Su una nota di Franco Selleri
Luigi Accardi
1
Indice
1 Premessa
3
2 Un contro–esempio all’argomento contro–fattuale
4
3 Una teoria realistica della misura
8
4 Il terzo errore di Selleri
13
5 Il quarto errore di Selleri
15
6 Il quinto errore di Selleri
18
7 Appendice II: Una disuguaglianza tra numeri e alcuni suoi
corollari
22
2
Contenuto
1
Premessa
Nel Section 2 di questa nota si illustrerà, con l’esempio di una Hamiltoniana
semplice ma non banale, in che modo se, invece di fare ipotesi arbitrarie,
si applicano le regole della teoria quantistica a esperimenti del tipo EPR,
si trova precisamente quello che, in [Ac97], è stato descritto come “effetto
camaleonte”.
Nel Section 3 si mostra come la Hamiltoniana considerata nel Section
2 si inserisce nella teoria generale della misura (locale, causale e realistica) descritta nel’ultimo capitolo di [Ac97]. L’esempio della sezione (2.)
illustra, più efficacemente di tante discussioni, l’errore contenuto
nell’analisi di Bell.
Chi fosse interessato più specificamente agli errori contenuti nell’analisi
di Selleri può consultare le appendici della presente nota.
la piena e totale compatibilità della teoria quantistica con il realismo e la
località non implicano in alcun modo che che tutto sia chiaro e che non resti
nulla da capire.
Al contrario!
Nel dibattito sui fondamenti della teoria quantistica sono emersi nuovi e
affascinanti problemi dei quali si può dire che solo i primi strati superficiali
sono stati investigati:
– la molteplicità delle leggi del caso, che è analoga alla molteplicità delle
leggi dello spazio,
– la statistica dei sistemi adattivi, che è generalmente non Kolmogoroviana ma per descrivere la quale non c’è per ora alcuna evidenza che l’unico
modello utile, alternativo alla probabilità classica, sia quello quantistico (come per i modelli di spazio, cosı per i modelli delle leggi del caso esistono
infinite possibilità che oggi si cominciano a studiare).
Ciò apre nuove prospettive non solo per la matematica e la fisica, ma
anche per la logica induttiva e per la statistica.
3
I lunghi dibattiti sui collassi, le oggettificazioni, la non località, il micro–
irrealismo che si trasfigura in macro–realismo, ... appartengono all’archivio
della storia.
2
Un contro–esempio all’argomento contro–
fattuale
Il seguente esempio fornisce una indicazione di come si può costruire una Hamiltoniana apparato–sistema, per un sistema di due particelle di spin 1/2 che
soddisfa le condizioni di località e causalità descritte in astratto nel Section
seguente (e nell’ultimo capitolo di [Ac97]) e che riproduce le correlazioni di
singoletto e quindi viola la disuguaglianza di Bell.
Con varianti di questo argomento si possono costruire altri esempi, sia
quantistici che classici, di sistemi che violano la disuguaglianza di Bell rispettando sia la località che la causalità.
Ciò mostra, tra l’altro, che la tabella 1 a pagina 7 di [Se98], è sbagliata
non solo per le coppie di camaleonti (cf. Section 10), ma anche per le coppie
di particelle in stato di singoletto.
Non si afferma che tale esempio descriva nei dettagli l’accoppiamento
particelle–apparato nell’esperimento EPR, ma solo che esso ne illustra alcuni
aspetti concettualmente rilevanti e dimostra la consistenza logica della teoria
esposta nel Section seguente.
Consideriamo due sistemi, supposti spazialmente separati, composti ciascuno di una particella e di un apparato di misura:
(1, M1 ), (2, M2 )
Siano poi Sa1 , Sb2 , . . . osservabili di spin per le due particelle dove l’indice in
alto denota la particella considerata e quello in basso una direzione spaziale.
L’argomento standard, che conduce alla disuguaglianza di Bell, è il seguente.
Si suppone di fare N misure simultanee delle coppie di osservabili (Sa1 , Sb2 ),
2
j
(Sb , Sc1 ), (Sc2 , Sa1 ) e si denotano Sx,ν
i risultati trovati (j = 1, 2, x = a, b, c,
ν = 1, . . . , N ).
Con questi dati si calcolano le correlazioni empiriche sui campioni, cioè
1 X 1 2
S S
N ν a,ν b,ν
4
(e le altre ottenute per permutazione circolare dei simboli a → b → c → a).
Supponiamo di fare la statistica eliminando tutti quei risultati in cui il
valore di Sb2 , trovato nell’esperimento in cui si misura (Sa1 , Sb2 ), differisca dal
valore Sb2 , trovato nell’esperimento in cui si misura misura (Sb2 , Sc1 ).
Per la legge dei grandi numeri, se N è grande, ciò non altera le correlazioni
empiriche.
Questa è una ipotesi di località poiché presuppone che il risultato di una
misura sulla particella 2 non dipende da ciò che si è misurato sulla particella
2.
Questa ipotesi di località è compatibile con la teoria quantistica (cf. il Section seguente) ed è verificabile sperimentalmente: basta fare un gran numero
di esperimenti e paragonare le correlazioni empiriche ottenute applicando o
meno quest’ipotesi.
2
In quest’ipotesi possiamo usare lo stesso Sb,ν
in entrambi gli esperimenti
e quindi le correlazioni empiriche soddisfano la disugualglianza
1 X 1 2
1 X 1 2
1 X 1 2
1
1
Sa,ν Sb,ν −
Sc,ν Sb,ν =
Sa,ν Sb,ν (1 − Sa,ν
Sc,ν
) ≤
N ν
N ν
N ν
≤
1 X 1 1
1 X 1 2
1
1
=1−
Sc,ν
Sa,ν Sb,ν 1 − Sa,ν
S S
N ν
N ν a,ν c,ν
(1)
La (1) è una semplice disuguaglianza tra numeri, non applicabile alla teoria
quanistica poiché le correlazioni
1 X 1 1
S S
N ν a,ν c,ν
(2)
non sono sperimentalmente misurabili dato che Sa1 e Sc1 sono incompatibili.
Per effettuare il paragone con gli esperimenti occorre introdurre una
ulteriore ipotesi, spesso chiamata “realismo” o “anticorrelazione esatta” o
“argomento contro–fattuale”, che si traduce nell’uguaglianza
1
2
Sc,ν
= −Sc,ν
(3)
Sotto questa ulteriore ipotesi la correlazione (17) diventa uguale a
−
1 X 1 2
S S
N ν a,ν c,ν
5
(4)
e la disuguaglianza (1) diventa la disuguaglianza di Bell
1 X 1 2
1 X 1 2
1 X 1 2
Sa,ν Sb,ν −
Sc,ν Sb,ν ≤ 1 +
S S
N ν
N ν
N ν a,ν c,ν
(5)
che è violata dalle correlazioni empiriche ottenute negli esperimenti di tipo
EPR.
L’ipotesi (18) equivale a postulare che il valore di Sc2 , quando si misura
Sb2 , è lo stesso che si sarebbe ottenuto misurando Sc2 stessa.
Quest’ipotesi non è verificabile sperimentalmente poiché Sb2 ed Sc2 sono
incompatibili.
Osservare che questo discorso riguarda solo la particella 2, quindi è perfettamente locale.
I camaleonti forniscono un semplice esempio di sistema classico in cui
l’ipotesi (18) è palesemente falsa.
Una semplice applicazione delle regole della teoria quantistica alle particelle con spin mostra che anche in questo caso l’ipotesi (18), più precisamente
il suo corollario
1 X 1 1
1 X 1 2
Sa,ν Sc,ν = −
S S
(6)
N ν
N ν a,ν c,ν
che è sufficiente a dedurre la (20) dalla (16), non è giustificata.
A tal fine dobbiamo paragonare le correlazioni empiriche (17) e (19) con
quelle teoriche previste dalla teoria quantistica che denoteremo rispettivamente
hSa1 (t)Sc1 (t)i
;
−hSa1 (t)Sc2 (t)i
(7)
dove t è l’istante in cui avviene la misura.
L’uguaglianza (6), più o meno esplicitamente usata nelle deduzioni standard della disuguaglianza di Bell, equivale a postulare che queste due correlazioni siano uguali.
Secondo la teoria quantistica dobbiamo descrivere l’evoluzione del sistema
(1, M1 , 2, M2 ).
Omettiamo per semplicità le evoluzioni libere, cioè poniamo:
H S1 + H S 2 = 0
,
HM 1 + H M 2 = 0
dove HSj , HMj denotano rispettivamente le Hamiltoniane libere del sistema
j e dell’apparato Mj (j = 1, 2).
6
Per calcolare la correlazione hSa1 (t)Sc2 (t)i dobbiamo misurare Sa1 sulla
prima particella e Sc2 sulla seconda.
In queste notazioni descriviamo l’interazione tra particelle e apparato mediante un accoppiamento bilineare standard, che compare in un gran numero
di modelli fisici, per esempio quasi tutti i modelli in ottica quantistica sono
variazioni di quest’Hamiltoniana e, se gli operatori K1 , K2 sono bosonici, è
spesso chiamata l’Hamiltoniana “spin-bosone”:
HS1 ,M1 = Sa1 ⊗ K1
HS2 ,M2 = Sc2 ⊗ K2
dove K1 , K2 sono operatori di apparato e dove si usa la notazione semplificata
Sa1 ⊗ K1 = (Sa1 ⊗ 12 ) ⊗ (K1 ⊗ 1M2 )
Sc2 ⊗ K2 = (11 ⊗ Sc2 ) ⊗ (1M1 ⊗ K2 )
e 1j (risp. 1Mj ) denota l’dentità sullo spazio degli stati della particella j
(risp. dell’apparato Mj (j = 1, 2). L’Hamiltoniana totale, che si riduce a
quella d’interazione, è quindi
H = HS1 ,M1 + HS2 ,M2 = Sa1 ⊗ K1 + Sc2 ⊗ K2
Se calcoliamo l’evoluzione di Heisenberg
Sx1 (t) = Ut∗ Sx1 Ut
di osservabili del tipo Sx1 (risp. Sx2 ), si trova
∂t Sx1 (t) = iUt∗ [H, Sx1 ]Ut = iUt∗ [Sa1 , Sx1 ] ⊗ K1 Ut
Come si vede, se x 6= a, allora si ha un’evoluzione non banale, ma se x = a,
allora:
Sa1 (t) = Sa1 (0) = Sa1
;
∀t
Considerazioni simili valgono per Sx2 (t) e Sc2 (t).
Di conseguenza, se scegliamo come stato iniziale uno stato del tipo
σ0 ⊗ ψ
7
dove σ0 è lo stato di singoletto del sistema (1, 2) e ψ è uno stato qualsiasi
dell’apparato (M1 , M2 ), e calcoliamo le correlazioni tra Sa1 e Sc2 al tempo t
rispetto a questo stato, troviamo:
hSa1 (t)Sc2 (t)i = hSa1 Sc2 i = −a · c
ma questa uguaglianza non vale per direzioni diverse da a o c.
In particolare, se si calcola la correlazione hSa1 Sc1 i si trova
hSa1 (t)Sc1 (t)i = hSa1 Sc1 (t)i =
6 −hSa1 Sc2 i = a · c = −hSa1 (t)Sc2 (t)i
e quindi, secondo la teoria quantistica, l’uguaglianza (6), e a maggior ragione
l’ipotesi (18) che la implica, essenziale per la deduzione della disuguaglianza
di Bell, non è giustificata.
Questo è precisamente l’“effetto camaleonte” nel senso che, per le coppie
di singoletto, come per le coppie di camaleonti, non si può postulare la permanenza delle anticorrelazioni esatte anche in presenza di due misure diverse
(argomento controfattuale).
Ribadiamo ancora una volta che tutto quanto detto è pienamente compatibile sia con il realismo che con la località.
Il realismo delle urne è troppo ingenuo per descrivere le sottigliezze del
mondo microscopico, e probabilmente anche quelle del mondo biologico,
sociologico, economico, ...
Per questi occorre una forma più sofisticata di realismo, quello dei camaleonti, e conseguentemente una nuova forma di probabilità.
3
Una teoria realistica della misura
La dipendenza del valore di aspettazione dalla coppia di osservabili misurate
(E = EA,B ) , che alla fine del Section 10 è stata dedotta da argomenti probabilistici (o, se si vuole, di conteggi) ha una radice dinamica profonda che
emerge quando si esprime la condizione di località nel processo di misura.
Nel lavoro di Bell questa condizione viene espressa in termini puramente verbali e non viene analizzato a fondo il modo in cui tale condizione si esprime
nel modello matematico. È proprio questa mancata analisi che induce Bell
a considerare erroneamente “vitale” una ipotesi che, come dimostrato nel
Section 9, è addirittura superflua. Per chiarire questo punto introduciamo le
8
suguenti notazioni:
M apparato misura
S sistema
t
T(S,M
) evoluzione congiunta (interagente)
t
t
T S , TM
evoluzioni libere
(S0 , M0 ) = S0 Stato iniziale
Un postulato della teoria classica della misura è che le proprietà del sistema non sono modificate dal procedimento di misura (almeno prima della misura stessa). Ciò significa che le eventuali modifiche sono ordini di grandezza
più piccole delle quantità misurate. In formule:
t
TS,M
(S0 , M0 ) ristretta a S = TSt S0
(8)
(per t precedente all’istante di misura)
Osservazione
Osservare che il carattere di idealizzazione di quest’approssimazione, e
quindi la sua limitata applicabilità, è ben chiaro nei testi di fisica classica.
Basta leggere una qualunque discussione della misura del campo elettrico
mediante cariche per capire che ciò che si misura effettivamente è la reazione
del campo alla carica e non un “campo platonico” indipendente dalla carica.
Invece le proprietà dell’apparato di misura sono modificate dalla interazione con il sistema (altrimenti non vi sarebbe misura). In formule:
t
t
(S0 , M0 ) ristretta a M 6= TM
M0
TS,M
(per t seguente all’istante di misura).
Uno degli aspetti di quello che abbiamo chiamato effetto camaleonte è che
in fisica quantistica la (8) in generale è non vera.
Riflettendo su quest’affermazione si vede che, in un certo senso, il fatto
sorprendente è che (8) sia una approssimazione molto buona in molti modelli,
non che essa sia violata in teoria quantistica (e nei camaleonti). Consideriamo
ora un sistema composto di due sottosistemi
S = (S1 , S2 ) ;
M = (M1 , M2 )
Supponiamo che i due sottosistemi siano spazialmente separati e soggetti
ciascuno a una misura diversa. Quindi la loro evoluzione dipenderà da varie
interazioni. Scriviamo:
t
t
T(S,M
) = T(S1 ,S2 ,M1 ,M2 )
9
(9)
È naturale chiedersi: come introdurre la località nella evoluzione dinamica
(16)?
Ci aspettiamo che la più generale evoluzione (16) non sia locale e che la
classe di evoluzioni locali sia molto particolare. La risposta a questa domanda, che sarà data in vari passi, conferma quest’attesa:
i) Conviene usare la descrizione Hamiltoniana della dinamica:
t
−itH
T(S,M
) = e
poiché in essa si separano meglio i contributi delle varie interazioni. Scriviamo
quindi
H = HS + HM + HI
separando il contributo del sistema HS , dell’apparato HM , e dell’interazione
HI . ii) Dato che S = (S1 , S2 ) avremo
HS = HS1 + HS2 + HS1 ,S2
ma i due sistemi sono separati, quindi la prima ipotesi di località è che
la loro interazione sia trascurabile cioè HS1 ,S2 = 0 o, equivalentemente:
H S = H S1 + H S2
iii) Similmente M = (M1 , M2 ) e
HM = HM1 + HM2 + HM1 ,M2
Se, come nell’esperimento EPR, supponiamo che l’unico vincolo tra le due
misure sia la simultaneità, allora arriviamo alla seconda ipotesi di località
cioè HM1 ,M2 = 0 o, equivalentemente:
HM = HM1 + HM2
iv) Infine l’Hamiltoniana d’interazione avrà la forma
HI = HS,M = HS1 ,S2 ,M1 ,M2 = HS1 ,M1 + HS1 ,M2 + HS2 ,M2 + HS2 ,M1
e, ancora per la separazione spaziale, è naturale introdurre la terza ipotesi
di località nella forma
HS1 ,M2 = HS2 ,M1 = 0
o, equivalentemente
HI = HS1 ,M1 + HS2 ,M2
10
Definizione 1 Una legge dinamica locale per il sistema (S1 , S2 , M1 , M2 ), è
data da una Hamiltoniana della forma
H = (HS1 + HM1 + HS1 ,M1 ) + (HS2 + HM2 + HS2 ,M2 )
(10)
Da ciò segue che la condizione di località (2) è equivalente alla condizione di
fattorizazione
t
t
t
T(S
= T(S
⊗ T(S
(11)
1 ,S2 ,M1 ,M2 )
1 ,M1 )
2 ,M2 )
che corrisponde alla fattorizzazione dello spazio di Hilbert del sistema
totale data da
HS1 ⊗ HS2 ⊗ HM1 ⊗ HM2 = HS1 ⊗ HM1 ⊗) HS2 ⊗ HM2
(12)
Introduciamo ora un’altra condizione che chiameremo causalità, e che corrisponde al fatto che, all’istante iniziale, il sistema non può sapere quale
misura sarà fatta su di esso. Ciò significa che la preparazione (stato) iniziale
del sistema dev’essere statisticamente indipendente dallo stato dell’apparato
e matematicamente si esprime nella forma:
σ0 = stato iniziale di (S1 , S2 , M1 , M2 ) = σS1 ,S2 ⊗ σM1 ,M2
(13)
dove σS1 ,S2 è lo stato iniziale di (S1 , S2 ) e σM1 ,M2 lo stato iniziale di (M1 , M2 ).
Osserviamo che anche la causalità si esprime mediante una condizione
di fattorizzazione dello spazio di Hilbert del sistema totale, ma essa
è diversa da quella della dinamica, essendo data da:
H S 1 ⊗ H S2 ⊗ H M 1 ⊗ H M 2 = H S1 ⊗ H S2 ⊗ H M 1 ⊗ H M 2
(14)
Riassumendo: sia località che causalità sono espresse da una proprietà di fattorizazione, tuttavia esse corrispondono a differenti fattorizazioni dello spazio
di Hilbert.
L’effetto camaleonte è un corollario di questa diversità: lo stato all’istante
della misura non si fattorizza, cioè in generale non si potrà scrivere, per t > 0,
nella forma
σ(t) = T t σ0 6= σS1 ,M1 (t) ⊗ σS2 ,M2 (t) = σa,b (t)
che implicherebbe in modo banale l’esistenza di probabilità congiunte per le
terne (ma non è equivalente ad essa). In particolare, se l’apparato M1 = Ma
11
è predisposto per la misura di Sa1 e l’apparato M2 = Mb per la misura di Sb2 ,
allora si avrà
t
t
σ(t) = T(S,M
) σ0 = T σ0 = σa,b (t)
Osservare che tutto quanto detto finora è eugualmente valido sia per i
sistemi classici che per quelli quantistici (basta sostituire la Liouvilliana
all’Hamiltoniana e le parentesi di Poisson al commutatore). Quindi: l’effetto
camaleonte è una caratteristica generale sia della fisica classica che di quella
quantistica.
Dato che le correlazioni tra Sa1 e Sb2 sono determinate dallo stato σa,b (t)
dalla formula
Z
1 2
E(Sa Sb ) = Sa1 (x)Sb2 (x)σa,b (t)(dx)
nella teoria classica, e dalla formula
E(Sa1 Sb2 ) = hσa,b (t), Sa1 ⊗ Sb2 σa,b (t)i
nella teoria quantistica, ne segue che che il valore d’attesa, che determina le
correlazioni, dipende anch’esso dalla coppia (a, b):
E(Sa1 Sb2 ) = Ea,b (Sa1 Sb2 )
(15)
e noi sappiamo che, quando l’attesa E dipende da (a, b), è impossibile
applicare la disuguaglianza di Bell.
In conclusione: parliamo di effetto camaleonte quando:
i) la condizione di località è soddisfatta
ii) la condizione di causalità è soddisfatta
in questi casi:
I) lo stato composto può dipendere dalla misura
t
congiunta (1, 2) in pieno rispetto della località e causalità (Ta,b
σ0 = σa,b (t))
II) se lo stato dipende dalla misura congiunta allora la disuguaglianza di Bell
non vale
III) quindi la disuguaglianza di Bell può essere violata in pieno rispetto della
località e causalità. Per quei sistemi per cui è giustificata l’applicazione del
postulato della misura classica (che in questo caso si riduce ad affermare che,
t
per ogni a, b, lo stato Ta,b
σ0 , ristretto al sistema, coincide con lo stato ottenuto
12
applicando l’evoluzione libera del sistema), si può applicare la statistica delle
urne.
I camaleonti sono un semplice esempio di sistema classico in cui tale postulato non è giustificato, ma non sono certamente l’unico. Quindi il campo
di applicazione delle probabilità non kolmogoroviane si estende ben al di là
della teoria quantistica e ciò apre un campo d’investigazione nuovo e profondo sia per la modellistica matematica che per la filosofia della scienza, in
particolare la logica induttiva.
4
Il terzo errore di Selleri
A pagina 9 della sua nota Selleri afferma:
. . .lo scrivere E(AB) ed E(AC) con la medesima A implica che valga
la località, perché non importa se lo strumento di destra misura B o C sul
secondo fotone, lo strumento di sinistra trova sempre il valore A sul primo. . .
Anche questo è sbagliato e una delle radici dell’errore sta proprio nell’uso,
da parte di Selleri, di un “... formalismo inadeguato e semplicistico ...”.
Più esplicitamente, Selleri usa lo stesso simbolo A per indicare un’osservabile e il generico suo valore. Vediamo ora in che modo l’uso di questo “...
formalismo inadeguato e semplicistico ...” induca Selleri in errore.
A tal fine basterà costruire un esempio in cui si scrive E(AB) ed E(AC)
con la medesima A ma in cui non è affatto vero che:
non importa se lo strumento di destra misura B o C sul secondo fotone,
lo strumento di sinistra trova sempre il valore A sul primo
Per la costruzione di un tale esempio introduciamo delle variabili ausiliarie
χBC
,
χCA
,
χAB
come segue:
χBC vale 0 se si misura B e 1 se si misura C
χCA vale 0 se si misura C e 1 se si misura A
χAB vale 0 se si misura A e 1 se si misura B
Supponiamo inoltre che le variabili A, B, C abbiano la forma:
A = A(λ, (1 − χBC )B, χBC C)
B = B(λ, (1 − χCA )C, χCA A)
13
C = C(λ, (1 − χAB )A, χAB B)
Quindi, se decido di misurare B, allora χBC = 0 e
A = A(λ, B, 0)
cioè il valore di A dipende dal valore di B. Se invece decido di misurare C,
allora χBC = 1 e
A = A(λ, 0, C)
cioè il valore di A dipende dal valore di C. Insomma in ogni caso il valore di A
dipende non solo da quale misura decido di fare sull’altra variabile, ma anche
dal valore ottenuto. Lo stesso naturalmente vale per le altre osservabili. In
questo caso λ è un parametro in uno spazio Λ.
È difficile immaginare un esempio più “non locale” di questo!
È sempre possibile realizzare le funzioni A, B, C su uno stesso spazio Ω (un
esempio di tale spazio spazio è esplicitamente costruito alla fine del presente
paragrafo).
Quindi, data una misura di probabi lità sullospazio Ω posso scrivere
E(AB) ed E(AC) con la medesima A.
Ma ciò non implica affatto, come vorrebbe Selleri, che valga la località,
poiché l’esempio è costruito in modo che, anche se la funzione A è la stessa,
il suo valore dipende non solo dal fatto che lo strumento di destra misuri B
o C sul secondo fotone, ma anche dal risultato trovato.
Infine, dato che le ipotesi della prima parte dell’Appendice III sono soddisfatte, la disuguaglianza (VIII.6.2) di tale Appendice è valida.
Questo esempio corrisponde al caso generale discusso nel Section 5, cioè in
esso non ha importanza distinguere se le osservabili A, B, C vengono riferite
alla particella 1 o alla 2.
Il caso specifico di un sistema composto di due particelle sarà discusso
nel prossimo paragrafo (comunque anche in questo esempio, raddoppiando
il numero delle osservabili con l’introduzione degli indici 1, 2 e introducendo
l’ipotesi di anticorrelazione, è facile dedurre la disuguaglianza di Bell nella
forma di Selleri).
Riassumendo:
il controesempio costruito sopra mostra che l’uso della medesima A nelle
varie correlazioni non implica affatto che valga la località.
Quindi anche quest’affermazione di Selleri è sbagliata.
Costruzione dello spazio
14
Denotiamo XA , XB , XC gli spazi dei valori delle osservabili A, B, C rispettivamente (nel nostro caso tutti questi spazi coincidono con l’insieme
{−1, +1} ma, per chiarezza concettuale e per possibili generalizzazioni, conviene usare simboli diversi). Similmente introduciamo gli spazi
YBC = {b, c} ;
YCA = {c, a} ;
YAB = {a, b}
dove b significa che si misura B, c che si misura C, etc. ... . Con queste
notazioni: χBC (b) = 0, χBC (c) = 1 etc. ... e lo spazio Ω può essere scelto
della forma:
Ω = Λ × XA × XB × XC × YBC × YCA × YAB
Infine le funzioni A, B, C sono naturalmente definite sullo spazio Ω nel senso
che, anche se il loro dominio naturale è più piccolo, esse hanno una immersione naturale nello spazio Ω come funzioni costanti nelle variabili da cui non
dipendono.
5
Il quarto errore di Selleri
Sempre a pagina 9 di [Se98], tra gli errori chi io avrei commesso viene citato
il fatto di:
. . .Affermare di aver fornito una dimostrazione della disuguaglianza di
Bell senza ricorrere alla località. . .
In effetti ciò che viene affermato in [Ac97] è molto più forte dell’affermazione riportata da Selleri e cioè:
non solo la disuguaglianza di Bell vale senza l’ipotesi di località ma essa
continua a valere anche se si assume esattamente il contrario della località,
cioè se si fa l’ipotesi che:
“... il valore che lo strumento di sinistra troverà sul primo fotone, dipende
non solo da quello che lo strumento di destra misura sul secondo ma anche
dagli specifici risultati trovati in questa misura ...”.
in altre parole: l’essenza del controesempio in [Ac97] sta proprio nel negare la cosidetta “ipotesi vitale” di Bell dimostrando lo stesso la disuguaglianza.
La dimostrazione, che dal punto di vista matematico, è un semplice corollario di quanto precede (ed è una variante della costruzione del Section 8),
15
non è esplicitata in [Ac97]. Le osservazioni di Selleri mostrano che può essere
utile farlo in questa sede.
La dimostrazione che segue smentisce quindi l’affermazione (b) a pagina
9 di [Se98].
Come nel caso della disuguaglianza di Bell la dimostrazione sarà divisa
in due parti: prima si dimostra una disuguaglianza generale, poi la si applica
al caso particolare dei sitemi anticorrelati.
Lemma (1) Siano T un insieme arbitrario, A, B, C variabili casuali definite su uno spazio di probabilità (Ω, F, P ) e a valori nell’insieme {−1, +1} e
(Zα ) (α ∈ T ) una famiglia di variabili casuali a valori in uno spazio arbitrario
tali che
A = A(·, (Zα )α∈T )
B = B(·, (Zα )α∈T )
C = C(·, (Zα )α∈T )
dove A(·, (Zα )α∈T ) significa che A può dipendere da un sottoinsieme qualsiasi
delle variabili Zα (α ∈ T )
[notare che nulla nelle ipotesi esclude che qualcuna delle Zα possa essere
uguale a qualcuna delle A, B, C].
Allora le variabili casuali A, B, C soddisfano la disuguaglianza
| E(A · B) − E(B · C) |≤ 1 − E(A · C)
(16)
Dimostrazione. Le tre variabili casuali assumono valori nell’insieme {−1, +1}
e quindi soddisfano l’unica ipotesi richiesta per la validità della relazione
(VIII.6.2) (cf. l’inizio dell’Appendice III), dato che questa relazione coincide
con la (1) la tesi segue.
Teorema (2) Sia data una famiglia di variabili casuali Sxj definite su uno
spazio di probabilità (Ω, F, P ), a valori nell’insieme {−1, +1} e indicizzata da
j = 1, 2 e dall’insieme dei vettori unitari nello spazio euclideo tridimensionale
(x ∈ R3 , | x |= 1). Fissiamo 3 di questi vettori unitari a, b, c e supponiamo
che le variabili casuali associate violino la cosidetta “ipotesi vitale” di Bell,
cioè che esse soddisfino le seguenti condizioni di non località:
Sa1 = Sa1 (·, {Sx2 }{x∈R3 ,|x|=1} )
(17)
Sa2 = Sa2 (·, {Sx1 }{x∈R3 ,|x|=1} )
(18)
16
e quelle analoghe ottenute per permutazione circolare degli indici (a → b →
c → a).
Allora le variabili casuali Sa1 , Sb2 , Sc1 soddisfano la disuguaglianza
| E(Sa1 Sb2 ) − E(Sb2 Sc1 ) |≤ 1 − E(Sa1 Sc1 )
(19)
Se inoltre la condizione di anticorrelazione
E(Sx1 · Sx2 ) = −1
;
x = a, b, c
(20)
è anche soddisfatta, allora vale la disuguaglianza di Bell
| E(Sa1 Sb2 ) − E(Sb2 Sc1 ) |≤ 1 + E(Sa1 Sc2 )
(21)
Osservazione.
Ancora una volta: è difficile immaginare una situazione più “non
locale” di quella espressa dalle condizioni (17) e (18)!
Notare inoltre che si è esplicitata la dipendenza di Sa1 da tutte le
{Sx2 : x ∈ R3 , | x |= 1}
(e similmente scambiando 1 e 2) solo per motivi pedagogici, cioè per rendere esplicita la violazione dell’“ipotesi vitale” di Bell. Molte altre dipendenze possono essere introdotte senza cambiare di una virgola la dimostrazione.
Tutte queste altre dipendenze possibili sono implicitamente contenute nella
variabile muta ( · ).
Dimostrazione. Le variabili casuali Sa1 , Sb2 , Sc1 e la famiglia
{Sxj : x ∈ R3 , | x |= 1 , j = 1, 2}
soddisfano le condizioni del Lemma (1), pertanto vale la (19).
Se anche la condizione (20) è soddisfatta (anticorrelazione), allora dato
che le osservabili hanno valori nell’insieme {−1, +1} dev’essere, con probabilità 1, Sx1 = −Sx2 (cf. anche l’ultima parte dell’Appendice III).
Pertanto E(Sa1 Sc1 ) = −E(Sa1 Sc2 ) e, sostituendo questa uguaglianza nella
(19), si ottiene la (21).
Notare che la disuguaglianza (21), o equivalentemente la (VIII.6.5a) nell’Appendice III, coincide esattamente (modulo notazione) con la (12) di
[Se98] che, come Selleri afferma: “ ... è la disuguaglianza dimostrata nel
lavoro originale di Bell”.
Conclusione:
17
il teorema precedente assume come ipotesi la negazione della
cosidetta “ipotesi vitale” di Bell e dimostra che la disuguagianza
continua a valere.
Ne segue che (come affermato in [Ac97]) questa ipotesi è tutt’altro che “vitale” per la dimostrazione della tesi.
6
Il quinto errore di Selleri
Nel Section (IX.5) di [Ac97], per quantificare la differenza tra la statistica
delle urne e quella dei camaleonti, si dimostra che, a differenza che nel caso
delle urne, un insieme di coppie di camaleonti può concordare l’insieme delle
risposte a una arbitraria famiglia di domande binarie (i.e. con risposta “si” o
“no”) in modo tale da riprodurre un insieme di correlazioni arbitrariamente
assegnate (in particolare l’accordo può essere tale da violare la disuguaglianza
di Bell). La dimostrazione (anch’essa banalissima – e in cui, per la delizia dei
cacciatori di refusi, ben due “p” sono impropriamente diventate maiuscole)
viene sorprendentemente ignorata da Selleri che, a pagina 6 di [Sel98] afferma:
. . .Le coppie di camaleonti soddisfano la disuguaglianza di Bell . . .
La dimostrazione di Selleri, riportata a pagina 7 e 8 della sua nota, è
sbagliata per un motivo molto semplice: Selleri parla di camaleonti, ma la
statistica che applica è quella delle urne.
La differenza fondamentale tra le due statistiche è espressa dalla differenza
tra le due affermazioni:
I) Tutte le volte che si misura sia Sx1 che Sx2 si trova che Sx1 = −Sx2
II) Se si misura Sx1 e si trova il risultato ε si può concludere che Sx2 = −ε
anche se Sx2 non è stata misurata.
Ancora una volta, usando un formalismo inadeguato e semplicistico, Selleri identifica implicitamente queste due affermazioni usando per entrambe
il termine generico di “totale anticorrelazione”. Nel libro [Ac97] la affermazione (I), che è un risultato empirico, viene distinta dalla (II), che in gergo
tecnico, ben stabilito negli studi sui fondamenti della fisica, viene chiamata
argomento controfattuale.
Ma è proprio qui che sta la differenza tra la statistica (cioè i conteggi)
sulle urne e quella sui camaleonti: nel caso delle urne sono vere entrambe le
affermazioni, nel caso dei camaleonti, la (I) è vera ma la (II) no: il camaleonte
(sano) diventerà deterministicamente verde se posto su una foglia, ma nulla
18
si può dire del suo colore se lo si pone su una lastra di ferro: l’argomento
controfattuale non si applica ai camaleonti, come si vede da semplici
controesempi che sono descritti in [Ac97] e che non riporteremo qui. La
“predeterminazione deterministica” del colore della pallina significa che essa
ha un colore costante; quella del camaleonte è più sottile e significa che,
se richiesto del suo colore sulla foglia, allora la risposta deterministica sarà:
“verde”, ma se non richiesto, a differenza della pallina, non c’è alcun impegno.
È naturale che a questi diversi tipi di realtà corrispondano statistiche diverse
(cf. anche [Tart98]).
Il fatto che Selleri identifichi implicitamente le due affermazioni sopracitate emerge chiaramente da un esame della tabella 1 a pagina 7 di [Se98],
che va benissimo per la statistica delle urne, mentre è tutta sbagliata per la
statistica dei camaleonti.
L’errore sta nel fatto che in essa non viene esplicitato nella notazione
quali misure si effettuano sul primo e sul secondo camaleonte. Per esempio,
nella prima possibilità per il primo camaleonte, Selleri scrive genericamente
T (A+) , T (B+) , T (C+)
in corrispondenza del valore +1 per tutte e tre le osservabili A, B, C, mentre
dovrebbe scrivere
TX (A+) , TX (B+) , TX (C+)
dove X può assumere i valori A, B, C, e TX (C±) denota il valore assunto
dall’osservabile C se si misura l’osservabile X.
Le conseguenze di una tale distinzione sono chiare: per esempio l’implicazione
TC (C+) per il primo camaleonte ⇒ TC (C−) per il secondo
è corretta, mentre l’implicazione
TC (C+) per il primo camaleonte ⇒ TA (C−) per il secondo
non lo è. Selleri usa la notazione imprecisa
T (C+) per il primo camaleonte ⇒ T (C−) per il secondo
che, nella nostra notazione diventa:
TC (C+) per il primo camaleonte ⇒ TX (C−) per il secondo qualunque sia
X = A, B, C
Questa notazione imprecisa lo induce a scrivere che le configurazioni possibili sono solo 8, mentre invece sono molte di più. Tanto per fare un esempio Selleri, invocando “la totale anticorrelazione”, esclude dalla Tabella 1 la
19
coppia di configurazioni
T (A+), T (B+), T (C+)
(22)
T (A−), T (B+), T (C+)
(23)
(per il sistema 1) e
(per il sistema 2). Tuttavia le configurazioni
TA (A+) , TA (B+) , TA (C+)
(24)
TA (A−) , TA (B+) , TA (C+)
(25)
per il sistema 1 e
per il sistema 2, che sono incompatibili con la anticorrelazione totale nella
statistica delle urne, non lo sono affatto nella statistica dei camaleonti poiché
l’accordo tra questi prevede un risultato opposto, deterministicamente predeterminato, se si misura una data osservabile, ma non prevede affatto (a
differenza di quanto accade con la statistica delle urne) che il valore dell’osservabile B mentre è in atto una misura di A sia lo stesso valore che il
camaleonte si è impegnato ad assumere nel caso di una misura di B.
Un possibile meccanismo che si può immaginare è che il camaleonte, mentre è in atto una misura di A tiri una monetina e faccia assumere all’osservabile B il valore +1 o −1 a seconda del risultato.
Più sofisticati meccanismi, descritti nell’ultimo capitolo di [Ac97], sono
possibili e sono riassunti nei Section 2 e Section 3 della presente nota.
Notare che questo meccanismo è completamente locale: ogni camaleonte nulla sa di cosa accade all’altro.
Ignorando questa distinzione, che è il punto essenziale dell’argomento,
Selleri banalizza il problema, cioè lo riduce alla statistica delle urne che è
Kolmogoroviana e quindi ovviamente vale la disuguaglianza di Bell.
Vediamo invece cosa avrebbe trovato Selleri se avesse fatto i conti correttamente.
Supponiamo di fare N misure di A sulla particella 1 e di B sulla particella
2 e di trovare
– N (A, +) volte il valore A = +1,
– N (A, −) volte il valore A = −1,
– N (B, +) volte il valore B = +1,
– N (B, −) volte il valore B = −1.
20
Confrontando le liste delle misure, che sono supposte simultanee, gli
sperimentali possono stabilire le concordanze e le discordanze.
Quindi i numeri
N (A, +; B, +) ,
N (A, +; B, −) ,
N (A, −; B, +) ,
N (A, −; B, −)
dal significato evidente, sono sperimentalmente ben definiti e permettono di
calcolare la correlazione empirica sul campione dato, cioè
1 X 1 2
N (A, +; B, +) + N (A, −; B, −) N (A, +; B, −) + N (A, −; B, +)
SA SB =
−
=
N
N
N
(N )
(N )
= pA,B,conc. − pA,B,disc.
(N )
(N )
Dove pA,B,conc. e pA,B,disc. denotano le probabilità empiriche, relative al dato
campione rispettivamente delle concordanze e delle discordanze.
Da questo punto in poi si applica un ragionamento standard, che non è
specifico né della meccanica quantistica né tantomeno dell’esperimento EPR
(o dei camaleonti).
Si suppone cioè di ripetere l’esperimento su molti campioni (cioè considerando molte sequenze di esperimenti) e di trovare che le probabilità empiriche si stabilizzino intorno a un valore dato, nel senso che le fluttuazioni sono
qualche ordine di grandezza minore delle probabilità stesse.
Denotiamo pA,B,conc. e pA,B,disc. questi valori delle probabilità determinati
con i metodi standard della teoria degli errori.
Queste danno luogo alle correlazioni sperimentali che sono
hSA1 SB2 i = pA,B,conc. − pA,B,disc. = EA,B (SA1 SB2 )
dove il valore di aspettazione EA,B dipende da A e da B poiché tale dipendenza compare nelle probabilità congiunte.
È proprio questa dipendenza, delle probabilità congiunte e non
delle osservabili, come erroneamente affermato da Selleri (cf. il
Section 8 della presente nota), che impedisce la applicazione della
disuguaglianza di Bell la quale, usando lo stesso valore di aspettazione E
per tutte e tre le correlazioni, implicitamente postula l’esistenza di probabilità
congiunte per le terne e non solo per le coppie.
Qualunque dimostrazione della disuguaglianza di Bell contiene
necessariamente una estensione, più o meno implicita, delle probabilità congiunte (o dei conteggi, se ci si vuol limitare alle probabilità
21
empiriche) dalle coppie alle terne e una tale estensione inevitabilmente
fa’ intervenire l’argomento controfattuale:
cioè proprio quello che non vale per i camaleonti.
Questa è la tesi da tempo sostenuta dalla probabilità quantistica.
7
Appendice II: Una disuguaglianza tra numeri e alcuni suoi corollari
Corollario (3)
Date quattro variabili casuali A, B, C, D, definite sullo stesso spazio di
probabilità e a valori nell’intervallo [−1, 1], esse soddisfano le seguenti disuguaglianze equivalenti:
|E(AB) − E(BC)| ≤ 1 − E(AC)
(26)
E(|AB − BC|) + E(|AD + DC|) ≤ 2
(27)
dove E denota il valore di aspettazione nello spazio di probabilità delle
quattro variabili. Dimostrazione. Dalla (17) segue che
|AB − BC| ≤ 1 − AC
Prendendo il valore d’attesa e usando la linearità e il fatto che |E(X)| ≤
E(|X|), si trova
|E(AB) − E(BC)| ≤ E(|AB − BC|) ≤ 1 − E(AC)
che è la (26)). Un ragionamento analogo, applicato alla (15) conduce alla
(27). L’equivalenza delle due si dimostra con lo stesso ragionamento usato
nel Lemma (2).
22
Riferimenti bibliografici
[1] Accardi L.: URNE E CAMALEONTI: Dialogo sulla realtà, le leggi del
caso e la teoria quantistica, Il Saggiatore (1997). Edizione inglese, trad.
di Daniele Tartaglia, da apparire (1999); edizione russa, a cura di I.
Volovich, ed. Nauka (1999); edizione giapponese, a cura di Y. Shikata,
ed. Maruzen (1999).
[2] Accardi L., Obata N.: Elementary algebraic Probability (in giapponese),
lezioni tenute da L. Accardi all’università di Nagoya (1999).
[3] Accardi L.: Foundations of Quantum Mechanics: a quantum probabilistic approach, in The Nature of Quantum Paradoxes; eds. G. Tarozzi,
A. van der Merwe Reidel (1988) 257–323.
[4] Accardi L., Fedullo A.: “On the statistical meaning of complex numbers
in quantum theory”, Lettere al Nuovo Cimento 34 (1982) 161–172.
[5] Selleri F.: Gli impossibili camaleonti , preprint, Bari 1998.
[6] Afriat A., Selleri F.: The paradox of Einstein, Podolsky and Rosen in
atomic, nuclear and particle physics, Plenum Press (1998).
[7] Tartaglia A.: Is the EPR paradox a paradox? , Preprint Volterra (1998).
23