1
IRLANDA MAGICA
Miti celtici natura selvaggia fantasmi…
e altri misteri
Per viaggiatori curiosi
in cerca di magie
Morena Poltronieri
2
in copertina: Calderone di Gundestrup, particolare,
Museo Nazionale Danese di Copenaghen, Danimarca
3
Indice
PRIMA PARTE
I miti I simboli Le divinità I grandi personaggi
Per cominciare…
Il mito si fa storia
Divinità ed eroi un mondo magico
Acqua sacra e Acqua profana
Magici folletti e dove trovarli
Animali totemici e simboli celtici
Brigida da Dea a Santa
San Patrizio tra santità e leggenda
San Columba di Iona e le dita luminose
King Arthur e la leggenda del Santo Graal
Ogham un magico alfabeto
William Butler Yeats
tra letteratura ed esoterismo
p. 9
p. 18
p. 28
p. 36
p. 39
p. 47
p. 61
p. 65
p. 68
p. 70
p. 76
p. 80
PARTE SECONDA
In viaggio nei misteri magici d’Irlanda… e le sue Contee
Contea di Dublino, una magica capitale
Contea di Wicklow, e la pietra del gigante
Contea di Kildare la natura e il femminile arcaico
Contea di Offaly… e i fenomeni paranormali
Contea di Laois, natura rigenerante
Contea di Carlow e il magico dolmen
Contea di Wexford e il castello infestato
Contea di Kilkenny e la strega Alice
Contea di Waterford, preziosa come il cristallo
Contea di Tipperary e il pozzo sacro
Contea di Cork, Ogham, un alfabeto magico
4
p. 87
p. 109
p. 116
p. 126
p. 140
p. 142
p. 148
p. 155
p. 164
p. 170
p. 177
Contea di Kerry… un anello fatato
Contea di Limerich, tra mito e leggenda
Contea di Clare e la testa della strega
Contea di Galway e le sue isole fatate
Contea di Roscommon…
la dimora perfetta di Mórrígan
Contea di Mayo, magica archeologia
Contea di Sligo e l’esoterismo di Yeats
Contea di Leitrim, Dé Danann tra mito e magia
Contea di Fermanagh e l’isola della dea Badb
Contea di Donegal e il mago dall’occhio cattivo
Contea di Tyrone un viaggio nel passato
Contea di Londonderry e la cattura del drago
Contea di Antrim e il seciato del gigante
Contea di Down e il folle cavaliere senza testa
Contea di Armagh, dove vive la dea Macha
Contea di Monaghan, terra di poeti e fantasmi
Contea di Louth e il mitico toro bruno
Contea di Cavan e i magici circoli di pietra
Contea di Longford, il regno di Tethbae
Contea di Westmeath e le sette meraviglie
Contea di Meath… sapienza megalitica
5
p. 191
p. 207
p. 217
p. 229
p. 240
p. 246
p. 254
p. 262
p. 265
p. 269
p. 274
p. 276
p. 282
p. 291
p. 297
p. 303
p. 306
p. 312
p. 317
p. 319
p. 324
6
7
PRIMA PARTE
I miti
I simboli
Le divinità
I grandi personaggi
8
9
PER COMINCIARE…
La prima popolazione a giungere in Irlanda era
principalmente formata da cacciatori, e si stabilì in quella che
oggi è la Contea di Antrim, circa 8.000 anni fa. Essi decisero
di insediarsi sulle sponde dei laghi, di fiumi o vicino alle
coste. Le abitazioni, chiamate crannóg, erano costruite sulle
rive, simili alle palafitte, ricoperte all’esterno da pelli
animali. Usando attrezzi di selce, gli uomini del Mesolitico
furono in grado di costruire le armi per cacciare: arpioni,
archi e frecce.
Crannóg
Il Neolitico, invece, fu caratterizzato da innovazioni come ad
esempio l’agricoltura e la lavorazione della ceramica. Queste
nuove tecniche vennero importate da coloni provenienti
10
dalla vicina Britannia. Queste popolazioni costruirono le
prime fattorie e introdussero in Irlanda anche l’allevamento
del bestiame, soprattutto capre e pecore. Non più costretti a
spostarsi alla ricerca di cibo, per gli abitanti cambiò anche il
modo di costruire le abitazioni e i crannóg si evolsero in
capanne più robuste e ampie.
Gli abitanti del Neolitico furono indubbiamente noti anche
per le singolari costruzioni, dette megaliti, usate
principalmente come luoghi di sepoltura, anche se alcune
testimonianze archeologiche non escludono che venissero
utilizzate anche per scopi religiosi o raduni politici. La
costruzione dei megaliti iniziò circa nel 3.500 a.C., parecchi
secoli dopo l’arrivo dei primi coloni. Durante questo
periodo, il territorio subì profonde trasformazioni: le foreste
degli altipiani vennero distrutte per fare posto ai terreni
coltivati e le costruzioni megalitiche si diffusero ovunque.
Appare ora importante dedicare qualche riflessione
relativamente al passaggio storico che intercorse dal
Paleolitico al Neolitico, in quanto portò per il genere umano
un’importante svolta nel modo di creare e interpretare l’arte.
Nel Paleolitico le arti figurative cercavano, con i mezzi e
l’estetica del tempo, il massimo realismo, e la motivazione
era data dalla valenza estremamente magica dell’atto
pittorico. Nel momento in cui venivano rappresentate delle
scene di arte venatoria, lo scopo prioritario era quello di
favorire le imprese reali, creando un filo conduttore tra l’arte
e la magia. In altre parole, il tentativo era quello di
influenzare positivamente gli esiti della caccia, attraverso la
realizzazione di graffiti realistici, tali da evocare i migliori
auspici. In pratica si partiva dal presupposto che il simile
generasse magicamente il simile. Questa visione dell’arte, e
quindi della magia, venne rivoluzionata nel Neolitico, dove
avvenne una virata verso il simbolismo. In pratica, a rendere
11
propiziatorio un manufatto non era più la sua
verosimiglianza con una data operazione, come ad esempio
la caccia, bensì vi era un significato più profondo e rituale. Il
seme doveva essere sotterrato e non cacciato, e inoltre il
risultato non era immediato. Dopo l’inglobamento del chicco
nella terra, vi era una necessaria attesa prima che nascesse la
pianta. In pratica nacque il concetto di fertilità, sotteso a
quello di femminino sacro. Infatti, non occorreva più
rappresentare realisticamente come si praticava la semina e
come avveniva il raccolto, ma l’attenzione era rivolta al
potere germinante della madre terra. Per cui cambiarono i
segni, e da una cornice apparentemente astratta di un rombo
fecero capolino due mammelle. Il seno femminile
rappresenta tuttora la fertilità e anche nel passato remoto
indossare un ciondolo con questa raffigurazione poteva
creare magicamente la possibilità di ottenere un buon
raccolto. Il collegamento tra il seno femminile e la fertilità
della terra era quindi del tutto astratto e derivante dal
parallelismo tra la donna che dona la prole e i campi coltivati
che a loro volta elargiscono i loro
frutti. Il simbolo divenne quindi
elemento creativo e vibrante, e il
suo prodotto, parte di un atto
magico.
In questa direzione, è possibile
trovare sui megaliti irlandesi una
serie di simboli ideali, come ad
esempio la spirale, la croce celtica,
le corna del toro, la stilizzazione di
uccelli, che vanno al di là di ciò che
si può trovare in natura, ma si
riferiscono a concetti astratti,
Croce celtica
riconducibili ad archetipi.
12
Uno dei simboli più famosi tra quelli elencati è forse la croce
celtica.
La croce rappresenta un simbolo assiale, ovvero presente in
tutte le culture. Evoca il sole, centro energetico che dona vita
e movimento alla terra. Rappresenta il punto irradiante di
energia suprema che permette lo scorrere del tempo.
L’intersecazione dei due assi, orizzontale e verticale
rappresenta il femminile e il maschile che si alternano e si
completano attraverso il cerchio che li riunisce e porta alla
perfezione, al cielo supremo, da cui tutto è nato. Se i due
bracci della croce sono uguali rappresentano i quattro
Elementi che compongono la vita, ovvero Fuoco, Terra, Aria
e Acqua, ma anche le quattro vie attraverso le quali giungere
alla verità suprema. In altre parole, partire da se stessi, per
giungere alla comprensione della natura, e poi acquisire la
saggezza che porta a Dio e alla Dea.
La croce celtica può rappresentare anche la navigazione. In
effetti, la possiamo considerare come una bussola simbolica,
che guida l’essere umano attraverso il mare spirituale. In
questa analogia, la croce può servire come guida stabile che
conduce sempre verso il ‘vero Nord’, in altre parole il punto
spirituale più elevato.
Indica, quindi, il passaggio delle stagioni e anche le feste del
fuoco celtico, ovvero Samhain, Beltaine, Imbolc,
Lughnasadh. Queste celebrazioni rappresentavano i
momenti di transizione e trasformazione, di cui si descriverà
alla fine di questo capitolo.
Le croci in Irlanda si trasformarono e divennero High Crosses,
‘alte croci’, solitamente erette per marcare un luogo sacro.
Sebbene le High Crosses siano normalmente di pietra, le più
antiche venivano fabbricate in metallo o in legno. A volte
venivano erette per contrassegnare importanti luoghi come
mercati, o in ricordo di personaggi famosi, oppure santi.
13
Inizialmente le croci erano semplici, ma dall’VIII al IX secolo,
mostrarono disegni molto elaborati e intricati, in cui, a volte,
veniva inserito l’alfabeto oghamico, di cui si descriverà più
avanti nel libro. Dal IX al X secolo, cominciarono ad apparire
delle figure scolpite, prima tra tutte quella di Cristo.
I primi esempi delle High Crosses appaiono nella Contea di
Kilkenny e Tipperary. La più antica si trova a Carndonagh,
nel Donegal, forse eretta dai missionari di Iona, scacciati poi
dai vichinghi, e una delle più famose è nel monastero di
Clonmacnoise nella Contea di Offaly.
Dalla fine del XII secolo queste croci caddero in disuso e
furono raramente utilizzate.
Monastero di Clonmacnoise nella Contea di Offaly
14
Riprendiamo ora la storia dall’avvento del cristianesimo,
ovvero dalla fine del IV secolo d.C., quando questo culto
iniziò gradualmente a sostituire il precedente politeismo
celtico. Alla fine del VI secolo, venne introdotto, attraverso la
scrittura, un culto celtico-cristiano prevalentemente a
carattere monastico, che alterò profondamente la società
irlandese. Le incursioni e gli insediamenti vichinghi della
fine dell’VIII secolo d.C. determinarono un altro
cambiamento culturale, nonché un’innovazione nella
tecnologia militare e dei trasporti. Molte delle città irlandesi
furono fondate in quel periodo, quando le rotte commerciali
e il conio dei vichinghi fece la sua prima apparizione.
L’espansione vichinga fu limitata e concentrata lungo le
coste e i fiumi e non fu più una minaccia alla cultura gaelica
dopo la battaglia di Clontarf nel 1014. Giunse quindi
l’invasione normanna nel 1169 che diede origine a una
pressante influenza politica e militare inglese sull’Irlanda per
oltre 800 anni. L’isola venne dominata quasi totalmente dalle
forze inglesi a partire dal XVI secolo. Il XVII secolo fu
probabilmente il più oppresso della storia d’Irlanda con
diverse guerre civili. La rivolta del 1798 creò i presuppusti
per l’Act of Union, ovvero lo scioglimento del Parlamento
irlandese e l’unione, dal 1 gennaio 1801, del Regno d’Irlanda
con il Regno di Gran Bretagna per costituire il Regno Unito
di Gran Bretagna e Irlanda. Vi furono poi diverse sommosse
contro questo documento, ma nel 1845 avvenne un fatto
destabilizzante, ovvero la Great Famine, la ‘Grande Carestia’
a causa della mancata raccolta di patate, l’alimento
principale della nazione. Ciò decimò la popolazione che
all’inizio del Novecento era dimezzata, anche per via
dell’esodo di molti Irlandesi in cerca di alternative. Di questo
fatto si incolpò l’Inghilterra, che molti pensarono avrebbe
potuto fare qualcosa per scongiurare il peggio. Dopo questa
15
carestia, vi furono altre rivolte contro l’Inghilterra e nel 1916
avvenne un’insurrezione che fu repressa nel sangue, ma che
favorì il rinvigorimento dello spirito nazionalista irlandese,
che ci rimanda alla storia contemporanea.
Ma questo libro vuole rimanere legato all’aspetto magico di
questa isola e quindi torniamo alle sue simbologie. Inoltre,
non pensiamo che i suoi culti antichi siano andati perduti,
tutt’altro, per cui, come prima annunciato, guardiamo più da
vicino le festività che la tradizione vuole abbiano ritmato
l’anno solare celtico, e che ancora fanno parte del vissuto
irlandese. Samhain si celebra tra il 31 ottobre e l’1 novembre,
ed è conosciuto anche come Capodanno Celtico. Deriva
dall’irlandese antico, samain, samuin, o samfuin, ovvero ‘fine
dell’estate’, mentre in gaelico significa ‘novembre’.
I Celti erano influenzati principalmente dai cicli lunari che
segnavano lo scorrere dell’anno agricolo, che iniziava
appunto con Samhain, alla fine dei raccolti, quando il terreno
veniva predisposto per l’inverno. I falò erano parte
integrante di questa festa, e una volta accesi, tutti gli altri
venivano spenti, e ogni famiglia celebrava ritualmente la
nuova fiamma, attingendo dal falò sacro situato a Tlachtga,
vicino alla reale Collina di Tara, nell’attuale Contea di
Meath. La collina di Tlachtga è oggi conosciuta come quella
di Ward. Tlachtga, nella mitologia irlandese, era una
druidessa, figlia del druido Mug Ruith, e viaggiò con lui
ovunque, assimilando i molti segreti magici del padre.
Ella diede alla luce tre gemelle su questa collina, dopo la
violenza subita dai tre figli di Simon Mago. Nella leggenda
irlandese Simon Magus venne associato al druidismo, in
quanto sopraggiunse in aiuto di Mug Ruith. Per questo,
anche successivamente, la parola ‘druido’ veniva a volte
tradotta in latino come Magus, e lui era anche conosciuto in
16
Irlanda come ‘Simone il Druido’. Dalla violenza subita da
Tlachtga, su questa collina avvenne una triplice nascita
gemellare, le bambine furono chiamate Cumma, Doirb e
Muach, ognuna concepita da un padre differente. La tripla
nascita è un tema comune nella mitologia celtica e la morte
di Tlachtga, avvenuta dopo il parto, insieme alla costruzione
di una fortezza sulla sua tomba, risuonano con una storia
analoga, quella di Macha, una dea e sovrana dell’antica
Irlanda, associata alla provincia dell’Ulster, che conosceremo
meglio tra poco.
Prima di proseguire, occorre almeno qualche cenno sul
padre di Tlachtga, il potente druido Mug Ruith. Egli visse
sull’isola di Valentia, nella Contea di Kerry, ed era cieco.
Aveva il potere di crescere fino a dimensioni gigantesche, e il
suo respiro causava tempeste e trasformava gli uomini in
pietra. Indossava una pelle di toro senza corna e una
maschera di uccello, e volava con una macchina chiamata
roth rámach. Portava uno scudo nero punteggiato da stelle,
con un bordo d’argento, e possedeva una pietra che poteva
trasformarsi in un’anguilla velenosa, quando veniva gettata
in acqua.
Sono varie le leggende medievali che cantano le sue gesta, e
che lo videro anche in Terra Santa, agli albori della
cristianità. Imparò le arti magiche da Simon Mago, che lo
aiutò a costruire la sua macchina volante roth rámach.
Quando viaggiava accecava tutti con la sua luce, assordava
per via del suo rumore e uccideva chi tentava di colpirla. Vi
sono, inoltre, alcune poesie che riconoscono Mug Ruith come
il carnefice che decapitò Giovanni Battista, portando una
maledizione al popolo irlandese.
Torniamo alle celebrazioni celtiche e in opposto al Samhain
vi era la festa di Beltaine. Questa si celebrava attorno all’1
17
maggio. Beltaine è anche il nome del mese di maggio in
irlandese e per l’Irlanda è anche il primo giorno di
primavera. La tradizione ricorda che i druidi accendevano
dei falò sulla cima dei colli e che vi facevano passare
attraverso il bestiame per purificarlo. Rituale che era
osservato anche dalle persone, con lo stesso scopo.
Imbolc o Imbolg, conosciuto anche come il giorno di Brigit –
festa di santa Brigida - segna l’inizio della primavera. Si tiene
l’1 febbraio, oppure a metà tra il solstizio d’inverno e
l’equinozio di primavera. La sua origine è molto antica,
infatti, alcune tombe in Irlanda sono allineate in modo da
segnalare, con la levata del sole, sia Imbolc, sia Samhain. Il
termine Imbolc significa ‘in grembo’, riferendosi al ventre
delle pecore, e in effetti in origine venivano celebrate le
pecore da latte. Inoltre, era tradizionalmente un periodo di
divinazione meteorologica, che si basava sull’osservazione
dei serpenti o dei tassi, a secondo di dove provenivano dalle
loro tane invernali.
Lughnasadh è la festa del primo raccolto e viene celebrata l’1
agosto. Il festival prende il nome dal dio Lugh, e prevede
cerimonie religiose, gare atletiche e rituali, banchetti e visite
ai pozzi sacri. Secondo alcune ricerche antropologiche, i riti
religiosi includevano un’offerta dei primi frutti, una
celebrazione per il nuovo raccolto, il sacrificio di un toro e
una danza rituale in cui Lugh conquistava il raccolto che
serviva all’umanità e sconfiggeva ogni possibile calamità.
Queste celebrazioni venivano svolte sulle colline e sulle
montagne e si protrassero fino al XX secolo, ma ancora oggi
il cosidetto neopaganesimo ne conserva le tracce e ne pratica
le cerimonie, compresi i pellegrinaggi.
18
IL MITO SI FA STORIA
Dalla lontana cultura megalitica ebbe origine la cultura dei
Celti, che venne tramandata unicamente per via orale.
L’antica letteratura leggendaria dei Gaeli d’Irlanda parte
dalle origini mitiche delle popolazioni che occuparono
l’isola, raccontate poi ne Il Libro delle Invasioni, scritto da
monaci cristiani tra l’XI e il XII secolo d.C.
Le invasioni mitologiche di cui scrissero gli autori cristiani,
posero l’accento sulle migrazioni dei vari gruppi etnici. Si
incontrano gli Erainn (V secolo a.C.) che divisero l’Irlanda in
province, che a loro volta erano ripartite in Tuatha (‘tribù’).
Ogni Tuatha era governato da un re: comandante in tempo
di guerra e giudice in tempo di pace. Quasi allo stesso livello
gerarchico, si trovava il Briugu, nobile proprietario di
terreni, che doveva ospitare chiunque lo chiedesse. Blaí
Briugu, in particolare, apparteneva al Ciclo dell’Ulster e aveva
un geis, in altre parole una sorta di maledizione, ma anche di
dono, e quindi andava rispettato e onorato come
rappresentasse una sorta di incantesimo.
E, infine, vi era il druido, il vero rappresentante del potere
nel mondo celtico. I druidi godevano di alti onori, essi si
occupavano di controversie di tutti i tipi, essendo ritenuti i
più saggi tra gli uomini, avevano il dono della profezia e
conoscevano la magia e la scienza. Erano la casta sacerdotale
della religione celtica, per cui anche i regnanti dipendevano
dai loro responsi.
Vi erano anche i Brehon, giudici di alto livello, che erano
quasi pari ai regnanti; e i Bardi, che avevano il compito di
tramandare la storia con le loro odi.
Prima che il cristianesimo si diffondesse in Irlanda, a partire
dal V secolo d.C con l’arrivo di san Patrizio, la tradizione
culturale era stata preservata dalla comunicazione orale dei
19
druidi, che ancora destano nell’immaginario un affascinante
sapore magico.
Ma l’Irlanda evoca anche storie di fate e folletti, figure
mitologiche che abitano il mondo della leggenda, che
meritano un capitolo tutto loro.
Invece, tra le saghe irlandesi occorre ricordare il Ciclo
Mitologico, il Ciclo dell’Ulster, il Ciclo di Fenian, e il Ciclo
Storico.
Appartengono a questi racconti epici, quelli che gli studiosi
ritengono essere le storie più antiche di tutta la narrativa
gaelica.
Il Ciclo Mitologico rappresenta una delle tracce fondanti della
mitologia pagana dell’Irlanda pre-cristiana. Si tratta di
diversi racconti in prosa e poesia racchiusi all’interno di
manoscritti medievali, così come cronache pseudo-storiche,
quali il Lebor Gabála Érenn o le parti più antiche degli Annali
dei Quattro Maestri e della Storia d’Irlanda di Seathrún
Céitinn.
Il Lebor Gabála Érenn (‘Libro delle Invasioni’) è ritenuto il
testo epico nazionale irlandese. Esso raccoglie storie in
poesia e prosa che narrano l’origine dell’Irlanda. Si tratta di
eventi che non hanno fonti realistiche, ma evocano per certi
versi le storie bibliche, probabilmente nella necessità di
creare delle proprie radici, e segnare un inizio. L’impronta
del pensiero è giudaico-cristiano e porta a un pellegrinaggio
verso una terra promessa, e di rimando anche a tutte le
prove incontrate in questo viaggio. Il testo è anonimo e fu
scritto intorno all’XI secolo d.C.
Si narra di Cessai, una donna che fu la guida dei primi
abitanti dell’Irlanda, prima del Diluvio Biblico. Era la nipote
di Noè e ci sono varie leggende a proposito di ciò. Una di
queste narra che il padre fu rifiutato sull’arca e quindi ella
20
suggerì di costruire un idolo che li avrebbe diretti alla
salvezza, e quindi, seguendo i suoi suggerimenti, per
sfuggire al diluvio, si diressero in Irlanda, tuttavia la donna
trovò la morte.
A lei seguì Partholón – figlio di Sera, a sua volta figlio di Sru,
un discendente di Magog, figlio di Jafet, e quindi nipote di
Noè – che guidò il Muintir Partholóin (‘Popolo di Partholón’)
a colonizzare l’Irlanda nel 2680 a.C. Arrivarono sull’isola
disabitata dopo il Diluvio e introdussero varie attività come
l’agricoltura, la preparazione e conservazione dei cibi e la
costruzione di capanne. Dopo alcuni anni, tutti morirono in
una settimana a causa della peste.
Nemed o Nimeth fu il capo del terzo popolo. Secondo il
Lebor Gabála Érenn, Nemed, come quelli che si stabilirono in
Irlanda prima di lui, aveva una genealogia risalente al
biblico Noè.
Il popolo di Nemid salpò dal Mar Caspio con 44 navi, ma
dopo un anno e mezzo di navigazione, l’unica nave che
approdò in Irlanda fu quella della loro guida, nella quale vi
era moglie - che morì poco dopo - e i figli. Essi portarono
ricchezza al paese e Nemed vinse quattro battaglie contro i
misteriosi Fomori, un popolo di semidei della mitologia
irlandese, deformi e dalla testa di capra. Alcuni studiosi
moderni ritengono che fossero un gruppo di divinità che
rappresentavano i poteri distruttivi della natura,
personificando il caos, l’oscurità, la morte, il degrado e la
siccità. In una di queste battaglie morì anche Artur, il primo
figlio di Nemed, nato in Irlanda. Nove anni dopo essere
arrivato su questa isola, Nemed morì a sua volta di peste,
insieme a tremila persone e sarebbe sepolto sulla collina di
Ard Nemid a Great Island, nel porto di Cork.
Il popolo sopravissuto di Nemed fu poi oppresso dai
Fomori, che pretendevano ogni Samhain i due terzi dei loro
21
figli, il loro grano e il loro latte. Questo tributo che i
Nemediani erano costretti a pagare potrebbe essere «un
oscuro ricordo del sacrificio offerto all’inizio dell’inverno,
quando i poteri dell’oscurità e della rovina sono in ascesa»
seguendo le parole di Sir Diarmaid Ninian John MacCulloch,
storico e accademico britannico.
Dopo molti anni, il popolo si levò contro i Fomori e li attaccò
con 60.000 guerrieri (30.000 in mare e 30.000 in terra),
sconfiggendoli. Ma è solo l’inizio, in quanto il fomoro Morc,
partì al contrattacco e quasi tutti i Nemediani vennero uccisi
in un maremoto. Una sola nave di trenta uomini riuscì a
fuggire. Alcuni di loro andarono «nel Nord del mondo»,
alcuni in Gran Bretagna, diventando gli antenati dei
britannici, mentre altri si diressero verso il sud della Grecia.
L’Irlanda rimase così disabitata per altri 200 anni. Ma la
storia è complessa, per cui i superstiti che navigarono verso
il Nord divennero i Túatha Dé Danann (o Tuath Dé), i
principali dèi pagani dell’Irlanda, dotati di poteri
sovrannaturali. Coloro che invece si diressero in Grecia
divennero i Fir Bolg, il quarto popolo che colonizzò l’Irlanda.
Dopo 230 anni di schiavitù patita in Grecia, i Fir Bolg
salparono e si diressero prima in Iberia, l’odierna Spagna, e
poi in Irlanda, praticamente nello stesso periodo in cui gli
Israeliti lasciarono l’Egitto.
Con una grande flotta, i Fir Bolg arrivarono in Irlanda e la
divisero in cinque province, creando un regno florido.
Dopo 37 anni, i Túatha Dé Danann, che si erano salvati
dirigendosi verso il Nord, tornarono in Irlanda. Il loro re,
Nuada, pretese che venisse loro concessa la metà dell’isola,
ma il re dei Fir Bolg, rifiutò. Da qui partirono vari conflitti e i
Fir Bolg vennero sconfitti. Secondo altri testi, i Fir Bolg
fuggirono dall’Irlanda. Mentre altri ancora raccontano che i
Túatha Dé Danann offrirono loro un quarto d’Irlanda.
22
Tuttavia la storia non è finita, in quanto stavano arrivando i
Milesi dalla Spagna, per vendicare un loro esploratore che
aveva trovato la morte in Irlanda. Il loro capo era Donn,
considerato il dio della morte. Si dice che egli dimorasse nel
Tech Duinn (la ‘casa di Donn’ o ‘casa dell’oscuro’). Un poema
del IX secolo d.C. racconta che in punto di morte Donn
espresse come ultimo desiderio che tutti i suoi discendenti si
riunissero a Tech Duinn, dopo la morte. Infatti, in varie
raccolte letterarie, questo rappresenta il luogo in cui si
ritrovano le anime dei morti.
Nel Lebor Gabála Érenn, Donn, chiamato anche Éber Donn,
durante l’invasione d’Irlanda, annegò in un naufragio al
largo della costa sud-occidentale e venne sepolto in un’isola
rocciosa che poi fu chiamata appunto Tech Duinn. Si dice
che questa isola si trovi al confine occidentale dell’Irlanda ed
è comunemente identificata con Bull Rock, al largo della
punta occidentale della penisola di Beara. Questo luogo è
simile a una tomba a forma di dolmen, in quanto un tunnel
naturale l’attraversa, rappresentando una sorta di portale
mistico in cui il mare scorre. La tradizione tramanda che le
anime dei morti vi giungessero da Ovest, nel momento del
tramonto.
Torniamo alla nostra storia e all’arrivo dei Milesi in Irlanda.
Con loro giunse Amergin Glúingel, più conosciuto come
Amergin, druido, bardo e giudice dei Milesi. Essi ebbero
l’approvazione di stabilirsi temporaneamente, ma se
volevano fare approdare le loro navi, dovevano prima
vincere i Túatha Dé Danann. L’arbitro imparziale della
contesa fu appunto Amergin. I Milesi decisero di partire
«oltre la nona onda», che rappresentava una sorta di confine
magico. Ma i druidi dei Túatha Dé Danann scatenarono una
tempesta altrettanto magica contro di loro, per non farli
23
approdare. Amergin fece allora una supplica, cantando lo
‘spirito d’Irlanda’. Infranse così la barriera magica, e permise
al suo popolo di stabilirsi definitivamente in Irlanda.
I Milesi divennero così i progenitori dei Gaeli.
Amergin divise la terra tra i suoi due fratelli, Éber che prese
la metà meridionale dell’Irlanda, ed Érimón quella a Nord.
Entro l’anno, Érimón sconfisse Éber in battaglia ed ebbe il
potere su tutta l’isola, e due anni dopo uccise Amergin in
un’altra battaglia. La tradizione locale dell’attuale Drogheda
- che trova sul corridoio Dublino-Belfast, sulla costa orientale
dell’Irlanda - individua il luogo di sepoltura di Amergin
sotto Millmount.
D’ora in poi si può parlare di vera storia, anche se questi
antichi popoli scomparsi si dice che ancora vivano e si
riuniscano in banchetti magici nei luoghi ove sorgono i
menhir, oppure riesiedono in un ‘mondo di mezzo’
invisibile, abitando tumili di pietra, laghi o vaste caverne
sotterranee, nascondendosi alla vista dei più, e agendo
ancora attraverso i loro poteri magici.
Un personaggio fondamentale appartenente ai Túatha Dé
Danann è Manannan mac Lir, dio del mare, del tempo
atmosferico e dell’oltretomba. Il racconto leggendario I figli
di Lir conosciuto anche col titolo La tragica storia dei bambini di
Lir o Il destino dei figli di Lir mescola elementi magici e
incantesimi druidici, attraverso un messaggio cristiano di
fede che porta la libertà dalla sofferenza.
La storia è ambientata nel momento della caduta del
dominio dei Túatha Dé Danann e l’ascesa dei Milesi.
La leggenda narra di gesta, sconfitte, ma anche
trasformazioni magiche, come quando i figli di Lir, a causa
della gelosia di Aoife, la seconda moglie del re, furono
trasformati in cigni bianchi. In realtà, la donna avrebbe
24
voluto ucciderli, ma non avendone cuore fece questa magia,
condannandoli a vivere per trecento anni nel lago
Derryvaragh, trecento anni nello stretto di Moyle (tra
l’Irlanda e la Scozia) e trecento anni nell’Atlantico.
L’incantesimo poteva essere sciolto solamente nel momento
in cui un principe del Nord avesse sposato una principessa
del Sud. I bambini mantennero l’uso della parola, e anche la
possibilità di intonare canti melodiosi. Nel frattempo
l’intrigo fu scoperto e Aoife fu trasformata in un demone
dell’aria e cacciata. La storia racconta tutte le vicissitudini dei
poveri cigni, figli di Lir, finchè alla fine avvenne l’incontro
con un monaco cristiano che, con il suono della campana e il
suo tocco li liberò dal corpo animale, mettendo allo scoperto
la loro vera natura, di uomini ormai vecchi e pronti alla
morte, non prima però di essere battezzati!
Il Ciclo dell’Ulster risale probabilmente al V secolo d.C.
I diciotto racconti eroici appartenenti a questa opera, si
sviluppano attorno alla figura del re dell’Ulster, Conchobar
mac Nessa, e alla figura di Cú Chulainn, suo valoroso
vassallo e figlio del dio Lugh, e infine all’Ordine cavalleresco
del Ramo Rosso. L’epoca in cui si svolge il poema epico
descrive l’Età del ferro precristiana.
Oltre all’episodio centrale costituito dal Táin Bó Cúailnge (‘La
razzia del bestiame di Cúailnge’), ci sono numerosi racconti
riguardanti la nascita soprannaturale di Cú Chulainn, figlio
del dio Lugh e di Deichtine, sorella del re dell’Ulster.
Le gesta che compì già da bambino, il suo incontro con
Mórrígan - la dea della guerra, della morte e del fato - i suoi
amori, le sue battaglie e la sua morte fanno di lui l’eroe
irlandese per eccellenza, valoroso, impavido, vittorioso.
25
Una delle storie d’amore più belle e tragiche del ciclo
dell’Ulster, e in cui l’eroe Cuchulainn non appare, si intitola
L’esilio dei figli di Usnach.
Durante un banchetto in onore del re Conchobar mac Nessa conosciuto anche come Conor - Cathbad il capo dei druidi,
predisse a Fedlimid mac Daill, uno dei signori dell’Ulster,
che sua figlia Deirdre, appena nata, sarebbe diventata una
bellissima donna, moglie di re, ma anche causa di grande
sventura. I guerrieri presenti alla festa avrebbero voluto
uccidere la neonata all’istante, ma il re si offrì di sposarla,
una volta adulta e la portò via con sé.
Il re affidò la bambina alla nutrice Leabharcham, con l’ordine
di allevarla in una fortezza, in totale isolamento. Un giorno,
quando il matrimonio era ormai prossimo, Deirdre e la
nutrice salirono sulle mura della fortezza e fu lì che la
fanciulla vide le macchie del sangue di un vitello sgozzato
sulla neve bianca e un corvo nero bere quel sangue.
Deirdre, che anche prima di quella visione non voleva
sposare il re, ormai vecchio, ebbe un impulso e sognò invece
di sposare un giovane dai capelli neri come il corvo, con le
guance rosse come il sangue e con la pelle bianca come la
neve. La nutrice le disse che Naoise, il figlio di Usnach, uno
dei campioni del Ramo Rosso, era la risposta perfetta al suo
desiderio. Deirdre lo incontrò e gli chiese di portarla via da
Conor. I due innamorati, assieme ai fratelli di Naoise e a
Leabharcham, trovarono riparo prima in Scozia, poiché
inseguiti dal re, e poi presso Glen Etive, un luogo solitario
dove vissero per qualche anno in pace.
Un giorno il re Conor li invitò a tornare, con la promessa che
non sarebbe stato fatto loro alcun male e che le profezie
passate erano state dimenticate. Fu così che i due giovani
tornarono in Irlanda. Ma tristi eventi erano alle porte. Naoise
e i suoi fratelli furono fatti prigionieri dal re e uccisi da
26
Owen, principe di Ferney e cavaliere del re Conor, che li
decapitò. Conor prese Deirdre con la forza e la costrinse a
vivere con lui per un anno. Ella non sorrise più, e passò il
suo tempo a piangere il suo amato perduto.
Un giorno il re le chiese quale fosse la cosa che più detestava
al mondo e lei gli rispose che odiava lui e Owen. Così Conor
l’obbligò a vivere con Owen per un anno intero, come
punizione.
Sulla strada verso la fiera di Emain, Deirdre si gettò giù dal
carro andando a precipitare contro un macigno per trovare la
morte. La leggenda narra che due alberi di tasso crebbero
dalle tombe di Deirdre e Naoise. I loro rami si intrecciarono
in un abbraccio che nessuno fu mai più in grado di dividere.
Il Ciclo di Fenian, conosciuto anche come Ciclo ossianico si
concentra soprattutto sulla figura di Fionn mac Cumhaill, il
cui figlio, Oisin, era un guerriero e un poeta e, per tradizione,
autore di gran parte dei componimenti di questo Ciclo.
Le vicende risalgono al regno di Cormac mac Art, intorno al
III secolo d.C., epoca in cui i Fianna Éireann, guerrieri al
seguito del re, raggiunsero l’apogeo. Mentre nel Ciclo
dell’Ulster si incontravano personaggi intrepidi, ma rudi, in
questo Ciclo trova risalto l’elemento magico e il mistero.
L’ambiente ultraterreno domina il racconto delle avventure
di Oisin (‘cerbiatto’), poeta e guerriero di tutta la saga. Egli è
figlio di Fionn e Sadbh, una fanciulla trasformata in cerbiatto
da una maledizione dal druido Fer Doirich. Un giorno
incontrò la fata Niamh, che innamorata, lo portò con sé nel
Tír na nÓg (‘terra dell’eterna giovinezza’). Ebbero due figli,
un maschio e una femmina.
Dopo tre anni, Oisin decise di tornare in Irlanda per
incontrare la sua famiglia, ma la fata gli rivelò che i tre anni
trascorsi nella loro terra equivalevano a trecento nel mondo
27
reale. Egli partì ugualmente, ma la consorte gli intimò di non
scendere mai dal suo cavallo, altrimenti sarebbe invecchiato
in un solo attimo. Così fece, e dopo aver trovato la sua casa
in rovina, decise di tornare sui suoi passi, ma nel tragitto,
dovendo aiutare un uomo a sollevare una pietra su un carro,
cadde a terra, divenendo vecchio in un solo attimo.
Secondo un’altra versione, Oisin non morì subito dopo, ma
restò in vita fino all’arrivo in Irlanda di san Patrizio, al quale
avrebbe lasciato come testimonianza la sua storia.
E infine appare il Ciclo Storico o Cronaca d’Irlanda
un’immaginaria collezione di annali ecclesiastici che
descrivevano degli eventi dell’Irlanda dal 432 al 911 e
comprendevano: Annali di Inisfallen, Annali dell’Ulster,
Cronaca degli Scoti, Annali di Clonmacnoise, Annali di Tigernach,
Annali di Roscrea, Annali di Boyle e frammenti degli Annali
d’Irlanda. Probabilmente fu scritta in luoghi e tempi
differenti, da personaggi che facevano parte di chiese o
monasteri.
L’opera è composta da necrologi, in quanto le cause della
morte erano per i compilatori le qualità spirituali dei
personaggi, per cui da come erano morti si poteva evincere
se sarebbero andati all’inferno o in paradiso.
Dopo l’800 molti scritti ricordano le invasioni vichinghe. Poi
vi sono osservazioni di eventi astronomici come l’eclissi di
sole del 29 giugno 512. Ma anche episodi ambientati fuori
dall’Irlanda, così da rappresentare una dettagliata visione
sugli avvenimenti dell’Inghilterra dell’VIII e IX secolo.
Però appare chiaro che in questo Ciclo, il magico fascino
irlandese, cede il posto a una rigorosa compilazione, con la
pretesa di essere storica. Torniamo quindi al mito, grazie alle
divinità che hanno reso l’Irlanda una delle terre incantate del
Nord.
28
DIVINITÀ ED EROI…
UN MONDO MAGICO
Nella mitologia celtica esseri umani e divini si scambiano
spesso le parti e altrettanto spesso le caratteristiche dell’uno
confluiscono nell’altro. Non mancano poi le valenze
magiche, legate soprattutto alla trasmissione orale
tramandata dai bardi, in forma poetica. Questa tradizione fu
poi messa per iscritto al fine di tramandarne la morale.
I druidi andando più o meno scomparendo, lasciarono posto
ai monaci, che riscrivendo le storie aggiunsero
inevitabilmente una visione cristinana a tutte le vicende,
eliminando molti degli aspetti pagani. Per esempio, alcuni
dèi divennero demoni, oppure furono assimilati alla cultura
cristiana come nel caso delle dea Brigit che divenne poi santa
Brigida (da non confondere con quella svedese), molto
venerata in Irlanda, e seconda solo a san Patrizio. Seguendo
la mitologia celtica, Brigit era figlia di Dagda, il ‘dio buono’,
e fu protettrice dei poeti, dei guaritori, dei druidi, dei
combattenti e degli artigiani. La sua immagine ispirò il ciclo
arturiano ponendola come Dama del Lago.
I druidi vennero minimizzati nei loro poteri magici, sempre
e comunque inferiori a quelli divini, propri del cristianesimo.
Solo in epoca recente, si sta riscomprendo il fascino di questa
antica tradizione, che nel suo pantheon accoglieva la divinità
più importante, Lugh Làmfata, molto simile a Odino,
conosciuto come ‘figlio del Sole’ o ‘il luminoso’, e anche
‘dalla lunga mano’, divinità guerriera che possedeva uno dei
quattro tesori dei Túatha Dé Danann, ovvero una lancia
invulnerabile. Di lui rimane traccia nella festa celtica di
Lughnasadh, di cui si è già scritto in precedenza.
29
Belenos o meglio Belanu, ‘colui che è luminoso’, in Irlanda si
riferiva a Lugh, e da ciò deriva anche la ricorrenza druidica
di Beltaine, ovvero dei ‘Fuochi di Belenos’.
Uno dei suoi epiteti era Teutates, ovvero ‘uomo della tribù’ o
‘uomo del Nord’. Veniva chiamato anche ‘dio delle mille
arti’ e veniva associato anche a giuramenti, verità e legge, e
quindi alla legittima regalità. Tutto di lui era magico,
compreso il suo cane Failinis che, in battaglia, vinceva ogni
attacco, ed era in grado di trasformare l’acqua corrente in
vino.
Lugh inventò vari giochi, tra cui quelli con la palla, le corse
dei cavalli e uno similare agli scacchi, chiamato fidchell.
Il suo cavallo Aenbharr poteva sopravvivere sia in terra che
in mare e gli fu donato, con tutta la bardatura, dal dio del
mare Manannán mac Lir.
Lugh corrisponde al dio Lugus ed è identificato anche con
Mercurio.
Dagda è colui che possiede la scienza, il sapere sacerdotale
druidico, ma che pure conosce molto bene la magia e il
potere dei quattro Elementi. Fa parte di una delle mitiche
popolazioni che fondarono l’Irlanda, i Túatha Dé Danann.
Governa l’agricoltura e quindi la fertilità, e rappresenta la
forza virile. La sua arma è la mazza, che ha una duplice
funzione. Da una parte è in grado di uccidere con un solo
colpo nove uomini e con l’altra li resuscita, sovraintendendo
in questo modo al ciclo continuo di morte e rinascita.
Suona un’arpa magica realizzata in legno di quercia, uaithne,
con la quale controlla le sensazioni umane, il riso, il sonno, e
la malinconia. Quando Dagda suonava, metteva le stagioni
nel loro ordine corretto; mentre in altri casi comandava
l’ordine della battaglia.
30
Possedeva due maiali, uno dei quali cresceva sempre,
mentre l’altro era sempre arrostito e pronto per essere
gustato. Gli alberi da frutto che possedeva erano sempre
carichi. Mórrígan è spesso descritta come sua moglie.
Infine, egli possiede il calderone magico, conosciuto come
coire ansico (‘il calderone non asciutto’) in quanto senza
fondo, e che quindi poteva nutrire all’infinito. Si diceva che
avesse un mestolo così grande che due persone potevano
starci dentro.
Dal magico calderone sappiamo che nacque successivamente
una delle visioni legate al Santo Graal, che poteva nutrire
magicamente un intero esercito e far rinascere i morti, che
però rimanevano muti al fine di mantenere il segreto
dell’aldilà.
Poi incontriamo Taranis, molto simile a Thor, ma anche a
Dagda, personificazione del tuono, in stretto collegamento
alla Ruota Cosmica, più specificamente la ruota del carro con
sei o otto raggi, simbolo del ciclo naturale della nascita e
della morte.
Vi sono poi varie divinità femminili e occorre ricordare che
nella mitologia celtica la donna aveva lo stesso potere
dell’uomo, godeva degli stessi privilegi e aveva la stessa
forza e libertà.
Anu o Annan era una dea madre, che presiedeva alla natura,
ma soprattutto alla spiritualità della forza generatrice. Il toro
bianco le era sacro. Si pensava che l’adorazione della dea
portasse un buon raccolto. Era anche associata al vento, alla
saggezza, alla fertilità e alla rigenerazione.
Molto spesso fu identificata con Danu, la più antica dea
celtica, figlia di Dagda, e madre dei Túatha Dé Danann. In
altri racconti lo stesso Dagda è marito di Danu.
31
Era parte integrante della triade di divinità femminili legate
alla guerra.
Il numero tre era sacro anche nella religione celtica e quindi
la trinità delle dee era considerata una potente combinazione
di magia. Esse avevano la capacità di trasformarsi in corvi ed
erano considerate non solo potenti, ma portatrici di morte e
maledizioni, profezia e saggezza.
Di questa triade faceva parte Badb, ‘corvo’, che oltre avere la
possibilità di trasformarsi in questo animale, portava
scompiglio e confusione nelle battaglie, così da creare
vantaggio alla fazione da lei prescelta.
La terza era Macha, dea associata ai cavalli, alle battaglie e
alla sovranità. Raccoglieva le teste degli uomini uccisi in
guerra. Se ben osserviamo, questa triade non rappresentava
altro che i tre volti di Mórrígan, una delle più importanti
divinità guerriere irlandesi, legata anch’ella alla morte e al
fato. Macha compare in diversi ruoli. In una poesia del Lebor
Gabála Érenn è una delle figlie di Partholón, nel primo
insediamento in Irlanda dopo il diluvio. Poi come moglie di
Nemed. Come figlia della dea madre Ernmas, dei Túatha Dé
Danann, citata insieme alle sue sorelle, Badb e Mórrígan. Col
nome di Macha Mong Ruad (‘capelli rossi’), figlia di Áed Rúad
(‘fuoco rosso’ o ‘signore del fuoco’ - un nome di Dagda),
appare come unica regina nella List of High Kings of Ireland,
ovvero un elenco che segnalava i più alti re dell’Irlanda, fin
dai tempi più antichi.
Mór Muman o Mór Mumain compare nell’antica letteratura
irlandese come regina di Munster e figlia del re Áed Bennán.
Il suo nome significa la ‘Grande Madre’ e la provincia di
Munster (An Mhumhain ) prende il suo nome.
La sua storia si trova nel Libro di Leinster che la colloca nel X
secolo. Ella fu vittima di un incantesimo che la rese pazza e
32
senza memoria. Vagò per due anni in Irlanda per arrivare
poi a Cashel, nella Contea di Tipperary, alla corte del re
Fíngen mac Áedo Duib. Dopo aver giaciuto col re, riprese il
senno e la memoria, e divenne regina.
Una storia simile viene collocata sulle montagne Slieve Mish,
dove Mór visse allo stato selvaggio e nella pazzia. Anche in
questo caso incontrò un uomo, un arpista di nome Dubh
Rois e dopo aver giaciuto con lui, ritrovò il senno. Questi
episodi evocano la duplice immagine della dea, che prima
appare terrifica, come una strega, poi dopo essere stata
baciata dal sovrano, torna nelle sembianze benefiche del
femminile.
In un’altra storia, Mór e suo marito Ler o Lir approdano in
Irlanda nella penisola di Dingle e vivono a Dunmore Head.
Un giorno, Mór si arrampicò sulla cima di Mount Eagle per
vedere la terra in cui viveva. Ad un tratto non poté
trattenersi dall’urinare, per cui si accovacciò per attendere a
questa funzione. Si dice che i burroni che tagliano le
montagne del Munster siano derivati dalle grandi correnti di
urina di Mór. Ai piedi della montagna si trova un luogo
chiamato Tivoria o Tigh Mhóire (casa di Mór).
Questa dea è anche conosciuta come Mugain e rappresenta
probabilmente una versione di Anu, ma anche di Medb e
Mórrígan.
A loro si unisce Banba, anch’eesa figlia di Ernmas e sposa
Mac Cuill. Si tratta di una delle dee patrone dell’Irlanda.
Fece parte della triade divina insieme alle sue sorelle, Fódla
ed Ériu. Quando i Milesi arrivarono in Irlanda ogni sorella
volle dare il proprio nome all’isola. Nacque una disputa e
vinse Ériu dal cui nome derivò Éire, ‘Irlanda’, ma anche il
nome Banba fu spesso utilizzato per designare l’isola, specie
nelle rime poetiche.
33
Tra le divinità femminili va ricordata Nemain, lo spirito del
caos convulso della guerra, e per alcune tradizioni uno dei
volti di Mórrígan. Infatti, nell’opera epica Táin Bó Cúailnge,
Neman confonde gli eserciti, così che gli amici si uccidano
tra loro. Quando l’esercito della regina Medb giunge a
Magh-Tregham, nell’odierna Contea di Longford, sulla
strada per Cuailnge, Neman appare tra loro, seminando la
discordia.
Mórrígan è una delle più importanti divinità irlandesi,
considerata una delle ‘furie guerriere’. Il suo nome in
irlandese moderno è Mór-Ríoghain, ovvero ‘grande regina’ o
‘regina fantasma’. Fa parte dei Túatha Dé Danann, ed è figlia
di Fiacha mac Delbaíth e di Ernmas e, come abbiamo già
visto, è sorella di Badb e Macha, ma associata anche a
Nemain. Tre di queste quattro dee formano una triade
chiamata Morrígna, il plurale di Mórrígan. Come abbiamo
già considerato, nella cultura celtica, la triade è molto
importante e in questo caso indica i tre volti della dea, anche
se ognuna delle tre sorelle appare differenziata dall’altra.
Questa triade viene rotta, in quanto Macha muore per mano
di Balor nella seconda battaglia di Mag Tuire. In alcune
leggende, viene sostituita da Nemain.
Mórrígan è anche colei che incoraggia i guerrieri a
combattere valorosamente e li spinge verso la vittoria.
Insinua la paura nei nemici e alcune volte viene raffigurata
mentre lava i vestiti macchiati di sangue di coloro i quali
sono destinati a morire. Non solo è la dea della guerra, ma è
pure una manifestazione della sovranità sulla terra, dove si
presenta come protettrice di coloro che vi abitano.
Tailtiu è un’altra divinità femminile della mitologia irlandese
da cui ha preso il nome una città della Contea di Meath.
34
Il Libro delle invasioni la ricorda figlia del re di Spagna e
moglie di Eochaid mac Eirc, l’ultimo re supremo Fir Bolg
d’Irlanda. Lei sopravvisse all’invasione dei Túatha Dé
Danann e divenne la madre adottiva di Lugh, che le dedicò il
festival Áenach Tailteann, celebrato fino al XVIII secolo. Ella
morì dopo aver creato la pianura di Breg, nella Contea di
Meath e Lugh diede origine ai giochi funebri in suo onore, al
festival di Lughnasadh.
Nella mitologia irlandese appare anche Credne o Creidhne,
figlio di Brigit e Tuireann, egli fu designato come l’orafo dei
Túatha Dé Danann, ma fu pure un raffinato forgiatore di
bronzo e ottone, così da fabbricare le armi del suo magico
popolo che furono poi utilizzate per combattere i Fomori.
Insieme ai suoi fratelli Goibniu e Luchtaine, fece parte del Trí
Dée Dána, i tre artisti creatori di armi. La tradizione racconta
che Creidhne abbia forgiato la mano d’argento di re Nuada,
primo sovrano dei Túatha Dé Danann, dopo che questi la
perse.
Crom Cruach o Cromm Crúaich, conosciuto anche come
Cenn Cruach o Cenncroithi, è un’altra divinità importante
dell’epoca pre-cristiana. La leggenda racconta che
l’immagine di Crom Cruach era d’oro e circondata da dodici
figure di pietra o di bronzo, erette a Magh Slécht (‘Piana della
Prostrazione’) nella Contea di Cavan. A questa divinità
venivano dedicati sacrifici umani e soprattutto venivano
immolati i primogeniti in cambio di raccolti fruttuosi.
Secondo una tradizione, gran parte degli uomini dell’esercito
di Tigernmas, re supremo d’Irlanda, figlio di Follach, a sua
volta figlio di Ethriel, un discendente di Érimón, furono
sacrificati a Crom Cruach, la vigilia di Samhain. Il culto
35
venne interrotto da san Patrizio che con una mazza distrusse
la statua della divinità.
Probabilmente collegato a qualche culto megalitico appare
Crom Dubh o Crum-dubh, il dio celtico della fertilità, che
veniva ritratto con uno staio di grano.
La mitologia irlandese mostra pure Iuchar, uno dei figli di
Tuireann, dei Túatha Dé Danann, e di Danand. Insieme ai
suoi due fratelli Brian e Iucharba, uccise Cian, padre di
Lugh. Essi smembrarono il suo corpo, cercando di celare la
propria colpa. Per questo, Lugh fece in modo che vagassero
per tutto il mondo conosciuto all’epoca, fino alla Persia, allo
scopo di ritrovare le armi magiche da usare nella seconda
battaglia di Magh Tuiredh. I tre fratelli riuscirono
nell’intento, ma patirono gravi ferite e nel momento in cui
chiesero l’intervento salvifico di Lugh, egli lo negò. La storia
dei Figli di Tuireann fu spesso ricordata come ‘l’Argonautica
irlandese’.
Inoltre, in vari passi del libro si trovano molte tracce di Ler o
Lir, che in irlandese significa ‘mare’, e difatti incarna il dio
del mare nella mitologia irlandese. E a proposito di mare,
entriamo nelle profondità degli abissi per cogliere la
simbologia delle acque…
36
ACQUA SACRA E ACQUA PROFANA
Nella tradizione irlandese i laghi, le sorgenti, gli stagni e i
corsi d’acqua rappresentano l’ingresso al mondo fatato, il
cosiddetto Sidhe. Daoine Sidhe è anche il nome dei Túatha
Dé Danann, quando i Milesi li spinsero a vivere nel
sottosuolo. Il loro re era Finvarra, e ancora governa nel suo
palazzo, sotto la collina fatata di Knockma. Sono molto abili
nel gioco degli scacchi al punto che nessun essere umano è
mai riuscito a vincerli. I Túatha Dé Danann sono considerati
tuttora un popolo fatato e semidivino dell’Annwyn, una
terra di delizie ed eterna giovinezza, ove non manca nulla.
Sarebbero potenti maghi e svolgono eterni banchetti in
luoghi fuori dallo spazio e dal tempo, spesso all’interno degli
antichi tumuli o in prossimità di dolmen o di laghi. Per
questo permane la tradizione che gli elfi siano tutto ciò che
resta dei Túatha Dé Danann, guardiani dei laghi irlandesi.
A volte è possibile entrare nel loro mondo, ma quando è
accaduto, il viaggiatore perde il senso del tempo e torna alla
realtà umana molto sapiente, ma invecchia immediatamente.
L’Acqua ha sempre rappresentato la via di accesso a questi
mondi, anche perché in essa vi è il riflesso di tutto ciò che
circonda lo specchio d’acqua. Era la via per entrare in
contatto con gli antenati, che molto spesso erano divinizzati.
Non si può dire che in Irlanda manchi questo elemento con il
mare che la circonda e i molti laghi, fiumi, torrenti e pozzi.
Tutti a raccontare storie incantate. Le troviamo nel Cath
Maige Tuired che rivela dei mitici Túatha Dé Danann e di
Dían Cécht, il loro guaritore, considerato come dio della
salute. Durante la prima battaglia di Mág Tuired (‘Pianura
dei Pilastri’), che i Túatha Dé Danann combatterono contro i
Fir Bolg per la supremazia in Ériu, egli e i suoi figli fecero un
37
incantesimo alla sorgente di Slane, per cui ogni guerriero
ferito avrebbe potuto trovare la guarigione entrando nella
fonte.
Sempre in collegamento all’acqua, appare Boann, la dea
irlandese del fiume Boyne. Fu sposata con Nechtan, ma ebbe
per amante Dagda, da cui nacque Aengus. Per sottrarre alla
vista la loro relazione, egli fermò il sole per nove mesi, finché
nacque Aengus. Boann sfidò l’acqua, infatti, sebbene
contrariata dal marito, ella si avvicinò al pozzo magico di
Segais, conosciuto anche come il pozzo di Connla, che era
circondato da nove alberi magici di nocciolo. I frutti
pendevano sul pozzo, così da nutrire il salmone maculato.
Nella mitologia irlandese sia il salmone che le nocciole sono
il simbolo della saggezza. Comunque Boann volle competere
col potere del pozzo, camminandoci attorno in senso
antiorario. Ciò fece ingigantire le acque che si alzarono
furiosamente dirigendosi verso il mare, creando il fiume
Boyne. La dea in tale sventura fu trascinata rovinosamente, e
prima di morire, perse un braccio, una gamba e un occhio.
La stessa storia viene tramandata per Sinnan, la creatrice del
fiume Shannon, il fiume più lungo in Irlanda, che scorre per
360 km attraverso la nazione. La sua fonte è Shannon Pot, o
Legnashinna, un pozzo largo 16 m, sul fianco del Monte
Cuilcagh. Sinann era la nipote di Lir, dio del mare. Anche in
questo caso avvenne una disubbedienza. Il pozzo era
circondato da noccioli, i frutti proibiti, che ella mangiò.
Inutile dire che anche in questo caso le acque si ribellarono e
la travolsero. L’ondata potente creò il fiume Shannon.
Il termine Immram, infine, viene usato per indicare il viaggio
mitico per mare che conduce il viaggiatore oltre la ‘nona
onda’ alla ricerca del magico mondo degli dèi che lo abitano.
Vi sono molti racconti in questo senso, scritti in epoca
38
cristiana, ma che conservano svariati elementi della
mitologia irlandese.
Gli Immrama sono identificabili con le gesta degli eroi
durante la loro ricerca dell’Altromondo, situata in questi casi
nelle isole lontane, all’ovest dell’Irlanda. L’eroe iniziava il
suo viaggio per amore di avventura o per compiere il suo
destino, e generalmente si fermava su isole fantastiche prima
di raggiungere la destinazione.
Ma continuiamo la lettura perché troveremo altre leggende
legate all’Acqua e al suo magico potere…
39
MAGICI FOLLETTI… E DOVE TROVARLI
Il popolo fatato, chiamato anche ‘piccolo popolo’ è di casa in
Irlanda e racconta storie magiche e incantate.
Gli Sheoques, per esempio, non sono spiriti negativi, a meno
che non si commettano azioni dannose contro di loro.
Secondo William Butler Yeats nel suo Irish Fairy Tales (1892),
il loro nome deriva dal sidheog ovvero ‘piccola fata’. Egli li
descrive come spiriti che vivono dentro i cespugli di
biancospino e in piccoli poderi circondati da fossati che in
passato fungevano da fortificazioni. Si dice che abbiano
attirato molti mortali nel loro mondo oscuro. Yeats stesso
racconta che la loro musica è fatata al punto da allontanare
dagli umani ogni preoccupazione, e diventare poi veggenti e
guaritori.
Sebbene siano generalmente benevoli, tavolta compiono
gesti crudeli come quello di sostituire un bambino nella
culla, lasciando al suo posto un folletto avvizzito, di mille o
forse duemila anni.
In un resoconto del 1800, un uomo scrisse a un giornale
irlandese raccontando un caso nel suo villaggio, e di come il
parroco fece in modo che gli Sheoques consegnassero di
nuovo il bambino rubato. In un altro racconto, si diceva che
una donna del villaggio di Coloney, nella Contea di Sligo,
fosse stata rapita in gioventù, e su questo avvenimento Yeats
scrisse che quando tornò a casa non aveva più le dita dei
piedi, a furia di danzare.
Le leggende si susseguono anche tramandando fatti più
violenti da parte di questi folletti, che diventano rabiosi nel
momento in cui un umano non rispetta la natura, che per
loro è invece sacra.
Il Merrow sarebbe l’equivalente della sirena o del tritone di
altre culture. Infatti, possiede un corpo umano nella parte
40
superiore e nell’altra, di pesce. Si tratta di creature dolci e
amorevoli. Portano un cappello chiamato druith cohuleen che
permette loro di immergersi nel mare e se lo perdessero, non
potrebbero tornare sott’àcqua. I Merrows maschi non sono
particolarmente avvenenti. Hanno capelli e denti verdi, naso
rosso - forse perché amano molto il brandy - e occhi simili a
quelli del maiale. Desiderano accoppiarsi con gli umani,
inoltre, si dice che se gli viene nascosto il cappello,
normalmente rosso, i Merrows siano costretti a vivere tutti i
loro giorni sulla terra con le persone. Ma nel caso in cui lo
ritrovassero, non esiterebbero a lasciare la famiglia e figli che
nel frattempo hanno creato, per tornare in mare, senza
rimpianti. La Merrow viene associata alla dea Aine, la dea
celtica del mare.
Al mondo acquatico appartiene anche la Bean-Fionn che
vive nei laghi oscuri e nei torrenti, e viene conosciuta anche
come la ‘fata dell’annegamento’. Infatti, si dice che abbia
potere di trascinare con sé soprattutto i bambini, e questo
serve come monito da parte dei genitori, che non vogliono
che i loro piccoli si avvicinino troppo all’acqua e ai suoi
pericoli.
I Brownies si potrebbero definire elfi domestici. Infatti,
spesso collaborano alle faccende di casa, in cambio di piccoli
favori, ma non troppo costosi. Amano soprattutto i latticini,
che per loro sono sempre doni graditi. Come tutti i folletti,
hanno anche un lato dispettoso, e nel momento in cui non si
sentono apprezzati, possono vendicarsi facilmente con
dispetti, sempre in ambito domestico. Quelli che vivono in
città non hanno le dita, mentre i campagnoli non hanno il
naso. La loro altezza è di circa un metro, hanno le orecchie
appuntite e viaggiano spesso con alti bastoni.
41
La versione femminile del Brownie è la Bean-Tighe. Questo
folletto è molto felice quando c’è del lavoro da fare in una
casa, dato che si compiace nell’essere utile. Si occupa più
comunemente delle case delle madri sole e delle donne
anziane, sebbene, occasionalmente, aiuti anche gli uomini in
situazioni simili. Oltre alle faccende di casa, si occupa anche
dei bambini e degli animali domestici, affinchè tutto proceda
al meglio. Sappiate che è golosa di fragole e panna.
I Ballybogs hanno dimensioni ridotte, con strani corpi
sproporzionati. Le loro teste sembrano appoggiarsi
direttamente su un corpo rotondo, senza alcun collo. Le loro
gambe sono esili, e non sembrano nemmeno in grado di
stare in piedi e sostenere una forma così rotonda. Le loro
braccia rispecchiano le gambe, trasformando i Ballybog in
spaventose creature, tra l’altro avvizzite e coperte di fango. È
evidente che siano un po’ riluttanti a socializzare, mentre
adempiono alla loro funzione di custodi delle torbiere,
vivendo in buche di fango. Avendo una vita così solitaria,
non comunicano facilmente, e sembra che grugniscano.
Questo particolare ha creato la concezione che siano creature
non troppo intelligenti. Non causano comunque danni agli
umani, salvo portarli fuori starda ogni tanto, nel caso in cui
uno sprovveduto si trovasse nel loro territorio.
Gli Elfi irlandesi somigliano particolarmente ai nani e agli
gnomi, indossano abiti verdi o blu e berretti rossi. Il loro è un
buon carattere, se pur un po’ diffidente verso gli umani. Il
loro elemento è la Terra e abitano in mezzo alle radici degli
alberi sacri della foresta. Sopratttutto durante la notte
aiutano gli animali che si trovano in pericolo.
42
Poi incontriamo i Pookas della famiglia dei Goblin, che
possono portare buona o cattiva sorte, possono aiutare o
ostacolare gli ambienti rurali. Hanno la capacità di
influenzare la natura incorporea, in altre parole l’interiorità
delle persone e degli elementi marini. Si dice che abbiano
l’abilità di cambiare forma, e apparire come cavalli, capre,
gatti, cani e lepri. Normalmente sono coperti di peli scuri o
bianchi. A volte possono anche assumere una forma umana,
mantendo però qualche caratteristica animale, come orecchie
bestiali o coda. Quando diventano molesti e hanno le
sembianze del cavallo, si fanno cavalcare dagli umani,
meglio se ubriachi, per poi farli cadere a terra
rovinosamente.
Questa curiosa abitudine si collega ad altre creature popolari
irlandesi, come la Daoine Maithe (‘brava gente’) o lo Slua Si
(‘ospite fatato’), che colpiscono gli umani duranti i loro
viaggi. In realtà Daoine Maithe è un termine popolare usato
per indicare le fate del folklore irlandese. Le caratteristiche
distintive di queste fate sono le loro capacità soprannaturali
e il loro temperamento. Se trattate con rispetto e gentilezza,
sono abbastanza bendisposte; ma se si manca loro di
rispetto, diventano particolarmente crudeli. Secondo alcune
tradizioni potrebbero essere angeli caduti - i cui peccati non
erano abbastanza gravi da giustificare l’inferno - oppure
discendenti del Túatha Dé Danann.
Il Changeling è un’altra famosa creatura fantastica che,
molto spesso, rapiva i bambini e li sostituiva con folletti
malati, così che la madre se ne prendesse cura e solo dopo
potesse riavere il proprio figlio. Il bambino sostituito si
poteva distinguere dal fatto che era molto intelligente, ma i
suoi movimenti erano rallentati rispetto a quelli umani.
43
Per scoprire la sua vera natura, pare sia sufficiente preparare
una camomilla e versarla in un guscio d’uovo. A quel punto
il Changeling non può fare a meno di dire: «In tanti anni
della mia esistenza ho visto tante cose, ma mai versare della
camomilla in un guscio d’uovo», dopodiché sparisce.
I bambini sostituiti potevano essere malaticci e non crescere
di grandezza, oppure avere particolari caratteristiche fisiche
come barba o denti lunghi, in altre parole, un aspetto
inquietante. Inoltre, questo scambio poteva manifestarsi con
comportamenti insoliti, come saltare, ballare o suonare uno
strumento musicale, senza conoscere la musica. Nel
frattempo il bambino rapito era usato come servitore. A
scopo apotropaico venivano usati amuleti, così da
allontanare questi spiriti, come ad esempio un cappotto
rovesciato o forbici di ferro aperte e lasciate dove il bambino
dormiva.
Altre storie raccontano che invece il Changeling succhia
semplicemente l’energia del neonato per rinvigorirsi.
In Irlanda vi era anche la leggenda che guardare a lungo un
un bambino era pericoloso, poiché si poneva il piccolo in
balia del potere delle fate malvage. In altre parole, si trattava
di una sorta di malocchio, che poteva toccare anche gli
adulti.
Gli Spriggans si trovano, invece, nei pressi di cairn, o
cromlech, e si dice che non porti fortuna incontrarli. Vengono
descritti come maliziosi e intelligenti. Derubano di tutto,
bestiame, bambini, e a volte demoliscono abitazioni. Creano
tumulti sulla terra, nell’aria o nell’acqua. Di solito vengono
considerati i fantasmi dei giganti, e considerando le loro
imprese si può dedurre che veramente abbiano la forza di un
gigante. Inoltre hanno il compito di custodire i tesori sepolti.
Si dice pure che facciano la guardia alle fate.
44
Il Fir Larrig è un folletto magro e smunto, dai lunghi denti
prominenti, dita con artigli, grandi occhi di un colore rosso
fuoco, capelli grigi fino alle spalle, stivali di ferro. Si presenta
con una lancia nella mano sinistra e un berretto rosso in
testa. La tradizione vuole che dimori presso vecchi castelli,
ma ha un carattere malevolo. Infatti, scaraventa massi su
coloro che osano soggiornare nella sua dimora, e dopo
intinge il suo cappello nel sangue delle vittime. Per questo
viene anche chiamato Redcap (‘cappello rosso’).
Un’altra creatura sua simile è il Far Darrig o Fear Dearg.
Anche questa indossa un cappotto e un berretto rossi. Viene
anche conosciuto come Rat Boy, in quanto si dice sia
piuttosto grasso, ha la pelle scura e pelosa, lungo muso e
lunga coda. Se viene bene accolto si dimostra tranquillo,
altrimenti può fare scherzi davvero raccapriccianti. Si dice
che abbia qualche legame con gli incubi.
Dullahan, chiamato anche Gan Ceann, ovvero ‘senza testa’,
è una creatura spaventosa. Viaggia appunto senza testa, che
porta sotto il braccio. La bocca è aperta in un ghigno orrendo
che tocca entrambi i lati della testa. I suoi occhi si muovono
costantemente e possono vedere attraverso la campagna
anche al buio. La sua testa ha il colore e la consistenza del
formaggio ammuffito. Usa la colonna vertebrale di un
cadavere umano come frusta e il suo carro è ornato da
candele dentro ai teschi per illuminare la strada, i raggi delle
ruote sono fatti da ossa di gambe umane, mentre il
rivestimento del carro è costituito da pelle umana essicata.
Dullahan chiama il nome della persona, attirando l’anima
della sua vittima, e a quel punto, la persona cade
immediatamente morta. Quando bussa alla porta inonda di
45
sangue coloro che la aprono. Si dice che oggetti d’oro siano
potenti talismani contro questa malevola creatura.
Gli Sluaghs sono gli spiriti inquieti dei morti e arrivano
quando una persona si trova nel trapasso, allo scopo di
rubargli l’anima. A volte venivano visti come peccatori che
non avevano trovato posto nell’aldilà, per cui erano stati
respinti dalla terra stessa. Nelle antiche tradizioni si dice che
volano in gruppi, come stormi di uccelli, provenienti da
ovest, per cui è necessario chiudere tutte le finestre che
danno su quel lato.
Il Leprechaun, invece, è di solito raffigurato come un piccolo
uomo barbuto, che indossa cappotto e cappello, e non è un
folletto malvagio. Si tratta di una creatura solitaria che
trascorre il suo tempo a fabbricare e a riparare scarpe, e
possiede una pentola d’oro nascosta alla fine dell’arcobaleno.
Se catturato da un essere umano, spesso gli concede di
esaudire tre desideri, in cambio della libertà. Porta sempre
con sé due borse di pelle: in una è custodita una moneta
d’argento magica in grado di tornare nella tasca di chi l’ha
spesa; nell’altra invece è custodita una moneta d’oro che il
magico folletto può utilizzare per sfuggire ai pericoli.
Anche il Clurichaun è un folletto solitario. Si tratta di un
essere malizioso, famoso per la sua grande passione per gli
alcolici, per cui frequenta birrerie, pub e cantine, anzi ne è il
guardiano e si assicura che le botti siano sempre integre e
che il vino non diventi aceto. Inoltre, allontana coloro che
bevono il vino senza averlo pagato. Come sempre occorre
trattarlo bene, altrimenti ruba tutto il vino. Cavalca di notte
animali, come pecore o cani, che al mattino vengono trovati
sfibrati e sporchi di fango.
46
Della stessa famiglia del Leprechaun è il Gancanagh, famoso
per insidiare le giovani donne. Ama perdere tempo e ha in
bocca una pipa, che non fuma. Tutti sanno che i folletti
odiano il fumo!
Infine nel nostro viaggio incontreremo spesso la figura della
Banshee, uno spirito o fantasma, molto simile alla figura
della strega, tanto che veniva spesso citata nelle leggende per
spaventare i bambini e metterli in guardia dai pericoli. La
sua voce sarebbe il sibilo del vento che soffia attraverso gli
alberi della foresta in inverno. Anche lei annuncia eventi
lugubri e funerei. Ha una triplice immagine, ovvero di
giovane donna, nobile signora e vecchia strega, che sono i tre
aspetti della dea madre celtica, ma anche della Luna nei suoi
volti di Selene, Artemide ed Ecate, fino ad arrivare alla
Trimurti,
la
forma
triplice
dell’Essere
supremo
dell’induismo. La Banshee si presenta anche in forma
animale, come corvo, lepre o donnola. Si veste di un
mantello grigio con cappuccio o un velo, oppure un sudario
funebre.
Rimaniamo ancora un po’ in questo magico mondo, per
incontrare gli spiriti degli animali e alcuni tra i più
importanti simboli della cultura celtica.
47
ANIMALI TOTEMICI E SIMBOLI CELTICI
Nella cultura celtica ogni animale nasconde la sua divinità
ed entrare nel loro mondo simbolico significa comprendere
meglio l’Irlanda.
Incontriamone alcuni…
L’Anguilla appare in diverse leggende irlandesi. Una di esse
narra che Badb, la dea della guerra, si trasformò in tale
animale dopo il rifiuto amoroso da parte di Cú Chulainn.
Dopo tale metamorfosi, si attorcigliò alla gamba dell’eroe,
che se la strappò via buttandola sulle rocce.
Le Api, producendo il miele, ispirarono una bevanda assai
cara ai Celti ovvero l’idromele, la bevanda degli dèi. Il miele,
inoltre, era un elemento importante nella preparazione del
gwìn a bragawd usato durante la festa di Imbolc. Si trattava di
una bevanda a base di vino, miele, acqua, farina e
probabilmente erbe allucinogene, in quanto faceva cadere in
un sonno profondo, attraverso il quale si entrava in contatto
con gli esseri del mondo spirituale.
L’Aquila era simbolo di regalità e potere, ma veniva
associata anche con la morte degli dèi, e in questo caso
diveniva animale psicopompo, ovvero guida nell’aldilà. In
una leggenda Dagda si era innamorato della dea irlandese
Eriu e facendosi consigliare da Branwen, dea della bellezza e
dell’amore, riuscì a conquistare l’amata. Fu così che Dagda si
tramutò in cigno e Branwen in aquila, così da simulare un
attacco. Quando Dagda cadde dal cielo, la dea Eriu si
commosse per la sorte del cigno e lo prese fra le sue gambe,
così che Dagda riuscì a fecondarla e Branwen pose l’aquila
fra le costellazioni.
Anche il Cane, tra i vari animali, venne considerato una
guida sia nel mondo umano che nell’aldilà. Aveva un ruolo
importante, e si narra che il re dell’Ulster Mac Datho
48
possedesse un cane di inestimabile valore che spinse la
regina Medb e il re Conchobar a offrire seicento mucche, un
carro e due cavalli per averlo. Ma risultò impossibile in
quanto l’animale era dell’Altromondo e quindi non
acquistabile con beni materiali. Tra l’altro occorre ricordare
che il nome dell’eroe irlandese Cù Chulainn, significa
‘mastino di Culann’.
Il Cervo è uno degli animali e dei simboli più importanti
nella cultura celtica, collegato al dio Cernunnos, ma dal
doppio valore e quindi anche in analogia alla fertilità e
quindi alla dea madre. Proprio per quest’ultimo
collegamento i cervi erano chiamati ‘tori delle fate’, ma
anche ‘bestiame della dea’, in quanto le correvano intorno.
Anche il cervo fu considerato animale psicopompo e quindi
in grado di accompagnare nella vita come nella morte, era
quindi collegato al Samhain, nel passaggio in cui i varchi
dell’Altromondo si aprivano per lasciar passare gli esseri
fatati del Sidhe - il ‘piccolo popolo’, composto da folletti,
fate, elfi, gnomi - o permettere agli umani di accedere ai
reami di luce.
Il legame tra il cervo, la spiritualità e la sacralità viene
trattato anche nella storia di Tuan Mac Cairell, nel momento
in cui egli si tramutò in cervo, quando in Irlanda arrivò la
stirpe di Nemed, il cui nome contiene la radice celtica nem,
‘sacro’.
Il cervo è presente nel primo verso della Canzone di Amergin,
il poema magico capace di tramutare gli stati di coscienza.
Nel Táin Bó Cuailnge, che tramanda le gesta dell’eroe Cù
Chulainn, viene citata una confraternita di sacerdoti del
cervo, chiamati Le leggiadre arpe di buon auspicio, che viveva
ad Assaroe nella Contea del Donegal.
Una leggenda ricorda di quando Finn, mentre inseguiva un
cerbiatto, arrivò allo Slieve Cuillin, dove l’animale
49
scomparve per lasciare al suo posto una fata che aveva
perduto il suo anello nel lago, per cui chiese a Finn di
trovarlo. L’eroe lo fece, ma risalendo dalle acque era
diventato vecchio, con i capelli bianchi, ma aveva acquisito
una profonda saggezza. Ancora una volta viene ricordato
come i laghi rappresentino la via di collegamento con il
mondo fatato, in cui il tempo ha un altro valore rispetto a
quello sulla terra.
La cerva rappresenta anche una delle forme in cui si
presentano le donne del Sidhe ed è quindi l’animale che
guida verso questo mondo fatato.
Del resto anche Finn e i guerrieri conosciuti come Fianna
erano spesso associati ai cervidi, probabilmente in
collegamento a un’antica tribù, discendente dai preistorici
abitanti dell’Irlanda, e cacciatori di renne.
Un cervo bianco è una creatura particolarmente sacra e
anche estremamente rara.
Il Cigno è strettamente connesso ai Túatha Dé Danann, e
viene chiamato il Clann righ fo gheasan, la ‘tribù incantata dei
figli dei re’. Simbolo della luce, ma anche di amore sincero,
innocenza e purezza. Sono spesso raffigurati due cigni che
affiancano la barca solare con il compito di accompagnarla e
guidarla durante la navigazione celeste.
Una leggenda narra di Midir - un principe dei Dé Danann –
che fuggì insieme ad Etain nell’Altromondo sotto forma di
cigno legato da una catena d’oro.
Ricordiamo anche la triste leggenda dei Figli di Lir, tramutati
in cigni dalla malvagia madre adottiva Aoife, gelosa della
loro grazia, bellezza e purezza.
Il Cinghiale è un altro animale basilare per la tradizione
celtica. Esso assume differenti significati anche a seconda di
come viene rappresentato sulla croce celtica. A est
rappresenta la saggezza e la guarigione, ed è il collegamento
50
fra il Mondo Sotterraneo e quello umano, indicando una
classe sacerdotale. Questo animale, come il druido, si muove
nella foresta, solitamente da solo, o insieme al suo clan per
scavare alle radici dell’albero della conoscenza e trovare il
frutto del sapere, legato alle alte sfere.
Quando è posto a sud, diviene simbolo di fertilità, per cui
legato alla dea madre, la Madre Terra, generoso ma allo
stesso tempo terrifico. Rappresenta il potere della terra, in
tutte le sue caratteristiche.
Quando è posto a ovest ha in sé le caratteristiche
dell’iniziazione ai misteri della vita e della morte, simbolo
del passaggio, e presiede al concetto di rinascita.
Infine, quando è posto a nord diviene colui che ispira l’arte,
ma soprattutto la musica e la poesia.
La scrofa è legata al ciclo lunare, alla dea e alla femminilità
feconda e aggressiva, mentre il cinghiale è connesso con il
ciclo solare.
Per i druidi il cinghiale rappresentava il nord, ovvero il polo
immutabile. La leggenda racconta che furono i Túatha Dé
Danann a portare i maiali in Irlanda e che quando i Milesi
raggiunsero l’isola per vendicare la morte di Ith, questi,
attraverso l’arte magica druidica, mostrarono loro la terra
indicandola come la schiena di un porco.
La dea Brigit possedeva il cinghiale Orc Triath da cui derivò
il nome Aire che significa ‘scrofa da battaglia’.
L’animale era fonte di nutrimento e quindi avvalorava la
simbologia legata alla fertilità.
L’animale molto spesso veniva identificato come guida del
guerriero nella foresta, al fine di conoscere i segreti di una
donna del Sidhe.
La tradizione irlandese tramanda la storia di Diarmaid e del
Cinghiale Verde di Ben Gulbain, di Finn Mc Cumhail e
dell’inseguimento dei magici maiali rossi del dio Oengus Mc
51
Og da parte dei suoi cani e dei suoi guerrieri. Era anche il
cibo sacrificale della festa di Samhain, ed era consacrato al
dio Lugh. Infine, occorre ricordare che quando fu costruito
Newgrange, il raggio di sole del solstizio d’inverno, che
ancora oggi illumina la camera sepolcrale, sorgeva nella
costellazione del Cinghiale, che poi divenne quella delle
Orse.
Il Delfino era considerato il protettore dei pozzi sacri ed
evocava la sacralità dell’Acqua, di cui osservava il moto, e la
proteggeva. La leggenda riporta che nei delfini fosse
rinchiuso lo spirito delle sirene e antiche storie raccontano
come questi animali si trasformassero in belle fanciulle.
Dal momento che in passato venivano chiamati ‘maiali di
mare’, la leggenda suggerisce che i delfini fossero i ‘maiali’
di Manannan, dio legato al mare, al regno dei morti e
all’Altromondo. Per questo, anche il delfino è definito come
psicopompo. Infatti, la sua effige compare nel calderone di
Gundestrup, dove viene rappresentato il dio Cernunnos,
dalle corna di cervo, signore degli animali e delle forze della
natura, mentre con una mano tiene il serpente dalla testa di
ariete, simbolo della fertilità e con l’altra offre in dono il
torquis, un collare, ornamento tipico dei nobili celti. Accanto
al dio, a sinistra, vi sono un cervo e un toro, gli animali
sacrificali; alla sua destra una lupa, mangiatrice d’uomini, e
poi un uomo che cavalca un delfino. Ciò potrebbe riferirsi al
viaggio sciamanico attraverso i mondi spirituali.
Anche le bianche Colombe venivano considerate portatrici
di messaggi e profezie dall’Altromondo.
Il passaggio tra la vita e la morte ha interessato tutte le
culture. Il Corvo è considerato uno degli animali più antichi
e simbolici, insieme alla Trota e al Cervo maschio che
rispettivamente simboleggiano gli Elementi: Aria, Acqua e
Terra.
52
Il Corvo era collegato alla dea Mórrígan, fortemente
associata alla guerra, alla morte e al fato. La prima volta che
Cù Chulainn la incontrò, essa si presentò vestita di rosso a
cavallo di un destriero dello stesso colore, e pur offrendosi
all’eroe, venne rifiutata. La dea allora scomparve e Cù
Chulainn sentì il gracchiare di un corvo provenire da un
ramo, e comprese che si trattava di Mórrígan, che da quel
momento cominciò a inseguirlo e al momento della sua
morte gli si posò sulla spalla nelle sembianze di un corvo.
Il corvo imperiale era connesso alle profezie e ai messaggi
dal mondo dei morti. Secondo i druidi alcuni esseri umani
avevano il dono di interpretare il grido dei corvi e quindi
sapevano decifrare il messaggio che proveniva dall’aldilà.
Il corvo è anche l’uccello che designa gli dèi Bran e Lugh. Si
narra che il corvo in origine fosse bianco e fosse pure
l’uccello favorito di Lugh, che gli diede una commissione da
svolgere, ovvero quella di sorvegliare la sua amante incinta,
affinchè non giacesse con un mortale. Il corvo non solo
permise il tradimento della giovane con un pastore, ma
acconsentì di mentire al dio che, avendo il dono della
preveggenza, scoprì immediatamente la bugia. Fu così che
rese il corvo nero come la notte e gli impose di obbedirgli in
tutto per tutto, sottraendogli quindi la libertà. Il suo volo fu
considerato dai Celti colmo di presagi da interpretare.
Badb, come già scritto, assumeva la forma di un corvo e
volava sopra i campi di battaglia.
Quando i Túatha Dé Danann giunsero in Irlanda, l’eremita
Tuan Mc Cairill, che ricordava le sue precedenti
incarnazioni, si trasformò in diversi animali. Lasciò la sua
forma di cinghiale per trasformarsi in Falco, così da
osservare dall’alto l’arrivo della popolazione, che portò
nell’isola la magia del druidismo. Una delle strofe della
Canzone di Amergin dice «Io sono falco su una scogliera». Il
53
falco di Aichill, nella Contea di Mayo, era considerato dalla
tradizione celtica la più antica creatura del mondo, il custode
della memoria primordiale, un messaggero fra i mondi e
portava buoni auspici. Egli viaggiava fino al regno degli
antenati, e come uccello totem, donava la preveggenza.
Il Gallo è un simbolo solare, ma ugualmente collegato al
mondo sotterraneo. Questi animali venivano sacrificati alla
dea Brigit e sono quindi a lei connessi. Una leggenda celtica
racconta che il suo canto, annunciando la luce del giorno,
scacciava gli spettri e gli spiriti maligni notturni.
Il Gatto è in connessione alla profezia ed è anch’esso
collegato al regno dei morti, oltre ad avere la funzione di
guardiano di tesori. Il difensore delle porte di Tara, la
fortezza dei Túatha Dé Danann, che presto incontreremo,
aveva un occhio di gatto che lo teneva sveglio di notte,
mentre di giorno, lo faceva dormire.
Cairpre, chiamato anche Cenn Chaitt, ovvero ‘Testa di Gatto’
portò l’Irlanda alla rovina, usurpando il potere, per cui
questo animale non ha sempre avuto un significato positivo.
In Irlanda, quasi certamente, il gatto era oggetto di culto
nella grotta di Clogh-magh-right-cat, nella provincia di
Connacht, dove la tradizione racconta di un gatto nero
seduto su una sedia d’argento.
Cat Sidhe è una creatura fatata della mitologia, che si dice
somigli ad un grande gatto nero con una macchia bianca sul
petto, ovvero una sorta di strega che poteva trasformarsi in
un gatto nove volte. C’era anche un rituale chiamato Taghaim
in cui si credeva che questi esseri potevano apparire per
svelare la posizione di ricchi tesori. Il rituale era però
piuttosto cruento e i poveri gatti comuni ne facevano spesso
le spese.
Durante il Samhain si credeva che lasciando fuori sulla porta
di casa un piattino di latte, ciò avrebbe ingraziato queste
54
creature, viceversa avrebbero rubato tutto il latte dagli
animali delle stalle.
La Gru rappresentava il dio del mare e del tempo
atmosferico Manannan, che possedeva un borsa fatta in pelle
di gru in cui conservava i suoi magici tesori. L’effige
dell’animale appare sulla schiena di cavalli dalla testa umana
o di tori come il Tarvos Trigaranus, il ‘Toro dalle Tre Gru’, e
ha un forte collegamento con il calderone simbolo di
iniziazione e trasformazione. È pure associata alla dea
Cailleach.
Il Gufo fu considerato un uccello sacro e magico, e fu
chiamato anche cailleach bhan, ‘vecchia donna bianca’, e
quindi collegato a Cailleach. Essendo un animale notturno, il
suo ruolo era quello di accompagnare le anime dei morti
nell’aldilà. Ma era anche considerato uno degli animali
totemici della dea madre, ma sappiamo che nel tempo la
figura del gufo, spesso connessa a quella della civetta,
divenne la strix, in altre parole la strega.
La Lepre, associata alla luna e al femminile, era in stretto
contatto alla dea madre. Durante i festeggiamenti di Beltaine,
veniva fatta la caccia rituale alla lepre.
Il Lupo non ha solo una visione negativa, come in tante
storie, ma nella cultura celtica ha una particolare
importanza, in quanto molte tribù prendono il suo nome, in
quanto animale totemico. Come la lupa per Romolo e Remo,
anche in Irlanda il grande re Cormac McArth fu allevato e
allattato dai lupi. Sono varie le divinità ed eroi che si
presentano nella forma di tale animale, come per esempio
Mórrígan. Cernunnos nella foresta è accompagnato da un
lupo, un orso e una lontra.
Il Merlo nella tradizione celtica è chiamato druid dhubh, ed è
connesso ai druidi, ma anche alla dea Rhiannon. Gli uccelli
di Rhiannon sono tre merli, che cantano sull’albero della vita
55
ai confini con i mondi ultraterreni. Il loro canto, porta a uno
stato di trance e alla visione di mondi paralleli.
La Mucca, simbolo femminile per antonomasia, è anche
l’emblema della dea, ed è ‘Colei dalle Bianche Mucche’, in
altre parole la dea Boann, da cui deriva il nome del fiume
Boyne. Anche la dea Mórrígan, in origine, si presentava con
queste sembianze, che poi mutò quando divenne la sovrana
della morte e della guerra.
Le feste di Samhain e Beltaine erano associate con la
transumanza del bestiame.
Quando Cù Chulainn e i suoi compagni andarono
nell’Altromondo, riportarono il magico calderone, la vergine
Blathnat e tre mucche fatate, tutti simboli della femminilità e
dell’abbondanza che vive sotto terra.
Il dio associato al mare, Manannan Mc Lir, aveva i suoi
armenti, le crodh mara, il ‘bestiame del mare’ che usciva dal
mare e portava fortuna e chi lo vedeva.
L’Orso è un altro animale totemico irlandese. Nel II secolo
d.C. vi era un importante re chiamato Art Óenfer, o Orso
solitario. Due cronache rispettivamente degli anni 825 e 827
d.C. descrivono Art, figlio del re irlandese Diarmait, che fu
decapitato. Dal nome di quest’uomo, deriva Ua hAirt, che
incontriamo nel Chronicon Scotorum del 1012, 1083 e 1095.
Oggi viene chiamato O’Hart, che significa ‘nipote dell’orso’ e
anche Mac Airt, ‘figlio dell’orso’, intendendo figlio del dio
orso. Inoltre, Artio è la dea celtica della caccia e
dell’abbondanza, spesso raffigurata con le sembianze di
un’orsa, oppure insieme a questo animale. L’orso appare
spesso accanto al dio Cernunnos e rappresenta la Madre
Primordiale che guida e protegge, motivo per cui gli artigli
dell’orso spesso diventavano potenti amuleti e talismani.
Per il guerriero celtico, la scelta dell’orso come totem
indicava salvaguardare il proprio clan, avere forza in
56
battaglia, aumentare la volontà e il vigore personale per
sopportare la lotta, avere maggiori stimoli, pregare al
momento giusto e interagire con l’autorità.
Il Salmone è lo spirito guardiano del pozzi, dei laghi, dei
torrenti e dei corsi d’acqua, in grado di lottare contro la
corrente delle acque, che frenano la sua salita alla sorgente.
Per questo, incarna il guerriero spirituale, che sfida le
correnti avverse, per giungere alla sorgente, ovvero la
saggezza, di cui diviene l’araldo.
Sono molti altri gli animali che hanno colorito la tradizione
celtca, ma terminiamo con lo Scricciolo che viene festeggiato
il 26 dicembre, il celebre Wren Day che ancora viene
celebrato in Irlanda. La tradizione tramanda che col suo
canto condusse i soldati romani verso il rifugio di santo
Stefano, che fu catturato e martirizzato. In passato, veniva
cacciato e sacrificato, fissandolo ad un ramo di agrifoglio.
Oggi, fortunatamente, ci si limita ad appendere al ramo di
agrifoglio solo un’immagine dell’uccellino. In quella
giornata, i Wren boys, ovvero dei ragazzini, bussano alle
porte delle case chiedendo un’offerta. A Kilbana, nella
Contea di Clare, i Wren Boy sono aduti. Si tratta di musicisti
che indossando costumi tipici e che suonando vanno di casa
in casa.
Arriviamo ora ad alcuni
simboli celtici che hanno
scandito la storia dell’isola.
Della Croce celtica si è già
trattato e quindi passiamo alla
Triquetra, che indica la
triplice divinità femminile
nelle sembianze di fanciulla,
donna e anziana, mentre nel
57
Triquetra
Nord Europa compare nelle pietre runiche. È formata da tre
vesiche piscis, ovvero forme ogivali ottenute da due cerchi
dello stesso raggio, che intersecandosi fanno in modo che il
centro di ogni cerchio si trovi sulla
circonferenza dell’altro.
La Triscele o Triskelis o ancora
triskele è formata da tre spirali unite
in un punto centrale. Sono vari i suoi
significati. Può indicare le tre fasi
solari, ovvero alba, mezzogiono e
tramonto; oppure il triplice volto
Triscele
della dea; ma anche il passato, il
presente e il futuro. Si trova scolpito
nella roccia vicino all’ingresso principale del monumento
preistorico di Newgrange nella Contea di Meath. Mentre
oggi è utilizzato come simbolo del neopaganesimo - Celtic
Reconstructionist Paganism – che ha l’intento di ricostruire, in
un
moderno
contesto
culturale, le religioni celtiche
precristiane.
L’Arpa irlandese, chiamata
anche celtica, è un simbolo
importante
nella
cultura
dell’isola. Si ritiene che l’alto
re Brian Boru - morto nel 1014
- fosse un appassionato
suonatore di arpa irlandese e
la
tenesse
in
grande
considerazione nella corte
reale. Durante il regno, era
usuale che i re avessero un
Arpa irlandese
arpista di corte e questa
usanza proseguì fino a quando Enrico VIII decise che l’arpa
58
irlandese diventasse uno dei simboli nazionale del paese.
Infatti, la troviamo sullo stemma ufficiale della nazione:
un’arpa dorata su scudo azzurro. La sua descrizione araldica
ufficiale è la seguente: «D’azzurro all’arpa d’oro legata
d’argento». Viene tramandato che le corde di tale strumento
rappresentino le braccia del re, quindi l’azione regale in
grado di creare un’unica armonia, partendo da tutte le
direzioni.
Altro simbolo fondamentale è il Trifoglio. Si riteneva che la
pianta avesse poteri mistici in quanto i suoi petali si
ergevano dritti per avvertire una tempesta in arrivo. Nello
studio
della
storia
celtica, si è scoperto che
il trifoglio veniva usato
per un incantesimo al
fine di allontanare il
male
e
quindi
rappresenta
la
protezione
dalle
avversità.
Ma
la
leggenda più famosa è
quella che riguarda san
Patrizio che spiegò il
valore
della
Trinità
proprio attraverso la
tripartizione
del
trifoglio. Anche se il
simbolo della trinità
celtico ha preceduto
quello
cristiano
di
centinaia di anni.
Esempi di nodi celtici
I Nodi celtici sono
rappresentazioni
59
stilizzate di nodi, ampiamente utilizzati per la decorazione
nello stile celtico. La maggior parte rappresenta l’infinita
evoluzione dello spirito attraverso una rete che intreccia ogni
azione. Infatti, prima dell’avvento del cristianesimo,
troviamo motivi a spirale, a ‘gradini’ e a ‘chiave’ che hanno
dominato l’arte celtica fino al 450 d.C. Poi sono stati utilizzati
per ornare manoscritti cristiani, come i Vangeli di San Teilo
dell’VIII secolo, il Libro di Kells e i Vangeli di Lindisfarne.
Il nodo infinito rappresenta un concetto astratto relativo a
qualcosa che non ha limiti e confini. Le sue variazioni sono
infinite come quelle dell’artista che le crea. Quindi, anche se i
nodi celtici sembrano diversi, hanno lo stesso significato, e
tutti volgono la loro energia verso l’infinito. Nei tempi
moderni questi simboli si sono trasferiti su gioielli e altri
piccoli oggetti, al fine di rappresentare amore, amicizia,
cultura insieme alla sua identità e origine. Per cui questi
simboli si trovano in fedi nuziali, in anelli di fidanzamento
impreziositi da nodi
infiniti, come simbolo
dell’amore eterno.
Gli Anelli Claddagh
sono un emblema di
amore, lealtà e amicizia.
Vengono donati per
celebrare le relazioni, e
le famiglie li regalano
per
tramandare
la
cultura irlandese.
Anelli Claddagh
La storia di questo
anello risale all’inizio
del XVI secolo, quando un Irlandese di nome Richard Joyce
stava pescando al largo delle coste di Galway, una settimana
prima di sposarsi. Ad un tratto la barca si capovolse e
60
l’uomo venne catturato dai pirati, portato in Africa
occidentale e venduto come schiavo a un orafo moresco.
Passarono gli anni e Richard riuscì a fuggire dalla prigionia e
tornare a casa in Irlanda. Dove ebbe una bella sorpresa. La
ragazza che lo amava non si era mai sposata. Richard, che in
prigionia aveva imparato le arti orafe, forgiò per questa
importante occasione un anello formato da tre simboli: le
mani, un cuore e una corona. Le mani significavano
l’amicizia, in grado di sostenere il cuore e dunque l’amore,
sormontato da una corona di lealtà. Richard e il suo amore si
sposarono e si stabilirono nel villaggio di Claddagh. Il
villaggio non esiste più, ma da quel tempo l’anello Claddagh
è stato indossato come un segno di amore, lealtà e amicizia.
Infine, ma non di minore importanza, la Croce di Santa
Brigida è un altro importante simbolo, che sarà trattato tra
poco, nel prossimo capitolo dedicato a questa dea pagana…
che divenne santa!
61
BRIGIDA… DA DEA A SANTA
Tutto parte da Brigit, Brigid o Brig, una dea pre-cristiana.
Ella appare nella mitologia irlandese come parte dei Túatha
Dé Danann, figlia di Dagda e moglie di Bres, con il quale
ebbe un figlio di nome Ruadán.
La dea è associata alla stagione primaverile, alla fertilità, alla
guarigione, alla poesia e alla fucina. Era ‘la dea che i poeti
adoravano’ e aveva due sorelle: Brigida guaritrice e Brigida
fabbro, quindi una dea dalla triplice immagine.
Successivamente, con l’avvento del cristianesimo, si verificò
un’assimilazione di molte divinità pagane che diventarono
parte integrante della nuova religione e da divinità pagana,
Brigida divenne santa. Ma le caratteristiche rimasero le
stesse e la già citata festa di Imbolc, che segna l’inizio della
primavera, ne è la prova. Infatti, la tradizione tramanda che
alla vigilia di tale festa Brigida visitasse famiglie oneste e le
benedisse.
Inoltre, Brigida rappresentava la metà dell’anno più facile da
vivere, in quanto dal buio invernale si arrivava alla luce
primaverile, per cui il suo potere era particolamente
importante, in quanto connesso alla rigenerazione della
terra. Alla vigilia della festa, ogni famiglia preparava una
cena speciale e Brigida era invitata, non solo a mangiare, ma
anche a dormire. Nel nord dell’Irlanda, vi era la tradizione
che una persona della famiglia rappresentasse Brigida. La
prescelta doveva compiere il giro della casa tre volte
trasportando dei giunchi, poi doveva bussare alla porta tre
volte. Al terzo battito sulla porta, poteva entrare e mangiare,
mentre i giunchi venivano usati per creare il suo letto,
oppure delle croci. A volte veniva messa una bacchetta di
betulla vicino al talamo, credendo che Brigida l’avrebbe
usata per far ricrescere la vegetazione. Poi venivano lasciati
62
fuori dalla casa degli indumenti affinchè la santa li potesse
benedire e al mattino venivano portati nuovamente
all’interno. Nel frattempo, questi avevano acquisito poteri di
guarigione e protezione. Il fuoco nel camino doveva essere
lasciato acceso tutta notte e al mattino si poteva guardare
nella cenere le tracce che Brigida aveva lasciato.
Un’altra usanza era quella di costruire una sorta di simulcro
che rappresentava la santa e farlo sfilare nelle comunità di
giovani donne. Questo era costruito con giunchi, pezzi di
stoffa, fiori e conchiglie, e veniva chiamato Brídeóg, ma anche
Biddy. Fino alla metà del XX secolo, i bambini in Irlanda
andavano di casa in casa, chiedendo soldini per la ‘povera
Biddy’. Nella Contea di
Kerry, invece, erano
uomini vestiti di bianco
che praticavano questo
rituale, cantando.
Vi erano poi le croci di
Brigida, che venivano
realizzate a Imbolc, con
giunchi
intessuti,
formati da quattro
braccia
legate
alle
estremità e un quadrato
intrecciato nel mezzo.
Vi erano anche versioni
Brídeóg
di croce a tre braccia.
Queste
venivano
appese sopra porte, finestre e stalle per accogliere Brigida e
per proteggersi da incendi, fulmini, malattie e spiriti maligni.
Nel Connacht occidentale, si realizzava la Crios Bríde
(‘cintura di Brigida’) che consisteva in un grande anello di
giunchi con una croce intrecciata nel mezzo. I giovani lo
63
portavano in giro per il villaggio e la gente lo attraversava
per essere benedetta.
Ancora oggi, per celebrare la santa, si costruiscono queste
croci, oppure si visitano i pozzi sacri a lei dedicati, nel giorno
della sua festa. Nella città di Killorglin, nella Contea di
Kerry, viene celebrato ogni anno il Biddy’s Day Festival.
Uomini e donne indossano raffinati cappelli di paglia e
maschere, mentre visitano le case del villaggio portando una
Brídeóg come buon auspicio, il tutto accompagnato da canti
e balli. Segue una parata con le fiaccole attraverso la città
seguita da una gara di canto e danza.
Una leggenda racconta che un pagano di Kildare stava
morendo, per cui i cristiani della sua famiglia mandarono
Brigida a parlargli di Cristo. Quando ella arrivò, egli stava
delirando e quindi era possibile pensare a una conversione.
Brigida allora stette al suo fianco e cominciò a raccogliere i
giunchi che erano disseminati sul pavimento, come era di
consuetine nelle case irlandesi per mantenere il calore. Ella
cominciò a intrecciare una croce e il malato, interessato al
procedimento, prese a parlarle. Il suo delirio si placò e
quindi riuscì a convertirsi in punto di morte. Da allora è
rimasta la memoria di queste croci.
Secondo la tradizione, santa Brigida nacque vicino a
Dundalk, nella Contea di Louth, intorno al 451 d.C. e si
convertì al cristianesimo, ispirata dalla predicazione di san
Patrizio, a soli 6 anni. Fondò diversi conventi, il primo fu
quello di Clara, nella Contea di Offaly, ma il più importante
fu sicuramente quello dell’Abbazia di Kildare, fondato nel
470, che era sia femminile che maschile, di cui divenne
badessa.
Secondo una leggenda, l’anziano vescovo Mel, mentre la
stava benedicendo, lesse per errore il rito di ordinazione a
64
vescovo e, come ogni sacramento, questo non poté essere
annullato, per cui Brigida e tutte le badesse che le successero
a Kildare ebbero la stessa autorità amministrativa di quella
di un vescovo fino al Sinodo di Kells, del 1152.
Brigida morì a Kildare intorno al 525 e fu sepolta davanti
all’altare maggiore dell’abbazia. Successivamente i suoi resti
vennero riesumati e portati a Downpatrick per giacere con
gli altri due santi patroni d’Irlanda, san Patrizio e san
Columba di Iona.
Vi sono tante leggende sul suo conto, come il fatto che fosse
figlia di una donna che era al servizio di un druido. Per non
parlare dei miracoli che fece ovunque. Uno di questi fu
simile a quello della trasformazione dell’acqua in vino di
Gesù, solo che trasformò l’acqua in birra e avvenne nella
Contea di Meath.
Molti autori hanno rilevano la connessione tra la dea e la
santa, anche per via dei numerosi culti che sono proseguiti
nella storia. Per esempio, in Irlanda, i pozzi sacri risalgono
all’antica tradizione celtica e sono tuttora meta di
pellegrinaggio. Questo è il caso della cosiddetta Fontana di
Santa Brigida (St. Brigid’s Well) a Liscannor nella Contea di
Clare, dove l’ultima domenica di luglio si effettua tuttora un
un importante pellegrinaggio.
Inoltre, una leggenda tramanda che la dea sia stata bruciata
all’alba del primo di febbraio nel corso della festa di Imbolc,
in accordo all’antico rituale celtico, e da quell’evento nacque
la nuova Brigida, che divenne la santa patrona del focolare,
della casa, delle fontane e delle guarigioni.
Non c’è che dire, la dea ha sempre avuto mille volti…
65
SAN PATRIZIO TRA SANTITÀ E LEGGENDA
Patricius Magonus Sucatus (385-461 d.C. ) ovvero Patrizio, il
santo che simboleggia l’Irlanda, non si sa bene dove nacque,
si dice in Scozia nel villaggio chiamato Bannavem Taberniae
o a Kilpatrick, vicino Dunbarton. Il padre Calpurnius era
diacono e aveva il ruolo di riscuotere le tasse. Verso il 405
d.C., Patrizio fu reso prigioniero da briganti irlandesi e
venduto come schiavo a Muirchu, un re del Nord. Fu così
che si rivelò il suo contatto con Dio, in quanto visse per sei
anni in prigionia tra le montagne assieme alle pecore che
sorvegliava, ma la solitudine gli consentì un accostamento
profondo con la fede. In sogno una voce lo esortò a fuggire,
in quanto avrebbe trovato una nave per ritornare a casa. Così
avvenne, ma non appena giunse sulle coste della Britannia,
fu un’altra volta imprigionato dai banditi. Possiamo solo
66
immaginare lo sconforto di Patrizio, che non vide via di
scampo, ma questa volta andò diversamente, in quanto udì
nuovamente la voce di Dio che gli disse che la sua prigionia
sarebbe stata breve, appena due mesi. Così avvenne
puntualmente e da quel momento Patrizio cominciò a
viaggiare con lo scopo di divulgare il Vangelo.
Tra il 412 e il 415 d.C. studiò al monastero di Lerins, in
un’isola vicino alla Costa Azzurra, e terminò gli studi ad
Auxerre, dove seguì gli insegnamenti di san Germano e fu
ordinato sacerdote nel 417 d.C. circa.
La tradizione narra che egli sentì in sogno la voce degli
Irlandesi che gli chiedevano di ritornare nella terra dove fu
schiavo. Per questo, Patrizio tornò in Irlanda e cominciò il
suo apostolato, al fine di convertire la popolazione al
cristianesimo. Nel 432 d.C. san Germano lo nominò vescovo
ed egli andò in Irlanda a sostituire il vescovo Palladio,
appena deceduto.
Il primo personaggio a essere convertito fu Dichiu, il
proprietario terreno che ospitò Patrizio e i suoi seguaci. Ma
per dare una svolta importante alla sua predicazione,
occorreva dare un segno altrettanto potente. Fu così che il
futuro santo e i suoi fedeli crearono e poi incendiarono una
pira a Tara, quando la tradizione voleva che fosse il re – a
quel tempo Laoghaire - a compiere tale gesto rituale, che
simbolicamente segnava l’inizio della primavera.
Patrizio si dimostrò gentile, ma risoluto nello spiegare le sue
intenzioni, che erano semplicemente quelle di diffondere il
nuovo credo, per cui il re lo invitò a Tara. I druidi temerono
di perdere il loro potere, per cui gli chiesero di dimostrare la
potenza del cristianesimo attraverso un miracolo, ovvero
fare nevicare. Nonostante Patrizio rispose che questo era
solo nelle mani di Dio, la neve cominciò a scendere in piena
primavera e non appena egli si fece il segno della croce, la
67
neve si sciolse. Ciò spinse il re a informarsi meglio su questa
religione, che lo aveva profondamente colpito. Patrizio
cominciò a spiegare il valore della Trinità, anche se i druidi
lo derisero. A quel punto, egli raccolse da terra un trifoglio e
lo mostrò facendo notare come la sua forma evocasse la
Trinità, ovvero un triplice aspetto del divino, unito però in
un unico gambo, ovvero in un’unica entità. Il re rimase
suggestionato da questa spiegazione, e pur non
convertendosi per non rinnegare le sue radici, permise al
santo la predicazione del nuovo verbo, che molto presto
portò a una conversione di massa.
Nel 441 d.C. egli ricevette dal papa Leone I le reliquie dei
santi Pietro e Paolo. Morì il 17 marzo del 461 d.C. a
Downpatrick, nell’Ulster.
San Patrizio viene raffigurato con varie immagini: mentre
conduce i serpenti fuori dall’Irlanda; mentre predica con un
serpente arrotolato attorno al suo bastone pastorale; con un
trifoglio in mano; con libro e penna; con i diavoli ai suoi
piedi e un angelo sopra di lui.
Ha il patronato dell’Irlanda e anche della Nigeria, che venne
evangelizzata da missionari irlandesi.
Si festeggia il 17 marzo.
Egli fece costruire chiese, monasteri e scuole ovunque e nel
corso del libro lo vedremo in vari miracoli, che in fondo non
fecero altro che sostiture quelli dei mitici dèi irlandesi.
68
SAN COLUMBA DI IONA
E LE DITA LUMINOSE
San Columba (521-597 d.C.) fu un abate irlandese e un
evangelista missionario che diffuse il cristianesimo, creando
la missione hiberno-scozzese. È il santo patrono di Derry e
attualmente viene ricordato come uno dei dodici apostoli
d’Irlanda, ove viene chiamato Colmcille.
Columba nacque in un quartiere accanto a Lough Gartan, a
Tír Chonaill, nell’attuale Contea di Donegal, nel nord
dell’Irlanda.
Era nobile e, da parte di padre, pronipote di Niall
Noigíallach, il re irlandese del V secolo che, secondo la
tradizione, rapì san Patrizio durante un’incursione in Scozia,
portandolo con sé in Irlanda ancora ragazzo.
Columba studiò alla scuola di san Finnian di Clonard, dove
si narra ebbe una pesante controversia con Finnian, per aver
copiato di nascosto un prezioso salterio.
La leggenda tramanda che Columba lo ricopiasse al buio,
scrivendo con la mano destra, mentre le dita della sua mano
sinistra gli facevano luce. Quando Finnian scoprì l’inganno,
gli intimò di restituire la copia, in quanto l’aveva prodotta
senza autorizzazione. Dapprima Columba rifiutò, poi si vide
costretto a farlo, ma non senza conseguenze. Per cui, nel 561,
avvenne la ‘battaglia del libro’, a Cooldrumman (Cúl
Dreimhne), nei pressi di Drumcliff, ai piedi del Benbulben,
nella Contea di Sligo, dove Columba ebbe la meglio. Le
vittime avversarie furono 3000, mentre dalla parte di
Columba vi fu un solo morto.
Inutile dire che ciò non fu un gran risultato per un uomo
religioso, che avrebbe dovuto predicare la pace, per cui come
penitenza andò a lavorare come missionario in Scozia, per
convertire almeno il numero di persone che erano morte
69
nella battaglia. Egli andò
dunque in esilio, senza mai
più rivedere l’Irlanda.
La
fonte
principale
di
informazione sulla vita di
Columba è la Vita Columbae di
Adomnán. Tra l’altro,
la
prima citazione storica del
nome di re Artù, appare
proprio in tale testo. Inoltre,
sempre in questo libro,
appare la prima descrizione
relativa al mostro di Loch
Ness. Columba incontrò un
gruppo di Pitti mentre
stavano seppellendo un uomo
ucciso dal mostro e lo riportò
Columba di Iona in predicazione
in vita. Secondo un’altra
davanti a Bridei
storia, egli salvò un uomo che
J. R. Skelton
si trovava in acqua con il
segno della croce e lanciò un’invettiva contro il mostro che,
spaventato, fuggì via.
San Columba si festeggia il 9 giugno.
70
KING ARTHUR
E LA LEGGENDA DEL SACRO GRAAL
Una delle storie più misteriose mai conosciute che ancora
cattura l’attenzione di studiosi e ricercatori è certamente
quella legata al ciclo arturiano. Ne conosciamo le leggende e
i simboli, ma ancora non si conosce quale sia la vera origine
di questo personaggio e soprattutto se sia reale. Lo storico
inglese Dane Pestano ha realizzato una ricerca che poi è
culminata in un libro King Arthur in Irish Pseudo-Historical
Tradition, dove spiega che la leggenda arturiana è stata
ispirata dalla vita di Muirchertach mac Ercae (Mac Ercae).
Egli regnò in Irlanda nel VI secolo, ad An Grianán, nella
penisola di Inishowen, nel Donegal.
L’autore stesso scrive che, presumibilmente, Mac Ercae fu il
primo re cristiano d’Irlanda che regnò dal 510-513 circa fino
al 534-537 circa. Negli annali del Galles è riportato che re
Arthur morì nel 537. Mac Ercae combatté numerose
battaglie, e assunse la sovranità di Gran Bretagna, Scozia,
Danimarca e Orcadi; fu sempre seguito e consigliato da un
druido, ed ebbe una ‘Triplice morte’, tema caratteristico della
mitologia, della letteratura celtica e anche del ciclo arturiano
stesso. Ma vi sono molte altre somiglianze, come il nome
della moglie, molto vicino a Gwenever, quando tradotto in
gallese. Vi sono anche legami tra la figura di Merlino nella
leggenda arturiana e il vescovo Cairneach che ebbe grande
influenza sul re Mac Ercae.
L’origine della leggenda di Arthur è stata per molto tempo
motivo di contesa per storici e genealogisti. Una teoria
avanzata dallo storico Michael Wood, in una serie per la
BBC, sostiene che il mito potrebbe essersi evoluto dalla storia
del guerrafondaio Artúr mac Áedáin, che partì dal regno di
71
Dál Riata nella parte settentrionale dell’Irlanda
combattere i Pitti e fu ucciso in battaglia nel 582.
per
Si è sempre più vicini a scoprire l’origine di questo fantastico
personaggio. Ma vediamo meglio una serie di simbologie
che lo riguardano.
Alcuni studiosi dividono la storia della cultura occidentale in
due grandi fasi, la prima viene fatta risalire al periodo grecoromano, il cui inizio viene segnato dalle opere di Omero,
mentre invece la seconda con il Basso Medioevo. Per cui i
romanzi arturiani, essendo venuti alla luce tra il 1150 al 1250
d.C., vengono considerati alla stregua di un preludio alla
seconda fase. Il fatto straordinario che contraddistingue
queste leggende è che tali opere appaiono praticamente
all’improvviso. Bisogna però prima sottolineare come la
cultura celtica, culla del ciclo arthuriano, avesse a
fondamento della propria mentalità un assoluto rispetto per
il singolo individuo e per il suo cammino specifico,
traducibile nella figura dell’eroe che emerge e spicca in
contrapposizione al gruppo sottomesso alle regole sociali.
Un senso di individualità così forte si può scorgere anche nel
pensiero greco, in cui un membro della società veniva
considerato un cittadino, ovvero un elemento unico la cui
volontà era in grado di influenzare in maniera sensibile la
vita comune. Numerosi sono i romanzi legati al Graal, anche
se comunemente quelli di riferimento sono tre. Il primo è Le
Roman de Perceval ou le conte du Graal di Chrétien de Troyes,
scritto tra il 1175 e il 1190 circa, poi vi è il Parzival di Wolfram
von Eschenbach - da cui Richard Wagner ne trasse
l’omonima opera - risalente al 1210 circa, e in ultimo
troviamo La Queste del Saint Graal, scritto da un monaco
cistercense del XIII secolo, rimasto anonimo sino a noi. In
realtà, questo romanzo diede seguito a un ulteriore lavoro
72
minore, Storia del Sacro Graal, nel quale esso viene
apertamente identificato con la coppa dell’Ultima Cena, in
cui venne raccolto il sangue di Gesù deposto dalla croce.
Si hanno così, in linea di principio, due versioni principali:
quella eroica nata in seno alla cultura dei miti celtici e quella
cristiana rielaborata dai monaci cistercensi. Da sottolineare
però che le due visioni differiscono completamente, tanto da
potersi ritenere una l’opposta all’altra. Mentre, infatti, la
compilazione influenzata dalla visione celtica pone l’accento
sulla figura dell’eroe, quella di origine cristiana fonda il
proprio pensiero sui riti, sulle norme e sulle leggi. In altre
parole, secondo quest’ultima visione, ciò che risulta
veramente importante è l’appartenenza a un gruppo, essere
cioè un organo inserito in un organismo.
Il romanzo La ricerca del Sacro Graal inizia con i cavalieri
invitati alla tavola di re Arthur il quale però non permette
che il banchetto inizi finché non accada un evento
straordinario. Ecco allora che dei messaggeri angelici
portano, coperto da un velo, il Sacro Graal. Si tratta di
un’apparizione, perché dopo pochi istanti, tutto scompare
lasciando i presenti meravigliati e attoniti. Il nipote di
Arthur, Gawain, interviene subito proponendo una
spedizione per trovare il Graal, così da poterlo vedere senza
veli. I cavalieri decidono di partire, ma ognuno per conto
proprio, credendo che ciò sia più opportuno che viaggiare in
gruppo. Il viaggio inizia e ogni cavaliere entra nella foresta
nel punto in cui «essa era più buia e non c’era sentiero» come
ricorda l’opera stessa. Non solo, ma coloro i quali, durante la
ricerca, trovano un sentiero già battuto da qualcun altro e
decidono di seguirlo, sono destinati a perdersi
rovinosamente.
In questi passi appare esposta in maniera straordinaria l’idea
della ricerca personale, tesa alla realizzazione interiore e
73
spirituale. Innanzitutto la meta di tale ricerca viene mostrata
agli uomini coperta da un velo e in ciò viene sviluppato il
concetto specifico del simbolo, il quale non è l’oggetto in sé,
ma rappresenta la scintilla che spinge l’uomo verso la Verità.
Ma cos’è questa Verità nascosta? Alcune culture la
simboleggiano con il ‘cuore’, nascosto nel petto dell’uomo,
altre appunto con il ‘vaso’. Si può nondimeno affermare che
il cuore umano sia il vaso che sempre si riempie e sempre si
svuota della vita. Quindi ogni cavaliere della leggenda deve
forzatamente cercare la propria strada autonomamente.
La coppa del Graal è l’equivalente simbolico del Cuore di
Cristo poiché, come quest’ultimo, esso contiene il suo
sangue.
Secondo la tradizione, quando Lucifero venne scacciato da
Dio nella sua caduta perse uno smeraldo incastonato al
centro della sua fronte. Questo fu poi raccolto dagli angeli i
quali lo intagliarono fino a farne il Sacro Graal. Questa
versione richiama in maniera molto precisa la perla frontale
che gli induisti portano sulla fronte laddove viene
idealmente localizzato il ‘terzo occhio’, ovvero ‘il senso
dell’eternità’.
Secondo la leggenda, il Santo Graal, dopo la resurrezione di
Cristo, venne portato in Gran Bretagna da Giuseppe
d’Arimatea e da Nicodemo. Fu così che ebbero inizio le gesta
dei Cavalieri della Tavola Rotonda. Da notare come l’appena
citata Tavola Rotonda con i suoi dodici cavalieri sia, dal
punto di vista simbolico, uguale al grafico dell’oroscopo
circondato dai dodici segni zodiacali.
Nell’addentrarsi nei parallelismi che la Coppa del Sacro
Graal suggerisce troviamo un’infinità di riferimenti e
suggestioni, non ultimo quello floreale. Infatti, comunemente
74
si pensa al calice di un fiore, così come si è sempre visto un
calice nella rappresentazione del Graal.
Il riferimento simbolico più antico equivalente a quanto
appena detto è rintracciabile nei graffiti preistorici della falce
di luna. Se nelle leggende arturiane e nella religione cristiana
il calice è associato sempre a figure maschili, come i cavalieri
e Gesù appunto, a livello preistorico, invece, il calice ha una
natura femminile direttamente collegata al ventre,
contenitore della vita. A volte, la Grande Madre, dea
preistorica scolpita come una donna gravida dal ventre e dai
seni enormi, stringe nella mano destra un corno di bisonte
con tredici linee verticali che corrispondono esattamente alle
notti tra la prima falce lunare e la luna piena. La mano
sinistra invece poggia dolcemente sull’addome. Chiaramente
si tratta della connessione tra i cicli lunari e quelli mestruali.
Non è un caso se anche in questo caso emerga fortemente la
presenza del sangue. Anticamente l’uomo non aveva
associato il concepimento con l’atto sessuale, per cui la
gestazione e il parto venivano percepiti, molto
probabilmente, come un miracolo puramente femminile. Il
ventre femminile, calice che contiene la vita umana, era
associato alla falce di luna, calice cosmico, entrambi
contenitori del sangue, inteso come linfa assoluta
dell’esistenza.
Il nome Arthur è associato ad Artemide e ad Arcturus, nomi
a loro volta legati all’orso, la più antica divinità del mondo.
In Europa vi sono templi a lui consacrati che risalgono sino a
100.000 anni a.C.
Arto-rig-IO, la cui radice, Arto-rig- ‘Re orso’ si trova nel
vecchio nome personale irlandese Art-ri.
Altre tracce di Arthur precedenti alle opere medievali prima
citate le troviamo nei testi dei cronisti romani come Gildas di
75
Rhuys (morto nel 570 d.C.) e Nennius (800 d.C. circa) i quali
si riferiscono a lui con l’appellativo di dux bellorum, ovvero
comandante militare. Si trattava molto probabilmente di un
guerriero irlandese addestrato dai Romani che però si era
posto a capo degli eserciti celtici contro i Romani stessi.
Molto interessante è il fatto che vengono sino a noi riportate
dodici grandi battaglie da lui vinte. Come non notare che il
numero dodici ritorna nei cavalieri al servizio di re Arthur,
quello leggendario dei romanzi medioevali? L’associazione
con lo zodiaco è pertinente e richiama al fatto che Arthur sia
l’ennesima identificazione del dio-sole.
Nella mitologia irlandese, e per alcuni studiosi, Arthur
sarebbe un personaggio ispirato a Cú Chulainn, protagonista
dei poemi epici prima citati e Art, in irlandese,
significherebbe ‘roccia’, un ennesimo codice di pietra.
Non solo. Vale la pena di ricordare la leggenda a proposito
dell’isola di Man, nel mare d’Irlanda, dove vissero i sacerdoti
druidi che crearono una suddivisione del potere legata alla
loro sapienza magica. Uther Pendragon era un guerriero che
aveva ricevuto la sua iniziazione proprio su questa magica
isola. Egli guidò le armate del fratello in Irlanda per aiutare
Merlino a portare le pietre di Stonehenge in Britannia. Ma
non ultimo, egli era il padre di Arthur… re Artù in persona!
Rimaniamo tra storia e leggenda, alfabeti cavallereschi e
iniziatici, per incontrare un antico alfabeto, per molti uno dei
codici più magici del mondo, ovvero quello oghamico.
76
OGHAM UN MAGICO ALFABETO
Questo antico sistema di scrittura è scolpito nelle pietre in
tutta l’Irlanda.
Non è facile datare con esattezza l’origine dell’Ogham. Le
iscrizioni sulle pietre irlandesi risalgono al V e VI secolo d.C.,
anche se l’origine è certamente precedente, si ritiene intorno
al IV secolo d.C., anche se varie ricerche lo farebbero risalire
al I secolo a.C. Una scuola di pensiero ritiene che fosse un
alfabeto criptico creato dai druidi al fine di comunicare in
segreto contro con l’Impero Romano, posizionato allora nella
Gran Bretagna meridionale, e che minacciava l’invasione
dell’Irlanda. Un altro versante di pensiero ritiene che questo
alfabeto sia stato creato dalle prime comunità cristiane in
Irlanda, allo scopo di realizzare dei caratteri uniformati per
brevi messaggi e iscrizioni in irlandese.
Se invece seguiamo la leggenda, in vari testi, come il Lebor
Gabála Érenn, che abbiamo già incontrato, viene citato
l’Auraicept na n-Éces, una delle tre principali fonti della
tradizione manoscritta sull’alfabeto oghamico. Vi sono poi
altri testi sul folklore irlandese medievale, in cui si afferma
che l’Ogham fu creato dopo la caduta della Torre di Babele,
insieme al linguaggio gaelico, dal leggendario re scita Fenius
Farsa, figlio di Boath, a sua volta figlio di Magog, in linea
genealogica a Jafet, uno dei figli di Noè.
La sua forma originale comprendeva circa 80 suoni dal
gaelico, con 20 simboli disposti in quattro gruppi di cinque.
Ogni gruppo, o aicme (‘famiglia’), era costituito da singole
linee, intagliate su legno o pietra. Ogni lettera veniva
rappresentata da una a cinque linee, raggruppate in
sequenze, sempre da una a cinque, e situate in varie
posizioni, a sinistra, a destra, diagonalmente o attraverso
una linea che costituiva il fulcro dello scritto.
77
L’Ogham si sviluppò durante l’Impero Romano e oltrepassò
i confini imperiali. Il fatto che abbia cinque simboli vocalici
(sebbene il gaelico ne abbia dieci) è uno dei motivi per cui gli
studiosi ritengono che vi sia una connessione con l’alfabeto
latino, che utilizza a sua volta cinque vocali.
Alcune pietre mostrano l’influenza cristiana, con croci
intagliate e la parola primitiva irlandese Koi, che si reputa sia
la traduzione della
formula funeraria latina
cristiana hic iacit.
In Lebor Ogaim (‘Il libro
di Ogams’), conosciuto
anche come Ogam Tract,
è un vecchio trattato
irlandese sull’alfabeto
oghamico. Il libro tratta
una serie di circa 100
varianti o ‘modalità
segrete’ di scrittura di
Ogham.
La creatività di questo
alfabeto era unita alla
sua
funzione
di
educazione linguistica
gaelica. Come per le
rune, ogni simbolo
Ogham ha un nome: la
lettera ‘b’ è chiamata
Lebor Ogaim
beithe, ‘betulla’ e la
lettera ‘c’ è coll , ‘nocciolo’. Il bardo, l’antico poeta-cantore
dei popoli celti, imparava questi nomi e usava
78
le sequenze di Ogham aicme per creare liste per la
memorizzazione. Ad esempio, il primo aicme ‘b, l, v / f, s, n’,
creava la serie per Énogam (‘uccelli-ogham’) e si leggeva così:
besan (‘fagiano’), lachu ‘(anatra’), faelinn (‘gabbiano’), seg
(‘falco’) e naescu (‘beccacino’). In questo stesso modo veniva
creata una lista geografica, per esempio la Linnogam (‘poologham’) relativa ai principali porti: Berba (‘Barrow’),
Luimnech (‘Limerick’), Febal (‘Foyle’). Mentre, Ceallogam,
rappresentava la ‘chiesa-ogham’, ed elencava le chiese:
Beanchar (Bangor), Liath, Ferna e così via. Per cui esiste
Dathogam ‘colori-ogham’, Ogam tirda, ovvero oghamagricolo, Ogam Uisceach relativo all’Ogham delle acque,
Conogam e cioè le razze dei cani, Bo-ogam in relazione alle
diverse tipologie di mucche, Danogam collegato ad arte e
artigianato.
Sempre l’Ogam Tract attribuisce al dio Ogma l’invenzione di
tale alfabeto. Egli faceva parte dei mitici Túatha Dé Danann,
e viene spesso considerato legato al dio gallico Ogmios. La
leggenda racconta che egli fosse abile nel linguaggio e nella
poesia, per cui inventò l’Ogham come prova della sua
ingegnosità e per creare un linguaggio utilizzabile dai
sapienti.
Ogni lettera di questo alfabeto è associata ad un albero,
infatti, il nome stesso Ogham craobh significa ‘scrittura
arborea’. Il primo messaggio scritto in Ogham consisteva in
sette ‘B’ incise su una betulla, e fu inviato come avvertimento
a Lug mac Elathan. Il significato era il seguente: «Tua moglie
sarà portata via sette volte nell’Altromondo a meno che la
betulla non la protegga». Per questo la lettera ‘B’ si dice in
riferimento alla betulla.
Nel testo Lebor Ogaim tutte le lettere prendono il loro nome
dagli alberi, concetto che appare anche nel Auraicept na nÉces. Questo codice arboreo ha influenzato particolamente
79
l’autore Robert Graves nel suo libro La Dea bianca, testo che
ha particolarmente ispirato il neopaganesimo. Graves
prospettò che l’alfabeto oghamico raccogliesse una serie di
credenze originarie del Medio Oriente ai tempi dell’Età della
pietra, attinenti ai riti legati al culto della dea della luna,
nelle sue varie forme. Secondo la sua ricerca, Ebrei, Greci e
Celti furono tutti influenzati da un popolo originario
dell’Egeo, chiamato ‘popolo del mare’ che, dall’Egitto, si
espanse in Europa nel II millennio a.C., divulgando le
proprie credenze religiose. Queste tradizioni furono ordinate
in forma alfabetica dai poeti, al fine di trasmettere il culto
della dea solo agli iniziati. Attraverso i druidi della Gallia,
ciò arrivò fino ai poeti dell’Irlanda antica. L’alfabeto degli
alberi creò un antico calendario relativo alla magia della
natura. Ancora oggi, le persone che seguono il
neopaganesimo utilizzano questo alfabeto a scopo
divinatorio e propiziatorio, avvalendosi della magia che ogni
segno racchiude in sé. D’altronde ogni parte della natura
conserva e nasconde segreti, e gli alberi sono i veri maestri.
Ma ricordiamo che anche il comune alfabeto ha ispirato
alcuni grandi personaggi, che attraverso le parole hanno
raccontato i misteri della natura, in altre parole… la magia.
80
Ogham
WILLIAM BUTLER YEATS
TRA LETTERATURA ED ESOTERISMO
William
Butler
Yeats
(Dublino, 13 giugno 1865–
Roquebrune-cap-Martin, 28
gennaio 1939). Nacque da
una famiglia di origine
inglese, il padre pittore e la
madre proveniente da una
famiglia di commercianti
protestanti.
Pubblicò giovanissimo la sua
prima raccolta di poesie, I
viaggi
di
Ossian
(The
wonderings of Oisin, 1889),
manifestando già il suo
William Butler Yeats
interesse verso la mitologia
irlandese.
Nel 1892, a Dublino, fondò la Società Letteraria Irlandese.
La capacità di scrittura automatica della moglie colse il suo
massimo interesse e forse da quel momento cominciò ad
aprirsi a un mondo simbolico ed ermetico.
Prometto inoltre giuro che, con il Consenso divino, a
partire da questo giorno mi dedicherò alla Grande opera…
cioè a purificare ed esaltare la mia Natura Spirituale,
affinché, con l’Aiuto Divino, io possa al fine divenire più
che umano, e così elevarmi gradualmente e unirmi al mio
Genio Divino Superiore, e che in tal caso non abuserò del
grande potere a me affidato.
81
Con questa promessa dichiarata cominciò il suo cammino
esoterico, nel momento in cui aderì alla Golden Dawn,
l’Ordine ermetico dell’Alba Dorata, società iniziatica di cui
divenne figura di rilievo, insieme alla moglie.
I suoi primi incontri con lo studio e la pratica dell’occulto
avvennero già mentre era al college, a Dublino. La sua
istantanea fascinazione per le attività occulte, metafisiche e
paranormali lo accompagnò per tutta la vita. La sua passione
per il misticismo e l’esoterismo si tradusse anche attraverso
la sua poesia e i suoi scritti.
Yeats cercò sempre il contatto con il mondo degli spiriti
attraverso ricerche e pratiche occulte, ma anche grazie al
coinvolgimento di diverse donne nella sua vita.
Il suo percorso esoterico si inseriva in una tradizione
letteraria protestante irlandese che includeva Sheridan Le
Fanu, autore soprattutto di opere su fantasmi e
parapsicologia; Charles Maturin, che in un’opera scrisse a
proposito del patto col diavolo; Bram Stoker, che oltre a
scrivere il famoso Dracula fece parte egli stesso della Golden
Dawn ed Elizabeth Bowen, figura centrale nella letteratura
gotica del XX secolo, che esplorò due regni: la politica
rivoluzionaria della classe sociale e della sessualità
femminile.
Durante gli studi alla Metropolitan School of Art di Dublino
Yeats incontrò il poeta, drammaturgo e pittore George
Russell che ispirò il suo interesse per il misticismo, dandogli
una copia del Buddhismo esoterico di Alfred Percy Sinnett.
La reincarnazione, la comunicazione con i morti, la
medianità, i sistemi soprannaturali e il misticismo orientale
divennero quindi il tema centrale della sua vita. Nel 1885
divenne membro fondatore della Dublin Lodge of the
Hermetic Society con Russell.
82
Quando la famiglia Yeats tornò a Londra nel 1887, il giovane
poeta fece visita a Madame Helena Blavatsky, la famosa
occultista e fondatrice della Società Teosofica, a cui si unì e
dalla quale in seguito fu espulso dalla Società.
Nel marzo del 1890, ancora alla ricerca di risposte più
profonde, entrò a far parte dell’Ordine Ermetico della
Golden Dawn di Londra, una società segreta piuttosto
ombrosa che praticava la magia rituale. Altri membri ne
fcevano parte, come l’attrice Florence Farr, l’autore gallese
Arthur Machen e gli scrittori inglesi Evelyn Underhill e
Aleister Crowley.
Frequentò e amò Maud Gonne, che divenne la sua musa
ispiratrice e a cui chiese di sposarlo innumerevoli volte e
altrettante ricevette un rifiuto, fino a che celebrarono un
matrimonio spirituale attraverso la Golden Dawn, per
stemperare la tensione amorosa e l’impossibilità di
un’unione fisica.
A un certo punto, Yeats cercò una guida occulta a causa di
una crisi nella sua vita privata. Nel frattempo, stava
frequentando l’attrice Mabel Dickinson, che cercò di
convolare a giuste nozze con lo scrittore, facendogli credere
di essere incinta. Gli spiriti, attraverso un medium,
comunicarono a Yeats che la donna lo stava ingannando, e
così fu. Quindi anche quel matrimonio non si fece.
Nel frattempo cominciarono i conflitti all’interno della
Golden Dawn, di cui lo scrittore fece parte per oltre
trent’anni. Si trattava di dissidi di potere all’interno
dell’Ordine, sia con Farr che con McGregor Mathers.
Dopo che l’organizzazione cessò di esistere e si frammentò
in varie propaggini, Yeats rimase all’interno dell’Ordine
conosciuto come la Stella Mattutina fino al 1921.
83
La visione dell’occulto nella poesia di Yeats è intrisa di
messaggi spirituali e legati all’ignoto. Il misticismo figura in
modo prominente nella sua visione sulla reincarnazione
dell’anima, così come nel suo modello filosofico usato per
spiegare il viaggio dell’anima, il passaggio del tempo e la
guida del destino.
Il misticismo e l’occulto si presentano ripetutamente nella
sua poesia, più esplicitamente in The Second Coming, ma
anche in poesie come Sailing to Byzantium.
Nel suo libro The Muses of W. B. Yeats, Joseph Hassett
sottolinea che Yeats arrivò a sposare Hyde-Lees in parte per
sfuggire al tumulto emozionale derivato dalla sua relazione
con Maud Gonne, anche se temeva che la quotidianità di
coppia gli costasse la sua ispirazione poetica. Durante la luna
di miele, sua moglie riuscì però a stupirlo, parlandogli con
la voce di un messaggero dell’Altromondo, che aveva segreti
da svelare. Con suo grande stupore, questo ‘messaggero’ dal
nome George, gli rivelò che il momento dell’unione sessuale
era un portale per la conoscenza del mondo spirituale - una
conoscenza che portava con sé un linguaggio metaforico
radicato in un sistema di credenze di straordinaria potenza e
ricchezza.
Questo fu l’inizio del lungo esperimento chiamato ‘scrittura
automatica’, in cui la mano e la penna di ‘George’ servivano
da strumenti inconsci per il mondo degli spiriti che
inviavano informazioni.
Yeats e sua moglie tennero più di quattrocento sessioni di
scrittura automatica, producendo circa 4.000 pagine, poi da
studiare e organizzare pazientemente. Da queste sessioni,
Yeats formulò teorie sul significato dell’esistenza e sulla
storia umana.
Egli creò un complesso sistema di spiritualità, usando
l’immagine di ganci interconnessi - simili a coni a spirale 84
per tracciare lo sviluppo e la reincarnazione dell’anima.
Yeats credeva che la storia fosse determinata dal destino e
che il destino rivelasse il suo piano nei momenti in cui
l’umano e il divino interagiscono.
Nel 1923 riceve il Premio Nobel per la letteratura.
Successivamente, nel 1925, pubblicò le sue intricate teorie
sulla personalità e la storia in A Vision, che venne
sostanzialmente rivisto nel 1937. Alcuni degli schemi
simbolici con cui enunciò queste teorie fornirono uno sfondo
importante per molte poesie e drammi che scrisse durante la
seconda parte della sua carriera.
Questo autore è ricordato in vari luoghi di Sligo. Per
esempio nella Yeats Memorial Building, una ex banca del
1895. Il Centro propone una mostra che segna i momenti
salienti della sua vita e varie bozze di manoscritti.
C’è anche una statua che lo ricorda che fu eretta nel 1989. Si
trova di fronte alla Ulster Bank, un edificio che egli
ammirava particolarmente.
Un’altra sua traccia si trova presso la Lissadell House,
edificio storico a Raghly, che fu anche l’abitazione della
nazionalista rivoluzionaria e socialista Constance GooreBooth, dove Yeats passava le sue vacanze. Lo scrittore stesso
vide in questa casa il fantasma di uno dei suoi amici, sulle
scale. Si dice pure che questo edificio sia frequentato da due
donne fantasma che camminano attraverso il giardino
portando fiori e vernici. Ma sono tanti i luoghi che
raccontano la sua storia e non solo. Quindi è il momento di
partire per conoscere l’Irlanda magica più sconosciuta.
85
PARTE SECONDA
In viaggio nei misteri magici d’Irlanda
…e le sue Contee
86
87
Contea di Dublino, una magica capitale
Contae Bhaile Átha Cliath
Partiamo dalla capitale Dublino fondata dai Vichinghi come
centro per il commercio di schiavi, sulla foce del fiume
Liffey. Ma già Claudio Tolomeo (140 d.C.) l’aveva raccontata
chiamandola Eblana. Per i primi secoli dopo Cristo le notizie
sono soprattutto legate ai miti e alle leggende di cui abbiamo
trattato. Intorno al 450 d.C. arrivò san Patrizio ed iniziò una
profonda opera di cristianizzazione.
Dal 832 d.C. si può conoscere la vera storia.
Con l’incoronazione del sovrano normanno Thorkel I, i
danesi erano già in Irlanda da tempo.
Nel 1014 Brian Boruma, re del Munster, intraprese e vinse
una guerra contro le popolazioni del Nord, ovvero la
Battaglia di Clontarf.
Nel X secolo due centri, Ath Cliath e Dubh Linn,
rispettivamente uno celtico e l’altro vichingo si unirono.
Finalmente, nel 1171, Dublino divenne capitale del regno
irlandese, mentre i Vichinghi furono costretti a migrare.
Nel XIV secolo, la zona fu fortificata e chiamata The Pale.
Questa era una striscia di terra, centrata su Dublino, che si
estendeva da Dundalk a Louth, Bray fino a Wicklow e
divenne la base del dominio inglese in Irlanda. All’interno
vivevano solo persone di razza normanna, mentre all’esterno
i ‘nativi Irlandesi’.
Il potere divenne centrale nel Castello di Dublino e nacquero
tre importanti chiese: Cristchurch Cathedral, St. Patrick’s
Cathedral e St. Audoen’s Church, insieme al Parlamento
d’Irlanda.
Il Medioevo fu caratterizzato da assedi e pestilenze.
Nel XVI secolo apparve Fitzgerald, conte di Kildare, e la sua
famiglia, importanti personaggi che vollero mantenere lo
88
stato di fatto e impedire l’emancipazione delle tribù
irlandesi. Dal momento che questi signori tentarono di
intromettersi anche nella politica inglese, intervenne Enrico
VIII per annientarli e rinsaldare il governo inglese.
Ovviamente ciò guastò ulteriormente i rapporti tra Londra e
Dublino, conflitto che si portò avanti nel tempo.
Il XVI secolo fu ricco di avvenimenti e portò alla vessazione
da parte dei soldati inglesi durante la Guerra Irlandese dei
nove anni. Essi strapparono con violenza le abitazioni ai
civili.
Nel 1592 Elisabetta I inaugurò il Trinity College, indirizzato
però solo ai protestanti. La risposta degli Irlandesi fu quella
di mandare gli studenti in Europa. Londra interpretò questo
come un affronto da parte di una popolazione testarda e
quindi partì una seconda ondata di colonizzatori protestanti,
che poi, nel tempo, oltrepassarono in numero i cattolici.
Dopo varie vicissitudini, Dublino fu ancora in mano alla
minoranza inglese, dopo la conquista di Cromwel
dell’Irlanda, ed ebbe più di due secoli di pace e stabilità.
In epoca georgiana, all’inizio del XVIII secolo, la città ebbe il
massimo splendore, con la costruzione di quartieri eleganti.
Nel 1798, avvenne la ribellione degli Irlandesi uniti. Le
autorità avevano tenuto fuori Dublino dall’insurrezione, ma
la rivolta aveva convinto Westminster a chiudere il
parlamento di Dublino, e l’atto dell’Unione del 1801 vide
l’Irlanda governata da Londra. Intanto la città continuava a
crescere, ma con gravi difficoltà economiche. Vi furono
molte vittime in quella che è ricordata come la Grande
Carestia dal 1845-1850. Poi arriviamo in quella che
conosciamo come storia contemporanea.
Partiamo ora per visitare la città, dalle opere più conosciute a
quelle nascoste tra le sue pieghe...
89
Le due cattedrali di Dublino: St.Patrick e Christ Church
Dublino forse è l’unica città a vantare ben due cattedrali.
Non sono mancati i conflitti, ma ora sembra tutto sistemato e
anche per visitarle non occorre fare molta strada, perché
sono veramente vicine tra loro.
Partiamo con St. Patrick Cathedral che fu costruita nel 1192,
ed è oggi la cattedrale nazionale della Chiesa anglicana
d’Irlanda.
St. Patrick Cathedral
Fu eretta sul sito di un antico pozzo, probabilmente lo stesso
usato da san Patrizio per i primi battesimi. Il tempio ne
sostituì uno precedente, quasi certamente in legno. Poi fu
utilizzata la pietra calcarea locale e quella importata da
Bristol.
90
Si tratta di una cattedrale gotica a forma di croce latina e si
ritiene che il progetto si sia ispirato alla Old Sarum
Cathedral, vicino a Salisbury, in Inghilterra.
Dopo la Riforma inglese, St. Patrick divenne una cattedrale
anglicana e furono apportate modifiche al suo interno per
adattarsi ai nuovi cambiamenti teologici. Molte statue sono
state rimosse dalle alcove e la ricca decorazione è stata tolta.
Vi furono inferti altri danni durante il regno di Edoardo VI.
La cattedrale fu poi retrocessa a chiesa parrocchiale e fu
utilizzata come tribunale e per un breve periodo come
università. Divenne nuovamente cattedrale nel 1555, mentre
nel 1560 uno dei primi orologi pubblici a Dublino fu
aggiunto alla torre e nel 1700 fu completata con una guglia.
All’inizio del XIX secolo la cattedrale era di nuovo in rovina.
Per fortuna intervenne Benjamin Lee Guinness, che nel 1860
annunciò di voler sostenere il costo totale del restauro. La
sua unica condizione fu quella di non avere ingerenze
esterne sulle sue decisioni. Tra il 1860 e il 1865 la cattedrale
fu chiusa per massicci restauri e riparazioni. Nel 1865 fu
riaperta con una cerimonia in pompa magna.
La cattedrale è famosa nel mondo per il suo coro che si
esibisce ogni giorno e, negli ultimi anni, anche per la
Cappella della Madonna, risalente al 1270, che fu chiamata
anche Cappella Francese a causa della sua connessione con
gli Ugonotti.
Nel 1901 i lavori di costruzione accanto alla cattedrale
portarono alla luce sei lapidi celtiche del X secolo. Una di
queste copriva i resti di ciò che sembrava un antico pozzo,
che portò a supporre fosse proprio quello di san Patrizio.
Tra le curiosità della cattedrale vi è la Porta della
Riconciliazione. Nel 1492 due famiglie irlandesi, i Butlers di
Ormonde e i FitzGeralds di Kildare, furono coinvolti in
un’aspra faida che si trasformò in guerra vera e propria.
91
Furono i maggiordomi che, rendendosi conto che gli scontri
stavano degenerando, si rifugiarono nella sala capitolare
della cattedrale. I loro rispettivi padroni li seguirono e una
volta all’interno fu chiesto loro di pacificarsi. Come gesto di
buona fede, il capo della famiglia Kildare, ordinò di tagliare
la porta che lo separava dall’altra famiglia, creando un buco.
Quindi vi infilò il braccio attraverso e offrì la mano in pace a
quelli dall’altra parte. Vedendo che FitzGerald era disposto a
rischiare il braccio passandolo attraverso la porta, i Butler
pensarono che le intenzioni fossero serie e quindi si strinsero
la mano attraverso la porta e le due famiglie fecero pace.
I continui restauri e il passaggio a chiesa anglicana ha
sottratto tutte le simbologie precedenti, e quindi manca un
pezzo di storia da leggere. Vi sono solo opere scultoree
recenti, realizzate a scopo celebrativo, vetrate del XIX secolo,
che, oltre al fattore estetico, hanno uno scopo didattico atto a
insegnare la vita dei santi, e sono presenti lastre tombali.
Sin dalla sua fondazione nel XIII secolo, la cattedrale fu un
cimitero. Oggi si stima che siano sepolti tra le 600 e 700
persone, sia nell’edificio stesso che nei terreni. C’è anche un
cimitero nel parco della cattedrale.
Una delle sepolture più importanti è quella di Jonathan Swift
conosciuto soprattutto come autore de I viaggi di Gulliver.
Egli fu anche decano della St. Patrick Cathedral dal 1713 fino
alla sua morte nel 1745.
La cattedrale servì da cappella all’Ordine più illustre dei
Cavalieri di San Patrizio dal 1783 al 1869.
Nel 2014 la cattedrale ha aggiunto un nuovo grande
monumento, ovvero l’Albero della Memoria dedicato alle
vittime di tutti i conflitti, e dove i visitatori possono lasciare i
loro messaggi.
92
Christ Church Cathedral
Christ Church Cathedral è l’altra cattedrale anglicana di
Dublino e fu fondata nel 1030 dal re vichingo Sitric
Silkenbeard. Nel 1163 divenne un priorato dell’Ordine
Regolare dei Canonici Arrosiani (Regola Agostiniana
Riformata). Successivamente i Normanni completarono
l’edificazione del tempio.
L’importante scuola del coro fu fondata nel 1493.
Nel 1562, le fondamenta della navata, che appoggiavano su
un terreno di torba, cedettero e ciò diede inizio a una serie di
lavori di ritrutturazione fino al 1871. Infine, fu ampiamente
rinnovata e ricostruita fino al 1878. Anche in questo caso i
numerosi lavori di restauro rendono difficile distinguere la
93
parte originaria da quella vittoriana, e non vi è la possibilità
di descriverne le simbologie.
Appare interessante la cripta costruita nel 1172-1173, e
rinnovata nei primi anni 2000. Contiene le più antiche
incisioni secolari conosciute in Irlanda, un tabernacolo e una
serie di candelabri che furono usati quando la cattedrale
operò sotto il ‘rito romano’.
Una curiosità. Vi sono le mummie di un gatto e di un topo,
che la tradizione vuole si siano infilati in un tubo dell’organo
e lì rimasti mummificati. Gli Irlandesi li chiamano ‘Tom e
Jerry’ e sono stati citati anche da James Joyce in una delle sue
opere.
Inoltre la cattedrale conserva un’importante reliquia, ovvero
il cuore di Lorcán Ua Tuathail, arcivescovo di Dublino che
nel 2012, fu rubato poi ritrovato nel 2018, a Phoenix Park,
dalla polizia irlandese in seguito a un’indagine condotta
dall’Intelligence.
Trinity College, la scuola dei grandi scrittore irlandesi
Non si può perdere una visita a questo importante Collegio
il cui nome per esteso è College of the Holy and Undivided
Trinity of Queen Elizabeth near Dublin.
Fu fondato nel 1592, appunto dalla regina Elisabetta I intesa
come ‘madre’ di una nuova università, e fu strutturato sulle
orme delle università collegiali di Oxford e Cambridge.
Qui hanno studiato Oscard Wild, Samuel Beckett - premio
Nobel per la letteratura - e Bram Stocker. Per cui è davvero
suggestivo fare una passeggiata nella Long Room della
Trinity Library. Il fascino e la magia di questi scrittori
ancora aleggia tra i tre milioni di libri in questo luogo unico e
speciale. Qua si sono laurati molti altri illustri personaggi
come William Campbell (premio Nobel per la medicina),
94
Trinity College
Mairead Maguire (Premio Nobel per la pace), Ernest Walton
(premio Nobel per la fisica).
La famosa libreria settecentesca custodice un prezioso tesoro
nazionale, ovvero il Book of Kells (‘Libro di Kells’).
Si tratta di un piccolo Vangelo manoscritto. Si crede che sia
stato creato nel IX secolo d.C., ed è in gran parte tratto dalla
Vulgata, con diversi passaggi tratti dalle versioni precedenti
della Bibbia conosciute come Vetus Latina. È un capolavoro
della calligrafia occidentale e rappresenta il culmine
dell’illuminazione insulare, nota anche come hibernosassone, ovvero arte altomedievale delle isole britanniche e
d’Irlanda nel periodo tra il 600 e il 900 circa.
Le illustrazioni e gli ornamenti del Libro di Kells superano in
bellezza, stravaganza e complessità qualsiasi altra opera del
periodo. Appaiono figure umane, animali mitici, insieme a
nodi celtici e motivi intrecciati in colori vibranti, che
95
animano le pagine del manoscritto. Molti di questi elementi
decorativi minori sono intrisi di simbolismo cristiano e
quindi enfatizzano ulteriormente i temi delle illustrazioni
principali. Il manoscritto comprende oggi 340 fogli e, dal
1953, è stato rilegato in quattro volumi. I fogli sono in
pergamena di vitello di alta qualità e l’ornamento è elaborato
e inedito. Esso comprende dieci illustrazioni a piena pagina,
fogli di testo con vivaci iniziali decorate e miniature
interlineari. La scritta è in inchiostro gallico e i colori
utilizzati derivavano da una vasta gamma di sostanze, molte
delle quali importate da terre lontane. Un gioiello unico!
Ma procediamo verso un altro tesoro nazionale: l’arpa,
simbolo dell’Irlanda. Nel XVIII secolo, il College ricevette
infatti l’arpa Brian Boru, una delle tre arpe gaeliche
medievali sopravvissute, insieme alla Queen Mary Harp e
alla Lamont Harp. Risale al XIV-XV secolo e, come abbiamo
già visto, è il simbolo dell’Irlanda.
Un’ultima curiosità e un po’ di sapore italiano nella scultura
Sphere Within Sphere di Arnaldo Pomodoro, fuori dalla
Berkeley Library.
Dublin Writers Museum e James Joyce Center
Restiamo ancora sul tema letterario e andiamo sulla sponda
nord del fiume Liffey, per visitare due musei dedicati agli
scrittori irlandesi più famosi nel mondo.
Questo museo ospita la storia della letteratura irlandese con
ritratti, manoscritti, lettere e oggetti personali degli scrittori
hanno vissuto e lavorato a Dublino, come James Joyce,
George Bernard Shaw, William Butler Yeats e Patrick Pearse.
Il museo ospita una copia del Libro di Kells, il telefono di
Samuel Beckett, una lettera dal ‘casato aristocratico’ Brendan
Behan a suo fratello, una lettera di Yeats del 1910, i
programmi di apertura di Oscar Wilde di alcune opere
96
teatrali, un’edizione del 1804 de I Viaggi di Gulliver di
Jonathan Swift, una terza edizione di The Crock of Gold di
James Stephens, una prima edizione di Pomes Penyeach di
James Joyce e il suo pianoforte, una prima edizione di
Dracula di Bram Stoker insieme ad una lettera autografa
dallo stesso autore.
L’edificio è situato a Parnell Square, al civico 18, un
magnifico palazzo del XVIII secolo di stile georgiano, con
all’esterno un suggestivo giardino zen, giusto per continuare
la concentrazione.
Anche il James Joyce Center è situato in una splendida
residenza georgiana, e offre al visitatore informazioni
storiche e biografiche su James Joyce e la sua influenza nella
letteratura. Sono state ricreate alcune parte delle location che
appaiono nei suoi libri, primo tra tutti Ulisse, ambientato a
Dublino. Appaiono anche ritratti di famiglia, foto, ed
edizioni originali dei suoi scritti. Il museo organizza
periodicamente delle visite guidate che toccano tutti i luoghi
legati al celebre scrittore. Un modo per rivivere la magia dei
suoi Libri.
Se però avete voglia di fantasmi potete fare una passeggiata
di un quarto d’ora e raggiungere St. James’s Church che fu
istituita nel 1724. La sua posizione è abbastanza curiosa in
quanto si trova esattamente dietro la fabbrica Guinness. Da
qui parte il pellegrinaggio irlandese verso Santiago di
Compostella.
Intanto, arrivando, si può gustare il quartiere chiamato
Liberties. Non è una zona turistica e proprio per questo si
può assaporare la vera Dublino, senza contaminazioni.
Nasce come quartiere povero, e ancora oggi è rimasto un
sobborgo popolare poco visitato dai turisti, ma tipico
esempio della Dublino storica.
97
Ma torniamo ai fantasmi, e qua, intorno a St. James’s Church,
si manifesta quello di Darky Kelly, la signora della
famigerata Maiden Tower di Dublino, vicino alla Christ
Church.
Dorcas "Darkey" Kelly gestiva un bordello al largo di
Fishamble Street nella parte sud-ovest di Dublino. Fu
accusata di aver ucciso il calzolaio John Dowling il giorno di
san Patrizio del 1760, per cui il suo bordello fu indagato dalle
autorità. Vi sono varie leggende a questo proposito. La storia
più conosciuta racconta che la donna rimase incinta del figlio
dello sceriffo di Dublino, Simon Luttrell, primo conte di
Carhampton, membro del Club Hellfire, che tra poco
incontreremo. La donna gli aveva chiesto un aiuto
economico per il bambino e lui l’accusò di stregoneria, e
precisamente di aver ucciso il piccolo in un rituale
satanico. Il corpo non fu mai trovato. Successivamente gli
investigatori trovarono i cadaveri di cinque uomini nascosti
nel sotterraneo del bordello. La donna fu impiccata e poi
arsa al rogo a Gallows Road, oggi Baggot Street. Ancora ci si
chiede se la strega irlandese Darkey Kelly sia stata il primo
serial killer d’Irlanda, o perlomeno uno dei primi venuti alla
ribalta. Ad ogni modo, in questa zona, la sua presenza viene
ancora percepita. Detto ciò, perché non andare proprio dove
avvenne il fattaccio in Fishamble Street e magari fare una
sosta nel pub che prende il suo nome, il Darkey Kelly’s Pub,
al numero 19.
Non dimentichiamo che a pochi passi da St. James’s Church
si trova la Guinness Storehouse. Una visita a questo luogo
non porterà il brivido e la magia di altri luoghi visitati, ma è
un vero must, per intenditori e non. Ora è un museo, su sette
piani a forma di una pinta di Guinness. Il Gravity Bar si
trova all’ultimo piano ed è tutto in vetro, quindi immaginate
lo spettacolo della città! Inoltre vengono spesso proposti
98
degli intrattenimenti e anche danze tradizionali irlandesi. Un
vero tuffo nel passato, con una vista unica sulla città.
Restiamo ancora in argomento e un altro luogo imperdibile è
il Temple Bar, frequentato da giovani e turisti di tutto il
mondo, ma anche artisti e musicisti. Non solo diventimento
ma anche cultura. Infatti, vi sono spazi culturali, eventi,
mostre, performance e tutta una serie di bar, caffetterie
dislocate nelle viuzze del quartiere. Anche solo una
passeggiata all’interno, mette in contatto col mondo.
Proseguiamo verso Kilmainham Gaol, una ex prigione a Cill
Mhaighneann, un quarto d’ora a piedi. Oggi ospita un
commovente museo sulla storia del nazionalismo irlandese.
Kilmainham Gaol
Fu utilizzato anche come set cinematografico di molti film
famosi come In nome del padre ed è rimasto famoso per la
99
presenza degli U2, che girarono qui il videoclip della
canzone A Celebration.
La prigione fu aperta alla fine del Settecento e rinchiuse
anche delinquenti comuni, tra i quali bambini. Il più giovane
detenuto aveva cinque anni, mentre una bambina 7 anni.
San Michan e i revenant
San Michan
Dall’altra parte del fiume sorge San Michan, una delle chiese
più antiche della città, ricostruita nel 1685 e restaurata nel
1998. Si tratta di un luogo rinnovato non particolarmente
attraente, ma significativo se si entra nelle cripte.
Normalmente vi è una guida che accoglie i visitatori e li
accompagna in questi cuniculi sotterranei davvero
emozionanti, soprattutto per gli incontri che si fanno. Infatti,
100
attendono il visitatore una serie di mummie e resti umani, da
far rabbrividere.
In una delle sale vi sono i resti mummificati dei fratelli
Henry e John Seares, uccisi per essere stati al comando della
Ribellione del 1798.
Vi sono poi tombe aperte, in cui si possono vedere mummie
alle quali sono state tagliate le mani, segno distintivo che in
vita erano stati ladri. Ad altre erano state mozzati i piedi.
Alcuni sostengono che l’amputazione sia avvenuta per farli
entrare nelle tombe, ma vi è anche un’altra suggestiva
versione che li vedrebbe come ‘revenant’ ovvero coloro che
tornano. In passato (ma anche nel presente!) vi era una
grande paura della morte. Non solo, vi era anche il timore
che i morti potessero tornare e togliere l’energia vitale ai
vivi, così da riprendere essi stessi la forza per rivivere. Vi
sono molte ricerche antropologiche in questo senso, e
comunque il gesto di tagliare i piedi, poteva derivare da un
antico retaggio legato proprio a questo terrore, ed eseguito
per impedire che i morti potessero nuovamente camminare e
quindi tornare nel mondo dei vivi.
Vi assicuro che dopo questa visita un brivido penetrante
permane…
Infine non perdetevi l’esperienza al Castello di Dracula,
accuratamente ricostruito e che rappresenta una delle
attrazioni più emozionanti e divertenti di Dublino. Il
Castello celebra lo scrittore irlandese Bram Stoker e il suo
capolavoro Dracula.
La location è fantastica e ripercorre le origini di Dracula e del
misterioso scrittore irlandese Bram Stoker, nato realmente
dall’altra parte della strada dove sorge il castello. Egli non
visitò mai le lontane terre ove Dracula visse, quindi è molto
101
probabile che fu proprio questo maniero a ispirare
l’ambientazione del suo celebre racconto.
L’illuminazione stroboscopica, le scene vampiresche e
l’intera istallazione rendono unica questa esperienza.
Il Castello di Dracula si trova a Clontarf e il team che
organizza il tour si trova nella reception del Westwood
Fitness Club alle 18:45 ogni sabato sera per dare il via a
quello che loro stessi definiscono uno spettacolo non adatto a
persone paurose!
Castello di Dracula
Infine…
Non dimenticate di passare da Ha’Penny Bridge, un ponte
pedonale ad arco che collega le due rive del fiume Liffey.
Il suo nome deriva dal pedaggio di mezzo penny (half penny)
che bisognava pagare per raggiungere l’altra sponda del
fiume. Si tratta di uno dei luoghi più fotografati di Dublino e
102
il momento più suggestive e anche romantico per
attraversarlo è verso il tramonto.
La National Gallery merita una visita alle sue ben 13.000
opere. Da Caravaggio, a Picasso, Tiziano, Goya, Velazquez e
Turner.
Invece, per grandi e piccini vi aspetta un tour davvero
magico al National Leprechaun Museum, il museo dei
folletti. Sembra di entrare in un incantevole libro fatato. Le
stanze sono suddivise in capitoli, e raccontano le storie e la
mitologia relativa al mondo dei folletti. Un po’ di leggerezza
non deve mai mancare, inoltre ricordiamo che l’Irlanda è la
patria del ‘piccolo popolo’.
Un’altra interessante meta è l’Irish Jewish Museum, per
scoprire la storia degli Ebrei in Irlanda. Può sembrare strano
la presenza di un museo del genere per una popolazione
ebraica di nemmeno mille persone, ma la storia è veramente
ricca. Il museo si trova all’interno della Sinagoga di
Walworth Road, in un quartiere che in passato veniva
chiamato ‘Piccola Gerusalemme’. Il fascino è ancora presente
e merita una visita.
Le guide poi consigliano una bella passeggiata con sorpresa,
lungo il Great South Wall, la diga marittima che si estende
da Ringsend per 4 km. Fu realizzata nel 1795 ed era la diga
marittima più lunga al mondo. Alla fine della passeggiata, la
sorpresa: il Poolbeg Lighthouse, un faro che non tutti
conoscono e che non ci si aspetta di trovare.
Per gli innamorati si raccomanda la visita alla tomba di san
Valentino, i cui resti sono conservati in una chiesa su
Whitefriar Street. Pare che il prete irlandese John Spratt sia
andato al Vaticano e sia riuscito a farsi dare dal Papa i resti
103
del santo, come dono, nel 1836, e il sacerdote li conservò in
una cantina fino al 1950. La tradizione vuole che le coppie di
innamorati visitino la chiesa per avere la protezione del
santo.
The Hell Fire Club, il club del diavolo
Ci spostiamo dal centro per raggiungere un luogo veramente
speciale che si trova nei dintorni di Dublino su Montpelier
Hill. Si può visitare tra le 7:00 e le 21:00 (da aprile a
settembre) e dalle 8:00 alle 17:00 (da ottobre a marzo).
Hell Fire Club
Occorre una mezz’ora di auto da Dublino, poi occorre
prendere uno dei tanti sentieri che conducono a questo
particolare edificio, che racconta una delle storie più oscure e
occulte d’Irlanda. L’ambientazione è straordinaria e
sicuramente merita una visita anche la bellissima e densa
vegetazione che circonda la zona.
In origine c’era una tomba e un tumulo in cima alla collina.
William Conolly (1662-1729), uno degli uomini più ricchi
104
d’Irlanda, costruì il suo capanno da caccia proprio in questo
luogo, probabilmente distruggendo l’antico sito archeologico
e utilizzando le pietre antiche come architrave del camino.
Certamente un atto sconsiderato. Successivamente, il tetto
della nuova costruzione fu spazzato via durante una
tempesta e subito si pensò all’intervento degli spiriti degli
antenati che si vendicarono dell’affronto subito. Da quel
momento si sono succeduti miriadi di racconti e sempre
legati a un occulto inquietante. Dopo la morte di Conolly,
l’edificio fu venduto e si dice che sia diventato un punto
d’incontro per l’Irish Hellfire Club. Il Club fu fondato nel
1735 da Richard Parsons, un noto personaggio appassionato
di magia nera. I membri di questa confraternita si
incontravano in varie località di Dublino e furono
riconosciuti e ricordati come individui dal comportamento
amorale e dissoluto, dediti all’alcol e al sesso. La segretezza
che circondava i membri del club portò a pensare che fossero
satanisti. Il presidente si faceva chiamare ‘Re dell’Inferno’ e
si vestiva come Satana, con corna, ali e zoccoli. Si diceva che i
membri stabilissero di volta in volta dove incontrarsi, così
che il luogo fosse propizio alle apparizioni demoniache. Si
tenevano messe nere, dove venivano sacrificati animali,
specialmente gatti, ma anche umani, presi tra la servitù.
Quando l’edificio andò alle fiamme, si pensò che ciò fosse
stato prodotto deliberatamente per migliorare l’atmosfera
infernale. Vi sono un paio di storie a questo proposito. Una
narra che i membri diedero fuoco alla loggia quando la
famiglia Connolly rifiutò di rinnovare il contratto di affitto.
Altri invece riferiscono che un servitore distratto versò un
drink su uno dei membri del club, e questi lo punì
imbevendolo di brandy e incendiandolo; il fuoco si diffuse
poi in tutto il capanno.
105
Viene tramandata un’altra vicenda legata a questo luogo, che
descrive l’apparizione del diavolo stesso. Uno sconosciuto si
era unito ai membri della congregazione per una partita a
carte. Ad un certo punto, uno dei giocatori lasciò cadere una
carta sul pavimento. Mentre si chinò per recuperarla, notò
che lo straniero aveva zoccoli caprini al posto dei piedi.
Un’altra narrazione riguarda un giovane agricoltore, curioso
di scoprire cosa succedesse durante gli incontri della
confraternita. Una sera, salendo Montpelier Hill, fu invitato
dai membri del club e potè assistere alle attività notturne. Fu
trovato il mattino successivo tremante e terrorizzato, e si dice
che trascorse il resto della sua vita incapace di parlare e
persino di ricordare il proprio nome.
Oggi, l’edificio è in rovina, spogliato dei suoi beni e dei
materiali da costruzione, che sono stati poi utilizzati per la
costruzione di un altro lodge nelle vicinanze.
In ogni caso, vale la pena fare una visita e saggiare l’energia
particolare di questo magico luogo. Prendetevi un po’ di
tempo per passeggiare tra la natura, chiudete gli occhi così
che la percezione sia profonda. In questo modo, potrete
avere il vostro punto di vista su questo luogo e le sue
narrazioni. Tante volte è l’invisibile che crea i panorami dei
nostri viaggi.
Procediamo ora verso sud di Dublino per incontrare un
celebre castello.
Il Castello di Dalkey non è distante da Dublino ed è
raggiungibile grazie un treno, e in una mezzoretta vi
troverete in un magnifico villaggio medievale, immerso nel
verde. In passato era circondato da sette castelli mentre oggi
rimane solo una fortificazione visitabile con le guide che, nei
fine settimana, si vestono con i costumi del passato per far
106
rivivere l’emozione di quando il luogo era abitato dalla
nobiltà.
Malahide, Castello
Sempre nella Contea di Dublino, ad appena una
mezz’ora di auto dalla capitale, esiste un luogo ove la
maggior parte di fantasmi ha trovato casa. Il castello
risale al XII secolo e si trova all’interno di un rigoglioso
parco vicino al villaggio di Malahide, a 14 km a nord
del centro di Dublino.
Il primo fantasma è quello del giovane Sir Walter Hussey,
figlio del barone di Galtrim, che nel XV secolo fu ucciso in
battaglia proprio il giorno del suo matrimonio. Egli vaga di
notte nel castello indicando la ferita da lancia nel suo fianco e
facendo terribili gemiti. Si dice che tormenta il castello per
107
mostrare il suo risentimento nei confronti della sua giovane
sposa, che prese come marito il suo rivale, subito dopo la sua
morte.
Appare come fantasma anche sua moglie, Lady Maud
Plunkett, che fu uccisa quando si sposò per la terza volta. Da
quel momento, passò alla storia come una virago e nelle sue
apparizioni spettrali insegue minacciosa suo marito
attraverso i corridoi del castello.
Il terzo fantasma è il più interessante, ed è quello di Miles
Corbett, a cui Cromwell diede la proprietà del castello
durante il suo protettorato. Successivamente Corbett ne fu
privato e condannato a pagare per i numerosi crimini
commessi. Fu impiccato, trascinato da un cavallo e squartato.
Quando il suo fantasma appare, sembra un soldato
perfettamente integro all’interno della sua armatura, ma poi
cade in quattro pezzi davanti agli occhi di chi ha la sfortuna
di incontrarlo.
Vi è anche il fantasma di un giullare, che in irlandese veniva
chiamato Puck. Nel XVI secolo, la famiglia Talbot aveva
diversi buffoni di corte al suo servizio. Uno di questi Puck si
innamorò di una parente di Lady Elenora Fitzgerald, che fu
rinchiusa nel castello da Enrico VIII, a causa delle sue
tendenze ribelli. In una tenebrosa notte di dicembre il
giullare fu trovato vicino alle mura del castello accoltellato al
cuore. Prima di morire giurò che avrebbe perseguitato il
castello fino a quando un regnante non avrebbe scelto come
moglie una popolana. Ma pare che ciò non sia ancora
accaduto.
Poi, come dimenticare che per molti anni un quadro che
ritraeva una bellissima donna anonima, in un abito bianco,
era appeso nella Sala Grande di questa dimora. Nessuno
sembrava conoscere la sua identità o quella dell’artista che
l’aveva ritratta. Si sa solo che ogni tanto la donna lasciava il
108
dipinto e vagava per il castello, tanto che ora viene chiamata
White Lady.
Anche nel parco, e precisamente nel campo chiamato Our
Lady’s Acre, vi sono delle apparizioni spettrali. In alcune
occasioni, sono state viste due donne dai capelli grigi e dal
volto triste, che vagavano senza meta. Nessuno conosce le
ragioni del loro soggiorno. Alcune fonti suggeriscono che
siano fantasmi di donne danesi che non hanno mai trovato
riposo quando Norman Talbot guidò i danesi in questo
luogo.
Se non temete i fantasmi, questo è un luogo speciale dove
non è escluso possiate vivere qualche forte emozione.
109
Contea di Wicklow e la pietra del gigante
Contae Chill Mhantáin
Wicklow è la bella capitale di questa Contea. La città fu
fondata nell’VIII secolo dai Vichinghi. Le rovine del Black
Castle si affacciano sul porto. In seguito all’arrivo dei
Normanni nel 1169, Earl Strongbow ottenne le terre lungo la
costa orientale, che poi concesse al barone Maurice
Fitzgerald a condizione che costruisse un castello per
protezione. Questo fu costantemente attaccato dai capi delle
tribù locali, in particolare quelli dei clan O’Byrne e O’Toole e
nel 1301 lo distrussero completamente. Il sito si può
raggiungere a piedi dalla Wicklow Town Main Street
girando sulla South Quay e proseguendo a poca distanza,
oltre l’Hardware di Hopkin e risalendo la collina.
Un’altra importante attrazione di Wicklow è la storica
prigione, che è annoverata tra i luoghi più infestati d’Irlanda,
ovvero la Wicklow’s Historic Gaol. Pare che un gruppo di
ricercatori di fantasmi abbia fotografato in questo sito della
nebbia rossa. Altri, precedentemente, avevano avvistato una
donna in abiti scuri e sentito un ragazzo piangere in una
cella. In effetti, questo luogo deve aver visto terribili storie di
criminalità, crudeltà e miseria. Tutti elementi che possono
essere ripercorsi in questa visita, che mostra la durezza della
vita carceraria nel XVIII secolo, la ribellione del 1798, la
crudeltà vissuta nelle navi da trasporto e la speranza di una
nuova vita in Australia che animò tante persone. Vengono
riproposti tour in costume che permettono al visitatore di
immergersi in un passato oscuro e drammatico e calarsi in
storie molto commoventi.
Appena fuori Wicklow fate un salto, anche solo per una
passeggiata distensiva alla Silver Strand Beach, una
110
meravigliosa spiaggia quasi sconosciuta al turismo, dove si
trova anche un campeggio davvero speciale.
Le montagne di Wicklow sono tra le più famose d’Irlanda
per la loro bellezza e fanno parte di un parco nazionale. Le
pendici superiori hanno vette arrotondate, vi sono poi vaste
brughiere e l’intera area è ricca di torbiere. I corsi d’acqua
culminano in laghi profondi, che fanno parte di valli
boscose, e proseguono nelle pianure circostanti.
Powerscourt Gardens
Powerscourt Gardens viene presentato come uno dei
giardini più belli d’Irlanda e tra i primi tre del mondo, e
risale a oltre due secoli fa.
Ci sono, tra gli altri, un fantastico giardino all’italiana e uno
giapponese, che creano un vero e proprio percorso
111
dell’anima. Vi è anche una bellissima cascata, la seconda più
alta dell’isola.
Ora ci aspetta una visita a Glendalough, un magico villaggio
in cui è possibile esprimere un desiderio abbracciando la
croce dei san Kevin. Si tratta di un piccolo borgo dove a poca
distanza sorge un antico monastero fondato appunto
all’eremita Kevin nel 498.
Glendalough
Le invasioni dei Vichinghi spinsero i monaci a costruire alte
mura difensive. Nel XII secolo il monastero divenne meta di
pellegrinaggi. Fu poi distrutto da una spedizione inglese nel
1398, ma una piccola comunità sopravvisse fino al Seicento.
Dopodiché il luogo fu definitivamente abbandonato. Ma non
dai fantasmi. Infatti, si dice che una donna punita da san
112
Kevin con frustrate di ortica, si aggiri ancora tra le rovine
vestita di rosso. Pare sia apparsa in diverse fotografie.
Ma proseguiamo in questo luogo non solo ricco di storia, ma
anche di natura selvaggia che fa da padrona. Non a caso qua
sono
stati
girati
Excalibur,
Braveheart
e
King
Arthur. L’atmosfera è esattamente quella dei film e ci sente
protagonisti di un’avventura senza fine.
Lough Tay, pagina seguente
Poco distante immerso nella natura, vi è l’incantevole Lago
Nahanagan. Fate attenzione, perché vi è una roccia un po’
permalosa. Si dice che se viene colpita con un bastone causi
improvvise piogge. Se l’avete colpita inavvertitamente,
potete rimediare chiedendole scusa, e rapidamente la
pioggia cesserà. Nel lago viveva anche un cavallo
acquatico... il mondo delle fiabe è veramente a portata di
mano! Per gli amanti delle serie televisive non può mancare
113
una visita al Lago Tay (Lough Tay), a circa una mezz’ora di
strada.
Si tratta di un piccolo, ma bellissimo lago situato tra le
montagne di Djouce e Luggala, ed è dominato dalle scogliere
di granito rivolte a est di Luggala. Il punto più panoramico con le scogliere di Luggala alle spalle - è molto famoso e ci si
può fermare in uno dei numerosi parcheggi lungo la strada
R759. Ora basta lasciarsi portare dalla fantasia per trovarci
nella serie televisiva Vikings. Ma se vogliamo volare ancora
più indetro nel tempo, possiamo trovarci sul set di Excalibur
di John Boorman, del 1981.
Procediamo, con una mezz’ora di auto, per trovare il Piper’s
Stones, un mitico circolo di pietre vicino ad Athgreany
risalente all’Età del bronzo.
Sembra che il nome derivi da un racconto popolare che
narrava di alcune persone che danzavano in quel luogo di
domenica, sfidando l’interdizione, e per questo furono
trasformati in pietre. La pietra esterna posta a nord-est
rappresenterebbe il pifferaio del gruppo.
Il nome originale del circolo è Achadh Gréine, che significa
‘campo del sole’. Infatti, si tratta di una sorta di calendario
astronomico. Vi sono dei segni nelle pietre che segnano gli
equinozi e i solstizi, e il passaggio del sole nei vari mesi
dell’anno. Intorno al cerchio vi è un vecchio albero di
biancospino, chiamato Sceach Gheal. Non mancate di
soffermarvi con rispetto perché è la sede di un gruppo di
fate. In passato venivano lasciate in questo luogo oblazioni al
fine di ottenere favori. Ma in questo caso è sufficiente un po’
di rispetto per la natura.
Ci sono altri quattro circoli di pietra con lo stesso nome, un
altro in questa stessa Contea, due in quella di Kildare e uno
nella Contea di Kerry. Le leggende però non cambiano.
114
Torniamo indietro verso Glendalough e ci dirigiamo verso
sud, perché sempre di pietre parliamo, e questa è davvero
speciale. La Pietra di Mottee è un enorme masso di granito,
del peso di circa 150 tonnellate. Si dice che salendo sulla
roccia, in una giornata di bel tempo, si possano vedere le
cinque Contee che circondano Wicklow e, se è proprio
limpida, anche le montagne del Galles attraverso il Mare
d’Irlanda.
Pietra di Mottee
La parola Mottee deriva dal francese moitie, ovvero
‘dimezzato’ o ‘diviso’, proprio ad indicare le caratteristiche
del masso, che sembra tagliato.
Anche in questo caso esiste una leggenda e questo masso
sarebbe stato un ‘sasso’ che il gigantesco Fionn Mac
Cumhaill avrebbe lanciato dalla cima del Monte
Lugnaquilla, fino a questa collina.
115
Un’altra leggenda della zona afferma che ogni anno, il primo
maggio, la pietra rotola giù per la collina per bere al fiume
Meeting of the Waters.
Le vere origini di questa pietra granitica risalgono all’era
glaciale, oltre 10.000 anni fa.
I pioli di ferro sono stati incorporati nella pietra per fungere
da scala, che consente di salire i 2,4 m fino alla cima e godere
di un panorama unico.
Ma veniamo ai rituali. Il primo consente di porre una
domanda alla pietra, che sicuramente risponderà. Si dice poi
che abbia il potere di irradiare una potente energia e quindi
potete stare seduti sulla sua cima e farvi inondare
profondamente, così da entrare in un’altra dimensione. Ma
prima di andare via giratele attorno per tre volte ed esaudirà
il desiderio che avete chiesto. Attenzione a quello che
chiedete, perché i desideri a volte si realizzano!
Dimenticavo… mentre effettuate il rituale non dovete
pensare alla parola ‘capra’ altrimenti tutto si vanifica.
Provare per credere.
116
117
118
Bibliografia essenziale
A.A.V.V., Irlanda, Feltrinelli, Milano, 2019
Cunliffe, B., Prehistoric Europe: An Illustrated History. Oxford
University Press, Oxford, 1998
Dowden, K., European paganism, London and New York, 2000
Flanagan, L., Ancient Ireland: Life before the Celts, St. Martin’s Press,
New York, 1998
Green, M., The Gods of the Celts, Gloucester and New Jersey, 1986
Green, M., Women and goddesses in the Celtic world, Paper delivered
at the BASR Conference on Religion and Gender, Cherwell Centre,
Oxford, Sept.1989. Publ. by the British Association of the Study of
Religions, University of Leeds Printing Services, 1991
Davenport, F., Irlanda, Guide EDT/Lonely Planet, Melbourne, 2018
Green, M., Celtic Goddesses, London, British Museum Press, 1995
Green, M., Dictionary of Celtic Myth and Legend, London, Thames
and Hudson, 1992
Raftery, B., Pagan Celtic Ireland, London, Thames and Hudson, 2000
Taraglio, Riccardo, Il vischio e la quercia: Spiritualità Celtica
nell’Europa Druidica, Età dell’Aquario, Torino, 2001
Woodman, Peter, Why not an Irish Upper Paleolithic? Studies in the
Upper Paleolithic of Britain and Northwest Europe, British
Archaeological Reports, International Series 296:43-54, 1986
Riviste
Dublin Penny Journal, vol. 1, n. 16, 13 ottobre 1832
Irlanda, Editoriale Domus, I Meridiani, 18 settembre 2014
Irlanda. Fiabe e leggende, Demetra, 13 settembre 2000
Sitografia
https://www.ireland.com/it-it/destinazioni/republic-ofireland/mayo/articoli/castelli-imperdibili-parte-ii 15/04/2019
https://www.paranormaldatabase.com/ireland/ireland.htm
17/05/2019
https://www.mythicalireland.com/ancient-sites/knowth-cnogba
- 20/12/2019
119
MUSEODEI by Hermatena Edizioni
Il cammino di Museodei by Hermatena è quello di una piccola casa
editrice, ma come tutte le piccole cose possiede una grande libertà,
ovvero quella di non dover rispondere a schemi o aspettative di
nessun tipo. Le parole che narra sono legate alla sola pulsione del
cuore che attraverso l’analisi dei simboli vuole spingere a compiere
il primo ed importante viaggio. Quello dentro se stessi. Che
importa vedere il mondo se in ogni sua differenza non riusciamo a
scorgere parti di noi e sensazioni personali? Sarebbe guardare,
senza vedere. Così, conoscere un luogo attraverso il linguaggio dei
simboli è vedere l’incanto della creazione nel momento stesso in
cui si genera. L’invito è allora quello di partire, aiutati dal
patrimonio simbolico del passato, attraverso le vie ardite del
presente, verso i sentieri misteriosi del futuro. Poi, aprire gli occhi
e… scoprire se stessi come parte integrante del viaggio.
I luoghi magici di… Federico II - M. Poltronieri ed E. Fazioli
I luoghi magici di… Parma - M. Poltronieri ed E. Fazioli
I luoghi magici di… Santiago di Compostella - E. Fazioli
I luoghi magici di… Ferrara – M. Poltronieri ed E. Fazioli
I luoghi magici di… Praga - M. Poltronieri
I luoghi magici di… Parigi - E. Fazioli
I luoghi magici di… Pisa - E. Fazioli
I luoghi magici di… India del Nord - M. Poltronieri ed E. Fazioli
I luoghi magici di… Londra - M. Poltronieri
I luoghi magici di… Bologna Vol. I La Piazza e i suoi segreti - M.
Poltronieri ed E. Fazioli
I luoghi magici di… Bologna Vol. II I Templari e il mistero del Graal - M.
Poltronieri ed E. Fazioli
I luoghi magici di… Bologna Vol. III Demoni, streghe e vampiri - M.
Poltronieri ed E. Fazioli
I luoghi magici di… Bologna Vol. IV Le vie dei condannati al rogo - M.
Poltronieri ed E. Fazioli
I luoghi magici di… Bologna Vol. V … a luci rosse - M. Poltronieri ed E.
Fazioli
I luoghi magici di… Modena - M. Poltronieri ed E. Fazioli
I luoghi magici di… Torino - M. Poltronieri ed E. Fazioli
120
Voci dall’Hoggar – M. Ag Amastan, C. de Foucauld, D. Oult Yemma - A
cura di A. Chieregatti
Sulla strada – A. Chieregatti
Milano, Segreti e Meraviglie nell’Arte, Andrea Bianchi detto il Vespino C. Dorsini
Pinocchio in arte mago - M. Poltronieri, E. Fazioli Appendici di G. Pelosini
Lungo i sentieri dei bisonti – F. Finardi (romanzo storico)
Siena e altri misteri – M. Poltronieri
Salento, Grotte e altri misteri – E. Fazioli
Lecce… Il lato splendente della magia – M. Poltronieri
Malta l’Isola della magia – E. Fazioli
Magico viaggio nella Libia romana - E. Fazioli
In viaggio con la Dea - F. Coletti, M. Poltronieri, E. Fazioli
I segni della Dea Madre, da Malta al deserto libico – M. Poltronieri
L’eros della Dea, nelle misteriose Dākinī – M. Poltronieri
Amedeo Modigliani, La magia al femminile tra Cabala e Alchimia - C.
Dorsini e M. Poltronieri
Il male non esiste – F. Coletti
Evil does not exist – F. Coletti
Satiro Demone Folletto, I mille volti dell’Incubo – S. Renda
Revenant, Il ritorno dei vampiri – S. Renda
Tarocchi Sola Busca, Storia Segreti Alchimia – C. Dorsini e M. Poltronieri
Sola Busca Tarot, History, Mysteries, Alchemy – C. Dorsini e M.
Poltronieri
Le Voci degli Arcani – G. Pelosini con CD di Giovannimparato
Emi nel paese delle Emi-raviglie – F. Coletti
Emi in Wonderland – F. Coletti
Un Dio qualunque, Sguardi e attraversamenti dal Niger – M. Armanino
Odissea nel Gilgamesh, IO & L’Io – J. Casagrande
Il Volo del Falco - Lorenzo F. L. Pelosini
Tarocchi e Archetipi, La voce della Stella Vol. I – S. Secchi e A. Atti
Tarocchi in conserva – P. Parenti
Amor Sacro e Amor Profano I Tarocchi – F. Coletti
Oltre la selva oscura – F. Coletti
Emi dietro lo specchio Un esorcismo – F. Coletti
In Viaggio con gli Astri – Itinerari zodiacali – F. Farini
Carte di amore e di morte – F. Coletti
Gli Arcani Volti dell’Amore - F. Coletti
Ombre Bianche – F. Edosa
Le Porte dei sogni – F. Coletti
121
Nero, Una storia alchemica vista attraverso una città e due anime – F.
Coletti
Ripensare il mondo con Ivan Illich, a cura di G. Esteva
Crisi, la rapina impunita Come evitare che il rimedio sia peggiore del male
- J. Robert
Emi e il reverendo – F. Coletti
Tao Te Ching Lao Tzu - traduzione a cura di Angiolo Daddi
La Grande Opera Grillot de Givry - traduzione a cura di A. Daddi
Dhammapada Il cammino del Dharma - traduzione a cura di A. Daddi
Tarocchi in Pentola – P. Parenti
Tarocchi in Tavola – P. Parenti
Magia e Scienza della Spirale – G. Pelosini
River Runner, Il Filo d’oro – L. Pelosini
Le Nuove vie del potere – P. Dàvalos
Nuovi ambiti di comunità – G. Esteva
Tarocchi e Archetipi, Il Maestro interiore Vol. II – S. Secchi e A. Atti
Tarocchi Appropriati – A.A.V.V. Poesie di J. Casagrande
Tarot Travel Guide of Italy – A. Ando, M. Poltronieri, E. Fazioli
Arcana Maiora – D. Turco
L’invenzione della morte - S. Renda
Sussistenza, autonomia, libertà - J. Robert
Le sette tessere ‘ribelli’ del rompicapo globale – subcomandante Marcos
Rosso – F. Coletti
Bologna sotto il segno del Giallo – F. Finardi
Alba di mondi altri – R. Zibechi
Emi e la notte del Lupo – F. Coletti
Lettere d’Occitania – A. Albertano
Panico, amore e allegoria – K. Pietrobelli
In attesa di un segno – F. Finardi
Figli di un dio feroce – F. Finardi
Bologna Magica Per bambini di tutte le età – M. Frazzoni
Wolfy e Santina Una storia ad Auschwitz – F. Coletti
Astrologia dei Tarocchi – G. Pelosini
Blue – F. Coletti
Emi e i mari scarlatti – F. Coletti
Dalai Lama La Biografia La Storia Le Perle – Traduzione M. Bianchi
Tarocchi, gli specchi dell’infinito – G. Pelosini
Desideria Bramanti – F. Coletti
Nomi di vento – M. Armanino
Emi in Shakespeareland, Libro Primo: Macbeth – F. Coletti
122
Emi in Shakespeareland, Libro Secondo: Sogno di una notte di mezza
estate – F. Coletti
Emi in Shakespeareland, Libro Terzo: Amleto – F. Coletti
Astrologia svelata – D. Donati
Divino Divinare – G. Giorio
La principessa è rosa e azzurra – F. Coletti
Canzoni senza parole – F. Coletti
Ritorno a Itaca - F. Coletti
Tutto il teatro - F. Coletti
La pantera è scappata - F. Coletti
La notte rischiara la notte – F. Coletti
Conoscere l’Agroecologia - a cura di S. Pérez-Vitoria e E. Sevilla Guzmán
Tarocchi Diavoli Angeli Volpi …e altri racconti – F. Coletti
Emi e i rossi sentieri selvaggi – F. Coletti
Il libro della prateria, Emi sogna ancora- F. Coletti
Aronne e Sofia – F. Coletti
I Tarocchi del Seicento La Carte Fine dalla Torre – G. Pelosini
Haiku – F. Coletti
Jehanne D’Arc e la petite Emi – F. Coletti
Bologna magica in Verde – E. Fazioli
La Piazza e i suoi segreti - I luoghi magici di… Bologna - M. Poltronieri ed
E. Fazioli (ristampa)
I Templari e il mistero del Graal - I luoghi magici di… Bologna M.
Poltronieri ed E. Fazioli (ristampa)
Tarocchi e Archetipi La Via del Matto - Volume III - S.Secchi e A. Atti
Il diario con la copertina viola – F. Coletti
Visioni dall’Apocalisse Aladiah – F. Coletti
Ritorno a Itaca – Emi e Penelope – F. Coletti
Altre apocalissi – Aladiah – F. Coletti
La bambina, gli eroi e gli Dei, Il Mahabharata di Emi – F. Coletti
Praga Magica - M. Poltronieri (ristampa ampliata e corretta)
Non con gli occhi – Diario di una strega quantistica – A. Atti
Storie del mal di luna - S. Renda
Note ai naviganti - F. Coletti
Torino, i Templari e il Graal – M. Poltronieri ed E. Fazioli
L’Arca perduta nel Mediterraneo – M. Armanino
Memorie di un amore taciuto – F. Coletti
Budapest, un viaggio nei misteri magici della città - M. Poltronieri ed E.
Fazioli
Il cavaliere e la bambina - Don Chisciotte ed Emi – F. Coletti
123
Demoni streghe e vampiri – I luoghi magici di… Bologna M. Poltronieri –
E. Fazioli (ristampa)
L’arca perduta nel Mediterraneo – Prove di naufragio di una civiltà – M.
Armanino
Lance Carrou Un genocidio occulto – F. Coletti
Siena e altri misteri (ristampa riveduta, corretta e ampliata) – M.
Poltronieri
L’età dei sistemi nel pensiero dell’ultimo Illich – J. Robert
Oracoli – M. Poltronieri
Bhagavadgītā Meraviglioso canto del Divino – a cura di M. Poltronieri ed
E. Fazioli
Emi nella nebbia La vera storia del Dottor Jekyll e di Mr. Hyde – F. Coletti
Irlanda magica – M. Poltronieri
124
Museodei by Hermatena Edizioni è un marchio
MUTUS LIBER
Via Palmieri 5/1 - 40038 Riola (Bo)
Tel. 051 916563
www.mutusliber.it
hermatena@libero.it
Tutte le immagini presenti hanno puramente scopo
didascalico e didattico
Finito di stampare nel mese di Marzo 2020
Presso Universal Book - Rende (Cs)
125
126