PIllole di diamante: Giallo, Grande e Misterioso, la Leggenda del “Fiorentino”
Questa e’ la storia del "Fiorentino" (ma anche noto come il Toscano, il Granduca di
Toscana o il Giallo Austriaco), uno dei diamanti piu’ grandi e riveriti del suo tempo,
ossia di quando queste gemme avevano da poco iniziato a riacquistare popolarita’
in Europa. Esso appartenne ai Medici, e agli Asburgo fino a quando, nel XX secolo,
scomparve.
Con un peso di 139 vecchi carati, pari a 137.27 carati metrici moderni (27.454 g), di
quasi certa origine indiana, la pietra, a forma di mandorla, era di colore giallo con
sentori di verde. Essa veniva descritta come avente un profilo ottagonale irregolare
(a volte chiamato a scudo) con un taglio a doppia rosa che includeva 126
sfaccettature distribuite su nove lati che irradiavano una luce scintillante. Il nome
“Fiorentino” e’ quasi certamente un omaggio alla stirpe medicea, che risiedeva e
regnava appunto su Firenze.
Secoli fa
Poche e confuse sono le testimonianze scritte delle origini del Fiorentino. Esistono piu’
versioni che spesso sono in conflitto tra loro. Ferdinando I de’ Medici è generalmente
considerato come il primo proprietario attestato del diamante che, stando alle
antiche descrizioni, era di un colore che si avvicinava a quello del cedro. Prima di
giungere nelle mani del potente nobile toscano, il suo passato e’ circondato da mito.
Una delle leggende più persistenti e’quella che lo vede giungere in Europa per volere
di Carlo il Temerario (1433–1477), Gran Duca di Borgogna. Secondo questa narrativa,
la gemma venne tagliata per la prima volta da Lodovico Van Bercken (date ignote),
da molti considerato l’inventore dello “scaif”, la ruota coperta di olio e polvere di
diamanti utilizzata per sfaccettare le pietre preziose, tra il 1458 ed il 1476.
Estremamente ricco, Carlo possedeva un'importante collezione di pietre preziose e si
pensa che avesse la consuetudine d’indossarne alcune, montate su speciali amuleti,
quando si preparava ad uno scontro armato. La leggenda narra che era proprio il
Fiornentino la gemma che portava con se il 5 gennaio 1477, giorno in cui trovo’ la
morte mentre combatteva contro il Duca di Lorena, Renato II, nella battaglia di
Nancy (altre fonti parlano della battaglia di Morat, questo dato e’ probabilmente
inesatto visto che questa avvenne nel 1476). La pietra non riuscì a proteggerlo, come
prevedeva la superstizione, e il nobile guerriero venne ucciso. Passarono diversi giorni
prima che il suo corpo fosse scoperto. Si dice che, nel frattempo, un contadino locale
avesso scorto il Fiorentino sul campo di guerra e, scambiandolo per un pezzo di vetro,
lo avesse rivenduto per per un solo fiorino (o pochi fiorini secondo altre versioni).
Secondo un altro mito, il piccolo tesoro giallo, a causa della sua bellezza esotica,
avrebbe catturato i lunghi sguardi della Chiesa che lo avrebbe fatto acquistare dai
funzionari vaticani, attraverso i banchieri Fugger, con l’intento di porlo sulla tiara del
Papa. Il fortunato prelato che avrebbe avuto la possibilità di sfoggiare in pubblico
questo diamante sarebbe stato, sempre secondo questa leggenda, Papa Giulio II
(nato Giuliano della Rovere -1443-1513 - 216º papa, in carica pontificale dal 1503 al
1513), grande nemico dei Medici. Da Giulio II, per qualche motivo sconosciuto, il
grosso cristallo passo’ nelle mani del successivo proprietario, un cittadino di Berna,
tale Bartholomeus Mayus (il cui nome appare solo nelle storie legate al Fiorentino). Lo
svizzero rivendette la gemma a dei mercanti genovesi che lo riportarono in Italia dove,
sempre secondo questa versione, essa fu acquistato da Ludovico il Moro (1452-1508),
duca di Milano o, piu’ probailmente, vista la coincidenza delle date, ad uno dei suoi
numerosi figli. Da li’ avrebbe, in qualche modo, raggiunto le casse della casata
medicea.
Sebbene queste siano storie avvincenti, nei primi anni intorno al
1920 una vasta ricerca del critico d'arte e museologo italiano
Nello Tarchiani (1878 –1941) rivelò che si trattava del frutto
dell’immaginazione di qualche scrittore fantasioso. Secondo la
sua ricostruzione storica, la gemma era passata (forse in
maniera forzata) dal sovrano indiano di Vijayanagar (dal
sanscrito “citta’ della vittoria”, oggi Narsinga, ultimo baluardo
indu’ all’invasione islamica) al governatore della colonia
portoghese di Goa, Ludovico Castro, conte di Montesano. Il
governante iberico la diede in dono a sua moglie, Mexia de
Noronha (di entrambe questi personaggi non esiste traccia nei siti di eraldica su
internet, ma i loro nomi figurano sul passaggio di proprieta’ menzionato piu’ avanti e
tuttora consultabile). Qualcosa di piu’ si conosce della presenza portoghese in India
e della relazione tra i lusitani e l'Impero Vijayanagara (chiamato anche Impero
Karnata, o Regno di Bisnegar dai portoghesi stessi), che si trovava nella regione
dell'Altopiano del Deccan, nel sud dell'India. I portoghesi erano giunti nel
subcontinente nel XV secolo e avevano occupato Goa tra il 1500 e il 1504,
eleggendola come base per i loro commerci verso tutto l’Oriente.
Piu’ o meno contemporaneamente, le famose miniere dei diamanti della regione
Kollur, allora parte del Sultanato di Golconda (corrispondente agli stati odierni di
Andhra Pradesh e Telangana in India) erano passate sotto il controllo della dinastia
mussulmana Qutb Shahi (1518-1687), che le aveva conquistate militarmente alle
spese del Sultanato di Bahmani. Golconda era ai confini dell’impero Vijayanagara
(ebbero anche degli scontri armati, tra cui la Battaglia di Tolikota del 1565) e quindi i
due stati adiacenti avevano verosimilmente dei costanti rapporti mercantili. Se
ancora oscure sono le origini esatte del Fiorentino e di come sia passato dagli scrigni
dei regnanti indiani a quelli iberici, e’ ben documentatoi il passaggio successivo. Dal
mito si passa alla storia ufficiale.
La prima vera prova dell’esistenza del Fiorentino risale al 1601, quando, dopo estese
negoziazioni avvenute tramite il filosofo, letterato ed esperto di pietre preziose Orazio
Rucellai, Ferdinando I de 'Medici (1549–1609), III Granduca di Toscana, il diamante
dalla famiglia lusitana Castro-Noranha (quella menzionata qui sopra). La gemma era
stata temporaneamente depositata a Roma, presso i gesuiti e, dopo le trattative, che
ne fissarono il prezzo a 35.000 scudi crociati portoghesi, passo’ alla casata toscana.
L'acquisto è comprovato dal Diario di Corte tuttora conservato all'Archivio di Stato di
Firenze e recante la data del 12 ottobre 1601.
Al tempo dell’acquisto, Il diamante era ancora allo stato grezzo, come testimonia
appunto il Diario di Corte lasciato da Cesare Tinghi, aiutante di camera degli
insegnanti reali.
Nel 1615, il figlio di Ferdinando I, Cosimo II (1590-1621), ne commissiono’ la lavorazione,
che venne completata presso le botteghe granducali, da Pompeo Studentoli, un
tagliatore di diamanti veneziano che lavorava in città. Il Fiorentino fu poi montato su
un pendente con una cornice serpentinata d'oro tempestata di piccoli diamanti.
Incastonata in tale gioiello, la gemma compare nei ritratti di Maria Maddalena
d'Austria (1589-1631), moglie di Cosimo II, che amava sfoggiarlo nelle grandi
occasioni, spesso abbinata a diademi di perle e pietre preziose.
Nel 1657, il commerciante e viaggiatore francese Jean-Baptiste Tavernier non solo
registrò nel suo libro “Les Six Voyages de Jean Baptiste Tavernier” di aver visto la pietra
e che essa era in possesso del Granduca Ferdinando II (1610-1670), figlio di Cosimo II,
ma ne includeva anche una miniuziosa descrizione e un disegno. Tra le annotazioni
spicca anche il fatto che il diamante veniva indicato come il piu’ grande in Europa
e il secondo al mondo, dopo il Grand Mogol (280 carati, di colore azzurro, anch’esso
scomparso).
L'amore che i Medici nutrivano per i diamanti si riscontra anche nella
presenza di questi cristalli in alcuni simboli dei rappresentanti della
casata, come per esempio la scelta della cosiddetta Impresa
(emblema) Personale. In particolare, quella di Lorenzo il Magnifico
(1449-1492) era composta da tre anelli di diamanti, di taglio “a
punta”, intrecciatie e talora adornata dal motto "Semper". Questo
stemma appare ben visibile in un mosaico sul pavimento della
Biblioteca Laurenziana nel complesso della basilica di San Lorenzo, nella
cappella Uccellai dell’Alberti, nei fregi di Palazzo Bartolini-Salimbeni, dove all’anello
diamantato sono uniti tre papaveri nella base del Monumento di Giovanni dalle
Bande Nere e in molti altri palazzi toscani.
Si sa che la famiglia Medici mantenne la proprietà del diamante fino alla morte, nel
1737 dell'ultimo maschio della stirpe (esteso poi di qualche anno a forza di un trattato),
Giovanni Battista Gastone de' Medici, detto anche semplicemente Gian Gastone
(1671–1737), figlio di Cosimo III e Margherita Luisa d'Orléans e settimo Granduca di
Toscana. La sua morte, segno’ l’ultimo atto della Casa fiorentina il cui ramo
granducale si estinse dopo gli oltre 300 anni al comando di Firenze (dal 1435 al 1737
ma la casata era stata fondata nel 1169). Giangastone lasciò alla sorella, l’Elettrice
Palatina Anna Maria Luisa (o Ludovica) de' Medici (1667-1743), la grandissima
collezione artistica che apparteneva alla famiglia, tra cui anche tutti i gioielli.
Nel 1740, la nobildonna compilò un inventario in cui figuravano i 3.900 diamanti, le
innumerevoli pietre preziose e le perle di proprietà della famiglia, il Fiorentino era nella
lista. La pietra, di li’ a poco, passo dalle mani di Anna Maria de Medici a quelle
dell'imperatrice Maria Teresa d'Asburgo (1717-1780), cui apparentemente porto’
molta fortuna.
Una versione forse romanzata di questo passaggio farebbe coincidere l’operazione
con le nozze di Maria Teresa e Francesco Stefano di Lorena, futuro Imperatore del
Sacro Romano Impero col nome di Francesco I (1708-1765). Secondo la tradizione, la
loro storia d’amore fiabesca era iniziata anni prima, quando i due nobili erano molto
giovani (lui aveva 16 anni e lei solo 7) ossia, facendo i calcoli, dal 1724. Finalmente,
dopo ben 12 anni, Il 31 gennaio 1736 si fidanzarono ufficialmente e si sposarono circa
un anno dopo, il 12 febbraio 1737. Stando alla versione romanzata, il matrimonio non
fu solo allietato dalla gemma preziosa, ma anche, nel corso degli anni, da ben sedici
figli. Entrambi, pochi giorni prima della loro unione, il 24 gennaio dello stesso anno,
avevano ereditato l’intero Granducato di Toscana (processo che si concluse
ufficialmente il 9 di luglio). Tuttavia, la versione secondo cui la pietra aveva in qualche
maniera benedetto le nozze dei regnanti austriaci non e’ probabilmente verietera
poiche’, in un Patto stipulato con Anna Maria de 'Medici, essi avevano acconsentito
che tutta l'arte e i tesori della Casata fiorentina rimanesse a Firenze fino alla morte
della nobildonna, che avvenne nel 1743. Con lei si estinse definitivamente la linea
primogenita di Casa Medici ed il diamante cambio’ possessore.
Nel 1745, il Fiorentino fu incastonato nella corona utilizzata per l’ascenzione al trono
come Sacro Imperatore di Ferdinando I stesso e rimase con gli Asburgo per oltere 150
anni. Dopo il crollo dell'Impero Austro-Ungarico nel 1918, la pietra, ora incastonata in
una spilla, seguì la oramai-ex famiglia imperiale nel loro esilio in Svizzera. A quel punto,
la scia del diamante svanisce. Alcuni dicono che sia stato rubato, poi tagliato in
pietre piu’ piccole poi rivendute e forse finite in Sudamerica. Altri sostengono che fu
concesso in cambio di fondi per sostenere la nuova vita della famiglia aristocratica o
per finanziare i tentativi di Carlo I d'Austria, ultimo degli eredi, di riconquistare il trono,
I suo sforzi si conclusero con la sua cattura in Ungheria ed il conseguente confino
forzato dello stesso nell'isola portoghese di Madeira, dove morì nel 1922.
Altre ipotesi fanno pensare ad una vendita segreta. C’è da tenere presente che la
pietra, insieme ad altri tesori, era al centro di un contenzioso internazionale legato al
Trattato di pace di Saint-Germain, del 10 settembre 1919, che imponeva all'Austria di
restituire atti, documenti ed artefatti storico-artistici precedentemente ottenuti dalla
stessa alle spese delle Potenze Alleate. Fra tali oggetti figuravano anche i gioielli della
Corona dei Medici di Toscana (compreso "Il Fiorentino").
Tra le molte voci che circondavano il destino il grosso cristallo giallo c'era un rapporto
secondo cui esso era finito tra i gioielli della corona austriaca rubati da Hitler quando
la Germania aveva annesso il paese confinante negli anni '30. Un’ultima teoria
riguarderebbe una grande gemma gialla di taglio a brillante (teoricamente una
porzione del Fiorentino) messa in vendita a Ginevra nel 1981. Al momento della
chiusura dell’affare, il suo proprietario dichiarò che la pietra era stata ottenuta dal
rimodellamento, in chiave moderna, di un grosso diamante con un taglio “vecchio
stile”, ormai fuori moda e per questo risfaccettato. Ma ancora una volta, non ci sono
sufficienti evidenze per fare un'identificazione definitiva.
Probabilmente non si conoscera’ mai la verità sul fato del Fiorentino; indubbiamente
leggende sulla sua misteriosa origine e sulla sua ancora piu’ mistica scomparsa
continueranno a prosperare. Nonostante la gemma originale sia andata perduta, ne
esistono varie repliche, per esempio quella che si trova nel Museo Nazionale della
Scienza di Milano o quella montata sulla Croce della Passione, di Cosimo Merlini, al
Museo dell'Opera del Duomo di Firenze.
Fonti: Citta’diFirenze, theflorentine.net, raregoldnuggets.com, langantiques.com,
curiositasufirenze.wordpress.com, torrini1369.com
PIllole di diamante: Giallo, Grande e Misterioso, la Leggenda del “Fiorentino”
Versione cellulare
Il "Fiorentino" (ma anche noto come il Toscano, il Granduca di Toscana o il Giallo
Austriaco) fu uno dei diamanti piu’ grandi e riveriti del suo tempo, quando queste
gemme avevano da poco iniziato a riacquistare popolarita’ in Europa.
Con un peso di 139 vecchi carati, pari a 137.27 carati metrici moderni (27.454 g), di
quasi certa origine indiana, la pietra, a forma di mandorla, era di colore giallo con
sentori di verde. Essa veniva descritta come avente un profilo ottagonale irregolare
(a volte chiamato a scudo) con un taglio a doppia rosa che includeva 126
sfaccettature distribuite su nove lati che irradiavano una luce scintillante. Il nome
“Fiorentino” e’ quasi certamente un omaggio alla stirpe medicea, che risiedeva e
regnava appunto su Firenze.
Esistono numerose leggende legate a questa pietra; per esempio si narra che sia
appartenuta a Carlo il Temerario, il quale l’avrebbe persa, insieme alla propria vita,
sul campo di battaglia. Altri miti la vedono passare nelle mani di papa Giulio II, di
Lodevico il Moro e del famoso ma mistesrioso diamantaio ebreo di Anversa, Lodovico
Van Bercken.
Piu’ probabile il suo passaggio dai tesori dell’Impero indiano Vijayanagara a quelli
della Casata portoghese Castro-Noranha dalla quale sarebbe stata venduta per
35000 scudi crociati portoghesi, nel 1601, a Ferdinando I de’ Medici. Proprio qui inizia
la storia documentata della gemma. Il Fiorentino rimane nei forzieri della famiglia
toscana fino al 1743 (nel 1737 decade il dominio mediceo su Firenze) quando l’ultima
rappresentante della prestigiosa stirpe fiorentina muore ed estingue, dopo oltre 300
anni, il ramo granducale della famiglia. Da quel momento passa agli Asburgo
austriaci e resta con loro fino al 1918 allorche’, con l’esilio Di Carlo I d'Austria, erede
al trono, la gemma svanisce. Curiosamente, sia le origini che il destino di questo
grande diamante giallo sono circondati da un alone di mistero. Tra le varie teorie
riguardanti il fato di questa pietra, negli ultimi cento anni, ci sono quelle che la vedono
ceduta per sostenere la campagna di riconquista degli Asburgo, o quella che la
farebbe cadere nell mani di Hitler, oppure anche quelle che sostengono che il
diamante venne spaccato e risfaccettato. Non esistono prove conclusive che
supportino nessuna di queste ipotesi. Probabilmente non si conoscera’ mai la verità
sul destino del Fiorentino, ma indubbiamente leggende sulla sua misteriosa origine e
sulla sua ancora piu’ mistica scomparsa continueranno a prosperare. Nonostante la
gemma originale sia andata perduta, ne esistono varie repliche, per esempio quella
che si trova nel Museo Nazionale della Scienza di Milano o quella montata sulla Croce
della Passione, di Cosimo Merlini, al Museo dell'Opera del Duomo di Firenze.
Fonti: Citta’diFirenze, theflorentine.net, raregoldnuggets.com, langantiques.com,
curiositasufirenze.wordpress.com, torrini1369.com