L’USO DEL TESTO
NELLA MUSICA ELETTROACUSTICA
PASQUALE C ITERA
Composer
pasqualecitera81[at]gmail[dot]com
I NDICE
I
Introduzione
1
II GESANG DER JÜNGLINGE
4
III BERIO - OMAGGIO A JOYCE
6
IV NELL’ARTE DI LUIGI NONO
8
V GIORGIO NOTTOLI
10
VI Bibliografia
12
Sommario
1
I.
I NTRODUZIONE
il primo canto dell’uomo fu la parola, o forse la prima parola dell’uomo
F
fu il canto. Comunque sia in questo misteORSE
1
rioso rapporto espressivo che, come Cicerone
diceva « est autem in dicendo etiam cantus
quidam obscurior »2 , vi è tutta la potenza e la
magia della natura della personalità umana.
Il rapporto tra testo e composizione è una
questione aperta tuttora e ampiamente dibattuta: dev’essere il testo inteso come tale,
letterariamente o il testo nelle sue formanti
strutturali e semantiche è anche materiale,
provocazione, studio da ritrasformare con i
mezzi linguistici musicali? Nella storia della
musica, non solo europea, ritroviamo da seco1 Leopoldo
li queste due pratiche.
Se per i popoli primitivi, ad avere un’importanza fondamentale erano le sole vocali che
costituivano un blocco generatore di energiaritmica3 , è con l’antica cultura ebraica prima
e, ancora di più con quella greca poi, che il
testo diviene addirittura la chiave di volta
per la composizione. È molto verosimile che,
intorno ad una vocale, i Greci non facessero
numerose fioriture di note, ma la vocale fosse
“la regina della espressione lirica”, legata al
ritmo nella dinamica del metro. Nessun popolo, come quello greco, conosceva la dialettica
dei ritmi, nel metro dattilico o anapestico e
quei nuclei ritmici, che incatenati tra loro in
infinite maniere diverse, davano una libertà
ritmica enorme. L’importanza musicale dell’accento è stata osservata da diversi studiosi
Gamberini La parola e la musica nell’antichità, pag.1
Orator, XVIII, pag.292
3 Curth Sachs, The Rise of Music in the Ancient World East and West, pag. 21
2 Cicerone,
P.C ITERA • TESTO ED ELETTROACUSTICA •
che hanno evidenziato anche l’estrema musicalità delle vocali greche, per cui le parole
hanno già un fascino vocalico sonoro che gli
antichi certamente conoscevano. Non a caso
la notazione era alfabetica, per una sicura
corrispondenza tra il suono dell’alfabeto, e
quindi della parola, ed il suono musicale.
I compositori greci erano certo sensibilissimi
non solo ai ritmi ma anche alla pronuncia
delle vocali e delle consonanti; tutta la metrica greca ci rivela questa sensibilità vocalica.
L’inflessione della voce era certamente preparata e fissata attraverso il metro, gli accenti
tonici e la posizione stessa di una parola nei
confronti delle altre.4 Diversi studi portano
in evidenza che il trattamento del testo nelle
composizioni greche avveniva tramite almeno cinque passaggi. Lo spirito del testo come
inteso dall’autore, il significato della parola,
la metrica del verso per il ritmo (in modo però
non sempre rigoroso), la posizione vocalica e
l’uso dei dialetti per la modalità e l’accento
tonico per l’andamento della melodia. Questo
atteggiamento quindi denota un’attenzione
dal punto di vista musicale al contenuto fonetico delle singole lettere che avrà eguali, forse
solo a quella del XX secolo.
I INTRODUZIONE
fondamentale è l’amplificazione melodica: la
monodia liturgica cristiana non faceva altro
che rendere esplicita l’intrinseca musicalità
della lingua latina.5 La lingua latina aveva una caratteristica comune a tante altre
lingue antiche, la differenza di “tonalità”. Ancora oggi diverse lingue orientali e qualcuna
relativa ai nativi americani si basano su questo principio di differenza di intonazione, ma
per il latino era più che altro un’elevazione
melodica della voce in accordo con l’accento
tonico della parola stessa in relazione però alla composizione della frase (è forse superfluo
ricordare che la parola latina accentus proviene da ad cantus e cioè “vicino al canto”, come
tra l’altro il termine greco prosodìa deriva da
prós odé che ha il medesimo significato di ad
cantus).
Nel Rinascimento, lo studio della musica
unito a quello della grammatica e della retorica dà modo ai compositori dell’epoca di «riprodurre con i propri mezzi il senso letterale del
testo e di esprimere in maniera comprensibile
gli affetti. In analogia alle figure retoriche
essi si servirono di figure musicale, o omonime, o uguali per significato o di altre figure,
e le adoperavano per allargare il senso della
parola e per esprimere gli affetti.6 »
Il rapporto tra testo e musica era basato quindi su analogie tra una possibile simbologia
figurativa musicale e la formante semantica della parola, schematizzata in seguito in
figura retorica. In particolare nel momento
dell’ultima e maggiore fioritura del contrappunto vocale (la seconda metà del ’500), si
osserva il desiderio di cercare un rapporto ancora più stretto tra parola e musica non solo
come espressione musicale che rifletta nella
melodia e nel ritmo il significato generale, ma
anche quello puntuale di una singola parola
o frase di particolare interesse. La musica
rinascimentale cerca di “illustrare” ogni parola che possa evocare una precisa immagine.7
Tutto ciò è proprio del madrigale, da cui il termine madrigalismo per indicare l’esaltazio-
Diversa invece l’elaborazione del testo nella musica gregoriana.
La musica applicata al testo sacro aveva prima di tutto un ruolo di amplificazione rituale.
I gesti e i momenti salienti nel ripetersi della funzione religiosa venivano così impressi
nella memoria da particolari melodie che ne
sottolineavano l’importanza. Essenziale era
poi, l’amplificazione fonica; allargandosi gli
spazi di ascolto, le basiliche cristiane, era necessario far divenire la parola parlata molto
più sonora e in grado di abbattere la difficoltà
ad essere percepita in uno spazio ampio affollato di fedeli. Quindi si ricorreva alla parola
cantata che rendeva molto più percepibile anche ad una notevole distanza le preghiere e
le invocazioni.
Ma oltre a questi importanti ruoli, un aspetto
4 Leopoldo
Gamberini op. cit., pag.24
Cimagalli, Storia della Musica Occidentale, I volume
6 Arnold Schmitz, Die Bildlichkeit der wortgebundenen Musik Johann Sebastian Bachs, pag.21, nella traduzione che
Luigi Nono fa nello scritto Testo-Musica-canto.
7 Dionisi, Zanolini, La tecnica del contrappunto vocale nel Cinquecento, pag.237.
5 Carrozzo,
2
P.C ITERA • TESTO ED ELETTROACUSTICA •
ne della rappresentazione musicale del testo.
Talvolta l’impegno degli autori a oggettivare
in suono i contenuti letterari porta inevitabilmente ad esagerazioni (madrigalismo infatti
è anche usato in senso non elogiativo).
Gli artifici più usati sono i vocalizzi, il cui
potere evocativo poggia sull’andamento melodico della linea e talvolta anche sul disegno ritmico. Esempi di parole molto usate
dal punto di vista madrigalistico sono giro,
corona, laccio, onda, catena (ad esempio è facile immaginare come anche il ritmo su queste semplici parole giochi un ruolo essenziale,
diventando magari continuo su onda e giro
mentre più irregolare e “puntato” su parole
quali catena) o per citare altri casi frequenti i
movimenti di quarta e di quinta su frasi tipo
“al suon di trombe” (Vecchi: canzonetta “Amor
spiega l’insegna”) o movimenti cromatici so
parole quali morte, pianto, lagrime (Marenzio:
madrigale “Tutto il dì piango”), o ancora note
brevi inframezzate da pause su parole come
sospirare (Marenzio: madrigale “O voi che
sospirate”). Questa affannosa ricerca di una
stretta corrispondenza tra testo e musica arriva anche a toccare elementi extra musicali
quali gli elementi grafici stessi della scrittura.
Si diffonde la cosiddetta Augenmusik, cioè la
musica per gli occhi, dove il significato letterario del testo oltre che trasposto sul piano
musicale come già descritto, viene ad essere
rappresentato anche dal punto di vista grafico mediante artifici compositivi e pittorici.
Si avranno quindi partiture e pentagrammi
circolari o con le più bizzarre forme (a cuore,
ad albero, a forma di strumento musicale).
cento riceve un nuovo impulso con la scoperta
ed il contributo stilistico prima del canto popolare e poi del parlato comune. Il teorico
Johann Schulz scrive sulla particolarità della
canzone popolare: « Solo mediante una somiglianza evidente del tono musicale con quello
poetico, mediante una melodia il cui procedere né si eleva mai, né si abbassa rispetto
all’andamento del testo, e aderisce alla declamazione, al metro delle parole come un
vestito al corpo; solo in questa maniera la
canzone acquista un carattere non ricercato,
non artificiale, conosciuto, in una parola: il
tono popolare»8 .
Beethoven sviluppa infatti nell’ultimo
tempo della sua Nona Sinfonia il rapporto
testo-musica considerando la necessità della
comprensione del testo in quanto tale, come
cioè elemento formativo che non si esaurisce nella trasposizione musicale, simbologica,
affettiva, per cui il testo diviene un fatto puramente sonoro ma che si impone sia nella
composizione che nell’ascolto, come elemento
semantico preciso nel suo significato. Sviluppando gradualmente le parti corali, prima
introdotte da varie famiglie di strumenti e
poi successivamente esplicitate da diverse sezioni del coro, garantisce così la memorizzazione della semplicissima melodia arricchita
poi dalla presenza del testo anche nel momento in cui due diverse linee melodiche e
testuali vengono a sovrapporsi contrappuntisticamente. Le reiterazioni precedenti di queste melodie fanno si che non risulti un effetto
di politestualità confusa ad imitazione dei
mottetti trecenteschi o della complessissima
polifonia rinascimentale.
Il passo successivo è la riforma dell’accentuazione metrico-quantitativa ad opera
di Schönberg con il suo Sprechgesang di contro al naturalismo del parlato ritmico allora
in voga tra i compositori neoclassicheggianti.
Alban Berg nel suo saggio Die Stimme in der
Oper, (La voce nell’opera) scrive:
Monteverdi con la sua nuova prattica della monodia sviluppa altri elementi strutturali.
Non usa più analogia con la retorica formale,
ma imitazione dell’arte oratoria con attenzione particolare alla dizione. Gli sviluppi
più interessanti sono da considerarsi nel suo
teatro musicale con il «recitar cantando» e
con i suoi diversi stili di oratoria musicale come lo stile rappresentativo, quello recitativo,
l’espressivo, il concitato.
questa tecnica non rappresenta solo uno dei mezzi migliori per una
chiara comprensione, ma arricchisce la musica operistica di un mez-
Questa pratica si afferma nei successivi
anni sempre di più fino a quando nell’Otto8 Johann
I INTRODUZIONE
Abraham Peter Scholtz, «Prefazione», in Lieder im Volkston bei dem Klavier zu singen, II volume.
3
P.C ITERA • TESTO ED ELETTROACUSTICA •
zo espressivo di grande importanza ricavato dalle più ricche sorgenti della musica. Questo modo di parlare fissato melodicamente, ritmicamente e dinamicamente, puó venire applicato a tutte le
forme della musica drammatica,
in unione con la parola cantata,
della quale costituisce, anche dal
punto di vista timbrico, una felice integrazione e un affascinante
contrasto.
II
GESANG DER JÜNGLINGE
questi bastonatissimi
suooooonare suooooonare
Graaaaaandi fragori non
cancellare precisare
rittttttagliandoli rumori più
piccoli minutissssssssimi rottami di
echi nel teatro ampiezza 300
chilometri quadrati.»
Altri esperimenti di musicalizzazione del
testo sono stati fatti in vari ambiti. Restando
in letteratura da James Joyce nel suo Ulysses
con l’uso dell’onomatopea anch’esso e con il
trattamento “contrappuntistico” delle parole
ed in ambito teatrale con Bertold Brecht.
Ma è con l’invenzione della registrazione vocale, l’analisi e la sua successiva elaborazione, in breve con la nascita della musica elettroacustica, che i compositori raggiungono nuovi livelli di approccio al testo e di
integrazione con il fenomeno musicale.
Schönberg precisa nella prefazione al Pierrot
lunaire che non si tratta di tendere ad un
parlato naturale e realistico, al contrario, la
differenza tra un parlato normale e uno che è
parte di una forma musicale, deve risultare
evidente.
Tra le innovazioni che il XX secolo porta
è utile citare, anche se non fanno parte strettamente del percorso evolutivo musicale, le
esperienze di rivoluzione letteraria del futurista Filippo Tommaso Marinetti, che nelle
sue “Parole in libertá” amplifica, per esigenze
onomatopeiche e di emancipazione del rumore, il ruolo delle consonanti nelle parole piú
significative del testo, inserendo evidenti analogie di tipo effettistico-musicale per rendere
le sue poesie e le sue croni-storie piú “rumorose” possibili.
Un piccolo estratto da Zang Tumb Tumb che
descrive il bombardamento di Adrianopoli,
nel 1914:
II.
GESANG DER
JÜNGLINGE
storia della musica elettroacustica
la componente musicale vocale è semN
pre stata di primaria importanza in quanto
ELLA
la maggior parte degli studi che sorgono nella
seconda metà del XX secolo dove si cominciava a creare musica con strumenti elettronici,
erano sostanzialmente legati a trasmissioni
radiofoniche, emancipandosi successivamente fino a diventare indipendenti centri di ricerca musicale.
D’altra parte è proprio con lo studio interno
del fenomeno sonoro ad opera degli strumenti
di analisi del suono che la tecnologia elettronica metteva a disposizione che si ha il “salto
di qualità” nell’infinito intreccio tra testo e
musica. Se dapprima si poteva modificare
l’emissione della voce con nuove tecniche o
impostazioni oppure la percezione di un testo musicalizzato tramite i vari artifici che
abbiamo visto in precedenza, ora invece si
tende a penetrare sempre più a fondo nel suono, nell’analisi dei fenomeni sonori e nella
loro re-sintesi piegata alle esigenze musicali.
«Timmmpani flauti clarini
dovunque basso alto uccelli
cinguettare beatitudine ombre
cip-cip-cip
brezza verde mandre
don-dan-don-din-béèè
tam-tumb-tumb- tumb- tumbtumb-tumb-tamb-tumbOrchestra
pazzi bastonare professori
d’orchestra
4
P.C ITERA • TESTO ED ELETTROACUSTICA •
D’altronde è propria della musica elettronica
la definizione di comporre i suoni prima che
con i suoni e quindi di non sottostare più alla
“dittatura del materiale”.
GESANG DER JÜNGLINGE
i suoni sinusoidali), e il filone della Musique
Concrète francese che invece usava registrazioni di suoni reali elaborati con le varie tecniche di modifica del suono. Questo lavoro
è stato realizzato tra il 1955 ed il 1956 ma
già dal ’54 Stockhausen stava pensando di
comporre una “messa di suoni elettronici e
voci” 9 . Chiede infatti al direttore dello studio
della WDR, Herbert Eimert di scrivere all’arcivescovo del duomo di Colonia per avere il
permesso di eseguire la prima dell’opera nella cattedrale. Permesso che venne in seguito
rifiutato.
Gesang infatti ha come materiale letterario
il canto dei fanciulli Shadrach, Meshach e
Abedneg nella fornace di Nabucodonosor descritto nel libro biblico del profeta Daniele.
Nel primo articolo della rivista “Die Reihe”
Stockhausen ci da una minuziosa spiegazione
su come ha organizzato il lavoro prima della
composizione di questo lavoro.
Intanto risulta importante e molto evidente il volere del compositore, come accennato
prima, di una strettissima integrazione tra
testo cantato e suoni elettronici. É un lavoro fortemente seriale, l’estremizzazione del
percorso indicato da Anton Webern, un serialismo totale che non si limita a schematizzate valori, altezze e gesti musicali ma va
molto più in profondità considerando anche
la formazione dei vari timbri, delle misture
di suoni sinusoidali o degli impulsi modulati
in ampiezza ed in frequenza, in modo periodico o statistico. E ovviamente questo tipo
di serialismo ordina anche l’uso dei fonemi
per gradi di affinità, per somiglianza di formanti e per famiglie timbriche (le vocali come
singoli esemplari nella serie degli spettri di
formanti armonici e le consonanti afone come
esemplari nella serie dei timbri-rumore)10 . Il
compositore non cerca contrasti, a suo avviso
primitivi come concezione e non adatti a questa composizione, ma cercando una fusione
tra testo e musica cerca anche una fusione nei
passaggi, nelle evoluzioni in modo che il risultato, anche se comunque rispetta esigenze
di sviluppi musicali, possa risultare graduale
Da qualsiasi punto si prenda la musica
elettroacustica, difficilmente si può prescindere da Gesang der Jünglinge. L’ Opera elettronica per definizione . Per scelte di materiale,
per usi dell’elettronica, per la disposizione e
l’uso della spazializzazione e tantissimo altro
ancora.
Sicuramente il punto che al fine di questo
scritto interessa maggiormente è l’uso del testo e della voce; prima opera, questa, anche
nell’aver usato simultaneamente la voce e l’elettronica.
Stochkausen insiste nelle descrizioni dei procedimenti tecnico-estetici che portarono alla
realizzazione dell’opera, sulla inserzione organica dei suoni del linguaggio nel materiale
musicale. Non si dimentica neanche che il
compositore tedesco aveva avuto un passato
di studi universitari in Germanistica e quindi molto tecnico e attento alle problematiche
fonetiche del linguaggio.
Gesang der Jünglinge (Canto dei Fanciulli) è il lavoro musicale che mette insieme due
scuole fino a quel momento opposte, il filone
della Elektronische Musik tedesca che, fino ad
allora aveva lavorato solo ed esclusivamente trattando suoni elettronici, e tra i suoni
elettronici, soltanto quelli “puri” (vale a dire
9 En.
II
Wikipedia, Gesang der Jünglinge
Problemi attuali, La Musica Elettronica, H. Pousseur
10 K.Stockhausen,
5
P.C ITERA • TESTO ED ELETTROACUSTICA •
e naturale. Stockhausen descrive diversi livelli di percezione e comprensibilità del testo
tramite l’uso della permutazione dei fonemi.
Le parole vengono scisse in fonemi che successivamente vengono permutati in tutte le
loro possibilità. In questo modo, tra tutte le
serie ve ne sarà sempre una che conserva il significato originario pur restando nel continuo
dell’evoluzione musicale.
III
BERIO - OMAGGIO A JOYCE
le singole parole del testo, perlopiù perfettamente
riconoscibili all’ascolto, vengono elaborate attraverso procedimenti che potremmo definire madrigalistici: Himmel (cielo) viene shiftata a frequenze
molto alte, mentre Erde (terra) sprofonda immediatamente dopo in un regime molto grave; Sterne
(stelle) viene frammentato in piccoli granuli sonori
dal timbro chiaro che si stagliano come astri luminosi su uno sfondo costante[. . . ]
[. . . ]ancor più interessante è il fatto che questo atteggiamento madrigalistico risulti tanto evidente quanto trascurato dal compositore nei pur
dettagliatissimi scritti sul brano. L’impressione
che ne deriva ci offre due parti distinte, una prettamente "musicale" rigorosamente strutturalista,
una "testuale" dove il musicista sembra interpretare, direttamente nella fase di elaborazione dei
frammenti vocali, il senso del testo cantato."
III.
tra Luciano Berio e
Umberto Eco riguardo le registrazioni
L
di un programma radiofonico, in realtà mai
A COLLABORAZIONE
Per quanto riguarda invece la fusione
del testo nel mondo elettronico Stockhausen
prende come punto di partenza le affinità tra
i vari fonemi e ne costruisce delle serie. Tenendo conto, poi delle inevitabili leggi che
il linguaggio ha nella distribuzione dei fonemi, compone suoni elettronici in modo che
vadano a sopperire ai gradi di affinità mancanti oppure, i fonemi, vanno a confluire in
maniera organica nella serie di timbri elettronici (misture di suoni sinusoidali - vocali ad
esempio).
Come nota il musicologo Leonardo Zaccone nella sua Tesi di Dottorato "Esecuzione
ed Interpretazione della Musica Elettronica" :
andato in onda, dal titolo Omaggio a Joyce
sviluppa in Berio una attenzione diversa al
testo ed un approccio compositivo che, come
già osservato in Gesang di Stockhausen, mira
a stringere sempre di più il legame che c’è tra
parola e musica.
Thema è lo stadio finale di questo processo. In
un famoso scritto dello stesso compositore11 ,
vi sono descritti tutti i procedimenti tecnici
e le concezioni estetiche che hanno portato
alla composizione di questo pezzo. Ad una
prima lettura la razionalizzazione dei parametri e dei processi verrebbe da far pensare
ad un atteggiamento già visto nel Gesang ma
mentre per Stockhausen la continuità e la
coerenza ricercate poggiano su corrispondenze metriche, per Berio invece il legame o la
distinzione degli elementi poggia su criteri
puramente percettivi. Dove Stockhausen applica una geometria descrittiva, Berio ricor-
[. . . ]la maggior parte dei parametri musicali
nel Gesang sono gestiti, sia nella macro- che nella
micro- forma, secondo le consuete regole strutturali di derivazione scientifico-matematica tipiche
dello Stockhausen di quel periodo, documentate
dai rigorosi schemi di esecuzione del brano. Invece
11 L.
BERIO - OMAGGIO
A JOYCE
Berio, Poesia e musica, tratto da La musica Elettronica di H. Pousseur
ibid.
12 H.Pousseur,
6
P.C ITERA • TESTO ED ELETTROACUSTICA •
BERIO - OMAGGIO A JOYCE
del rumore (che è poi una delle caratteristiche base di tutto lo scritto). La componente
musicale è talmente tanto forte da far associare a determinate parole delle espressioni
puramente musicali quali trillo, staccato, glissando, martellato. . .
Questo capitolo, secondo Berio, è strutturato
in un procedimento tipico della composizione
musicale, la fuga per canonem, di cui questa
introduzione funge da esposizione.
Quando Berio parla di procedimenti strettamente musicali quali la fuga, non intende la
sovrapposizione di più voci, ma le esposizioni
di più elementi che, quasi appunto fossero
funzionali musicalmente, ritorneranno durante lo “svolgimento” del capitolo. Notando
la sovrabbondanza di elementi musicali che
si evincono dal testo, il fine di Berio non è
quello di musicalizzare le parole ma al contrario evidenziare eccessivamente le qualità
musicali intrinseche ed organizzarle compositivamente. Procede dunque per gradi.
Il primo passo è creare una reale polifonia,
quindi sovrappone diverse registrazioni di
letture degli stessi passi in inglese con la
stessa voce, nella traduzione francese con
due voci diverse e in italiano con tre voci.
Successivamente, per superare il semplice
susseguirsi dei versi le tre lingue vengono
combinate assieme in scambi regolati da affinità o contrasto.
Quindi ritornando al testo originale in inglese, vengono ordinate le parole che hanno
fonemi vocalici comuni e messi verticalmente
a mo’ di accordo, di cluster e fonemi consonantici messi in rapida successione alternando
consonanti sorde a consonanti sonore (unvoiced and voiced stop consonants. In più viene
applicata al suono della “S” vari filtraggi ed
aggiunte di toni fondamentali in modo che si
evolva in suoni vicini ad “F” o “ V” o “Zh”.
Infine ritornano frammenti di letture nelle
altre lingue per inserire elementi periodici
tra la discontinuità ritmica creata. In realtà
della lettura in lingua italiana l’unica cosa
che rimane, oltre agli intrecci nello sfondo,
impercettibili, è la R della parola “morbida”.
re piuttosto ad una topologia che integra la
possibilità di misura.12
Luciano Berio parte da una considerazione sulla poesia più che sulla musica, per
realizzare Thema. Considera che nel novecento la “poesia” non era più circoscritta ai vecchi
mezzi, non c’era più bisogno di riconoscerla
in procedimenti di versificazione ma al contrario era molto più facile scorgerla in prosa.
Così anche per la musica, non era necessario
cercare solo nei soliti artifici tecnici musicali.
Molto più vicini erano i due “mondi”.
Ed è proprio a questo che tende con quest’opera, Berio. Essendo la poesia anche come
un messaggio verbale distribuito nel tempo,
con i mezzi tecnico espressivi della musica
elettroacustica, sperimenta dei modi per far
si che sia evidenziata la musicalità nascosta
dentro il testo stesso senza che «l’unione debba necessariamente risolversi a beneficio di
uno dei due sistemi espressivi»13 .
Il testo preso come materiale base è l’inizio dell’XI capitolo dell’Ulysses di James
Joyce, il capitolo delle Sirene. Berio fa notare
che in questa introduzione, forte è la componente musicale che Joyce vuole evidenziare
tramite l’uso di parole strettamente onomatopeiche, anche inventate, per dare il senso
13 L.Berio,
III
ibid.
7
P.C ITERA • TESTO ED ELETTROACUSTICA •
Lo scopo delle elaborazioni elettroniche
della lettura di parte del capitolo dell’Ulysses
è come già dichiarato il tentativo di evidenziare il più possibile gli elementi musicali accennati o suggeriti da Joyce. Non viene quindi
presa in considerazione l’intellegibilità del testo nella sua forma originaria. Spesso dato il
grado di elaborazione, il materiale vocale non
è per niente riconoscibile.
IV.
L
importante che in altri compositori.
Questo aspetto, in particolare sull’opera Canto Sospeso, è stato anche causa di “scontro”
epistolare tra Nono stesso e Stockhausen.
Nella conferenza a Darmstadt del 15 luglio 1957 intitolata “Sprache un Musik” (e
pubblicata l’anno successivo nella Darmstäder Beiträge zur Neuen Musik e, successivamente sulla rivista “Die Reihe” Stockhausen
afferma:
NELL’ARTE DI
LUIGI NONO
In alcuni brani del Canto, Nono musica però il
testo così come se si trattasse di ritrarne il significato da una dimensione pubblica che non gli si
addice [. . . ] Egli non permette che i testi vengano
riferiti, ma li nasconde in una forma musicale così
spietatamente severa e densa, che all’ascolto non
si capisce quasi più niente. Perché, dunque un
testo, e proprio questo? Si può darne questa spiegazione: soprattutto nel musicare quei brani di lettere dei quali più ci si vergogna che essi dovessero
essere scritti, il musicista che prima aveva scelto i
testi prende, come compositore, ora posizione solo
nei suoi stessi confronti: egli non interpreta, non
commenta: riduce piuttosto il linguaggio ai suoi
fonemi e con questi fa musica. Permutazione di
fonemi a, ä, e, i, o, u; struttura seriale. Non avrebbe allora dovuto scegliere subito dei fonemi invece
di testi così carichi di significato?[. . . ] Pensiamo
all’intera composizione: alcune parti ( II, IV, IX)
arrivano fino alla dissoluzione del senso linguistico; altre parti (V, VII) citano, anzi chiariscono il
testo [. . . ]. Dunque si può tener ferma l’ipotesi
appena formulata, che cioè il compositore abbia
coscientemente “espulso” da determinate parti del
testo il loro significato14
Stockhausen quindi rimproverava Nono
di non aver tenuto conto di gradi differenziati
di comprensibilità delle parole e quindi, i testi
scelti erano pressoché inutili data la scarsissima riconoscibilità della versione originale e
quindi del senso. Luigi Nono in una conferenza intitolata Text-Musik-Gesang nella stessa
Darmstadt l’8 luglio 1960 risponde con non
poca rabbia:
di Luigi Nono è in gran parte
basata sul messaggio, la sua produzione
musicale non è mai slegata dall’espressione,
non è mai puramente un prodotto compositivo che resta all’interno di procedimenti solo
musicali. Ed è per questo che la dicotomia
testo-musica nella sua produzione è forse più
A MUSICA
14 Karlheinz
IV NELL’ARTE DI LUIGI NONO
Stockhausen, Sprache un Musik, in Darmstädter Beiträge zur Neuen Musik, 1958, n.1, pp. 66 sgg
8
P.C ITERA • TESTO ED ELETTROACUSTICA •
che il testo così frammentato fino alla suddivisione in singole consonanti e vocali, tolga al testo il suo significato, ma afferma che
così facendo il testo, inteso come struttura
fonetico-semantica, ha così una espressione
musicale. La composizione con gli elementi
fonetici di un testo, cioè, «serve oggi come in
epoche precedenti alla trasposizione del suo
significato semantico nel linguaggio musicale
del compositore»15
Un altra tecnica di elaborazione del testo
che Nono usa molto spesso è la stratificazione
di diverse fonti testuali. In Canto Sospeso
ve n’è un esempio nel terzo brano dove si sovrappongono tre testi nei quali vengono comunicate situazioni analoghe, e cioè l’attimo
che precede l’esecuzione fa parte delle stesse
vittime. Questa sovrapposizione da luogo ad
un nuovo testo nel quale ciò che è comune
alle tre situazioni risulta formulato con una
intensità potenziata musicalmente del contenuto semantico.
É interessante notare come Nono, parlando
appunto di queste tecniche di sovrapposizione, citi come esempi numerose opere di contrappunto di centinaia di anni prima. Un
esempio fra tutti è il mottetto O magnum mysterium di Giovanni Gabrieli, dove dalla parola Alleluja si formano attraverso le sovrapposizioni polifoniche delle otto voci, numerose
combinazioni di sillabe che esaltano in senso esclamativo e in tutte le direzioni il senso
del giubilo allelujatico rendendo percettibile
musicalmente nella “confusione” fonetica all’interno delle vocali della parola Alleluja, il
contenuto semantico della parola originaria
con intensità accresciuta (che è poi lo stesso
effetto della sovrapposizione di diversi testi
che opera Nono).
A questa opinione di Stockhausen voglio qui
contrapporre il mio punto di vista: il messaggio
di quelle lettere di uomini condannati a morte è
scolpito nel mio cuore come nel cuore di tutti coloro
che vedono in queste lettere documenti d’amore,
di cosciente scelta e di responsabilità nei confronti
della vista e come esempio di spirito di sacrificio
e di resistenza contro il nazismo, questo mostro
dell’irrazionalismo che ha tentato di distruggere
la ragione [. . . ]. A partire da questo rapporto tra
la parola come totalità fonetico-semantica e la musica come espressione composta della parola sono
da comprendere tutte le mie composizioni corali
posteriori. É assolutamente assurdo voler dedurre dal trattamento analitico della struttura del
testo, che in questa maniera ne sia stato espulso il contenuto semantico. La domanda perché
per una composizione abbia scelto proprio questo
testo e non un altro non è più intelligente della
domanda perché pronunciare la parola «stupido»
si utilizzano proprio le lettere s - t - u - p - i - d - o.
A parte le note polemiche e le accuse reciproche, quello che si evince è una sostanziale
differenza nel concepire la musicalizzazione
di un testo. Per Nono i principi di intersezione
di parole, la politestualità, la frammentazione del testo sono tutte tecniche atte ad evidenziare la creazione di una “violenza” espressiva, che non passa per forza da una piena
riconoscibilità della fonte primaria.
Il Canto Sospeso citato, brano per soli, coro ed orchestra è un pezzo del 1955 dove Nono
musica alcune lettere di partigiani condannati a morte. Per la tecnica di frammentazione
del testo e la divisione ulteriore del testo frammentato tra diverse voci, questo pezzo viene
considerato “puntillista”, definizione che Nono respinge nettamente considerando riduttiva e non rispondente alla sua concezione
compositiva in quanto i “punti” cosiddetti sono suoni isolati in se stessi, monadi autoponentesi e auto risolventesi, contro i rapporti
che li strutturano diversificandoli anche in
relazione con altri parametri compositivi.
Il principio della frammentazione del testo viene usato non solo in Canto Sospeso ma
anche in Cori di Didone. Nono non ritiene
15 Luigi
IV NELL’ARTE DI LUIGI NONO
Un’altra opera che usa questo tipo di tecnica all’approccio testuale è La terra e la compagna per la quale Nono compone simultaneamente due testi. Dal duplice rapporto dei
contenuti semantici, ne deriva unità espressiva e forma.
Uno dei due testi è cantato dai soprani, contralti e bassi ed esprime una simbologia laica
Nono Testo-musica-canto, 1975, pgg. 41 e sgg.
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P.C ITERA • TESTO ED ELETTROACUSTICA •
IKI, per soprano e suoni su supporto è un
brano commissionato dall’Istituto Giapponese di Cultura nel 1993 in occasione del settantesimo compleanno del soprano Michiko
Hirayama, a cui l’opera è dedicata. Il titolo,
la parola giapponese Iki è la parte centrale
del materiale fonetico usato in questo lavoro,
integrato con altre parole della stessa lingua.
L’Iki è un concetto assai complesso molto interno alla cultura giapponese e acquista anche significati diversi a seconda dell’intonazione. Sta a simboleggiare il respiro, forza
spirituale e se leggermente accentata, la grazia della geisha, la seduzione con uno sguardo
obliquo.
L’andamento formale del pezzo è caratterizzato da trame sonore continue formate da
suoni di sintesi, voci registrate e suoni di archi elaborati con un filtro di II ordine con
Q elevato, che vanno ad arricchire e ad evidenziare le componenti vocaliche delle parole
GIORGIO NOTTOLI
concludere questa parte di evoluzione
P
nel trattamento del testo in rapporto alla musica un esempio molto interessante è
ER
dato dai quei lavori elettronici del M Giorgio
Nottoli che hanno nella voce il loro fulcro.
Vi sono molti brani interessanti e vari dal
punto di vista del dialogo tra testo e musica. Anzi più che testo, poesia. Perché la
maggioranza di questi lavori ha come base
letteraria la poesia, da quella antica a quella
contemporanea.
Uno sguardo d’insieme a questa produzione musicale evidenzia come il testo è su un
livello diverso rispetto alla musica. I suoni
elettronici o concreti non vanno ad inficiare
16 Luigi
GIORGIO NOTTOLI
le strutture portanti del discorso, non ne distruggono il senso ma vanno a supportarlo,
ad arricchirlo, a renderlo più composito e musicalmente vario. I brani presi come esempio
sono diversi per concezione e fattura.
tra donna e natura. Al centro dell’altro testo,
cantato dai tenori, vi è la donna come essere
amato. La simultaneità dei due testi crea «un
rapporto unificante tra la natura donna e l’amata di maggior pregnanza».16 Ad esso corrisponderà la simultaneità e la sovrapposizione
di due princìpi compositivi che si distinguono
l’uno dall’altro per la proiezione più articolata
di campi sonori del primo testo rispetto alla
proiezione più lineare del secondo; inoltre per
la differente struttura dei valori di durata e
di dinamica.
Un ultimo semplice procedimento usato
ne La terra e la compagna consiste nell’estrarre delle vocali che verranno composte
come semplice materiale fonetico ma in stretto rapporto con le sillabe originarie. Una voce anticipa o prolunga la vocale delle sillabe
che vengono cantate. L’accordo di queste diverse tecniche di elaborazione della parola
in musica porta in questa maniera a quell’ampliamento dei contenuti semantici che
descrivevamo prima, in contrasto con quanto
detto all’inizio da Stockhausen, prova che se
ben strutturata e motivata, una elaborazione
anche pesante sulla parte del testo, non ne
pregiudica la semanticità originaria, ma spesso può rinforzarla anche oltre la sua versione
lineare.
V.
V
Nono ibid., pgg.73 e sgg.
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P.C ITERA • TESTO ED ELETTROACUSTICA •
giapponesi usate, interrotte da impulsi brevi
e quasi privi di risonanza. Gli impulsi hanno
il ruolo di alternare pieni e vuoti,in accordo
con le parole giapponesi Iro e Kù, colore e
vuoto, altri due concetti legati strettamente
all’Iki. Le tecniche di emissioni vocali usate e segnate in partitura sono parlato, emissione non intonata, bocca chiusa e armonici
sovracuti.
V
GIORGIO NOTTOLI
Percorso incrociato è costituito da tre diversi tipi di materiale, una voce femminile
dal vivo e registrata, suoni elettronici di sintesi, suoni concreti derivanti da una campana
in bronzo usata come un corpo risonante. Il
tema fondamentale del lavoro consiste nel
passaggio da una “lettura monofonica” intonata e non, ad una “lettura polifonica”.
Non viene ascoltata la poesia per intero ma
viene smontata per creare delle zone e tramite l’aggiunta per contrapposizione alla
voce femminile di ulteriori letture contemporanee fra loro differenti, progressivamente
emerge la lettura simultanea - polifonica di frammenti del testo. Assieme alle letture
simultanee vi si aggiungono gli accordi di
parole, l’estrazione dei soli fonemi unvoiced
e la trasformazione della voce verso il suono
degli strumenti in bronzo.
Percorso inverso è una lunga trasformazione che va dal suono non intonato a quello
intonato, un “percorso” dalla parola parlata
al canto.
Tale percorso è “inverso” in relazione al testo
della poesia. Ad una prima e lineare lettura della poesia, segue una lettura a partire
dagli ultimi versi per poi proseguire in modo discontinuo e frammentato per moto retrogrado e quindi terminare con l’inizio del
primo verso “Solo e pensoso”. Il testo è molto
più intellegibile e non subisce elaborazioni
elettroniche.
Percorso incrociato e Percorso inverso invece sono due composizioni nate nell’ambito
di una ricerca svolta presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Roma “Tor Vergata”
riguardante il dialogo tra musica e poesia.
La composizione Percorso incrociato è ispirata alla poesia la casa dei doganieri di Eugenio
Montale ed è dedicata a Goffredo Petrassi, la
composizione Percorso inverso invece è ispirata al sonetto numero 35 “Solo e pensoso”
tratto dal “Canzoniere in vita di madonna
Laura” di Francesco Petrarca ed è dedicata
ad Agostino Ziino.
Entrambe le composizioni sono per voce femminile, suoni concreti ed elettronici e live
electronics e fanno entrambe uso di una diffusione sonora a quattro canali utilizzando lo
stesso metodo di localizzazione della voce. La
cantante è circondata da quattro microfoni e,
seguendo le indicazioni in partitura, dirige
l’energia della voce nelle direzioni indicate,
avendo così il controllo della localizzazione
nello spazio della stessa voce, introducendo
così un elemento di teatralità e di gesto nella
esecuzione.
Due recenti pezzi che trattano in maniera
diversa il rapporto tra testo e musica sono
“Messa in scena sonora I de La Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso” e “Messa in
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P.C ITERA • TESTO ED ELETTROACUSTICA •
scena sonora II per Alda Merini ed Eugenio
Montale”.
Il termine Messa in scena sonora, coniato appositamente per questi due brani, parte dall’idea di creare una sorta di teatro dei suoni
basato sul testo. Ci sono quindi i suoni del
testo, le parole, ma anche i suoni che il testo
evoca in modo onomatopeico o come significato o anche i suoni indicati nel testo stesso.
Montale per esempio, spesso indica e descrive
suoni ( le castagnette, per esempio).
VI
BIBLIOGRAFIA
ad arrivare ad avere la stessa poesia contemporaneamente letta dalle due voci degli attori.
La recitazione è libera e“convenzionale” seguendo i numerosi attacchi che l’esecutore
elettronico dà per essere in sincrono con le
parti elettroniche. Per quasi tutta la messa
in scena l’attore maschile recita Montale e
quella femminile le poesie della Merini. In alcuni punti invece si invertono i ruoli, in altri
ancora entrambi gli attori si sovrappongono.
Sulla poesia Satana di Alda Merini, ad esempio gli attori recitano simultaneamente ma
con indicazioni di emissione di voce diverse,
alternando sussurato ed emissione normale.
All’ascolto quindi emergono frammenti del testo dallo sfondo indistinto della recitazione
simultanea.
“Messa in scena sonora I” è il primo esperimento di questo tipo di teatro. Per voce
recitante, liuto rinascimentale ad 8 corde e
suoni elettronici. La parte del liuto è una elaborazione di Sederunt principes del magister
Perotinus magnus, un brano del 1199, coevo
quindi alla crociata descritta dal Tasso.
Vi è la presenza di un regista che ha tagliato
il testo in modo funzionale allo spettacolo ma
che comunque resta marmoreo e molto “sovrabbondante”, per usare le parole stesse del
compositore. La struttura rigida ha fatto si
che il compositore avesse un atteggiamento
più da ambientazione, da musica applicata. I
materiali usati sono molto legati qui al significato stretto delle frasi. In alcuni momenti la
voce si moltiplica tramite procedimenti elettronici e l’attore stesso dialoga con la propria
voce sussurrata registrata.
VI.
B IBLIOGRAFIA
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- Milano, 1979
• L EOPOLDO G AMBERINI, La parola e la musica nell’antichità, Leo S. Olshki Editore,
1962
“Messa in scena sonora II” è una serie di
poesie di Eugenio Montale ed una serie di
Alda Merini, raccolte in una struttura decisa dal compositore in collaborazione con un
professore di lettere specialista in questi due
poeti. Il criterio è stato quello di distribuire le
poesie in modo da creare una forma paritaria
di presenza dei testi di entrambi gli autori.
La recitazione è eseguita da due voci, una
maschile ed una femminile, continua a parte
alcune zone, solo musicali. Si parte con un’alternanza semplice tra una poesia di Montale
de una della Merini, passando a due, tre per
ciascuno con un ritmo sempre più stretto fino
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