposizione degli specchi si ispira
ai segreti che le antiche costruzioni
Maya celavano dietro alle proprie
mura. Infatti, le sottili fasce cromatiche
tendenti al giallo che si sviluppano
verticalmente e diagonalmente,
sovrastano e nascondono parti di
specchi che, tuttavia, ne rilettono
l’estetica. Il colore dominante è il verde,
utilizzato nelle sue varie degradazioni:
la parte sinistra è molto più scura rispetto a quella centrale e a quella inferiore.
Denotativamente il luogo è caratterizzato da nicchie frantumate di piante selvatiche ed
infestanti, che creano una geometria frantumata e divisa in più parti. Ogni elemento,
compresi i raggi del solo che iltrano tra i muri selvatici, si rispecchiano nei dodici quadrati,
venendo a creare nuove visioni astratte. Sebbene sembri un insieme disordinato, si tratta
di una disposizione controllata. Infatti, parallelamente alla realtà rilessa, nelle superici
degli specchi si vengono a creare dodici nuovi centri di gravità. Guardandoli dall’alto,
poiché non c’è distinzione tra ciò che è reale e ciò che è rilesso, il fruitore ha la sensazione
di cadere in una nuova dimensione. È un disordine controllato ed apparente, poiché dietro
all’estetica vi è una mente ordinata.
Un altro interessante aspetto legato alla “confusione visiva” è dato dalla volontà di
emulare le capanne che i Maya costruivano con bastoni e tetti in paglia. È evidente come
esso diventi secondo termine di paragone con le costruzioni attuali. Le civiltà antiche
utilizzavano anche materiale ecologici, mentre oggi l’uomo tende sempre più a servirsi di
materiali artiiciali per esporre i propri progetti. L’artista, attraverso l’allusione dell’uso di
materiali naturali per l’architettura, dichiara un avanzamento sempre maggiore della
deriva entropica.
37
L’ottava disposizione viene effettuata
nella riva dell’Isola delle Acque
Bianche. Come per le precedenti
immagini, i dodici specchi sono posti
in un luogo cromaticamente misero,
poiché i colori sono deboli e spenti,
e in un posto isicamente povero. Si
tratta di una fotograia i cui tre quarti
della stampa sono occupati da una
cromi grigia che, procedendo verso
il lato inferiore si scurisce. Soltanto
nella zona in alto si nota una fascia
cromatica molto più scura che si
addensa a sinistra. A destra, invece,
emerge una cromia azzurra i cui
pigmenti sono uniti anche alla cromia dominante grigia. Nonostante siano due cromie
distinte, l’insieme appare cromaticamente spento, come se un volo di nebbia coprisse
il tutto. Smithson, infatti, nei suoi scritti dichiara che l’Isola si annienta nella presenza
della riva, sia realmente sia mentalmente. Piccole parti di sedimenti distaccatesi dalla
sabbia scivolano in acqua; analogamente, queste trascinano la vista verso la coda
dell’occhio, spostando la percezione visiva altrove. Smithson, per alludere a questo
movimento, decide di fotografare l’installazione con un’inquadratura diversa rispetto
alle precedenti. Infatti gli specchi si trovano nell’angolo in alto a sinistra.
La composizione spaziale allude metaforicamente al movimento continuo che la pupilla
dell’occhio fa verso l’esterno per seguire i frammenti di sabbia che scivolano in acqua.
Lo spostamento isico dell’occhio fa anche riferimento alla pluralità di prospettive
con cui l’arte contemporanea può essere interpretata. Essa non è realizzata mediante
un’interpretazione univoca e centrale, ma tramite prospettive laterali che il fruitore
pensa. Non sempre tutto ciò che interessa si trova al centro. Gli argini hanno la
medesima importanza della zona centrale.
38
La nona disposizione nasce da alcuni
viaggi che Smithson considera
enantiomeri. Con il termine enantiomeri
si indica una coppia le cui entità sono due
immagini speculari e non sovrapponibili.
Si suppone che il rilesso di qualcosa
corrisponda alla sua realtà isica, eppure
gli oggetti enantiomeri non combaciano.
Una delle zone visitate dall’artista,
Villahermosa, nella cartina geograica è
indicata con una forma gialla irregolare,
con una stella al centro; nella realtà,
invece, è un terreno tendente al giallo,
ma senza alcuna stella. Le parti sono le
medesime, ma non combaciano.
L’ultima disposizione è stata realizzata vicino a Sabancuy. Gli specchi sono sospesi in mezzo a
rami e grovigli di mangrovia, formazione vegetale costituita da piante prevalentemente legnose.
Si potrebbe afferma che l’installazione è immersa nella natura. Tuttavia, l’artista vuole lavorare
sull’inesplicabile. Smithson afferma che, contrariamente alle deinizioni di natura, l’arte è incline
alle sembianze delle cose. Non si basa sulle diversiicazioni, ma sulla de-diversiicazione; non
sulla creazione, ma sulla de-creazione. Solo le apparenze sono terreno fertile: infatti il modo in
cui appare un’opera d’arte delinea le diverse visioni che ogni spettatore ha di essa.
Geometricamente la nona disposizione appare disordinata e, perciò, anestetica.
Cromaticamente, invece, ogni elemento è in compresenza rispetto all’altro, tanto da creare un
insieme ordinato ed uniforme. Il colore dominante è azzurro e, sebbene vi siano parti molto scure
tendente al marrone, ogni zona risulta equilibrata. Le parti più chiare tendenti al giallo illuminano
le parti azzurre e pongono in ombra quelle più scure. Nonostante ci sia contrasto cromatico,
l’occhio del fruitore non tende a soffermarsi su un unico particolare, ma considera le entità come
parti di un insieme.
Questa disposizione è un esempio di sistema matematicamente disordinato. Tuttavia, a seconda
della lettura che gli si vuole dare, può essere considerato sia ordinato sia disordinato. Si ripete il
concetto per cui non tutto ciò che è deinizione è veritiero.
39
SPIRAL
JETTY
“
The “curved” reality of sense perception
operates in and out of the “straight” abstractions
of the mind.
40
“
La realtà “curva” della
percezione sensoriale opera
dentro e fuori le “rettilinee”
astrazioni della mente.
Il disordine sensoriale in site
(inteso come disordine emotivo
dato dall’esperienza unica
sul luogo), diviene elemento
costitutivo della testimonianza
raccontata dallo spettatore, una
volta realizzata l’esperienza.
Il racconto è un reticolo di
informazioni organizzato
secondo gradimenti estetici o
sensoriali. In tal caso, ciò che
ha suscitato maggior disordine
emotivo o maggior interesse
estetico viene posto all’inizio
della narrazione. Perciò si
potrebbe dire che la narrazione
è costruita secondo una
proporzione diretta: maggior
interesse emotivo ed estetico
(cioè aumento sensoriale
entropico) equivale ad una
posizione privilegiata nel
racconto.
41
Smithson iniziò ad interessarsi al Grande Lago
Salato di Lucin Cutoff, quando gli venne detto che
le sue acque erano del medesimo colore della
zuppa al pomodoro: rosse. La tonalità è dovuta
alla presenza di alghe e batteri, e per la sua
connessione con il mare primordiale, considerato
tale per la sua bellezza e per i residui industriali
provenienti dal vicino Golden Spike National
Historic Site. La cromia dominante rossa, come
ben visibile dalla documentazione fotograica,
varia dai toni del rosa a toni più arancioni, ad
altri più azzurri procedendo verso l’alto. Essi si
distinguono dalla cromia marrone dell’elemento
principale, il quale si scurisce nell’angolo sinistro.
Sebbene l’estetica della Spiral Jetty si differenzi da
quella del paesaggio circostante, la gradazione di
tonalità di esso segue il medesimo andamento a
spirale del molo.
L’artista fece un viaggio di ricerca che lo portò
ad esplorare il luogo sia dall’alto, grazie ad un
viaggio in aereo, sia dall’interno, mediante una
barca, sia dalla riva del Lago. Tuttavia, trovò una
sola barca in grado di galleggiare sulle sue acque:
a causa dell’alta percentuale di sale, si aveva a
disposizione un solo mezzo con cui attraversarle.
Inizialmente l’artista non aveva idea di che forma
dare al proprio lavoro. Pensò di costruire l’isola
con l’aiuto delle barche e delle chiatte, ma alla
ine lasciò che fosse il luogo a determinare quale
forma sarebbe venuta fuori.
42
Circa un miglio a nord da
alcune piattaforme petrolifere,
Smithson seleziona la zona su
cui costruire la propria opera.
Irregolari letti di calcare e
massicci depositi di basalto
nero lungo la costa. Sotto
l’acqua rosata si può notare
una rete formata da crepe di
fango, puzzle caratteristico del
letto salato.
L’artista afferma che le
acque rilettono gli orizzonti,
suggerendo l’immagine di un
ciclone immobile che, tuttavia,
mentre la luce tremula, sembra
rendere l’intero paesaggio
soggetto ad un terremoto.
Crea una sensazione di ilatura
senza un reale movimento.
Perciò, considerando il rilesso
nelle acque dello spazio
circostante, il paesaggio
diviene una continua rotazione
racchiusa in un’immobile
rotondità. Da ciò, emerge
l’idea di creare Spiral Jetty.
La ricerca paesaggistica,
quindi, è dovuta ad un’intesta
ricerca estetica e stilistica, alla
quale Smithson conferisce
grande valore.
È realizzato interamente con
fango, cristalli di sale, basalto,
terra ed acqua. Misura 460
metri di lunghezze e si trova
a 4,6 metri a livello del mare.
Per spostare la roccia nel lago,
Smithson assunse Bob Phillips,
il quale usò due dumper, un
trattore di ingenti dimensioni
ed un caricatore frontale per
trasportare 6650 tonnellate
di roccia e terra nel lago.
Oltre ad un lavoro pratico e di
manutenzione, l’artista dovette
attuare anche un lavoro
burocratico: infatti dovette
richiedere l’acquisizione dei
diritti della terra.
Un’altra particolarità dell’opera
è la sua possibilità di fruizione.
È visibile soltanto quando il
livello del lago è più basso
del normale. Al momento
della costruzione, ad esempio,
l’acqua era insolitamente
bassa a causa di una forte
siccità. L’opera, infatti, diventa
sommersa e non più visibile
quando il livello del Great
Salt Lake va al di sopra di
un’altitudine di 4195 metri.
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La sua fruizione, inoltre, coinvolge tre livelli di
percezione visiva:
aerea, dalla quale si può ammirare l’opera per
l’interezza dell’ambiente nella quale è inserita. Da
tale prospettiva si può mentalmente disegnare
il tracciato geometrico ad aspirale che l’opera
segue. Le sue curve richiamano la rotondità della
costa della penisola.
Terrena, in cui l’opera è fruita ad una scala
maggiore ed isolata dallo stesso paesaggio
terreno. Essa, infatti, è immersa nelle acque del
lago e lo spettatore può notarne l’immensità
attraverso la grandezza delle rocce che la
costituiscono. Rispetto alla visione aerea, quella
terrena tende ad estraniare maggiormente il
fruitore, poiché non riesce a deinirne i contorni o
le misure. Anche se la visione aerea sfalsa le reali
dimensioni dell’opera, rassicura ingannevolmente
l’uomo, poiché esso riesce a delinearne i conini.
Interna, dalla quale si può studiare l’opera per la
sua forma, percorrendola, per la sua composizione
materiale, e per la sua grandezza. L’osservatore,
sebbene venga avvolto da una sensazione di
immensità, non può percepire l’opera interamente
con un unico sguardo. Egli può soltanto vedere
più dettagliatamente le rocce che la compongono,
l’acqua ed i cristalli di sale. Percorrendola può,
inoltre, notare il proprio rilesso nell’acqua e
divenire visivamente consapevole di essere parte
integrante dell’opera.
La visita al molo è preceduta da importanti
indicazioni che i visitatori sono tenuti a
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considerare. Ad esempio, viene consigliato loro di portarsi appresso acqua e cibo, e di indossare abiti
appropriati. Vengono avvisati che il livello del lago varia di anno in anno, quindi è bene informarsi sullo
stato delle sue acque, poiché la Spiral Jetty non è sempre visibile. Non è possibile prelevale e portare
via alcun frammento, poiché il suo naturale equilibrio verrebbe meno.
Inoltre è possibile fornirsi di una cartina geograica per informarsi più dettagliatamente sul luogo di
esposizione.
Il molo a spirale perciò, non è soltanto un’opera, ma grazie all’interazione con il fruitore, diviene
un contenitore ed un produttore di esperienze. È considerato contenitore, poiché ogni orma,
agente atmosferico o fatto accaduto ne cambia l’estetica. Inizialmente, ad esempio, le rocce da cui
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era costituita avevano una
colorazione scura, quasi nera.
Poi, durante gli anni, a causa
del continuo contatto con il
sale delle acque e l’innalzarsi
della mare, le rocce hanno
assunto una cromia molto più
chiara, tendente al bianco.
Inoltre è considerato un
produttore di esperienze,
poiché lo spettatore, per
avere una reale fruizione e
percezione dell’opera, deve
recarsi nel luogo in cui è
situata. Nonostante Smithson
abbia realizzato un ilm nel
quale documenti la costruzione
del molo o nonostante ne
testimoni i cambiamenti
attraverso fotograie, il
fruitore non potrà mai avere
la medesima esperienza
sensoriale e percettiva che sia
ha in site.
Tale considerazione sostiene
la tesi per cui il disordine
sensoriale in site (inteso
come disordine emotivo
dato dall’esperienza unica sul
luogo), diviene poi elemento
costitutivo della testimonianza
raccontata dallo spettatore, una
volta realizzata l’esperienza.
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Il racconto è un reticolo di
informazioni organizzato
secondo gradimenti estetici
o sensoriali. In tal caso, ciò
che ha suscitato maggior
disordine emotivo o maggior
interesse estetico viene posto
all’inizio della narrazione.
Perciò si potrebbe dire che la
narrazione è costruita secondo
una proporzione diretta:
maggior interesse emotivo
ed estetico (cioè aumento
sensoriale entropico) equivale
ad una posizione privilegiata nel
racconto.