marco valenti scrive

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18 ottobre 2020

Tonno, melanzane, salsa a crudo e vino giusto

 


Complice una pescheria piuttosto cara, ma eccellente, sulla strada del ritorno dal lavoro, siamo tornati a casa con quattro belle fette di tonno, freschissime e succulente.

Il Tonno, pescato nel medio Tirreno, era lì in pescheria che ci chiamava all’acquisto.

Abbiamo rimuginato su tante ricette poi, pensando ad una melanzana nel frigo, al cuore e all’umore che pensa tanto alla Sicilia, abbiamo deciso di fare così.



La melanzana, fritta a dadini, è diventato il contorno dei tranci che, scottati nella padella appena unti, salati e pepati, sono stati serviti con un battuto freddo di olive nere, capperi (di Pantelleria per davvero), pomodorini saporiti e tanta tanta menta tagliata con la mezzaluna.






Sull’abbinamento con il vino abbiamo pensato ad un bianco fermo con una gradazione che reggesse il passo di un piatto di pesce dal sapore intenso e abbiamo provato un Bianchello del Metauro, Superiore del 2019, biologico. 

Ne siamo stati contentissimi. 

I vini Bio, se veri e se buoni, hanno una marcia in più: il Bianchello Tenuta Campioli dell’Azienda Fiorini, con i suoi tredici gradi è stato un amico al servizio del piatto. Senza sopraffazione tra cibo e bevanda si sono fatti compagnia esaltandosi a vicenda.



Quasi mai mi permetto di parlare di vini perché non ho patenti e parole adeguate per farlo e preferisco lasciare link utili.

Potete partire da questo per saperne di più.

Riconoscimenti di nota

Il sito dell'Azienda

Semplicità ed esaltazione del sapore.

Una cena veramente eccellente: il ristorante di casa funziona bene.


6 aprile 2018

Prima Carbonara con il guanciale


(Pare che sia il giorno - o la settimana - della carbonara. Perciò pubblico nuovamente questo post)

Malgrado amici mi dicano che sia un eccellente ristorante non ho ancora mangiato da Arcangelo Dandini a Roma (Ristorante L’Arcangelo – Via G.G.Belli, 59). Seguo con estremo interesse le sue ricette e provo a carpirne cose interessanti perché abbiamo radici nella stessa città e perché ne condivido alcune semplici considerazioni. 
Tra tutte la più importante è che per fare cucina di qualità non si possa prescindere da ingredienti di qualità.
Poiché, chi mi segue lo sa, sono un cialtrone (davvero non uno Chef) la sua ricetta della pasta alla carbonara mi ha sorpreso e ha demolito la granitica certezza che ci andasse la pancetta: la fa con il guanciale.

Ho studiato un po’ in giro ed effettivamente non si può avere certezza dell’originale ricetta della Carbonara e tutte e due le tesi hanno fondamento. Ho ragionato su come il grasso del guanciale abbia maggiori possibilità di essere mangiato rispetto a quello della pancetta perché resiste meglio alla abbrustolita in padella (meno rischi di fare la fine dell’olio “esausto”) e mi sono lanciato.


Il guanciale scelto viene da una ottima Azienda di Fabriano, la Società Agricola Gioia di Franco Gioia, menzionata con onore dal Gambero Rosso per l’eccellenza di alcuni suoi salumi.



Per la pasta mi sono affidato a Pasta Mancini, una tra le migliori, anch’essa marchigiana (Contrada San Rustico – Monte San Pietrangeli – Fermo). Fanno pochi formati e ne ho voluto adoperare uno un po’ particolare: i Tuffoli. Sono rigatoni un po’ fuori misura, grandi, lunghi 45mm e un diametro di 27mm.
Mi divertiva l’idea di un piattone riempito con meno pezzi di quanti te ne aspetteresti: un po’ la voglia di giocare con le proporzioni degli oggetti.



Uova biologiche e un pecorino già sperimentato, saporito ma non troppo salato. Se il pecorino non fosse stato con queste caratteristiche l’avrei mischiato con del parmigiano (due parti di pecorino; una di parmigiano).

INGREDIENTI (per sei persone)
600 grammi di pasta
6 tuorli d’uovo
120 grammi di guanciale
150 grammi di pecorino

Preparazione.

Metto i tuorli in una ciotola e li sbatto con un terzo del formaggio.

Rosolo il guanciale tagliato a fettine.



Unisco il grasso del guanciale (non bollente!) con le uova e mescolo.
Cuocio la pasta al dente.
Manteco rapidamente con la salsa e, eventualmente, un po’ di acqua di cottura.
Aggiungo il guanciale croccante.
Servo spolverando con il pecorino rimanente.
Chi vuole ci gratta del pepe nero. 
Secondo me non serve.


E’ venuta squisita, da leccarsi le orecchie. 
Ci abbiamo bevuto vino della Cooperativa Agricola Cincinnato, di Cori (LT) lasciando scegliere tra Castore e Polluce, due vini che in comune hanno la caratteristica di vinificare in purezza uve di vitigni antichi, spesso usate per tagliare altri vini.


Castore,  bianco secco, ottenuto dal Bellone, fragrante e appena fruttato.


Polluce, rosso di 13 gradi, ottenuto dalla vinificazione in purezza del Nero buono di Cori, un vitigno che si trova soltanto lì, un vino di buon corpo, vivace acidità e palato avvolgente.

La pasta, come dire, 
aveva la sua personalità; 
personalmente ho scelto la freschezza del bianco.

La mia prima carbonara con il guanciale non sarà l’ultima.

(Ovviamente, riproponendo il post dopo un paio di anni, posso confermare un paio di cose: ho fatto numerose volte la carbonara con il guanciale ed è decisamente vincente rispetto a quella con la pancetta)



28 aprile 2017

pasta alla milanese e orvieto




Non so perché si chiami così e, probabilmente, è un nome con poco senso logico: ma se nonna Enza la chiamava in questa maniera non c’è nome diverso per chiamarla.
Non vi pare?

Ripropongo la ricetta perché spesso mi viene chiesta. Il vino ci sta tutto.

Spaghetti alla milanese.

Sugo rosso semplice, pochi odori, niente soffritto.
Acciughe invece del sale.
A parte, in una padella di ferro, mollica di pane secco (pan grattato per chi non ha tempo di grattare) ed abbrustolirsi in un po’ d’olio in cui due acciughe si sono “sfragranate”. In Sicilia la mollica così si usa molto: l’adoro.
Origano se volete.
Una punta di pecorino grattugiato se credete.
A pasta scolata si condisce e si aggiunge la mollica come si farebbe col parmigiano.
Consolante da morire.


Vino Orvieto classico
Botti del vino di Orvieto, città papale, venivano inviate regolarmente alle mense dei prelati e dei nobiluomini di Roma; e poichè i donativi erano allora mezzi comuni per garantirsi la benevolenza di potenti protettori, la città si preoccupava che la produzione fosse notevole e la qualità del prodotto eccellente.
Uve: (in percentuale decrescente) Trebbiano toscano, (Procanico Biancone) Verdicchio (Verdello) Canaiolo (Trupeccio) Grechetto.
Colore: Giallo dorato chiaro
Sapore: delicato caratteristico di uve infavate, spesso abboccato e talvolta anche amabile (o secco) fresco leggermente amarognolo pieno vellutato.
Alcolicità: 12°
Acidità: 7%
http://it.wikipedia.org/wiki/Orvieto_(vino)


Mi ci sono, alla Montalbano maniera, consolato… “arri creato” (pure questo termine è siculo); mi ci sono ancorato di fronte a pensieri fumosamente tristi per entropia nei confronti dei dolori altrui.


(08.02.2009)

18 gennaio 2017

spaghetti nero di seppia, e non solo



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Spaghetti al nero di seppia, seppie con carciofi, Chardonnay 2009 Calanchi di Vaiano, Bianco di Montefalco 2009.

Si uniscono voglia di consolazione culinaria, desiderio di mangiare pesce, ottimi amici a cena e voglia di suggerimenti dal mercato rionale.
La prima immagine che mi rimanda la prima bancarella è di carciofi ordinati e a buon mercato.
Scatta la voglia di calamari, o di seppioline, con i carciofi (già sperimentata).
Il banco del pesce, invece, mi rimanda a seppie freschissime ma di pezzatura media: è lì che scatta il menù.

Spaghetti col nero e seppie con i carciofi.

Monta il desiderio di volermi bene e coccolare me e i miei commensali curando qualche dettaglio in più.
La seppia si tirerà nel Vermentino di Sardegna (Aragosta) della Cantina Santa Maria la Palma.
Gli spaghetti vengono da Gragnano e questo significa che sono trafilati al bronzo e con essiccatura statica, lenta e a basse temperature.
A questo punto ce ne è per dare il miglior senso possibile al parco vini.
Con gli spaghetti Chardonnay 2009 Calanchi di Vaiano; con le seppie con i carciofi Bianco di Montefalco 2009; partiamo con 13 gradi e proseguiamo con 14 (alla faccia del bianco!) giustificando il tutto col fatto che, beh, mica mangiamo un merluzzetto!
Le seppie, di media dimensione, non sono facilissime da pulire e le sacchette col nero non sono facilmente individuabili (ma si può fare).
Non illudetevi che sia semplice come nel video perché non lo è e se trovate il pescivendolo che lo fa per voi ringraziate e accettate.
Alcune ricette di spaghetti al nero di seppia.
In una padella alta ho messo olio, aglio e peperoncino. Ho cotto in olio e copioso vino tentacoli e teste spezzettate molto finemente e, anche in quel tegame, ho unito del prezzemolo e del concentrato di pomodoro. Poi, quando cotto, lo ho versato nella padella alta con un altro po’ di prezzemolo. e, dopo un po’ il nero delle sacchette.
Ci ho saltato gli spaghetti, scolati al dente e, immediatamente il nero delle sacchette sciolto in un po’ di acqua tiepida.

Per la ricetta delle seppie con i carciofi rimando ad un mio vecchio post, mutatis mutandis…
La cena, frammezzata da chiacchiere piacevolissime sulle quali si potrebbero scrivere altri post, è terminata con due torte fatte in casa dalle due ospiti femminili della serata.
Una torta alle mele e, soprattutto, un “Bustreng”.
Prometto di tornarci sopra, al bustreng, ma non posso sottacere che è stato preparato da una persona che non lo aveva ancora mai assaggiato sulla ricetta ascoltata in televisione da un mitico fornaio anarchico di Saludecio.
(Mica poco!)
Di seguito qualche info sui vini adoperati.
Calanchi di Vaiano, Chardonnay 2009, IGT, 13 gradi.
Paolo e Noemia d’Amico
(100% chardonnay)
Questo vino, che rimanda alla frutta a polpa matura ed al sole, si ottiene da uve Chardonnay raccolte a mano e poste in cassette come da antiche tradizioni, per poi essere trasportate direttamente alla pigiatrice. Il mosto, una volta separato dalle bucce viene poi fatto raffreddare ad 8°C. Completano il processo produttivo la macerazione, la decantazione e la fermentazione, che avviene per l’80% in serbatoi di acciaio inossidabile e per il 20% in barriques di rovere francese. L’affinamento avviene in serbatoi di acciaio inossidabile per circa 9 mesi, in barriques di rovere francese per circa 3 mesi e, prima di essere commercializzato, il vino riposa in bottiglia per circa 5/6 mesi. E’ un vino complesso al naso, con un susseguirsi di aromi di mandorla, albicocca e ruta e con un palato teso, minerale ed agrumato, al contempo fresco e persistente, che non delude le aspettative create dall’esame olfattivo.
Montefalco Bianco, 2009, DOC, 14 gradi.
Soc. Agr. Favaroni Settimio.
Montefalco (PG)
Uvaggio:Grechetto minimo 50%; Trebbiano Toscano dal 20 al 35%; altre uve autorizzate 0-30%
generalmente chardonnay
Resa massima uva: 130 ql/ha
Resa massima vino: 72%
Acidità minima: 5,5 gr/lt
Di questo secondo si può dire che la lavorazione in barrique si è sentita un bel po’ e che è stato servito una punta troppo freddo e, pertanto, il secondo bicchiere era più apprezzabile del primo.

18 febbraio 2016

La trota e il bramito del cervo








Tempo fa mi è capitato un abbinamento gastronomico insolito e straordinariamente eccellente, al punto che malgrado abbia solo visto e mangiato senza aver conosciuto la preparazione del piatto ve lo voglio descrivere.



Il titolo del post fa una piccola ironia tra alcuni ingredienti del piatto e il nome del bianco Chardonnay dal nome Bramìto del cervo, anno 2008, Castello della Sala.



Un’insalata fresca di fagioli cannellini, trota salmonata e avocado con tracce di pomodoro fresco e funghi.



Oltre alla facilità, evidente, di preparazione, posso esprimermi solamente su due cose.

La prima è la scala di quantità degli ingredienti: fagioli in primis, poi trota salmonata spezzettata e a distanza i cubetti di avocado. Tracce di pomodorini rossi freschi tagliati e funghi trifolati. Sale, olio e pepe: niente altro.
Ma la seconda cosa su cui posso dire è che l’abbinamento di sapori mi è risultato straordinario e che mi ha sorpreso per semplicità e fantasia negli accostamenti.


Ho provato  a riproporla e, dato che è facile,  invito tutti a provare.


Quanto al vino, il Bramìto della Sala, è prodotto da Antinori nella tenuta del Castello della Sala in Umbria, ad una ventina di chilometri da Orvieto; nel blog se ne era già parlato citando quello che è il miglior bianco che ho, finora, bevuto: il Cervaro della Sala.

Il Bramìto è uno Chardonnay di 12,5°, secco e profumato, molto strutturato e corposo al palato. Ma come sempre, sul vino preferisco lasciare parlare altri lasciandovi qualche link utile.

Enjoy!






http://www.antinori.it/ita/tenute/tenute_scheda.php?Id=14&tit=castellodellasala

3 gennaio 2015

dieci dal duemilaquattordici

Dieci cose belle dal duemilaquattordici
L’anno scorso ho gustato tante cose. Mostre, libri, spettacoli, cibi, vini. Ne appunto dieci, promemoria, un po’ meno scontate di altre e le lascio qui nel blog. Cose semplicemente un po’ meno famose tra quelle che porto comunque con me dal 2014. Una immagine e due righe per ogni cosa. Chi vorrà fare clic sulla didascalia sotto le immagini vedrà aprirsi una finestra per approfondire prescindendo dal testo.

Ecco le dieci cose: variazioni enigmatiche, parrucche, misatango, bottega Glitzer, skylark, fuoristrada, passocannone, damaschino, guerra dentro, rip.


Opera teatrale scritta nel 1995 da Eric-Emmanuel Schmitt e vista a Roma al Teatro Ghione con la traduzione e l'interpretazione di Saverio Marconi. Che bel testo (vero teatro di parola) e che straordinaria interpretazione!


Bisogna sempre avere voglia di vedere cose nuove nella vita. In un piccolo Teatro ho trovato questo bel testo di Fabio Mureddu con una bravissima attrice: Giordana Morandini (segnatevi entrambi i nomi). Bello che ci siano testi nuovi anche da noi.


Martin Palmeri (Buenos Aires, 1965) ha scritto la Misa Tango, o Messa di Buenos Aires nel 1995: è una composizione che unisce le parti cantate della messa in latino con le musiche e le atmosfere del tango argentino. Vista più volte con la direzione del Maestro Alberto Galletti, offre la opportunità di meravigliose partiture per coro, bandoneon, pianoforte e archi. Palmeri ha detto al riguardo: "E' sempre stata mia intenzione interpretare il tango con formazioni corali tentando di preservare l'essenza del genere".



Ding! dei Bottega Glitzer è un disco che mi ha messo il buonumore ogni volta che lo ho suonato nel mio impianto stereo. Popolare e intelligente, vario, intrigante. Li seguo con riconoscenza.



Skylark è un disco di cover di musica jazz del 2013 (www.zonedimusica.com) davvero bello e ho avuto la fortuna di ascoltare dal vivo la straordinaria voce di Laura (che voce!) in concerto con Michele al pianoforte. Sono due musicisti di gran valore: fossi un impresario li farei suonare ovunque. Conoscerli personalmente è un piacere.


Delizioso film di Elisa Amoruso. Poca distribuzione ma tanto consenso tra chi lo ha visto. Da vedere prima di spendere parole vane o retoriche sulle diversità, sulle pari opportunità, sul politicamente corretto e su qualche stereotipo.



Il Passocannone e il Damaschito hanno in comune il fatto di essere due vini biologici, di avermi sorpreso piacevolmente come nessun altro vino nel 2014 e di essermi stati presentati da Organic%l (la mia Vineria naturale di riferimento). 
Ne parlo come posso e come potete vedere se fate clic sui rispettivi titoli ma vorrei dire una cosa. Si sente sempre più parlare di come mangiare meglio e in modo naturale ma troppo poco di come bere meglio: bisognerebbe parlarne di più e agire conseguentemente.



Un libro appassionante scritto da una freelance in un bagno di guerra - quella vera che ti muoiono a fianco - senza retoriche. Ne parlo con molta ammirazione. Dopo averlo letto si ragiona meglio di siria, guerre, fondamentalismi, giornalismi e di parecchie cose.



Se siete arrivati in fondo a questo promemoria mi concederete il piccolo sfizio.
RIP è un mio romanzo uscito a fine 2014 per Antonio Tombolini Editore.
Ne parlerò volentieri con chiunque lo avrà letto.


9 dicembre 2014

Bellone e fusillone con salmone




Resta, dal giorno prima, una bella quantità di salmone fresco cotto alla piastra.

In casa ci sono capperi siciliani, olive nere al forno, pomodori pachino e cipolla di Tropea.

Mezza cipolla la taglio sottile e se ne va in padella con un filo d’olio e vino bianco.
Quando sfuma e comincia lentamente a soffriggere ci aggiungo una manciata di olive fatte a pezzi e una dozzina di capperi.
Ancora vino, bianco fermo, poco per volta. Dopo un po’ una parte del salmone, spezzettato, e qualche pomodorino a filetti sottili.
Fuoco lento, tempo e vigilanza: altro vino.
Da parte altri pezzetti di salmone uniti con pomodori a filetti, capperi, olive, pepe bianco e olio extravergine. Sono in una scodella coperta e la scodella fa da coperchio alla pentola dell’acqua.
Fusilli giganti trafilati al bronzo: 200 grammi (per due persone).
Conditi con il sugo di salmone e impiattati (sì: ho usato l’orrido verbo “impiattare” deliberatamente per far vedere quanto sia brutto). A furia di cuocere e sfumare con il vino (oltre mezza bottiglia) il preparato è quasi una crema.
Su ciascun piatto un attimo prima di servirlo metto parte del composto crudo che avevo messo da parte.
Vino Bellone, azienda vitivinicola biologica“I pàmpini”, Latina, vitigno cacchione.
www.ipampini.it
Perfetto.

19 novembre 2014

PASSOCANNONE E POLPO




PASSOCANNONE E POLPO

Come al solito nella mia enoteca del cuore si discute. 
Da ORGANIC%L, a Roma in Viale Jonio, prima di scegliere un vino si ragiona. 
Questa volta la partenza era cosa abbinare ad una tiella di polpo e io ero partito con l’idea di un bianco secco di buona gradazione ma poi, parlando in dettaglio della ricetta, la presenza di pomodoro e la piccanza del piatto, hanno portato Alessio (uno degli amici della vineria) a farmi ragionare meglio. 

Abbiamo passato in rassegna un po’ di rosati fino a convincerci su un rosso siciliano che ancora non avevo degustato.

Ha funzionato. 
Dopo un primo momento di scaramuccia con il peperoncino, il vino ha sprigionato tutti i suoi sentori armonizzandosi e imponendo aromi diversi con l’andare del pasto. 
Il Passocannone (questo il vino) non si è soltanto dimostrato adeguato al cibo: ha duettato con la tiella alla grande.

Ne è avanzato giusto per un calice e il giorno appresso si è comportato magnificamente con una fettuccina al gorgonzola e noci.

Grazie, come sempre, ai consigli di ORGANIC%L.

A seguire quel che c’è da sapere sul vino e la ricetta della tiella di polpi.





PASSOCANNONE

Nerello mescalese
Azienda Agricola Passocannone
via Nazionale 2 - 95012 Passopisciato
Castiglione di Sicilia (CT)
tel. 335 6476635

Annata 2009
(in quell’anno era ancora I.G.T.; dal 2012 ha la D.O.C. Etna).

Rosso rubino intenso, limpido, brillante e consistente e viene ottenuto da vitigno autoctono Nerello Mascalese in purezza. All’esame olfattivo offre fragranze vinose ed inebrianti, distinguibili separatamente per la presenza di aromi fruttati e di profumi appena percepibili di rosmarino, eucaliptus e fiori autunnali.

Il vino Passocannone viene prodotto nella omonima contrada che fa parte della frazione di Passopisciaro ed ha la fortuna di trovarsi nel cuore della zona DOC dell’Etna Rosso prodotto con Nerello Mascalese
Coltivato da sempre nella tenuta della famiglia Del Campo confinante con l’abitato di Passopisciaro frazione di Castiglione di Sicilia e con la proprietà degli eredi di Ettore Majorana per circa 2 km e mezzo di confine. La tenuta è attraversata dalla statale 120 dell’Etna e delle Madonie e si trova a circa 700m s.l.m. Il vino è prodotto con Nerello Mascalese e sin dai tempi dell’unità d’Italia veniva esportato dal porto di Riposto verso tutti i mercati europei ed in particolare verso l’Inghilterra. Il Passocannone è quanto di meglio possa produrre la zona dell’Etna nord grazie al terreno drenante e biodinamico per definizione (rinnovato dalle piogge di cenere dell’Etna);  i terrazzamenti sono tutti in posizione ben ventilata e mai colpiti da nebbie persistenti. L’ottima uva perfettamente sana al momento della vendemmia non può che produrre un ottimo vino. L'Etna Rosso era molto amato da Frank Sinatra (che lo cercava nei ristoranti Siciliani in America) e da Ettore Majorana, grande fisico atomico che qui trascorreva il periodo di villeggiatura di luglio e agosto con la sua famiglia, fino all'anno della sua misteriosa scomparsa, nel 1938. La posizione geografica è unica, non solo per la magnificenza dell'Etna, ma anche per gli spettacoli come il doppio arcobaleno che si verifica in presenza della corrente d'aria proveniente dalla Val Demone.
VITIGNO: Nerello mascalese 100%

Prendo le notizie dal sito ViniSiciliawww.winisicilia.it
Appartiene allo storico gruppo dei vitigni “Nigrelli” descritti da Sestini (1760)  nelle sue memorie sui vini della Contea di Mascali. Allevato tradizionalmente ad alberello, è il vitigno più diffuso nell'areale etneo dove si coltiva da tempo immemorabile. Presumibilmente ha legami con gli antichi vini dell'Etna celebrati da Omero e dagli storici latini.
Caratteristiche del vitigno
Pianta mediamente vigorosa, presenta una elevata variabilità intravarietale, foglia medio-grande, intera o trilobata, di forma pentagonale o cuneiforme; grappolo medio, spesso alato, più o meno compatto, acini medio-piccoli, sferoidali o ellissoidali corti, buccia spessa e consistente di colore blu-violacea.  Maturazione tardiva.
Caratteristiche del vino
Il vino è elegante e di grande personalità, tendenzialmente tannico, di colore rosso rubino con riflessi granati, l'ottima struttura e il buon corredo aromatico lo rendono adatto all'invecchiamento.
DOC: Etna, Faro, Contea di Sclafani, Marsala, Riesi, Sambuca di Sicilia.

TIELLA DI POLPI – la ricetta

Ingredienti:
 - per la pasta: 600 gr. di farina, sale fino, 4 cucchiai d’olio extra vergine d’oliva, 2 bicchieri d’acqua tiepida, un quadratino di lievito da pane.
 - per il ripieno: 1,200 Kg di polpi veraci (caratterizzati dalla doppia fila di ventose sui tentacoli) puliti, prezzemolo, aglio, olive di Gaeta snocciolate, pomodoro a pezzi, sale e peperoncino.
Preparazione
- per la pasta: si fa una fossetta con la farina nella quale si aggiunge sale fino, olio e l’acqua nella quale si è preventivamente sciolto il lievito. 
Si impasta il tutto fino ad ottenere una pasta morbida e vellutata che viene divisa in panetti poco più grandi di un pugno (occorrono due panetti per tiella) che vengono lasciati a crescere per un’ora avvolti in una tovaglia. 
Il panetto cresciuto si stende con un matterello per ottenere due dischi, di diametro leggermente superiore alla teglia, nei quali si metterà il ripieno.

- per il ripieno: i polpi puliti e lessati si tagliano a pezzetti, si condiscono con molto prezzemolo e aglio tritati, pomodori a pezzi, olive di Gaeta snocciolate, poco sale e peperoncino. 
Il tutto, così preparato, si lascia in un colabrodo affinché diventi più asciutto possibile. 
Si trasferisce quindi in una ciotola e si aggiunge olio d’oliva. 
Il primo disco viene disteso su una teglia unta d’olio, si aggiunge il ripieno, si copre con il secondo disco facendo aderire i bordi, si taglia il superfluo, si fanno dei piccoli pizzi sui bordi con le dita e dei buchi con la forchetta sul disco superiore. Si cosparge con un filo d’olio e si mette nel forno a 200° per circa 30 minuti. 
Si mangia tiepida o fredda.