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Irlanda Magica

2020, Irlanda Magica, Miti celtici natura selvaggia fantasmi… e altri misteri

Irlanda, una terra da sempre magica e un libro che la racconta, creando un itinerario unico e inedito. Dalle origini, per incontrare i misteriosi miti celtici, per poi addentrarci in una miriade di luoghi che custodiscono curiosità, storie esoteriche, presenze spettrali e molto altro. Non mancano gli innumerevoli giardini e una natura spettacolare che introduce alla forza primordiale degli elementi. Un libro corposo, da portare con sé, nel momento in cui si vuole partire per un viaggio fuori dal comune. Ma anche da leggere comodamente a casa, e volare in una terra magica

1 IRLANDA MAGICA Miti celtici natura selvaggia fantasmi… e altri misteri Per viaggiatori curiosi in cerca di magie Morena Poltronieri 2 in copertina: Calderone di Gundestrup, particolare, Museo Nazionale Danese di Copenaghen, Danimarca 3 Indice PRIMA PARTE I miti I simboli Le divinità I grandi personaggi Per cominciare… Il mito si fa storia Divinità ed eroi un mondo magico Acqua sacra e Acqua profana Magici folletti e dove trovarli Animali totemici e simboli celtici Brigida da Dea a Santa San Patrizio tra santità e leggenda San Columba di Iona e le dita luminose King Arthur e la leggenda del Santo Graal Ogham un magico alfabeto William Butler Yeats tra letteratura ed esoterismo p. 9 p. 18 p. 28 p. 36 p. 39 p. 47 p. 61 p. 65 p. 68 p. 70 p. 76 p. 80 PARTE SECONDA In viaggio nei misteri magici d’Irlanda… e le sue Contee Contea di Dublino, una magica capitale Contea di Wicklow, e la pietra del gigante Contea di Kildare la natura e il femminile arcaico Contea di Offaly… e i fenomeni paranormali Contea di Laois, natura rigenerante Contea di Carlow e il magico dolmen Contea di Wexford e il castello infestato Contea di Kilkenny e la strega Alice Contea di Waterford, preziosa come il cristallo Contea di Tipperary e il pozzo sacro Contea di Cork, Ogham, un alfabeto magico 4 p. 87 p. 109 p. 116 p. 126 p. 140 p. 142 p. 148 p. 155 p. 164 p. 170 p. 177 Contea di Kerry… un anello fatato Contea di Limerich, tra mito e leggenda Contea di Clare e la testa della strega Contea di Galway e le sue isole fatate Contea di Roscommon… la dimora perfetta di Mórrígan Contea di Mayo, magica archeologia Contea di Sligo e l’esoterismo di Yeats Contea di Leitrim, Dé Danann tra mito e magia Contea di Fermanagh e l’isola della dea Badb Contea di Donegal e il mago dall’occhio cattivo Contea di Tyrone un viaggio nel passato Contea di Londonderry e la cattura del drago Contea di Antrim e il seciato del gigante Contea di Down e il folle cavaliere senza testa Contea di Armagh, dove vive la dea Macha Contea di Monaghan, terra di poeti e fantasmi Contea di Louth e il mitico toro bruno Contea di Cavan e i magici circoli di pietra Contea di Longford, il regno di Tethbae Contea di Westmeath e le sette meraviglie Contea di Meath… sapienza megalitica 5 p. 191 p. 207 p. 217 p. 229 p. 240 p. 246 p. 254 p. 262 p. 265 p. 269 p. 274 p. 276 p. 282 p. 291 p. 297 p. 303 p. 306 p. 312 p. 317 p. 319 p. 324 6 7 PRIMA PARTE I miti I simboli Le divinità I grandi personaggi 8 9 PER COMINCIARE… La prima popolazione a giungere in Irlanda era principalmente formata da cacciatori, e si stabilì in quella che oggi è la Contea di Antrim, circa 8.000 anni fa. Essi decisero di insediarsi sulle sponde dei laghi, di fiumi o vicino alle coste. Le abitazioni, chiamate crannóg, erano costruite sulle rive, simili alle palafitte, ricoperte all’esterno da pelli animali. Usando attrezzi di selce, gli uomini del Mesolitico furono in grado di costruire le armi per cacciare: arpioni, archi e frecce. Crannóg Il Neolitico, invece, fu caratterizzato da innovazioni come ad esempio l’agricoltura e la lavorazione della ceramica. Queste nuove tecniche vennero importate da coloni provenienti 10 dalla vicina Britannia. Queste popolazioni costruirono le prime fattorie e introdussero in Irlanda anche l’allevamento del bestiame, soprattutto capre e pecore. Non più costretti a spostarsi alla ricerca di cibo, per gli abitanti cambiò anche il modo di costruire le abitazioni e i crannóg si evolsero in capanne più robuste e ampie. Gli abitanti del Neolitico furono indubbiamente noti anche per le singolari costruzioni, dette megaliti, usate principalmente come luoghi di sepoltura, anche se alcune testimonianze archeologiche non escludono che venissero utilizzate anche per scopi religiosi o raduni politici. La costruzione dei megaliti iniziò circa nel 3.500 a.C., parecchi secoli dopo l’arrivo dei primi coloni. Durante questo periodo, il territorio subì profonde trasformazioni: le foreste degli altipiani vennero distrutte per fare posto ai terreni coltivati e le costruzioni megalitiche si diffusero ovunque. Appare ora importante dedicare qualche riflessione relativamente al passaggio storico che intercorse dal Paleolitico al Neolitico, in quanto portò per il genere umano un’importante svolta nel modo di creare e interpretare l’arte. Nel Paleolitico le arti figurative cercavano, con i mezzi e l’estetica del tempo, il massimo realismo, e la motivazione era data dalla valenza estremamente magica dell’atto pittorico. Nel momento in cui venivano rappresentate delle scene di arte venatoria, lo scopo prioritario era quello di favorire le imprese reali, creando un filo conduttore tra l’arte e la magia. In altre parole, il tentativo era quello di influenzare positivamente gli esiti della caccia, attraverso la realizzazione di graffiti realistici, tali da evocare i migliori auspici. In pratica si partiva dal presupposto che il simile generasse magicamente il simile. Questa visione dell’arte, e quindi della magia, venne rivoluzionata nel Neolitico, dove avvenne una virata verso il simbolismo. In pratica, a rendere 11 propiziatorio un manufatto non era più la sua verosimiglianza con una data operazione, come ad esempio la caccia, bensì vi era un significato più profondo e rituale. Il seme doveva essere sotterrato e non cacciato, e inoltre il risultato non era immediato. Dopo l’inglobamento del chicco nella terra, vi era una necessaria attesa prima che nascesse la pianta. In pratica nacque il concetto di fertilità, sotteso a quello di femminino sacro. Infatti, non occorreva più rappresentare realisticamente come si praticava la semina e come avveniva il raccolto, ma l’attenzione era rivolta al potere germinante della madre terra. Per cui cambiarono i segni, e da una cornice apparentemente astratta di un rombo fecero capolino due mammelle. Il seno femminile rappresenta tuttora la fertilità e anche nel passato remoto indossare un ciondolo con questa raffigurazione poteva creare magicamente la possibilità di ottenere un buon raccolto. Il collegamento tra il seno femminile e la fertilità della terra era quindi del tutto astratto e derivante dal parallelismo tra la donna che dona la prole e i campi coltivati che a loro volta elargiscono i loro frutti. Il simbolo divenne quindi elemento creativo e vibrante, e il suo prodotto, parte di un atto magico. In questa direzione, è possibile trovare sui megaliti irlandesi una serie di simboli ideali, come ad esempio la spirale, la croce celtica, le corna del toro, la stilizzazione di uccelli, che vanno al di là di ciò che si può trovare in natura, ma si riferiscono a concetti astratti, Croce celtica riconducibili ad archetipi. 12 Uno dei simboli più famosi tra quelli elencati è forse la croce celtica. La croce rappresenta un simbolo assiale, ovvero presente in tutte le culture. Evoca il sole, centro energetico che dona vita e movimento alla terra. Rappresenta il punto irradiante di energia suprema che permette lo scorrere del tempo. L’intersecazione dei due assi, orizzontale e verticale rappresenta il femminile e il maschile che si alternano e si completano attraverso il cerchio che li riunisce e porta alla perfezione, al cielo supremo, da cui tutto è nato. Se i due bracci della croce sono uguali rappresentano i quattro Elementi che compongono la vita, ovvero Fuoco, Terra, Aria e Acqua, ma anche le quattro vie attraverso le quali giungere alla verità suprema. In altre parole, partire da se stessi, per giungere alla comprensione della natura, e poi acquisire la saggezza che porta a Dio e alla Dea. La croce celtica può rappresentare anche la navigazione. In effetti, la possiamo considerare come una bussola simbolica, che guida l’essere umano attraverso il mare spirituale. In questa analogia, la croce può servire come guida stabile che conduce sempre verso il ‘vero Nord’, in altre parole il punto spirituale più elevato. Indica, quindi, il passaggio delle stagioni e anche le feste del fuoco celtico, ovvero Samhain, Beltaine, Imbolc, Lughnasadh. Queste celebrazioni rappresentavano i momenti di transizione e trasformazione, di cui si descriverà alla fine di questo capitolo. Le croci in Irlanda si trasformarono e divennero High Crosses, ‘alte croci’, solitamente erette per marcare un luogo sacro. Sebbene le High Crosses siano normalmente di pietra, le più antiche venivano fabbricate in metallo o in legno. A volte venivano erette per contrassegnare importanti luoghi come mercati, o in ricordo di personaggi famosi, oppure santi. 13 Inizialmente le croci erano semplici, ma dall’VIII al IX secolo, mostrarono disegni molto elaborati e intricati, in cui, a volte, veniva inserito l’alfabeto oghamico, di cui si descriverà più avanti nel libro. Dal IX al X secolo, cominciarono ad apparire delle figure scolpite, prima tra tutte quella di Cristo. I primi esempi delle High Crosses appaiono nella Contea di Kilkenny e Tipperary. La più antica si trova a Carndonagh, nel Donegal, forse eretta dai missionari di Iona, scacciati poi dai vichinghi, e una delle più famose è nel monastero di Clonmacnoise nella Contea di Offaly. Dalla fine del XII secolo queste croci caddero in disuso e furono raramente utilizzate. Monastero di Clonmacnoise nella Contea di Offaly 14 Riprendiamo ora la storia dall’avvento del cristianesimo, ovvero dalla fine del IV secolo d.C., quando questo culto iniziò gradualmente a sostituire il precedente politeismo celtico. Alla fine del VI secolo, venne introdotto, attraverso la scrittura, un culto celtico-cristiano prevalentemente a carattere monastico, che alterò profondamente la società irlandese. Le incursioni e gli insediamenti vichinghi della fine dell’VIII secolo d.C. determinarono un altro cambiamento culturale, nonché un’innovazione nella tecnologia militare e dei trasporti. Molte delle città irlandesi furono fondate in quel periodo, quando le rotte commerciali e il conio dei vichinghi fece la sua prima apparizione. L’espansione vichinga fu limitata e concentrata lungo le coste e i fiumi e non fu più una minaccia alla cultura gaelica dopo la battaglia di Clontarf nel 1014. Giunse quindi l’invasione normanna nel 1169 che diede origine a una pressante influenza politica e militare inglese sull’Irlanda per oltre 800 anni. L’isola venne dominata quasi totalmente dalle forze inglesi a partire dal XVI secolo. Il XVII secolo fu probabilmente il più oppresso della storia d’Irlanda con diverse guerre civili. La rivolta del 1798 creò i presuppusti per l’Act of Union, ovvero lo scioglimento del Parlamento irlandese e l’unione, dal 1 gennaio 1801, del Regno d’Irlanda con il Regno di Gran Bretagna per costituire il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda. Vi furono poi diverse sommosse contro questo documento, ma nel 1845 avvenne un fatto destabilizzante, ovvero la Great Famine, la ‘Grande Carestia’ a causa della mancata raccolta di patate, l’alimento principale della nazione. Ciò decimò la popolazione che all’inizio del Novecento era dimezzata, anche per via dell’esodo di molti Irlandesi in cerca di alternative. Di questo fatto si incolpò l’Inghilterra, che molti pensarono avrebbe potuto fare qualcosa per scongiurare il peggio. Dopo questa 15 carestia, vi furono altre rivolte contro l’Inghilterra e nel 1916 avvenne un’insurrezione che fu repressa nel sangue, ma che favorì il rinvigorimento dello spirito nazionalista irlandese, che ci rimanda alla storia contemporanea. Ma questo libro vuole rimanere legato all’aspetto magico di questa isola e quindi torniamo alle sue simbologie. Inoltre, non pensiamo che i suoi culti antichi siano andati perduti, tutt’altro, per cui, come prima annunciato, guardiamo più da vicino le festività che la tradizione vuole abbiano ritmato l’anno solare celtico, e che ancora fanno parte del vissuto irlandese. Samhain si celebra tra il 31 ottobre e l’1 novembre, ed è conosciuto anche come Capodanno Celtico. Deriva dall’irlandese antico, samain, samuin, o samfuin, ovvero ‘fine dell’estate’, mentre in gaelico significa ‘novembre’. I Celti erano influenzati principalmente dai cicli lunari che segnavano lo scorrere dell’anno agricolo, che iniziava appunto con Samhain, alla fine dei raccolti, quando il terreno veniva predisposto per l’inverno. I falò erano parte integrante di questa festa, e una volta accesi, tutti gli altri venivano spenti, e ogni famiglia celebrava ritualmente la nuova fiamma, attingendo dal falò sacro situato a Tlachtga, vicino alla reale Collina di Tara, nell’attuale Contea di Meath. La collina di Tlachtga è oggi conosciuta come quella di Ward. Tlachtga, nella mitologia irlandese, era una druidessa, figlia del druido Mug Ruith, e viaggiò con lui ovunque, assimilando i molti segreti magici del padre. Ella diede alla luce tre gemelle su questa collina, dopo la violenza subita dai tre figli di Simon Mago. Nella leggenda irlandese Simon Magus venne associato al druidismo, in quanto sopraggiunse in aiuto di Mug Ruith. Per questo, anche successivamente, la parola ‘druido’ veniva a volte tradotta in latino come Magus, e lui era anche conosciuto in 16 Irlanda come ‘Simone il Druido’. Dalla violenza subita da Tlachtga, su questa collina avvenne una triplice nascita gemellare, le bambine furono chiamate Cumma, Doirb e Muach, ognuna concepita da un padre differente. La tripla nascita è un tema comune nella mitologia celtica e la morte di Tlachtga, avvenuta dopo il parto, insieme alla costruzione di una fortezza sulla sua tomba, risuonano con una storia analoga, quella di Macha, una dea e sovrana dell’antica Irlanda, associata alla provincia dell’Ulster, che conosceremo meglio tra poco. Prima di proseguire, occorre almeno qualche cenno sul padre di Tlachtga, il potente druido Mug Ruith. Egli visse sull’isola di Valentia, nella Contea di Kerry, ed era cieco. Aveva il potere di crescere fino a dimensioni gigantesche, e il suo respiro causava tempeste e trasformava gli uomini in pietra. Indossava una pelle di toro senza corna e una maschera di uccello, e volava con una macchina chiamata roth rámach. Portava uno scudo nero punteggiato da stelle, con un bordo d’argento, e possedeva una pietra che poteva trasformarsi in un’anguilla velenosa, quando veniva gettata in acqua. Sono varie le leggende medievali che cantano le sue gesta, e che lo videro anche in Terra Santa, agli albori della cristianità. Imparò le arti magiche da Simon Mago, che lo aiutò a costruire la sua macchina volante roth rámach. Quando viaggiava accecava tutti con la sua luce, assordava per via del suo rumore e uccideva chi tentava di colpirla. Vi sono, inoltre, alcune poesie che riconoscono Mug Ruith come il carnefice che decapitò Giovanni Battista, portando una maledizione al popolo irlandese. Torniamo alle celebrazioni celtiche e in opposto al Samhain vi era la festa di Beltaine. Questa si celebrava attorno all’1 17 maggio. Beltaine è anche il nome del mese di maggio in irlandese e per l’Irlanda è anche il primo giorno di primavera. La tradizione ricorda che i druidi accendevano dei falò sulla cima dei colli e che vi facevano passare attraverso il bestiame per purificarlo. Rituale che era osservato anche dalle persone, con lo stesso scopo. Imbolc o Imbolg, conosciuto anche come il giorno di Brigit – festa di santa Brigida - segna l’inizio della primavera. Si tiene l’1 febbraio, oppure a metà tra il solstizio d’inverno e l’equinozio di primavera. La sua origine è molto antica, infatti, alcune tombe in Irlanda sono allineate in modo da segnalare, con la levata del sole, sia Imbolc, sia Samhain. Il termine Imbolc significa ‘in grembo’, riferendosi al ventre delle pecore, e in effetti in origine venivano celebrate le pecore da latte. Inoltre, era tradizionalmente un periodo di divinazione meteorologica, che si basava sull’osservazione dei serpenti o dei tassi, a secondo di dove provenivano dalle loro tane invernali. Lughnasadh è la festa del primo raccolto e viene celebrata l’1 agosto. Il festival prende il nome dal dio Lugh, e prevede cerimonie religiose, gare atletiche e rituali, banchetti e visite ai pozzi sacri. Secondo alcune ricerche antropologiche, i riti religiosi includevano un’offerta dei primi frutti, una celebrazione per il nuovo raccolto, il sacrificio di un toro e una danza rituale in cui Lugh conquistava il raccolto che serviva all’umanità e sconfiggeva ogni possibile calamità. Queste celebrazioni venivano svolte sulle colline e sulle montagne e si protrassero fino al XX secolo, ma ancora oggi il cosidetto neopaganesimo ne conserva le tracce e ne pratica le cerimonie, compresi i pellegrinaggi. 18 IL MITO SI FA STORIA Dalla lontana cultura megalitica ebbe origine la cultura dei Celti, che venne tramandata unicamente per via orale. L’antica letteratura leggendaria dei Gaeli d’Irlanda parte dalle origini mitiche delle popolazioni che occuparono l’isola, raccontate poi ne Il Libro delle Invasioni, scritto da monaci cristiani tra l’XI e il XII secolo d.C. Le invasioni mitologiche di cui scrissero gli autori cristiani, posero l’accento sulle migrazioni dei vari gruppi etnici. Si incontrano gli Erainn (V secolo a.C.) che divisero l’Irlanda in province, che a loro volta erano ripartite in Tuatha (‘tribù’). Ogni Tuatha era governato da un re: comandante in tempo di guerra e giudice in tempo di pace. Quasi allo stesso livello gerarchico, si trovava il Briugu, nobile proprietario di terreni, che doveva ospitare chiunque lo chiedesse. Blaí Briugu, in particolare, apparteneva al Ciclo dell’Ulster e aveva un geis, in altre parole una sorta di maledizione, ma anche di dono, e quindi andava rispettato e onorato come rappresentasse una sorta di incantesimo. E, infine, vi era il druido, il vero rappresentante del potere nel mondo celtico. I druidi godevano di alti onori, essi si occupavano di controversie di tutti i tipi, essendo ritenuti i più saggi tra gli uomini, avevano il dono della profezia e conoscevano la magia e la scienza. Erano la casta sacerdotale della religione celtica, per cui anche i regnanti dipendevano dai loro responsi. Vi erano anche i Brehon, giudici di alto livello, che erano quasi pari ai regnanti; e i Bardi, che avevano il compito di tramandare la storia con le loro odi. Prima che il cristianesimo si diffondesse in Irlanda, a partire dal V secolo d.C con l’arrivo di san Patrizio, la tradizione culturale era stata preservata dalla comunicazione orale dei 19 druidi, che ancora destano nell’immaginario un affascinante sapore magico. Ma l’Irlanda evoca anche storie di fate e folletti, figure mitologiche che abitano il mondo della leggenda, che meritano un capitolo tutto loro. Invece, tra le saghe irlandesi occorre ricordare il Ciclo Mitologico, il Ciclo dell’Ulster, il Ciclo di Fenian, e il Ciclo Storico. Appartengono a questi racconti epici, quelli che gli studiosi ritengono essere le storie più antiche di tutta la narrativa gaelica. Il Ciclo Mitologico rappresenta una delle tracce fondanti della mitologia pagana dell’Irlanda pre-cristiana. Si tratta di diversi racconti in prosa e poesia racchiusi all’interno di manoscritti medievali, così come cronache pseudo-storiche, quali il Lebor Gabála Érenn o le parti più antiche degli Annali dei Quattro Maestri e della Storia d’Irlanda di Seathrún Céitinn. Il Lebor Gabála Érenn (‘Libro delle Invasioni’) è ritenuto il testo epico nazionale irlandese. Esso raccoglie storie in poesia e prosa che narrano l’origine dell’Irlanda. Si tratta di eventi che non hanno fonti realistiche, ma evocano per certi versi le storie bibliche, probabilmente nella necessità di creare delle proprie radici, e segnare un inizio. L’impronta del pensiero è giudaico-cristiano e porta a un pellegrinaggio verso una terra promessa, e di rimando anche a tutte le prove incontrate in questo viaggio. Il testo è anonimo e fu scritto intorno all’XI secolo d.C. Si narra di Cessai, una donna che fu la guida dei primi abitanti dell’Irlanda, prima del Diluvio Biblico. Era la nipote di Noè e ci sono varie leggende a proposito di ciò. Una di queste narra che il padre fu rifiutato sull’arca e quindi ella 20 suggerì di costruire un idolo che li avrebbe diretti alla salvezza, e quindi, seguendo i suoi suggerimenti, per sfuggire al diluvio, si diressero in Irlanda, tuttavia la donna trovò la morte. A lei seguì Partholón – figlio di Sera, a sua volta figlio di Sru, un discendente di Magog, figlio di Jafet, e quindi nipote di Noè – che guidò il Muintir Partholóin (‘Popolo di Partholón’) a colonizzare l’Irlanda nel 2680 a.C. Arrivarono sull’isola disabitata dopo il Diluvio e introdussero varie attività come l’agricoltura, la preparazione e conservazione dei cibi e la costruzione di capanne. Dopo alcuni anni, tutti morirono in una settimana a causa della peste. Nemed o Nimeth fu il capo del terzo popolo. Secondo il Lebor Gabála Érenn, Nemed, come quelli che si stabilirono in Irlanda prima di lui, aveva una genealogia risalente al biblico Noè. Il popolo di Nemid salpò dal Mar Caspio con 44 navi, ma dopo un anno e mezzo di navigazione, l’unica nave che approdò in Irlanda fu quella della loro guida, nella quale vi era moglie - che morì poco dopo - e i figli. Essi portarono ricchezza al paese e Nemed vinse quattro battaglie contro i misteriosi Fomori, un popolo di semidei della mitologia irlandese, deformi e dalla testa di capra. Alcuni studiosi moderni ritengono che fossero un gruppo di divinità che rappresentavano i poteri distruttivi della natura, personificando il caos, l’oscurità, la morte, il degrado e la siccità. In una di queste battaglie morì anche Artur, il primo figlio di Nemed, nato in Irlanda. Nove anni dopo essere arrivato su questa isola, Nemed morì a sua volta di peste, insieme a tremila persone e sarebbe sepolto sulla collina di Ard Nemid a Great Island, nel porto di Cork. Il popolo sopravissuto di Nemed fu poi oppresso dai Fomori, che pretendevano ogni Samhain i due terzi dei loro 21 figli, il loro grano e il loro latte. Questo tributo che i Nemediani erano costretti a pagare potrebbe essere «un oscuro ricordo del sacrificio offerto all’inizio dell’inverno, quando i poteri dell’oscurità e della rovina sono in ascesa» seguendo le parole di Sir Diarmaid Ninian John MacCulloch, storico e accademico britannico. Dopo molti anni, il popolo si levò contro i Fomori e li attaccò con 60.000 guerrieri (30.000 in mare e 30.000 in terra), sconfiggendoli. Ma è solo l’inizio, in quanto il fomoro Morc, partì al contrattacco e quasi tutti i Nemediani vennero uccisi in un maremoto. Una sola nave di trenta uomini riuscì a fuggire. Alcuni di loro andarono «nel Nord del mondo», alcuni in Gran Bretagna, diventando gli antenati dei britannici, mentre altri si diressero verso il sud della Grecia. L’Irlanda rimase così disabitata per altri 200 anni. Ma la storia è complessa, per cui i superstiti che navigarono verso il Nord divennero i Túatha Dé Danann (o Tuath Dé), i principali dèi pagani dell’Irlanda, dotati di poteri sovrannaturali. Coloro che invece si diressero in Grecia divennero i Fir Bolg, il quarto popolo che colonizzò l’Irlanda. Dopo 230 anni di schiavitù patita in Grecia, i Fir Bolg salparono e si diressero prima in Iberia, l’odierna Spagna, e poi in Irlanda, praticamente nello stesso periodo in cui gli Israeliti lasciarono l’Egitto. Con una grande flotta, i Fir Bolg arrivarono in Irlanda e la divisero in cinque province, creando un regno florido. Dopo 37 anni, i Túatha Dé Danann, che si erano salvati dirigendosi verso il Nord, tornarono in Irlanda. Il loro re, Nuada, pretese che venisse loro concessa la metà dell’isola, ma il re dei Fir Bolg, rifiutò. Da qui partirono vari conflitti e i Fir Bolg vennero sconfitti. Secondo altri testi, i Fir Bolg fuggirono dall’Irlanda. Mentre altri ancora raccontano che i Túatha Dé Danann offrirono loro un quarto d’Irlanda. 22 Tuttavia la storia non è finita, in quanto stavano arrivando i Milesi dalla Spagna, per vendicare un loro esploratore che aveva trovato la morte in Irlanda. Il loro capo era Donn, considerato il dio della morte. Si dice che egli dimorasse nel Tech Duinn (la ‘casa di Donn’ o ‘casa dell’oscuro’). Un poema del IX secolo d.C. racconta che in punto di morte Donn espresse come ultimo desiderio che tutti i suoi discendenti si riunissero a Tech Duinn, dopo la morte. Infatti, in varie raccolte letterarie, questo rappresenta il luogo in cui si ritrovano le anime dei morti. Nel Lebor Gabála Érenn, Donn, chiamato anche Éber Donn, durante l’invasione d’Irlanda, annegò in un naufragio al largo della costa sud-occidentale e venne sepolto in un’isola rocciosa che poi fu chiamata appunto Tech Duinn. Si dice che questa isola si trovi al confine occidentale dell’Irlanda ed è comunemente identificata con Bull Rock, al largo della punta occidentale della penisola di Beara. Questo luogo è simile a una tomba a forma di dolmen, in quanto un tunnel naturale l’attraversa, rappresentando una sorta di portale mistico in cui il mare scorre. La tradizione tramanda che le anime dei morti vi giungessero da Ovest, nel momento del tramonto. Torniamo alla nostra storia e all’arrivo dei Milesi in Irlanda. Con loro giunse Amergin Glúingel, più conosciuto come Amergin, druido, bardo e giudice dei Milesi. Essi ebbero l’approvazione di stabilirsi temporaneamente, ma se volevano fare approdare le loro navi, dovevano prima vincere i Túatha Dé Danann. L’arbitro imparziale della contesa fu appunto Amergin. I Milesi decisero di partire «oltre la nona onda», che rappresentava una sorta di confine magico. Ma i druidi dei Túatha Dé Danann scatenarono una tempesta altrettanto magica contro di loro, per non farli 23 approdare. Amergin fece allora una supplica, cantando lo ‘spirito d’Irlanda’. Infranse così la barriera magica, e permise al suo popolo di stabilirsi definitivamente in Irlanda. I Milesi divennero così i progenitori dei Gaeli. Amergin divise la terra tra i suoi due fratelli, Éber che prese la metà meridionale dell’Irlanda, ed Érimón quella a Nord. Entro l’anno, Érimón sconfisse Éber in battaglia ed ebbe il potere su tutta l’isola, e due anni dopo uccise Amergin in un’altra battaglia. La tradizione locale dell’attuale Drogheda - che trova sul corridoio Dublino-Belfast, sulla costa orientale dell’Irlanda - individua il luogo di sepoltura di Amergin sotto Millmount. D’ora in poi si può parlare di vera storia, anche se questi antichi popoli scomparsi si dice che ancora vivano e si riuniscano in banchetti magici nei luoghi ove sorgono i menhir, oppure riesiedono in un ‘mondo di mezzo’ invisibile, abitando tumili di pietra, laghi o vaste caverne sotterranee, nascondendosi alla vista dei più, e agendo ancora attraverso i loro poteri magici. Un personaggio fondamentale appartenente ai Túatha Dé Danann è Manannan mac Lir, dio del mare, del tempo atmosferico e dell’oltretomba. Il racconto leggendario I figli di Lir conosciuto anche col titolo La tragica storia dei bambini di Lir o Il destino dei figli di Lir mescola elementi magici e incantesimi druidici, attraverso un messaggio cristiano di fede che porta la libertà dalla sofferenza. La storia è ambientata nel momento della caduta del dominio dei Túatha Dé Danann e l’ascesa dei Milesi. La leggenda narra di gesta, sconfitte, ma anche trasformazioni magiche, come quando i figli di Lir, a causa della gelosia di Aoife, la seconda moglie del re, furono trasformati in cigni bianchi. In realtà, la donna avrebbe 24 voluto ucciderli, ma non avendone cuore fece questa magia, condannandoli a vivere per trecento anni nel lago Derryvaragh, trecento anni nello stretto di Moyle (tra l’Irlanda e la Scozia) e trecento anni nell’Atlantico. L’incantesimo poteva essere sciolto solamente nel momento in cui un principe del Nord avesse sposato una principessa del Sud. I bambini mantennero l’uso della parola, e anche la possibilità di intonare canti melodiosi. Nel frattempo l’intrigo fu scoperto e Aoife fu trasformata in un demone dell’aria e cacciata. La storia racconta tutte le vicissitudini dei poveri cigni, figli di Lir, finchè alla fine avvenne l’incontro con un monaco cristiano che, con il suono della campana e il suo tocco li liberò dal corpo animale, mettendo allo scoperto la loro vera natura, di uomini ormai vecchi e pronti alla morte, non prima però di essere battezzati! Il Ciclo dell’Ulster risale probabilmente al V secolo d.C. I diciotto racconti eroici appartenenti a questa opera, si sviluppano attorno alla figura del re dell’Ulster, Conchobar mac Nessa, e alla figura di Cú Chulainn, suo valoroso vassallo e figlio del dio Lugh, e infine all’Ordine cavalleresco del Ramo Rosso. L’epoca in cui si svolge il poema epico descrive l’Età del ferro precristiana. Oltre all’episodio centrale costituito dal Táin Bó Cúailnge (‘La razzia del bestiame di Cúailnge’), ci sono numerosi racconti riguardanti la nascita soprannaturale di Cú Chulainn, figlio del dio Lugh e di Deichtine, sorella del re dell’Ulster. Le gesta che compì già da bambino, il suo incontro con Mórrígan - la dea della guerra, della morte e del fato - i suoi amori, le sue battaglie e la sua morte fanno di lui l’eroe irlandese per eccellenza, valoroso, impavido, vittorioso. 25 Una delle storie d’amore più belle e tragiche del ciclo dell’Ulster, e in cui l’eroe Cuchulainn non appare, si intitola L’esilio dei figli di Usnach. Durante un banchetto in onore del re Conchobar mac Nessa conosciuto anche come Conor - Cathbad il capo dei druidi, predisse a Fedlimid mac Daill, uno dei signori dell’Ulster, che sua figlia Deirdre, appena nata, sarebbe diventata una bellissima donna, moglie di re, ma anche causa di grande sventura. I guerrieri presenti alla festa avrebbero voluto uccidere la neonata all’istante, ma il re si offrì di sposarla, una volta adulta e la portò via con sé. Il re affidò la bambina alla nutrice Leabharcham, con l’ordine di allevarla in una fortezza, in totale isolamento. Un giorno, quando il matrimonio era ormai prossimo, Deirdre e la nutrice salirono sulle mura della fortezza e fu lì che la fanciulla vide le macchie del sangue di un vitello sgozzato sulla neve bianca e un corvo nero bere quel sangue. Deirdre, che anche prima di quella visione non voleva sposare il re, ormai vecchio, ebbe un impulso e sognò invece di sposare un giovane dai capelli neri come il corvo, con le guance rosse come il sangue e con la pelle bianca come la neve. La nutrice le disse che Naoise, il figlio di Usnach, uno dei campioni del Ramo Rosso, era la risposta perfetta al suo desiderio. Deirdre lo incontrò e gli chiese di portarla via da Conor. I due innamorati, assieme ai fratelli di Naoise e a Leabharcham, trovarono riparo prima in Scozia, poiché inseguiti dal re, e poi presso Glen Etive, un luogo solitario dove vissero per qualche anno in pace. Un giorno il re Conor li invitò a tornare, con la promessa che non sarebbe stato fatto loro alcun male e che le profezie passate erano state dimenticate. Fu così che i due giovani tornarono in Irlanda. Ma tristi eventi erano alle porte. Naoise e i suoi fratelli furono fatti prigionieri dal re e uccisi da 26 Owen, principe di Ferney e cavaliere del re Conor, che li decapitò. Conor prese Deirdre con la forza e la costrinse a vivere con lui per un anno. Ella non sorrise più, e passò il suo tempo a piangere il suo amato perduto. Un giorno il re le chiese quale fosse la cosa che più detestava al mondo e lei gli rispose che odiava lui e Owen. Così Conor l’obbligò a vivere con Owen per un anno intero, come punizione. Sulla strada verso la fiera di Emain, Deirdre si gettò giù dal carro andando a precipitare contro un macigno per trovare la morte. La leggenda narra che due alberi di tasso crebbero dalle tombe di Deirdre e Naoise. I loro rami si intrecciarono in un abbraccio che nessuno fu mai più in grado di dividere. Il Ciclo di Fenian, conosciuto anche come Ciclo ossianico si concentra soprattutto sulla figura di Fionn mac Cumhaill, il cui figlio, Oisin, era un guerriero e un poeta e, per tradizione, autore di gran parte dei componimenti di questo Ciclo. Le vicende risalgono al regno di Cormac mac Art, intorno al III secolo d.C., epoca in cui i Fianna Éireann, guerrieri al seguito del re, raggiunsero l’apogeo. Mentre nel Ciclo dell’Ulster si incontravano personaggi intrepidi, ma rudi, in questo Ciclo trova risalto l’elemento magico e il mistero. L’ambiente ultraterreno domina il racconto delle avventure di Oisin (‘cerbiatto’), poeta e guerriero di tutta la saga. Egli è figlio di Fionn e Sadbh, una fanciulla trasformata in cerbiatto da una maledizione dal druido Fer Doirich. Un giorno incontrò la fata Niamh, che innamorata, lo portò con sé nel Tír na nÓg (‘terra dell’eterna giovinezza’). Ebbero due figli, un maschio e una femmina. Dopo tre anni, Oisin decise di tornare in Irlanda per incontrare la sua famiglia, ma la fata gli rivelò che i tre anni trascorsi nella loro terra equivalevano a trecento nel mondo 27 reale. Egli partì ugualmente, ma la consorte gli intimò di non scendere mai dal suo cavallo, altrimenti sarebbe invecchiato in un solo attimo. Così fece, e dopo aver trovato la sua casa in rovina, decise di tornare sui suoi passi, ma nel tragitto, dovendo aiutare un uomo a sollevare una pietra su un carro, cadde a terra, divenendo vecchio in un solo attimo. Secondo un’altra versione, Oisin non morì subito dopo, ma restò in vita fino all’arrivo in Irlanda di san Patrizio, al quale avrebbe lasciato come testimonianza la sua storia. E infine appare il Ciclo Storico o Cronaca d’Irlanda un’immaginaria collezione di annali ecclesiastici che descrivevano degli eventi dell’Irlanda dal 432 al 911 e comprendevano: Annali di Inisfallen, Annali dell’Ulster, Cronaca degli Scoti, Annali di Clonmacnoise, Annali di Tigernach, Annali di Roscrea, Annali di Boyle e frammenti degli Annali d’Irlanda. Probabilmente fu scritta in luoghi e tempi differenti, da personaggi che facevano parte di chiese o monasteri. L’opera è composta da necrologi, in quanto le cause della morte erano per i compilatori le qualità spirituali dei personaggi, per cui da come erano morti si poteva evincere se sarebbero andati all’inferno o in paradiso. Dopo l’800 molti scritti ricordano le invasioni vichinghe. Poi vi sono osservazioni di eventi astronomici come l’eclissi di sole del 29 giugno 512. Ma anche episodi ambientati fuori dall’Irlanda, così da rappresentare una dettagliata visione sugli avvenimenti dell’Inghilterra dell’VIII e IX secolo. Però appare chiaro che in questo Ciclo, il magico fascino irlandese, cede il posto a una rigorosa compilazione, con la pretesa di essere storica. Torniamo quindi al mito, grazie alle divinità che hanno reso l’Irlanda una delle terre incantate del Nord. 28 DIVINITÀ ED EROI… UN MONDO MAGICO Nella mitologia celtica esseri umani e divini si scambiano spesso le parti e altrettanto spesso le caratteristiche dell’uno confluiscono nell’altro. Non mancano poi le valenze magiche, legate soprattutto alla trasmissione orale tramandata dai bardi, in forma poetica. Questa tradizione fu poi messa per iscritto al fine di tramandarne la morale. I druidi andando più o meno scomparendo, lasciarono posto ai monaci, che riscrivendo le storie aggiunsero inevitabilmente una visione cristinana a tutte le vicende, eliminando molti degli aspetti pagani. Per esempio, alcuni dèi divennero demoni, oppure furono assimilati alla cultura cristiana come nel caso delle dea Brigit che divenne poi santa Brigida (da non confondere con quella svedese), molto venerata in Irlanda, e seconda solo a san Patrizio. Seguendo la mitologia celtica, Brigit era figlia di Dagda, il ‘dio buono’, e fu protettrice dei poeti, dei guaritori, dei druidi, dei combattenti e degli artigiani. La sua immagine ispirò il ciclo arturiano ponendola come Dama del Lago. I druidi vennero minimizzati nei loro poteri magici, sempre e comunque inferiori a quelli divini, propri del cristianesimo. Solo in epoca recente, si sta riscomprendo il fascino di questa antica tradizione, che nel suo pantheon accoglieva la divinità più importante, Lugh Làmfata, molto simile a Odino, conosciuto come ‘figlio del Sole’ o ‘il luminoso’, e anche ‘dalla lunga mano’, divinità guerriera che possedeva uno dei quattro tesori dei Túatha Dé Danann, ovvero una lancia invulnerabile. Di lui rimane traccia nella festa celtica di Lughnasadh, di cui si è già scritto in precedenza. 29 Belenos o meglio Belanu, ‘colui che è luminoso’, in Irlanda si riferiva a Lugh, e da ciò deriva anche la ricorrenza druidica di Beltaine, ovvero dei ‘Fuochi di Belenos’. Uno dei suoi epiteti era Teutates, ovvero ‘uomo della tribù’ o ‘uomo del Nord’. Veniva chiamato anche ‘dio delle mille arti’ e veniva associato anche a giuramenti, verità e legge, e quindi alla legittima regalità. Tutto di lui era magico, compreso il suo cane Failinis che, in battaglia, vinceva ogni attacco, ed era in grado di trasformare l’acqua corrente in vino. Lugh inventò vari giochi, tra cui quelli con la palla, le corse dei cavalli e uno similare agli scacchi, chiamato fidchell. Il suo cavallo Aenbharr poteva sopravvivere sia in terra che in mare e gli fu donato, con tutta la bardatura, dal dio del mare Manannán mac Lir. Lugh corrisponde al dio Lugus ed è identificato anche con Mercurio. Dagda è colui che possiede la scienza, il sapere sacerdotale druidico, ma che pure conosce molto bene la magia e il potere dei quattro Elementi. Fa parte di una delle mitiche popolazioni che fondarono l’Irlanda, i Túatha Dé Danann. Governa l’agricoltura e quindi la fertilità, e rappresenta la forza virile. La sua arma è la mazza, che ha una duplice funzione. Da una parte è in grado di uccidere con un solo colpo nove uomini e con l’altra li resuscita, sovraintendendo in questo modo al ciclo continuo di morte e rinascita. Suona un’arpa magica realizzata in legno di quercia, uaithne, con la quale controlla le sensazioni umane, il riso, il sonno, e la malinconia. Quando Dagda suonava, metteva le stagioni nel loro ordine corretto; mentre in altri casi comandava l’ordine della battaglia. 30 Possedeva due maiali, uno dei quali cresceva sempre, mentre l’altro era sempre arrostito e pronto per essere gustato. Gli alberi da frutto che possedeva erano sempre carichi. Mórrígan è spesso descritta come sua moglie. Infine, egli possiede il calderone magico, conosciuto come coire ansico (‘il calderone non asciutto’) in quanto senza fondo, e che quindi poteva nutrire all’infinito. Si diceva che avesse un mestolo così grande che due persone potevano starci dentro. Dal magico calderone sappiamo che nacque successivamente una delle visioni legate al Santo Graal, che poteva nutrire magicamente un intero esercito e far rinascere i morti, che però rimanevano muti al fine di mantenere il segreto dell’aldilà. Poi incontriamo Taranis, molto simile a Thor, ma anche a Dagda, personificazione del tuono, in stretto collegamento alla Ruota Cosmica, più specificamente la ruota del carro con sei o otto raggi, simbolo del ciclo naturale della nascita e della morte. Vi sono poi varie divinità femminili e occorre ricordare che nella mitologia celtica la donna aveva lo stesso potere dell’uomo, godeva degli stessi privilegi e aveva la stessa forza e libertà. Anu o Annan era una dea madre, che presiedeva alla natura, ma soprattutto alla spiritualità della forza generatrice. Il toro bianco le era sacro. Si pensava che l’adorazione della dea portasse un buon raccolto. Era anche associata al vento, alla saggezza, alla fertilità e alla rigenerazione. Molto spesso fu identificata con Danu, la più antica dea celtica, figlia di Dagda, e madre dei Túatha Dé Danann. In altri racconti lo stesso Dagda è marito di Danu. 31 Era parte integrante della triade di divinità femminili legate alla guerra. Il numero tre era sacro anche nella religione celtica e quindi la trinità delle dee era considerata una potente combinazione di magia. Esse avevano la capacità di trasformarsi in corvi ed erano considerate non solo potenti, ma portatrici di morte e maledizioni, profezia e saggezza. Di questa triade faceva parte Badb, ‘corvo’, che oltre avere la possibilità di trasformarsi in questo animale, portava scompiglio e confusione nelle battaglie, così da creare vantaggio alla fazione da lei prescelta. La terza era Macha, dea associata ai cavalli, alle battaglie e alla sovranità. Raccoglieva le teste degli uomini uccisi in guerra. Se ben osserviamo, questa triade non rappresentava altro che i tre volti di Mórrígan, una delle più importanti divinità guerriere irlandesi, legata anch’ella alla morte e al fato. Macha compare in diversi ruoli. In una poesia del Lebor Gabála Érenn è una delle figlie di Partholón, nel primo insediamento in Irlanda dopo il diluvio. Poi come moglie di Nemed. Come figlia della dea madre Ernmas, dei Túatha Dé Danann, citata insieme alle sue sorelle, Badb e Mórrígan. Col nome di Macha Mong Ruad (‘capelli rossi’), figlia di Áed Rúad (‘fuoco rosso’ o ‘signore del fuoco’ - un nome di Dagda), appare come unica regina nella List of High Kings of Ireland, ovvero un elenco che segnalava i più alti re dell’Irlanda, fin dai tempi più antichi. Mór Muman o Mór Mumain compare nell’antica letteratura irlandese come regina di Munster e figlia del re Áed Bennán. Il suo nome significa la ‘Grande Madre’ e la provincia di Munster (An Mhumhain ) prende il suo nome. La sua storia si trova nel Libro di Leinster che la colloca nel X secolo. Ella fu vittima di un incantesimo che la rese pazza e 32 senza memoria. Vagò per due anni in Irlanda per arrivare poi a Cashel, nella Contea di Tipperary, alla corte del re Fíngen mac Áedo Duib. Dopo aver giaciuto col re, riprese il senno e la memoria, e divenne regina. Una storia simile viene collocata sulle montagne Slieve Mish, dove Mór visse allo stato selvaggio e nella pazzia. Anche in questo caso incontrò un uomo, un arpista di nome Dubh Rois e dopo aver giaciuto con lui, ritrovò il senno. Questi episodi evocano la duplice immagine della dea, che prima appare terrifica, come una strega, poi dopo essere stata baciata dal sovrano, torna nelle sembianze benefiche del femminile. In un’altra storia, Mór e suo marito Ler o Lir approdano in Irlanda nella penisola di Dingle e vivono a Dunmore Head. Un giorno, Mór si arrampicò sulla cima di Mount Eagle per vedere la terra in cui viveva. Ad un tratto non poté trattenersi dall’urinare, per cui si accovacciò per attendere a questa funzione. Si dice che i burroni che tagliano le montagne del Munster siano derivati dalle grandi correnti di urina di Mór. Ai piedi della montagna si trova un luogo chiamato Tivoria o Tigh Mhóire (casa di Mór). Questa dea è anche conosciuta come Mugain e rappresenta probabilmente una versione di Anu, ma anche di Medb e Mórrígan. A loro si unisce Banba, anch’eesa figlia di Ernmas e sposa Mac Cuill. Si tratta di una delle dee patrone dell’Irlanda. Fece parte della triade divina insieme alle sue sorelle, Fódla ed Ériu. Quando i Milesi arrivarono in Irlanda ogni sorella volle dare il proprio nome all’isola. Nacque una disputa e vinse Ériu dal cui nome derivò Éire, ‘Irlanda’, ma anche il nome Banba fu spesso utilizzato per designare l’isola, specie nelle rime poetiche. 33 Tra le divinità femminili va ricordata Nemain, lo spirito del caos convulso della guerra, e per alcune tradizioni uno dei volti di Mórrígan. Infatti, nell’opera epica Táin Bó Cúailnge, Neman confonde gli eserciti, così che gli amici si uccidano tra loro. Quando l’esercito della regina Medb giunge a Magh-Tregham, nell’odierna Contea di Longford, sulla strada per Cuailnge, Neman appare tra loro, seminando la discordia. Mórrígan è una delle più importanti divinità irlandesi, considerata una delle ‘furie guerriere’. Il suo nome in irlandese moderno è Mór-Ríoghain, ovvero ‘grande regina’ o ‘regina fantasma’. Fa parte dei Túatha Dé Danann, ed è figlia di Fiacha mac Delbaíth e di Ernmas e, come abbiamo già visto, è sorella di Badb e Macha, ma associata anche a Nemain. Tre di queste quattro dee formano una triade chiamata Morrígna, il plurale di Mórrígan. Come abbiamo già considerato, nella cultura celtica, la triade è molto importante e in questo caso indica i tre volti della dea, anche se ognuna delle tre sorelle appare differenziata dall’altra. Questa triade viene rotta, in quanto Macha muore per mano di Balor nella seconda battaglia di Mag Tuire. In alcune leggende, viene sostituita da Nemain. Mórrígan è anche colei che incoraggia i guerrieri a combattere valorosamente e li spinge verso la vittoria. Insinua la paura nei nemici e alcune volte viene raffigurata mentre lava i vestiti macchiati di sangue di coloro i quali sono destinati a morire. Non solo è la dea della guerra, ma è pure una manifestazione della sovranità sulla terra, dove si presenta come protettrice di coloro che vi abitano. Tailtiu è un’altra divinità femminile della mitologia irlandese da cui ha preso il nome una città della Contea di Meath. 34 Il Libro delle invasioni la ricorda figlia del re di Spagna e moglie di Eochaid mac Eirc, l’ultimo re supremo Fir Bolg d’Irlanda. Lei sopravvisse all’invasione dei Túatha Dé Danann e divenne la madre adottiva di Lugh, che le dedicò il festival Áenach Tailteann, celebrato fino al XVIII secolo. Ella morì dopo aver creato la pianura di Breg, nella Contea di Meath e Lugh diede origine ai giochi funebri in suo onore, al festival di Lughnasadh. Nella mitologia irlandese appare anche Credne o Creidhne, figlio di Brigit e Tuireann, egli fu designato come l’orafo dei Túatha Dé Danann, ma fu pure un raffinato forgiatore di bronzo e ottone, così da fabbricare le armi del suo magico popolo che furono poi utilizzate per combattere i Fomori. Insieme ai suoi fratelli Goibniu e Luchtaine, fece parte del Trí Dée Dána, i tre artisti creatori di armi. La tradizione racconta che Creidhne abbia forgiato la mano d’argento di re Nuada, primo sovrano dei Túatha Dé Danann, dopo che questi la perse. Crom Cruach o Cromm Crúaich, conosciuto anche come Cenn Cruach o Cenncroithi, è un’altra divinità importante dell’epoca pre-cristiana. La leggenda racconta che l’immagine di Crom Cruach era d’oro e circondata da dodici figure di pietra o di bronzo, erette a Magh Slécht (‘Piana della Prostrazione’) nella Contea di Cavan. A questa divinità venivano dedicati sacrifici umani e soprattutto venivano immolati i primogeniti in cambio di raccolti fruttuosi. Secondo una tradizione, gran parte degli uomini dell’esercito di Tigernmas, re supremo d’Irlanda, figlio di Follach, a sua volta figlio di Ethriel, un discendente di Érimón, furono sacrificati a Crom Cruach, la vigilia di Samhain. Il culto 35 venne interrotto da san Patrizio che con una mazza distrusse la statua della divinità. Probabilmente collegato a qualche culto megalitico appare Crom Dubh o Crum-dubh, il dio celtico della fertilità, che veniva ritratto con uno staio di grano. La mitologia irlandese mostra pure Iuchar, uno dei figli di Tuireann, dei Túatha Dé Danann, e di Danand. Insieme ai suoi due fratelli Brian e Iucharba, uccise Cian, padre di Lugh. Essi smembrarono il suo corpo, cercando di celare la propria colpa. Per questo, Lugh fece in modo che vagassero per tutto il mondo conosciuto all’epoca, fino alla Persia, allo scopo di ritrovare le armi magiche da usare nella seconda battaglia di Magh Tuiredh. I tre fratelli riuscirono nell’intento, ma patirono gravi ferite e nel momento in cui chiesero l’intervento salvifico di Lugh, egli lo negò. La storia dei Figli di Tuireann fu spesso ricordata come ‘l’Argonautica irlandese’. Inoltre, in vari passi del libro si trovano molte tracce di Ler o Lir, che in irlandese significa ‘mare’, e difatti incarna il dio del mare nella mitologia irlandese. E a proposito di mare, entriamo nelle profondità degli abissi per cogliere la simbologia delle acque… 36 ACQUA SACRA E ACQUA PROFANA Nella tradizione irlandese i laghi, le sorgenti, gli stagni e i corsi d’acqua rappresentano l’ingresso al mondo fatato, il cosiddetto Sidhe. Daoine Sidhe è anche il nome dei Túatha Dé Danann, quando i Milesi li spinsero a vivere nel sottosuolo. Il loro re era Finvarra, e ancora governa nel suo palazzo, sotto la collina fatata di Knockma. Sono molto abili nel gioco degli scacchi al punto che nessun essere umano è mai riuscito a vincerli. I Túatha Dé Danann sono considerati tuttora un popolo fatato e semidivino dell’Annwyn, una terra di delizie ed eterna giovinezza, ove non manca nulla. Sarebbero potenti maghi e svolgono eterni banchetti in luoghi fuori dallo spazio e dal tempo, spesso all’interno degli antichi tumuli o in prossimità di dolmen o di laghi. Per questo permane la tradizione che gli elfi siano tutto ciò che resta dei Túatha Dé Danann, guardiani dei laghi irlandesi. A volte è possibile entrare nel loro mondo, ma quando è accaduto, il viaggiatore perde il senso del tempo e torna alla realtà umana molto sapiente, ma invecchia immediatamente. L’Acqua ha sempre rappresentato la via di accesso a questi mondi, anche perché in essa vi è il riflesso di tutto ciò che circonda lo specchio d’acqua. Era la via per entrare in contatto con gli antenati, che molto spesso erano divinizzati. Non si può dire che in Irlanda manchi questo elemento con il mare che la circonda e i molti laghi, fiumi, torrenti e pozzi. Tutti a raccontare storie incantate. Le troviamo nel Cath Maige Tuired che rivela dei mitici Túatha Dé Danann e di Dían Cécht, il loro guaritore, considerato come dio della salute. Durante la prima battaglia di Mág Tuired (‘Pianura dei Pilastri’), che i Túatha Dé Danann combatterono contro i Fir Bolg per la supremazia in Ériu, egli e i suoi figli fecero un 37 incantesimo alla sorgente di Slane, per cui ogni guerriero ferito avrebbe potuto trovare la guarigione entrando nella fonte. Sempre in collegamento all’acqua, appare Boann, la dea irlandese del fiume Boyne. Fu sposata con Nechtan, ma ebbe per amante Dagda, da cui nacque Aengus. Per sottrarre alla vista la loro relazione, egli fermò il sole per nove mesi, finché nacque Aengus. Boann sfidò l’acqua, infatti, sebbene contrariata dal marito, ella si avvicinò al pozzo magico di Segais, conosciuto anche come il pozzo di Connla, che era circondato da nove alberi magici di nocciolo. I frutti pendevano sul pozzo, così da nutrire il salmone maculato. Nella mitologia irlandese sia il salmone che le nocciole sono il simbolo della saggezza. Comunque Boann volle competere col potere del pozzo, camminandoci attorno in senso antiorario. Ciò fece ingigantire le acque che si alzarono furiosamente dirigendosi verso il mare, creando il fiume Boyne. La dea in tale sventura fu trascinata rovinosamente, e prima di morire, perse un braccio, una gamba e un occhio. La stessa storia viene tramandata per Sinnan, la creatrice del fiume Shannon, il fiume più lungo in Irlanda, che scorre per 360 km attraverso la nazione. La sua fonte è Shannon Pot, o Legnashinna, un pozzo largo 16 m, sul fianco del Monte Cuilcagh. Sinann era la nipote di Lir, dio del mare. Anche in questo caso avvenne una disubbedienza. Il pozzo era circondato da noccioli, i frutti proibiti, che ella mangiò. Inutile dire che anche in questo caso le acque si ribellarono e la travolsero. L’ondata potente creò il fiume Shannon. Il termine Immram, infine, viene usato per indicare il viaggio mitico per mare che conduce il viaggiatore oltre la ‘nona onda’ alla ricerca del magico mondo degli dèi che lo abitano. Vi sono molti racconti in questo senso, scritti in epoca 38 cristiana, ma che conservano svariati elementi della mitologia irlandese. Gli Immrama sono identificabili con le gesta degli eroi durante la loro ricerca dell’Altromondo, situata in questi casi nelle isole lontane, all’ovest dell’Irlanda. L’eroe iniziava il suo viaggio per amore di avventura o per compiere il suo destino, e generalmente si fermava su isole fantastiche prima di raggiungere la destinazione. Ma continuiamo la lettura perché troveremo altre leggende legate all’Acqua e al suo magico potere… 39 MAGICI FOLLETTI… E DOVE TROVARLI Il popolo fatato, chiamato anche ‘piccolo popolo’ è di casa in Irlanda e racconta storie magiche e incantate. Gli Sheoques, per esempio, non sono spiriti negativi, a meno che non si commettano azioni dannose contro di loro. Secondo William Butler Yeats nel suo Irish Fairy Tales (1892), il loro nome deriva dal sidheog ovvero ‘piccola fata’. Egli li descrive come spiriti che vivono dentro i cespugli di biancospino e in piccoli poderi circondati da fossati che in passato fungevano da fortificazioni. Si dice che abbiano attirato molti mortali nel loro mondo oscuro. Yeats stesso racconta che la loro musica è fatata al punto da allontanare dagli umani ogni preoccupazione, e diventare poi veggenti e guaritori. Sebbene siano generalmente benevoli, tavolta compiono gesti crudeli come quello di sostituire un bambino nella culla, lasciando al suo posto un folletto avvizzito, di mille o forse duemila anni. In un resoconto del 1800, un uomo scrisse a un giornale irlandese raccontando un caso nel suo villaggio, e di come il parroco fece in modo che gli Sheoques consegnassero di nuovo il bambino rubato. In un altro racconto, si diceva che una donna del villaggio di Coloney, nella Contea di Sligo, fosse stata rapita in gioventù, e su questo avvenimento Yeats scrisse che quando tornò a casa non aveva più le dita dei piedi, a furia di danzare. Le leggende si susseguono anche tramandando fatti più violenti da parte di questi folletti, che diventano rabiosi nel momento in cui un umano non rispetta la natura, che per loro è invece sacra. Il Merrow sarebbe l’equivalente della sirena o del tritone di altre culture. Infatti, possiede un corpo umano nella parte 40 superiore e nell’altra, di pesce. Si tratta di creature dolci e amorevoli. Portano un cappello chiamato druith cohuleen che permette loro di immergersi nel mare e se lo perdessero, non potrebbero tornare sott’àcqua. I Merrows maschi non sono particolarmente avvenenti. Hanno capelli e denti verdi, naso rosso - forse perché amano molto il brandy - e occhi simili a quelli del maiale. Desiderano accoppiarsi con gli umani, inoltre, si dice che se gli viene nascosto il cappello, normalmente rosso, i Merrows siano costretti a vivere tutti i loro giorni sulla terra con le persone. Ma nel caso in cui lo ritrovassero, non esiterebbero a lasciare la famiglia e figli che nel frattempo hanno creato, per tornare in mare, senza rimpianti. La Merrow viene associata alla dea Aine, la dea celtica del mare. Al mondo acquatico appartiene anche la Bean-Fionn che vive nei laghi oscuri e nei torrenti, e viene conosciuta anche come la ‘fata dell’annegamento’. Infatti, si dice che abbia potere di trascinare con sé soprattutto i bambini, e questo serve come monito da parte dei genitori, che non vogliono che i loro piccoli si avvicinino troppo all’acqua e ai suoi pericoli. I Brownies si potrebbero definire elfi domestici. Infatti, spesso collaborano alle faccende di casa, in cambio di piccoli favori, ma non troppo costosi. Amano soprattutto i latticini, che per loro sono sempre doni graditi. Come tutti i folletti, hanno anche un lato dispettoso, e nel momento in cui non si sentono apprezzati, possono vendicarsi facilmente con dispetti, sempre in ambito domestico. Quelli che vivono in città non hanno le dita, mentre i campagnoli non hanno il naso. La loro altezza è di circa un metro, hanno le orecchie appuntite e viaggiano spesso con alti bastoni. 41 La versione femminile del Brownie è la Bean-Tighe. Questo folletto è molto felice quando c’è del lavoro da fare in una casa, dato che si compiace nell’essere utile. Si occupa più comunemente delle case delle madri sole e delle donne anziane, sebbene, occasionalmente, aiuti anche gli uomini in situazioni simili. Oltre alle faccende di casa, si occupa anche dei bambini e degli animali domestici, affinchè tutto proceda al meglio. Sappiate che è golosa di fragole e panna. I Ballybogs hanno dimensioni ridotte, con strani corpi sproporzionati. Le loro teste sembrano appoggiarsi direttamente su un corpo rotondo, senza alcun collo. Le loro gambe sono esili, e non sembrano nemmeno in grado di stare in piedi e sostenere una forma così rotonda. Le loro braccia rispecchiano le gambe, trasformando i Ballybog in spaventose creature, tra l’altro avvizzite e coperte di fango. È evidente che siano un po’ riluttanti a socializzare, mentre adempiono alla loro funzione di custodi delle torbiere, vivendo in buche di fango. Avendo una vita così solitaria, non comunicano facilmente, e sembra che grugniscano. Questo particolare ha creato la concezione che siano creature non troppo intelligenti. Non causano comunque danni agli umani, salvo portarli fuori starda ogni tanto, nel caso in cui uno sprovveduto si trovasse nel loro territorio. Gli Elfi irlandesi somigliano particolarmente ai nani e agli gnomi, indossano abiti verdi o blu e berretti rossi. Il loro è un buon carattere, se pur un po’ diffidente verso gli umani. Il loro elemento è la Terra e abitano in mezzo alle radici degli alberi sacri della foresta. Sopratttutto durante la notte aiutano gli animali che si trovano in pericolo. 42 Poi incontriamo i Pookas della famiglia dei Goblin, che possono portare buona o cattiva sorte, possono aiutare o ostacolare gli ambienti rurali. Hanno la capacità di influenzare la natura incorporea, in altre parole l’interiorità delle persone e degli elementi marini. Si dice che abbiano l’abilità di cambiare forma, e apparire come cavalli, capre, gatti, cani e lepri. Normalmente sono coperti di peli scuri o bianchi. A volte possono anche assumere una forma umana, mantendo però qualche caratteristica animale, come orecchie bestiali o coda. Quando diventano molesti e hanno le sembianze del cavallo, si fanno cavalcare dagli umani, meglio se ubriachi, per poi farli cadere a terra rovinosamente. Questa curiosa abitudine si collega ad altre creature popolari irlandesi, come la Daoine Maithe (‘brava gente’) o lo Slua Si (‘ospite fatato’), che colpiscono gli umani duranti i loro viaggi. In realtà Daoine Maithe è un termine popolare usato per indicare le fate del folklore irlandese. Le caratteristiche distintive di queste fate sono le loro capacità soprannaturali e il loro temperamento. Se trattate con rispetto e gentilezza, sono abbastanza bendisposte; ma se si manca loro di rispetto, diventano particolarmente crudeli. Secondo alcune tradizioni potrebbero essere angeli caduti - i cui peccati non erano abbastanza gravi da giustificare l’inferno - oppure discendenti del Túatha Dé Danann. Il Changeling è un’altra famosa creatura fantastica che, molto spesso, rapiva i bambini e li sostituiva con folletti malati, così che la madre se ne prendesse cura e solo dopo potesse riavere il proprio figlio. Il bambino sostituito si poteva distinguere dal fatto che era molto intelligente, ma i suoi movimenti erano rallentati rispetto a quelli umani. 43 Per scoprire la sua vera natura, pare sia sufficiente preparare una camomilla e versarla in un guscio d’uovo. A quel punto il Changeling non può fare a meno di dire: «In tanti anni della mia esistenza ho visto tante cose, ma mai versare della camomilla in un guscio d’uovo», dopodiché sparisce. I bambini sostituiti potevano essere malaticci e non crescere di grandezza, oppure avere particolari caratteristiche fisiche come barba o denti lunghi, in altre parole, un aspetto inquietante. Inoltre, questo scambio poteva manifestarsi con comportamenti insoliti, come saltare, ballare o suonare uno strumento musicale, senza conoscere la musica. Nel frattempo il bambino rapito era usato come servitore. A scopo apotropaico venivano usati amuleti, così da allontanare questi spiriti, come ad esempio un cappotto rovesciato o forbici di ferro aperte e lasciate dove il bambino dormiva. Altre storie raccontano che invece il Changeling succhia semplicemente l’energia del neonato per rinvigorirsi. In Irlanda vi era anche la leggenda che guardare a lungo un un bambino era pericoloso, poiché si poneva il piccolo in balia del potere delle fate malvage. In altre parole, si trattava di una sorta di malocchio, che poteva toccare anche gli adulti. Gli Spriggans si trovano, invece, nei pressi di cairn, o cromlech, e si dice che non porti fortuna incontrarli. Vengono descritti come maliziosi e intelligenti. Derubano di tutto, bestiame, bambini, e a volte demoliscono abitazioni. Creano tumulti sulla terra, nell’aria o nell’acqua. Di solito vengono considerati i fantasmi dei giganti, e considerando le loro imprese si può dedurre che veramente abbiano la forza di un gigante. Inoltre hanno il compito di custodire i tesori sepolti. Si dice pure che facciano la guardia alle fate. 44 Il Fir Larrig è un folletto magro e smunto, dai lunghi denti prominenti, dita con artigli, grandi occhi di un colore rosso fuoco, capelli grigi fino alle spalle, stivali di ferro. Si presenta con una lancia nella mano sinistra e un berretto rosso in testa. La tradizione vuole che dimori presso vecchi castelli, ma ha un carattere malevolo. Infatti, scaraventa massi su coloro che osano soggiornare nella sua dimora, e dopo intinge il suo cappello nel sangue delle vittime. Per questo viene anche chiamato Redcap (‘cappello rosso’). Un’altra creatura sua simile è il Far Darrig o Fear Dearg. Anche questa indossa un cappotto e un berretto rossi. Viene anche conosciuto come Rat Boy, in quanto si dice sia piuttosto grasso, ha la pelle scura e pelosa, lungo muso e lunga coda. Se viene bene accolto si dimostra tranquillo, altrimenti può fare scherzi davvero raccapriccianti. Si dice che abbia qualche legame con gli incubi. Dullahan, chiamato anche Gan Ceann, ovvero ‘senza testa’, è una creatura spaventosa. Viaggia appunto senza testa, che porta sotto il braccio. La bocca è aperta in un ghigno orrendo che tocca entrambi i lati della testa. I suoi occhi si muovono costantemente e possono vedere attraverso la campagna anche al buio. La sua testa ha il colore e la consistenza del formaggio ammuffito. Usa la colonna vertebrale di un cadavere umano come frusta e il suo carro è ornato da candele dentro ai teschi per illuminare la strada, i raggi delle ruote sono fatti da ossa di gambe umane, mentre il rivestimento del carro è costituito da pelle umana essicata. Dullahan chiama il nome della persona, attirando l’anima della sua vittima, e a quel punto, la persona cade immediatamente morta. Quando bussa alla porta inonda di 45 sangue coloro che la aprono. Si dice che oggetti d’oro siano potenti talismani contro questa malevola creatura. Gli Sluaghs sono gli spiriti inquieti dei morti e arrivano quando una persona si trova nel trapasso, allo scopo di rubargli l’anima. A volte venivano visti come peccatori che non avevano trovato posto nell’aldilà, per cui erano stati respinti dalla terra stessa. Nelle antiche tradizioni si dice che volano in gruppi, come stormi di uccelli, provenienti da ovest, per cui è necessario chiudere tutte le finestre che danno su quel lato. Il Leprechaun, invece, è di solito raffigurato come un piccolo uomo barbuto, che indossa cappotto e cappello, e non è un folletto malvagio. Si tratta di una creatura solitaria che trascorre il suo tempo a fabbricare e a riparare scarpe, e possiede una pentola d’oro nascosta alla fine dell’arcobaleno. Se catturato da un essere umano, spesso gli concede di esaudire tre desideri, in cambio della libertà. Porta sempre con sé due borse di pelle: in una è custodita una moneta d’argento magica in grado di tornare nella tasca di chi l’ha spesa; nell’altra invece è custodita una moneta d’oro che il magico folletto può utilizzare per sfuggire ai pericoli. Anche il Clurichaun è un folletto solitario. Si tratta di un essere malizioso, famoso per la sua grande passione per gli alcolici, per cui frequenta birrerie, pub e cantine, anzi ne è il guardiano e si assicura che le botti siano sempre integre e che il vino non diventi aceto. Inoltre, allontana coloro che bevono il vino senza averlo pagato. Come sempre occorre trattarlo bene, altrimenti ruba tutto il vino. Cavalca di notte animali, come pecore o cani, che al mattino vengono trovati sfibrati e sporchi di fango. 46 Della stessa famiglia del Leprechaun è il Gancanagh, famoso per insidiare le giovani donne. Ama perdere tempo e ha in bocca una pipa, che non fuma. Tutti sanno che i folletti odiano il fumo! Infine nel nostro viaggio incontreremo spesso la figura della Banshee, uno spirito o fantasma, molto simile alla figura della strega, tanto che veniva spesso citata nelle leggende per spaventare i bambini e metterli in guardia dai pericoli. La sua voce sarebbe il sibilo del vento che soffia attraverso gli alberi della foresta in inverno. Anche lei annuncia eventi lugubri e funerei. Ha una triplice immagine, ovvero di giovane donna, nobile signora e vecchia strega, che sono i tre aspetti della dea madre celtica, ma anche della Luna nei suoi volti di Selene, Artemide ed Ecate, fino ad arrivare alla Trimurti, la forma triplice dell’Essere supremo dell’induismo. La Banshee si presenta anche in forma animale, come corvo, lepre o donnola. Si veste di un mantello grigio con cappuccio o un velo, oppure un sudario funebre. Rimaniamo ancora un po’ in questo magico mondo, per incontrare gli spiriti degli animali e alcuni tra i più importanti simboli della cultura celtica. 47 ANIMALI TOTEMICI E SIMBOLI CELTICI Nella cultura celtica ogni animale nasconde la sua divinità ed entrare nel loro mondo simbolico significa comprendere meglio l’Irlanda. Incontriamone alcuni… L’Anguilla appare in diverse leggende irlandesi. Una di esse narra che Badb, la dea della guerra, si trasformò in tale animale dopo il rifiuto amoroso da parte di Cú Chulainn. Dopo tale metamorfosi, si attorcigliò alla gamba dell’eroe, che se la strappò via buttandola sulle rocce. Le Api, producendo il miele, ispirarono una bevanda assai cara ai Celti ovvero l’idromele, la bevanda degli dèi. Il miele, inoltre, era un elemento importante nella preparazione del gwìn a bragawd usato durante la festa di Imbolc. Si trattava di una bevanda a base di vino, miele, acqua, farina e probabilmente erbe allucinogene, in quanto faceva cadere in un sonno profondo, attraverso il quale si entrava in contatto con gli esseri del mondo spirituale. L’Aquila era simbolo di regalità e potere, ma veniva associata anche con la morte degli dèi, e in questo caso diveniva animale psicopompo, ovvero guida nell’aldilà. In una leggenda Dagda si era innamorato della dea irlandese Eriu e facendosi consigliare da Branwen, dea della bellezza e dell’amore, riuscì a conquistare l’amata. Fu così che Dagda si tramutò in cigno e Branwen in aquila, così da simulare un attacco. Quando Dagda cadde dal cielo, la dea Eriu si commosse per la sorte del cigno e lo prese fra le sue gambe, così che Dagda riuscì a fecondarla e Branwen pose l’aquila fra le costellazioni. Anche il Cane, tra i vari animali, venne considerato una guida sia nel mondo umano che nell’aldilà. Aveva un ruolo importante, e si narra che il re dell’Ulster Mac Datho 48 possedesse un cane di inestimabile valore che spinse la regina Medb e il re Conchobar a offrire seicento mucche, un carro e due cavalli per averlo. Ma risultò impossibile in quanto l’animale era dell’Altromondo e quindi non acquistabile con beni materiali. Tra l’altro occorre ricordare che il nome dell’eroe irlandese Cù Chulainn, significa ‘mastino di Culann’. Il Cervo è uno degli animali e dei simboli più importanti nella cultura celtica, collegato al dio Cernunnos, ma dal doppio valore e quindi anche in analogia alla fertilità e quindi alla dea madre. Proprio per quest’ultimo collegamento i cervi erano chiamati ‘tori delle fate’, ma anche ‘bestiame della dea’, in quanto le correvano intorno. Anche il cervo fu considerato animale psicopompo e quindi in grado di accompagnare nella vita come nella morte, era quindi collegato al Samhain, nel passaggio in cui i varchi dell’Altromondo si aprivano per lasciar passare gli esseri fatati del Sidhe - il ‘piccolo popolo’, composto da folletti, fate, elfi, gnomi - o permettere agli umani di accedere ai reami di luce. Il legame tra il cervo, la spiritualità e la sacralità viene trattato anche nella storia di Tuan Mac Cairell, nel momento in cui egli si tramutò in cervo, quando in Irlanda arrivò la stirpe di Nemed, il cui nome contiene la radice celtica nem, ‘sacro’. Il cervo è presente nel primo verso della Canzone di Amergin, il poema magico capace di tramutare gli stati di coscienza. Nel Táin Bó Cuailnge, che tramanda le gesta dell’eroe Cù Chulainn, viene citata una confraternita di sacerdoti del cervo, chiamati Le leggiadre arpe di buon auspicio, che viveva ad Assaroe nella Contea del Donegal. Una leggenda ricorda di quando Finn, mentre inseguiva un cerbiatto, arrivò allo Slieve Cuillin, dove l’animale 49 scomparve per lasciare al suo posto una fata che aveva perduto il suo anello nel lago, per cui chiese a Finn di trovarlo. L’eroe lo fece, ma risalendo dalle acque era diventato vecchio, con i capelli bianchi, ma aveva acquisito una profonda saggezza. Ancora una volta viene ricordato come i laghi rappresentino la via di collegamento con il mondo fatato, in cui il tempo ha un altro valore rispetto a quello sulla terra. La cerva rappresenta anche una delle forme in cui si presentano le donne del Sidhe ed è quindi l’animale che guida verso questo mondo fatato. Del resto anche Finn e i guerrieri conosciuti come Fianna erano spesso associati ai cervidi, probabilmente in collegamento a un’antica tribù, discendente dai preistorici abitanti dell’Irlanda, e cacciatori di renne. Un cervo bianco è una creatura particolarmente sacra e anche estremamente rara. Il Cigno è strettamente connesso ai Túatha Dé Danann, e viene chiamato il Clann righ fo gheasan, la ‘tribù incantata dei figli dei re’. Simbolo della luce, ma anche di amore sincero, innocenza e purezza. Sono spesso raffigurati due cigni che affiancano la barca solare con il compito di accompagnarla e guidarla durante la navigazione celeste. Una leggenda narra di Midir - un principe dei Dé Danann – che fuggì insieme ad Etain nell’Altromondo sotto forma di cigno legato da una catena d’oro. Ricordiamo anche la triste leggenda dei Figli di Lir, tramutati in cigni dalla malvagia madre adottiva Aoife, gelosa della loro grazia, bellezza e purezza. Il Cinghiale è un altro animale basilare per la tradizione celtica. Esso assume differenti significati anche a seconda di come viene rappresentato sulla croce celtica. A est rappresenta la saggezza e la guarigione, ed è il collegamento 50 fra il Mondo Sotterraneo e quello umano, indicando una classe sacerdotale. Questo animale, come il druido, si muove nella foresta, solitamente da solo, o insieme al suo clan per scavare alle radici dell’albero della conoscenza e trovare il frutto del sapere, legato alle alte sfere. Quando è posto a sud, diviene simbolo di fertilità, per cui legato alla dea madre, la Madre Terra, generoso ma allo stesso tempo terrifico. Rappresenta il potere della terra, in tutte le sue caratteristiche. Quando è posto a ovest ha in sé le caratteristiche dell’iniziazione ai misteri della vita e della morte, simbolo del passaggio, e presiede al concetto di rinascita. Infine, quando è posto a nord diviene colui che ispira l’arte, ma soprattutto la musica e la poesia. La scrofa è legata al ciclo lunare, alla dea e alla femminilità feconda e aggressiva, mentre il cinghiale è connesso con il ciclo solare. Per i druidi il cinghiale rappresentava il nord, ovvero il polo immutabile. La leggenda racconta che furono i Túatha Dé Danann a portare i maiali in Irlanda e che quando i Milesi raggiunsero l’isola per vendicare la morte di Ith, questi, attraverso l’arte magica druidica, mostrarono loro la terra indicandola come la schiena di un porco. La dea Brigit possedeva il cinghiale Orc Triath da cui derivò il nome Aire che significa ‘scrofa da battaglia’. L’animale era fonte di nutrimento e quindi avvalorava la simbologia legata alla fertilità. L’animale molto spesso veniva identificato come guida del guerriero nella foresta, al fine di conoscere i segreti di una donna del Sidhe. La tradizione irlandese tramanda la storia di Diarmaid e del Cinghiale Verde di Ben Gulbain, di Finn Mc Cumhail e dell’inseguimento dei magici maiali rossi del dio Oengus Mc 51 Og da parte dei suoi cani e dei suoi guerrieri. Era anche il cibo sacrificale della festa di Samhain, ed era consacrato al dio Lugh. Infine, occorre ricordare che quando fu costruito Newgrange, il raggio di sole del solstizio d’inverno, che ancora oggi illumina la camera sepolcrale, sorgeva nella costellazione del Cinghiale, che poi divenne quella delle Orse. Il Delfino era considerato il protettore dei pozzi sacri ed evocava la sacralità dell’Acqua, di cui osservava il moto, e la proteggeva. La leggenda riporta che nei delfini fosse rinchiuso lo spirito delle sirene e antiche storie raccontano come questi animali si trasformassero in belle fanciulle. Dal momento che in passato venivano chiamati ‘maiali di mare’, la leggenda suggerisce che i delfini fossero i ‘maiali’ di Manannan, dio legato al mare, al regno dei morti e all’Altromondo. Per questo, anche il delfino è definito come psicopompo. Infatti, la sua effige compare nel calderone di Gundestrup, dove viene rappresentato il dio Cernunnos, dalle corna di cervo, signore degli animali e delle forze della natura, mentre con una mano tiene il serpente dalla testa di ariete, simbolo della fertilità e con l’altra offre in dono il torquis, un collare, ornamento tipico dei nobili celti. Accanto al dio, a sinistra, vi sono un cervo e un toro, gli animali sacrificali; alla sua destra una lupa, mangiatrice d’uomini, e poi un uomo che cavalca un delfino. Ciò potrebbe riferirsi al viaggio sciamanico attraverso i mondi spirituali. Anche le bianche Colombe venivano considerate portatrici di messaggi e profezie dall’Altromondo. Il passaggio tra la vita e la morte ha interessato tutte le culture. Il Corvo è considerato uno degli animali più antichi e simbolici, insieme alla Trota e al Cervo maschio che rispettivamente simboleggiano gli Elementi: Aria, Acqua e Terra. 52 Il Corvo era collegato alla dea Mórrígan, fortemente associata alla guerra, alla morte e al fato. La prima volta che Cù Chulainn la incontrò, essa si presentò vestita di rosso a cavallo di un destriero dello stesso colore, e pur offrendosi all’eroe, venne rifiutata. La dea allora scomparve e Cù Chulainn sentì il gracchiare di un corvo provenire da un ramo, e comprese che si trattava di Mórrígan, che da quel momento cominciò a inseguirlo e al momento della sua morte gli si posò sulla spalla nelle sembianze di un corvo. Il corvo imperiale era connesso alle profezie e ai messaggi dal mondo dei morti. Secondo i druidi alcuni esseri umani avevano il dono di interpretare il grido dei corvi e quindi sapevano decifrare il messaggio che proveniva dall’aldilà. Il corvo è anche l’uccello che designa gli dèi Bran e Lugh. Si narra che il corvo in origine fosse bianco e fosse pure l’uccello favorito di Lugh, che gli diede una commissione da svolgere, ovvero quella di sorvegliare la sua amante incinta, affinchè non giacesse con un mortale. Il corvo non solo permise il tradimento della giovane con un pastore, ma acconsentì di mentire al dio che, avendo il dono della preveggenza, scoprì immediatamente la bugia. Fu così che rese il corvo nero come la notte e gli impose di obbedirgli in tutto per tutto, sottraendogli quindi la libertà. Il suo volo fu considerato dai Celti colmo di presagi da interpretare. Badb, come già scritto, assumeva la forma di un corvo e volava sopra i campi di battaglia. Quando i Túatha Dé Danann giunsero in Irlanda, l’eremita Tuan Mc Cairill, che ricordava le sue precedenti incarnazioni, si trasformò in diversi animali. Lasciò la sua forma di cinghiale per trasformarsi in Falco, così da osservare dall’alto l’arrivo della popolazione, che portò nell’isola la magia del druidismo. Una delle strofe della Canzone di Amergin dice «Io sono falco su una scogliera». Il 53 falco di Aichill, nella Contea di Mayo, era considerato dalla tradizione celtica la più antica creatura del mondo, il custode della memoria primordiale, un messaggero fra i mondi e portava buoni auspici. Egli viaggiava fino al regno degli antenati, e come uccello totem, donava la preveggenza. Il Gallo è un simbolo solare, ma ugualmente collegato al mondo sotterraneo. Questi animali venivano sacrificati alla dea Brigit e sono quindi a lei connessi. Una leggenda celtica racconta che il suo canto, annunciando la luce del giorno, scacciava gli spettri e gli spiriti maligni notturni. Il Gatto è in connessione alla profezia ed è anch’esso collegato al regno dei morti, oltre ad avere la funzione di guardiano di tesori. Il difensore delle porte di Tara, la fortezza dei Túatha Dé Danann, che presto incontreremo, aveva un occhio di gatto che lo teneva sveglio di notte, mentre di giorno, lo faceva dormire. Cairpre, chiamato anche Cenn Chaitt, ovvero ‘Testa di Gatto’ portò l’Irlanda alla rovina, usurpando il potere, per cui questo animale non ha sempre avuto un significato positivo. In Irlanda, quasi certamente, il gatto era oggetto di culto nella grotta di Clogh-magh-right-cat, nella provincia di Connacht, dove la tradizione racconta di un gatto nero seduto su una sedia d’argento. Cat Sidhe è una creatura fatata della mitologia, che si dice somigli ad un grande gatto nero con una macchia bianca sul petto, ovvero una sorta di strega che poteva trasformarsi in un gatto nove volte. C’era anche un rituale chiamato Taghaim in cui si credeva che questi esseri potevano apparire per svelare la posizione di ricchi tesori. Il rituale era però piuttosto cruento e i poveri gatti comuni ne facevano spesso le spese. Durante il Samhain si credeva che lasciando fuori sulla porta di casa un piattino di latte, ciò avrebbe ingraziato queste 54 creature, viceversa avrebbero rubato tutto il latte dagli animali delle stalle. La Gru rappresentava il dio del mare e del tempo atmosferico Manannan, che possedeva un borsa fatta in pelle di gru in cui conservava i suoi magici tesori. L’effige dell’animale appare sulla schiena di cavalli dalla testa umana o di tori come il Tarvos Trigaranus, il ‘Toro dalle Tre Gru’, e ha un forte collegamento con il calderone simbolo di iniziazione e trasformazione. È pure associata alla dea Cailleach. Il Gufo fu considerato un uccello sacro e magico, e fu chiamato anche cailleach bhan, ‘vecchia donna bianca’, e quindi collegato a Cailleach. Essendo un animale notturno, il suo ruolo era quello di accompagnare le anime dei morti nell’aldilà. Ma era anche considerato uno degli animali totemici della dea madre, ma sappiamo che nel tempo la figura del gufo, spesso connessa a quella della civetta, divenne la strix, in altre parole la strega. La Lepre, associata alla luna e al femminile, era in stretto contatto alla dea madre. Durante i festeggiamenti di Beltaine, veniva fatta la caccia rituale alla lepre. Il Lupo non ha solo una visione negativa, come in tante storie, ma nella cultura celtica ha una particolare importanza, in quanto molte tribù prendono il suo nome, in quanto animale totemico. Come la lupa per Romolo e Remo, anche in Irlanda il grande re Cormac McArth fu allevato e allattato dai lupi. Sono varie le divinità ed eroi che si presentano nella forma di tale animale, come per esempio Mórrígan. Cernunnos nella foresta è accompagnato da un lupo, un orso e una lontra. Il Merlo nella tradizione celtica è chiamato druid dhubh, ed è connesso ai druidi, ma anche alla dea Rhiannon. Gli uccelli di Rhiannon sono tre merli, che cantano sull’albero della vita 55 ai confini con i mondi ultraterreni. Il loro canto, porta a uno stato di trance e alla visione di mondi paralleli. La Mucca, simbolo femminile per antonomasia, è anche l’emblema della dea, ed è ‘Colei dalle Bianche Mucche’, in altre parole la dea Boann, da cui deriva il nome del fiume Boyne. Anche la dea Mórrígan, in origine, si presentava con queste sembianze, che poi mutò quando divenne la sovrana della morte e della guerra. Le feste di Samhain e Beltaine erano associate con la transumanza del bestiame. Quando Cù Chulainn e i suoi compagni andarono nell’Altromondo, riportarono il magico calderone, la vergine Blathnat e tre mucche fatate, tutti simboli della femminilità e dell’abbondanza che vive sotto terra. Il dio associato al mare, Manannan Mc Lir, aveva i suoi armenti, le crodh mara, il ‘bestiame del mare’ che usciva dal mare e portava fortuna e chi lo vedeva. L’Orso è un altro animale totemico irlandese. Nel II secolo d.C. vi era un importante re chiamato Art Óenfer, o Orso solitario. Due cronache rispettivamente degli anni 825 e 827 d.C. descrivono Art, figlio del re irlandese Diarmait, che fu decapitato. Dal nome di quest’uomo, deriva Ua hAirt, che incontriamo nel Chronicon Scotorum del 1012, 1083 e 1095. Oggi viene chiamato O’Hart, che significa ‘nipote dell’orso’ e anche Mac Airt, ‘figlio dell’orso’, intendendo figlio del dio orso. Inoltre, Artio è la dea celtica della caccia e dell’abbondanza, spesso raffigurata con le sembianze di un’orsa, oppure insieme a questo animale. L’orso appare spesso accanto al dio Cernunnos e rappresenta la Madre Primordiale che guida e protegge, motivo per cui gli artigli dell’orso spesso diventavano potenti amuleti e talismani. Per il guerriero celtico, la scelta dell’orso come totem indicava salvaguardare il proprio clan, avere forza in 56 battaglia, aumentare la volontà e il vigore personale per sopportare la lotta, avere maggiori stimoli, pregare al momento giusto e interagire con l’autorità. Il Salmone è lo spirito guardiano del pozzi, dei laghi, dei torrenti e dei corsi d’acqua, in grado di lottare contro la corrente delle acque, che frenano la sua salita alla sorgente. Per questo, incarna il guerriero spirituale, che sfida le correnti avverse, per giungere alla sorgente, ovvero la saggezza, di cui diviene l’araldo. Sono molti altri gli animali che hanno colorito la tradizione celtca, ma terminiamo con lo Scricciolo che viene festeggiato il 26 dicembre, il celebre Wren Day che ancora viene celebrato in Irlanda. La tradizione tramanda che col suo canto condusse i soldati romani verso il rifugio di santo Stefano, che fu catturato e martirizzato. In passato, veniva cacciato e sacrificato, fissandolo ad un ramo di agrifoglio. Oggi, fortunatamente, ci si limita ad appendere al ramo di agrifoglio solo un’immagine dell’uccellino. In quella giornata, i Wren boys, ovvero dei ragazzini, bussano alle porte delle case chiedendo un’offerta. A Kilbana, nella Contea di Clare, i Wren Boy sono aduti. Si tratta di musicisti che indossando costumi tipici e che suonando vanno di casa in casa. Arriviamo ora ad alcuni simboli celtici che hanno scandito la storia dell’isola. Della Croce celtica si è già trattato e quindi passiamo alla Triquetra, che indica la triplice divinità femminile nelle sembianze di fanciulla, donna e anziana, mentre nel 57 Triquetra Nord Europa compare nelle pietre runiche. È formata da tre vesiche piscis, ovvero forme ogivali ottenute da due cerchi dello stesso raggio, che intersecandosi fanno in modo che il centro di ogni cerchio si trovi sulla circonferenza dell’altro. La Triscele o Triskelis o ancora triskele è formata da tre spirali unite in un punto centrale. Sono vari i suoi significati. Può indicare le tre fasi solari, ovvero alba, mezzogiono e tramonto; oppure il triplice volto Triscele della dea; ma anche il passato, il presente e il futuro. Si trova scolpito nella roccia vicino all’ingresso principale del monumento preistorico di Newgrange nella Contea di Meath. Mentre oggi è utilizzato come simbolo del neopaganesimo - Celtic Reconstructionist Paganism – che ha l’intento di ricostruire, in un moderno contesto culturale, le religioni celtiche precristiane. L’Arpa irlandese, chiamata anche celtica, è un simbolo importante nella cultura dell’isola. Si ritiene che l’alto re Brian Boru - morto nel 1014 - fosse un appassionato suonatore di arpa irlandese e la tenesse in grande considerazione nella corte reale. Durante il regno, era usuale che i re avessero un Arpa irlandese arpista di corte e questa usanza proseguì fino a quando Enrico VIII decise che l’arpa 58 irlandese diventasse uno dei simboli nazionale del paese. Infatti, la troviamo sullo stemma ufficiale della nazione: un’arpa dorata su scudo azzurro. La sua descrizione araldica ufficiale è la seguente: «D’azzurro all’arpa d’oro legata d’argento». Viene tramandato che le corde di tale strumento rappresentino le braccia del re, quindi l’azione regale in grado di creare un’unica armonia, partendo da tutte le direzioni. Altro simbolo fondamentale è il Trifoglio. Si riteneva che la pianta avesse poteri mistici in quanto i suoi petali si ergevano dritti per avvertire una tempesta in arrivo. Nello studio della storia celtica, si è scoperto che il trifoglio veniva usato per un incantesimo al fine di allontanare il male e quindi rappresenta la protezione dalle avversità. Ma la leggenda più famosa è quella che riguarda san Patrizio che spiegò il valore della Trinità proprio attraverso la tripartizione del trifoglio. Anche se il simbolo della trinità celtico ha preceduto quello cristiano di centinaia di anni. Esempi di nodi celtici I Nodi celtici sono rappresentazioni 59 stilizzate di nodi, ampiamente utilizzati per la decorazione nello stile celtico. La maggior parte rappresenta l’infinita evoluzione dello spirito attraverso una rete che intreccia ogni azione. Infatti, prima dell’avvento del cristianesimo, troviamo motivi a spirale, a ‘gradini’ e a ‘chiave’ che hanno dominato l’arte celtica fino al 450 d.C. Poi sono stati utilizzati per ornare manoscritti cristiani, come i Vangeli di San Teilo dell’VIII secolo, il Libro di Kells e i Vangeli di Lindisfarne. Il nodo infinito rappresenta un concetto astratto relativo a qualcosa che non ha limiti e confini. Le sue variazioni sono infinite come quelle dell’artista che le crea. Quindi, anche se i nodi celtici sembrano diversi, hanno lo stesso significato, e tutti volgono la loro energia verso l’infinito. Nei tempi moderni questi simboli si sono trasferiti su gioielli e altri piccoli oggetti, al fine di rappresentare amore, amicizia, cultura insieme alla sua identità e origine. Per cui questi simboli si trovano in fedi nuziali, in anelli di fidanzamento impreziositi da nodi infiniti, come simbolo dell’amore eterno. Gli Anelli Claddagh sono un emblema di amore, lealtà e amicizia. Vengono donati per celebrare le relazioni, e le famiglie li regalano per tramandare la cultura irlandese. Anelli Claddagh La storia di questo anello risale all’inizio del XVI secolo, quando un Irlandese di nome Richard Joyce stava pescando al largo delle coste di Galway, una settimana prima di sposarsi. Ad un tratto la barca si capovolse e 60 l’uomo venne catturato dai pirati, portato in Africa occidentale e venduto come schiavo a un orafo moresco. Passarono gli anni e Richard riuscì a fuggire dalla prigionia e tornare a casa in Irlanda. Dove ebbe una bella sorpresa. La ragazza che lo amava non si era mai sposata. Richard, che in prigionia aveva imparato le arti orafe, forgiò per questa importante occasione un anello formato da tre simboli: le mani, un cuore e una corona. Le mani significavano l’amicizia, in grado di sostenere il cuore e dunque l’amore, sormontato da una corona di lealtà. Richard e il suo amore si sposarono e si stabilirono nel villaggio di Claddagh. Il villaggio non esiste più, ma da quel tempo l’anello Claddagh è stato indossato come un segno di amore, lealtà e amicizia. Infine, ma non di minore importanza, la Croce di Santa Brigida è un altro importante simbolo, che sarà trattato tra poco, nel prossimo capitolo dedicato a questa dea pagana… che divenne santa! 61 BRIGIDA… DA DEA A SANTA Tutto parte da Brigit, Brigid o Brig, una dea pre-cristiana. Ella appare nella mitologia irlandese come parte dei Túatha Dé Danann, figlia di Dagda e moglie di Bres, con il quale ebbe un figlio di nome Ruadán. La dea è associata alla stagione primaverile, alla fertilità, alla guarigione, alla poesia e alla fucina. Era ‘la dea che i poeti adoravano’ e aveva due sorelle: Brigida guaritrice e Brigida fabbro, quindi una dea dalla triplice immagine. Successivamente, con l’avvento del cristianesimo, si verificò un’assimilazione di molte divinità pagane che diventarono parte integrante della nuova religione e da divinità pagana, Brigida divenne santa. Ma le caratteristiche rimasero le stesse e la già citata festa di Imbolc, che segna l’inizio della primavera, ne è la prova. Infatti, la tradizione tramanda che alla vigilia di tale festa Brigida visitasse famiglie oneste e le benedisse. Inoltre, Brigida rappresentava la metà dell’anno più facile da vivere, in quanto dal buio invernale si arrivava alla luce primaverile, per cui il suo potere era particolamente importante, in quanto connesso alla rigenerazione della terra. Alla vigilia della festa, ogni famiglia preparava una cena speciale e Brigida era invitata, non solo a mangiare, ma anche a dormire. Nel nord dell’Irlanda, vi era la tradizione che una persona della famiglia rappresentasse Brigida. La prescelta doveva compiere il giro della casa tre volte trasportando dei giunchi, poi doveva bussare alla porta tre volte. Al terzo battito sulla porta, poteva entrare e mangiare, mentre i giunchi venivano usati per creare il suo letto, oppure delle croci. A volte veniva messa una bacchetta di betulla vicino al talamo, credendo che Brigida l’avrebbe usata per far ricrescere la vegetazione. Poi venivano lasciati 62 fuori dalla casa degli indumenti affinchè la santa li potesse benedire e al mattino venivano portati nuovamente all’interno. Nel frattempo, questi avevano acquisito poteri di guarigione e protezione. Il fuoco nel camino doveva essere lasciato acceso tutta notte e al mattino si poteva guardare nella cenere le tracce che Brigida aveva lasciato. Un’altra usanza era quella di costruire una sorta di simulcro che rappresentava la santa e farlo sfilare nelle comunità di giovani donne. Questo era costruito con giunchi, pezzi di stoffa, fiori e conchiglie, e veniva chiamato Brídeóg, ma anche Biddy. Fino alla metà del XX secolo, i bambini in Irlanda andavano di casa in casa, chiedendo soldini per la ‘povera Biddy’. Nella Contea di Kerry, invece, erano uomini vestiti di bianco che praticavano questo rituale, cantando. Vi erano poi le croci di Brigida, che venivano realizzate a Imbolc, con giunchi intessuti, formati da quattro braccia legate alle estremità e un quadrato intrecciato nel mezzo. Vi erano anche versioni Brídeóg di croce a tre braccia. Queste venivano appese sopra porte, finestre e stalle per accogliere Brigida e per proteggersi da incendi, fulmini, malattie e spiriti maligni. Nel Connacht occidentale, si realizzava la Crios Bríde (‘cintura di Brigida’) che consisteva in un grande anello di giunchi con una croce intrecciata nel mezzo. I giovani lo 63 portavano in giro per il villaggio e la gente lo attraversava per essere benedetta. Ancora oggi, per celebrare la santa, si costruiscono queste croci, oppure si visitano i pozzi sacri a lei dedicati, nel giorno della sua festa. Nella città di Killorglin, nella Contea di Kerry, viene celebrato ogni anno il Biddy’s Day Festival. Uomini e donne indossano raffinati cappelli di paglia e maschere, mentre visitano le case del villaggio portando una Brídeóg come buon auspicio, il tutto accompagnato da canti e balli. Segue una parata con le fiaccole attraverso la città seguita da una gara di canto e danza. Una leggenda racconta che un pagano di Kildare stava morendo, per cui i cristiani della sua famiglia mandarono Brigida a parlargli di Cristo. Quando ella arrivò, egli stava delirando e quindi era possibile pensare a una conversione. Brigida allora stette al suo fianco e cominciò a raccogliere i giunchi che erano disseminati sul pavimento, come era di consuetine nelle case irlandesi per mantenere il calore. Ella cominciò a intrecciare una croce e il malato, interessato al procedimento, prese a parlarle. Il suo delirio si placò e quindi riuscì a convertirsi in punto di morte. Da allora è rimasta la memoria di queste croci. Secondo la tradizione, santa Brigida nacque vicino a Dundalk, nella Contea di Louth, intorno al 451 d.C. e si convertì al cristianesimo, ispirata dalla predicazione di san Patrizio, a soli 6 anni. Fondò diversi conventi, il primo fu quello di Clara, nella Contea di Offaly, ma il più importante fu sicuramente quello dell’Abbazia di Kildare, fondato nel 470, che era sia femminile che maschile, di cui divenne badessa. Secondo una leggenda, l’anziano vescovo Mel, mentre la stava benedicendo, lesse per errore il rito di ordinazione a 64 vescovo e, come ogni sacramento, questo non poté essere annullato, per cui Brigida e tutte le badesse che le successero a Kildare ebbero la stessa autorità amministrativa di quella di un vescovo fino al Sinodo di Kells, del 1152. Brigida morì a Kildare intorno al 525 e fu sepolta davanti all’altare maggiore dell’abbazia. Successivamente i suoi resti vennero riesumati e portati a Downpatrick per giacere con gli altri due santi patroni d’Irlanda, san Patrizio e san Columba di Iona. Vi sono tante leggende sul suo conto, come il fatto che fosse figlia di una donna che era al servizio di un druido. Per non parlare dei miracoli che fece ovunque. Uno di questi fu simile a quello della trasformazione dell’acqua in vino di Gesù, solo che trasformò l’acqua in birra e avvenne nella Contea di Meath. Molti autori hanno rilevano la connessione tra la dea e la santa, anche per via dei numerosi culti che sono proseguiti nella storia. Per esempio, in Irlanda, i pozzi sacri risalgono all’antica tradizione celtica e sono tuttora meta di pellegrinaggio. Questo è il caso della cosiddetta Fontana di Santa Brigida (St. Brigid’s Well) a Liscannor nella Contea di Clare, dove l’ultima domenica di luglio si effettua tuttora un un importante pellegrinaggio. Inoltre, una leggenda tramanda che la dea sia stata bruciata all’alba del primo di febbraio nel corso della festa di Imbolc, in accordo all’antico rituale celtico, e da quell’evento nacque la nuova Brigida, che divenne la santa patrona del focolare, della casa, delle fontane e delle guarigioni. Non c’è che dire, la dea ha sempre avuto mille volti… 65 SAN PATRIZIO TRA SANTITÀ E LEGGENDA Patricius Magonus Sucatus (385-461 d.C. ) ovvero Patrizio, il santo che simboleggia l’Irlanda, non si sa bene dove nacque, si dice in Scozia nel villaggio chiamato Bannavem Taberniae o a Kilpatrick, vicino Dunbarton. Il padre Calpurnius era diacono e aveva il ruolo di riscuotere le tasse. Verso il 405 d.C., Patrizio fu reso prigioniero da briganti irlandesi e venduto come schiavo a Muirchu, un re del Nord. Fu così che si rivelò il suo contatto con Dio, in quanto visse per sei anni in prigionia tra le montagne assieme alle pecore che sorvegliava, ma la solitudine gli consentì un accostamento profondo con la fede. In sogno una voce lo esortò a fuggire, in quanto avrebbe trovato una nave per ritornare a casa. Così avvenne, ma non appena giunse sulle coste della Britannia, fu un’altra volta imprigionato dai banditi. Possiamo solo 66 immaginare lo sconforto di Patrizio, che non vide via di scampo, ma questa volta andò diversamente, in quanto udì nuovamente la voce di Dio che gli disse che la sua prigionia sarebbe stata breve, appena due mesi. Così avvenne puntualmente e da quel momento Patrizio cominciò a viaggiare con lo scopo di divulgare il Vangelo. Tra il 412 e il 415 d.C. studiò al monastero di Lerins, in un’isola vicino alla Costa Azzurra, e terminò gli studi ad Auxerre, dove seguì gli insegnamenti di san Germano e fu ordinato sacerdote nel 417 d.C. circa. La tradizione narra che egli sentì in sogno la voce degli Irlandesi che gli chiedevano di ritornare nella terra dove fu schiavo. Per questo, Patrizio tornò in Irlanda e cominciò il suo apostolato, al fine di convertire la popolazione al cristianesimo. Nel 432 d.C. san Germano lo nominò vescovo ed egli andò in Irlanda a sostituire il vescovo Palladio, appena deceduto. Il primo personaggio a essere convertito fu Dichiu, il proprietario terreno che ospitò Patrizio e i suoi seguaci. Ma per dare una svolta importante alla sua predicazione, occorreva dare un segno altrettanto potente. Fu così che il futuro santo e i suoi fedeli crearono e poi incendiarono una pira a Tara, quando la tradizione voleva che fosse il re – a quel tempo Laoghaire - a compiere tale gesto rituale, che simbolicamente segnava l’inizio della primavera. Patrizio si dimostrò gentile, ma risoluto nello spiegare le sue intenzioni, che erano semplicemente quelle di diffondere il nuovo credo, per cui il re lo invitò a Tara. I druidi temerono di perdere il loro potere, per cui gli chiesero di dimostrare la potenza del cristianesimo attraverso un miracolo, ovvero fare nevicare. Nonostante Patrizio rispose che questo era solo nelle mani di Dio, la neve cominciò a scendere in piena primavera e non appena egli si fece il segno della croce, la 67 neve si sciolse. Ciò spinse il re a informarsi meglio su questa religione, che lo aveva profondamente colpito. Patrizio cominciò a spiegare il valore della Trinità, anche se i druidi lo derisero. A quel punto, egli raccolse da terra un trifoglio e lo mostrò facendo notare come la sua forma evocasse la Trinità, ovvero un triplice aspetto del divino, unito però in un unico gambo, ovvero in un’unica entità. Il re rimase suggestionato da questa spiegazione, e pur non convertendosi per non rinnegare le sue radici, permise al santo la predicazione del nuovo verbo, che molto presto portò a una conversione di massa. Nel 441 d.C. egli ricevette dal papa Leone I le reliquie dei santi Pietro e Paolo. Morì il 17 marzo del 461 d.C. a Downpatrick, nell’Ulster. San Patrizio viene raffigurato con varie immagini: mentre conduce i serpenti fuori dall’Irlanda; mentre predica con un serpente arrotolato attorno al suo bastone pastorale; con un trifoglio in mano; con libro e penna; con i diavoli ai suoi piedi e un angelo sopra di lui. Ha il patronato dell’Irlanda e anche della Nigeria, che venne evangelizzata da missionari irlandesi. Si festeggia il 17 marzo. Egli fece costruire chiese, monasteri e scuole ovunque e nel corso del libro lo vedremo in vari miracoli, che in fondo non fecero altro che sostiture quelli dei mitici dèi irlandesi. 68 SAN COLUMBA DI IONA E LE DITA LUMINOSE San Columba (521-597 d.C.) fu un abate irlandese e un evangelista missionario che diffuse il cristianesimo, creando la missione hiberno-scozzese. È il santo patrono di Derry e attualmente viene ricordato come uno dei dodici apostoli d’Irlanda, ove viene chiamato Colmcille. Columba nacque in un quartiere accanto a Lough Gartan, a Tír Chonaill, nell’attuale Contea di Donegal, nel nord dell’Irlanda. Era nobile e, da parte di padre, pronipote di Niall Noigíallach, il re irlandese del V secolo che, secondo la tradizione, rapì san Patrizio durante un’incursione in Scozia, portandolo con sé in Irlanda ancora ragazzo. Columba studiò alla scuola di san Finnian di Clonard, dove si narra ebbe una pesante controversia con Finnian, per aver copiato di nascosto un prezioso salterio. La leggenda tramanda che Columba lo ricopiasse al buio, scrivendo con la mano destra, mentre le dita della sua mano sinistra gli facevano luce. Quando Finnian scoprì l’inganno, gli intimò di restituire la copia, in quanto l’aveva prodotta senza autorizzazione. Dapprima Columba rifiutò, poi si vide costretto a farlo, ma non senza conseguenze. Per cui, nel 561, avvenne la ‘battaglia del libro’, a Cooldrumman (Cúl Dreimhne), nei pressi di Drumcliff, ai piedi del Benbulben, nella Contea di Sligo, dove Columba ebbe la meglio. Le vittime avversarie furono 3000, mentre dalla parte di Columba vi fu un solo morto. Inutile dire che ciò non fu un gran risultato per un uomo religioso, che avrebbe dovuto predicare la pace, per cui come penitenza andò a lavorare come missionario in Scozia, per convertire almeno il numero di persone che erano morte 69 nella battaglia. Egli andò dunque in esilio, senza mai più rivedere l’Irlanda. La fonte principale di informazione sulla vita di Columba è la Vita Columbae di Adomnán. Tra l’altro, la prima citazione storica del nome di re Artù, appare proprio in tale testo. Inoltre, sempre in questo libro, appare la prima descrizione relativa al mostro di Loch Ness. Columba incontrò un gruppo di Pitti mentre stavano seppellendo un uomo ucciso dal mostro e lo riportò Columba di Iona in predicazione in vita. Secondo un’altra davanti a Bridei storia, egli salvò un uomo che J. R. Skelton si trovava in acqua con il segno della croce e lanciò un’invettiva contro il mostro che, spaventato, fuggì via. San Columba si festeggia il 9 giugno. 70 KING ARTHUR E LA LEGGENDA DEL SACRO GRAAL Una delle storie più misteriose mai conosciute che ancora cattura l’attenzione di studiosi e ricercatori è certamente quella legata al ciclo arturiano. Ne conosciamo le leggende e i simboli, ma ancora non si conosce quale sia la vera origine di questo personaggio e soprattutto se sia reale. Lo storico inglese Dane Pestano ha realizzato una ricerca che poi è culminata in un libro King Arthur in Irish Pseudo-Historical Tradition, dove spiega che la leggenda arturiana è stata ispirata dalla vita di Muirchertach mac Ercae (Mac Ercae). Egli regnò in Irlanda nel VI secolo, ad An Grianán, nella penisola di Inishowen, nel Donegal. L’autore stesso scrive che, presumibilmente, Mac Ercae fu il primo re cristiano d’Irlanda che regnò dal 510-513 circa fino al 534-537 circa. Negli annali del Galles è riportato che re Arthur morì nel 537. Mac Ercae combatté numerose battaglie, e assunse la sovranità di Gran Bretagna, Scozia, Danimarca e Orcadi; fu sempre seguito e consigliato da un druido, ed ebbe una ‘Triplice morte’, tema caratteristico della mitologia, della letteratura celtica e anche del ciclo arturiano stesso. Ma vi sono molte altre somiglianze, come il nome della moglie, molto vicino a Gwenever, quando tradotto in gallese. Vi sono anche legami tra la figura di Merlino nella leggenda arturiana e il vescovo Cairneach che ebbe grande influenza sul re Mac Ercae. L’origine della leggenda di Arthur è stata per molto tempo motivo di contesa per storici e genealogisti. Una teoria avanzata dallo storico Michael Wood, in una serie per la BBC, sostiene che il mito potrebbe essersi evoluto dalla storia del guerrafondaio Artúr mac Áedáin, che partì dal regno di 71 Dál Riata nella parte settentrionale dell’Irlanda combattere i Pitti e fu ucciso in battaglia nel 582. per Si è sempre più vicini a scoprire l’origine di questo fantastico personaggio. Ma vediamo meglio una serie di simbologie che lo riguardano. Alcuni studiosi dividono la storia della cultura occidentale in due grandi fasi, la prima viene fatta risalire al periodo grecoromano, il cui inizio viene segnato dalle opere di Omero, mentre invece la seconda con il Basso Medioevo. Per cui i romanzi arturiani, essendo venuti alla luce tra il 1150 al 1250 d.C., vengono considerati alla stregua di un preludio alla seconda fase. Il fatto straordinario che contraddistingue queste leggende è che tali opere appaiono praticamente all’improvviso. Bisogna però prima sottolineare come la cultura celtica, culla del ciclo arthuriano, avesse a fondamento della propria mentalità un assoluto rispetto per il singolo individuo e per il suo cammino specifico, traducibile nella figura dell’eroe che emerge e spicca in contrapposizione al gruppo sottomesso alle regole sociali. Un senso di individualità così forte si può scorgere anche nel pensiero greco, in cui un membro della società veniva considerato un cittadino, ovvero un elemento unico la cui volontà era in grado di influenzare in maniera sensibile la vita comune. Numerosi sono i romanzi legati al Graal, anche se comunemente quelli di riferimento sono tre. Il primo è Le Roman de Perceval ou le conte du Graal di Chrétien de Troyes, scritto tra il 1175 e il 1190 circa, poi vi è il Parzival di Wolfram von Eschenbach - da cui Richard Wagner ne trasse l’omonima opera - risalente al 1210 circa, e in ultimo troviamo La Queste del Saint Graal, scritto da un monaco cistercense del XIII secolo, rimasto anonimo sino a noi. In realtà, questo romanzo diede seguito a un ulteriore lavoro 72 minore, Storia del Sacro Graal, nel quale esso viene apertamente identificato con la coppa dell’Ultima Cena, in cui venne raccolto il sangue di Gesù deposto dalla croce. Si hanno così, in linea di principio, due versioni principali: quella eroica nata in seno alla cultura dei miti celtici e quella cristiana rielaborata dai monaci cistercensi. Da sottolineare però che le due visioni differiscono completamente, tanto da potersi ritenere una l’opposta all’altra. Mentre, infatti, la compilazione influenzata dalla visione celtica pone l’accento sulla figura dell’eroe, quella di origine cristiana fonda il proprio pensiero sui riti, sulle norme e sulle leggi. In altre parole, secondo quest’ultima visione, ciò che risulta veramente importante è l’appartenenza a un gruppo, essere cioè un organo inserito in un organismo. Il romanzo La ricerca del Sacro Graal inizia con i cavalieri invitati alla tavola di re Arthur il quale però non permette che il banchetto inizi finché non accada un evento straordinario. Ecco allora che dei messaggeri angelici portano, coperto da un velo, il Sacro Graal. Si tratta di un’apparizione, perché dopo pochi istanti, tutto scompare lasciando i presenti meravigliati e attoniti. Il nipote di Arthur, Gawain, interviene subito proponendo una spedizione per trovare il Graal, così da poterlo vedere senza veli. I cavalieri decidono di partire, ma ognuno per conto proprio, credendo che ciò sia più opportuno che viaggiare in gruppo. Il viaggio inizia e ogni cavaliere entra nella foresta nel punto in cui «essa era più buia e non c’era sentiero» come ricorda l’opera stessa. Non solo, ma coloro i quali, durante la ricerca, trovano un sentiero già battuto da qualcun altro e decidono di seguirlo, sono destinati a perdersi rovinosamente. In questi passi appare esposta in maniera straordinaria l’idea della ricerca personale, tesa alla realizzazione interiore e 73 spirituale. Innanzitutto la meta di tale ricerca viene mostrata agli uomini coperta da un velo e in ciò viene sviluppato il concetto specifico del simbolo, il quale non è l’oggetto in sé, ma rappresenta la scintilla che spinge l’uomo verso la Verità. Ma cos’è questa Verità nascosta? Alcune culture la simboleggiano con il ‘cuore’, nascosto nel petto dell’uomo, altre appunto con il ‘vaso’. Si può nondimeno affermare che il cuore umano sia il vaso che sempre si riempie e sempre si svuota della vita. Quindi ogni cavaliere della leggenda deve forzatamente cercare la propria strada autonomamente. La coppa del Graal è l’equivalente simbolico del Cuore di Cristo poiché, come quest’ultimo, esso contiene il suo sangue. Secondo la tradizione, quando Lucifero venne scacciato da Dio nella sua caduta perse uno smeraldo incastonato al centro della sua fronte. Questo fu poi raccolto dagli angeli i quali lo intagliarono fino a farne il Sacro Graal. Questa versione richiama in maniera molto precisa la perla frontale che gli induisti portano sulla fronte laddove viene idealmente localizzato il ‘terzo occhio’, ovvero ‘il senso dell’eternità’. Secondo la leggenda, il Santo Graal, dopo la resurrezione di Cristo, venne portato in Gran Bretagna da Giuseppe d’Arimatea e da Nicodemo. Fu così che ebbero inizio le gesta dei Cavalieri della Tavola Rotonda. Da notare come l’appena citata Tavola Rotonda con i suoi dodici cavalieri sia, dal punto di vista simbolico, uguale al grafico dell’oroscopo circondato dai dodici segni zodiacali. Nell’addentrarsi nei parallelismi che la Coppa del Sacro Graal suggerisce troviamo un’infinità di riferimenti e suggestioni, non ultimo quello floreale. Infatti, comunemente 74 si pensa al calice di un fiore, così come si è sempre visto un calice nella rappresentazione del Graal. Il riferimento simbolico più antico equivalente a quanto appena detto è rintracciabile nei graffiti preistorici della falce di luna. Se nelle leggende arturiane e nella religione cristiana il calice è associato sempre a figure maschili, come i cavalieri e Gesù appunto, a livello preistorico, invece, il calice ha una natura femminile direttamente collegata al ventre, contenitore della vita. A volte, la Grande Madre, dea preistorica scolpita come una donna gravida dal ventre e dai seni enormi, stringe nella mano destra un corno di bisonte con tredici linee verticali che corrispondono esattamente alle notti tra la prima falce lunare e la luna piena. La mano sinistra invece poggia dolcemente sull’addome. Chiaramente si tratta della connessione tra i cicli lunari e quelli mestruali. Non è un caso se anche in questo caso emerga fortemente la presenza del sangue. Anticamente l’uomo non aveva associato il concepimento con l’atto sessuale, per cui la gestazione e il parto venivano percepiti, molto probabilmente, come un miracolo puramente femminile. Il ventre femminile, calice che contiene la vita umana, era associato alla falce di luna, calice cosmico, entrambi contenitori del sangue, inteso come linfa assoluta dell’esistenza. Il nome Arthur è associato ad Artemide e ad Arcturus, nomi a loro volta legati all’orso, la più antica divinità del mondo. In Europa vi sono templi a lui consacrati che risalgono sino a 100.000 anni a.C. Arto-rig-IO, la cui radice, Arto-rig- ‘Re orso’ si trova nel vecchio nome personale irlandese Art-ri. Altre tracce di Arthur precedenti alle opere medievali prima citate le troviamo nei testi dei cronisti romani come Gildas di 75 Rhuys (morto nel 570 d.C.) e Nennius (800 d.C. circa) i quali si riferiscono a lui con l’appellativo di dux bellorum, ovvero comandante militare. Si trattava molto probabilmente di un guerriero irlandese addestrato dai Romani che però si era posto a capo degli eserciti celtici contro i Romani stessi. Molto interessante è il fatto che vengono sino a noi riportate dodici grandi battaglie da lui vinte. Come non notare che il numero dodici ritorna nei cavalieri al servizio di re Arthur, quello leggendario dei romanzi medioevali? L’associazione con lo zodiaco è pertinente e richiama al fatto che Arthur sia l’ennesima identificazione del dio-sole. Nella mitologia irlandese, e per alcuni studiosi, Arthur sarebbe un personaggio ispirato a Cú Chulainn, protagonista dei poemi epici prima citati e Art, in irlandese, significherebbe ‘roccia’, un ennesimo codice di pietra. Non solo. Vale la pena di ricordare la leggenda a proposito dell’isola di Man, nel mare d’Irlanda, dove vissero i sacerdoti druidi che crearono una suddivisione del potere legata alla loro sapienza magica. Uther Pendragon era un guerriero che aveva ricevuto la sua iniziazione proprio su questa magica isola. Egli guidò le armate del fratello in Irlanda per aiutare Merlino a portare le pietre di Stonehenge in Britannia. Ma non ultimo, egli era il padre di Arthur… re Artù in persona! Rimaniamo tra storia e leggenda, alfabeti cavallereschi e iniziatici, per incontrare un antico alfabeto, per molti uno dei codici più magici del mondo, ovvero quello oghamico. 76 OGHAM UN MAGICO ALFABETO Questo antico sistema di scrittura è scolpito nelle pietre in tutta l’Irlanda. Non è facile datare con esattezza l’origine dell’Ogham. Le iscrizioni sulle pietre irlandesi risalgono al V e VI secolo d.C., anche se l’origine è certamente precedente, si ritiene intorno al IV secolo d.C., anche se varie ricerche lo farebbero risalire al I secolo a.C. Una scuola di pensiero ritiene che fosse un alfabeto criptico creato dai druidi al fine di comunicare in segreto contro con l’Impero Romano, posizionato allora nella Gran Bretagna meridionale, e che minacciava l’invasione dell’Irlanda. Un altro versante di pensiero ritiene che questo alfabeto sia stato creato dalle prime comunità cristiane in Irlanda, allo scopo di realizzare dei caratteri uniformati per brevi messaggi e iscrizioni in irlandese. Se invece seguiamo la leggenda, in vari testi, come il Lebor Gabála Érenn, che abbiamo già incontrato, viene citato l’Auraicept na n-Éces, una delle tre principali fonti della tradizione manoscritta sull’alfabeto oghamico. Vi sono poi altri testi sul folklore irlandese medievale, in cui si afferma che l’Ogham fu creato dopo la caduta della Torre di Babele, insieme al linguaggio gaelico, dal leggendario re scita Fenius Farsa, figlio di Boath, a sua volta figlio di Magog, in linea genealogica a Jafet, uno dei figli di Noè. La sua forma originale comprendeva circa 80 suoni dal gaelico, con 20 simboli disposti in quattro gruppi di cinque. Ogni gruppo, o aicme (‘famiglia’), era costituito da singole linee, intagliate su legno o pietra. Ogni lettera veniva rappresentata da una a cinque linee, raggruppate in sequenze, sempre da una a cinque, e situate in varie posizioni, a sinistra, a destra, diagonalmente o attraverso una linea che costituiva il fulcro dello scritto. 77 L’Ogham si sviluppò durante l’Impero Romano e oltrepassò i confini imperiali. Il fatto che abbia cinque simboli vocalici (sebbene il gaelico ne abbia dieci) è uno dei motivi per cui gli studiosi ritengono che vi sia una connessione con l’alfabeto latino, che utilizza a sua volta cinque vocali. Alcune pietre mostrano l’influenza cristiana, con croci intagliate e la parola primitiva irlandese Koi, che si reputa sia la traduzione della formula funeraria latina cristiana hic iacit. In Lebor Ogaim (‘Il libro di Ogams’), conosciuto anche come Ogam Tract, è un vecchio trattato irlandese sull’alfabeto oghamico. Il libro tratta una serie di circa 100 varianti o ‘modalità segrete’ di scrittura di Ogham. La creatività di questo alfabeto era unita alla sua funzione di educazione linguistica gaelica. Come per le rune, ogni simbolo Ogham ha un nome: la lettera ‘b’ è chiamata Lebor Ogaim beithe, ‘betulla’ e la lettera ‘c’ è coll , ‘nocciolo’. Il bardo, l’antico poeta-cantore dei popoli celti, imparava questi nomi e usava 78 le sequenze di Ogham aicme per creare liste per la memorizzazione. Ad esempio, il primo aicme ‘b, l, v / f, s, n’, creava la serie per Énogam (‘uccelli-ogham’) e si leggeva così: besan (‘fagiano’), lachu ‘(anatra’), faelinn (‘gabbiano’), seg (‘falco’) e naescu (‘beccacino’). In questo stesso modo veniva creata una lista geografica, per esempio la Linnogam (‘poologham’) relativa ai principali porti: Berba (‘Barrow’), Luimnech (‘Limerick’), Febal (‘Foyle’). Mentre, Ceallogam, rappresentava la ‘chiesa-ogham’, ed elencava le chiese: Beanchar (Bangor), Liath, Ferna e così via. Per cui esiste Dathogam ‘colori-ogham’, Ogam tirda, ovvero oghamagricolo, Ogam Uisceach relativo all’Ogham delle acque, Conogam e cioè le razze dei cani, Bo-ogam in relazione alle diverse tipologie di mucche, Danogam collegato ad arte e artigianato. Sempre l’Ogam Tract attribuisce al dio Ogma l’invenzione di tale alfabeto. Egli faceva parte dei mitici Túatha Dé Danann, e viene spesso considerato legato al dio gallico Ogmios. La leggenda racconta che egli fosse abile nel linguaggio e nella poesia, per cui inventò l’Ogham come prova della sua ingegnosità e per creare un linguaggio utilizzabile dai sapienti. Ogni lettera di questo alfabeto è associata ad un albero, infatti, il nome stesso Ogham craobh significa ‘scrittura arborea’. Il primo messaggio scritto in Ogham consisteva in sette ‘B’ incise su una betulla, e fu inviato come avvertimento a Lug mac Elathan. Il significato era il seguente: «Tua moglie sarà portata via sette volte nell’Altromondo a meno che la betulla non la protegga». Per questo la lettera ‘B’ si dice in riferimento alla betulla. Nel testo Lebor Ogaim tutte le lettere prendono il loro nome dagli alberi, concetto che appare anche nel Auraicept na nÉces. Questo codice arboreo ha influenzato particolamente 79 l’autore Robert Graves nel suo libro La Dea bianca, testo che ha particolarmente ispirato il neopaganesimo. Graves prospettò che l’alfabeto oghamico raccogliesse una serie di credenze originarie del Medio Oriente ai tempi dell’Età della pietra, attinenti ai riti legati al culto della dea della luna, nelle sue varie forme. Secondo la sua ricerca, Ebrei, Greci e Celti furono tutti influenzati da un popolo originario dell’Egeo, chiamato ‘popolo del mare’ che, dall’Egitto, si espanse in Europa nel II millennio a.C., divulgando le proprie credenze religiose. Queste tradizioni furono ordinate in forma alfabetica dai poeti, al fine di trasmettere il culto della dea solo agli iniziati. Attraverso i druidi della Gallia, ciò arrivò fino ai poeti dell’Irlanda antica. L’alfabeto degli alberi creò un antico calendario relativo alla magia della natura. Ancora oggi, le persone che seguono il neopaganesimo utilizzano questo alfabeto a scopo divinatorio e propiziatorio, avvalendosi della magia che ogni segno racchiude in sé. D’altronde ogni parte della natura conserva e nasconde segreti, e gli alberi sono i veri maestri. Ma ricordiamo che anche il comune alfabeto ha ispirato alcuni grandi personaggi, che attraverso le parole hanno raccontato i misteri della natura, in altre parole… la magia. 80 Ogham WILLIAM BUTLER YEATS TRA LETTERATURA ED ESOTERISMO William Butler Yeats (Dublino, 13 giugno 1865– Roquebrune-cap-Martin, 28 gennaio 1939). Nacque da una famiglia di origine inglese, il padre pittore e la madre proveniente da una famiglia di commercianti protestanti. Pubblicò giovanissimo la sua prima raccolta di poesie, I viaggi di Ossian (The wonderings of Oisin, 1889), manifestando già il suo William Butler Yeats interesse verso la mitologia irlandese. Nel 1892, a Dublino, fondò la Società Letteraria Irlandese. La capacità di scrittura automatica della moglie colse il suo massimo interesse e forse da quel momento cominciò ad aprirsi a un mondo simbolico ed ermetico. Prometto inoltre giuro che, con il Consenso divino, a partire da questo giorno mi dedicherò alla Grande opera… cioè a purificare ed esaltare la mia Natura Spirituale, affinché, con l’Aiuto Divino, io possa al fine divenire più che umano, e così elevarmi gradualmente e unirmi al mio Genio Divino Superiore, e che in tal caso non abuserò del grande potere a me affidato. 81 Con questa promessa dichiarata cominciò il suo cammino esoterico, nel momento in cui aderì alla Golden Dawn, l’Ordine ermetico dell’Alba Dorata, società iniziatica di cui divenne figura di rilievo, insieme alla moglie. I suoi primi incontri con lo studio e la pratica dell’occulto avvennero già mentre era al college, a Dublino. La sua istantanea fascinazione per le attività occulte, metafisiche e paranormali lo accompagnò per tutta la vita. La sua passione per il misticismo e l’esoterismo si tradusse anche attraverso la sua poesia e i suoi scritti. Yeats cercò sempre il contatto con il mondo degli spiriti attraverso ricerche e pratiche occulte, ma anche grazie al coinvolgimento di diverse donne nella sua vita. Il suo percorso esoterico si inseriva in una tradizione letteraria protestante irlandese che includeva Sheridan Le Fanu, autore soprattutto di opere su fantasmi e parapsicologia; Charles Maturin, che in un’opera scrisse a proposito del patto col diavolo; Bram Stoker, che oltre a scrivere il famoso Dracula fece parte egli stesso della Golden Dawn ed Elizabeth Bowen, figura centrale nella letteratura gotica del XX secolo, che esplorò due regni: la politica rivoluzionaria della classe sociale e della sessualità femminile. Durante gli studi alla Metropolitan School of Art di Dublino Yeats incontrò il poeta, drammaturgo e pittore George Russell che ispirò il suo interesse per il misticismo, dandogli una copia del Buddhismo esoterico di Alfred Percy Sinnett. La reincarnazione, la comunicazione con i morti, la medianità, i sistemi soprannaturali e il misticismo orientale divennero quindi il tema centrale della sua vita. Nel 1885 divenne membro fondatore della Dublin Lodge of the Hermetic Society con Russell. 82 Quando la famiglia Yeats tornò a Londra nel 1887, il giovane poeta fece visita a Madame Helena Blavatsky, la famosa occultista e fondatrice della Società Teosofica, a cui si unì e dalla quale in seguito fu espulso dalla Società. Nel marzo del 1890, ancora alla ricerca di risposte più profonde, entrò a far parte dell’Ordine Ermetico della Golden Dawn di Londra, una società segreta piuttosto ombrosa che praticava la magia rituale. Altri membri ne fcevano parte, come l’attrice Florence Farr, l’autore gallese Arthur Machen e gli scrittori inglesi Evelyn Underhill e Aleister Crowley. Frequentò e amò Maud Gonne, che divenne la sua musa ispiratrice e a cui chiese di sposarlo innumerevoli volte e altrettante ricevette un rifiuto, fino a che celebrarono un matrimonio spirituale attraverso la Golden Dawn, per stemperare la tensione amorosa e l’impossibilità di un’unione fisica. A un certo punto, Yeats cercò una guida occulta a causa di una crisi nella sua vita privata. Nel frattempo, stava frequentando l’attrice Mabel Dickinson, che cercò di convolare a giuste nozze con lo scrittore, facendogli credere di essere incinta. Gli spiriti, attraverso un medium, comunicarono a Yeats che la donna lo stava ingannando, e così fu. Quindi anche quel matrimonio non si fece. Nel frattempo cominciarono i conflitti all’interno della Golden Dawn, di cui lo scrittore fece parte per oltre trent’anni. Si trattava di dissidi di potere all’interno dell’Ordine, sia con Farr che con McGregor Mathers. Dopo che l’organizzazione cessò di esistere e si frammentò in varie propaggini, Yeats rimase all’interno dell’Ordine conosciuto come la Stella Mattutina fino al 1921. 83 La visione dell’occulto nella poesia di Yeats è intrisa di messaggi spirituali e legati all’ignoto. Il misticismo figura in modo prominente nella sua visione sulla reincarnazione dell’anima, così come nel suo modello filosofico usato per spiegare il viaggio dell’anima, il passaggio del tempo e la guida del destino. Il misticismo e l’occulto si presentano ripetutamente nella sua poesia, più esplicitamente in The Second Coming, ma anche in poesie come Sailing to Byzantium. Nel suo libro The Muses of W. B. Yeats, Joseph Hassett sottolinea che Yeats arrivò a sposare Hyde-Lees in parte per sfuggire al tumulto emozionale derivato dalla sua relazione con Maud Gonne, anche se temeva che la quotidianità di coppia gli costasse la sua ispirazione poetica. Durante la luna di miele, sua moglie riuscì però a stupirlo, parlandogli con la voce di un messaggero dell’Altromondo, che aveva segreti da svelare. Con suo grande stupore, questo ‘messaggero’ dal nome George, gli rivelò che il momento dell’unione sessuale era un portale per la conoscenza del mondo spirituale - una conoscenza che portava con sé un linguaggio metaforico radicato in un sistema di credenze di straordinaria potenza e ricchezza. Questo fu l’inizio del lungo esperimento chiamato ‘scrittura automatica’, in cui la mano e la penna di ‘George’ servivano da strumenti inconsci per il mondo degli spiriti che inviavano informazioni. Yeats e sua moglie tennero più di quattrocento sessioni di scrittura automatica, producendo circa 4.000 pagine, poi da studiare e organizzare pazientemente. Da queste sessioni, Yeats formulò teorie sul significato dell’esistenza e sulla storia umana. Egli creò un complesso sistema di spiritualità, usando l’immagine di ganci interconnessi - simili a coni a spirale 84 per tracciare lo sviluppo e la reincarnazione dell’anima. Yeats credeva che la storia fosse determinata dal destino e che il destino rivelasse il suo piano nei momenti in cui l’umano e il divino interagiscono. Nel 1923 riceve il Premio Nobel per la letteratura. Successivamente, nel 1925, pubblicò le sue intricate teorie sulla personalità e la storia in A Vision, che venne sostanzialmente rivisto nel 1937. Alcuni degli schemi simbolici con cui enunciò queste teorie fornirono uno sfondo importante per molte poesie e drammi che scrisse durante la seconda parte della sua carriera. Questo autore è ricordato in vari luoghi di Sligo. Per esempio nella Yeats Memorial Building, una ex banca del 1895. Il Centro propone una mostra che segna i momenti salienti della sua vita e varie bozze di manoscritti. C’è anche una statua che lo ricorda che fu eretta nel 1989. Si trova di fronte alla Ulster Bank, un edificio che egli ammirava particolarmente. Un’altra sua traccia si trova presso la Lissadell House, edificio storico a Raghly, che fu anche l’abitazione della nazionalista rivoluzionaria e socialista Constance GooreBooth, dove Yeats passava le sue vacanze. Lo scrittore stesso vide in questa casa il fantasma di uno dei suoi amici, sulle scale. Si dice pure che questo edificio sia frequentato da due donne fantasma che camminano attraverso il giardino portando fiori e vernici. Ma sono tanti i luoghi che raccontano la sua storia e non solo. Quindi è il momento di partire per conoscere l’Irlanda magica più sconosciuta. 85 PARTE SECONDA In viaggio nei misteri magici d’Irlanda …e le sue Contee 86 87 Contea di Dublino, una magica capitale Contae Bhaile Átha Cliath Partiamo dalla capitale Dublino fondata dai Vichinghi come centro per il commercio di schiavi, sulla foce del fiume Liffey. Ma già Claudio Tolomeo (140 d.C.) l’aveva raccontata chiamandola Eblana. Per i primi secoli dopo Cristo le notizie sono soprattutto legate ai miti e alle leggende di cui abbiamo trattato. Intorno al 450 d.C. arrivò san Patrizio ed iniziò una profonda opera di cristianizzazione. Dal 832 d.C. si può conoscere la vera storia. Con l’incoronazione del sovrano normanno Thorkel I, i danesi erano già in Irlanda da tempo. Nel 1014 Brian Boruma, re del Munster, intraprese e vinse una guerra contro le popolazioni del Nord, ovvero la Battaglia di Clontarf. Nel X secolo due centri, Ath Cliath e Dubh Linn, rispettivamente uno celtico e l’altro vichingo si unirono. Finalmente, nel 1171, Dublino divenne capitale del regno irlandese, mentre i Vichinghi furono costretti a migrare. Nel XIV secolo, la zona fu fortificata e chiamata The Pale. Questa era una striscia di terra, centrata su Dublino, che si estendeva da Dundalk a Louth, Bray fino a Wicklow e divenne la base del dominio inglese in Irlanda. All’interno vivevano solo persone di razza normanna, mentre all’esterno i ‘nativi Irlandesi’. Il potere divenne centrale nel Castello di Dublino e nacquero tre importanti chiese: Cristchurch Cathedral, St. Patrick’s Cathedral e St. Audoen’s Church, insieme al Parlamento d’Irlanda. Il Medioevo fu caratterizzato da assedi e pestilenze. Nel XVI secolo apparve Fitzgerald, conte di Kildare, e la sua famiglia, importanti personaggi che vollero mantenere lo 88 stato di fatto e impedire l’emancipazione delle tribù irlandesi. Dal momento che questi signori tentarono di intromettersi anche nella politica inglese, intervenne Enrico VIII per annientarli e rinsaldare il governo inglese. Ovviamente ciò guastò ulteriormente i rapporti tra Londra e Dublino, conflitto che si portò avanti nel tempo. Il XVI secolo fu ricco di avvenimenti e portò alla vessazione da parte dei soldati inglesi durante la Guerra Irlandese dei nove anni. Essi strapparono con violenza le abitazioni ai civili. Nel 1592 Elisabetta I inaugurò il Trinity College, indirizzato però solo ai protestanti. La risposta degli Irlandesi fu quella di mandare gli studenti in Europa. Londra interpretò questo come un affronto da parte di una popolazione testarda e quindi partì una seconda ondata di colonizzatori protestanti, che poi, nel tempo, oltrepassarono in numero i cattolici. Dopo varie vicissitudini, Dublino fu ancora in mano alla minoranza inglese, dopo la conquista di Cromwel dell’Irlanda, ed ebbe più di due secoli di pace e stabilità. In epoca georgiana, all’inizio del XVIII secolo, la città ebbe il massimo splendore, con la costruzione di quartieri eleganti. Nel 1798, avvenne la ribellione degli Irlandesi uniti. Le autorità avevano tenuto fuori Dublino dall’insurrezione, ma la rivolta aveva convinto Westminster a chiudere il parlamento di Dublino, e l’atto dell’Unione del 1801 vide l’Irlanda governata da Londra. Intanto la città continuava a crescere, ma con gravi difficoltà economiche. Vi furono molte vittime in quella che è ricordata come la Grande Carestia dal 1845-1850. Poi arriviamo in quella che conosciamo come storia contemporanea. Partiamo ora per visitare la città, dalle opere più conosciute a quelle nascoste tra le sue pieghe... 89 Le due cattedrali di Dublino: St.Patrick e Christ Church Dublino forse è l’unica città a vantare ben due cattedrali. Non sono mancati i conflitti, ma ora sembra tutto sistemato e anche per visitarle non occorre fare molta strada, perché sono veramente vicine tra loro. Partiamo con St. Patrick Cathedral che fu costruita nel 1192, ed è oggi la cattedrale nazionale della Chiesa anglicana d’Irlanda. St. Patrick Cathedral Fu eretta sul sito di un antico pozzo, probabilmente lo stesso usato da san Patrizio per i primi battesimi. Il tempio ne sostituì uno precedente, quasi certamente in legno. Poi fu utilizzata la pietra calcarea locale e quella importata da Bristol. 90 Si tratta di una cattedrale gotica a forma di croce latina e si ritiene che il progetto si sia ispirato alla Old Sarum Cathedral, vicino a Salisbury, in Inghilterra. Dopo la Riforma inglese, St. Patrick divenne una cattedrale anglicana e furono apportate modifiche al suo interno per adattarsi ai nuovi cambiamenti teologici. Molte statue sono state rimosse dalle alcove e la ricca decorazione è stata tolta. Vi furono inferti altri danni durante il regno di Edoardo VI. La cattedrale fu poi retrocessa a chiesa parrocchiale e fu utilizzata come tribunale e per un breve periodo come università. Divenne nuovamente cattedrale nel 1555, mentre nel 1560 uno dei primi orologi pubblici a Dublino fu aggiunto alla torre e nel 1700 fu completata con una guglia. All’inizio del XIX secolo la cattedrale era di nuovo in rovina. Per fortuna intervenne Benjamin Lee Guinness, che nel 1860 annunciò di voler sostenere il costo totale del restauro. La sua unica condizione fu quella di non avere ingerenze esterne sulle sue decisioni. Tra il 1860 e il 1865 la cattedrale fu chiusa per massicci restauri e riparazioni. Nel 1865 fu riaperta con una cerimonia in pompa magna. La cattedrale è famosa nel mondo per il suo coro che si esibisce ogni giorno e, negli ultimi anni, anche per la Cappella della Madonna, risalente al 1270, che fu chiamata anche Cappella Francese a causa della sua connessione con gli Ugonotti. Nel 1901 i lavori di costruzione accanto alla cattedrale portarono alla luce sei lapidi celtiche del X secolo. Una di queste copriva i resti di ciò che sembrava un antico pozzo, che portò a supporre fosse proprio quello di san Patrizio. Tra le curiosità della cattedrale vi è la Porta della Riconciliazione. Nel 1492 due famiglie irlandesi, i Butlers di Ormonde e i FitzGeralds di Kildare, furono coinvolti in un’aspra faida che si trasformò in guerra vera e propria. 91 Furono i maggiordomi che, rendendosi conto che gli scontri stavano degenerando, si rifugiarono nella sala capitolare della cattedrale. I loro rispettivi padroni li seguirono e una volta all’interno fu chiesto loro di pacificarsi. Come gesto di buona fede, il capo della famiglia Kildare, ordinò di tagliare la porta che lo separava dall’altra famiglia, creando un buco. Quindi vi infilò il braccio attraverso e offrì la mano in pace a quelli dall’altra parte. Vedendo che FitzGerald era disposto a rischiare il braccio passandolo attraverso la porta, i Butler pensarono che le intenzioni fossero serie e quindi si strinsero la mano attraverso la porta e le due famiglie fecero pace. I continui restauri e il passaggio a chiesa anglicana ha sottratto tutte le simbologie precedenti, e quindi manca un pezzo di storia da leggere. Vi sono solo opere scultoree recenti, realizzate a scopo celebrativo, vetrate del XIX secolo, che, oltre al fattore estetico, hanno uno scopo didattico atto a insegnare la vita dei santi, e sono presenti lastre tombali. Sin dalla sua fondazione nel XIII secolo, la cattedrale fu un cimitero. Oggi si stima che siano sepolti tra le 600 e 700 persone, sia nell’edificio stesso che nei terreni. C’è anche un cimitero nel parco della cattedrale. Una delle sepolture più importanti è quella di Jonathan Swift conosciuto soprattutto come autore de I viaggi di Gulliver. Egli fu anche decano della St. Patrick Cathedral dal 1713 fino alla sua morte nel 1745. La cattedrale servì da cappella all’Ordine più illustre dei Cavalieri di San Patrizio dal 1783 al 1869. Nel 2014 la cattedrale ha aggiunto un nuovo grande monumento, ovvero l’Albero della Memoria dedicato alle vittime di tutti i conflitti, e dove i visitatori possono lasciare i loro messaggi. 92 Christ Church Cathedral Christ Church Cathedral è l’altra cattedrale anglicana di Dublino e fu fondata nel 1030 dal re vichingo Sitric Silkenbeard. Nel 1163 divenne un priorato dell’Ordine Regolare dei Canonici Arrosiani (Regola Agostiniana Riformata). Successivamente i Normanni completarono l’edificazione del tempio. L’importante scuola del coro fu fondata nel 1493. Nel 1562, le fondamenta della navata, che appoggiavano su un terreno di torba, cedettero e ciò diede inizio a una serie di lavori di ritrutturazione fino al 1871. Infine, fu ampiamente rinnovata e ricostruita fino al 1878. Anche in questo caso i numerosi lavori di restauro rendono difficile distinguere la 93 parte originaria da quella vittoriana, e non vi è la possibilità di descriverne le simbologie. Appare interessante la cripta costruita nel 1172-1173, e rinnovata nei primi anni 2000. Contiene le più antiche incisioni secolari conosciute in Irlanda, un tabernacolo e una serie di candelabri che furono usati quando la cattedrale operò sotto il ‘rito romano’. Una curiosità. Vi sono le mummie di un gatto e di un topo, che la tradizione vuole si siano infilati in un tubo dell’organo e lì rimasti mummificati. Gli Irlandesi li chiamano ‘Tom e Jerry’ e sono stati citati anche da James Joyce in una delle sue opere. Inoltre la cattedrale conserva un’importante reliquia, ovvero il cuore di Lorcán Ua Tuathail, arcivescovo di Dublino che nel 2012, fu rubato poi ritrovato nel 2018, a Phoenix Park, dalla polizia irlandese in seguito a un’indagine condotta dall’Intelligence. Trinity College, la scuola dei grandi scrittore irlandesi Non si può perdere una visita a questo importante Collegio il cui nome per esteso è College of the Holy and Undivided Trinity of Queen Elizabeth near Dublin. Fu fondato nel 1592, appunto dalla regina Elisabetta I intesa come ‘madre’ di una nuova università, e fu strutturato sulle orme delle università collegiali di Oxford e Cambridge. Qui hanno studiato Oscard Wild, Samuel Beckett - premio Nobel per la letteratura - e Bram Stocker. Per cui è davvero suggestivo fare una passeggiata nella Long Room della Trinity Library. Il fascino e la magia di questi scrittori ancora aleggia tra i tre milioni di libri in questo luogo unico e speciale. Qua si sono laurati molti altri illustri personaggi come William Campbell (premio Nobel per la medicina), 94 Trinity College Mairead Maguire (Premio Nobel per la pace), Ernest Walton (premio Nobel per la fisica). La famosa libreria settecentesca custodice un prezioso tesoro nazionale, ovvero il Book of Kells (‘Libro di Kells’). Si tratta di un piccolo Vangelo manoscritto. Si crede che sia stato creato nel IX secolo d.C., ed è in gran parte tratto dalla Vulgata, con diversi passaggi tratti dalle versioni precedenti della Bibbia conosciute come Vetus Latina. È un capolavoro della calligrafia occidentale e rappresenta il culmine dell’illuminazione insulare, nota anche come hibernosassone, ovvero arte altomedievale delle isole britanniche e d’Irlanda nel periodo tra il 600 e il 900 circa. Le illustrazioni e gli ornamenti del Libro di Kells superano in bellezza, stravaganza e complessità qualsiasi altra opera del periodo. Appaiono figure umane, animali mitici, insieme a nodi celtici e motivi intrecciati in colori vibranti, che 95 animano le pagine del manoscritto. Molti di questi elementi decorativi minori sono intrisi di simbolismo cristiano e quindi enfatizzano ulteriormente i temi delle illustrazioni principali. Il manoscritto comprende oggi 340 fogli e, dal 1953, è stato rilegato in quattro volumi. I fogli sono in pergamena di vitello di alta qualità e l’ornamento è elaborato e inedito. Esso comprende dieci illustrazioni a piena pagina, fogli di testo con vivaci iniziali decorate e miniature interlineari. La scritta è in inchiostro gallico e i colori utilizzati derivavano da una vasta gamma di sostanze, molte delle quali importate da terre lontane. Un gioiello unico! Ma procediamo verso un altro tesoro nazionale: l’arpa, simbolo dell’Irlanda. Nel XVIII secolo, il College ricevette infatti l’arpa Brian Boru, una delle tre arpe gaeliche medievali sopravvissute, insieme alla Queen Mary Harp e alla Lamont Harp. Risale al XIV-XV secolo e, come abbiamo già visto, è il simbolo dell’Irlanda. Un’ultima curiosità e un po’ di sapore italiano nella scultura Sphere Within Sphere di Arnaldo Pomodoro, fuori dalla Berkeley Library. Dublin Writers Museum e James Joyce Center Restiamo ancora sul tema letterario e andiamo sulla sponda nord del fiume Liffey, per visitare due musei dedicati agli scrittori irlandesi più famosi nel mondo. Questo museo ospita la storia della letteratura irlandese con ritratti, manoscritti, lettere e oggetti personali degli scrittori hanno vissuto e lavorato a Dublino, come James Joyce, George Bernard Shaw, William Butler Yeats e Patrick Pearse. Il museo ospita una copia del Libro di Kells, il telefono di Samuel Beckett, una lettera dal ‘casato aristocratico’ Brendan Behan a suo fratello, una lettera di Yeats del 1910, i programmi di apertura di Oscar Wilde di alcune opere 96 teatrali, un’edizione del 1804 de I Viaggi di Gulliver di Jonathan Swift, una terza edizione di The Crock of Gold di James Stephens, una prima edizione di Pomes Penyeach di James Joyce e il suo pianoforte, una prima edizione di Dracula di Bram Stoker insieme ad una lettera autografa dallo stesso autore. L’edificio è situato a Parnell Square, al civico 18, un magnifico palazzo del XVIII secolo di stile georgiano, con all’esterno un suggestivo giardino zen, giusto per continuare la concentrazione. Anche il James Joyce Center è situato in una splendida residenza georgiana, e offre al visitatore informazioni storiche e biografiche su James Joyce e la sua influenza nella letteratura. Sono state ricreate alcune parte delle location che appaiono nei suoi libri, primo tra tutti Ulisse, ambientato a Dublino. Appaiono anche ritratti di famiglia, foto, ed edizioni originali dei suoi scritti. Il museo organizza periodicamente delle visite guidate che toccano tutti i luoghi legati al celebre scrittore. Un modo per rivivere la magia dei suoi Libri. Se però avete voglia di fantasmi potete fare una passeggiata di un quarto d’ora e raggiungere St. James’s Church che fu istituita nel 1724. La sua posizione è abbastanza curiosa in quanto si trova esattamente dietro la fabbrica Guinness. Da qui parte il pellegrinaggio irlandese verso Santiago di Compostella. Intanto, arrivando, si può gustare il quartiere chiamato Liberties. Non è una zona turistica e proprio per questo si può assaporare la vera Dublino, senza contaminazioni. Nasce come quartiere povero, e ancora oggi è rimasto un sobborgo popolare poco visitato dai turisti, ma tipico esempio della Dublino storica. 97 Ma torniamo ai fantasmi, e qua, intorno a St. James’s Church, si manifesta quello di Darky Kelly, la signora della famigerata Maiden Tower di Dublino, vicino alla Christ Church. Dorcas "Darkey" Kelly gestiva un bordello al largo di Fishamble Street nella parte sud-ovest di Dublino. Fu accusata di aver ucciso il calzolaio John Dowling il giorno di san Patrizio del 1760, per cui il suo bordello fu indagato dalle autorità. Vi sono varie leggende a questo proposito. La storia più conosciuta racconta che la donna rimase incinta del figlio dello sceriffo di Dublino, Simon Luttrell, primo conte di Carhampton, membro del Club Hellfire, che tra poco incontreremo. La donna gli aveva chiesto un aiuto economico per il bambino e lui l’accusò di stregoneria, e precisamente di aver ucciso il piccolo in un rituale satanico. Il corpo non fu mai trovato. Successivamente gli investigatori trovarono i cadaveri di cinque uomini nascosti nel sotterraneo del bordello. La donna fu impiccata e poi arsa al rogo a Gallows Road, oggi Baggot Street. Ancora ci si chiede se la strega irlandese Darkey Kelly sia stata il primo serial killer d’Irlanda, o perlomeno uno dei primi venuti alla ribalta. Ad ogni modo, in questa zona, la sua presenza viene ancora percepita. Detto ciò, perché non andare proprio dove avvenne il fattaccio in Fishamble Street e magari fare una sosta nel pub che prende il suo nome, il Darkey Kelly’s Pub, al numero 19. Non dimentichiamo che a pochi passi da St. James’s Church si trova la Guinness Storehouse. Una visita a questo luogo non porterà il brivido e la magia di altri luoghi visitati, ma è un vero must, per intenditori e non. Ora è un museo, su sette piani a forma di una pinta di Guinness. Il Gravity Bar si trova all’ultimo piano ed è tutto in vetro, quindi immaginate lo spettacolo della città! Inoltre vengono spesso proposti 98 degli intrattenimenti e anche danze tradizionali irlandesi. Un vero tuffo nel passato, con una vista unica sulla città. Restiamo ancora in argomento e un altro luogo imperdibile è il Temple Bar, frequentato da giovani e turisti di tutto il mondo, ma anche artisti e musicisti. Non solo diventimento ma anche cultura. Infatti, vi sono spazi culturali, eventi, mostre, performance e tutta una serie di bar, caffetterie dislocate nelle viuzze del quartiere. Anche solo una passeggiata all’interno, mette in contatto col mondo. Proseguiamo verso Kilmainham Gaol, una ex prigione a Cill Mhaighneann, un quarto d’ora a piedi. Oggi ospita un commovente museo sulla storia del nazionalismo irlandese. Kilmainham Gaol Fu utilizzato anche come set cinematografico di molti film famosi come In nome del padre ed è rimasto famoso per la 99 presenza degli U2, che girarono qui il videoclip della canzone A Celebration. La prigione fu aperta alla fine del Settecento e rinchiuse anche delinquenti comuni, tra i quali bambini. Il più giovane detenuto aveva cinque anni, mentre una bambina 7 anni. San Michan e i revenant San Michan Dall’altra parte del fiume sorge San Michan, una delle chiese più antiche della città, ricostruita nel 1685 e restaurata nel 1998. Si tratta di un luogo rinnovato non particolarmente attraente, ma significativo se si entra nelle cripte. Normalmente vi è una guida che accoglie i visitatori e li accompagna in questi cuniculi sotterranei davvero emozionanti, soprattutto per gli incontri che si fanno. Infatti, 100 attendono il visitatore una serie di mummie e resti umani, da far rabbrividere. In una delle sale vi sono i resti mummificati dei fratelli Henry e John Seares, uccisi per essere stati al comando della Ribellione del 1798. Vi sono poi tombe aperte, in cui si possono vedere mummie alle quali sono state tagliate le mani, segno distintivo che in vita erano stati ladri. Ad altre erano state mozzati i piedi. Alcuni sostengono che l’amputazione sia avvenuta per farli entrare nelle tombe, ma vi è anche un’altra suggestiva versione che li vedrebbe come ‘revenant’ ovvero coloro che tornano. In passato (ma anche nel presente!) vi era una grande paura della morte. Non solo, vi era anche il timore che i morti potessero tornare e togliere l’energia vitale ai vivi, così da riprendere essi stessi la forza per rivivere. Vi sono molte ricerche antropologiche in questo senso, e comunque il gesto di tagliare i piedi, poteva derivare da un antico retaggio legato proprio a questo terrore, ed eseguito per impedire che i morti potessero nuovamente camminare e quindi tornare nel mondo dei vivi. Vi assicuro che dopo questa visita un brivido penetrante permane… Infine non perdetevi l’esperienza al Castello di Dracula, accuratamente ricostruito e che rappresenta una delle attrazioni più emozionanti e divertenti di Dublino. Il Castello celebra lo scrittore irlandese Bram Stoker e il suo capolavoro Dracula. La location è fantastica e ripercorre le origini di Dracula e del misterioso scrittore irlandese Bram Stoker, nato realmente dall’altra parte della strada dove sorge il castello. Egli non visitò mai le lontane terre ove Dracula visse, quindi è molto 101 probabile che fu proprio questo maniero a ispirare l’ambientazione del suo celebre racconto. L’illuminazione stroboscopica, le scene vampiresche e l’intera istallazione rendono unica questa esperienza. Il Castello di Dracula si trova a Clontarf e il team che organizza il tour si trova nella reception del Westwood Fitness Club alle 18:45 ogni sabato sera per dare il via a quello che loro stessi definiscono uno spettacolo non adatto a persone paurose! Castello di Dracula Infine… Non dimenticate di passare da Ha’Penny Bridge, un ponte pedonale ad arco che collega le due rive del fiume Liffey. Il suo nome deriva dal pedaggio di mezzo penny (half penny) che bisognava pagare per raggiungere l’altra sponda del fiume. Si tratta di uno dei luoghi più fotografati di Dublino e 102 il momento più suggestive e anche romantico per attraversarlo è verso il tramonto. La National Gallery merita una visita alle sue ben 13.000 opere. Da Caravaggio, a Picasso, Tiziano, Goya, Velazquez e Turner. Invece, per grandi e piccini vi aspetta un tour davvero magico al National Leprechaun Museum, il museo dei folletti. Sembra di entrare in un incantevole libro fatato. Le stanze sono suddivise in capitoli, e raccontano le storie e la mitologia relativa al mondo dei folletti. Un po’ di leggerezza non deve mai mancare, inoltre ricordiamo che l’Irlanda è la patria del ‘piccolo popolo’. Un’altra interessante meta è l’Irish Jewish Museum, per scoprire la storia degli Ebrei in Irlanda. Può sembrare strano la presenza di un museo del genere per una popolazione ebraica di nemmeno mille persone, ma la storia è veramente ricca. Il museo si trova all’interno della Sinagoga di Walworth Road, in un quartiere che in passato veniva chiamato ‘Piccola Gerusalemme’. Il fascino è ancora presente e merita una visita. Le guide poi consigliano una bella passeggiata con sorpresa, lungo il Great South Wall, la diga marittima che si estende da Ringsend per 4 km. Fu realizzata nel 1795 ed era la diga marittima più lunga al mondo. Alla fine della passeggiata, la sorpresa: il Poolbeg Lighthouse, un faro che non tutti conoscono e che non ci si aspetta di trovare. Per gli innamorati si raccomanda la visita alla tomba di san Valentino, i cui resti sono conservati in una chiesa su Whitefriar Street. Pare che il prete irlandese John Spratt sia andato al Vaticano e sia riuscito a farsi dare dal Papa i resti 103 del santo, come dono, nel 1836, e il sacerdote li conservò in una cantina fino al 1950. La tradizione vuole che le coppie di innamorati visitino la chiesa per avere la protezione del santo. The Hell Fire Club, il club del diavolo Ci spostiamo dal centro per raggiungere un luogo veramente speciale che si trova nei dintorni di Dublino su Montpelier Hill. Si può visitare tra le 7:00 e le 21:00 (da aprile a settembre) e dalle 8:00 alle 17:00 (da ottobre a marzo). Hell Fire Club Occorre una mezz’ora di auto da Dublino, poi occorre prendere uno dei tanti sentieri che conducono a questo particolare edificio, che racconta una delle storie più oscure e occulte d’Irlanda. L’ambientazione è straordinaria e sicuramente merita una visita anche la bellissima e densa vegetazione che circonda la zona. In origine c’era una tomba e un tumulo in cima alla collina. William Conolly (1662-1729), uno degli uomini più ricchi 104 d’Irlanda, costruì il suo capanno da caccia proprio in questo luogo, probabilmente distruggendo l’antico sito archeologico e utilizzando le pietre antiche come architrave del camino. Certamente un atto sconsiderato. Successivamente, il tetto della nuova costruzione fu spazzato via durante una tempesta e subito si pensò all’intervento degli spiriti degli antenati che si vendicarono dell’affronto subito. Da quel momento si sono succeduti miriadi di racconti e sempre legati a un occulto inquietante. Dopo la morte di Conolly, l’edificio fu venduto e si dice che sia diventato un punto d’incontro per l’Irish Hellfire Club. Il Club fu fondato nel 1735 da Richard Parsons, un noto personaggio appassionato di magia nera. I membri di questa confraternita si incontravano in varie località di Dublino e furono riconosciuti e ricordati come individui dal comportamento amorale e dissoluto, dediti all’alcol e al sesso. La segretezza che circondava i membri del club portò a pensare che fossero satanisti. Il presidente si faceva chiamare ‘Re dell’Inferno’ e si vestiva come Satana, con corna, ali e zoccoli. Si diceva che i membri stabilissero di volta in volta dove incontrarsi, così che il luogo fosse propizio alle apparizioni demoniache. Si tenevano messe nere, dove venivano sacrificati animali, specialmente gatti, ma anche umani, presi tra la servitù. Quando l’edificio andò alle fiamme, si pensò che ciò fosse stato prodotto deliberatamente per migliorare l’atmosfera infernale. Vi sono un paio di storie a questo proposito. Una narra che i membri diedero fuoco alla loggia quando la famiglia Connolly rifiutò di rinnovare il contratto di affitto. Altri invece riferiscono che un servitore distratto versò un drink su uno dei membri del club, e questi lo punì imbevendolo di brandy e incendiandolo; il fuoco si diffuse poi in tutto il capanno. 105 Viene tramandata un’altra vicenda legata a questo luogo, che descrive l’apparizione del diavolo stesso. Uno sconosciuto si era unito ai membri della congregazione per una partita a carte. Ad un certo punto, uno dei giocatori lasciò cadere una carta sul pavimento. Mentre si chinò per recuperarla, notò che lo straniero aveva zoccoli caprini al posto dei piedi. Un’altra narrazione riguarda un giovane agricoltore, curioso di scoprire cosa succedesse durante gli incontri della confraternita. Una sera, salendo Montpelier Hill, fu invitato dai membri del club e potè assistere alle attività notturne. Fu trovato il mattino successivo tremante e terrorizzato, e si dice che trascorse il resto della sua vita incapace di parlare e persino di ricordare il proprio nome. Oggi, l’edificio è in rovina, spogliato dei suoi beni e dei materiali da costruzione, che sono stati poi utilizzati per la costruzione di un altro lodge nelle vicinanze. In ogni caso, vale la pena fare una visita e saggiare l’energia particolare di questo magico luogo. Prendetevi un po’ di tempo per passeggiare tra la natura, chiudete gli occhi così che la percezione sia profonda. In questo modo, potrete avere il vostro punto di vista su questo luogo e le sue narrazioni. Tante volte è l’invisibile che crea i panorami dei nostri viaggi. Procediamo ora verso sud di Dublino per incontrare un celebre castello. Il Castello di Dalkey non è distante da Dublino ed è raggiungibile grazie un treno, e in una mezzoretta vi troverete in un magnifico villaggio medievale, immerso nel verde. In passato era circondato da sette castelli mentre oggi rimane solo una fortificazione visitabile con le guide che, nei fine settimana, si vestono con i costumi del passato per far 106 rivivere l’emozione di quando il luogo era abitato dalla nobiltà. Malahide, Castello Sempre nella Contea di Dublino, ad appena una mezz’ora di auto dalla capitale, esiste un luogo ove la maggior parte di fantasmi ha trovato casa. Il castello risale al XII secolo e si trova all’interno di un rigoglioso parco vicino al villaggio di Malahide, a 14 km a nord del centro di Dublino. Il primo fantasma è quello del giovane Sir Walter Hussey, figlio del barone di Galtrim, che nel XV secolo fu ucciso in battaglia proprio il giorno del suo matrimonio. Egli vaga di notte nel castello indicando la ferita da lancia nel suo fianco e facendo terribili gemiti. Si dice che tormenta il castello per 107 mostrare il suo risentimento nei confronti della sua giovane sposa, che prese come marito il suo rivale, subito dopo la sua morte. Appare come fantasma anche sua moglie, Lady Maud Plunkett, che fu uccisa quando si sposò per la terza volta. Da quel momento, passò alla storia come una virago e nelle sue apparizioni spettrali insegue minacciosa suo marito attraverso i corridoi del castello. Il terzo fantasma è il più interessante, ed è quello di Miles Corbett, a cui Cromwell diede la proprietà del castello durante il suo protettorato. Successivamente Corbett ne fu privato e condannato a pagare per i numerosi crimini commessi. Fu impiccato, trascinato da un cavallo e squartato. Quando il suo fantasma appare, sembra un soldato perfettamente integro all’interno della sua armatura, ma poi cade in quattro pezzi davanti agli occhi di chi ha la sfortuna di incontrarlo. Vi è anche il fantasma di un giullare, che in irlandese veniva chiamato Puck. Nel XVI secolo, la famiglia Talbot aveva diversi buffoni di corte al suo servizio. Uno di questi Puck si innamorò di una parente di Lady Elenora Fitzgerald, che fu rinchiusa nel castello da Enrico VIII, a causa delle sue tendenze ribelli. In una tenebrosa notte di dicembre il giullare fu trovato vicino alle mura del castello accoltellato al cuore. Prima di morire giurò che avrebbe perseguitato il castello fino a quando un regnante non avrebbe scelto come moglie una popolana. Ma pare che ciò non sia ancora accaduto. Poi, come dimenticare che per molti anni un quadro che ritraeva una bellissima donna anonima, in un abito bianco, era appeso nella Sala Grande di questa dimora. Nessuno sembrava conoscere la sua identità o quella dell’artista che l’aveva ritratta. Si sa solo che ogni tanto la donna lasciava il 108 dipinto e vagava per il castello, tanto che ora viene chiamata White Lady. Anche nel parco, e precisamente nel campo chiamato Our Lady’s Acre, vi sono delle apparizioni spettrali. In alcune occasioni, sono state viste due donne dai capelli grigi e dal volto triste, che vagavano senza meta. Nessuno conosce le ragioni del loro soggiorno. Alcune fonti suggeriscono che siano fantasmi di donne danesi che non hanno mai trovato riposo quando Norman Talbot guidò i danesi in questo luogo. Se non temete i fantasmi, questo è un luogo speciale dove non è escluso possiate vivere qualche forte emozione. 109 Contea di Wicklow e la pietra del gigante Contae Chill Mhantáin Wicklow è la bella capitale di questa Contea. La città fu fondata nell’VIII secolo dai Vichinghi. Le rovine del Black Castle si affacciano sul porto. In seguito all’arrivo dei Normanni nel 1169, Earl Strongbow ottenne le terre lungo la costa orientale, che poi concesse al barone Maurice Fitzgerald a condizione che costruisse un castello per protezione. Questo fu costantemente attaccato dai capi delle tribù locali, in particolare quelli dei clan O’Byrne e O’Toole e nel 1301 lo distrussero completamente. Il sito si può raggiungere a piedi dalla Wicklow Town Main Street girando sulla South Quay e proseguendo a poca distanza, oltre l’Hardware di Hopkin e risalendo la collina. Un’altra importante attrazione di Wicklow è la storica prigione, che è annoverata tra i luoghi più infestati d’Irlanda, ovvero la Wicklow’s Historic Gaol. Pare che un gruppo di ricercatori di fantasmi abbia fotografato in questo sito della nebbia rossa. Altri, precedentemente, avevano avvistato una donna in abiti scuri e sentito un ragazzo piangere in una cella. In effetti, questo luogo deve aver visto terribili storie di criminalità, crudeltà e miseria. Tutti elementi che possono essere ripercorsi in questa visita, che mostra la durezza della vita carceraria nel XVIII secolo, la ribellione del 1798, la crudeltà vissuta nelle navi da trasporto e la speranza di una nuova vita in Australia che animò tante persone. Vengono riproposti tour in costume che permettono al visitatore di immergersi in un passato oscuro e drammatico e calarsi in storie molto commoventi. Appena fuori Wicklow fate un salto, anche solo per una passeggiata distensiva alla Silver Strand Beach, una 110 meravigliosa spiaggia quasi sconosciuta al turismo, dove si trova anche un campeggio davvero speciale. Le montagne di Wicklow sono tra le più famose d’Irlanda per la loro bellezza e fanno parte di un parco nazionale. Le pendici superiori hanno vette arrotondate, vi sono poi vaste brughiere e l’intera area è ricca di torbiere. I corsi d’acqua culminano in laghi profondi, che fanno parte di valli boscose, e proseguono nelle pianure circostanti. Powerscourt Gardens Powerscourt Gardens viene presentato come uno dei giardini più belli d’Irlanda e tra i primi tre del mondo, e risale a oltre due secoli fa. Ci sono, tra gli altri, un fantastico giardino all’italiana e uno giapponese, che creano un vero e proprio percorso 111 dell’anima. Vi è anche una bellissima cascata, la seconda più alta dell’isola. Ora ci aspetta una visita a Glendalough, un magico villaggio in cui è possibile esprimere un desiderio abbracciando la croce dei san Kevin. Si tratta di un piccolo borgo dove a poca distanza sorge un antico monastero fondato appunto all’eremita Kevin nel 498. Glendalough Le invasioni dei Vichinghi spinsero i monaci a costruire alte mura difensive. Nel XII secolo il monastero divenne meta di pellegrinaggi. Fu poi distrutto da una spedizione inglese nel 1398, ma una piccola comunità sopravvisse fino al Seicento. Dopodiché il luogo fu definitivamente abbandonato. Ma non dai fantasmi. Infatti, si dice che una donna punita da san 112 Kevin con frustrate di ortica, si aggiri ancora tra le rovine vestita di rosso. Pare sia apparsa in diverse fotografie. Ma proseguiamo in questo luogo non solo ricco di storia, ma anche di natura selvaggia che fa da padrona. Non a caso qua sono stati girati Excalibur, Braveheart e King Arthur. L’atmosfera è esattamente quella dei film e ci sente protagonisti di un’avventura senza fine. Lough Tay, pagina seguente Poco distante immerso nella natura, vi è l’incantevole Lago Nahanagan. Fate attenzione, perché vi è una roccia un po’ permalosa. Si dice che se viene colpita con un bastone causi improvvise piogge. Se l’avete colpita inavvertitamente, potete rimediare chiedendole scusa, e rapidamente la pioggia cesserà. Nel lago viveva anche un cavallo acquatico... il mondo delle fiabe è veramente a portata di mano! Per gli amanti delle serie televisive non può mancare 113 una visita al Lago Tay (Lough Tay), a circa una mezz’ora di strada. Si tratta di un piccolo, ma bellissimo lago situato tra le montagne di Djouce e Luggala, ed è dominato dalle scogliere di granito rivolte a est di Luggala. Il punto più panoramico con le scogliere di Luggala alle spalle - è molto famoso e ci si può fermare in uno dei numerosi parcheggi lungo la strada R759. Ora basta lasciarsi portare dalla fantasia per trovarci nella serie televisiva Vikings. Ma se vogliamo volare ancora più indetro nel tempo, possiamo trovarci sul set di Excalibur di John Boorman, del 1981. Procediamo, con una mezz’ora di auto, per trovare il Piper’s Stones, un mitico circolo di pietre vicino ad Athgreany risalente all’Età del bronzo. Sembra che il nome derivi da un racconto popolare che narrava di alcune persone che danzavano in quel luogo di domenica, sfidando l’interdizione, e per questo furono trasformati in pietre. La pietra esterna posta a nord-est rappresenterebbe il pifferaio del gruppo. Il nome originale del circolo è Achadh Gréine, che significa ‘campo del sole’. Infatti, si tratta di una sorta di calendario astronomico. Vi sono dei segni nelle pietre che segnano gli equinozi e i solstizi, e il passaggio del sole nei vari mesi dell’anno. Intorno al cerchio vi è un vecchio albero di biancospino, chiamato Sceach Gheal. Non mancate di soffermarvi con rispetto perché è la sede di un gruppo di fate. In passato venivano lasciate in questo luogo oblazioni al fine di ottenere favori. Ma in questo caso è sufficiente un po’ di rispetto per la natura. Ci sono altri quattro circoli di pietra con lo stesso nome, un altro in questa stessa Contea, due in quella di Kildare e uno nella Contea di Kerry. Le leggende però non cambiano. 114 Torniamo indietro verso Glendalough e ci dirigiamo verso sud, perché sempre di pietre parliamo, e questa è davvero speciale. La Pietra di Mottee è un enorme masso di granito, del peso di circa 150 tonnellate. Si dice che salendo sulla roccia, in una giornata di bel tempo, si possano vedere le cinque Contee che circondano Wicklow e, se è proprio limpida, anche le montagne del Galles attraverso il Mare d’Irlanda. Pietra di Mottee La parola Mottee deriva dal francese moitie, ovvero ‘dimezzato’ o ‘diviso’, proprio ad indicare le caratteristiche del masso, che sembra tagliato. Anche in questo caso esiste una leggenda e questo masso sarebbe stato un ‘sasso’ che il gigantesco Fionn Mac Cumhaill avrebbe lanciato dalla cima del Monte Lugnaquilla, fino a questa collina. 115 Un’altra leggenda della zona afferma che ogni anno, il primo maggio, la pietra rotola giù per la collina per bere al fiume Meeting of the Waters. Le vere origini di questa pietra granitica risalgono all’era glaciale, oltre 10.000 anni fa. I pioli di ferro sono stati incorporati nella pietra per fungere da scala, che consente di salire i 2,4 m fino alla cima e godere di un panorama unico. Ma veniamo ai rituali. Il primo consente di porre una domanda alla pietra, che sicuramente risponderà. Si dice poi che abbia il potere di irradiare una potente energia e quindi potete stare seduti sulla sua cima e farvi inondare profondamente, così da entrare in un’altra dimensione. Ma prima di andare via giratele attorno per tre volte ed esaudirà il desiderio che avete chiesto. Attenzione a quello che chiedete, perché i desideri a volte si realizzano! Dimenticavo… mentre effettuate il rituale non dovete pensare alla parola ‘capra’ altrimenti tutto si vanifica. Provare per credere. 116 117 118 Bibliografia essenziale A.A.V.V., Irlanda, Feltrinelli, Milano, 2019 Cunliffe, B., Prehistoric Europe: An Illustrated History. Oxford University Press, Oxford, 1998 Dowden, K., European paganism, London and New York, 2000 Flanagan, L., Ancient Ireland: Life before the Celts, St. Martin’s Press, New York, 1998 Green, M., The Gods of the Celts, Gloucester and New Jersey, 1986 Green, M., Women and goddesses in the Celtic world, Paper delivered at the BASR Conference on Religion and Gender, Cherwell Centre, Oxford, Sept.1989. Publ. by the British Association of the Study of Religions, University of Leeds Printing Services, 1991 Davenport, F., Irlanda, Guide EDT/Lonely Planet, Melbourne, 2018 Green, M., Celtic Goddesses, London, British Museum Press, 1995 Green, M., Dictionary of Celtic Myth and Legend, London, Thames and Hudson, 1992 Raftery, B., Pagan Celtic Ireland, London, Thames and Hudson, 2000 Taraglio, Riccardo, Il vischio e la quercia: Spiritualità Celtica nell’Europa Druidica, Età dell’Aquario, Torino, 2001 Woodman, Peter, Why not an Irish Upper Paleolithic? Studies in the Upper Paleolithic of Britain and Northwest Europe, British Archaeological Reports, International Series 296:43-54, 1986 Riviste Dublin Penny Journal, vol. 1, n. 16, 13 ottobre 1832 Irlanda, Editoriale Domus, I Meridiani, 18 settembre 2014 Irlanda. Fiabe e leggende, Demetra, 13 settembre 2000 Sitografia https://www.ireland.com/it-it/destinazioni/republic-ofireland/mayo/articoli/castelli-imperdibili-parte-ii 15/04/2019 https://www.paranormaldatabase.com/ireland/ireland.htm 17/05/2019 https://www.mythicalireland.com/ancient-sites/knowth-cnogba - 20/12/2019 119 MUSEODEI by Hermatena Edizioni Il cammino di Museodei by Hermatena è quello di una piccola casa editrice, ma come tutte le piccole cose possiede una grande libertà, ovvero quella di non dover rispondere a schemi o aspettative di nessun tipo. Le parole che narra sono legate alla sola pulsione del cuore che attraverso l’analisi dei simboli vuole spingere a compiere il primo ed importante viaggio. Quello dentro se stessi. Che importa vedere il mondo se in ogni sua differenza non riusciamo a scorgere parti di noi e sensazioni personali? Sarebbe guardare, senza vedere. Così, conoscere un luogo attraverso il linguaggio dei simboli è vedere l’incanto della creazione nel momento stesso in cui si genera. L’invito è allora quello di partire, aiutati dal patrimonio simbolico del passato, attraverso le vie ardite del presente, verso i sentieri misteriosi del futuro. Poi, aprire gli occhi e… scoprire se stessi come parte integrante del viaggio. I luoghi magici di… Federico II - M. Poltronieri ed E. Fazioli I luoghi magici di… Parma - M. Poltronieri ed E. Fazioli I luoghi magici di… Santiago di Compostella - E. Fazioli I luoghi magici di… Ferrara – M. Poltronieri ed E. Fazioli I luoghi magici di… Praga - M. Poltronieri I luoghi magici di… Parigi - E. Fazioli I luoghi magici di… Pisa - E. Fazioli I luoghi magici di… India del Nord - M. Poltronieri ed E. Fazioli I luoghi magici di… Londra - M. Poltronieri I luoghi magici di… Bologna Vol. I La Piazza e i suoi segreti - M. Poltronieri ed E. Fazioli I luoghi magici di… Bologna Vol. II I Templari e il mistero del Graal - M. Poltronieri ed E. Fazioli I luoghi magici di… Bologna Vol. III Demoni, streghe e vampiri - M. Poltronieri ed E. Fazioli I luoghi magici di… Bologna Vol. IV Le vie dei condannati al rogo - M. Poltronieri ed E. Fazioli I luoghi magici di… Bologna Vol. V … a luci rosse - M. Poltronieri ed E. Fazioli I luoghi magici di… Modena - M. Poltronieri ed E. Fazioli I luoghi magici di… Torino - M. Poltronieri ed E. Fazioli 120 Voci dall’Hoggar – M. Ag Amastan, C. de Foucauld, D. Oult Yemma - A cura di A. Chieregatti Sulla strada – A. Chieregatti Milano, Segreti e Meraviglie nell’Arte, Andrea Bianchi detto il Vespino C. Dorsini Pinocchio in arte mago - M. Poltronieri, E. Fazioli Appendici di G. Pelosini Lungo i sentieri dei bisonti – F. Finardi (romanzo storico) Siena e altri misteri – M. Poltronieri Salento, Grotte e altri misteri – E. Fazioli Lecce… Il lato splendente della magia – M. Poltronieri Malta l’Isola della magia – E. Fazioli Magico viaggio nella Libia romana - E. Fazioli In viaggio con la Dea - F. Coletti, M. Poltronieri, E. Fazioli I segni della Dea Madre, da Malta al deserto libico – M. Poltronieri L’eros della Dea, nelle misteriose Dākinī – M. Poltronieri Amedeo Modigliani, La magia al femminile tra Cabala e Alchimia - C. Dorsini e M. Poltronieri Il male non esiste – F. Coletti Evil does not exist – F. Coletti Satiro Demone Folletto, I mille volti dell’Incubo – S. Renda Revenant, Il ritorno dei vampiri – S. Renda Tarocchi Sola Busca, Storia Segreti Alchimia – C. Dorsini e M. Poltronieri Sola Busca Tarot, History, Mysteries, Alchemy – C. Dorsini e M. Poltronieri Le Voci degli Arcani – G. Pelosini con CD di Giovannimparato Emi nel paese delle Emi-raviglie – F. Coletti Emi in Wonderland – F. Coletti Un Dio qualunque, Sguardi e attraversamenti dal Niger – M. Armanino Odissea nel Gilgamesh, IO & L’Io – J. Casagrande Il Volo del Falco - Lorenzo F. L. Pelosini Tarocchi e Archetipi, La voce della Stella Vol. I – S. Secchi e A. Atti Tarocchi in conserva – P. Parenti Amor Sacro e Amor Profano I Tarocchi – F. Coletti Oltre la selva oscura – F. Coletti Emi dietro lo specchio Un esorcismo – F. Coletti In Viaggio con gli Astri – Itinerari zodiacali – F. Farini Carte di amore e di morte – F. Coletti Gli Arcani Volti dell’Amore - F. Coletti Ombre Bianche – F. Edosa Le Porte dei sogni – F. Coletti 121 Nero, Una storia alchemica vista attraverso una città e due anime – F. Coletti Ripensare il mondo con Ivan Illich, a cura di G. Esteva Crisi, la rapina impunita Come evitare che il rimedio sia peggiore del male - J. Robert Emi e il reverendo – F. Coletti Tao Te Ching Lao Tzu - traduzione a cura di Angiolo Daddi La Grande Opera Grillot de Givry - traduzione a cura di A. Daddi Dhammapada Il cammino del Dharma - traduzione a cura di A. Daddi Tarocchi in Pentola – P. Parenti Tarocchi in Tavola – P. Parenti Magia e Scienza della Spirale – G. Pelosini River Runner, Il Filo d’oro – L. Pelosini Le Nuove vie del potere – P. Dàvalos Nuovi ambiti di comunità – G. Esteva Tarocchi e Archetipi, Il Maestro interiore Vol. II – S. Secchi e A. Atti Tarocchi Appropriati – A.A.V.V. Poesie di J. Casagrande Tarot Travel Guide of Italy – A. Ando, M. Poltronieri, E. Fazioli Arcana Maiora – D. Turco L’invenzione della morte - S. Renda Sussistenza, autonomia, libertà - J. Robert Le sette tessere ‘ribelli’ del rompicapo globale – subcomandante Marcos Rosso – F. Coletti Bologna sotto il segno del Giallo – F. Finardi Alba di mondi altri – R. Zibechi Emi e la notte del Lupo – F. Coletti Lettere d’Occitania – A. Albertano Panico, amore e allegoria – K. Pietrobelli In attesa di un segno – F. Finardi Figli di un dio feroce – F. Finardi Bologna Magica Per bambini di tutte le età – M. Frazzoni Wolfy e Santina Una storia ad Auschwitz – F. Coletti Astrologia dei Tarocchi – G. Pelosini Blue – F. Coletti Emi e i mari scarlatti – F. Coletti Dalai Lama La Biografia La Storia Le Perle – Traduzione M. Bianchi Tarocchi, gli specchi dell’infinito – G. Pelosini Desideria Bramanti – F. Coletti Nomi di vento – M. Armanino Emi in Shakespeareland, Libro Primo: Macbeth – F. Coletti 122 Emi in Shakespeareland, Libro Secondo: Sogno di una notte di mezza estate – F. Coletti Emi in Shakespeareland, Libro Terzo: Amleto – F. Coletti Astrologia svelata – D. Donati Divino Divinare – G. Giorio La principessa è rosa e azzurra – F. Coletti Canzoni senza parole – F. Coletti Ritorno a Itaca - F. Coletti Tutto il teatro - F. Coletti La pantera è scappata - F. Coletti La notte rischiara la notte – F. Coletti Conoscere l’Agroecologia - a cura di S. Pérez-Vitoria e E. Sevilla Guzmán Tarocchi Diavoli Angeli Volpi …e altri racconti – F. Coletti Emi e i rossi sentieri selvaggi – F. Coletti Il libro della prateria, Emi sogna ancora- F. Coletti Aronne e Sofia – F. Coletti I Tarocchi del Seicento La Carte Fine dalla Torre – G. Pelosini Haiku – F. Coletti Jehanne D’Arc e la petite Emi – F. Coletti Bologna magica in Verde – E. Fazioli La Piazza e i suoi segreti - I luoghi magici di… Bologna - M. Poltronieri ed E. Fazioli (ristampa) I Templari e il mistero del Graal - I luoghi magici di… Bologna M. Poltronieri ed E. Fazioli (ristampa) Tarocchi e Archetipi La Via del Matto - Volume III - S.Secchi e A. Atti Il diario con la copertina viola – F. Coletti Visioni dall’Apocalisse Aladiah – F. Coletti Ritorno a Itaca – Emi e Penelope – F. Coletti Altre apocalissi – Aladiah – F. Coletti La bambina, gli eroi e gli Dei, Il Mahabharata di Emi – F. Coletti Praga Magica - M. Poltronieri (ristampa ampliata e corretta) Non con gli occhi – Diario di una strega quantistica – A. Atti Storie del mal di luna - S. Renda Note ai naviganti - F. Coletti Torino, i Templari e il Graal – M. Poltronieri ed E. Fazioli L’Arca perduta nel Mediterraneo – M. Armanino Memorie di un amore taciuto – F. Coletti Budapest, un viaggio nei misteri magici della città - M. Poltronieri ed E. Fazioli Il cavaliere e la bambina - Don Chisciotte ed Emi – F. Coletti 123 Demoni streghe e vampiri – I luoghi magici di… Bologna M. Poltronieri – E. Fazioli (ristampa) L’arca perduta nel Mediterraneo – Prove di naufragio di una civiltà – M. Armanino Lance Carrou Un genocidio occulto – F. Coletti Siena e altri misteri (ristampa riveduta, corretta e ampliata) – M. Poltronieri L’età dei sistemi nel pensiero dell’ultimo Illich – J. Robert Oracoli – M. Poltronieri Bhagavadgītā Meraviglioso canto del Divino – a cura di M. Poltronieri ed E. Fazioli Emi nella nebbia La vera storia del Dottor Jekyll e di Mr. Hyde – F. Coletti Irlanda magica – M. Poltronieri 124 Museodei by Hermatena Edizioni è un marchio MUTUS LIBER Via Palmieri 5/1 - 40038 Riola (Bo) Tel. 051 916563 www.mutusliber.it hermatena@libero.it Tutte le immagini presenti hanno puramente scopo didascalico e didattico Finito di stampare nel mese di Marzo 2020 Presso Universal Book - Rende (Cs) 125 126