D'annunzio e Verga
D'annunzio e Verga
D'annunzio e Verga
Realismo
Verismo
TECHNICHE NARRATIVE
I veristi usano la tecnica dell’artificio della regressione: i fatti vengono narrati e giudicati
secondo il punto di vista ed i valori espressi dai personaggi, non secondo la visione
dell’autore.
Impersonalità. Discorso indiretto libero. L’opera d’arte deve sembrare essersi fatta da sé.
C’è una trasposizione indiretta del pensiero come se fosse il personaggio che scrive. Il
linguaggio è popolareggiante, ossia la scrittura è fatta con una sintassi semplice(il
narratore si spoglia della cultura e aderisce al linguaggio del popolo, popolareggiante).
ECLISSAMENTO DEL NARRATORE valori etici dell’ambiente
La LOGICA che rappresenta i personaggi non ci appartiene.
Verga
Verga ha una visione negativa dell’uomo. Ogni uomo è proteso per la felicità, per il
proprio benessere. Verga crede che chi ‘sgomita’ è destinato al fallimento. Rappresenta
tristezza. I personaggi vengono chiamati ‘vinti’. Egli diventa un reazionario, non vuole
capire l’evoluzione dei tempi. La sua vita è vissuta nel mondo dell’aristocrazia, dà una
visione oggettiva della realtà ma non dà speranza. Al contrario dei francesi che danno
speranza, Verga crede che puoi vivere bene solo nel tuo guscio, non puoi cambiare
classe sociale. Morirà per cause cerebrali a Catania. Verga si dichiara positivista ma si
rivelerà il contrario. Viene definito reazionario (come la Sicilia del tempo con nobili che
avevano paura di perdere i loro privilegi).
Verga vede la società come una specie di giungla intricata, in cui gli uomini sono
costretti alla violenza ed alla sopraffazione, per sopravvivere; una giungla in cui vige la
spietata – ma naturale – legge del più forte. In questo senso, è possibile porre delle
analogie con lostato di natura teorizzato da Hobbes, per cui l’uomo è lupo degli altri
uomini (“homo homini lupus“); la differenza sta però nel fatto che questa condizione
non è stata superata, secondo Verga, dalla costituzione di uno Stato legiferante, bensì
vige ancora in tutta la sua crudeltà nella vita di tutti i giorni, soprattutto tra le classi
sociali più disagiate.
La cosiddetta “svolta” verista nacque dal proposito di contrapporre alla mentalità
borghese la schiettezza di un’umanità umile, travagliata, eppure capace di conservare
intatti i valori tradizionali ed affettivi. A tal fine Verga teorizzò uno stile antiromanzesco il
cui fulcro fu il canone dell’impersonalità.
Come verista, Verga intese svelare le conseguenze eticamente negative del progresso
economico, voluto ed attuato dalla borghesia.
La poetica di Verga esprime un grande pessimismo, che unisce l’impossibilità
dell’elevazione del proprio essere, con quella di tipo economico o sociale: lo troviamo
nei Malavoglia, dove la famiglia che vuole elevarsi economicamente finisce
letteralmente per disintegrarsi, e in tutte le sue altre opere
La scoperta dell’umanità delle plebi, l’analisi del risvolto negativo del progresso, e quindi
delle lacrime e del sangue di cui esso grondava, dietro la sua facciata rilucente, spinsero
Verga a considerare il presente e il futuro con un pessimismo che lo indusse alla critica
della società borghese, ma anche alla rinuncia sfiduciata ad ogni tentativo di lotta.
LA ROBA
➔ TRAMA
La Roba fa parte della raccolta Novelle Rusticane di Giovanni Verga e venne pubblicato
nel 1880 per la prima volta sulla rivista La Rassegna Settimanale. L'autore tratta di un
tema a lui molto caro ossia il possesso degli oggetti, anzi, della roba. La roba per
Giovanni Verga è il simbolo della ricchezza e del benessere che non si misura a livello
economico, ma in possedimenti come terre, animali e pascoli, fattorie. Il protagonista
de La Roba è Mazzarò, un uomo che viene descritto come basso e con una grossa
pancia, ma con la testa simile a un brillante e quindi tanto avido quanto intelligente:
nella sua vita, infatti, ha accumulato veramente tanta, tanta roba.
Mazzarò però è un vinto, un uomo senza speranza perché non si rende conto delle cose
veramente importanti della vita le quali, ovviamente, non sono le ricchezze materiali
che lui brama per tutta la sua esistenza. Tuttavia, una volta ottenuto un po' di
potere, non lo sfrutta nel modo giusto, ossia migliorando le condizioni di vita di coloro
che, come lui, sono braccianti. L'unica cosa che interessa a Mazzarò è il possesso di
roba.Ogni cosa per Mazzarò è sinonimo di denaro e ricchezza: anche la morte della
madre non viene vista come un dolore emotivo, ma come una perdita di soldi per il
funerale. Mazzarò lotta, lotta duramente tutta la vita, ma resta uno sconfitto: un anti-
eroe in qualche modo che sfrutta malissimo la sua intelligenza e che viene
completamente accecato dalla sua bramosia al punto tale che arriva a uccidere parte
del suo bestiame, poco prima di morire, per paura di perderlo e di non poterlo portare
con sé dopo la sua morte.
SIMBOLISMO e DECADENTISMO
Un anno importante per la letteratura francese il 1857 con la pubblicazione del romanzo
realista Madame Bovary di Gustavo Flaubert e con la raccolta di poesie di Charles
Baudelaire i fiori del male vi è la prefigurazione del simbolismo che negli anni 80 verrà
chiamato decadentismo. In parallelo da un punto di vista cronologico(avvento della
società industriale espansione della borghesia eccetera) lo affianca il realismo che poi si
evolverà a partire dagli anni 70 nel naturalismo, però presentano presupposti filosofici
obiettivi letterari distinti. il razionalismo richiama il positivismo e quindi l'arte è intesa
come uno strumento di analisi scientifica della realtà ricorrendo infatti al metodo
sperimentale; il simbolismo invece si spira al pensiero razionale e quindi i simbolisti non
assegnano all'arte nessuna funzione sociale o educativa il loro unico principio arte per
l'arte è quello di esprimere la forma più pura possibile di bellezza.
I simbolisti e decadentisti non condividono i valori della borghesia e non credono nel
progresso infatti credono che essa sia una classe mediocre interessata solo ad arricchirsi
e quindi per loro il mondo è inteso in un senso di decadenza, declino e disfacimento (la
rivista le decadent in Francia).
I decadenti erano i poeti simbolisti che si distanziavano della società e il loro sentimento
antiborghese li portava a comportarsi in un modo diverso da quello della massa e a
condurre un'esistenza anticonformista una vita precaria tra alcol gioco d'azzardo
bordelli droghe tipica dei bohémiennes, Individui emarginati dalla società. ma c'era
anche chi sosteneva lo stile del dandy cioè un uomo raffinato colto eccentrico
che crede che la vita sia un'opera d'arte e quindi è costantemente alla ricerca del bello e
circondato da oggetti preziosi e rari anche se cerca di vincere l'angoscia esistenziale la
noia e il senso di disgusto. Per i simbolisti in ogni oggetto e in ogni cosa c'è un significato
che è simbolo di qualcos'altro ecco perché cercano di ricercare i significati all'interno
della realtà penetrando i misteri della natura e svelando le relazioni segrete tra le cose.
L'artista crea un mondo tutto suo una specie di seconda natura alternativa a quella
reale ed è considerato come un veggente l'unico di mettersi in contatto con
l'assoluto e con il mistero. I poeti considerati maledetti sono definiti così perché la loro
vita è irregolare, ribelle,e la loro personalità è dominata dalla malinconia dalla
irrequietezza e dunque la loro poesia si colloca fuori dal dominio della razionalità per
cercare la verità nascosta dietro l'apparenza sondando gli abissi della vita interiore
dell'inconscio essi rinunciano alla comunicazione logica razionale.
ESTETISMO
A partire dagli anni ’80 in poi anche il romanzo subisce una trasformazione: il romanzo
viene investito da queste tendenze estetizzanti; punto di arrivo di una cultura che
disprezzava l’utilitarismo borghese, disprezzava la società costituiva, la volgarità, la folla
e che appunto, per contrasto, aveva il culto dell’arte e della bellezza: il mito della vita
vissuta come un’opera d’arte, modello e punto di riferimento.
La caratteristica fondamentale dell’Estetismo è il culto estremo della bellezza e dell’arte
e il principio fondamentale è “l’arte per l’arte”, cioè l’esaltazione dell’arte per sé stessa
separata da ogni contesto e condizionamento sociale, da ogni condizionamento morale.
D’Annunzio
➔ Superuomo
Le vergini delle rocce Qui però la complessità metafisica e ideologica del superuomo
subisce una sostanziale semplificazione nella direzione di un superomismo a impronta
esclusivamente estetica che s’intride di valenze politiche reazionarie. E’ qui riscontrabile
l’esito di una lunga ricerca sul versante stilistico e formale, che nel momento stesso in
cui agganciava le posizioni più innovative del Simbolismo europeo, si reimmetteva nel
solco della tradizione Trecentesca e rinascimentale, l’onnipresenza di Leonardo da Vinci
nelle Vergini ne è il segno tangibile. Il nucleo drammatico del romanzo, fondato
sull’aspirazione di Claudio Cantelmo a generare un figlio in cui si distillassero le mirifiche
qualità di una illustre progenie e che sarebbe dovuto diventare il futuro re di Roma,
appare del tutto gratuito e incapace di sostenere una dinamica narrativa di lungo
respiro. In questo senso il romanzo esprime i limiti dell’interpretazione che D’Annunzio
diede di Nietzsche.
➔ Laudi
Le Laudi del Cielo, del Mare, della Terra e degli Eroi sono le raccolte poetiche della
maturità di D’Annunzio e furono progettate, in seguito al viaggio in Grecia del poeta nel
1895, nel 1899. Secondo il progetto iniziale dello scrittore le liriche dovevano essere
divise in sette libri, quante sono le Pleiadi (Maia, Elettra, Alcione, Merope, Asterope,
Taigete e Celeno), ma D'Annunzio riuscì a comporne solo cinque.
Maia
Introduzione delle Laudi, Maia è composto nel 1903, dopo Elettra e Alcyone, ma viene
posto nel disegno conclusivo del poeta all’inizio. Questo libro comprende ventuno canti
di diversa lunghezza, con i primi due componimenti che aprono il ciclo delle Laudi: Alle
Pleiadi e ai Fati e L’Annunzio, canto sulla resurrezione del dio pagano Pan, simbolo della
bellezza e la gioia del mondo e della comunione con la natura. Ed è questo uno dei temi
centrali del libro, ovvero la possibile comunione con la natura e la sua forza vitale, che
permette di raggiungere la felicità. Maia si presenta quindi come un’esaltazione alla
vita - il sottotitolo stesso Laus vitae indica questo intento celebrativo -, una vita nuova di
cui sono degni sono alcuni essere umani, gli eroi o i superuomini. In questo libro
emerge quindi la rielaborazione dannunziana del vitalismo nietzschiano:
il superuomo è colui che, dotato di una vitalità e di una comunione maggiore rispetto
agli altri, realizza se stesso e i suoi istinti. Viene espresso quindi il nuovo modello
superomistico che deve basarsi su nuovi valori: “Volontà, Voluttà, | Orgoglio, Istinto”,.
Il libro riporta il triplice viaggio metaforico del poeta prima nella Grecia classica, simbolo
della perduta comunione tra uomo e natura, poi nell’Agro romano e nella Cappella
Sistina, simboli del rinascenza latina e del raggiungimento dell’ideale eroico, e infine nel
deserto africano, dove il poeta incontra Felicità e Libertà. Maia si chiude con
la Preghiera alla madre immortale, poesia dedicata al poeta Giosué Carducci, maestro
spirituale e modello dei primi componimenti di D’Annunzio.
Elettra
Elettra è il secondo libro delle Laudi e si presenta come raccolta di liriche di
esaltazione e celebrazione dell’eroismo e del mito del superuomo. Sono
presenti liriche che celebrano gli eroi guerrieri del passato e del presente, come La
notte di Caprera, in cui viene esaltata la storia recente dei garibaldini, ma anche liriche
che tessono le lodi di intellettuali e artisti come Nietzsche, Victor
Hugo, Dante e Verdi. Dopo i canti eroici, seguono i Canti della ricordanza e
dell’aspettazione, in cui vengono celebrate un gruppo di città italiana dal passato
glorioso. Qui si trova il trittico cittadino Ferrara, Pisa e Ravenna, momento più alto di
questi canti, in cui vengono celebrate le cosiddette città del silenzio L’Italia viene infatti
celebrata nel Canto augurale per la nazione eletta, in cui il sentimento patriottico
di D’Annunzio diventa sempre più forte fino a giungere a concezioni nazionalistiche e
imperialistiche. Posizioni politiche che porteranno il poeta ad essere un fervente
interventista nella Prima guerra mondiale.
Alcyone
Capolavoro della poesia decandentisco-simbolista, Alcyone comprende 88
liriche composte tra 1896 e 1902 e si presenta come una sorta di diario dell’estate in
Versilia. In questo libro la comunione tra uomo e natura viene espressa al
meglio: l’uomo si immedesima e immerge nel paesaggio in cui si trova e partecipa a
tutti i fenomeni naturali. A sua volta la natura viene umanizzata in un ritmo melodico
vitale e armonico. Il superuomo diventa colui che riesce a vivere nella pura gioia e
vitalità e che riesce e immedesimarsi nella natura. La struttura del libro è diversa dai
primi due: è articolato in cinque sezioni.
In questo libro è evidente l’importanza del mito e dell’epoca classica, tanto che modelli
per D’Annunzio sono i poeti latini Virgilio e Ovidio, Omero e i lirici greci. Anche
il linguaggio appare influenzato dal termini classici e arcaizzanti e latinismi.
➔ Sera fiesolana
La sera fiesolana è il primo testo della raccolta Alcyone ad essere composto (1899) e
presenta una sera di giugno, periodo del declino della primavera e dell’inizio
dell’estate.L’itinerario del poeta (sia nella Sera che in tutta la raccolta) è al tempo stesso
fisico, lirico e “spirituale”: la sua poesia rievoca, con gusto letterario ed arcaizzante,
l’esperienza di San Francesco d’Assisi (che diventa anche motivo per la scelta del genere
della lauda 1) e il mondo dello Stilnovismo trecentesco. Lo stile del componimento si
modella sul Cantico delle Creature, da cui si riprende il motivo “Laudato si’, mi’
Signore”; Il poeta a Fiesole descrive il sopraggiungere quieto sulla campagna della sera,
umanizzata e trasfigurata nella donna amata.
Notturno