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Portare - L'uso strutturale del vetro

OLTRE LA TRASPARENZA Riflessioni sull’impiego del vetro in architettura a cura di Valeria Tatano Officina Edizioni Questo libro è stato stampato con il contributo del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nell’ambito di una ricerca PRIN 2005 dal titolo “Il vetro come elemento dell’involucro architettonico. Progettare con l’informazione”, responsabile scientifico dell’Unità dell’Università IUAV di Venezia, Facoltà di Architettura, prof. ing. Nicola Sinopoli. Con il sostegno di Faram - Arredamenti per ufficio. Progetto grafico e impaginazione: Massimo Rossetti Copyright 2008 by officina edizioni Roma, via Virginia Agnelli, 58 © Indice Premessa Nicola Sinopoli p. 7 Oltre la trasparenza Valeria Tatano p. 9 Il trasferimento tecnologico come motore dell’innovazione Massimo Rossetti p. 13 Dal prototipo all’architettura diffusa Christina Conti p. 18 10 PAROLE E 10 PROGETTI PER LEGGERE L’ARCHITETTURA CONTEMPORANEA IN VETRO COLORARE Valeria Tatano Stazione di polizia e vigili del fuoco di Berlino Sauerbruch Hutton Architects p. 23 COMPORRE Elisabetta Carattin Deutsche Bundesbank MAP Arquitectos, Josep Lluis Mateo p. 37 DISEGNARE Valeria Tatano Biblioteca dell’Università Tecnica di Brandeburgo Jacques Herzog & Pierre de Meuron p. 49 DIVIDERE Massimo Rossetti Torre Agbar Ateliers Jean Nouvel / b720 Arquitectos / Garcìa Ventosa Arquitectura p. 65 ISOLARE Luca Siragusa SIEEB Building MC A Mario Cucinella Architects p. 79 PLASMARE Antonio Musacchio Nardini Research & Multimedia Center Massimiliano Fuksas p. 89 PORTARE Massimo Rossetti Apple Flagship Store Bohlin Cywinski Jackson p. 99 PROTEGGERE Christina Conti Passerella in vetro della Basilica di Aquileia ODB Ottavio di Biasi Associati p. 113 RICICLARE Anna Faresin Casa WoBo Nicolaas John Habraken p. 127 SUONARE Antonio Musacchio Auditorium Niccolò Paganini Renzo Piano Building Workshop p. 139 Glossario delle tecniche p. 152 Riferimenti bibliografici p. 160 Autori p. 162 PORTARE Oltre la trasparenza PORTARE Massimo Rossetti 100 “Perchè questi edifici stanno in piedi?”1 Mario Salvadori riteneva che fossero in pochi a porsi questa domanda osservando un’architettura, a chiedersi in che modo un edificio potesse portare il proprio peso e contrastare due nemici come la forza di gravità e l’entropia. Le prime costruzioni erette dall’uomo hanno visto l’uso di materiali grezzi, non lavorati, sbozzati o sagomati, né tanto meno dimensionati; è stato l’evolversi delle tecniche di lavorazione a trasformare un materiale in un “materiale da costruzione”. Ma il passare del tempo ha progressivamente mutato gli scenari: ad argilla, pietra e legno si sono affiancati calcestruzzo, ghisa e acciaio; ai sistemi sovra-dimensionati, l’unico sistema conosciuto in assenza di una scienza delle costruzioni, è subentrata una architettura calcolata in ogni sua parte e correttamente dimensionata, dove la materia è collocata nel posto giusto e nella giusta quantità; ai sistemi compressi si sono affiancati i sistemi tesi e sospesi. L’interrogativo che nasce, allora, nell’osservare tale evoluzione è se questa non sia costante e continuativa e se con il passare del tempo, probabilmente a periodi sempre più brevi, considerando l’accelerazione nelle innovazioni, non solo nuovi materiali entrino nel catalogo dell’architettura alla voce “da costruzione”, ma se non siano gli stessi materiali che già conosciamo a proporsi in modo diverso. Un concetto teorizzato da Alvar Aalto esattamente 70 anni fa: non esistono materiali più o meno concepiti per essere da costruzione, ma è l’architettura stessa, in una sorta di autopoiesi, a generarli: “Con il progredire dell’edilizia, tuttavia, le condizioni di causa ed effetto non sono più così chiaramente differenziate. In luogo dei ‘materiali provenienti direttamente dalla natura’ subentrano i materiali edilizi; questi non appartengono più al gruppo di materiali originari non trattati, ma sono soggetti a una costante elaborazione che è nata e rinasce di nuovo all’interno del processo architettonico. L’architettura, in un certo senso, avrebbe essa stessa prodotto il suo mondo di materiali e di procedimenti costruttivi. A un esame più approfondito l’architettura non appare solo come quantità di edifici realizzati, ma piuttosto come un processo evolutivo complesso, nel cui sviluppo, grazie a una reciproca azione interna, si determinano nuove soluzioni, nuove forme, nascono nuovi materiali edili e sempre nuovi cambiamenti nell’ideologia della costruzione”2. Il vetro è uno dei materiali rimasti sempre esclusi da questo gruppo. Non senza motivo, in quanto come materiale strutturale presenta almeno due svantaggi: ha un comportamento fragile (non avvisa di un imminente collasso mediante svergolamenti o cedimenti localizzati, a differenza di acciaio e legno) e necessita di un elaborato processo di produzione (a differenza della pietra). Non ultimo, il fatto di essere, perlomeno nella sua forma più comune, trasparente, qualcosa che si scontra con la diffusa e rassicurante accezione di “solidità”. A questo bisogna aggiungere che a volte il cedimento del vetro è dovuto a difetti di produzione, come l’intrusione nella pasta di elementi che possono creare microfessure all’interno del materiale, e che come tali non possono essere eliminati. La fase di profonde e radicali innovazioni che il vetro ha attraversato negli ultimi vent’anni ha però avuto tra le sue conseguenze anche quella di proporne un uso strutturale, mettendo a disposizione dei progettisti un materiale che può cimentarsi nel portare altri carichi oltre al proprio e che sta offrendo nuove possibilità di sperimentazione, rispettando nello stesso tempo tutte le richieste prestazionali e normative che arrivano da un mondo delle costruzioni sempre più complesso. Un quadro apparentemente restrittivo, PORTARE che però non esclude a priori la possibilità di concepire nuove soluzioni, come affermava Peter Rice: “Al giorno d’oggi viviamo in un’epoca di grandi certezze. Tutto può essere calcolato ed è, e in realtà deve esserlo, soggetto a un controllo di sicurezza, qualcosa che spesso conduce a un design tozzo e banale. La responsabilità legale, la sicurezza e i pregiudizi dell’industria possono essere come una falce che taglia le gambe a qualsiasi tentativo che sembri bizzarro o oltraggioso. A metà del diciottesimo secolo i materiali si studiavano costruendo e aspettando. Alcune delle strutture costruite in questo modo […] sarebbero difficili da giustificare al giorno d’oggi, con tutte le nostre tecniche di analisi e il nostro bisogno di soddisfare regole moderne e norme acustiche e di sicurezza. Questo significa che siamo condannati in eterno a forme che appaiano immediatamente rassicuranti? […] Ovviamente dobbiamo sottostare a tutte le norme e i regolamenti moderni, che, se intelligentemente interpretati, lasciano molto spazio all’invenzione e all’innovazione”3. La lunga marcia che ha portato il vetro ad assumere un ruolo strutturale si è compiuta soprattutto nelle pareti perimetrali: è iniziata col tamponare piccole aperture, addirittura senza permettere la vista all’esterno, ed è proseguita col ricoprire superfici progressivamente più ampie, rendendo le chiusure trasparenti e immateriali: una conseguenza dell’adozione di strutture sempre più esili e puntiformi in acciaio e in calcestruzzo. Ma sarebbe errato in questo caso parlare di uso strutturale del vetro, in quanto inserito in un telaio a svolgere una funzione essenzialmente di tamponamento. Si è cominciato a utilizzare il termine “strutturale” alla nascita delle facciate vetrate a fissaggi puntuali, sistemi ormai molto diffusi nei quali il vetro occupa il posto terminale di una gerarchia di elementi metallici, generalmente in cavi pretesi, dove eventuali cedimenti provocano rotture localizzate e senza conseguenze sul resto della struttura4. Negli ultimi anni il concetto di “vetro strutturale” si è però esteso, intendendo con questo termine il vetro utilizzato per portare carichi, impiegato in travi, pilastri, passerelle, scale, integrato con elementi metallici di collegamento o, negli esempi più recenti, senza di essi. Si tratta di un 101 passaggio fondamentale. La differenza tra l’uso “strutturale” del vetro in facciata e quello come elemento portante, infatti, non vuol dire solo una diversa declinazione del materiale, ma anche un diverso comportamento statico. Uno dei fattori che maggiormente influisce sulla capacità del vetro di resistere alle sollecitazioni deriva dalla durata dei carichi: a parità di intensità, i carichi di lunga durata incidono maggiormente sulla resistenza del vetro rispetto a quelli di breve durata. Elementi quali le coperture e i solai praticabili sono soggetti a entrambi i tipi i forze: di lunga durata (come il peso proprio o arredi), e di breve e media durata (come neve o folla). Il comportamento meccanico di una facciata, soggetta principalmente all’azione del vento e del peso proprio, risulta di conseguenza sostanzialmente differente da quello di una copertura. È chiaro quindi come l’attributo “strutturale” assuma un significato del tutto nuovo quando si ha a che fare con tipi di strutture diverse dalle facciate continue, un significato che ha avuto una grande ricaduta sugli aspetti tecnico/costruttivi e la sta avendo anche in termini di normativa5. L’uso del vetro come struttura portante si è progressivamente intensificato a partire dagli anni ’906. Travi e pilastri in vetro sono entrati a poco a poco nel lessico di un’architettura legata per lo più ad aspetti scenografici, concepita con la prevalente intenzione di stupire. Una delle prime realizzazioni con travi portanti in vetro è del 1993, un progetto di passerella in vetro di Dirk Jan Postel che unisce due edifici per uffici a Rotterdam. Un parallelepipedo completamente trasparente sostenuto da due travi, disegnate in modo da seguire gli sforzi di momento, che coprono una luce di oltre tre metri. Le uniche parti non in vetro sono gli elementi metallici di collega- Oltre la trasparenza mento tra gli elementi7. Al di là della sua effettiva funzionalità, è difficile non associare questo utilizzo a uno scopo prevalentemente scenico, dramatic, secondo una diffusa definizione di stampo anglosassone. Scopo invece diverso da quello, essenzialmente funzionale, che ha portato a realizzare una passerella sopra la pavimentazione 102 della Basilica di Aquileia, costituita da lastre di vetro stratificato da 12+12+12+6 millimetri, che permette di camminare in sicurezza a circa un metro di altezza da mosaici del IV secolo (cfr. il capitolo “Proteggere”). “Drammaticità” e funzionalità è quanto invece richiesto, contemporaneamente, alla passerella sul Grand Canyon, inaugurata nel marzo 2007. Un impressionante struttura a sbalzo che si slancia sul vuoto per più di 21 metri, permettendo ai visitatori di guardare il fiume Colorado, 1200 metri più in basso, attraverso un pavimento composto da lastre di vetro dello spessore di 54,1 millimetri. Una risposta, forse, all’antica ossessione dell’uomo per il volo. Chi ha sfruttato il vetro portante anche come un modo per qualificare e arricchire un’architettura è Eva Jiricna. In diversi suoi progetti di store o appartamenti di prestigio, scale e passerelle interamente in vetro hanno il duplice scopo di impreziosire l’arredo interno e permettere alla luce naturale di penetrare in profondità, una soluzione particolarmente efficace ad esempio nei casi di ristrutturazione di corpi di fabbrica molto profondi, come nel caso della nuova sede AMEC a Londra del 2000 o dell’Hotel Josef a Praga del 20028. Ma il progetto di architettura non ha visto il vetro come materiale portante solo nelle pavimentazioni o nelle scale. Coperture e pareti perimetrali sono state a loro volta oggetto di interpretazioni da parte di progettisti che hanno spostato il confine delle sperimentazioni secondo quanto permesso dalle tecnologie di inizio XXI secolo. Tradizionalmente, nelle strutture di copertura il vetro è stato utilizzato solamente come elemento di tamponamento e chiusura, senza alcuna funzione statica9. Le tecnologie odierne consentono però di sostituire quasi interamente il reticolo strutturale, generalmente in acciaio, con elementi bidimensionali in vetro. Uno dei primi esempi è stato il progetto di Erick Van Egeraat Associated Architects e Savany & Partners per la ristrutturazione della ING Bank a Budapest: la copertura dell’edificio è stata trasformata in una piastra trasparente sostenuta da “pinne” in vetro, sulla quale è incastonata una sala riunioni a forma libera. Una soluzione simile a quella di Maedebach, Redeleit & Partner e Architekten BDA per la copertura della Mensa della Technical University di Dresda, costituita da elementi bidimensionali interamente vetrati, dove l’uso dell’acciaio è limitato agli elementi di aggancio tra trave e trave. Nei sistemi di copertura più recenti la sperimentazione progettuale ha però cercato di andare oltre l’assemblaggio di elementi bidimensionali, ad esempio integrando i tradizionali sistemi reticolari tridimensionali in acciaio con elementi in vetro collocati nella parte superiore, dove convergono le forze di compressione10. In questa progressiva erosione del ruolo strutturale nei confronti degli altri materiali, il vetro è arrivato anche alle pareti perimetrali, convertendo il suo tradizionale ruolo di tamponamento in un compito questa volta di sostegno della copertura11. Uno dei più singolari esempi di edificio con pareti perimetrali interamente realizzate in vetro è la “Laminata House”, realizzata a Leerdam in Olanda tra il 1999 e il 2001 su progetto di Kruunenberg Van der Erve Architecten. Le pareti perimetrali sono state interamente realizzate incollando circa 13.000 “fette” di vetro da 1 centimetro di spessore. In questo caso il vetro forma un muro con uno spessore variabile dai 20 centimetri ai 2 metri, calcolato in funzione del benessere termico e di una ottimale distribuzione delle forze di trazione e compressione. Un’evoluzione in questa smaterializzazione ha invece portato la parete ad assottigliarsi, passando dalla tridimensionalità del muro alla bidimensionalità della lastra. Un significativo esempio di struttura portante in vetro di questo tipo è lo Hanz Schmitz Haus Pavilion, progettato da Hieber e Marquardt PORTARE e realizzato a Rheinbach nel 2000. Il concetto alla base del progetto è sostenere la spessa lastra di copertura mediante elementi scatolari costituiti da lastre in vetro delle dimensioni di 1,25 x 3,66 metri e dello spessore complessivo di 42 millimetri, la cui disposizione ad angolo retto funge nello stesso tempo da irrigidimento della struttura. Un ulteriore esempio di edificio residenziale con muri perimetrali portanti interamente in vetro è la residenza sulle Sangre de Christo Mountains, nei pressi di Santa Fe, su progetto di Mark DuBois Architects. Nel progetto, nato dal profondo interesse per le case in vetro del committente, un collezionista d’arte, un muro in vetro rivolto verso ovest da 8,6 metri di lunghezza per 3,5 di altezza sostiene i carichi della copertura, senza elementi metallici di connessione a vista12. Sono evidenti il riferimento al Padiglione Barcellona di Mies van der Rohe e la volontà di mostrare il vetro come un elemento indipendente e senza connessioni ma, in questo caso, portante. La rincorsa all’immaterialità delle strutture in vetro ha cercato la progressiva sottrazione di elementi opachi fino ad arrivare alla pressochè totale trasparenza. La strada verso strutture completamente trasparenti passa però attraverso un “ostacolo” tecnico, i nodi di giunzione, generalmente realizzati in acciaio. Una soluzione arriva dai polimeri trasparenti (polimetilmetacrilato, policarbonato, polivinilcloruro) utilizzati in strutture sperimentali, come il padiglione e la facciata realizzati nel 2004 presso la Technical University di Delft13. In questa ricerca della totale trasparenza un ruolo importante può essere svolto dagli adesivi ionoplastici, che aumentano il limite di resistenza delle strutture e permettono ad esempio di integrare gli elementi metallici di collegamento all’interno di un vetro stratificato o di eliminare gli elementi metallici di connessione nelle scale. Ma il futuro del vetro portante forse non è solo legato alla massima trasparenza e alla leggibilità della struttura. Probabilmente la strada sarà cercare di capire fino in fondo quali sono gli effettivi territori dei sistemi in vetro portante e arrivare a evitare dubbie interpretazioni del materiale. Qualcosa che interessa non solo l’efficienza prestazionale o la leggibilità della struttura, ma anche e soprattutto la sua semantica. Un percorso in architettura simile a quello compiuto dalla plastica, che dopo anni di coraggiose e a volte spericolate sperimentazioni progettuali sembra aver 103 trovato un ruolo più preciso ed è ora utilizzata in modo più mirato e selettivo14. L’attenzione progettuale verso il futuro uso strutturale del vetro sembra basarsi sempre meno sull’attenzione a una costruzione “a regola d’arte”, focalizzata sul corretto uso del tradizionale “abaco” di componenti (connettori, cavi, puntoni, ecc.) e sempre più verso il tema dell’aspetto, dove l’effetto generale pesi almeno quanto la cura delle connessioni tra le parti; dove più dell’“interpretazione” di elementi tecnici quali coperture, pareti perimetrali, partizioni o scale, valga la messa a punto di nuove declinazioni, che sfruttino le caratteristiche del vetro stesso per ottenere qualcosa di realmente unico. Qualcosa che al momento forse si fatica a intravedere, ma che unisca correttezza strutturale ed espressività formale; qualcosa che, secondo le parole di Ove Arup, “l’ingegnere percepisca come una struttura, l’architetto percepisca come una scultura – ma naturalmente sia entrambe”15. Tecniche: acidatura, sabbiatura, vetri stratificati. Oltre la trasparenza 104 Note 1. M. Salvadori, Perché gli edifici stanno in piedi, Bompiani, Milano 1990, p. 12. 2. A. Aalto, Influenza dei processi costruttivi e della natura dei materiali sull’architettura contemporanea, conferenza tenuta al Congresso internazionale dei costruttori dei paesi nordici a Oslo nel 1938, in A. Aalto, Idee di Architettura. Scritti scelti 1921-1968, Zanichelli Editore, Bologna 1987, pp. 46-47. 3. P. Rice, An Engineer Imagines, Ellipsis London Limited, London 1994, pp. 112-113, (t.d.a.). 4. Ciò che viene correntemente chiamato “vetro strutturale” deriva dagli studi di Peter Rice, Martin Francis e Ian Ritchie, e consiste in un sistema comprendente cavi, connettori e puntoni in acciaio che sostengono una facciata in vetro. Il primo esempio di questo sistema è il celebre progetto delle Serre della Villette a Parigi, opera di Adrian Fainsliber, Peter Rice e Ian Ritchie (cfr. P. Rice, H. Dutton, Structural Glass, Taylor & Francis Books, London 1995). Per una rassegna sulle applicazioni del vetro in strutture intelaiate e a fissaggi puntiformi, cfr. la serie di articoli Vetro strutturale di A. Cauvin e G.e Stagnito pubblicati in “Costruire” n. 279-284. 5. Cfr. la bozza di normativa europea prEN 13474 “Glass in building – Design of glass panes”. L’assenza di normativa ha comportato che per la progettazione e costruzione di strutture in vetro ci si basasse sulla letteratura tecnica e sull’esperienza (cfr. T. Macfarlane, Glass Structures, in “The Structural Engineer”, 9 gennaio 2007, pp. 40-44). 6. Per una trattazione del vetro come materiale portante cfr. J. Wurm, Glass Structures. Design and construction of selfsupporting skins, Birkhäuser, Basel 2007; R. Nijsse, Glass in Structures. Elements, concepts, designs, Birkhauser-Publishers for Architecture, Basel-Boston 2003; C. Schittich, G. Staib, D. Balkow, M. Schuler, W. Sobeck, Glass Construction Manual, Birkhauser, Basilea 1999; Structural Use of Glass in Building, The Institution of Structural Engineers, 1999. 7. L’uso del vetro come elemento portante è ancora associato all’utilizzo di elementi metallici che svolgano quelle funzioni statiche precluse al vetro stesso, ad esempio contrastare le forze di trazione. A questo presso la Technical University di Delft da diversi anni si sta portando avanti un progetto denominato “Zappi”, finalizzato alla realizzazione di elementi strutturali quali travi o pilastri interamente in vetro associato a barre di acciaio che, come nel calcestruzzo, assorbano gli sforzi di trazione. Recentemente gli studi si sono focalizzati sulla prototipazione di una torre interamente in vetro di 20 metri di altezza (cfr. www.zappi.bk.tudelft.nl). 8. Cfr. J. McGuirk, A step up, in “World Architecture”, luglio/ agosto 2002, pp. 76-78 e Hotel Josef in Prague, “Detail” n. 5/2004, pp. 502-505. 9. Alcuni esempi sono le grandi coperture delle stazioni ferroviarie o delle gallerie pedonali quali Galleria Vittorio Emanuele II a Milano, realizzata tra il 1865 e il 1877, o Galleria Umberto I a Napoli, realizzata tra il 1887 e il 1890. 10. Un prototipo di strutture di questo tipo è stato realizzato nel 2006 presso l’Institute of Building Construction della Technische Universität di Dresda, basandosi sul sistema MeRo, sviluppato da Max Mengeringhausen nel 1943, una delle prime strutture reticolari ad avere un reale successo commerciale, in contemporanea col più famoso General Panel di Konrad Wachsmann e Walter Gropius; cfr. B. Weller, S. Reich, Transparent roofs as space grid structures with steel-glass-modules, in “Proceedings of the 10th international conference on Architectural and Automotive Glass (GPD)”, Tampere, Finland 2007, pp. 77-80. 11. Il primo esempio di strutture di questo tipo è forse la casa realizzata ad Almere, Olanda, da Jan Benthem e Mels Crouwel nel 1984 (cfr. Alan J. Brookes, Chris Grech, Hi-Tech. I dettagli dell’involucro, BE-MA editrice, Milano 1992, pp. 5-9. 12. Cfr. M. DuBois, Glass bearing walls – a case study, Tampere 2007, pp. 179-183. 13. Cfr. F. Bos, F. Veer, Transparent polymer joints in glass structures, Tampere 2007, pp. 62-67. 14. Si pensi ad esempio alla casa di plastica della Monsanto del 1957, presentata come la “casa del futuro”, esposta nel Parco di Disneyland e demolita alla fine degli anni ’60, o alla casa di plastica in viale Catania a Sesto San Giovanni, realizzata da Mario Scheichenbauer e attualmente al centro dell’attenzione per vicende legate alla sua occupazione abusiva più che alle sue valenze tecnologiche. Recentemente, chi si è confrontato con la casa di plastica è stato Kengo Kuma, con la Plastic House a Meguro, Tokyo, nel 2002. 15. O. Arup, in J. Wurm, Stacking of glass – structures and sculptures, in Tampere 2007, p. 49, (t.d.a.). 1. / 2. “Laminata House”, realizzata a Leerdam in Olanda su progetto di Kruunenberg Van der Erve Architecten. Le pareti perimetrali sono realizzate incollando circa 13.000 “fette” di vetro da 1 centimetro di spessore. Lo spessore del muro è variabile tra i 20 centimetri e il metro, ed è calcolato in funzione del benessere termico e delle forze di trazione e compressione. (Foto: L. Kramer). PORTARE 105 1 2 Oltre la trasparenza 106 3 3. ING Bank a Budapest, progetto di ristrutturazione di Erick Van Egeraat Architects con Savany & Partners. La corte interna dell’edificio originario del 1883, collocato nel centro storico di Budapest, è stata chiusa da una copertura trasparente sorretta da travi in vetro, nella quale è stata incastonata una sala riunioni di volume irregolare. (Foto: Permasteelisa). 4 5 4. Struttura tridimensionale in acciaiovetro realizzata dall’Institut für Baustatik und Stahlbau di Amburgo. Dal diametro di 2,4 metri, ha esattamente la stessa forma di un pallone da calcio, composta da 12 pentagoni e 20 esagoni di vetro, connessi nei 60 nodi mediante 90 barre di acciaio, assemblati in modo che il vetro assorba solo sforzi di compressione e l’acciaio solo di trazione. 5. Copertura della mensa della TU University di Dresda di Maedebach, Redeleit & Partner e Architekten BDA, realizzata con travi in vetro collegate da elementi in acciaio. (Foto: W. Huthmacher, cortesia di Maedebach, Redeleit & Partner Architekten©). PORTARE Apple Flagship Store Bohlin Cywinski Jackson New York, USA 2005-2006 IL PROGETTO Il progetto per l’Apple Flasghip Store nella Fifth Avenue a New York si inserisce nella strategia dell’azienda di Cupertino di creare una serie di punti vendita nel mondo che colpiscano per la loro architettura innovativa e scenografica. Tali punti vendita, collocati tra Chicago, San Francisco, Los Angeles, Osaka, Tokyo, Nagoya, Londra e New York, vogliono riflettere il carattere pulito e accattivante dei prodotti e creare nello stesso tempo un’“icona” architettonica che rimanga associata al marchio Apple. L’idea di sfruttare al massimo la trasparenza del vetro e utilizzarlo come materiale “simbolo” per tutti i punti vendita nasce nel 2001 per lo store di Soho, sempre a New York. Lo scopo è duplice: permettere la massima visibilità dei prodotti alla clientela e nello stesso tempo catturare l’attenzione dei passanti grazie a un’architettura “drammatica”. Il progetto è caratterizzato da un grande cubo da dieci metri di lato collocato nel mezzo di una piazza circondata da grattacieli, realizzato completamente in vetro, sia nelle sue parti portanti che nelle parti di tamponamento. Il cubo non è però il vero punto vendita, che è interamente sotterraneo, ma solo il vestibolo, che funziona anche come un gigantesco lucernaio dotato di una propria “vita” architettonica. Una griglia ortogonale di travi e pilastri realizzata in vetro temperato e stratificato sostiene la copertura e le pareti perimetrali, totalmente trasparenti. Altro elemento caratterizzante dell’Apple Flagship Store, come degli altri store, pluripiano, è la scala in vetro, in questo caso elicoidale, con parti metalliche di connessione ridotte all’essenziale, che si sviluppa attorno a un futuristico ascensore. Scheda a cura di Massimo Rossetti ed Elisabetta Carattin IL MATERIALE Il cubo esterno, la passerella di ingresso e la scala elicoidale che porta alla zona interrata sono i tre elementi principali del progetto. La struttura portante del cubo è costituita da un reticolo di 5 “pinne” in vetro stratificato per lato poste a una distanza di oltre un metro e mezzo l’una dall’altra che si incrociano in sommità a formare la struttura portante della copertura. Lunghe 10 metri e alte circa 48 centimetri, sono composte da 5 strati di vetro da 12 millimetri con intercalare in PVB da 1,52 millimetri. I pannelli di vetro delle pareti perimetrali sono in vetro stratificato e temperato da circa 3,35 metri di altezza. Una porta vetrata posizionata nell’asse di simmetria conduce alla passerella vetrata e quindi alla scala in vetro. Come intercalare dei vetri della passerella è stato scelto un adesivo ionoplastico per la sua maggiore resistenza e per l’assenza della tonalità parzialmente gialla che invece un film in PVB potrebbe sviluppare nel tempo. Il vetro è stato dimensionato per portare un carico minimo di 4,5 kN/m2. I gradini della scala elicoidale, della larghezza di circa 180 centimetri e realizzati con quattro lastre di vetro temperato e stratificato, sono acidati per renderli parzialmente opachi e garantire la sicurezza alla circolazione, mentre le lastre curve che chiudono il cilindro dell’ascensore sono in vetro extra chiaro. I parapetti della scala sono in vetro trasparente stratificato e temperato chimicamente. La connessione tra elementi metallici e lastre di vetro è uno dei punti tecnologicamente più interessanti dell’intero progetto: è infatti costituita da un piccolo blocco di metallo annegato nello strato centrale del vetro inserito durante la fase di stratificazione delle lastre. 107 Oltre la trasparenza 108 1 2 1. Veduta esterna del Glass Cube da 10 metri di lato. (Foto: L. Facchini). 2. Vista dall’interno della scala elicoidale in vetro. (Foto: L. Facchini). 3. Particolare della parete perimetrale realizzata con lastre in vetro stratificato collegate alle travi mediante connettori metallici. (Foto: L. Facchini). 4. Particolare della scala elicoidale interna: i gradini in vetro stratificato sono collegati al parapetto in lastre di vetro curvo temperato chimicamente. (Foto: L. Facchini). 5. La struttura portante del cubo, realizzata con travi composte da 5 strati di vetro da 12 millimetri con intercalare in PVB da 1,52 millimetri. (Foto: L. Facchini). PORTARE 109 3 5 4 Oltre la trasparenza 110 6 7 8 6. Particolare della parete perimetrale in corrispondenza del punto di collegamento con la struttura portante. (Foto: L. Facchini). 7. Particolare del punto di aggancio tra le travi in vetro stratificato delle pareti perimetrali e quelle della copertura. (Foto: L. Facchini). 8. Vista dall’interno. (Foto: L. Facchini). PORTARE 111 9 10 11 9. Vista d’assieme della scala elicoidale. (Foto: L. Facchini). 10. Particolare dei gradini, realizzati con vetro stratificato a 4 lastre e intercalare in adesivo ionoplastico. (Foto: L. Facchini). 11. Particolare dei connettori metallici che collegano i gradini al parapetto mediante un elemento in titanio annegato nel terzo strato del gradino e collegato a un cilindro passante attraverso un foro nel vetro. (Foto: L. Facchini). Oltre la trasparenza 112 PARTICOLARE 1 DIAGRAMMA DI ASSEMBLAGGIO DELLE TRAVI DELLA STRUTTURA DI COPERTURA PARTICOLARE 2 PARTICOLARE 3 CONNESSIONE A TAGLIO DI UN PANNELLO DI FACCIATA SEZIONE ORIZZONTALE DELLA CONNESSIONE RIVESTIMENTO ESTERNO VETRATO/PINNA STRUTTURALE VETRATA Riferimenti bibliografici - E. Magarotto, Una scala di vetro per Apple, in “Nuova Finestra” n. 333, febbraio 2008, pp. 98-103. - J. O’Callaghan, An all glass cube in New York, in “Proceedings of the 10th international conference on Architectural and Automotive Glass (GPD)”, Tampere, Finland 2007, pp. 98-101. Disegni realizzati da Elisabetta Carattin sulla base della documentazione tecnica presente nella pubblicazione Glass Performance Days. 15-18 June 2007. Tampere Finland. Conference Proceedings, pp. 99-100.