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Relazione e come cura.

2011, Relation and/as a cure.

Understanding role and meaning of what takes places within the relations system of any kind of psychotherpeutic setting is of relevance in order to go deeper into the 'nature' or 'essence' of what we generally call 'change' or psychological developement in psychotherapies. Together with a more sophisticated and empirically founded understanding of the peculiar process which make it possible for a 'body' to become a 'mind' and for a 'member of a family group' to become a virtually autonomus subject or individual.

2.

Altrettanto, possiamo anche asserire in riferimento alla relazione parentale. In essa, anzi, possiamo addirittura scorgere forse la massima rappresentazione culturale e psicologica della cura come preoccupazione eminente verso il bene: quel bene sommo che sono i figli. Così pervasiva è questa curvatura "preoccupativa " nella relazione parentale, che non pensiamo di errare di molto asserendo che l'essere genitori (quindi l'essenza della relazione parentale) coincida con l'essere preoccupati. E, per essere ancora più precisi (azzardati?), coincida in quella forma originale di pre-occupazione che si manifesta simbolicamente nell'abbraccioquest'ultimo essendo la più umana e profonda manifestazione dell'amore che sostiene, protegge, condivide, sente l'altro. E questo proprio perché nell'abbraccio e per il suo tramite si esprime la capacità (diversamente ma non antinomicamente differenziata) della madre e del padre di graduare l'iniziale interporsi tra il bambino/a e il mondo (che in larga misura prevale nelle radici più para-biologiche del codice materno 11 ), così da trasformarlo in un graduale affiancarsi al figlio/a e al suo mondo, che infine preclude ad un distacco che mai rinnega la disponibilità alla ri-accoglienza. L'abbraccio, in breve, lascerà il posto ad un "camminare a fianco" e poi un "po' più indietro e ancora di più", fino a "ridursi ad una "base sicura virtuale", ove i figli sanno di poter comunque tornare.

3. Qualcosa di simile, anche se in genere con minore intensità affettiva, possiamo vedere in riferimento alla relazione educativa nel contesto dei processi socioculturali della socializzazione e della trasmissione della cultura, e che possiamo correttamente definire processi didattico-educativi. E' in questo orizzonte che viene infatti messa a tema la capacità degli adulti (insegnanti ed educatori di ogni ordine, grado e tipo) di prendersi cura dei processi di apprendimento critico e rielaborativo dei "minori" ponendo particolare attenzione ai processi di costruzione del senso di adeguatezza e competenza dei minori stessi. E quindi facendo sì che la trasmissione di cultura si trasformi in esperienza sensata e tale riconosciuta dagli allievi. Fatto questo che, a sua volta implica, che l'educatore (l'insegnanti) mai dimentichi come il suo interlocutore sia sempre e preminentemente persona, più-che-studente e piùche-allievo: appunto soggetto che vive e impara secondo una logica che dovrebbe essere la prosecuzione, maturativamente adeguata, delle infantili esperienze della curiosità, della scoperta, del fascino, dell'incanto e della strutturazione di interessi. Prosecuzione che, a ben vedere, coinvolge (dovrebbe coinvolgere e potenziare) 12 quelle capacità di riflessione che rappresentano la forma più adulta e strutturata di quella "mentalizzazione" tipica della prima infanzia e che trova nella famiglia la sua originaria collocazione spazio-temporale e relazionale. Di qui una peculiare significatività anche "terapeutica"della relazione educativo-didattica, per via del suo essere occasione per acquisire quelle capacità di "pausa", di "intervallo" di "non re-azione" agli stimoli immediati che rappresenta la precondizione tanto di adeguati processi e competenze cognitive; quanto dei processi inibitori di meccanismo compulsivi e stimolo-reattivi, oltremodo dannosi perché predisponenti alla dipendenza, all'impulsività, alla perdita di controllo.

4.

In riferimento alla relazione psico-terapeutica, è ora ancora più facile evidenziare la peculiare intensità e pervasività emozionale e affettiva dei processi e degli atteggiamenti di "cura" che vengono a strutturare la relazione terapeuta-paziente. E che fanno di tale relazione un paradosso unico nel suo genere. Tale relazione, infatti si viene a caratterizzare: a. per una implicazione personologica radicale da parte di entrambi, secondo modalità, forme e tempi che non trovano riscontro in nessun altra relazione specialistica (e che invece svelano affinità strutturali con relazioni di cura non specialistiche, come quelle di coppia, parentali ed educative). b. questa implicazione personologica, a sua volta, proprio in forza della sua radicalità, obbliga il terapeuta ad un prendersi cura del paziente per il tramite del doppio paradosso dell'essersi (già in qualche modo) preso cura di sé e del suo continuare a farlo nel contesto specifico delle sollecitazioni che il paziente produce in forza delle peculiarità della sua patologia;

c. queste ultime sollecitazioni del paziente, a causa della loro indeterminatezza (almeno iniziale) e della loro complessa opacità (di cosa soffra "realmente" il paziente è il quesito che trova paradossale risposta "definitiva" alla fine della storia relazionale stessa) producono effetti emozionali (e pulsionali) 13