Trama: Due anni prima Marisa aveva abbandonato Gabriel, il
marito, e per non farsi ritrovare, si era nascosta tra la folla anonima
della Grande Londra. Non si era mai considerata una vera moglie per
quell'uomo autoritario e snob, sempre circondato da parenti e
tirapiedi, che l'aveva coperta di regali e gioielli fino a soffocarla... Ma
in due anni le cose sono cambiate. Lei, Marisa, è cambiata: e adesso
ha Jamie, il figlio che ha allevato da sola, che adora e che le ha ridato
fiducia in se stessa e nella vita. Un giorno, però, Jamie scompare,
vittima di un rapimento... e il mondo di Marisa crolla... e Gabriel la
ritrova...
Commento di Lunaria: Ci risiamo! Come "Notturno"
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e "Possesso"
anche "Rapimento" di Charlotte Lamb è un romanzo Rosa atipico,
che presenta quello che ormai possiamo considerare "l'argomento
preferito dell'Autrice": l'uomo ricco, potente, megalomane e la
donna vittima, innamorata, che pure cerca di ribellarsi, di
andarsene, di cambiare sentimenti ma non ci riesce.
Charlotte Lamb in ben tre romanzi
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ha presentato "lo stesso tipo di personaggi" anche se in "Rapimento"
il protagonista, Gabriel, non è così tremendo come Steve
("Notturno") e Dan ("Possesso") perché riesce a mitigare in parte la
sua possessività e la sua megalomania "intenerendosi" per il
figlioletto Jamie, rapito da una donna rimasta traumatizzata dalla
perdita del proprio bambino.
Esattamente come le eroine precedenti (Lisa e Cordelia) anche
Marisa è fragile, debole, incapace di sottrarsi a Gabriel (anche se ci
prova per tutto il romanzo...) e come anche nei romanzi precedenti
salta sempre fuori il fantasma della violenza fisica.
Potrei infatti "reciclare" quanto già scrissi nelle precedenti
recensioni. Esattamente come Lisa e Cordelia anche Marisa è un
personaggio tragico: vorrebbe ribellarsi e non riesce a farlo,
malgrado ci sia in gioco la sua dignità (e, in un paio di passaggi, a
pagina 70 e 71, per esempio, anche la sua incolumità)
Perché l'Autrice ha scritto ben tre romanzi incentrati sulla stessa
tematica (l'uomo cinico, manipolatore e possessivo e la donna
debole vittima che si sottomette)? Riflettono una vicenda
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autobiografica o una sottile misoginia introiettata?
E come già dicevo per "Notturno" e "Possesso", anche "Rapimento" è
scritto benissimo, con una profondità psicologica e un buon ritmo,
che molto spesso manca in romanzi rosa "più frivoli e leggerini", ma
è decisamente un "rosa disturbante", per chi abbia letto libri come
questi:
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e conosce i meccanismi di dipendenza amorosa dall'altro.
Tuttavia, rispetto a "Notturno" e "Possesso", "Rapimento" non calca
troppo i toni compiacendosi di descriverci gli scatti iracondi
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dell'uomo (che solo per un soffio si trattengono dallo sfociare in
femminicidi), risulta molto più "soft" rispetto agli altri due romanzi
anche se presenta Marisa, giovanissima ragazza-madre, come
"oggetto di proprietà" di Gabriel, che ovviamente è ricchissimo e
abituato ad avere subito quello che vuole, mentre lei non vuole
essere "la docile moglie-bambola" (qualcuno ricorderà la Nora di
Ibsen... ma anche il disagio femminile delle casalinghe "segregate in
comodi lager domestici" narrato in libri come "La Mistica della
Femminilità")
In conclusione, e consapevole che ho volutamente riscritto quanto
dissi parlando di "Notturno" e "Possesso", anche "Rapimento" resta
un ottimo romanzo - ben narrato, con personaggi complessi e vividi,
descritti a tutto tondo, scene profonde - quindi ne consiglio la
lettura (e se li trovate, leggeteli tutti e tre, a mo' di trilogia)
Charlotte Lamb è sicuramente la scrittrice di genere Rosa che più
mi ha suscitato perplessità. Ho apprezzato il suo modo di scrivere,
ma mi ha decisamente inquietato e disturbato. E si badi bene: io
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non sono contraria all'Horror. Anzi, lo amo come genere. Solo che
se voglio leggere un romanzo Rosa non mi aspetto di trovarci dentro
situazioni inquietanti e angoscianti di mariti o ex mariti che
"menano le mani" e stalkerizzano. Se ho voglia di questo tipo di
atmosfere, mi leggo - appunto - un romanzo Horror o Thriller. E
non un romanzo che "dovrebbe essere Rosa"
Ammesso e non concesso che i suoi tre romanzi presi in esame
possano definirsi "Rosa", visto che nelle storie di questa Autrice si
respirano lacrime femminili, uomini dispotici, un senso di condanna
senza via d'uscita, dialoghi cinici, possesso maschile che arriva quasi
al "rapimento" se non al quasi-stupro, gelosia patologica, donne
deboli e incapaci di staccarsi da storie sentimentali tossiche, il tutto
narrato in pagine decisamente pesanti ed inquietanti nell'atmosfera.
Ripeto: Charlotte Lamb scrive benissimo, le storie sono avvincenti,
ma qui non siamo dalle parti del Rosa, siamo piuttosto dalle parti
del dramma tutto al femminile, di una debolezza, della mancanza di
autostima, della vittima-sacrificale immolata all'altare del cinismo
strafottente maschilista che considera la donna "una sua proprietà,
una bambola da dominare". E queste cose sono tematiche fisse che
compaiono in ben tre libri di questa Autrice (peraltro, molto
prolifica)
Più che far sognare ad occhi aperti e intrattenere, i due romanzi di
Charlotte Lamb inquietano e sembrano quasi suggerire alla lettrice
di evitare rapporti con gli uomini... Che sia stato questo, in realtà, il
vero scopo dell'Autrice? Terrorizzare le sue lettrici? Suggerire che è
meglio stare alla larga dagli uomini? Come negli altri due libri, per
giunta, ricompare lo spettro della violenza fisica, con Gabriel che a
pagina 63 schiaffeggia Marisa. Come può essere fatta passare per
una storia d'amore sano?!
Certo, "Notturno" era molto più pesante in tal senso, ma anche solo
uno schiaffo è grave.
Rispetto agli altri due romanzi, comunque, in "Rapimento" le scene
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di sesso sono pressoché inesistenti, il libro è incentrato soprattutto
sull'angoscia e le ore di attesa di Marisa, a seguito del rapimento del
figlioletto, e sui tentativi di "ri-sedurla" di Gabriel. Ripeto, il tutto è
narrato molto bene, con profondità, e "sa prendere" la lettrice.
Quanto all' "innamoramento" che la triade Lisa\Cordelia\Marisa
provano per Steve\Dan\Gabriel, bhè, deve essere chiaro che NON è
amore, ma masochismo e sudditanza psicologica femminile. Che
può - anzi, deve - essere raccontata anche a fine di "finzione
romanzesca" ma sempre con la consapevolezza che nella realtà
storie "sentimentali" del genere sono pericolose e vanno
denunciate per quello che sono: possessività morbosa,
stalking e stupro coniugale. Perciò nel 2019 non facciamo passare
queste cose (che esistono da sempre, a monte fomentate anche da
ideologie androcentriche religiose) come "amore tra uomo e donna"
e "comportamenti che un uomo ha per dimostrare che ama la
donna" perché sono meccanismi perversi che andrebbero estirpati e
non "sentimentalizzati" o "erotizzati" come "forme di amore
dell'uomo verso la donna" così come la passività docile e la
sottomissione di Lisa\Cordelia\Marisa non vanno fatte passare come
"amore e abnegazione femminile all'uomo dei propri sogni."
Qui di seguito evidenzio in neretto le frasi che segnalano pericolosi
"campanelli d'allarme" che, se succedono nella realtà, non
devono essere sottovalutati.
In sintesi: se un uomo si comporta così, come i personaggi maschili
ideati da Charlotte Lamb, lasciatelo immediatamente e chiedete
protezione a chi è competente se vi sentite in pericolo. Tenete
conto di queste cose, testimoniatele con prove e rivolgetevi a
chi monitora queste cose.
Chi mette addosso le mani, minaccia di uccidere, considera l'altro\a
una sua proprietà, fa subire atti sessuali senza chiedere il permesso,
è una persona pericolosa. Non è amore, non è innamorato di voi e
non importa quanto sia bello o seducente, la VOSTRA VITA e la
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vostra incolumità è più importante dell'"amore" (degenerato e
masochistico) che sentite "per lui" o che lui "dice di sentire per voi".
"Durante uno scontro violento, l'aveva schiaffeggiata: la sua
mano le aveva lasciato un segno rosso sulla guancia e lei gli
aveva lanciato accuse ingiustificate. Dopo di che lei si era sentita
del tutto isolata perché da quel momeno aveva visto in lui
l'estraneo, l'egocentrico che non solo la considerava una sua
proprietà ma la biasimava per avere l'ardire di pensare con la
propria testa."
Gli occhi gli lampeggiarono e la ferocia gli indurì la linea della
bocca. "Non respingermi... così." "Non voglio che mi tocchi." Lui si
arrabbiò e si tese. "P*ttanella! Non mi importa un accidente di
quello che vuoi! Per due anni sono diventato matto per causa tua,
chiedendomi di continuo dov'eri, con chi eri, che cosa facevi... e
adesso tutta calma vieni a dirmi che non vuoi che ti tocchi?
Potrei ucciderti, sai?"
Gabriel storse la bocca in una smorfia amara. "Peccato!", mormorò
con voce strozzata. "Perché [le mie mani] te le sentirai addosso, e
non ti piacerà!" Le lasciò ricadere su di lei con tale violenza da
toglierle ogni residuo di coraggio. Poi la strinse a sé e l'obbligò,
ansante, a subire un bacio che voleva punirla, che non procurava
piacere ma soltanto dolore."
"Ho continuato a chiedermi perché ho desiderato subito afferrarti
per i capelli e trascinarti via con me, con o senza la tua
approvazione, e ancora l'ignoro. Forse dipende dal fatto che sei
tanto fragile. Ho sempre avuto l'impressione che, se ti avessi sfiorata
anche solo con un dito, ti sarebbe rimasto il segno." "Se non ricordo
male, non hai fatto niente per evitarlo", replicò lei con un sorrisetto
amaro, pensando alla notte in cui l'aveva schiaffeggiata. "Non
credere che sia stato fiero di quello che avevo fatto. Mi sono odiato
per quello. Ma ogni volta che ti allontanavi da me, era come se
qualcosa mi si rompesse dentro. Se almeno una volta mi avessi
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lasciato sperare che avresti potuto amarmi..." "Non si può costringere
nessuno ad amare, nemmeno ad amare se stessi", ribatté Marisa. Lui
aveva tentato: le aveva dimostrato di essere pronto a forzarla a
fare quello che voleva lui. Proprio quella era una delle ragioni che
l'avevano indotta a credere che la vedesse unicamente come una sua
proprietà, un oggetto senza volontà."
"Reagì come aveva sempre reagito a ogni minaccia emotiva: si alzò
per fuggire. "No!", mormorò Gabriel, tendendo una mano per
fermarla. Lei lo respinse con entrambe le mani, lottando contro la
sua stretta possente. Si divincolò e, nello sforzo di liberarsi,
inciampò, perse l'equilibrio e gli finì addosso, sul divano. Lui la strinse
a sé e la baciò con furia selvaggia, sulla bocca, sulla gola e alla base
del collo. (...) Non aveva speranza di sfuggirgli. E in quel momento
rivisse la notte in cui la sua ira era esplosa e l'aveva picchiata,
lasciandola poi sola e piangente."
"Potrei ucciderti, sai?", borbottò Gabriel tra i denti,
continuando a scuoterla. Pallida e tremante, Marisa non tentò
nemmeno di liberarsi."
Le pagine più belle:
"Anche Gabriel era una realtà, d'accordo: esisteva... da qualche
parte, ma lontano dal suo mondo. Ruotava come una stella nera in
un'orbita troppo distante dalla sua perché potesse trovarla."
"Per un attimo rimase immobile, tremante, accettando il fatto che la
sua fuga fosse terminata. Gabriel l'aveva trovata. Sapeva che sarebbe
successo fin dal momento in cui aveva saputo che la sua fotografia
era apparsa sul giornale. Ma non si era aspettata che arrivasse così
presto. O aveva perso a tal punto la cognizione del tempo da non
sapere neppure più che ora fosse?"
"Lei ricordava con spaventosa lucidità il giorno in cui vi era entrata
per la prima volta. Si era sentita molto piccola e giovane quando
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Gabriel le aveva fatto superare il cancello, e i suoi occhi colmi di
paura si erano posati sulla casa. Avrebbe voluto fuggire già allora,
dato che aveva capito subito che non avrebbe mai provato la
sensazione di appartenere a quel posto. Aveva vent'anni, quel
giorno, ma se n'era sentita dieci mentre Gabriel l'aiutava a scendere
dalla macchina e la conduceva verso il portico decorato di stucchi.
Le era stato impossibile spiegargli quello che provava: a quell'epoca
osava appena rivolgergli la parola. Era riuscita soltanto a guardarlo
da sotto le ciglia, attonita e incerta, incapace di credere di essere
davvero sua moglie. Come avrebbe potuto Gabriel capire quello che
lei provava? Per lui era tutto normale, noto, addirittura familiare.
(...) Tra loro esisteva un abisso... si conoscevano soltanto da poche
settimane, allora, e lei non sapeva come fare a parlargli, non sapeva
come fosse realmente, non sapeva nemmeno perché l'avesse sposata
e che cosa provasse nei suoi confronti. Sapeva solo perché lei lo
aveva sposato, ed era qualcosa su cui preferiva non fermare la
mente... "
"Non aveva mai avuto l'impressione che i doni che lui le aveva fatto
fossero suoi. Erano caduti intorno a lei come una pioggia d'oro e lei
se n'era staccata, semplicemente (...) Marisa non li aveva mai sentiti
suoi. Non avevano nessun legame con lei: erano solo ornamenti che
doveva indossare quando Gabriel la portava in società, simboli della
loro condizione sociale, la dimostrazione esteriore che lei era la
moglie di Gabriel Radley. Ma nel suo intimo aveva sempre saputo di
non esserlo affatto: era stata soltanto un giocattolo che lui aveva
voluto acquistare d'impulso, un altro oggetto da aggiungere ai molti
che già possedeva."
"Era rimasta inerte fra le sue braccia, la bocca fremente, e dopo un
gemito lui aveva preso a baciarla con ardore. Lei non aveva
nemmeno tentato di ricambiarlo: il suo abbandono non era frutto di
una passione nascosta, la sua eccitazione era per metà paura, la sua
docilità per metà resistenza passiva."
"Il senso di isolamento era aumentato nei mesi successivi anche
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perché Gabriel passava lunghi periodi lontano da lei. Nell'immensa
ed elegante casa a lei estranea, Marisa si era sentita sempre più
tagliata fuori dalla vita. Non sapeva come trattare la servitù né gli
ospiti, tutte persone appartenenti al mondo di Gabriel, che
guardavano a lei, la sua pallida e giovane moglie, con un misto di
pietà e disgusto. (...) Gabriel era talmente ricco che si era sempre
comperato tutto quello che aveva voluto (...) Lei si era sentita uno
degli oggetti che lui aveva acquistato e che accarezzava divertito
quando non aveva niente di meglio da fare. Non erano riusciti a
comunicare; non avevano niente da dirsi, non si conoscevano; non
avevano niente in comune."
"Durante uno scontro violento, l'aveva schiaffeggiata: la sua mano le
aveva lasciato un segno rosso sulla guancia e lei gli aveva lanciato
accuse ingiustificate. Dopo di che lei si era sentita del tutto isolata
perché da quel momeno aveva visto in lui l'estraneo, l'egocentrico
che non solo la considerava una sua proprietà ma la biasimava per
avere l'ardire di pensare con la propria testa."
"Aveva già conosciuto la sensazione di dover trascorrere la vita in
amara solitudine, e quando aveva guardato al futuro, era stato
questo il quadro che le era apparso."
"Le tremarono le labbra. Erano state molte le ragioni per le quali
aveva tenuto segreta la nascita di Jamie: non aveva voluto ritornare
da lui; aveva paventato di diventare di nuovo una bambola nella sua
lussuosa casa di bambole; era certa che, se lui avesse saputo di suo
figlio, se lo sarebbe preso..."
"Gabriel era così forte! Il suo corpo possedeva una solidità che un
tempo l'aveva spaventata, ma ora, in quell'attimo di debolezza, le
infondeva un senso di tranquillità. Il ritmo del suo cuore era
cambiato: era più veloce. E la mano che si muoveva su e giù lungo la
schiena non era più molto ferma. Sentì le sue labbra toccarle
l'orecchio e seguirne la curva. "Sei anche tu piccola e delicata", le
mormorò. "Dai l'impressione di poterti spezzare, se qualcuno ti
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tratta con rudezza. è stata questa la prima cosa che mi ha colpito di
te... la tua fragilità. Volevo tenerti così e cullarti, sapendo che eri
mia." Le parole sussurrate con voce roca la sconvolsero,
risvegliandola dallo stato di trance in cui l'avevano tenuta le sue
carezze. Si staccò, arrossendo, e gli allontanò la mano. "No!". Il viso
di Gabriel s'incupì. Gli occhi gli lampeggiarono e la ferocia gli
indurì la linea della bocca. "Non respingermi... così." "Non voglio
che mi tocchi." Lui si arrabbiò e si tese. "P*ttanella! Non mi importa
un accidente di quello che vuoi! Per due anni sono diventato matto
per causa tua, chiedendomi di continuo dov'eri, con chi eri, che cosa
facevi... e adesso tutta calma vieni a dirmi che non vuoi che ti
tocchi? Potrei ucciderti, sai?" Gli credeva. La furia compressa dentro
di lui gli traspariva dagli occhi brucianti, dal sangue che gli ribolliva,
dalle mani che gli tremavano. L'affrontò, terrorizzata ma decisa a
non darlo a vedere, il mento rialzato con aria di sfida. "Sei tu che mi
hai fatto tornare. Io non volevo venire. Non ho intenzione di
rimanere. E non voglio sentirmi addosso le tue mani!" Gabriel storse
la bocca in una smorfia amara. "Peccato!", mormorò con voce
strozzata. "Perché te le sentirai addosso, e non ti piacerà!" Le lasciò
ricadere su di lei con tale violenza da toglierle ogni residuo di
coraggio. Poi la strinse a sé e l'obbligò, ansante, a subire un bacio
che voleva punirla, che non procurava piacere ma soltanto dolore.
Con una mano le afferrò i neri capelli sciolti, forzandole la testa
all'indietro per immobilizzarla. Non aveva speranza di sfuggirgli. E
in quel momento rivisse la notte in cui la sua ira era esplosa e
l'aveva picchiata, lasciandola poi sola e piangente."
"Potrei ucciderti, sai?", borbottò Gabriel tra i denti, continuando a
scuoterla. Pallida e tremante, Marisa non tentò nemmeno di
liberarsi. Poi lui la fissò e vide la sua paura, il suo pallore, il tremito
delle sue labbra. Strinse la mascella per controllare la sua collera,
poi la lasciò e si rialzò, voltandole le spalle."
"Lui l'aveva costretta al matrimonio prima che avesse avuto il tempo
di riflettere e soprattutto di scoprire che cosa provava per lui. Anche
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la passione fisica esistente fra loro aveva avuto carattere illusorio:
troppo timida per manifestare la propria passione, si era limitata a
subire passivamente quella di lui, a volte persino irritata dalla
propria sottomissione. Ma col nascondere i pensieri e controllare le
emozioni, aveva creato dentro di sé un muro che aveva escluso
Gabriel dalla sua mente e l'aveva fatta rinchiudere sempre più in se
stessa."
"Il profondo abisso silenzioso, che un tempo esisteva tra di loro, in
quell'ultima ora si era richiuso e lei non capiva più niente."
"Marisa riattaccò il ricevitore con un senso di malinconia: la fine di
qualcosa è sempre triste anche quando è l'inizio di un futuro
migliore. La natura umana non accetta l'idea della fine. (...) Proprio
il fatto di rifuggire da ogni emozione l'aveva tenuta sospesa in un
vuoto gelido per anni, e il ricordo di quella provata in sogno la
perseguitò."
"Si rispose che non era psichicamente pronta ad affrontare una
decisione circa il suo matrimonio: voleva avere il tempo per
riflettere. Gabriel era rientrato troppo all'improvviso nella sua vita,
dopo oltre due anni di assenza. Il loro primo periodo insieme si era
concluso in un disastro perché lei non era riuscita a comprenderlo
né a conoscere se stessa. Non voleva ripetere più quell'amara
esperienza: questa volta voleva prendere una decisione ben
ponderata."
"Ho continuato a chiedermi perché ho desiderato subito afferrarti
per i capelli e trascinarti via con me, con o senza la tua
approvazione, e ancora l'ignoro. Forse dipende dal fatto che sei
tanto fragile. Ho sempre avuto l'impressione che, se ti avessi sfiorata
anche solo con un dito, ti sarebbe rimasto il segno." "Se non ricordo
male, non hai fatto niente per evitarlo", replicò lei con un sorrisetto
amaro, pensando alla notte in cui l'aveva schiaffeggiata. "Non
credere che sia stato fiero di quello che avevo fatto. Mi sono odiato
per quello. Ma ogni volta che ti allontanavi da me, era come se
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qualcosa mi si rompesse dentro. Se almeno una volta mi avessi
lasciato sperare che avresti potuto amarmi..." "Non si può
costringere nessuno ad amare, nemmeno ad amare se stessi", ribatté
Marisa. Lui aveva tentato: le aveva dimostrato di essere pronto a
forzarla a fare quello che voleva lui. Proprio quella era una delle
ragioni che l'avevano indotta a credere che la vedesse unicamente
come una sua proprietà, un oggetto senza volontà."
"Reagì come aveva sempre reagito a ogni minaccia emotiva: si alzò
per fuggire. "No!", mormorò Gabriel, tendendo una mano per
fermarla. Lei lo respinse con entrambe le mani, lottando contro la
sua stretta possente. Si divincolò e, nello sforzo di liberarsi,
inciampò, perse l'equilibrio e gli finì addosso, sul divano. Lui la
strinse a sé e la baciò con furia selvaggia, sulla bocca, sulla gola e
alla base del collo. Un'ondata di calda eccitazione le offuscò d'un
tratto la mente, e lei si abbandonò. (...) Adesso Marisa respirava
affannosamente, conscia del corpo virile sotto il suo, della calda
pressione reciproca. Si sentì bruciare dentro e insieme provò la
sensazione che le ossa le si stessero sciogliendo. Ma, contro la sua
eccitazione, combattevano le vecchie paure: il terrore della perdita,
la fuga dall'emozione. Avrebbe voluto cedere, ma non poté. (...) Era
straziata fra l'attrazione e la paura dell'abisso: una parte di lei era
desiderosa di abbandonarsi, e l'altra lottava per allontanarsi dal
precipizio, intuendo che questa volta la resa sarebbe stata totale.
(...) "No", bisbigliò lei. La sua paura cresceva in proporzione al
desiderio di lui e al proprio."
"Ecco qual era l'ostacolo: la possessività di Gabriel... la sua
arroganza... la certezza di ottenere sempre quello che voleva... Era
quello che la bloccava e le impediva di dimostrargli i suoi
sentimenti."
"L'amore non è una questione di lealtà. Non c'è giustizia nell'amore.
E adesso rispondimi." Lei si abbandonò, sentendosi debole e
sottomessa, e chinò il viso appoggiandogli la testa contro l'ampia
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spalla, così forte e protettiva sotto la sua guancia."
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