SVILUPPARE L'ATTACCAMENTO.
La primissima relazione che un bambino costituisce è quella con la madre.
Tutte le relazioni comportano diverse dimensioni e tra tutte quella dell'attaccamento è la più studiata, grazie J. Bowlby, la cui teoria sull'attaccamento è l'approccio fondamentale per comprendere lo sviluppo sociale precoce, e ha dato inizio a diverse ricerche sulla formazione delle relazioni intime dei bambini.
La natura e le funzioni dell'attaccamento.
La relazione di attaccamento può essere definita come un legame emotivo duraturo con un certo individuo. I tratti di questo legame sono:
selettivi, ovvero focalizzati su individui specifici che ne stimolano il comportamento di attaccamento in modi e misure uniche.
Implicano la ricerca della vicinanza fisica, quindi lo sforzo di mantenere la vicinanza del rapporto.
Forniscono benessere e sicurezza, frutti della vicinanza fisica.
Producono ansia da separazione quando il legame viene interrotto e la vicinanza diviene impossibile.
In seguito i bambini hanno sviluppato strategie evolutive finalizzate ad attirare l'attenzione dei genitori (pianto), tenere l'attenzione e l'interesse (sorrisi e vocalizzi) ottenere la vicinanza (seguire ed aggrapparsi). I bambini sono geneticamente predisposti per stare accanto ai caregiver e a richiamare la loro attenzione in caso di necessità. I vari comportamenti di attaccamento utilizzati per questi scopi sono presenti già dai primi mesi di vita anche se inizialmente automatici e stereotipati, nel corso del primo anno di vita si focalizzeranno solo su uno o due individui, organizzandosi in una serie di comportamenti mirati, pianificati e flessibili.
La funzione biologica è quella di garantire la sopravvivenza, quella psicologica è ottenere sicurezza. Questo comportamento funziona solo se il genitore ricambia il comportamento, favorendo lo sviluppo di un sistema di attaccamento genitoriale. La relazione d'attaccamento, secondo Bowlby, funziona come un sistema di controllo. È predisposto a mantenere costante una certa condizione e quando questa è realizzata, l'attaccamento è in stato quiescente, e il bambino non ha bisogno di piangere o di aggrapparsi e può dedicarsi ad altre attività (gioco-esplorazione). Quando invece la condizione è minacciata (lontananza momentanea della madre) si attiva la reazione dell'attaccamento e il bambino cerca di riconquistare lo status quo.
Il modo in cui il bambino affronta ciò cambia con l'età e con l'incremento delle funzioni cognitive e comportamentali: a 6 mesi usa il pianto, a 3 anni chiamerà “mamma” e la seguirà. Cambia anche in base alle condizioni del bambino: se è stanco o malato le risposte di attaccamento si attivano molto prima. Allo stesso modo cambia in base alla situazione esterna; in ambiente famigliare sarà più tollerante riguardo l'assenza momentanea del caregiver.
L'attaccamento è costituito da una rete di azioni , cognizioni ed emozioni, il cui obbiettivo consiste nel promuovere il bisogno fondamentale dell'umanità, vale a dire, la sopravvivenza.
Il corso dello sviluppo.
Per costruire una relazione con un'altra persona e per instaurare le relazioni di attaccamento occorre gran parte del primo anno di vita. Il fondamento del legame si riassume nelle seguenti azioni:
prestare attenzione in maniera selettiva al volto umano e alle voci;
riconoscere i famigliari;
reagire agli altri con pianti e sorrisi, finché qualcuno non si prende cura del problema;
però non devono essere considerate coincidenti con il legame stesso.
Inizialmente il legame si manifesta in modo semplice e servono molti anni perché raggiunga lo stadio maturo, Bowlby ha proposto una struttura di 4 stadi:
FASE 1: Preattaccamento, i piccoli nascono già predisposti all'attaccamento con le altre persone. Un preadattamento sociale che si manifesta in 2 forme:
Selettività percettiva: tendenze visive e uditive che prediligono le caratteristiche del volto e della voce umana.
Comportamento di segnalazione: meccanismi di pianto/sorriso con la quale il bambino attira su di se l'attenzione.
Anche se inizialmente sono meccanismi grezzi e indiscriminati, garantiscono la sopravvivenza.
FASE 2: Sviluppo dell'attaccamento, va dai 2 ai 7 mesi. Il bambino acquisisce le principali regole dell'interazione, norme che comprendono soprattutto la regolazione reciproca di attenzione e risposta, necessarie nelle interazioni a 2 ed è necessario che il comportamento sia sincronizzato, i piccoli devono imparare ad armonizzare le proprie risposte a quelle degli altri. Con il tempo così, il bambino apprende che ci sono momenti in cui prodursi in vocalizzi e altri in cui ascoltare, per dare origine a scambi reciproci che sono sotto la responsabilità congiunta di madre/figlio.
FASE 3: Attaccamento ben sviluppato. Fino ai 2 anni. Le interazioni si sono organizzate in relazioni. Dai 7-8mesi riescono a sopportare l'assenza temporanea del caregiver e l'ansia da separazione e la renitenza ad entrare in contatto con estranei dimostrano che è emerso un legame che non dipende dalla presenza fisica, ma ha un carattere duraturo. Le persone non sono più intercambiabili. È nata una relazione di attaccamento e appare circa alla stessa età anche in diversi contesti culturali. Non è chiaro se possa essere posticipata nel tempo, alcuni bambini adottati in età avanzata suggeriscono una grande flessibilità.
FASE 4: Relazioni in funzione dell'obbiettivo. A partire dai 2 anni il comportamento con altre persone diventa sempre più intenzionale. Saprà regolare il pianto in funzione alla distanza che lo separa dalla mamma e se questo non ha successo, potrà gridare o seguire la persona. Inizia a comprendere gli obbiettivi e i sentimenti altrui, li prende in considerazione e pianifica i comportamenti. Diventano sempre più abili a programmare le loro azioni alla luce degli obbiettivi, e a prendere parte a quelle che Bowlby ha definito relazioni in funzione dell'obbiettivo. In questa fase le risposte esterne attivate sono guidate da sentimenti interiori e da aspettative, uno sviluppo legato alla formazione dei modelli operativi interni, ovvero le strutture mentali che comprendono le interazioni e le emozioni sperimentate ogni giorno con le figure di attaccamento; una volta costruite operano per guidare il comportamento nel contesto di tutte le relazioni intime future.
Sicurezza-insicurezza.
È indispensabile verificare se le esperienze di relazioni interpersonali producono risultati diversi. Queste relazioni sono molto sfaccettate e possono influenzare in diversi modi. L'aspetto più esaminato è il modo in cui i bambini traggono da quella relazione un senso di insicurezza.
Il lavoro di Mary Ainsworth (1978) ha concepito un modo per valutare la sicurezza nell'attaccamento, e uno schema di classificazione per definire i pattern d'azione.
La valutazione è basata sulla procedura nota come Strange Situation, composta da una serie di episodi brevi e standardizzati, tenuti in una stanza adibita all'osservazione in contesto non familiare. I test prevedono l'osservazione del bambino con la madre, con un estraneo, da solo con un estraneo, totalmente da solo e il ritorno e la riunificazione con la madre. Gli stress impliciti attivano il comportamento e rivelano l'uso che i bambini fanno della mamma come fonte di sicurezza.
I 4 pattern fondamentali emersi sono:
ATTACCAMENTO SICURO: vi si trova la maggior parte dei bambini. Livello moderato di ricerca della vicinanza della madre; turbato dalla sua assenza, la accoglie con entusiasmo. È prevedibile che sia in grado di dare vita a relazioni sicure con adulti e pari, che sviluppino un'immagine del sé positiva che li aiuterà ad affrontare compiti cognitivi di studio e gioco.
ATTACCAMENTO INSICURO EVITANTE: il bambino evita il contatto con la padre, soprattutto quando rientra dopo n episodio di separazione. Non appare turbato se lasciato con una persona estranea. Le relazioni successive rischiano di essere messe a repentaglio.
ATTACCAMENTO INSICURO RESISTENTE: il bambino è molto turbato dalla separazione e al ritorno la madre avrà molte difficoltà a consolarlo. Il bambino cerca il confronto e respinge al tempo stesso.
DISORGANIZZATO: non possiede un sistema coerente che gli permette di affrontare lo stress. Mostra comportamenti contraddittori nei confronti della madre, che indicano confusione e paura della relazione. Si pensa che questi bambini siano a rischio di sviluppare una psicopatologia nella vita successiva. Il numero di bambini classificati in questo pattern, resta comunque esiguo.
Questa procedura è stata ampiamente criticata poiché: applicabile solo dai 12-18 mesi, per il suo carattere artificiale, campione ridotto di comportamenti che può fornire, e ancor più ridotto campione di comportamenti su cui è basata la categorizzazione e la dubbia utilità su certi bambini, come quelli che frequentano l'asilo nido o abituati a pratiche educative diverse (Occidente).
I modelli operativi interni.
La Strange Situation ha focalizzato l'attenzione sui comportamenti di attaccamento. Recentemente nuovi metodi di valutazione, hanno consentito di estendere la valutazione ad età successive, e mediante a questi nuovi metodi, l'idea di Bowlby sui modelli operativi interni ha acquisito notevole importanza.
B. ha rappresentato tali modelli come strutture mentali, basate sulle esperienze precedenti del bambino con le figure di attaccamento. E grazie a queste strutture il bambino è in grado di rappresentare interiormente gli attributi pertinenti a ogni figura di attaccamento e il tipo di relazione instaurata con la persona. Alla fine del primo , affinano la capacità di rappresentare il mondo mentalmente in forme simboliche (pensano alle loro figure di attaccamento, a se stessi e alla loro relazione.). Il fatto stesso di piangere per l'assenza della madre, indica che sanno guidare il proprio comportamento tramite un modello in interno della madre. Questi modelli assumono maggiore influenza man mano che passa il tempo. L'esperienza di una madre calorosa e accogliente da un modello di figura di sostegno, sicurezza e, quindi, fiducia di disponibilità nel momento del bisogno.
Il modello del sé rispecchia il tipo di relazione con la madre: se vissuta come soddisfacente, si sentirà sicuro e accettato e avrà un immagine di sé positiva. Una relazione abusante darà origine ad un'immagine negativa che potrà avere ripercussioni sfavorevoli sul comportamento. In seguito questi modelli vengono trasferiti su altre persone e altre relazioni: chi si ritiene simpatico si aspetterà interazioni positive con gli altri, chi si sentirà rifiutato si accosteranno alle relazioni con aspettative di esito negativo.
Da un lato, i modelli operativi, sono rappresentazioni del passato ; dall'altro sono usati come guida del comportamento nelle relazioni intime future. Sono flessibili e modificabili sulla base di nuove esperienze, tuttavia B. credeva che i primissimi modelli che costruiamo siano più persistenti, perché sono a livello inconscio e non prontamente accessibili. Le manifestazioni esterne delle relazioni sono comunque facilmente osservabili, al contrario l'accesso ai fenomeni interiori è più complesso.
La tecnica più diffusa per gli adulti è la Adult Attachment Interview: intervista semistrutturata, per sollecitare l'individuo a illustrare le proprie esperienze di relazioni di attaccamento durante la prima infanzia, e in che modo ritiene che tali esperienze possano aver influenzato lo sviluppo successivo. Non è tanto il contenuto dei ricordi, ma il modo in cui sono espressi, con particolare attenzione alla coerenza e all'apertura emotiva. La classificazione che riassume lo stato mentale dell'individuo si riassume in 4 categorie:
autonomi: parlano delle proprie esperienze infantili in modo diretto, coerente, riconoscendo gli aspetti negativi, positivi e le emozioni. Sono considerati Sicuri.
Distanziati: soggetti che sembrano essere all'oscuro della natura emotiva della propria infanzia, trascurano le esperienze negative o ne rifiutano il significato. (evitanti).
Preoccupati: eccessivamente coinvolti quando esprimono i propri ricordi, sembrano sopraffatti e diventano incoerenti e confusi. (resistenti).
Irrisolti. Rivelano di non essere riusciti a riorganizzare la propria vita mentale dopo esperienze dolorose nell'infanzia , come perdite ed eventi traumatici. (disorganizzati).
Le madri che ricadono in certe categorie hanno maggiori probabilità di generare figli della stessa categoria, cioè il modello operativo interno che la madre costruisce durante la sua infanzia influenza la modalità interattiva che userà con il figlio.
LA RELAZIONE TRA PARI.
I legami con i coetanei svolgono un ruolo fondamentale per la vita del bambino.
Alcuni studiosi come Judith harris (1998) e Steven Pinker (2002) hanno suggerito la provocatoria idea che la socializzazione abbia luogo prevalentemente con i pari, in controtendenza con la tradizionale opinione che sia l'influenza dei genitori la più importante. Evitando di passare da un'esagerazione all'altra, la conclusione più plausibile è che genitori e pari adempiono a funzioni diverse e ognuno ha un ruolo preciso da svolgere per soddisfare le esigenze specifiche.
Le relazioni orizzontali e verticali.
Le relazioni verticali si instaurano con una persona che detiene conoscenza e potere in misura maggiore rispetto al bambino, coinvolgono un individuo più vecchio (genitori o insegnati). Le relazioni sono di natura complementare:l'adulto controlla e il bambino si sottomette, il bambino cerca aiuto e l'adulto lo fornisce. La funzione principale è quella di fornire sicurezza e protezione al bambino, e di consentire loro di acquisire conoscenza e abilità.
Le relazioni orizzontali, tra individui dello stesso grado di potere sociale. Hanno il carattere di uguaglianza e le interazioni sulle quali si basano sono reciproche, e non complementari: un bambino si nasconde dietro l'altro, lo cerca, uno tira la palla e l'altro la prende. I ruoli possono essere invertiti, perché i partner hanno abilità simili. La funzione è di acquisire abilità che possono essere apprese solo con i pari, come la collaborazione e la competizione. Per alcuni versi sono più difficili da sostenere rispetto a quelle verticali.
I genitori tendono a sostenere le interazioni: completano le espressioni, interpretano i suoi desideri anche se non sono chiaramente espressi. A volte questi “accorgimenti” non si verificano nelle relazioni orizzontali, perché ogni bambino ha i propri programmi che tendono a sovrapporsi ed è più forte la pressione su di esso affinché acquisisca le competenze necessarie per l'interazione congiunta. Così imparano dai pari ciò che non imparerebbero con gli adulti: le qualità del leader, le abilità di soluzione dei conflitti, la condivisione, abitudini, usi comuni, come affrontare ostilità e bullismo. Inoltre i gruppi di bambini, dopo essersi formati, individuano presto i propri valori e consuetudini, come abbigliamento, taglio di capelli, ma anche caratteri interiori come le opinioni su come dovrebbe andare il mondo.
Tuttavia, per quanto le due relazioni si differenzino l'una dall'altra, restano collegate: ciò che accade in un ambito, può influenzare l'altro, com'è rilevato dai due tipi di influenze che le verticali esercitano sulle orizzontali:
Le influenze dirette, si riferiscono a quei genitori con comportamenti da programmatori della vita sociale dei figli, la scelta del quartiere più sicuro, invitano i bambini “adatti” a casa a giocare, intervengono direttamente nelle attività di gruppo per assicurarsi che il figlio faccia il giusto tipo di esperienze. Questo si verifica più con i figli piccoli che con i grandi, anche se in età prescolare emerge un alto tasso di intrusione da parte dei genitori, che produce l'effetto contrario a quello voluto, quindi un bambino socialmente meno abile.
Le influenze indirette, sono azioni non intenzionali da parte dei genitori, ma si riferiscono agli effetti delle esperienze famigliari dei bambini sul loro comportamento con i pari. Ad esempio la sicurezza di attaccamento pare favorisca la competenza sociale. Genitori freddi e distanti generano più probabilmente figli aggressivi, mentre questo non accade con genitori calorosi e supportivi; genitori autoritari hanno figli con repertorio limitato di abilità sociali; i genitori indulgenti hanno figli incapaci di controllarsi nel comportamento con gli altri; genitori sensibili e tolleranti comunicano ai figli una sensazione di fiducia che li aiuterà a prendere parte ad attività sociali anche al di fuori dell'ambiente domestico. Quindi quanto avviene in un ambiente si diffonde anche sull'altro.
(figura pag. 128).
I contributi delle relazioni tra pari allo sviluppo.
Le interazioni diventano sempre più sofisticate, specialmente quando i bambini iniziano a giocare insieme. Le conseguenze del comportamento congiunto diventano più lunghe e frequenti, compare il gioco reciproco e collaborativo, ed i bambini diventano più selettivi nella scelta del partner, con marcata selezione sessuale (dai 3 anni i maschi preferiscono giocare con i maschi e le femmine con le femmine) che continua per tutta l'infanzia. Emergono chiare le preferenze: l'amicizia diventa sempre più significativa e preziosa e iniziano a legarsi a soggetti che amano e stimano, dei quali ricercano attivamente la compagnia.
Sono due le categorie di contributi che le relazioni tra pari offrono allo sviluppo dei bambini: sociali e intellettuali. Per quanto riguarda il primo, riguarda uno dei compiti principali dell'infanzia: costruire il senso di sé (“chi sono io?”) che si costruisce nel contesto relazionale, prima con i genitori, poi con i pari. L'opinione dei pari e il modo in cui si comportano con il bambino hanno una grande importanza, fino all'adolescenza, motivo per cui l'amicizia conta così tanto nell'infanzia: essere apprezzati e creare un positivo senso di sé.
All'interno del gruppo, il bambino scopre quale ruolo sociale è adatto ad un certo individuo (leader o gregario, bullo o vittima, il buffone, lo stratega...), queste identità vengono conferite con molta naturalezza nei gruppi. Inoltre, il fatto stesso di far parte del gruppo, implica che certe norme (aspetto, abbigliamento, valori morali) appartenenti al gruppo, vengono incorporate nel senso di sé del bambino, contribuendo a definire che cosa è giusto e accettabile e cosa non lo è.
Anche lo sviluppo intellettuale ha notevoli influenze. Nelle ricerche sulle Collaborazioni tra pari è emerso che quando i bambini affrontano un problema in gruppo progrediscono nella comprensione del problema stesso più di quanto riescano affrontandolo da soli. Questo riguarda diverse abilità come la matematica, composizione musicale, riflessione sull'etica e l'informatica e avviene grazie allo scambio di idee, la discussione attiva, condivisione di prospettive parziali. L'apprendimento è quindi, una questione di scoperte a cui si giunge insieme. Dover interagire con qualcuno che ha un'opinione diversa stimola a esaminare le proprie idee e favorisce la nascita di un nuovo approccio, più adeguato alla soluzione. (Howe 1993).
La condizione all'interno del gruppo di pari.
I bambini possono anche essere valutati in qualità di componenti del gruppo, ovvero riguardo la loro posizione tra i pari, determinando la popolarità, la leadership, la capacità di integrarsi ecc. sono qualità che hanno un grande valore per i bambini, anche perché possono essere predittive del futuro sviluppo psicologico e comportamentale del bambino.
Uno dei test per la valutazione della condizione sociale più diffuso sono le tecniche sociometriche, che assumono varie forme e sono tutte intese a fornire indici quantitativi della posizione degli individui all'interno del gruppo; si forniscono ai bambini delle domande su ogni singolo compagno, ad esempio “con chi preferisci giocare?” oppure “con chi non vorresti giocare”. Oppure può consistere nell'osservazione dei bambini nella sala giochi, per vedere chi interagisce con chi e con quale frequenza viene ricercata la compagnia di tale bambino. Così si costruisce l'immagine della struttura sociale del gruppo che indica il grado di popolarità o di avversione. Con questi strumenti sono state definite le Cinque condizioni sociometriche: popolari, rifiutati, trascurati, controversi, nella media. Le prime tre sono quelle di maggior interesse; i bambini controversi sono semplicemente soggetti che piacciono ad alcuni, e i bambini nella media sono quelli che non suscitano sentimenti decisi. I popolari sono estroversi e amichevoli, tendenzialmente leader naturali. I rifiutati non piacciono perché spesso aggressivi e irruenti. I trascurati sono inetti nei rapporti sociali, timidi e solitamente giocano da soli o ai margini di un grande gruppo. Gli studi di follow-up dimostrano che la condizione nel gruppo dei pari è associata all'adattamento futuro. I più preoccupanti sono i bambini rifiutati, che si possono dividere in due sottogruppi: coloro che vengono rifiutati a causa di un comportamento aggressivo (la maggior parte) e quelli rifiutati a causa della loro tendenza all'isolamento sociale. Entrambi sono considerati a rischio di problemi psicologici futuri: gli aggressivi rischiano di sviluppare problemi di esteriorizzazione come tendenza alla disgregazione, incapacità a controllare gli impulsi e delinquenza e possono diventare bulli, sfaticati, con difficoltà di adattamento a scuola, e da adulti possono manifestare tratti patologici; quelli trascurati, invece,possono avere problemi di interiorizzazione, ansia, solitudine, depressione, paura. Avranno scarsa capacità di costruire relazione e subiranno le angherie dei bulli. Negli anni successivi possono sviluppare problemi psicosociali.
Nelle relazioni tra pari ritroviamo gli elementi delle relazioni di attaccamento della prima infanzia. Le esperienze successive ovviamente, possono modificare il corso dello sviluppo. Tuttavia i bambini con attaccamento insicuro, si pensa possano avere difficoltà sociali, esattamente come i bambini rifiutati dai pari. L'espressione “a rischio” non significa certezza di problematicità, ma solo un'inclinazione statica del percorso evolutivo.