Ho Promesso di Non Dirlo: Crescere un figlio transgender
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Info su questo ebook
Vincitore della Medaglia di Bronzo come 2017 Readers' Favorite dell'International Book Awards Contest.
Quando ti nasce una figlia, immagini che succederanno molte cose nella sua vita, ma diventare un ragazzo non è una di queste.
Questo libro sarà d'aiuto per chiunque desideri saperne di più sulla disforia di genere, ed è assolutamente da leggere per un genitore, parente o amico di una persona transgender o che sta mettendo in discussione il proprio genere. Scritto da Mamma, è un memoriale intenso e profondo sulla scoperta del figlio che non aveva mai saputo di avere. Sincero, commovente e ben scritto, non rimarrete delusi!
"Probabilmente uno dei libri più importanti scritti fino ad oggi su un problema sociale controverso e incompreso. Se stai affrontando una situazione simile con tuo figlio o tua figlia ti invito a leggerlo: entrambi avete bisogno di ciò che Cheryl ha così gentilmente condiviso con lettori e genitori. Di certo ti susciterà una forte ammirazione non solo per il coraggio mostrato da Jordan, ma anche per l'amore che Cheryl e suo marito hanno per i loro figli e la compassione per tutte le persone. L'ho adorato, non riuscivo a metterlo giù. Ne raccomando vivamente la lettura." Readers' Favorite 5 stelle
Ciò che questa storia ha di unico è il seguire un bambino transgender dalla nascita fino ai diciotto anni, concedendo al lettore una percezione reale di quello che la famiglia ha affrontato. Il disperato sforzo di conformarsi alle norme di genere sociali, un tentato suicidio, la lotta fra Dio e il transgenderismo, un tragico lutto e molto di più. Ogni passaggio della transizione da femmina a maschio (FtM) viene discusso nel dettaglio, incluse la terapia sostitutiva ormonale e gli interventi di riassegnazione di genere. Questo libro condivide tutto ciò sperando di fare una differenza in quello che sembra essere un mondo duro e crudele per le persone transgender.
Cheryl è passata dal non sapere niente dell'argomento, al diventare decisamente più informata. Ha preso parte ad un viaggio di apprendimento che si è evoluto in uno alla scoperta di sé, tanto per lei quanto per il suo bambino transgender. Ci sono state lezioni preziose e grandi benedizioni lungo la strada, ma anche momenti di sofferenza e dolore. Mamma ne è stata rafforzata, è stata messa alla prova, ha pianto e pregato, e alla fine è sopravvissuta, così come suo figlio. Questo viaggio viene condiviso nella speranza che possa offrire incoraggiamento, sostegno e saggezza ad altri che si sono trovati su un percorso simile. Cheryl mette a disposizione molte delle risorse di cui si è servita, e ti offre un'amicizia che va ben oltre queste pagine.
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Anteprima del libro
Ho Promesso di Non Dirlo - Cheryl B. Evans
Indice
Ho Promesso di Non Dirlo
Introduzione
PARTE UNO: Beata ignoranza
Capitolo 1: Due splendide figlie
Capitolo 2: Insegnanti e sconosciuti
Capitolo 3: Tentare di adattarsi
Capitolo 4: Un grido d’aiuto
PARTE DUE: Alla ricerca della verità e della conoscenza
Capitolo 5: Salute, dottori e ormoni
Capitolo 6: Una nuova realtà
Capitolo 7: Cosa ne pensa Dio?
Capitolo 8: Degno di supporto
Capitolo 9: È una nuova era
Capitolo 10: Magari è gay?
PARTE TRE: Un viaggio alla scoperta di se stessi
Capitolo 11: Perché sono transgender?
Capitolo 12: Sanità mentale
Capitolo 13: Primi passi verso la transizione
Capitolo 14: Una seconda operazione
Capitolo 15: Identificarsi di nuovo: contro la burocrazia
Capitolo 16: Quale toilette?
Capitolo 17: Un altro ostacolo
PARTE QUATTRO: La strada da percorrere
Capitolo 18: Un’altra operazione
Capitolo 19: In cerca dell’amore
Capitolo 20: Guardando al futuro
Capitolo 21: Alcune considerazioni finali
Capitolo 22: Grazie
Risorse utili
Termini utili per comprendere
Riconoscimenti
Riguardo l’autrice
Ho Promesso di Non Dirlo
Crescere un figlio transgender
Scritto da Mamma
Cheryl B. Evans
Traduzione di Silvia Beghelli
Ho Promesso di Non Dirlo
Crescere un figlio transgender
Scritto da Mamma
Ho Promesso di Non Dirlo: Crescere un figlio transgender
Autore Cheryl B. Evans
Copyright © 2017 Cheryl B. Evans
Tutti i diritti riservati
Distribuito da Babelcube, Inc.
www.babelcube.com
Traduzione di Silvia Beghelli
Babelcube Books
e Babelcube
sono marchi registrati Babelcube Inc.
Pubblicato da Cheryl B. Evans - Ontario, Canada
www.writtenbymom.ca
Nessuna parte di questo libro può essere copiata, diffusa con qualsivoglia
mezzo in nessuna sua forma, utilizzata o riprodotta in qualsiasi maniera
senza il permesso scritto dell’autore, ad eccezione
di brevi citazioni all’interno di recensioni o riferimenti.
Prima edizione pubblicata nel 2016 (Edizione inglese)
Library and Archives Canada Cataloguing in Publication
Questa non è un’opera di fantasia.
I nomi sono stati modificati per proteggere la privacy della famiglia.
Prima edizione italiana 2017
Dediche
Dedico questo libro ai miei due splendidi bambini. Mi date ispirazione e grazie a voi voglio essere una persona migliore. Essere la vostra mamma mi regala così tanta gioia, anche durante i momenti più difficili. Siete gli esseri umani migliori che abbia mai incontrato ed è una benedizione per me essere chiamata Mamma da voi. Vi voglio bene.
Ho promesso di non dirlo
Crescere un figlio transgender
Scritto da Mamma
Introduzione
Immagina di aver appena avuto una bambina, sana e bellissima. Mentre ti porgono tua figlia per la prima volta la vedi, la tua meravigliosa piccolina. Tenendo la sua manina nella tua, ti meravigli di quanto sia minuscola e perfetta. La prendi fra le braccia e la baci gentilmente sulla fronte mentre gli occhi ti brillano di lacrime di gioia. Hai atteso nove lunghi mesi per incontrare la tua bimba, e ora che è lì sei fuori di te dalla gioia. Ci hai pensato molto prima di scegliere un nome per tua figlia, e quando lo sussurri per la prima volta percepisci immediatamente la presenza del legame che vi unisce. Non puoi che adorarla.
Nelle settimane e nei mesi seguenti la vesti, la nutri, la lavi, le parli e la coccoli in ogni modo possibile e immaginabile. Il tuo cuore trabocca di amore per tua figlia, e inizi a fantasticare sulla splendida vita che la attende. Mentre la tieni stretta fra le tue braccia e osservi quelle ditina così perfette, il suo meraviglioso faccino, i suoi occhi pieni di stupore, ti ritrovi a domandarti Cosa farà da grande?
Che aspetto avrà?
Si sposerà e avrà figli a sua volta?
. Le possibilità sono immense. Nella tua mente iniziano a formarsi visioni della vita che potrebbe avere un giorno, ma nessuna di queste, neanche una, ti prepara per ciò che è in arrivo. Immagina l’inaspettata realizzazione che ti colpisce quando scopri che tua figlia, in realtà, non è tua figlia. Quello che stai per leggere è la vera storia della nostra famiglia e di come abbiamo scoperto il figlio che non sapevamo di aver avuto.
Quando ho iniziato a scrivere tutto questo l’ho fatto senza pensare che sarebbe mai stato pubblicato. Doveva essere la mia personalissima e molto privata terapia.
Mi ha permesso di mettere su carta i miei pensieri senza il timore di essere giudicata o ridicolizzata. Mi sono concessa di essere vulnerabile e di parlare onestamente, a cuore aperto, spesso piangendo mentre scrivevo.
Il cammino della nostra famiglia non è sempre stato facile. Gli alti e bassi emotivi che ho vissuto sono stati sfiancanti: era come essere intrappolati sulle montagne russe, terrorizzati ed eccitati allo stesso tempo, e desiderare che tutto rallentasse anche solo per un momento così che potessi riprendere fiato. Trascrivere così tanti pensieri e sentimenti mi ha aiutato a venire a patti con quello che stava succedendo. C’è così tanto da imparare, da riconoscere e da capire. Questa storia, che ho documentato nel corso di quasi tre anni, mi ha condotta dall’ignoranza alla consapevolezza.
La mia famiglia, nello specifico mio marito e i miei due figli, è tutto per me. Non c’è nulla che non farei per loro. Nel tempo in cui questa storia si è svolta ho imparato molto sia su me stessa che su ognuno di loro. E soprattutto, ho imparato che con amore, pazienza e tempo si guarisce davvero.
Durante questo viaggio mi sono resa conto di quante difficoltà affrontano molte persone transgender, alcune a causa di completi sconosciuti e altre per le loro stesse famiglie. La nostra società spesso appare come un luogo ignorante e crudele quando si parla di accettare e trattare le persone transgender, ed è stata la consapevolezza di ciò a spingermi a pensare di condividere la nostra storia con il mondo. Quando ho cominciato a considerare questo racconto come potenzialmente pubblicabile, ho iniziato a scrivere delle questioni più importanti. Non voglio credere che bigottismo, odio e discriminazione possano avere la meglio, ma mi sono resa conto che se non verranno raccontate storie come la nostra non potremo aspettarci che gli altri capiscano.
Il problema principale, a mio parere, è la mancanza di comprensione di cosa significhi davvero essere una persona transgender. Più racconti vengono condivisi, più spero che, come società, possiamo diventare più capaci di accettare, di capire e di provare compassione. Se diffondere questa storia strettamente personale può fare la differenza, anche solo per una persona o una famiglia, allora ne sarà valsa la pena. Se questa storia può contribuire a modificare la visione negativa della società riguardo la comunità transgender, allora sarò lieta di aver trovato il coraggio di scriverla. Se questa storia sarà in grado di toccarti e di lasciare anche solo un piccolo segno nel tuo animo, allora ne sarà valsa la pena. Se dopo aver letto questo libro sentirai di aver ottenuto una visione più accurata di cosa significhi essere una persona transgender, allora l’obiettivo di questo racconto sarà stato raggiunto.
I nostri veri nomi sono stati cambiati nel corso del libro, per darmi modo di condividere con te l’esperienza della nostra famiglia e allo stesso tempo mantenere la promessa che ho fatto a mio figlio quando gli ho promesso di non dirlo
. E ora, ecco a te la nostra storia…
Con affetto,
Cheryl B. Evans
PARTE UNO
Beata ignoranza
C A P I T O L O 1
✥
Due splendide figlie
Fin da quando ero piccola sapevo che sarei voluta essere madre. Avevo ventisei anni quando lo sono diventata, e ho avuto la mia prima splendida bambina. L’abbiamo chiamata Mariah. Poco prima della sua nascita ho fatto un giuramento con me stessa: avrei fatto tutto quello che avrei potuto per essere in grado di stare a casa con lei. Quando il mio permesso di maternità si è concluso, mi sono licenziata e ho reso quel proposito una realtà. Lasciare il mondo delle aziende a favore di una vita da mamma casalinga è una decisione che non ho mai rimpianto.
Mio marito Jim mi ha supportato in maniera fantastica, e ha lavorato sodo per mantenere la nostra famiglia e permettermi di realizzare il mio sogno di restare a casa. Guardandomi indietro mi rendo conto di quanto sia stata davvero benedetta per la possibilità di stare con Mariah. Conserverò per sempre i ricordi che ho dei primi anni in cui eravamo solo io e lei per la maggior parte del tempo. Era una bambina estremamente brillante, felice e affettuosa, ed essere la sua mamma era la cosa che amavo di più al mondo.
Andavamo a passeggiare tutti i giorni, spesso al parco, a scoprire la natura e a goderci l’aria fresca. Leggevamo assieme, cosa che ho cominciato a fare con lei ancor prima che nascesse: non solo le favole della buonanotte e dei sonnellini, ma trovavamo sempre il tempo durante la giornata di infilarci una storia extra. Penso di aver letto con lei Buonanotte Luna
e Ti amerò per sempre
un migliaio di volte. Okay, forse non un migliaio, ma di certo molte, moltissime volte.
Ci sono sempre state molte risate e tanti giochi, e quando è diventata un po’ più grande ci divertivamo a cucinare insieme. Programmavo regolarmente degli incontri per giocare con altri bambini della sua età, e ho continuato a farlo finché non è andata all’asilo, e anche dopo. Mariah potrà non ricordarsi i suoi primi anni bene quanto me, ma nel mio cuore so che hanno contribuito a formare la bellissima persona che è adesso.
Quasi quattro anni dopo mio marito ed io eravamo pronti ad accogliere il nostro secondo figlio nel mondo. In una fredda mattina d’inverno, Jordan, la sorellina di Mariah, fece la sua apparizione, ed era assolutamente perfetta, dalla testa ai piedi. Eravamo stati benedetti da un’altra femminuccia. La nostra primogenita era tutta esaltata per essere diventata la sorella più grande, ed era davvero brava! Mi ha aiutato tutto il tempo, quasi fosse a sua volta una piccola mamma. Ero così fiera di Mariah. Era proprio una fantastica sorella maggiore!
Jordan era una bimba molto contenta. Si svegliava la mattina con un gran sorriso sulle labbra ed era sempre eccitata per il giorno in arrivo. Si lamentava raramente, ed era felice di giocare da sola o con la più piccolina. Quelle due sono andate subito d’accordo, e malgrado mi aspettassi che un po’ di rivalità fra sorelle spuntasse da un momento all’altro, non arrivò mai. Erano semplicemente due bambine felici.
Ovviamente, ci sono stati dei momenti in cui Mariah cercava amorevolmente di accaparrarsi tutta l’attenzione mia e di Jim, cercando sempre di mettersi al centro della scena. Chi potrebbe biasimarla? Era stata figlia unica per i primi quattro anni della sua vita. Mariah avrà anche potuto avere dei momenti di gelosia per il dover condividere il palcoscenico con qualcuno di più piccolo, ma è comunque stata la miglior sorella maggiore che mai potessi desiderare. La verità è che Mariah certe volte è stata una piccola peste, ma sapeva comportarsi molto bene. Infatti, ogni volta che uscivano per andare da qualche parte, la gente si complimentava sempre per quanto fosse beneducata. Mariah aveva tantissime energie, e in certi giorni mi veniva difficile tenere il passo con lei, ma bada bene: questo non mi ha mai impedito di godermi ogni minuto che passavamo assieme.
Da piccola, Mariah era timida si apriva lentamente con gli sconosciuti, mentre Jordan appariva sicura di sé e si avvicinava facilmente anche alle persone che non aveva mai incontrato prima. A casa erano quasi l’opposto: Mariah era la più vivace delle due, e volteggiava per casa come una piccola ape operaia. Trasudava una quantità immane di energia, saltellando e cantando mentre girava con le sue bambole preferite a portata di mano. D’altra parte, Jordan si divertiva spesso da sola, a disegnare o a giocare silenziosamente con i suoi giocattoli. E poi c’erano i momenti che amavo di più osservare: quelli dove Mariah e Jordan giocavano allegramente assieme, che fosse a nascondino o semplicemente a correre per il cortile. Vederle divertirsi insieme, sentirle ridere: quelli erano i momenti più dolci per me.
Non potevo essere più felice. Ero sposata con il mio migliore amico, un uomo che ammiravo e rispettavo, e che ancora ammiro e rispetto. Avevamo due splendide bambine che erano letteralmente la luce della mia vita, e, insieme, componevamo la famiglia tradizionale che avevo sempre desiderato. Ogni cosa era come doveva essere.
Tuttavia, non passò molto tempo prima che Jim ed io iniziassimo a notare che le nostre figlie erano più diverse di quanto avessimo pensato inizialmente. La nostra primogenita, Mariah, amava il rosa e il viola, le Barbie, cucinare biscotti, agghindarsi e fare tutte quelle cose tipicamente da bambina, mentre la minore, Jordan, preferiva il blu, i berretti da baseball, le macchinine, e acconsentiva a giocare con sua sorella con le bambole a patto che lei potesse essere Ken. Jordan, crescendo, era attirata dalla compagnia dei bambini, e i suoi migliori amici sono sempre stati maschi. Giocavano a pallone assieme, alla guerra, andavano sullo skateboard, costruivano fortini. Lei voleva anche i giochi di carte collezionabili (ricordi Yu-gi-Oh?), e così è stato. Sua sorella non voleva prendere parte a nessuna di queste cose.
Mentre Mariah amava ballare e ha intrapreso corsi di danza di ogni genere, sua sorella Jordan non condivideva questa passione. Quando è diventata abbastanza grande l’abbiamo iscritta a danza con Mariah, ma lo odiò fin dalla prima lezione, in cui si mise a piangere e a dire che voleva andarsene. Jordan non voleva ballare in nessun modo, e ci ha pregato con insistenza per essere iscritta a karate e basket. Noi eravamo lieti di supportare il suo essere unica, e l’abbiamo accontentata volentieri facendole fare queste diverse attività extracurricolari. Entrambe le nostre figlie hanno dato il meglio di sé nelle classi che avevano autonomamente scelto di frequentare. Eravamo genitori orgogliosi, e assistevamo a ogni lezione in cui ci era possibile partecipare.
C’è stato un periodo in cui Jordan aveva circa tre anni, e si era inventata questa canzoncina che faceva più o meno così: Chiamami Jake, chiamami Jake, quello è il mio nome, quello è il mio nome. Mi chiamo Jake e nel cassetto ho le mutandine per bimbi grandi, yeah!
. Abbiamo riso fino alle lacrime. Con chiunque potesse ascoltare, era come un celebrare la fine del vasino e, come diceva la pubblicità, essere diventati bimbi grandi
. All’epoca non ci avevamo pensato: per noi era solo una canzoncina un po’ sciocca che la nostra figlioletta maschiaccio cantava in piedi sullo sgabello rosso, al centro della stanza, fingendo di avere un microfono in mano.
Jordan era solita condividere il suo nome inventato anche con altri, ad esempio con mia cugina Leanne. Malgrado io abbia diversi cugini, con nessuno sono legata come con Leanne. Siamo sempre state molto unite, fin