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La Zoologia nell’opera di Giovanni Targioni Tozzetti
I numerosi autori che si sono occupati dello studio e della valorizzazione
dell’opera di Giovanni Targioni Tozzetti hanno evidenziato il suo fondamentale contributo all’illustrazione della storia naturale e locale della Toscana
dando enfasi ai suoi studi geologici, paleontologici e botanici. Poco o niente
invece è stato scritto sul Giovanni Targioni Tozzetti zoologo, nonostante il suo
apporto sia stato anche in questa materia senza dubbio significativo.
Se si esclude la giovanile collaborazione alle Novelle scientifico letterarie
(Lami 1740-1750), il suo esordio scientifico fu segnato, nel 1741, proprio da
una pubblicazione a carattere zoologico intitolata Lettera all’illustrissimo sig.
barone Gio. Batista de Bassand sopra una numerosissima specie di farfalle vedutasi in Firenze sulla metà di luglio 1741. Si tratta di un libretto di una trentina
di pagine da cui ben traspaiono le sue competenze e il suo modo di procedere
nell’analisi dei fenomeni. A determinarlo a prendere in mano la penna per
illustrare e spiegare un curioso fenomeno entomologico erano state le richieste
giuntegli da più parti, quando Firenze fu invasa da vere e proprie nuvole di
insetti, comunemente indicati dal popolo come “farfalle”, che si erano concentrati sui ponti e sulle botteghe a ridosso dell’Arno.
Quello che emerge dal suo scritto è un quadro di notizie molto amplio che
deriva in parte anche da testimonianze diligentemente raccolte tra i pescatori
e la gente comune e riorganizzate in forma critica e organica. È notevole il
procedimento per gradi che il Targioni Tozzetti porta avanti iniziando con
la descrizione degli insetti che sono immediatamente ricondotti a un’unica
specie, ma nei quali riscontra un evidente dimorfismo sessuale. Particolare
attenzione dedica all’esame microscopico che egli, sulla scia degli studi dell’o*
Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze, Sezione di Zoologia “La Specola”
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landese Ian Swammerdam, ritiene tanto fondamentale da affermare che il
microscopio per il naturalista è come il telescopio per l’astronomo. L’illustrazione dell’animale e delle sue parti è resa più facile ed efficace da un piccolo
artificio tipografico: l’introduzione nel frontespizio di una piccola, ma accuratissima vignetta incisa in rame dove sono raffigurati maschio, femmina,
gruppi di uova e particolari ingranditi di ali e cerci: ogni singola figura è
contrassegnata da un proprio numero che corrisponde ad altrettanti rimandi
del testo (Targioni Tozzetti, 1741).
Il fenomeno di fronte al quale si trovò il naturalista fiorentino era evidentemente uno straordinario sfarfallamento di insetti dell’ordine degli efemerotteri ed egli, sulla scorta delle sue attente osservazioni morfologiche, giunse
alla corretta conclusione che si trattasse di quella specie chiamata dagli autori
“effimero” o “emerobio”, per indicare la quale scelse la seconda denominazione, sia perché più appropriata per descrivere la biologia dell’animale, sia per
evitare l’ambiguità del primo termine, adottato anche per indicare un’entità
botanica. In realtà Linneo aveva già attribuito ai due nomi un differente significato tassonomico, indicando con il termine effimero gli insetti oggi ascritti
all’ordine degli efemerotteri, e con il termine emerobio gli insetti oggi appartenenti a quello dei tricotteri.
Mettendo insieme l’interesse naturalistico e la competenza medica, Giovanni Targioni Tozzetti non mancò di interrogarsi su possibili relazioni dell’invasione degli «emerobi bianchi minori dell’Arno» (come egli li definisce) con
l’aspetto sanitario. Ciò palesa, anche in campo zoologico, quell’approccio
pratico e applicativo alle scienze naturali, ben evidente nei suoi studi sulla
botanica e sulle scienze della terra e anticipa due temi che caratterizzeranno
la sua carriera medica: la lotta contro le epidemie contagiose e l’azione sulla
mentalità popolare per rimuovere eventuali pregiudizi attraverso la cultura
medica.
Procedette perciò alla ricostruzione dell’elenco delle annate per le quali erano documentate analoghe invasioni di efemerotteri e lo compara con
quello degli anni per i quali sono note epidemie. Concluse che non vi era
alcun nesso tra le due cose, dal momento che in passato non vi era mai stata
concomitanza negli anni delle epidemie. L’unica eccezione fu proprio il 1741,
anno interessato da febbri petecchiali, ma per le quali gli insetti non potevano
essere contemplati fra le cause, in quanto comparsi quando la malattia era già
in declino.
Ciò che maggiormente caratterizza questo contributo zoologico è però
l’ampia e accurata ricerca storica su analoghi fenomeni osservati a Firenze e
altrove che gli permette di radunare una serie di interessanti osservazioni che
coprono un arco di oltre due secoli. Risulta infatti straordinaria la conoscenza
delle fonti cui l’autore fa riferimento, che vanno dalle ben note opere degli
antichi (Plinio, Aristotele, Eliano) ai popolari trattati di Aldrovandi, Jonston,
Willughby, Wotton, agli scritti più specialistici di sperimentatori quali, tra gli
altri, Ray, Swammerdam, Goedart, Blasio e Vallisneri. Non mancano nemmeno opere estremamente specifiche e sconosciute ai più, come, ad esempio,
il De Emerobio sive Ephemero Insecto, e Maiali Verme di Augerio Clutio che
risulta assai importante per analizzare il fenomeno fiorentino.
L’elenco degli autori citati, oltre che per numero, spicca per aggiornamento; basti pensare al rimando alla prima edizione del Systema Naturae di
Linneo pubblicata nel 1735, in cui l’impianto sistematico del medico svedese
è già ben delineato nonostante la nomenclatura binomia sia ancora lontana
dall’essere introdotta. Tale precoce citazione fa di Giovanni Targioni Tozzetti
uno dei primi naturalisti che fecero conoscere Linneo in Italia in campo zoologico.
Molte informazioni vengono allo studioso fiorentino anche dalla consultazione di manoscritti, la cui conoscenza testimonia anche una capillare cultura delle fonti relative alla storia locale. Ne è un esempio il diario manoscritto cinquecentesco dei fiorentini Lazzaro e Dionigi Marmi, in cui è registrata
un’analoga invasione di insetti a Firenze nel 1593.
Il grandissimo numero di fonti consultate è senz’altro da mettere in relazione con la sua posizione di Prefetto della Biblioteca Magliabechiana e
con la sua personale raccolta di libri e manoscritti contenente anche il fondo
Micheliano. Tali strumenti caratterizzarono tutto il suo operato in un accattivante connubio fra scienza ed erudizione, il cui fascino interdisciplinare finì
talvolta per far passare in secondo piano gli importanti contributi originali
della sua opera.
Dopo questo interessante esordio scientifico, importanti osservazioni a carattere zoologico comparvero in molti altri dei suoi scritti. Sebbene disperse
nella migliaia di pagine delle sue opere, esse emergono continuamente durante la lettura delle Notizie degli aggrandimenti delle scienze fisiche accaduti in Toscana (Targioni Tozzetti, 1780) e delle Relazioni d’alcuni viaggi fatti
in diverse parti della Toscana (Targioni Tozzetti, 1751-1754, 1768-1779) e
ci forniscono informazioni di grandissimo interesse sui temi più disparati,
dall’elefante vivo esposto nella Loggia dei Lanzi nel 1655, alla spiaggiamento
di grandi cetacei sulle coste toscane.
A titolo di esempio possiamo ricordare le Notizie di alcuni uccelli che si
osservano nella Pianura del Poggio a Caiano contenute nel tomo quinto della
seconda edizione della relazione dei viaggi (Targioni Tozzetti, 1768-1779).
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Contrariamente a quanto potrebbe lasciare intendere il titolo del paragrafo,
non si tratta di una vera e propria avifauna locale, ma di un contributo sulle
specie più comuni e su quelle meno note per l’area e proprie dell’ambiente
palustre. In particolare vi focalizza l’attenzione su quella che chiama la «Classe
degli Acquatici Palmipedi», un raggruppamento di comodo totalmente privo
di significato tassonomico che ci lascia non poco meravigliati, perché troppo
distante da quella sistematica linneana di cui il Targioni Tozzetti fu uno dei
primi sostenitori in Toscana e in Italia. Lo spirito di conoscenza finalizzata
anche al razionale utilizzo del territorio che caratterizza le sue relazioni dei
viaggi è evidente anche in questo paragrafo, dove la trattazione ornitologica
si orienta quasi esclusivamente alle specie di interesse venatorio. Tra esse cita
genericamente i «germani» e i «beccaccini», termini che verosimilmente stanno a indicare gli Anatidi in generale, il primo, e varie specie di Scolopacidi
e Caradridi il secondo. Ampio spazio dedica poi allo Strillozzo, un passeriforme poco più grande dell’Allodola, di cui illustra aspetto e abitudini, per
poi descriverne le modalità di caccia («si prende colle reti aperte») e il pregio
alimentare («la sua carne è soda a mangiarsi»). Tra gli uccelli meno comuni,
ma catturati presso le risaie di Poggio a Caiano, ricorda infine il Fenicottero e
il Pellicano, ma la maggior parte del contributo è incentrato sulle gru, uccelli
che ci dice capitare spesso nella Piana dove vengono cacciate con le spingarde.
La notizia di tali catture costituisce il pretesto per una dettagliata descrizione
dell’anatomia cosicché si passa da una trattazione a carattere zoologico venatorio a una a carattere anatomo comparato.
Gli studi sull’anatomia della Gru risalivano agli anni giovanili e più precisamente al dicembre 1735 quando, poco più che ventenne, ricevette dall’amico
Niccolò Gualtieri, medico del Granduca, il cadavere di una gru femmina che
«ferita in un’ala da un contadino e, presentata al Seren. Granduca Gio. Gastone,
fu messa nell’uccelliera di Boboli, ma in capo a tre giorni vi morì».
A distanza di quasi 40 anni, la comparsa in vendita sul mercato di Firenze di
altri 3 esemplari portò il Targioni a compiere ulteriori dissezioni anch’esse descritte nel medesimo volume, dedicando loro ampio spazio e una tavola incisa
in rame delineata dal figlio Ottaviano raffigurante gli organi interni della Gru.
Le sue osservazioni sono estremamente dettagliate e puntuali e rivestono
un particolare interesse per la storia dell’anatomia animale in quanto gli studi
anatomici di Giovanni possono essere considerati parte di una tradizione che,
attraverso suo padre Benedetto, allievo di Francesco Redi, risale all’Accademia del Cimento.
Anche in questo caso il Targioni dimostra di aver compiuto approfondite
ricerche sulle fonti che coprono un po’ tutte le epoche; così, a proposito della
Gru, cita i principali trattati ornitologici del XVI e XVII secolo, quali Gesner,
Aldrovandi, Olina, Willughby, ma anche scritti sperimentali di Redi, Borrelli
e Clasio e opere di stampo illuminista come il Dictionaire d’histoire naturelle
di Valmont de Bomare e la Storia naturale degli uccelli illustrata da Saverio
Manetti, Lorenzo Lorenzi e Violante Vanni, una monumentale opera in folio
in 5 volumi con 600 tavole incise in rame e colorate a mano, al tempo ancora
in corso di pubblicazione.
Anche il collezionismo naturalistico nella Firenze del secondo Settecento
beneficiò moltissimo dell’opera di Giovanni Targioni Tozzetti con due distinti e separati contributi: la formazione della sua monumentale collezione naturalistica personale e la redazione del catalogo degli oggetti naturali conservati
nella Galleria degli Uffizi.
La sua collezione personale, radunata nell’arco di tutta la carriera scientifica, comprendeva diversi oggetti già appartenuti a suo padre Benedetto Targioni e il museo privato del suo maestro Pier Antonio Micheli. Arricchita
dopo la sua morte dal figlio Ottaviano e dal nipote Antonio, la collezione
Targioni Tozzetti giunse a contare circa 7.500 campioni, fra minerali, rocce,
fossili e animali e un erbario di oltre 19.000 fogli, oltre a un significativo numero di prodotti vegetali. Tra il 1838 e il 1859 fu progressivamente acquisita
dall’I.R. Museo di Fisica e Storia Naturale.
Il catalogo di questa collezione fu stilato da lui stesso intorno al 17501770 e occupa 12 volumi di cui il primo è dedicato al regno animale e rappresenta in sé un interessante contributo zoologico.
Organizzato secondo il Systema Naturae e la nomenclatura binomia, testimonia anch’esso la sua totale adesione alle idee linneane.
Ha inizio con l’uomo, ma per questa specie, i reperti hanno interesse più
medico che naturalistico e in certi casi si tratta di oggetti degni di una wunderkammer; tra questi: un «Occhio artificiale, fatto d’Avorio, vetro, e legno a
imitazione del vero, da Gio. Batista Verde Veneziano» e un «Modello in Gesso di un Pene col Glande morboso, pieno di verruche dure in cima, a guisa
d’Unghie». La «Renella gettata fuori dal Celebre Pier’Antonio Micheli, mio
Maestro, trovata nella sua Raccolta» che potrebbe apparire più una reliquia
laica che un reperto naturalistico è invece uno dei numerosi calcoli presenti
nella collezione. Questo tipo di oggetti era al tempo considerato di particolare interesse, tanto da denominarne lo studio «litologia umana» (Brugnatelli,
1819). Sempre sotto Homo sapiens sono anche elencati numerosi reperti di
interesse archeologico, quali ossa di «antichissimo etrusco», raccolte durante
il viaggio a Volterra nel 1742, o una porzione di mummia egizia proveniente
dalla collezione di suo padre.
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Tra gli altri animali presenti in collezione troviamo moltissimi campioni
osteologici, solo un paio di reperti sotto spirito e alcune curiosità. Mancano
del tutto esemplari tassidermizzati, probabilmente perché di lunga preparazione e di difficile conservazione.
La descrizione dei reperti nel catalogo è sempre accompagnata, oltre che
dal nome linneano, da un’accurata sinonimia presa dai principali autori. Pur
non essendo costume dei musei del tempo quello di accompagnare i reperti
con le informazioni che ne circostanzino la raccolta, il Targioni riporta per
ciascun oggetto moltissime informazioni. Tale prassi, per lui abituale e condotta con estrema meticolosità, è dettata dalla sua modalità di far marciare di
pari passo la storia naturale e la storia locale, ma di fatto anticipa di un secolo
i rigidi criteri di raccolta delle informazioni sui singoli reperti, introdotti con
la nascita della zoogeografia, della faunistica e dello studio della variabilità
delle popolazioni.
Un documento analogo è costituito dal Catalogo delle Produzioni Naturali che si conservano nella Galleria Imperiale di Firenze da lui redatto nel
1763; in esso sono elencati gli oggetti appartenuti alle collezioni medicee
e provenienti da tutto il mondo che costituiranno poi il nucleo iniziale
dell’I.R. Museo di Fisica e Storia Naturale. È interessante osservare che
anche in esso i reperti zoologici sono linneanamente ordinati, ma che a
differenza di quanto fatto per la sua collezione personale, dove i fossili erano inseriti tra le rocce e i minerali, qui essi sono elencati tra gli animali,
ponendoli in coda alle specie attuali. Tale variazione di impostazione ha
importanti implicazioni: le competenze zoologiche del Targioni Tozzetti furono determinanti per rendere più efficace anche la sua opera geologica e di
descrizione della Toscana. Fu infatti grazie alla conoscenza delle forme animali e della loro ecologia che poté formulare la sua importante ipotesi sulla
differente origine del Valdarno superiore e del Valdarno inferiore: lacustre
per il primo e marina per il secondo.
B L.V. (1819): Litologia umana ossia ricerche chimiche e mediche sulle sostanze
petrose che si formano in diverse parti del corpo umano soprattutto nella vescica orinaria,
Pavia, nella tipografia di P. Bizzoni successo a Bolzani.
L G. (1740-1750): Novelle letterarie pubblicate in Firenze, Firenze, Tartini e Franchi.
T T G. (1741): Lettera di Giovanni Targioni medico del Collegio di Firenze, e professor pubblico di Bottanica all’illustrissimo sig. barone Gio. Batista de Bassand
sopra una numerosissima specie di farfalle vedutasi in Firenze sulla metà di luglio 1741, In
Firenze, nella nuova stamperia di Gio. Batista Bruscagli e compagni.
T T G. (1751-1754): Relazioni d’alcuni viaggi fatti in diverse parti della
Toscana, per osservare le produzioni naturali, e gli antichi monumenti di essa, In Firenze,
nella Stamperia imperiale.
T T G. (1768-1779): Relazioni d’alcuni viaggi fatti in diverse parti della
Toscana per osservare le produzioni naturali, e gli antichi monumenti di essa, In Firenze,
nella Stamperia granducale, per Gaetano Cambiagi.
T T G. (1780): Notizie degli aggrandimenti delle scienze fisiche accaduti in
Toscana nel corso di anni LX del secolo XVII, Firenze, si vende da Giuseppe Bouchard
libraio in Mercato nuovo.