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Valutazione degli atteggiamenti sul potenziamento cognitivo in un campione italiano

La ricerca ha avuto come obiettivo la valutazione delle opinioni di soggetti italiani riguardo al fenomeno dei potenziatori cognitivi: trattasi di farmaci che, assunti da soggetti sani, permetterebbero di migliorare le capacità cognitive. Queste sostanze vengono di solito prescritte dai medici per il trattamento di disturbi neuropsichiatrici. Negli ultimi anni si è rivolta particolare attenzione all’uso dei potenziatori cognitivi in ambito accademico e lavorativo, studenti e lavoratori potrebbero utilizzare queste sostanze per migliorare la propria efficienza durante le sessioni di studio o per aumentare le proprie prestazioni lavorative. Ispirandoci al modello di Fitz et al. (2013) abbiamo progettato un disegno di ricerca 2x2x2 consistente in otto scenari che differivano tra loro per la presenza di tre variabili (Beneficio, Vantaggio, Pressione sociale). Per quanto riguarda la variabile Beneficio abbiamo effettuato una distinzione tra “Individuale” (il protagonista è l’unica persona ad ottenere un beneficio) e “Sociale” (oltre al protagonista ne beneficiano anche altri del risultato conseguito). Relativamente al Vantaggio abbiamo tenuto conto di due possibilità: la presenza di un “Vantaggio Competitivo” (se il protagonista dello scenario raggiunge il suo scopo ciò influisce sulla possibilità degli altri di raggiungerlo) e l’assenza di “Vantaggio Competitivo”(il fatto che il protagonista raggiunga il suo scopo non interferisce sulla possibilità che anche altri lo raggiungano). La variabile relativa alla Pressione sociale è stata manipolata sottolineando che da una parte vi erano “Solo alcuni” che utilizzavano un potenziatore cognitivo per raggiungere l’obiettivo specificato, mentre dall’altra vi era una quantità maggiore di persone che usavano il farmaco indicata come “Molti”. Dopo la lettura dello scenario abbiamo chiesto ai partecipanti di rispondere a tre domande a scelta multipla attraverso l’utilizzo di scale Likert a 6 e 7 punti. Nella prima domanda abbiamo chiesto ai soggetti di immedesimarsi nella posizione del protagonista e decidere di assumere o meno il potenziatore cognitivo. La seconda domanda indagava il modo in cui la pressione sociale poteva influenzare l’atteggiamento e le opinioni dei partecipanti. Nella terza ed ultima domanda abbiamo chiesto di indicare la percentuale di merito attribuibile al protagonista che ha raggiunto il suo obiettivo attraverso l’utilizzo di un potenziatore cognitivo. I nostri risultati si sono basati sulle risposte di 400 partecipanti, suddivisi in 244 femmine (61%) e 156 maschi (39%). Il 73% dei soggetti non si è dimostrato favorevole all’assunzione del potenziatore cognitivo, soltanto il 20% ha dichiarato di voler assumere il farmaco e il 7% non ha espresso un giudizio specifico. Ciò che emerge dalla nostra ricerca è che in Italia non vi è una generale propensione a ricorrere alla pratica del potenziamento cognitivo farmacologico. Le principali resistenze che abbiamo rintracciato sono riconducibili alle preoccupazioni sugli effetti collaterali e alla scorrettezza del procurarsi un vantaggio rispetto agli altri in situazioni di competitività. L’analisi dei risultati relativi al concetto di merito ha indicato che l’assunzione di un farmaco stimolante non diminuisce il valore attribuibile ad un soggetto che ha portato a termine il suo obiettivo. Abbiamo inoltre osservato che i partecipanti ritengono la pressione sociale una variabile di cui tener conto in merito al sentirsi o meno forzati ad assumere un potenziatore cognitivo.

Corso di Laurea in Psicologia Valutazione degli atteggiamenti sul potenziamento cognitivo in un campione italiano Relatrice Laureando Prof.ssa Claudia Bonfiglioli Anno Accademico 2014/2015 Fabrizio Nicolosi ABSTRACT______________________________________________________________3 INTRODUZIONE________________________________________________________5  Potenziamento convenzionale e non-convenzionale______________ 7  Quali abilità cognitive possono essere potenziate? ________________9  Perché il fenomeno è problematico dal punto di vista etico?___ 10  Gli effetti sulla salute__________________________________________________ 10  Libertà di farne uso: Giustizia distributiva_________________________12  Valore della persona e della sua prestazione, Autenticità, Educazione e doping___________________________________________________13 LA RICERCA___________________________________________________________16  Introduzione____________________________________________________________16  Metodo___________________________________________________________________20 o La costruzione degli scenari_______________________________________________ 20 o La somministrazione del questionario___________________________________22 o Assunzione del farmaco____________________________________________________ 24 o Pressione sociale____________________________________________________________ 28 o Merito_________________________________________________________________________ 31  Risultati__________________________________________________________________24  Discussione______________________________________________________________35  Conclusioni _____________________________________________________________ 40  BIBLIOGRAFIA_________________________________________________________42  APPENDICE___________________________________________ _______________49 2 ABSTRACT La ricerca ha avuto come obiettivo la valutazione delle opinioni di soggetti italiani riguardo al fenomeno dei potenziatori cognitivi: trattasi di farmaci che, assunti da soggetti sani, permetterebbero di migliorare le capacità cognitive. Queste sostanze vengono di solito prescritte dai medici per il trattamento di disturbi neuropsichiatrici. Negli ultimi anni si è rivolta particolare attenzione all’uso dei potenziatori cognitivi in ambito accademico e lavorativo, studenti e lavoratori potrebbero utilizzare queste sostanze per migliorare la propria efficienza durante le sessioni di studio o per aumentare le proprie prestazioni lavorative. Ispirandoci al modello di Fitz et al. (2013) abbiamo progettato un disegno di ricerca 2x2x2 consistente in otto scenari che differivano tra loro per la presenza di tre variabili (Beneficio, Vantaggio, Pressione sociale). Per quanto riguarda la variabile Beneficio abbiamo effettuato una distinzione tra “Individuale” (il protagonista è l’unica persona ad ottenere un beneficio) e “Sociale” (oltre al protagonista ne beneficiano anche altri del risultato conseguito). Relativamente al Vantaggio abbiamo tenuto conto di due possibilità: la presenza di un “Vantaggio Competitivo” (se il protagonista dello scenario raggiunge il suo scopo ciò influisce sulla possibilità degli altri di raggiungerlo) e l’assenza di “Vantaggio Competitivo”(il fatto che il protagonista raggiunga il suo scopo non interferisce sulla possibilità che anche altri lo raggiungano). La variabile relativa alla Pressione sociale è stata manipolata sottolineando che da una parte vi erano “Solo alcuni” che utilizzavano un potenziatore cognitivo per raggiungere l’obiettivo specificato, mentre dall’altra vi era una quantità maggiore di persone che usavano il farmaco indicata come “Molti”. Dopo la lettura dello scenario abbiamo chiesto ai partecipanti di rispondere a tre domande a scelta multipla attraverso l’utilizzo di scale Likert a 6 e 7 punti. Nella prima domanda abbiamo chiesto ai soggetti di immedesimarsi nella posizione del protagonista e decidere di assumere o meno il potenziatore cognitivo. La seconda domanda indagava il modo in cui la pressione sociale poteva influenzare l’atteggiamento e le opinioni dei partecipanti. Nella terza ed ultima domanda abbiamo chiesto di indicare la percentuale di merito attribuibile al protagonista che 3 ha raggiunto il suo obiettivo attraverso l’utilizzo di un potenziatore cognitivo. I nostri risultati si sono basati sulle risposte di 400 partecipanti, suddivisi in 244 femmine (61%) e 156 maschi (39%). Il 73% dei soggetti non si è dimostrato favorevole all’assunzione del potenziatore cognitivo, soltanto il 20% ha dichiarato di voler assumere il farmaco e il 7% non ha espresso un giudizio specifico. Ciò che emerge dalla nostra ricerca è che in Italia non vi è una generale propensione a ricorrere alla pratica del potenziamento cognitivo farmacologico. Le principali resistenze che abbiamo rintracciato sono riconducibili alle preoccupazioni sugli effetti collaterali e alla scorrettezza del procurarsi un vantaggio rispetto agli altri in situazioni di competitività. L’analisi dei risultati relativi al concetto di merito ha indicato che l’assunzione di un farmaco stimolante non diminuisce il valore attribuibile ad un soggetto che ha portato a termine il suo obiettivo. Abbiamo inoltre osservato che i partecipanti ritengono la pressione sociale una variabile di cui tener conto in merito al sentirsi o meno forzati ad assumere un potenziatore cognitivo. 4 INTRODUZIONE Con il termine potenziamento cognitivo ci riferiamo all’assunzione di farmaci da parte di individui che non presentano disturbi neurologici o psicologici al fine di migliorare le proprie funzioni cognitive. Questo tema è oggi sotto ai riflettori della comunità scientifica ma anche del tessuto politico e sociale, è recente un’interrogazione parlamentare alla commissione dell’Unione Europea in cui si richiede di focalizzare le implicazioni giuridiche ed etiche di tale fenomeno (Staes, 2009). Il dibattito che muove da discipline come la bioetica e la neuroetica non coinvolge soltanto gli attuali metodi di potenziamento cognitivo ma sembra dirigersi anche verso le aspettative di nuovi farmaci sempre più performanti grazie all’avanzamento delle conoscenze e della tecnologia in ambito medico. La possibilità che vengano create delle sostanze miracolose che permettano all’individuo di superare i propri limiti hanno generato due tipi di reazioni: da una parte coloro che considerano il potenziamento cognitivo come una risorsa e una possibilità di andar incontro ad un futuro positivo per l’umanità, dall’altra i conservatori, che temono che questi farmaci possano intaccare la nostra umanità e autenticità (Schermer, Bolt & Jongh, 2009). Un importante spunto di riflessione è caratterizzato dal fatto che attualmente i farmaci utilizzati per il potenziamento cognitivo sono soggetti ad una regolamentazione che prevede la prescrizione medica, ciononostante non si può ignorare che molti individui, tra cui giovani studenti, potrebbero riuscire con facilità a procurarsi queste sostanze da siti internet illegali in cui la qualità o la genuinità del farmaco (molto spesso contraffatto) rappresentano un serio rischio per la salute. A tal riguardo potrebbero essere opportune delle campagne di sensibilizzazione che mettano in luce gli aspetti positivi e negativi di tali sostanze, del resto, come fa notare Schermer, i soggetti che si procurano autonomamente queste sostanze ugualmente “usano i farmaci per i loro effetti di potenziamento senza nessun controllo o supervisione medica”. (Schermer et al., 2009 p. 84) 5 Una delle questioni trattate durante gli ultimi anni riguarda la linea di demarcazione tra un utilizzo terapeutico di queste sostanze e uno uso legato al potenziamento. Potremmo definire come terapeutico un intervento atto a gestire un deficit neuropsicologico presente nell’individuo. Per quanto riguarda il potenziamento, esso è un intervento che ha la finalità di migliorare una funzione cognitiva senza che vi sia una determinata alterazione ad essa associata (Bostrom & Sandberg, 2009). Seguendo questa linea di ragionamento può sembrare immediato definire come terapeutico l’intervento messo in atto nei confronti di un individuo che soffre di una patologia che gli procura un deficit cognitivo e/o un certo grado di disabilità; così come sembra chiaro che lo studente, senza deficit cognitivi, che utilizza un farmaco stimolante per migliorare la propria memoria e concentrazione, sta mettendo in atto un potenziamento cognitivo. Gli esempi sopra riportati costruiti ad hoc mettono a confronto due estremi, ma nella realtà possiamo imbatterci in situazioni molto meno chiare: un esempio è dato dalla condizione di un anziano che presenta dei sintomi di Deterioramento Cognitivo Lieve (MCI) che non pregiudicano la sua autonomia ma che si configurano in “varie dimenticanze durante il giorno” e che potrebbero portare ad un peggioramento della qualità della vita (“Boosting your brainpower: ethical aspects of cognitive enhancements”, 2007). In riferimento agli utilizzi terapeutici, oggi alcuni farmaci stimolanti vengono impiegati per trattare disturbi come la Sindrome da deficit di attenzione e iperattività, la Narcolessia, la Sindrome da affaticamento cronico e alcune forme di demenza. Nei casi in cui non è presente una disfunzione, l’impiego dei P.C. avviene per migliorare consapevolmente le proprie abilità cognitive. Il miglioramento volontario delle proprie capacità mentali trova spendibilità in numerosi contesti sia accademici che lavorativi: pensiamo, ad esempio, ad uno studente che desidera ottenere un grado di concentrazione più elevato al fine di apprendere le conoscenze necessarie per superare un esame universitario; ad un ricercatore che necessita più ore di veglia per portare a termine il suo progetto di ricerca o ad un lavoratore che decide di ricorrere ai potenziatori cognitivi per avvertire meno la fatica a causa di turni particolarmente stancanti. 6 Potenziamento Convenzionale e non-convenzionale Un’ulteriore differenza di cui dobbiamo tener conto è rappresentata da due diversi metodi di miglioramento cognitivo: uno di questi convenzionale, rappresentato dalle mnemotecniche, dal processo d’istruzione, dall’alimentazione dell’individuo e da determinate tecnologie elettroniche; e un altro non-convenzionale in cui converge l’utilizzo di impianti neurali sperimentali e l’assunzione di farmaci stimolanti. È riguardo a questo secondo tipo di potenziamento cognitivo che ci interroghiamo su molte questioni etiche e sociali (“Neuroscienze e potenziamento cognitive farmacologico: profili bioetici”, 2013). È importante ricordare che l’uomo utilizza da centinaia di anni delle sostanze, considerate naturali, che gli permettono di aumentare la concentrazione per brevi periodi o di superare i momenti di affaticamento, pensiamo all’utilizzo del caffè. Alcuni studi hanno portato all’attenzione che l’assunzione di caffeina potrebbe migliorare temporaneamente la capacità di problem-solving o di ragionamento logico, senza avere effetti positivi significativi in compiti di tipo mnemonico o di apprendimento volontario, si ritiene inoltre che la funzione della caffeina sarebbe riconducibile ad un aumento dell’arousal (Nehlig, 2010). Ma quanti individui sarebbero disposti a considerare il caffè un potenziatore cognitivo alla stregua di determinati farmaci? Da questa riflessione è scaturita una ricerca (Franke, Lieb & Hildt, 2012) nella quale sono state chieste a studenti universitari tedeschi le principali differenze tra gli effetti della caffeina e i farmaci sintetici come ad esempio le anfetamine. Uno dei criteri necessari all’inclusione degli studenti nella ricerca era rappresentato dal fatto che i soggetti avessero fatto uso in passato sia di caffeina che di farmaci per finalità relative al potenziamento cognitivo. I risultati hanno dimostrato che soltanto per meno della metà (44%) degli studenti ci fosse una differenza generale tra l’utilizzo dei farmaci e la caffeina; il 28% ha risposto che non ci fossero differenze tra le due sostanze e un ulteriore 28% ha dichiarato di non riuscire a stabilire con esattezza la presenza o meno di differenze. Successivamente è stato chiesto agli 7 studenti se rilevassero delle specifiche differenze morali (come ad esempio problematiche relative ai concetti d’identità, equità, autenticità, giustizia distributiva e medicalizzazione) tra l’uso di P.C. e caffeina e circa il 55% degli intervistati non ha trovato alcun tipo di differenza. In una ricerca (Bell, Partridge, Lucke & Hall, 2013) alcuni studenti universitari hanno preso parte ad un’intervista semi-strutturata nella quale veniva chiesto loro di esprimere un parere riguardo il fenomeno del potenziamento cognitivo farmacologico, alcuni partecipanti hanno specificato che non riscontravano grandi differenze tra l’assunzione di un farmaco stimolante e l’utilizzo di altre sostanze come ad esempio l’alcol o il caffè: “Non è poi tanto diverso (chi utilizza un P.C., ndr) da qualcuno che assume caffeina o beve per rilassarsi, voglio dire è un modo di studiare, tutti hanno i loro modi di studiare”. (p. 201) Il potenziamento cognitivo farmacologico non è l’unica modalità esistente per migliorare le nostre capacità mentali (Sachdeva, Kumar & Anand, 2015), l’esercizio fisico, soprattutto di tipo aerobico, sembra produrre dei miglioramenti nelle nostre capacità attentive, mnemoniche e di apprendimento verbale (Hillman, Erickson & Kramer, 2008). Anche con la meditazione si possono ottenere dei benefici, si è osservato che le persone impegnate in questa attività presentano un livello di concentrazione più elevato e un’attenzione visiva più accurata ed efficiente (Hodgins & Adair, 2010). La musica svolge un ruolo importante: soggetti anziani che fanno pratica con uno strumento musicale sembra che abbiano meno probabilità di sviluppare una forma di demenza, inoltre individui che hanno preso parte a lezioni di pianoforte ottengono degli effetti positivi in compiti che richiedono la memoria di lavoro o l’abilità di effettuare dei confronti tra lettere, numeri e oggetti (Wan & Schlaug, 2010). Negli ultimi anni gli studi riguardo le tecniche di stimolazione cerebrale hanno evidenziato i possibili benefici sulle abilità cognitive, in particolare prenderemo in considerazione la stimolazione transcranica a corrente diretta (tDCS) e la stimolazione magnetica transcranica (TMS). La tDCS è una tecnica di stimolazione cerebrale non invasiva che permette di modulare l’eccitabilità corticale. Essa prevede l’applicazione di elettrodi sullo scalpo 8 del soggetto che permettono la diffusione di correnti elettriche, quest’ultime sono in grado di produrre un campo elettrico che modifica l’attività neuronale. Le modificazioni sono reversibili e hanno una durata variabile da minuti a circa un’ora. Anche la TMS è una modalità di stimolazione non invasiva che permette la modulazione transitoria dell’attività cerebrale, essa viene utilizzata per provocare una momentanea interferenza ai circuiti neuronali. Nel momento in cui si andrà a richiedere ad un soggetto di svolgere un compito sperimentale, si attiveranno di conseguenza determinate classi di neuroni, l’applicazione della TMS andrà ad interferire con queste attivazioni e si potrà comprendere il ruolo causale della zona stimolata in relazione alla funzione cognitiva utilizzata per portare a termine il compito (Làdavas & Berti, 2009). Alcuni esempi di applicazione di queste due tecniche ai fini del potenziamento delle abilità cognitive sono rintracciabili negli studi di Ross, McCoy, Wolk, Coslett e Olson (2010); e di Gagnon, Schneider, Grondin e Blanchet (2010). Nello studio di Ross et al. 15 partecipanti ricevettero una stimolazione mediante tDCS alle aree anteriori dei lobi temporali durante un compito di denominazione di nomi di personaggi famosi, i risultati dimostrarono che la stimolazione migliorava la capacità di rievocazione di tali nomi. Per quanto riguarda la TMS, Gagnon et al. hanno dimostrato che in 11 partecipanti l’applicazione di questa stimolazione alla corteccia prefrontale dorsolaterale durante la fase di codifica di stimoli verbali e non-verbali, migliorava la velocità dei partecipanti nella fase di riconoscimento degli item. Quali abilità cognitive possono essere potenziate? Per quanto riguarda gli effetti sulla memoria e l’apprendimento, in una ricerca (Breitenstein et al., 2004) è stato osservato che la somministrazione di anfetamine ad un gruppo di individui sani 90 minuti prima di un compito di apprendimento associativo non-parola & figura, aumenta la velocità di apprendimento e di ritenzione (follow-up effettuato ad un anno di distanza) rispetto al gruppo di controllo trattato con un placebo. Sono state raccolte delle evidenze anche riguardo la 9 memoria di lavoro (ML): si è osservato che la somministrazione di Metilfenidato migliorava le prestazioni in compiti che richiedevano la ricerca di item e che tali miglioramenti erano superiori nei partecipanti che presentavano una baseline inferiore di ML rispetto agli altri soggetti con una baseline superiore. (Mehta et al., 2000). Un’interessante ricerca che ha coinvolto la partecipazione di 10 pazienti schizofrenici e di 22 soggetti in buona salute (lo studio prevedeva due gruppi sperimentali formati da pazienti schizofrenici e individui buona salute a cui veniva somministrata la sostanza stimolante e un gruppo di controllo di soggetti sani a cui veniva dato un placebo) ha evidenziato che la somministrazione di anfetamine ad entrambi i gruppi migliorava le prestazioni sia nei tempi di riposta durante un compito che richiedeva il funzionamento della memoria di lavoro spaziale, sia nel test di Stroop; ulteriori miglioramenti sono stati osservati anche in compiti che coinvolgevano la produzione del linguaggio (Barch & Carter, 2005). Risultati analoghi sono stati registrati con la somministrazione di Modafinil a partecipanti a cui è stato richiesto di svolgere dei compiti di attenzione sostenuta visiva, rilevando che il farmaco aumenta il livello di allerta dei soggetti (Gill, Haerich, Westcott, Godenick & Tucker, 2006). Ulteriori studi su questo farmaco e sull’attenzione hanno portato alla luce un’interessante variabilità: sembra che i benefici maggiori li ottengono i soggetti con un quoziente intellettivo più basso (~106) rispetto agli altri con un quoziente più elevato (~115) (Randall, Shneerson & File, 2005). Perché il fenomeno è problematico dal punto di vista etico? Gli effetti sulla salute Un aspetto rilevante è costituito dalle conseguenze sulla salute e dagli effetti collaterali che i farmaci possono comportare. Una delle molecole stimolanti utilizzate come potenziatore cognitivo è il 10 Metilfenidato, che contribuisce ad aumentare il livello di disponibilità dei neurotrasmettitori di dopamina e noradrenalina, consentendo un aumento dell’attività cerebrale nelle aree che controllano l’attenzione e la concentrazione; questo farmaco viene attualmente impiegato per trattare il Disturbo da Deficit dell’Attenzione e Iperattività (ADHD). Riguardo gli effetti collaterali è stato osservato che l’utilizzo del Metilfenidato può comportare come disturbi più comuni problemi gastrointestinali e nausea. Il Modafinil è un farmaco stimolante che aumenta i livelli di dopamina nel Nucleus Accumbens e attualmente è utilizzato per il trattamento della Narcolessia. Nei soggetti in buona salute questa sostanza è in grado di aumentare il livello di allerta e diminuire la percezione della fatica. Degli studi recenti avvertono che l’utilizzo del Modafinil in pazienti non narcolettici potrebbe provocare un disequilibrio del ritmo circadiano e conseguente aumento dello stress psico-fisico (Kim, 2012). La Rivastigmina è un inibitore dell’acetilcolinesterasi e viene utilizzata in medicina per il trattamento di alcune forme di deterioramento cognitivo come la Malattia di Parkinson o la Demenza da Corpi di Lewy. Questa molecola sembra essere in grado di migliorare la capacità di apprendimento di compiti motori e di associazione di simboli a numeri, peggiorando però, in alcuni casi, la memoria episodica. Anche le Anfetamine vengono utilizzate per migliorare le capacità mentali e la resistenza alla fatica, l’utilizzo a lungo termine di queste sostanze può provocare dipendenza e assuefazione, che comportano con il passare del tempo la somministrazione di dosi sempre più elevate per ricercare gli effetti desiderati. In aggiunta agli effetti collaterali generali dovremmo considerare cosa comportano queste sostanze in soggetti più giovani, specialmente se in età evolutiva. Alcuni studi (Lisska & Rivkees, 2003; Poulton & Cowell, 2003; Swanson et al., 2006) indicano che i bambini trattati con farmaci stimolanti potrebbero andare incontro ad un rallentamento del normale processo di crescita (altezza e peso). Ad ogni modo i risultati non sono uniformi, altre ricerche non hanno riscontrato particolari rallentamenti nella crescita se non nel primo anno di trattamento (Sund & Zeiner, 2002). Un ulteriore aspetto da tenere in considerazione è l’aumento nei bambini del ritmo del battito cardiaco e della pressione sanguigna durante il trattamento con gli stimolanti, anche se queste due modificazioni non sembrano essere clinicamente 11 rilevanti nel breve periodo, sarebbe necessario che la comunità scientifica effettui ulteriori studi in vista delle possibili conseguenze nel lungo periodo (Vitiello, 2008). Numerose ricerche hanno indagato gli atteggiamenti di studenti universitari riguardo la possibilità di andare incontro a problemi relativi alla salute dopo l’utilizzo di farmaci per il potenziamento cognitivo, è stato osservato che la volontà di utilizzare queste sostanze diminuisce progressivamente con la consapevolezza della presenza di probabili effetti collaterali gravi (Sattler, Forlini, Racine & Sauer, 2013). È interessante osservare che studenti universitari che hanno fatto uso di potenziatori cognitivi tendono a valutare in maniera più positiva –rispetto a studenti che non hanno mai fatto uso di P.C.- i benefici derivanti dall’assunzione di questi farmaci e a considerare meno pericolosi i possibili effetti collaterali sulla salute (Eickenhorst, Vitzthum, Klapp, Groneberg & Mache, 2012). Libertà di farne uso: Giustizia distributiva Uno spunto di riflessione scaturisce dall’eguale possibilità che ogni membro della società ha di usufruire di un potenziatore cognitivo (giustizia distributiva). Come fanno notare alcuni ricercatori (Farah, Illes, Cook-Deegan, Gardner & Kandel, 2004) è probabile che l’eventuale messa in libero mercato di sostanze legali da assumere per il potenziamento cognitivo non avvantaggerà in maniera equa tutte le classi sociali, la previsione è che gli individui delle classi socio-economiche più basse potrebbero avere maggiori difficoltà nell’acquisto e reperimento degli stimolanti. In merito a questa considerazione possiamo tener conto di due tipi di concezione della giustizia distributiva: da una parte l’utilitarismo, che prevede che i potenziatori cognitivi debbano procurare benefici al maggior numero di persone possibili; dall’altra vi è l’egualitarismo, secondo cui la distribuzione degli stimolanti dovrebbe essere allineata quanto più possibile ai bisogni degli individui, in questo caso più una persona ha necessità di potenziarsi più dovrebbe essere in grado di farlo rispetto agli altri (Savulescu, 2009). Un punto di vista meno positivo è rintracciabile nel pensiero di McKibben, secondo 12 cui il potenziamento cognitivo andrebbe osteggiato poiché non procurerebbe altro che maggiori disuguaglianza nella società, dato che le prime persone che potrebbero usufruire dei vantaggi di queste sostanze sarebbero quelle più in salute e benestanti (McKibben, 2004). Ad ogni modo dobbiamo renderci conto che nella società esistono già una enormità di ineguaglianze che vengono tollerate: un bambino nato in una famiglia economicamente benestante avrà accesso privilegiato a determinate risorse, potrà usufruire di un’istruzione, un’alimentazione e una qualità della vita sensibilmente superiore e non sperimenterà, con le dovute eccezioni, molte delle problematiche vissute da altri bambini nati in un ambiente e in una famiglia a rischio. Le difficoltà derivanti dal provenire da una famiglia economicamente disagiata molto spesso si traducono nell’impossibilità, per i più giovani, di poter esprimere a pieno le proprie potenzialità. È importante comprendere che: “La natura assegna vantaggi e svantaggi senza preoccuparsi della giustizia” (Savulescu, 2009 p.20), se il potenziamento cognitivo può migliorare in qualche modo la qualità della vita delle persone più sfortunate questa alternativa dovrebbe essere presa quantomeno in considerazione. Nelle analisi di Sandberg e Savulescu (2011) viene sottolineato che un lieve aumento delle abilità cognitive della popolazione porterebbe a diminuire l’incidenza di molti problemi legati all’apprendimento e contribuirebbe ad un parziale livellamento delle differenze dovute allo stato socioeconomico. Valore della persona e della sua prestazione, Autenticità, Educazione e doping. Lo studente che assume un farmaco stimolante al fine del superamento di un esame è comparabile all’atleta che sceglie di fare uso di sostanze dopanti in una gara? Innanzitutto è necessario chiarire che si può parlare di doping o di “barare” soltanto in quei contesti in cui un determinato comportamento va inequivocabilmente contro le regole stabilite, norme che sono presenti, ad esempio, nelle competizioni sportive. (Bostrom & Sandberg, 2009). Nei licei e nelle università italiane le regole interne e la nostra legislazione non 13 prevedono –attualmente- delle prescrizioni relativamente l’uso dei potenziatori cognitivi (e per estensione sostanze stimolanti come energy drink, etc.) prima o durante la preparazione di test ed esami. Si potrebbe argomentare che fino al momento in cui un’azione non pregiudica o limita la libertà e la possibilità di realizzazione degli altri, allora quell’azione è considerata tollerabile, un esempio è dato dallo studente che decide di usare un P.C. per ottenere un buon voto ad una prova in itinere scolastica. Cosa accadrebbe se, invece, la stessa decisione dello studente venisse effettuata per il superamento di un test di ingresso a numero chiuso? Dovremmo iniziare a rendere illegali in contesti come questo l’utilizzo di sostanze stimolanti poiché considerate un vantaggio disonesto? Secondo il parere di Roache (2008) è un’utopia considerare che nella nostra società ogni individuo possa avere le stesse opportunità o vantaggi degli altri: le disparità esisteranno sempre, ci sono studenti che possono permettersi dei professori o dei tutor personali mentre altri non hanno le possibilità economiche per farlo, alcuni ragazzi possono passare tutta la giornata sui libri e non aver alcun tipo di preoccupazioni, altri sono costretti a frazionare le ore di studio con quelle lavorative. In questa prospettiva i potenziatori cognitivi non costituirebbero altro che un’ulteriore variabile di vantaggio acquisibile, evenienza che potrebbe livellare gli altri svantaggi espressi nelle righe precedenti. In merito alla disonestà nell’assumere i potenziatori cognitivi, diverse ricerche hanno indagato gli atteggiamenti di studenti universitari: in un’indagine effettuata nell’università di Cambridge (Scheske & Schnall, 2012) i risultati indicano che viene considerata in modo peggiore l’assunzione dei P.C. durante un esame nei contesti in cui soltanto pochi individui fanno uso di sostanze stimolanti, rispetto alle situazioni nelle quali molte più persone li utilizzano. Bell et al. (2013) hanno osservato che molti studenti universitari australiani ritenevano scorretta l’assunzione di Metilfenidato per ottenere maggiore concentrazione durante lo studio, l’utilizzo degli stimolanti veniva considerato una modalità inaccettabile di procurarsi un vantaggio: “Non è corretto perché le persone si impegnano in altri modi per riuscire a trovare la concentrazione, dovrebbero limitare la loro vita sociale, piuttosto che cercare di avere tutto e dopo barare assumendo il Ritalin” (p. 200) 14 Dei dati interessanti provengono dalla ricerca di Forline e Racine (2010), in cui alcuni partecipanti hanno dichiarato che l’utilizzo di un farmaco stimolante durante le sessioni di studio poteva essere comparato alla pratica disonesta di assumere steroidi prima di una competizione sportiva, poiché in entrambi i contesti la finalità era quella di aumentare una propria prestazione. Una questione rilevante è rappresentata dal ruolo che l’educazione ricopre: non si dovrebbe considerarla come una mera attività rivolta all’ottenimento dei cosiddetti “beni esterni”, rappresentati dai premi o dalle conseguenze materiali immediate che scaturiscono da una possibile competizione; il percorso educativo, essendo per l’appunto un iter, porta con sé tutta una serie di cambiamenti qualitativi per il soggetto. Secondo Juengst (1998) l’utilizzo dei potenziatori cognitivi potrebbe da una parte rendere più immediato il processo di apprendimento e di memorizzazione delle informazioni, ma dall’altra svalutare il concetto di studio disciplinato e di reale comprensione delle nozioni apprese (Schermer, 2008). 15 LA RICERCA Introduzione La nostra ricerca si è focalizzata sulla valutazione degli atteggiamenti di soggetti italiani riguardo al fenomeno dei potenziatori cognitivi. Ispirandoci al modello di ricerca di Fitz (2013), abbiamo progettato otto scenari in cui manipolare determinate variabili al fine di comprendere le opinioni dei partecipanti. Ad ogni soggetto abbiamo mostrato una situazione nella quale il protagonista della vicenda doveva raggiungere un obiettivo (che poteva essere scolastico, lavorativo o socialmente utile) e prendeva in considerazione l’eventualità di utilizzare un potenziatore cognitivo. Nella costruzione degli scenari abbiamo fatto in modo che venissero considerati tre aspetti di rilevanza etica nel contesto dei potenziatori cognitivi: la pressione sociale, la competitività e il tipo di beneficio prodotto. Con pressione sociale intendiamo la possibilità che le decisioni di un individuo possano essere influenzate dal comportamento di altre persone. Possiamo rintracciare due modalità di pressione: la prima, di tipo verticale, è quella messa in atto dai superiori nei confronti dei dipendenti all’interno di un’organizzazione. La seconda modalità di pressione sociale, di tipo orizzontale, coinvolge il gruppo dei pari ed è proprio quest’ultima che abbiamo trattato nella nostra ricerca. Pensiamo, ad esempio, ad uno scenario in cui un soggetto è in competizione per il raggiungimento di un obiettivo accademico o lavorativo, cosa accadrebbe se venisse a sapere che molti dei suoi avversari o colleghi stanno utilizzando dei farmaci per ottenere delle prestazioni superiori? Probabilmente la persona in questione potrebbe aver già le proprie credenze polarizzate sulla possibilità di assumere o meno un potenziatore cognitivo, ma la consapevolezza di trovarsi in una situazione in cui molti dei candidati utilizzano questo genere di farmaci potrebbe portarlo alla convinzione di trovarsi in una sorta di posizione di svantaggio rispetto a tutti gli altri. Uno scenario simile a quello appena tracciato è stato proposto in una ricerca di Forlini e Racine (2009), nello studio è stato chiesto a studenti universitari e ai loro genitori cosa ne pensassero relativamente ai concetti di autonomia e coercizione nella pratica del potenziamento cognitivo mediante l’uso delle anfetamine. Per 16 permettere ai partecipanti di esprimere le proprie opinioni i ricercatori hanno messo a punto un Focus group e molte riflessioni dei soggetti vertevano sul fatto che: “Gli studenti non hanno molta scelta se non quella di utilizzare i potenziatori cognitivi, specialmente in un ambiente universitario competitivo dove i loro pari potrebbero fare uso dei P.C.” (p. 172) Il concetto di scelta individuale è legato all’autonomia personale ed essa potrebbe essere intaccata da aspetti coercitivi diretti o indiretti. L’esempio sopra riportato attiene proprio al campo della pressione indiretta che viene esercitata dai pari o dalla società nei confronti dell’individuo, in questo caso lo studente che sceglie di assumere o meno il farmaco non deve fronteggiare una costrizione attiva, nessuno lo obbliga attraverso una minaccia, ma ugualmente il suo processo decisionale potrà essere influenzato. Un ulteriore aspetto di criticità è rappresentato dal fatto che lavoratori o studenti potrebbero essere costretti ad assumere dei potenziatori cognitivi per mantenere determinati standard qualitativi: pensiamo ai piloti di linea o agli autisti di automezzi che possono andare incontro a lunghe sessioni lavorative o ai chirurghi, per i quali la permanenza nelle sale operatorie può superare la decina di ore. Nel momento in cui la richiesta di assumere potenziatori cognitivi venisse presentata all’individuo attraverso minacce o conseguenze negative in caso di rifiuto, ci troveremmo di fronte alla cosiddetta coercizione diretta. Per quanto riguarda la variabile Competitività abbiamo tenuto conto di due possibilità: la presenza di un vantaggio competitivo (se il protagonista dello scenario raggiunge il suo scopo ciò influisce sulla possibilità degli altri di raggiungerlo, come ad esempio in un test di ingresso a numero chiuso) e la sua assenza (il fatto che il protagonista raggiunga il suo scopo non interferisce sulla possibilità che anche altri lo raggiungano, ad es. voler ottenere un buon voto ad un esame universitario). Relativamente al tipo di beneficio abbiamo effettuato una distinzione tra “individuale” (il protagonista è l’unica persona ad ottenere un beneficio, come nell’esempio sopra riportato del test d’ingresso) e “sociale” (oltre al protagonista ne beneficiano anche gli altri del risultato conseguito), infatti l’utilizzo delle sostanze stimolanti non riguarda necessariamente la ricerca da parte delle persone di un immediato beneficio personale, possiamo tenere in considerazione anche dei contesti in cui 17 l’assunzione di un potenziatore cognitivo può comportare un beneficio per la comunità. Pensiamo, ad esempio, ad un autista di pullman che di notte effettua viaggi a lunga percorrenza e decide di utilizzare un P.C. per mantenere una concentrazione alla guida ottimale. Le domande che abbiamo posto ai partecipanti dopo la lettura degli scenari avevano lo scopo di indagare tre tematiche: la propensione del soggetto ad assumere un potenziatore cognitivo, l’autenticità e la pressione sociale. Riguardo il primo aspetto abbiamo chiesto ai partecipanti di immaginare di trovarsi al posto del protagonista e di decidere se assumere un P.C. Per ciò che concerne il concetto di autenticità dobbiamo tener conto dei due significati di questo termine: da una parte potremmo definire autentico “[…] ciò che appartiene alla natura più propria dell’uomo, che ne esprime il carattere” (Treccani, 2009), dall’altra il significato di autenticità rimanda alla possibilità che l’utilizzo di un potenziatore cognitivo possa inficiare la percezione di merito o di genuinità di un risultato conseguito (Bostrom & Sandberg, 2009). Il primo significato attiene, quindi, alla sfera identitaria del soggetto, a ciò che rende un individuo sé stesso. L’utilizzo di determinati farmaci può comportare delle modificazioni nel comportamento e nel “modo di sentirsi” di una persona, a tal proposito sono state chieste ad un gruppo di adulti con diagnosi di Sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) delle opinioni riguardo il collegamento tra i farmaci assunti per la terapia e la propria personalità (Bolt & Schermer, 2009). Le risposte raccolte sono state piuttosto eterogenee, per alcuni soggetti i farmaci avevano contribuito a chiarire alcuni aspetti della personalità: “La questione non è che non sei più te stesso, io credo di essere sempre stato me stesso. Considerando però che i farmaci ti rendono più tranquillo, inizi a comprenderti in maniera diversa. Passi più tempo a pensare a te stesso e scopri delle cose che non ti saresti mai aspettato” (p. 106) Per altri la scelta di assumere i farmaci rappresentava un fattore pragmatico: “In questa maniera posso continuare ad avere un lavoro per più di sei mesi l’anno e posso continuare i miei studi” (p. 105) Non mancano i racconti di esperienze negative come per un soggetto che riferisce: 18 “Un partecipante del mio gruppo di terapia per L’ADHD ha scoperto di avere questo disturbo a 38 anni, ha iniziato ad usare il Ritalin ed è cambiato così tanto che i suoi amici gli hanno detto: “[…] sei ancora una brava persona ma non sei più qualcuno con cui vogliamo avere a che fare”” (p. 106) Il nostro studio si è focalizzato sul secondo significato di autenticità, sulla possibilità di essere considerati in funzione delle nostre azioni. Nello specifico: Se il protagonista dello scenario utilizza un potenziatore cognitivo, quanto di quel risultato è merito suo? L’uso del farmaco stimolante può rendere minore la percezione del merito? Per comprendere il modo in cui la pressione sociale influenza l’atteggiamento e le opinioni riguardo il potenziamento cognitivo, abbiamo utilizzato una variabile a due livelli per la costruzione degli scenari: da una parte è stato sottolineato che vi erano “Solo alcuni” che utilizzavano un potenziatore cognitivo per raggiungere l’obiettivo specificato, dall’altra vi era una quantità maggiore di persone che usavano il farmaco indicata come “Molti”. 19 Metodo Al fine di indagare gli atteggiamenti dei partecipanti e ispirandoci al modello del questionario di Fitz (2013) abbiamo utilizzato la Contrastive Vignette Technique (Burstin, Doughtie & Raphaeli, 2006). Questo metodo consiste nel progettare degli scenari minimamente differenti tra loro, manipolando determinate variabili ma ponendo a tutti i partecipanti le medesime domande indipendentemente dallo scenario ricevuto. Ogni partecipante riceve, infatti, soltanto una versione degli scenari e non è a conoscenza dell’esistenza delle altre varianti. La costruzione degli scenari Per valutare la correttezza dei costrutti del nostro disegno di ricerca abbiamo effettuato tre fasi di pretest. I pretest sono stati somministrati attraverso un questionario cartaceo ed in ognuno di essi è stata inserita una delle versioni degli scenari che avevamo progettato; dopo la lettura dello scenario abbiamo chiesto ai partecipanti di rispondere a tre domande in merito alle variabili che intendevamo manipolare nello studio, ovvero Pressione sociale, Vantaggio e Beneficio. Riportiamo ai fini esemplificativi una delle domande: “Se Alberto riuscisse a raggiungere il suo obiettivo, secondo lei ne deriverebbe un ‘’beneficio individuale’’ (ovvero, Alberto sarebbe l’unica persona ad ottenere un beneficio) oppure un ‘’beneficio sociale’’ (ovvero, oltre ad Alberto ne beneficerebbero anche altre persone)?” La risposta poteva essere fornita attraverso l’utilizzo di una scala Likert a 7 punti, nella quale agli estremi vi erano i costrutti di beneficio individuale e beneficio sociale. Questa operazione è stata necessaria per comprendere se la percezione che noi avevamo di tali costrutti collimasse con quella del campione di riferimento. Il procedimento ha rivelato che, nella versione dello scenario in cui erano presenti i fattori di Beneficio sociale e Vantaggio competitivo, i partecipanti non percepivano questi costrutti nel modo in cui avevamo pensato in fase di progettazione: i soggetti, pur individuando la presenza della variabile di Vantaggio competitivo, non ritenevano che l’obiettivo del protagonista producesse un Beneficio sociale. Dopo 20 aver effettuato delle modifiche allo scenario in questione, i risultati del secondo e del terzo pretest hanno confermato che le opinioni dei partecipanti -in merito ai fattori citati precedentemente- fossero in linea con le nostre. La versione definitiva del nostro disegno di ricerca prevedeva quindi la creazione di otto diversi scenari in cui venivano manipolate le variabili di nostro interesse, ciascuna a due livelli: variabile Beneficio (Individuale, Sociale); variabile Vantaggio (Competitivo, non-Competitivo); variabile Pressione sociale (Alta, Bassa). Ciascuno scenario descriveva una situazione in cui il protagonista doveva raggiungere un determinato obiettivo: la prima frase definiva il contesto e ci permetteva di manipolare le variabili di Beneficio e Vantaggio, con la seconda frase potevamo manipolare la variabile Pressione, la terza frase era uguale per tutte le versioni dello scenario e prevedeva che il protagonista prendesse in considerazione la possibilità di utilizzare un potenziatore cognitivo per raggiungere il suo scopo nonostante non soffrisse di deficit neurologici o psicologici. Riportiamo a titolo esemplificativo un confronto tra due scenari (tabella 1). Beneficio individuale Vantaggio competitivo presente Forte Pressione Sociale Alberto è uno studente universitario e tra qualche settimana dovrà sostenere il test di ingresso per un Master a numero chiuso. Debole Pressione Sociale Alberto è uno studente universitario e tra qualche settimana dovrà sostenere il test di ingresso per un Master a numero chiuso. Ultimamente Alberto è venuto a conoscenza dell’esistenza di un farmaco che consente di migliorare la capacità di concentrazione. Egli sa che molti dei suoi colleghi utilizzano lo stesso farmaco per aumentare la probabilità di superare il test. Ultimamente Alberto è venuto a conoscenza dell’esistenza di un farmaco che consente di migliorare la capacità di concentrazione. Egli sa che solo alcuni dei suoi colleghi utilizzano lo stesso farmaco per aumentare la probabilità di superare il test. Sulla base di queste informazioni, nonostante non soffra di alcun disturbo neurologico o psicologico, Alberto sta prendendo in considerazione la possibilità di utilizzare il farmaco. Sulla base di queste informazioni, nonostante non soffra di alcun disturbo neurologico o psicologico, Alberto sta prendendo in considerazione la possibilità di utilizzare il farmaco. Tabella 1 – Due scenari a confronto 21 La somministrazione del questionario Per la costruzione e la somministrazione dei questionari abbiamo utilizzato la piattaforma Google Drive, con essa è stato creato un modulo per ogni scenario e ai partecipanti ne è stato assegnato uno in maniera casuale. La somministrazione del questionario è avvenuta via internet, i soggetti sono stati reclutati mediante degli inviti di partecipazione inviati per email o inseriti in Forum di discussione. Non sono stati previsti incentivi per la partecipazione alla ricerca. Dopo la richiesta iniziale di consenso informato e la lettura dello scenario i partecipanti dovevano rispondere a tre domande a scelta multipla: nella prima abbiamo chiesto ai soggetti di immedesimarsi nella posizione del protagonista e decidere di assumere o meno il potenziatore cognitivo (Se lei si trovasse nella situazione di Alberto, prenderebbe il farmaco?), la risposta poteva essere fornita mediante l’utilizzo di una scala Likert a 7 punti. La seconda domanda indagava gli atteggiamenti dei partecipanti riguardo la percezione della pressione sociale presente nello scenario (Visto il numero di colleghi che ne fa uso, secondo lei Alberto si sente forzato ad utilizzare il farmaco?), anche in questo caso la risposta prevedeva la scelta di un valore su una scala Likert a 7 punti. Nella terza ed ultima domanda abbiamo chiesto di indicare su una scala Likert a 6 punti la percentuale di merito attribuibile al protagonista che ha raggiunto il suo obiettivo attraverso l’utilizzo di un potenziatore cognitivo (Se alla fine Alberto decidesse di prendere il farmaco e riuscisse a raggiungere il suo scopo (ovvero, migliorare il proprio voto all'esame) in che misura ritiene che la prestazione ottenuta sia merito suo?). Per ogni domanda è stato previsto uno spazio in cui ogni soggetto poteva scrivere liberamente e aggiungere ulteriori spiegazioni in merito alla risposta data. Successivamente abbiamo richiesto delle informazioni personali quali il genere, la data di nascita, il comune di residenza e la professione, abbiamo utilizzato queste informazioni per comprendere se potevamo rintracciare delle correlazioni tra le risposte fornite agli scenari e questi ultimi dati. Le risposte dei partecipanti ci sono pervenute in maniera telematica ed anonima e i dati sono stati trattati in modo aggregato. La ricerca è stata rivolta esclusivamente a soggetti italiani maggiorenni e ogni partecipante è stato informato che le risposte ottenute 22 attraverso il questionario sarebbero giunte ai ricercatori in maniera del tutto anonima e che non sarebbe stato possibile ricondurle alla loro persona. La raccolta dati si è conclusa al raggiungimento di almeno 50 risposte per scenario. Le eventuali risposte in eccesso non sono state incluse nell’analisi successiva. Nel caso in cui lo stesso soggetto abbia completato più di una volta il questionario, abbiamo eliminato tutte le altre sue risposte e tenuto conto soltanto della prima giunta a noi in ordine temporale, per effettuare questo controllo abbiamo utilizzato i dati anagrafici forniti dai partecipanti. Dall’analisi delle risposte è stata esclusa una partecipante che aveva dichiarato di essere maggiorenne durante la fase di consenso informato ma che poi ha inserito una data di nascita che non confermava la maggior età. 23 Risultati I risultati si basano sulle risposte di 400 persone, suddivise in 244 femmine (61%) e 156 maschi (39%). Le risposte relative a ciascuno scenario sono state analizzate mediante una Anova univariata con i fattori Vantaggio (competitivo, noncompetitivo), Beneficio (individuale, sociale) e Pressione (alta, bassa). Eventuali post-hoc sono stati condotti attraverso il test LSD di Fisher. Assunzione del farmaco Il 73% di tutte le risposte dei soggetti alla domanda riguardante l’assunzione del potenziatore cognitivo si colloca all’interno della scala Likert tra i valori 1 – 2 – 3 (“Assolutamente no”, “No”, “Più no che sì”). Soltanto il 21% degli intervistati si è dimostrato favorevole a prendere il farmaco inserendo una risposta compresa tra i valori 5 – 6 – 7 (“Più sì che no”, “Sì”, “Assolutamente sì”). Il 7% dei partecipanti non ha espresso un parere specifico (4 = “Non saprei”). (grafico 1) Grafico 1 – Risposte dei partecipanti in merito all’assunzione del farmaco 24 Le prime ipotesi da noi indagate riguardavano la possibilità di cogliere delle differenze, nel processo decisionale dei partecipanti, in merito all’assunzione di un potenziatore cognitivo. Nello specifico avevamo ipotizzato che i soggetti sarebbero stati meno disposti ad assumere il farmaco nelle condizioni in cui era presente il fattore di vantaggio competitivo rispetto alle situazioni di vantaggio non-competitivo (poiché pensavamo che l’assunzione in un contesto di competitività poteva far sorgere delle preoccupazioni in merito alla correttezza di tale pratica). I risultati dimostrano un andamento opposto alla nostra previsione ma significativo: infatti i partecipanti sono più propensi a prendere il farmaco nelle situazioni di vantaggio competitivo (2,96) che in quelle di vantaggio non-competitivo (2,58) [F(1, 392)= 5,4, p >.03]. Riguardo al fattore Beneficio avevamo ipotizzato una minore propensione ad assumere il farmaco in presenza di un beneficio sociale rispetto a quello individuale (avevamo ritenuto che uno scopo socialmente utile potesse attrar meno i partecipanti rispetto ad un fine individualista) , a tal proposito i risultati mostrano che non c’è differenza nella decisione di prendere il farmaco in funzione del tipo di beneficio [individuale = 2,68, sociale = 2,86; F(1, 392) = 1,3, n.s.]. Relativamente al fattore Pressione non abbiamo rilevato una differenza statisticamente significativa rispetto alla propensione ad assumere il P.C. in funzione della pressione sociale [alta = 2,86, bassa = 2,68; F(1, 392) = 1,3, n.s.] (quando invece ci aspettavamo che la scelta di assumere il farmaco fosse più presente nelle situazioni con alta pressione sociale, per via di un effetto coercitivo indiretto). I risultati evidenziano un’interessante interazione tra i fattori di Beneficio e Pressione [F(4,1), p<.05], da cui emerge che la pressione sociale ha un effetto solo quando il beneficio è individuale. In questo caso infatti vi è minor propensione ad assumere il farmaco quando la pressione sociale è bassa (2.42) rispetto a quando è alta (2.93) [F(1,392)=4.1, p<.05]. Non si osservano differenze invece tra pressione alta (2.79) e bassa (2.93) nei casi di beneficio sociale (grafico 2). 25 Grafico 2 – Interazione tra Beneficio e Pressione Questo risultato è ulteriormente specificato dalla marginalmente significativa triplice interazione Vantaggio X Beneficio X Pressione [F(1, 392)=3.8, p<.0513]. Mentre nella condizione di vantaggio competitivo i partecipanti si dicono ugualmente disposti ad assumere il farmaco indipendentemente dal fatto che vi sia alta o bassa pressione sociale, e che il beneficio sia individuale o sociale, nella condizione di vantaggio non-competitivo si dicono meno disposti ad assumerlo quando vi è bassa pressione sociale ed il beneficio è individuale (grafico 3). 26 Grafico 3 – Interazione Vantaggio x Beneficio x Pressione È rintracciabile un’interessante correlazione in cui i partecipanti sono più disposti ad assumere il potenziatore cognitivo quanto più percepiscono il contesto come coercitivo (p<.05) (grafico 4) 27 Grafico 4 – Propensione ad assumere il farmaco e valutazione della pressione sociale subita da Alberto Pressione sociale Il 46% di tutte le risposte dei partecipanti riguardo la domanda sulla pressione sociale si colloca tra i valori 1 – 2 – 3 (“Assolutamente no”, “No”, “Più no che sì”). Il 42% dei soggetti ha inserito una risposta compresa tra i valori 5 – 6 – 7 (“Più sì che no”, “Sì”, “Assolutamente sì”). Il 12% dei partecipanti non ha espresso un parere specifico (4 = “Non saprei”) (grafico 5). 28 Grafico 5 - Risposte dei partecipanti in merito alla Pressione Sociale Per quanto riguarda il costrutto di pressione sociale avevamo ipotizzato che i partecipanti ritenessero il protagonista dello scenario più spinto ad utilizzare il potenziatore cognitivo nelle situazioni di alta pressione sociale (reputavamo che un alto numero di persone che utilizzavano un P.C. avrebbe aumentato la percezione di “forzatura”); i risultati confermano la nostra ipotesi e mostrano che secondo i soggetti il protagonista si sente più forzato ad utilizzare il farmaco nelle condizioni di pressione sociale alta (3.89) rispetto a quelle di pressione sociale bassa (3.45) [F(1, 392)=7.19, p<.01]. Non risultano esserci, invece, differenze nella percezione della pressione sociale relativamente al tipo di vantaggio, i partecipanti non riferiscono alcuna differenza rispetto a quanto il protagonista dello scenario si senta forzato ad assumere il farmaco nelle condizioni di vantaggio competitivo (3.74) e di vantaggio non-competitivo (3.6) [F(1, 392)=.8, n.s]. Ci si poteva aspettare che nelle situazioni di pressione sociale alta, il fatto che il vantaggio fosse competitivo spingesse maggiormente verso l’assunzione del farmaco, rispetto alla condizione di vantaggio non-competitivo. Analogamente, ci si 29 sarebbe potuti aspettare che a parità di Vantaggio competitivo, il fatto che ci fosse alta pressione sociale potesse far percepire Alberto come più forzato all’assunzione. Tuttavia, questa ipotesi non viene supportata dai dati. L’interazione Vantaggio X Pressione non risulta significativa. É interessante notare come i partecipanti considerino più “forzanti” le situazioni in cui il beneficio è sociale (3.9) piuttosto che individuale (3.5) [F(1, 392)=6.9, p<.01]. Questo risultato è ulteriormente specificato dall’interazione significativa Beneficio X Vantaggio [F(1, 392)=10.9, p<.002], da cui emerge che la forzatura è percepita come massima nella situazione di beneficio sociale e vantaggio competitivo, mentre non si osservano differenze tra le altre situazioni. Quando il vantaggio non è competitivo, non si osserva nessuna differenza in funzione del tipo di beneficio (individuale o sociale), così come non vi sono differenze quando il beneficio è individuale in funzione del tipo di vantaggio (competitivo vs non-competitivo) (grafico 6). Grafico 6 – Interazione tra Beneficio e Vantaggio 30 Merito Il 27% di tutte le risposte dei partecipanti riguardo il merito del protagonista si colloca all’interno della scala Likert tra i valori 1 – 2 – 3 (“0%”, “20%”, “40%”). Il 73% degli intervistati ha inserito una risposta compresa tra i valori 5 – 6 – 7 (“60%”, “80%”, “100%”) (grafico 7). Grafico 7 - Risposte dei partecipanti riguardo il Merito Relativamente al merito attribuito dai partecipanti al protagonista dello scenario, avevamo ipotizzato una percezione inferiore nelle situazioni di vantaggio competitivo (ritenendo che la percezione di merito poteva essere minore in un contesto in cui il proprio comportamento pregiudicava la realizzazione degli obiettivi altrui); contrariamente a ciò, i partecipanti attribuiscono al protagonista un merito maggiore nelle condizioni di vantaggio competitivo (4.49) rispetto a quelle con vantaggio non-competitivo (3.94) [F(1, 392)=18.4, p<.001]. Non abbiamo, invece, riscontrato alcuna differenza tra il merito attribuito al protagonista in funzione della pressione sociale [pressione alta: 4.19, pressione bassa: 4.24, F(1, 392)=.19, n.s.]. 31 I risultati mostrano una differenza significativa nel merito attribuito al protagonista nelle condizioni di beneficio individuale (4.52) rispetto al beneficio sociale (3.9) [F(1, 92)=23.5, p<.0001]. Questa differenza è ulteriormente specificata dall’interazione significativa Beneficio X Vantaggio [F(1, 392)=5.8, p<.02], da cui emerge che nei casi di beneficio sociale il merito attribuito è inferiore quando il vantaggio è noncompetitivo piuttosto che competitivo [3.5 vs 4.3, F(1, 392)=5.8, p<.001], mentre nel caso di beneficio individuale non vi è differenza (Grafico 8). Grafico 8 – Interazione tra Beneficio e Vantaggio 32 Non solo, si osserva anche l’influenza del fattore Pressione (Grafico 9). Infatti, il pattern di risultati sopra descritto si presenta nella condizione di pressione alta, ma non in quella di pressione bassa [F(1, 392)=5.8, p<.01]. Grafico 9 – Interazione tra Vantaggio x Beneficio x Pressione 33 Inoltre, una correlazione ci mostra che Il merito attribuito ad Alberto nel raggiungimento del suo obiettivo è tanto maggiore quanto più le persone si dicono disposte ad assumere il farmaco (p<.05) (Grafico 10). Grafico 10 – Propensione ad assumere il farmaco e merito attribuito ad Alberto per il raggiu gi e to dell’obiettivo 34 Discussione I nostri partecipanti sembrano essere polarizzati sulla decisione di non far uso dei potenziatori cognitivi (73%), le motivazioni aggiuntive da loro inserite ci hanno permesso di rintracciare tre principali spiegazioni: in primo luogo i soggetti riferiscono molte preoccupazioni riguardo agli effetti collaterali delle sostanze stimolanti, come rintracciabile anche nella ricerca di Santoni De Sio, Faulmüller, Savulescu e Vincent (in stampa), in cui più della metà dei 102 studenti universitari ha riferito i propri dubbi sull’assunzione dei P.C. a causa degli effetti collaterali dei farmaci. Secondariamente abbiamo individuato un generale rifiuto di utilizzare dei farmaci se non strettamente necessario dal punto di vista medico. La terza motivazione è collegata al concetto di correttezza: i soggetti hanno considerato l’utilizzo dei P.C. una modalità simile a quella del doping sportivo, questo risultato è osservabile anche nello studio di Forlini e Racine (2010), nel quale alcuni partecipanti consideravano la pratica del potenziamento cognitivo simile a quella del doping poiché si trattava allo stesso modo di aumentare una prestazione, e nella ricerca di DeSantis, Webb e Noar (2008) in cui queste sostanze venivano definite degli anabolizzanti accademici. Per quanto riguarda il 21% dei nostri soggetti che ha risposto positivamente alla domanda sull’assunzione del potenziatore cognitivo, questo risultato si avvicina al valore riscontrato da Castaldi et al. (2012), i ricercatori hanno studiato –per la prima volta- in Italia il fenomeno relativo all’utilizzo dei P.C., i dati da loro riportati hanno evidenziato che il 16% dei partecipanti ha dichiarato di aver fatto uso almeno una volta di farmaci stimolanti al fine di migliorare le proprie prestazioni. Un dato interessante emerso dalla nostra ricerca è che molti dei soggetti che hanno risposto di voler prendere il farmaco e che hanno motivato la propria decisione, hanno dichiarato che la scelta dipendeva dall’eventuale assenza di effetti collaterali gravi: P= “Se ho la ragionevole convinzione che questo farmaco non porti a gravi effetti collaterali e che dia un significativo aiuto ai fini del test, lo utilizzerei certamente. In 35 ogni caso effettuerei delle prove prima di utilizzarlo al test per capirne la reale efficacia e gli effettui che provoca.” P= “Se fossi certa che il farmaco funziona e non ha effetti collaterali potrei prendere in considerazione la possibilità di utilizzarlo per darmi un po' di energia in più per affrontare un periodo di stress.” Un risultato simile è riscontrabile nella ricerca di Franke, Bonertz, Christmann, Engeser e Lieb (2012), in cui più di 2/3 dei 1547 studenti tedeschi ha confermato che la condizione necessaria per assumere dei farmaci stimolanti era proprio quella relativa all’assenza di effetti collaterali a lungo termine. Abbiamo inoltre osservato che la decisione di assumere un potenziatore cognitivo sembra essere collegata al contesto in cui i partecipanti si trovano: nelle situazioni che richiedono un certo livello di competitività (come ad esempio il superamento di un test d’ingresso a numero chiuso) i soggetti sono più disposti ad assumere il farmaco rispetto a scenari in cui non vi è competizione. I nostri partecipanti hanno riconosciuto che per un individuo avere la consapevolezza che altre persone utilizzano un potenziatore cognitivo potrebbe costituire un fattore di pressione sociale indiretta. Le maggiori preoccupazioni che abbiamo riscontrato in merito vertono sulla considerazione che nessuno vorrebbe mai trovarsi in una situazione di potenziale svantaggio rispetto agli altri: P1= “Penso che Alberto sia forzato a considerare la scelta (di assumere un P.C. – ndr) per porsi in una condizione di partenza paritaria (almeno in una certa misura) rispetto a quella dei suoi colleghi. Non vorrebbe essere troppo svantaggiato, sa che se vuole sperare di vincere la corsa al via deve trovarsi non troppo distante dalla linea di partenza” P=2 “L'ideale in una competizione sarebbe gareggiare ad armi pari. Essendo svantaggiato rispetto agli altri che assumono il farmaco, probabilmente Alberto potrebbe pensare di prenderlo per pareggiare le condizioni di partenza.” Queste considerazioni sono in linea con i risultati ottenuti da Forlini e Racine (2009), in cui viene sottolineato che le persone percepiscono l’astensione dall’utilizzo dei potenziatori cognitivi -in un ambiente in cui il fenomeno è diffuso- un rilevante fattore 36 di svantaggio. Dalle risposte dei partecipanti emerge, inoltre, una questione relativa al concetto di deresponsabilizzazione e di comportamento collettivo. Per alcuni soggetti il fatto che un individuo si trovi in una situazione in cui una pratica (in questo caso ritenuta negativa) è molto diffusa in un gruppo, ciò potrebbe comportare delle modificazioni nella percezione di tale pratica: P4= “[…] ho constatato che la diffusione di prassi illecite induce alla convinzione di una loro minor gravità. Se tutti lo fanno, allora lo posso fare anche io.” P=5 “Per il principio della deresponsabilizzazione diffusa che la situazione di gruppo fa emergere.” I nostri risultati mostrano che la percezione della pressione sembra essere più elevata nei contesti in cui il beneficio è sociale ed è presente una situazione di competizione. Questo andamento potrebbe essere spiegato dalla considerazione che i soggetti con intenti altruistici sentono maggiormente il peso della pressione poiché sono a conoscenza che i vincitori della competizione sarebbero limitati ad un determinato numero. L’utilizzo di un potenziatore cognitivo non sembra inficiare la percezione di merito relativa al raggiungimento di un obiettivo, di questo avviso è circa il 70% dei partecipanti. Dall’analisi delle risposte abbiamo rintracciato due motivazioni che giustificano questo andamento: innanzitutto viene tenuto in considerazione l’effetto placebo: P=6 “E se il farmaco fosse solo un placebo? Significa che almeno l'80% è tutto merito suo e della sua autoconvinzione che il farmaco conti” P= “Prendere il farmaco gli dà l`illusione di essere maggiormente in grado di riuscire all`esame ma in realtà è tutto merito del suo impegno” In secondo luogo viene attribuita rilevanza alle competenze e agli sforzi che un individuo mette in atto al fine di raggiungere il suo scopo: 37 P=7 “Il farmaco è un aiuto, un sinergico che fa funzionare meglio il cervello non studia al posto tuo, è Alberto a rimanere sui libri, i caffè, le sigarette, gli psicofarmaci che assume servono soltanto a velocizzare o migliorare l'apprendimento credo”; P=8 “È ovviamente merito di Alberto, per tutto l'impegno e la quantità di studio che ha dovuto affrontare per preparare questa prova. L'integratore può migliorare la prestazione, predisporci ad affrontarla con positività e con più energia, può anche convincerci di avere più possibilità. Se potessi quantificare l'influenza del farmaco in percentuale questa non supererebbe il 5%”. L’aspetto relativo al merito è stata approfondito anche nella ricerca di Fitz et al. (2013), in questo caso i partecipanti hanno dichiarato di considerare più meritevoli gli individui che riescono a raggiungere un risultato senza l’ausilio di un potenziatore cognitivo, rispetto a coloro che hanno avuto ugualmente successo ma attraverso l’uso di un P.C. Un dato interessante è costituito dal fatto che i nostri partecipanti ritengono il protagonista più meritevole nei contesti di vantaggio competitivo e beneficio individuale, inoltre, la percezione di merito è tanto maggiore quanto più le persone si ritengono disponibili ad assumere il farmaco. A nostro avviso questi ultimi risultati potrebbero dipendere da un meccanismo di giustificazione: nelle situazioni in cui gli individui vengono coinvolti da conseguenze personali (ad es. vincere un posto in una selezione a numero chiuso), sembra che un risultato di successo -anche se realizzato attraverso l’ausilio di un potenziatore cognitivo- sia sempre riconducibile al merito individuale: P= “E' tutto merito suo, poiché è stato lui a scegliere di prendere il farmaco, per cui, indipendentemente dagli effetti dello stesso (aumentare la concentrazione) e dal modo in cui ci è riuscito, Alberto ha ottenuto ciò che voleva.” P= ”Il merito è comunque di Alberto, anche se il farmaco lo ha aiutato a rendere al massimo delle sue potenzialità.” Di conseguenza anche se il farmaco avesse influenzato la prestazione, il merito sarebbe pienamente del soggetto, che ha scelto di utilizzare la sostanza stimolante. 38 39 Conclusioni I risultati da noi ottenuti indicano che in Italia non vi è una generale propensione all’utilizzo dei potenziatori cognitivi. Sebbene i nostri partecipanti abbiano individuato l’importanza che la pressione sociale riveste nel processo di coercizione indiretta, soltanto una persona su cinque ha dichiarato di voler prendere in considerazione l’utilizzo di una sostanza stimolante per il raggiungimento di un obiettivo. Questo andamento sembra dipendere dai timori e dalle perplessità riguardo gli effetti negativi dei potenziatori cognitivi sulla salute. Abbiamo inoltre rintracciato una forte componente etica in merito al rifiuto di assumere P.C., questa pratica viene considerata una modalità scorretta e moralmente deplorevole per ottenere un vantaggio, al pari del doping sportivo. Per quanto riguarda il concetto di merito dobbiamo tener conto di due considerazioni, da una parte i nostri soggetti si focalizzano maggiormente sul risultato conseguito: riuscire nei propri intenti, indipendentemente dai mezzi utilizzati, costituisce già una norma meritocratica; dall’altra abbiamo rilevato che alcuni partecipanti attribuiscono ben poca importanza agli effetti di potenziamento delle sostanze stimolanti e paragonano i benefici di quest’ultime a quelli di un placebo. Il quadro che emerge dal nostro lavoro è che in Italia il potenziamento cognitivo farmacologico non possiede gli stessi connotati che sono presenti in altri paesi, in cui l’utilizzo e le preoccupazioni relative alle sostanze stimolanti sembrano essere piuttosto presenti. È recente un studio (Partridge, Bell, Lucke, Yeates & Hall, 2011) che prende in considerazione 142 pubblicazioni scientifiche e rivela che nel 94% di esse il fenomeno del potenziamento cognitivo viene definito come una pratica comune e sensibilmente in crescita. A nostro avviso questa differenza potrebbe dipendere dalle diversità culturali dei campioni di riferimento, è possibile che in presenza di contesti particolarmente competitivi (come ad esempio le università americane) l’apprensione relativa ai propri risultati e ai modi in cui ottenerli possa essere maggiore. 40 Siamo del parere che questa evidenza non debba tradursi in un disinteresse in merito alla questione, teniamo presente che è soltanto da qualche anno che in Italia iniziano ad essere intraprese le prime ricerche sperimentali. Nella nostra ricerca non abbiamo potuto approfondire alcune tematiche come ad esempio le modalità di reperimento dei potenziatori cognitivi e il ruolo degli effetti collaterali sulla salute, riteniamo che tali aspetti potrebbero costituire un’interessante punto di partenza per studi futuri. 41 BIBLIOGRAFIA Articoli e riviste Barch D.M., Carter C.S., (2005) - Amphetamine improves cognitive function in medicated individuals with schizophrenia and in healthy volunteers – Science Direct, Schizophrenia Research 77 43-58. Bell S., Partridge B., Lucke J., Hall W., (2013) - Australian university students’ attitudes towards the acceptability and regulation of pharmaceuticals to improve academic performance.- Neuroethics, 6(1)197-205. Bolt I., Schermer M., (2009) - Psychopharmaceutical Enhancers: Enhancing Identity? – Neuroethics 2:103–111. 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Debole Pressione Sociale Alberto è uno studente universitario e tra qualche settimana dovrà sostenere il test di ingresso per un Master a numero chiuso. Ultimamente Alberto è venuto a conoscenza dell’esistenza di un farmaco che consente di migliorare la capacità di concentrazione. Egli sa che molti dei suoi colleghi utilizzano lo stesso farmaco per aumentare la probabilità di superare il test. Ultimamente Alberto è venuto a conoscenza dell’esistenza di un farmaco che consente di migliorare la capacità di concentrazione. Egli sa che solo alcuni dei suoi colleghi utilizzano lo stesso farmaco per aumentare la probabilità di superare il test. Sulla base di queste informazioni, nonostante non soffra di alcun disturbo neurologico o psicologico, Alberto sta prendendo in considerazione la possibilità di utilizzare il farmaco. Sulla base di queste informazioni, nonostante non soffra di alcun disturbo neurologico o psicologico, Alberto sta prendendo in considerazione la possibilità di utilizzare il farmaco. 49 Beneficio individuale Vantaggio competitivo assente Beneficio Sociale Vantaggio competitivo presente Alberto è uno studente universitario. Nell'ultimo esame sostenuto ha ottenuto una votazione di 25/30. Non essendo soddisfatto del voto, decide di ripetere l’esame per ottenere un risultato di almeno 27/30. Alberto è uno studente universitario. Nell'ultimo esame sostenuto ha ottenuto una votazione di 25/30. Non essendo soddisfatto del voto, decide di ripetere l’esame per ottenere un risultato di almeno 27/30. Ultimamente Alberto è venuto a conoscenza dell’esistenza di un farmaco che consente di migliorare la capacità di concentrazione. Egli sa che molti dei suoi colleghi utilizzano lo stesso farmaco per ottenere delle prestazioni accademiche migliori. Sulla base di queste informazioni, nonostante non soffra di alcun disturbo neurologico o psicologico, Alberto sta prendendo in considerazione la possibilità di utilizzare il farmaco. Ultimamente Alberto è venuto a conoscenza dell’esistenza di un farmaco che consente di migliorare la capacità di concentrazione. Egli sa che solo alcuni dei suoi colleghi utilizzano lo stesso farmaco per ottenere delle prestazioni accademiche migliori. Sulla base di queste informazioni, nonostante non soffra di alcun disturbo neurologico o psicologico, Alberto sta prendendo in considerazione la possibilità di utilizzare il farmaco. Forte Pressione Sociale Alberto è uno dei concorrenti di un importante torneo di scacchi. Se vincerà il torneo, Alberto devolverà il premio in denaro ad un ente benefico. Ultimamente Alberto è venuto a conoscenza dell’esistenza di un farmaco che consente di migliorare la capacità di concentrazione. Egli sa che molti dei concorrenti utilizzano lo stesso farmaco per avere più probabilità di vincere il torneo. Sulla base di queste informazioni, nonostante non soffra di alcun disturbo neurologico o psicologico, Alberto sta prendendo in considerazione la possibilità di utilizzare il farmaco. Debole Pressione Sociale Alberto è uno dei concorrenti di un importante torneo di scacchi. Se vincerà il torneo, Alberto devolverà il premio in denaro ad un ente benefico. Ultimamente Alberto è venuto a conoscenza dell’esistenza di un farmaco che consente di migliorare la capacità di concentrazione. Egli sa che solo alcuni dei concorrenti utilizzano lo stesso farmaco per avere più probabilità di vincere il torneo. Sulla base di queste informazioni, nonostante non soffra di alcun disturbo neurologico o psicologico, Alberto sta prendendo in considerazione la possibilità di utilizzare il farmaco. 50 Beneficio Sociale Vantaggio competitivo assente Alberto è un autista di pullman Alberto è un autista di pullman extraurbano ed ogni giorno effettua extraurbano ed ogni giorno effettua faticosi viaggi a lunga percorrenza. faticosi viaggi a lunga percorrenza. Ultimamente Alberto è venuto a conoscenza dell’esistenza di un farmaco che consente di migliorare la capacità di concentrazione. Egli sa che molti dei suoi colleghi utilizzano lo stesso farmaco per ottenere una maggior concentrazione alla guida ed evitare possibili incidenti. Sulla base di queste informazioni, nonostante non soffra di alcun disturbo neurologico o psicologico, Alberto sta prendendo in considerazione la possibilità di utilizzare il farmaco. Ultimamente Alberto è venuto a conoscenza dell’esistenza di un farmaco che consente di migliorare la capacità di concentrazione. Egli sa che solo alcuni dei suoi colleghi utilizzano lo stesso farmaco per ottenere una maggior concentrazione alla guida ed evitare possibili incidenti. Sulla base di queste informazioni, nonostante non soffra di alcun disturbo neurologico o psicologico, Alberto sta prendendo in considerazione la possibilità di utilizzare il farmaco. 51