«La partita non s'è svolta regolarmente dopo l'uscita di Boninsegna, colpito alla testa da una lattina. Il danno poteva essere molto più grave di quanto è stato. L'Inter ne è rimasta così frastornata che ha finito per perdere 7-1. Ma in quel momento il punteggio era di 1-1. Ci sono quindi tutti gli estremi per cancellare quella gara.»
(Tesi difensiva presentata dal vicepresidente del club, l'avvocato Giuseppe Prisco, alla commissione disciplinare dell'UEFA circa l'episodio noto come "partita della lattina".[4])
La stagione che fece seguito alla vittoria dell'undicesimo Scudetto segnò, di fatto, il «canto del cigno» per i reduci della Grande Inter[4]: alle prese con un imminente ricambio generazionale — scenario in cui, oltre alla conferma di Oriali e Bordon[5], si registrò l'esordio del sedicenne Bini —[6] i nerazzurri abdicarono in campionato[4][7], complice tra l'altro un mediocre rendimento casalingo con appena 8 vittorie davanti al proprio pubblico.[4] Sempre capitanata da Mazzola[8], la Beneamata — ormai lontana parente della compagine che aveva rimontato il Milan l'anno addietro —[9] consacrò nuovamente Boninsegna capocannoniere della Serie A[10][11]: autore di 24 realizzazioni[12][13], Bonimba risultò contestualmente il miglior marcatore stagionale dei meneghini.[14] La suddetta vena realizzativa non fu tuttavia sufficiente a garantire la difesa del titolo italiano[15], con l'Inter classificatasi al quinto posto — ex aequo con la Fiorentina —[4] a 7 lunghezze di ritardo dalla Juventus.[16]
In Coppa Campioni la formazione esordì sconfiggendo agevolmente l'AEK Atene[4], con una vittoria casalinga per 4-1 e una sconfitta per 2-3 in campo ellenico.[17] Avversario degli ottavi di finale fu il tedesco Borussia Mönchengladbach[4], prevalso con un netto 7-1 sul proprio terreno nella circostanza passata alla storia col nome di "partita della lattina"[4][18]: col risultato in parità, Boninsegna dovette abbandonare il gioco dopo essere rimasto ferito al capo da una lattina di Coca-Cola scagliato da un tifoso teutonico dagli spalti.[19] Ascrivendo all'episodio la causa dello sfavorevole esito agonistico[4], la società presentò un ricorso richiedendo la vittoria sub iudice dell'incontro[18]: tale reclamo fu tuttavia respinto dalla UEFA, i cui regolamenti denunciarono l'assenza di elementi legislativi volti a dirimere situazioni simili.[18]
La tesi difensiva avanzata dal vicepresidente Giuseppe Prisco — incentrata soprattutto sul largo passivo in termini di gol, fatto ricondotto dall'avvocato all'incidente occorso a Boninsegna —[18] venne successivamente accolta, determinando l'annullamento della gara e la conseguente ripetizione[4][18]: impostasi per 4-2 a San Siro[17], l'Inter strappò uno 0-0 nel retour match col giovane Bordon che neutralizzò un rigore di Sieloff.[20] Nel prosieguo del torneo la compagine di Invernizzi superò lo Standard Liegi per una rete segnata in trasferta[4][17], estromettendo quindi ai rigori il Celtic in semifinale[4][17]: approdata all'atto conclusivo del torneo, la Beneamata — con Frustalupi a rilevare Corso tra i titolari —[4] fu però battuta dall'olandese Ajax con una doppietta di Johan Cruyff.[21] In Coppa Italia — dopo un cappotto alla Reggina statisticamente ineguagliato sino al 2019 —[22] i meneghini furono invece eliminati nella seconda fase.[23]
^Recupero della gara del 19 dicembre 1971, sospesa per nebbia al 16' sul punteggio di 0-0; cfr. Bruno Bernardi, L'Inter deve giocare entro quindici giorni, in Stampa Sera, 20 dicembre 1971, p. 10.
^abAnticipo al sabato disposto per l'impegno del mercoledì seguente in Coppa Campioni.
^Recupero della gara disputata il 20 ottobre 1971 e terminata per 7-1 in favore del Borussia, invalidata per irregolarità tecnica dalla UEFA; cfr. Bruno Bernardi, Colpito da una latta di "coca cola", in La Stampa, 21 ottobre 1971, p. 18.