Il ritrovamento di alcuni simboli nazisti all’interno del castello Angioino, si inserisce
all’interno delle ricerche, da me iniziate, sulla vita, a Gaeta, dei due nazisti rinchiusi nel
carcere militare (famoso il detto: “Ti sbatto a Gaeta”) operativo fino al 1990: Herbert
Kappler e Walter Reder.
Il primo, dei due fu incriminato per essere stato il mandante della strage delle Fosse
Ardeatine a Roma (che contò 335 morti), il secondo, invece, era definito il boia di
Marzabotto e Sant’Anna di Stazzema; i morti e le violenze perpetrate a queste
popolazioni furono maggiori, si parla di oltre la migliaia di morti.
Fonti orali e testimonianze oculari di cittadini o militari che hanno lavorato nel carcere di
Gaeta, parlano di numerosi trattamenti di favore nei loro confronti: ricevevano spesso
frequentazioni politiche austriache, pacchi con vivande dalla Germania, avevano la
possibilità di fare bagni al mare (sebbene scortati) e possibilità di intrattenere relazioni
sentimentali. Kappler si sposò, nel reclusorio di Gaeta, con la seconda moglie, Annaliese,
che conobbe più intimamente attraverso un carteggio (da diversi anni c’è anche una
traduzione in italiano dell’epistolario). Trattamenti di favore, i loro, che in parte
trovavano giustificazione nel testo della Convenzione di Ginevra (1864), trattato che
tutelava i diritti dei prigionieri di guerra.
Stettero, ambedue, nel reclusorio per circa trent’anni. Kappler entrò nel 1947 e uscì nel
1976 (in quell’anno venne traslocato all’ospedale militare di Roma del Celio, dal quale
sarebbe fuggito l’anno successivo). Reder entrò nel 1951 e fu estradato in Austria, nel
1985, con un volo di Stato.
Prima di andar via, hanno lasciato una serie di misteri nella storia italiana
contemporanea. La scoperta riguarda delle scritture runiche, ma anche concetti religiosi
e altrettanti simboli (mutuati da altre culture) scritti da uno o da entrambi i nazisti (sul
vero autore si tornerà più avanti).
Ormai chiuso da trent’anni e sulla lenta via della musealizzazione, le scritte lasciate dai
nazisti sono rimaste lì per tre decenni, all’oscuro dello sguardo dei visitatori che entrano
nel castello e della storia in generale. Il ritrovamento non è stato per nulla facile, data
l’incisione a secco su pareti bianche. La seconda difficoltà è stata quella di tradurre e
decifrare, nel nostro linguaggio, il loro codice.
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Castello Angioino di Gaeta (reclusorio militare),
svastica, simbolo graffito sul muro al lato Comando Militare,
vicino alle stanze di Kappler e Reder (foto di Nicola Ancora)
i
L’alfabeto runico, chiamato anche futhark (dalle prime sei lettere che lo compongono),
era usato dalle antiche tribù germaniche:; ogni simbolo non aveva solo una funzione
fonetica, ma anche una spirituale, in quanto era considerato un alfabeto con potenziali
magici. Sull’origine di questa scrittura, alcune teorie lo vedono come filiazione degli
alfabeti etrusco-italici. I contatti con queste popolazioni italiche erano favoriti, anche,
dagli scambi commerciali.
Le parole da me ritrovate, a Gaeta, sono tre. A livello puramente fonetico, tradotte,
corrispondono alla I-K(C)-O; mentre, tecnicamente, sono chiamate Isa, Kenaz e Othila.
Isa, rappresentata da una linea verticale, è la undicesima runa. Simboleggia il ghiaccio,
la stasi o, per dirla in termini di uso comune, l’arresto. Il periodo dell’anno, a essa,
corrispondente va dal 28 novembre al 12 dicembre. Il mito correlato a questa runa è
Niflheim; regno freddo e di ghiaccio. Come il ghiaccio impedisce la fioritura, così
impedisce la fuga degli umani.
Kenaz è una runa a forma di spina (de Blanchefort 2018); è la sesta runa del futhark,
simboleggiante il fuoco. Il periodo, a essa, corrispondente cade dal 13 al 27 settembre.
Questa, nel nostro caso, è la più importante delle tre; la runa chiave.
Othila è la ventitreesima runa e simboleggia la liberazione dal karma (Carmignani, Bellini
2017). Graficamente dà l’impressione di somigliare molto all’omega dell’alfabeto greco,
ma anche al simbolo cristiano del pesce.
Castello Angioino di Gaeta (reclusorio militare),
svastica inscritta in un cerchio, con scritture runiche nella parte inferiore
(foto di Nicola Ancora)
Per capire la spiritualità di quest’ultima runa, cito, di seguito, l’oracolo corrispondente:
“Il cervo si nasconde nell’ombra del bosco, abili cacciatori presto lo staneranno. Il sangue
scorrerà sulla terra, in sacrificio. E si tornerà a casa, a imbandire una buona tavola e
raccontare storie davanti al fuoco mentre la carne gira sullo spiedo”. Importantissima in
quanto si rifà al concetto di “libertà, patria ed eredità familiare”.
Liberazione dal karma, si è detto poc’anzi: questo concetto induistico, ai nazisti molto
caro, lo si trova, sempre a sgraffio e affianco una svastica, nella parte superiore delle
iscrizioni runiche, ma nella lingua tedesca “Karm”.
figura3. Castello Angioino di Gaeta (reclusorio militare),
“Karm”, “Karma”, trovati nella parte superiore e laterale agli ideogrammi runici e alla svastica inscritta (foto di
Nicola Ancora)
Othila è stata utilizzata come logo del 7° SS-Freiwilligen-Gebirgs-Division “Prinz Eugen”,
fanteria di montagna attiva dal 1942 al 1945 (Cernigoi 2019).
La descrizione linguistica e storica delle rune, di cui sopra, è stata necessaria per arrivare
alla conclusione di questa ricerca.
Kenaz, la runa centrale, simboleggia la personalità di Herbert Kappler. Nato il 23
settembre 1907, la sua nascita cade proprio nel periodo affidato alla runa centrale che,
ripeto, va dal 13 al 27 settembre. Isa, la prima runa, simboleggia la stasi (la fermezza) e
allude allo stato di detenzione di Kappler (il presente nel momento in cui lui le incise).
Othila (libertà, eredità familiare e patria) era la speranza che prima o poi la sua
detenzione volgesse a termine, ritornando in Germania.
Speranza affidata al potere magico di questi ideogrammi. Il ritrovamento di queste
incisioni (sull’arco di accesso al corridoio superiore del comando militare, dopo una lunga
salita lastricata) apre un’altra prospettiva di indagine storica; la libertà loro concessa di
eludere i controlli interni.
Riferimenti bibliografici:
U. Carmignani, G. Bellini, Runemal, Il grande libro delle rune (origine, storia, interpretazione), Età dell’Acquario edizioni,
Torino 2017.
E. Cernigoi, SS. L’ordine nero del reich, Giunti editore, Milano 2019.
J. de Blanchefort, Rune, rituali di magia per il terzo millennio, Armenia editore, Cornaredo 2018.