Allison (eLit): eLit
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Bella da togliere il fiato, Allison Fortune cerca di lasciarsi alle spalle un passato sentimentale deludente, fatto di uomini incapaci di andare oltre il suo aspetto fisico. Inoltre, la sua vita è minacciata da un maniaco che la perseguita. Tutto cambierà dopo l''incontro Rafe Stone, rude guardia del corpo dagli occhi azzurri incaricata di proteggerla, ma non di innamorarsi di lei...
Merline Lovelace
Ex ufficiale dell'aeronautica militare statunitense, ha scritto più di sessanta romanzi di generi diversi, tutti molto apprezzati sia dal-le lettrici sia dalla critica.
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Anteprima del libro
Allison (eLit) - Merline Lovelace
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1
La prima cosa che notò di lui fu la cravatta.
Avendo vissuto nell'ambiente della moda per dieci dei suoi venticinque anni, prima partecipando alle sfilate di beneficenza organizzate da sua madre e poi come indossatrice professionista, Allie credeva di aver visto ogni tipo di stravaganza, e indossato collezioni che i critici più benevoli avrebbero definito eclettiche.
Quella cravatta in particolare andava oltre l'eclettico, classificandosi tra le atrocità e le offese al buon gusto. La fantasia a riquadri rossi e arancio su sfondo bordeaux era un tale pugno in un occhio che non riusciva ad attribuirla a nessuna tendenza degli ultimi due secoli.
Chiedendosi che tipo d'uomo avrebbe mai abbinato una simile cravatta con un paio di seri pantaloni neri, camicia di cotone azzurrina e giacca di lino sportiva color corda, Allie alzò lo sguardo per guardarlo in viso.
Non lo aveva mai visto, altrimenti se ne sarebbe ricordata. Un tipo che si notava, anche tra una folla così eterogenea di esperti pubblicitari, direttori artistici, fotografi, chimici e direttori di produzione, quali erano appunto gli invitati al party organizzato da sua sorella per il lancio della nuova linea di prodotti della Fortune Cosmetics. Sotto i capelli nerissimi rigorosamente pettinati, vi era un viso liscio e abbronzato. Attraente, nonostante le cicatrici sul mento e sul collo... o forse proprio a causa di esse. Gli occhi, poi, erano di un insolito grigioazzurro, e frangiati da folte ciglia scure. Occhi incredibili, per cui molte delle sue amiche avrebbero fatto pazzie. Occhi che cercarono i suoi, attraverso la sala affollata.
La inchiodarono per diversi secondi procurandole, con sua grande sorpresa, una forte tensione. Un brivido le corse lungo la schiena; una specie di formicolio che, partendo dalla nuca, le scivolò lungo le spalle lasciate scoperte dal provocante scollo del vestito.
Sentirsi osservata non era esattamente una esperienza insolita per una donna che aveva passato due terzi della sua esistenza sotto gli occhi implacabili di truccatori, stilisti e fotografi. Eppure quell'inspiegabile fremito si trasmise a tutto il suo corpo, mentre l'uomo continuava a fissarla sempre più insistentemente. Solo gli anni di pratica permisero ad Allie di mantenere una posa imperturbata e di sostenere quello sguardo senza battere ciglio.
Poi adagio, deliberatamente, gli occhi di lui si spostarono dalla cima dei suoi capelli, raccolti in una elaborata acconciatura, scendendo sul vestito di chiffon giallo limone, e ancora più in basso, fino alle punte dei sandali aperti. Quando lo sguardo tornò ad alzarsi, Allie represse un moto di sorpresa.
Allison Fortune aveva imparato ad aspettarsi un'ampia varietà di emozioni negli occhi degli uomini che la guardavano. Ma il freddo distacco non era tra queste. Bevve un piccolo sorso di champagne dalla coppa che aveva in mano.
«Ne vuoi ancora?»
La voce che le parlò distolse la sua attenzione da quello sconosciuto. «No, grazie, Dean. Basta così.»
Le bionde sopracciglia del giovane si inarcarono. «Ma è un'ora che hai quel bicchiere in mano. Ormai avrà perso tutte le bollicine...»
«Devo tenere sotto controllo le calorie. Domani parto per quel servizio fotografico, ricordi?»
Dean si accigliò ancora di più, alterando i tratti classici del suo bel viso scandinavo. «Certo che me lo ricordo. Gesù, Allie, sei arrivata da New York solo stamattina... Quand'è che ti fermerai un po' a Minneapolis? E quando potremo passare un po' di tempo insieme?»
Aveva alzato la voce per sovrastare il brusio della conversazione e il sottofondo musicale del terzetto jazz ingaggiato per la serata.
Diverse teste si girarono verso di loro, e Allie notò il viso preoccupato di sua sorella.
Responsabile del settore marketing per tutti i prodotti della Fortune, Caroline Fortune Valkov aveva sulle spalle grossissime responsabilità. Un fardello divenuto quasi insostenibile da sei mesi a quella parte, cioè dalla morte della nonna, in quell'incidente aereo.
Sebbene Jake, padre di entrambe, fosse subentrato a Kate al timone della compagnia, era stato necessario riorganizzare e ridimensionare diverse affiliate per far restare a galla la società madre, mentre uno stuolo di avvocati cercava di mettere ordine nel vasto patrimonio di Kate.
La prima conseguenza di tutto ciò era che le azioni della Fortune erano precipitate. E come se non bastasse, un incendio e una serie di furti verificatisi nel laboratorio di analisi avevano costretto gli esperti che lavoravano alla nuova linea di cosmetici a segnare il passo, ritardando tutti i tempi previsti per la messa in produzione e il lancio pubblicitario.
Ci avevano scommesso tutti, su quel lancio. Suo padre, e Caroline, e tutti gli altri Fortune. Anche senza la formula segreta dell'eterna giovinezza, alla quale stava lavorando nonna Kate prima di morire, la linea Fabulous Face sarebbe stata determinante per far risalire la china a tutta la società.
La Fortune Cosmetics dava da vivere a migliaia di persone in tutto il mondo. Non aveva mai chiuso un bilancio in passivo, quando la dirigeva Kate. E Jake non voleva essere il primo Fortune a mandare i suoi dipendenti a rimpinguare le file di disoccupati.
Per questo Allie aveva rimandato il suo ingresso nel mondo del cinema e accettato di prestare il suo volto alla nuova linea. Per questo non aveva detto a nessuno, tranne che alla sua gemella, delle telefonate anonime che aveva ricevuto ultimamente. E per questo voleva evitare che Dean Hansen le facesse una scenata al party di sua sorella.
Studiò ora l'uomo che aveva frequentato nei ritagli di tempo, in quegli ultimi mesi. Il suo viso trasfigurato dall'ira la indusse a prendere una decisione: quella sarebbe stata l'ultima volta che si vedevano. Decise di dirglielo subito. Prima di partire per il New Mexico. Posò la coppa dello champagne su un tavolino.
«Perché non usciamo in veranda?» propose, indicando la grande portafinestra che correva lungo la parete.
Il viso di Dean si distese. Anche lui ripose il bicchiere. «Fammi strada, dolcezza.»
Apertasi un varco tra gli invitati, Allie oltrepassò la soglia della portafinestra, attraversò l'ampio terrazzino e andò ad appoggiarsi sulla balaustra, riempiendosi i polmoni della brezza di quella incantevole serata di agosto.
Dopo due settimane di riunioni coi consulenti pubblicitari, nel caldo soffocante di New York, l'aria di Minneapolis le parve un vero toccasana.
I passi incerti, irregolari di Dean si confondevano col suono delle risate e colla musica proveniente dall'interno della casa. «Allontaniamoci dai rumori» propose lui, e le afferrò un braccio. «Scendiamo verso il lago.»
Annuendo, Allie scivolò fuori dai sandali, che lasciò sulla terrazza. Quante volte aveva corso a piedi nudi nell'erba folta di quell'enorme giardino assieme a sua sorella, durante le estati trascorse lì con la nonna. Lei e Rocky erano andate a caccia di libellule, e avevano condiviso con Kate i loro sogni di ragazzine. Ma ora Kate non c'era più, e Allie aveva messo da parte i suoi sogni.
Con Dean al fianco, attraversò il giardino che scendeva in dolce declivio fino al lago. A mano a mano che si allontanavano, i rumori della festa si affievolivano, fino a divenire un brusio indistinto.
Poi, il silenzio, interrotto solo dallo sciabordio dell'acqua sulla riva, e dall'allegro frinire delle cicale. E la voce di Dean, che ruppe l'incanto di quella notte. «Dio, Allie, sei così bella...» Le fece scivolare una mano sul collo, per girarla verso di sé.
«Anche tu mi piaci molto, Dean, ma...»
Le chiuse le labbra con un dito. «Niente ma. Non stasera.» Cercò di attirarla.
Ma Allie gli puntò le mani sul petto. «Dobbiamo parlare, Dean.»
«Più tardi.»
Vedendo che la serrava, si irrigidì. «Dean, per favore...»
«Maledizione, non fare così!»
«Hai bevuto troppo. Lasciami andare.»
«Non questa volta» grugnì lui, con l'alito che gli puzzava di alcol, e di fumo. «Sono mesi che mi tieni sulla corda ormai. Ogni volta che cerco di avvicinarmi, ti scansi, o ti giri e mi pianti in asso. Che ti prende, Allie? A che gioco stai giocando?»
«Non sto giocando. Né con te, né con nessun altro.»
«Ah, no? Come definiresti allora il tuo modo di fare, quando mi provochi con quel bel faccino, per poi respingermi ogni volta che cerco di sfiorarti?»
Sempre puntandogli le mani sul petto, Allie si impose di mantenere la calma. Pur avendo ereditato parte del carattere impetuoso di sua nonna, era allenata a nascondere le emozioni dietro il viso sorridente tanto amato dal pubblico. «Te l'ho detto e te lo ripeto, Dean. Ti voglio bene... come a un amico. Trovo piacevole la tua compagnia. Ma non ho intenzione di venire a letto con te.»
«Perché no?»
«Perché non ne ho voglia.» Era la pura verità.
E la cosa più triste era che non ne aveva più voglia da un pezzo. Non le andava di fare l'amore con Dean, né con nessun altro. E questo da quando aveva scoperto che gli uomini in generale, e il suo ex-fidanzato in particolare, erano molto più presi dal suo viso che dalla sua personalità. Allie non era ancora riuscita a trovare qualcuno che fosse in grado di guardare al di là della sua immagine pubblica, per cercare la donna che si nascondeva dietro.
Dean era un caso tipico. Invece di accettare la sua decisione di non voler avere una relazione sentimentale, che lei peraltro aveva manifestato sin dal primo incontro, l'aveva presa come una sfida personale. E ogni volta che Allie aveva accettato un suo invito a cena, o la proposta di uscire insieme, aveva usato ogni sorta di galanterie e di lusinghe per persuaderla ad andare a letto con lui. Ora, evidentemente, era stanco delle lusinghe.
Aumentò la stretta sulla nuca di lei, e la attirò con forza. «Non ne hai voglia, eh? Forse dovrei cercare di fartela venire.»
«Dean, per favore, lasciami...»
«No, cara. Stavolta faremo a modo mio.»
«Ti ho detto di lasciarmi!»
La gomitata allo stomaco colse Dean alla sprovvista, svuotandogli i polmoni di tutta l'aria e costringendolo ad allentare la presa quel tanto che bastò ad Allie per divincolarsi.
«Va' via di qui» gli disse lei, glaciale. «E non tornare mai più. La tua presenza non è più gradita.» Si girò per tornare nel salone. Ma quando si sentì afferrare per un braccio, il suo autocontrollo andò a farsi benedire. Tornò a girarsi, gli piantò le mani sul petto e spinse forte.
Colto di sorpresa, Dean oscillò all'indietro. Troppo tardi Allie si accorse che era proprio sulla riva, e rischiava di cadere in acqua. Brillo com'era, sarebbe probabilmente affogato, quell'idiota.
Lo afferrò alla meglio per un lembo della giacca. «Dean, attento!»
Avvenne tutto in una frazione di secondo. Nel tentativo di appigliarsi a qualcosa, il giovane afferrò la spallina del vestito di lei che, non reggendo il suo peso, si staccò. Con una goffa espressione sul viso e un lembo di chiffon stretto nel pugno, cadde quindi all'indietro con un tonfo, proiettando grossi schizzi d'acqua tutt'intorno.
Anche Allie si inzuppò nel tentativo di aiutarlo a risalire sulla riva. Ormai la sua irritazione si era dileguata per lasciar spazio a una ilarità incontenibile. Mordendosi un labbro per non sorridere, si tenne il corpetto del vestito con una mano, mentre Dean si passava le mani sul viso coperto di fanghiglia.
Lui non trovava affatto ridicola quella situazione. Imprecò, scosse le mani per far scivolare via lo sporco e avanzò minaccioso. «Ti faccio vedere io, piccola...»
«Ti consiglio di sparire, se non vuoi finire di nuovo nel lago. E stavolta per sempre.»
La voce profonda, appena strascicata, indusse sia Dean che Allie a girarsi di scatto. Apparteneva a una figura in ombra, appoggiata al tronco di una quercia poco distante.
Dean imprecò ancora. «Chi diavolo...?»
«Hai dieci secondi per togliere il disturbo, amico.»
«Senti un po', amico...»
«Sì?»
Il velato tono di minaccia in cui venne pronunciato quel semplice monosillabo fece trasalire Allie, e sgonfiare Dean come un palloncino punto da uno spillone.
«Questa è una conversazione privata» protestò, indignato. Aveva ormai perso tutta la sua baldanza.
Allontanandosi dal tronco, lo sconosciuto venne fuori, avanzando nel prato illuminato dalla luna. Allie lo riconobbe... dalla cravatta. «A giudicare da quanto ha appena detto la signora, la conversazione è finita» disse, pacato. «E i secondi si sono ridotti a cinque.»
«E questo chi sarebbe?» domandò Dean, ad Allie.
Non avendone la più pallida idea, lei ignorò la domanda. «Sarà meglio che te ne vada, Dean. E subito.»
Il giovane sembrò esitare. Ma lo sconosciuto si fece avanti con un paio di falcate feline capaci di intimidirlo e di farlo indietreggiare.
«Ma sì, me ne vado. Tanto vale che vada