Progettare La Carriera

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PROGETTARE LA CARRIERA

DEFINIZIONI, TEORIE E METAFORE

Le principali teorie possono essere raggruppate in cinque filoni, due a carattere


sociologico, due a carattere psicologico e uno interdisciplinare.
Sociologiche:
1) Modello sociologico classico. Secondo questo modello, che si è occupato della parte
osservabile della carriera, essa è una sequenza di posizioni lavorative ordinata in modo
ascendente, stabile a livello intergenerazionale (i posti vengono molto probabilmente
occupati dai figli), che risente di predittori e fattori di regolazione del destino occupazionale
quali variabili ascrittive (genere, status, ecc) ed educative (titolo di studio). L’andamento
della carriera in questo senso costituisce un indicatore della condizione sociale
dell’individuo e un elemento per comprendere i processi di mobilità sociale. I limiti di
questa teoria sono: a) sottostima i margini di libertà dell’individuo nell’intraprendere
percorsi di carriera autodeterminati; b) vede le dinamiche occupazionali troppo statiche
rispetto al dinamismo sociale degli anni recenti; c) si trascurano i potenziali passaggi
successivi alla scelta occupazionale.
2) Scuola di Chicago. La carriera è vista come un percorso individuale all’interno di una o
più istituzioni sociali, non necessariamente ascendente ma caratterizzata da diversi tipi di
transizione (mobilità orizzontale, cambiamento occupazionale, ecc). Pone enfasi sulla
componente interattiva tra individuo e organizzazione. Infatti le strutture sociali non
vengono intese come forme rigide che regolano il comportamento, ma come insieme di
regole socialmente prodotte all’interno dei gruppi umani in continuo cambiamento nel
tempo, spostando il focus su come gli individui entrano in relazione con le istituzioni sociali
e rendendo l’ascesa verticale solo una delle possibili dinamiche del percorso. La carriera
viene vista come dotata sia di una componente soggettiva (il significato che l’individuo dà
agli eventi in un determinato contesto sociale) e una componente oggettiva (le tappe e le
posizioni che le istituzioni sociali prevedono per regolare i percorsi), cosicchè essa sia alla
fine regolata da contingenze esterne che condizionano il percorso e richiedono una
continua rielaborazione di significati e attribuzioni da parte dell’individuo.
Psicologiche:
1) Teoria dei tratti. Le differenze interindividuali di carriera riflettono differenze
interindividuali su dimensioni psicologiche come personalità, attitudini, livello di
aspirazione, interessi e valori professionali. Le scelte di carriera costituiranno dei tentativi
di adattamento, alla ricerca di un buon fit tra i tratti personali che evolvono nel tempo e i
benefici offerti dal contesto lavorativo. Una discrepanza porterebbe a insoddisfazione e
comportamenti di ritirata, anche se il grado di tolleranza varia da individuo a individuo. Per
contrastare una incongruenza esistono comunque vari stili di risposta: attivismo (tentativo
di agire sull’ambiente per modificarlo), adattamento (modificare il proprio self),
perseveranza (resistere), uscita. Questo modello dei tratti presenta dei limiti: a) eccessiva
importanza a fattori individuali trascurando fattori sociali; b) visione meccanica del
rapporto individuo/organizzazione dove l’elemento determinante è solo l’adattamento; c)

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ipotesi che il successo sia fondato sui rinforzi che il contesto offre; d) fornisce solo modelli
classificatori senza giungere alla costruzione di modelli esplicativi.
2) Teoria degli stadi di carriera. L’individuo può cambiare lungo tutta la sua vita e i
cambiamenti, oltre a essere regolati dallo sviluppo individuale, lo sono anche da una serie
di eventi che il soggetto ha incontrato lungo la sua traiettoria di vita. Quindi, le preferenze
occupazionali, interessi e competenze mutano in un processo continuo caratterizzato
dall’invecchiamento del soggetto e dagli eventi della vita sociale. L’intero corso della vita è
considerato come sequenza di stadi entro cui gli individui sviluppano ruoli, abilità, interessi
e il proprio self concept in rapporto a fattori situazionali che caratterizzano l’esperienza. Gli
stadi entro cui si costruisce la carriera possono essere scanditi in: crescita (0-15 anni),
esplorazione (15-25 anni), stabilizzazione (25-45 anni), mantenimento (45-65 anni),
declino (oltre 65). Le carriere possono cambiare all’interno di micro cicli in cui avvengono
le prese di decisione (decision points), e la maturazione professionale è vista come
implementazione e sviluppo del self concept. L’adattamento positivo al lavoro, la
soddisfazione personale e la carriera sono allora da considerarsi proporzionali alla coerenza
tra self concept e caratteristiche della carriera intrapresa. Tra i limiti di questa teoria: a)
l’individuo è visto in termini passivi come modellabile dagli stadi di carriera; b) eccessiva
attenzione alla sfera lavorativa a scapito di altre comunque determinanti; c) eccessiva
enfasi sugli stadi di esplorazione ed entrata al lavoro.
3) Sogno e ciclo di vita. L’arco della vita è considerato come una sequenza di fasi di
sviluppo caratterizzata da lunghi cicli di stabilizzazione e da più brevi momenti di
transizione, stabilità e cambiamento. Alcuni concetti di base di questa teoria sono il sogno
e la struttura di vita. Il sogno rappresenta la rappresentazione del modello di vita preferito
e determina l’investimento energetico che l’individuo è disposto a erogare. La struttura di
vita è il veicolo per la realizzazione del proprio sogno ed è caratterizzata dalle influenze del
contesto sociale e culturale, dalle caratteristiche del self e del sistema di relazioni che
l’individuo intrattiene con altri significativi e gruppi di riferimento.
Interdisciplinare:
1) Carriera morale. Definita come la posizione che l’individuo occupa sotto il giudizio dei suoi
stessi occhi e di soggetti significativi. Viene generata da opinioni che gli individui si
formano su una persona in relazione a successi o fallimenti conseguiti dal soggetto stesso
in situazioni di azzardo.
La ricchezza dei modelli teorici e delle interpretazioni della carriera è anche testimoniata dalla
quantità di metafore prodotte sul costrutto. Inkson ne individua nove fondamentali: carriera come
eredità, costruzione, ciclo, incontro (tra individuo e ambiente), viaggio, network, ruolo, risorsa,
storia.

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CARRIERE NELLE ORGANIZZAZIONI
La carriera può essere definita come l’evolversi nel tempo dell’interazione tra individuo
ed organizzazione, frutto di una negoziazione continua tra esigenze di sviluppo delle
persone e produttività, sviluppo, innovazione dell’organizzazione. Da un lato
l’organizzazione con le proprie politiche seleziona gli individui ritenuti più adatti e cerca
di renderli il più possibile adeguati allo svolgimento delle mansioni, attivando strategie
di socializzazione, corsi di formazione per l’acquisizione delle competenze e la diffusione
del sapere organizzativo, politiche di promozione delle risorse umane per motivare il
personale e garantirsi la fedeltà organizzativa. Dall’altro lato, gli individui selezionano le
opportunità offerte in base a caratteristiche personali, interessi, preferenze e
aspirazioni. Nello stesso tempo il comportamento individuale tendono a condizionare la
prestazione organizzativa e a introdurre potenziali elementi di innovazione e
cambiamento nei ruoli organizzativi.
Secondo Schein le organizzazioni offrono diverse direttrici di movimento per le persone:
- Verticale: incremento o decremento nelle posizioni gerarchiche, che comportano aumento o
decremento di responsabilità, autonomia, potere decisionale e influenza.
- Radiale: incremento o decremento della propria centralità, ovvero muoversi verso posizioni
più o meno strategiche. Riguarda per lo più figure che nell’organizzazione hanno già
completato il percorso sulla dimensione verticale.
- Circonflesso: movimento orizzontale, da una funzione o reparto a un altro. Non hanno
modifiche nelle responsabilità o nel potere decisionale, ma sono importanti in funzione
della definizione di sé e per la costruzione di uno spettro di competenze professionali che
favorisce flessibilità e adattabilità organizzativa.
Inoltre le carriere sono influenzate da quelle che vengono chiamate àncore di carriera,
ovvero aspetti centrali del sé ai quali la persona non rinuncerà nei casi di scelte difficili
o di transizione. Si formano nelle prime fasi di socializzazione al lavoro, sono il risultato
dell’esperienza passata e regolano la definizione del progetto di vita futura. Schein
individua le seguenti àncore:
¾ La competenza tecnica. Si costruisce parte dell’identità professionale attorno al
contenuto del proprio lavoro e a competenze specifiche.
¾ La competenza manageriale. Si costruisce la carriera in base a avanzamento,
responsabilità, leadership, guadagno, ecc.
¾ La sicurezza. Si sceglie in termini di stabilità, scarsa propensione alla mobilità geografica,
ricerca di garanzie occupazionali, stabilizzazione delle relazioni lavorative e non.
¾ L’autonomia e l’indipendenza. Costituita dalla ricerca di ruoli non troppo vincolanti in
termini di prescrizioni, orari, vincoli sociali, interdipendenza.
¾ La creatività e l’intraprendenza. Costituita dalla ricerca di innovazione e dai benefici
intrinseci connessi alla realizzazione di prodotti e servizi.
¾ La sfida. Le scelte sono regolate dalla ricerca di compiti impegnativi che mettono alla
prova sé stessi e le proprie competenze.
¾ La dedizione. Si sceglie in base alla possibilità di realizzare scopi di ordine etico-valoriale.
¾ L’integrazione dello stile di vita. Costituito dalla ricerca di equilibrio tra lavoro, famiglia,
tempo libero e altre attività.

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Lo stesso autore inoltre analizza i possibili processi di regolazione delle carriere dentro le
organizzazioni, individuando quattro fondamentali esigenze di pianificazione:
1) Pianificazione del personale. Processo attraverso il quale l’organizzazione definisce i
requisiti per i ruoli vacanti e seleziona i profili più idonei. Per una analisi della carriera
completa occorre anche una definizione dei percorsi professionali associati a quei ruoli, con
la possibilità di stimare quali motivazioni, aspirazioni, ecc siano desiderabili nei profili.
2) Pianificazione dello sviluppo. Comporta sia prevedere come evolve un dato ruolo
lavorativo nel tempo, sia comprendere quali sono le potenzialità, le risorse, i talenti dei
dipendenti che meritano di essere potenziati. Strumenti fondamentali in questo senso sono
le tattiche di socializzazione per favorire l’inserimento dei nuovi membri: azioni formative
fisse, seriali, collettive possono indurre orientamenti di ruolo conservativi e un più forte
legame affettivo con l’organizzazione (più adatte per individui con minori risorse individuale
e scarsa autoefficacia percepita), mentre tattiche di tipo individualizzato, informali e
variabili da una parte possono generare risposte innovative ma a rischio di un minore
attaccamento affettivo (meglio per individui dotati di maggiore autonomia e fiducia).
Rivestono importanza anche altre attività di accompagnamento come il mentoring o il
coaching.
3) Pianificazione dei processi di stabilizzazione e di uscita. L’invecchiamento nelle
organizzazioni porta inevitabilmente a un progressivo appiattimento di carriera, alla
riduzione delle occasioni di promozione (effetto plateauing), all’esaurimento della spinta
alla crescita, all’acquisizione di routines e declino motivazionale. In particolare si è notato
che declina la motivazione intrinseca con aumento di importanza di fattori estrinseci
(retribuzione, sicurezza, ecc), ridotta soddisfazione lavorativa, ridimensionamento delle
attese e maggiori difficoltà a intraprendere percorsi di formazione. I possibili interventi
possono comunque puntare su movimenti circonflessi per evitare l’eccessiva
routinizzazione del compito lavorativo, oppure su movimenti radiali, che possono
riguardare l’assegnazione di responsabilità nell’affiancamento o nell’addestramento delle
nuove leve.
4) Pianificazione dei processi sostitutivi del personale.

Secondo Dalton e collaboratori, lo studio delle carriere nelle organizzazioni permette una
rielaborazione degli stadi di sviluppo, non per mezzo di fasce d’età, ma in base a concrete attività
organizzative, al sistema di relazioni e alle quote di potere di cui dispone la persona.
Questi stadi sono:
1) I stadio. Caratterizzato da compiti lavorativi parziali, svolti sotto la supervisione di altri, di
tipo routinario. Il lavoratore in questa fase segue le direttive, ha scarsa autonomia, è in
una posizione di dipendenza e apprendimento e una collocazione organizzativa periferica.
In questo stadio il lavoratore acquisisce competenze, modelli di comportamento e
apprende il funzionamento organizzativo, risultando determinante per la costruzione
dell’identità personale e professionale. Qualora tale sviluppo non abbia luogo e l’individuo
stazioni per lungo tempo in tale posizione, si possono generare stati di insoddisfazione e

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sentimento di mancata realizzazione personale, di fallimento professionale, portando anche
a forme di disagio individuale.
2) II stadio. Prevede compiti lavorativi a maggiore contenuto tecnico specialistico con
l’acquisizione di responsabilità di progetti, di processi o di clienti. In questo stadio
l’individuo cerca di costruirsi una reputazione.
3) III stadio. In questo stadio le competenze tecniche accumulate in precedenza possono
essere applicate per la formazione e lo sviluppo di altre risorse umane. L’individuo può
quindi divenire leader di gruppi di lavoro, mentore, supervisore. L’elemento chiave è lo
sviluppo di altri, in cui il proprio personale sviluppo di carriera si esercita e realizza
attraverso la promozione di altri colleghi più giovani.
4) IV stadio. Caratterizzato dall’aumento di potere nel direzionare le scelte organizzative, nel
definire le scelte strategiche di sviluppo, nel selezionare le persone per posizioni chiave.
Comporta l’acquisizione e l’utilizzo di competenze analitiche (interpretare la situazione,
elaborare alternative, prendere decisioni), relazionali (influenzare, negoziare, guidare,
costruire fiducia) ed emotive (capacità di reggere responsabilità, gestione dell’ansia,
evitare sensi di colpa e rimpianti).
L’approfondimento sulla duplice carriera mette in evidenza come la gestione dei percorsi di lavoro
nelle organizzazioni debba necessariamente considerare anche i vincoli generati dalla vita
familiare e il peso dei calendari sociali che regolano lo sviluppo individuale e di coppia. La duplice
carriera è infatti quella situazione in cui due persone conviventi e con una relazione affettiva
hanno entrambe una situazione lavorativa da gestire, entrambi condizionati da quella del partner.
Hall e Hall hanno classificato le coppie in base alla ripartizione interna dell’impegno tra lavoro e
famiglia:
- Gli accomodanti, in cui ogni membro è fortemente impegnato in sfere differenti.
- Gli alleati, in cui entrambi sono impegnati nella stessa sfera senza elevate aspettative
nell’altra.
- Gli avversari, entrambi altamente coinvolti nella sfera lavorativa ma con richieste all’altro
circa un maggior impegno nella sfera domestica.
- Gli acrobati, entrambi altamente coinvolti in entrambe le sfere di vita. Questa è la
situazione di maggiore potenziale stress per il cumulo di richieste dei compiti familiari e
lavorativi e la continua tensione provocata dai tentativi di coniugare i due tipi di esigenze.
La duplice carriera può provocare poi anche asincronismi rispetto ai calendari sociali, che sono
essenzialmente di tre tipi:
A) Organizzativo: in ritardo rispetto ai tempi di evoluzione della carriera in organizzazione.
B) Di coppia: una carriera più in ritardo rispetto a quella del partner.
C) Familiare: in cui l’evoluzione familiare ha tempi fuori norma.
Si è inoltre notato come le femmine abbiano meno accesso ai ruoli di potere e siano più
fortemente condizionate nella loro carriera dai carichi legati ad eventuali maternità e da un
vincolante sistema di aspettative sociali connesse al ruolo di madre e di custode della casa.
Gli interventi promossi dalle organizzazioni per favorire la gestione della duplice carriera sono:
formazione, orario flessibile, lavoro a casa, assistenza nella collocazione occupazionale del
partner. Tuttavia, si evidenzia come essi siano orientati a favorire la presenza continua della

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donna nei luoghi di lavoro senza però di fatto divenire effettivi strumenti di promozione della
carriera femminile.

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NUOVI CONTESTI, NUOVE CARRIERE
Le organizzazioni di lavoro, nell’ultimo ventennio, hanno subito numerose trasformazioni che
hanno a che fare, in particolare, con la riduzione degli organici, l’appiattimento dei livelli
gerarchici, i processi di fusione e delocalizzazione, l’outsourcing, la flessibilizzazione del lavoro e
delle soluzioni organizzative, il lavoro in team e per progetti.
Questi cambiamenti hanno importanti implicazioni: la maggiore incertezza di lavoro produce
cambiamenti nella definizione dello status sociale degli individui, che è determinato soprattutto dal
possesso di risorse e competenze professionali pregiate e richieste dalle organizzazioni di lavoro;
la presenza nel mercato del lavoro di contratti atipici accentua le differenze tra lavoratori tutelati
nei propri diritti (stabilità, tutela sindacale, copertura previdenziale) e lavoratori con bassi livelli di
garanzie (discontinuità contrattuale, scarsa tutela sindacale, ridotte coperture previdenziali e
normative).
Tali trasformazioni sono state accompagnate anche da cambiamenti significativi nel contratto
psicologico tra individuo e organizzazione: da un sistema di promesse basato sullo scambio
fedeltà/sicurezza, si è passati allo scambio transazionale, di più breve termine, dove sono in gioco
denaro, flessibilità e competenze.
Le organizzazioni comunque tendono sempre meno a ad assumersi la responsabilità di prevedere
lunghi periodi di permanenza dei dipendenti al loro interno. Le pratiche di gestione della carriera,
se adottate, vengono riservate a core workers strategici, lasciando dunque nelle mani dei singoli
individui la responsabilità di costruirsela. Le carriere dunque, tendono a svilupparsi sempre più in
un contesto connotato da temporaneità, elevata mobilità interorganizzativa, debolezza del legame
tra individuo e organizzazione. Da circa 10 anni infatti si parla di bounderyless career, cioè di una
carriera definita sempre più da un percorso autodeterminato dell’individuo e che si sviluppa in
modo non lineare tra più organizzazioni e secondo un copione imprevedibile e volubile.
Per chiarire il senso della carriera senza confini si sono approfonditi tre concetti chiave:
1) Versatilità. La carriera è gestita in modo proattivo dall’individuo, prevede elevata mobilità,
si basa sul principio della ricerca di libertà, della coerenza coi propri talenti, della
soddisfazione professionale e utilizza come criterio la gratificazione psicologica e il
benessere. Secondo Weick può potenzialmente portare l’individuo a prendere nuove
direzioni. La versatilità prevede un individuo disponibile all’apprendimento continuo,
costantemente aperto a nuove possibilità, e che affronta un’avventura professionale
esposta a continui micro cicli di circa 3-5 anni. I frequenti cambiamenti di colleghi, compiti,
supervisori e gruppi richiedono elevata flessibilità e capacità di dare senso e costanza alla
propria azione, ovvero adattabilità e identità. Un altro requisito è l’intraprendenza, ovvero
la capacità auto imprenditoriale di definire le scelte, valorizzare il proprio potenziale e
saper decidere anche assumendosi i rischi delle proprie azioni.
2) Networking. Lo sviluppo di carriera avviene grazie a una elevata mobilità
interorganizzativa con interazioni intensamente dinamiche. Si basa sulla costruzione di un
solido network fuori dai confini della struttura di appartenenza che favorisce la creazione di
nuove opportunità.
3) Enactment. La carriera è attivata dall’individuo con le sue azioni e le sue scelte.
Attraverso la carriera l’individuo costruisce e autodetermina parte del contesto in cui è
chiamato a intervenire. Questo può avvenire soprattutto in organizzazioni che hanno una
struttura debole, ovvero meno prescrittive, che lasciano più spazio all’azione individuale,
sono meno vincolanti. Gli indicatori per individuare debolezza organizzativa sono: gerarchie
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meno solide e autorità meno rigida, che riducono le distanze tra le persone; organizzazione
del lavoro in team, che favorisce interdipendenza, scambio di saperi e contaminazione delle
esperienze; lavori per progetto, in cui si ripartiscono compiti, si costruiscono gruppi, si
stabiliscono obiettivi, scadenze, premi.
La carriera senza confini pone al centro la questione delle competenze. Il progredire della carriera
è sempre più caratterizzato dalla progressiva acquisizione di competenze specialistiche, trasversali
e di carriera e, allo stesso tempo, le organizzazioni incorporano nelle proprie pratiche e modelli di
funzionamento le competenze possedute dai propri membri.
All’inizio della carriera le competenze strategiche sembrano essere quelle relazionali (saper gestire
rapporti interpersonali, saper cooperare), insieme a motivazione e perseveranza, saper osservare
per apprendere le regole di funzionamento dei gruppi, saper giocare il ruolo del nuovo arrivato,
ricercare fonti di supporto e referenti di fiducia.
Quando si passa a dover consolidare la propria posizione in azienda, le competenze chiave
sembrano essere quelle tecnico specialistiche, la conoscenza e assimilazione della cultura
organizzativa, l’affidabilità e l’impegno.
Nella costruzione della propria reputazione sono importanti la qualità del proprio lavoro,
l’innovazione, l’ulteriore specializzazione, e il networking.
Un costrutto multidimensionale che cerca di riassumere le doti e le qualità del lavoratore di fronte
alla carriera senza confini è quello di occupabilità. Per occupabilità si intende una serie di
caratteristiche personali che permettono all’individuo di incrementare le sue opportunità
occupazionali e professionali e di gestire con successo la propria carriera. Queste caratteristiche
sono racchiuse in tre dimensioni:
A) L’identità di carriera. “chi e cosa voglio diventare”, è una sorta di bussola per capire e
organizzare le esperienze passate e orientare il futuro, agendo anche da fattore
motivazionale.
B) La capacità di adattamento. In termini di occupabilità sono rilevanti aspetti come
l’ottimismo, la propensione ad apprendere, la ricerca di feedbacks, l’apertura al
cambiamento, l’accettazione delle sfide, locus of control interno, elevata autoefficacia
percepita.
C) Il capitale umano e sociale. Con capitale sociale si intende una costruzione di una rete
estesa e mirata di relazioni sociali per acquisire informazioni, ottenere accesso a nuovi
contesti, esercitare influenza. Con capitale umano invece si indicano quelle risorse
individuali accumulate durante le varie esperienze scolastiche e lavorative (titoli,
esperienza, qualifiche, ecc.).
Dal punto di vista dell’organizzazione, le competenze distintive di un’azienda sono quelle frutto
dell’apprendimento individuale e organizzativo. Non c’è più una pianificazione razionale delle
carriere, soprattutto laddove i confini organizzativi sono meno rigidi e la struttura è debole. Lo
sviluppo delle carriere va inteso quindi come mantenimento, sviluppo e diffusione delle
competenze di successo presenti nell’organizzazione, facendo decadere la logica delle carriere
verticali e incentivando incrementi di retribuzione di fronte ad un miglioramento del proprio
bagaglio di competenze.

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LA GESTIONE DELLE CARRIERE
Una classificazione delle azioni di gestione delle carriere distingue interventi di sostegno
individuale (career guidance e career counseling), gestite solitamente da servizi pubblici o
consulenti privati, e attività progettate e realizzate da parte delle organizzazioni (career
management) promosse solitamente dagli uffici di gestione delle risorse umane di grandi imprese.
Le attività di orientamento si rivolgono a diverse tipologie di utenza (dai giovani, durante il
percorso scolastico, a persone in situazioni transitorie, a specifiche figure in difficoltà
occupazionale). Hanno finalità informative, educative e mirano alla maggiore consapevolezza di sé
e conoscenza delle opportunità occupazionali del soggetto. In dettaglio:
- Prestano maggiore attenzione all’intera esperienza dell’individuo, e non alla sola sfera
professionale.
- Non si focalizzano solo su alcuni momenti topici di scelta (es. primo impiego) ma cercano di
aiutare l’individuo nella definizione di un percorso di vita più ampio.
- Puntano a dare maggiore cognizione delle alternative possibili offerte dal contesto
(consapevolezza professionale) e sulle proprie caratteristiche (consapevolezza di sé).
- Cercano di produrre cambiamento comportamentali e di atteggiamento per cambiare
orientamenti disfunzionali, stereotipi e rappresentazioni ingenue del lavoro e del mercato
del lavoro.
Un ambito di intervento particolarmente sviluppato è costituito dall’educazione alle decisioni di
carriera. Esistono dei presupposti di base su come le persone prendono decisioni di carriera:
• Gli individui non sono in grado di acquisire e trattare tutte le informazioni salienti ma
tendono ad utilizzare scorciatoie di pensiero (euristiche).
• Le scelte in questo senso diventano accettabili e per difesa si innescano processi di
razionalizzazione e giustificazione a posteriori.
• La scelta di una carriera induce a trascurare le opportunità e i benefici offerti dalle
alternative scartate.
• Come parametri per la scelta vengono considerati coerenza e razionalità, trascurando ad
esempio esiti della decisione e benefici acquisiti.
• Vi è comunque un numero pressoché infinito di fattori che possono influenzare le decisioni
di carriera e il peso di tali fattori ha un’elevata variabilità tra individui, contesti e tempi.
• Vi sono vari stili di decisione (logico, esitante, emotivo, intuitivo, compiacente, irriflessivo).
• Le difficoltà decisionali, l’incertezza, l’ansia e la tensione connessa col processo di decisione
sono diffuse in diversi strati della popolazione, anche se alcuni soggetti risultano
particolarmente esposti.
A questo proposito sono stati elaborati numerosi strumenti di ricerca e di diagnosi, quali
questionari, test e inventari. Tra i principali strumenti: il Career Decision Difficulties Questionnaire
e il Career Decision-Making Self-Efficacy Scale.

La consulenza di carriera (career counseling) si basa sulla costruzione di una relazione di aiuto tra
consulente e cliente attraverso l’ascolto e il colloquio non direttivo. Lo scopo è quello di produrre
cambiamenti individuali su una serie di dimensioni psicologiche ritenute rilevanti: modifiche nello
stile comportamentale, nel sistema di credenze, nella concezione e nella presentazione di sé
stessi, nel modo di affrontare le difficoltà, nello stile decisionale, nelle relazioni emotive e
affettive, nelle relazioni con gli altri e con l’ambiente circostante. La consulenza di carriera può
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costituire la risposta a problematiche intrapsichiche legate a difficoltà cognitive ed emotive del
soggetto, oppure a problemi legati al rapporto dell’individuo con il contesto occupazionale
(disadattamento nel proprio impiego, stress derivante da relazioni difficili di lavoro,
insoddisfazione lavorativa).
L’intervento, pur partendo da una focalizzazione sulle problematiche di carriera, può, in corso
d’opera, toccare altre sfere di vita critiche per il soggetto e sfociare in cambiamenti e
ristrutturazioni identitarie anche al di fuori dell’ambito occupazionale. Ciò implica un’interazione
col cliente non direttiva e poco strutturata, con carattere esplorativo seguendo un approccio
clinico (psicoterapia). Durante il ciclo di colloqui sono fondamentali le fasi di costruzione della
relazione e sviluppo dell’empatia, e dell’alleanza terapeutica, ovvero una speciale relazione
interpersonale orientata anche alla diagnosi clinica progressivamente approfondita e verificata. In
tali casi però, il consulente dovrebbe essere affiancato da esperti di psicoterapia.
Recentemente si è sviluppato un approccio narrativo alla consulenza di carriera che si focalizza
sulla ricostruzione da parte del soggetto della propria storia professionale. Il punto di partenza
teorico è costituito dall’idea che la carriera rappresenta il prodotto unico e irripetibile
dell’interazione tra un individuo e il suo contesto sociale di riferimento lungo un processo di
sviluppo continuo. Vita vissuta e vita parlata sono indissolubili e si costruiscono in una continua
interazione. In tal senso assume quindi un ruolo centrale il modo attraverso il quale il soggetto
stesso costruisce e attribuisce significato alla propria storia. Il modo di parlare del proprio passato,
il linguaggio utilizzato per narrare e dare unitarietà all’esperienza e all’intreccio degli eventi, gli
episodi e gli snodi considerati critici dalla persona diventano elementi di una trama, la cui
costruzione è oggetto di confronto nelle attività di consulenza. Qui consulente e cliente cooperano
per creare i significati della storia del soggetto, attraverso un dialogo aperto e senza vincoli.
L’obiettivo della consulenza sarà quindi di aiutare la persona a costruire narrazioni di carriera via
via più significative: quanto più queste sono ricche, coerenti, plausibili, tanto più costituiscono il
segnale che l’individuo ha controllo sulla propria situazione. Inoltre la ricchezza della narrazione
passata può essere interpretata come sintomo di una positiva capacità di progettazione della
carriera futura.

Gli interventi di career management realizzati all’interno delle organizzazioni di lavoro puntano a
favorire lo sviluppo delle carriere dei dipendenti in armonia con le esigenze e le strategie aziendali.
Essi possono avere obiettivi di diversa natura: informativi, formativi, diagnostici.
A livello informativo ci sono:
ƒ Notifica: segnalazione interna sulle posizioni organizzative vacanti prima di ricercare
risorse all’esterno.
ƒ Percorsi: indicazioni sui percorsi di carriera dentro l’organizzazione con segnalazione delle
competenze necessarie per accedere alle varie posizioni, i requisiti richiesti, i benefici e gli
impegni connessi con le varie carriere. Possono rispondere a diversi criteri quali
l’esperienza passata e le caratteristiche di chi ricopre i vari incarichi (natura storica), le
dinamiche evolutive, le politiche di sviluppo dell’organizzazione e le sue strategie di
adattamento al contesto (natura organizzativa), le doti dei singoli lavoratori (natura
comportamentale).
ƒ Opportunità: informazioni sulle occasioni di sviluppo professionale (formazione, sviluppo
competenze) presenti dentro e fuori l’organizzazione.
A livello formativo invece:

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o Workshop: occasioni di confronto interne all’organizzazione per discutere opportunità di
carriera di singoli e gruppi, per individuare potenzialità, per descrivere politiche di sviluppo
del personale.
o Mentoring: i dipendenti più giovani sono assegnati a personale esperto che si prende cura
della loro crescita professionale e tutela il percorso di carriera.
o Rotazione: programmi di rotazione delle mansioni e di nuove assegnazioni di compiti
favoriscono la flessibilità del personale e la loro assegnazione futura a nuovi ruoli.
A livello diagnostico infine:
¾ Testing: interventi di analisi, misurazione e valutazione delle caratteristiche individuali
(anche attraverso strumenti informatizzati) per fornire indicazioni di carriera.
¾ Centri di sviluppo: situazioni articolate in cui si valutano diverse caratteristiche dei
dipendenti (doti, competenze, punti di debolezza, stile di comportamento) per stimare il
potenziale sviluppo di carriera. I partecipanti portano a termine una serie di prove e di
esercizi focalizzati su specifiche abilità e competenze ritenute fondamentali per svolgere
alcuni compiti nell’organizzazione.
¾ Counseling: consulenza individuale, svolta da manager o da personale specializzato per la
diagnosi individuale e la costruzione di un progetto di carriera nell’organizzazione.

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