Barocco Manierismo
Barocco Manierismo
Barocco Manierismo
Nel corso del Seicento si possono riconoscere due momenti cardine dell’elaborazione
culturale: la nuova poetica del barocco letterario e la pratica della ricerca scientifica
(la Scienza Nuova di Galilei).
La letteratura barocca, abbandona la distinzione tra generi “alti” e “bassi”, dando vita a una
contaminazione di modelli espressivi da cui nascono generi misti come il poema
eroicomico inconcepibili per il canone letterario tradizionale.
Il Barocco, propone un’arte e una poesia animate, in modo sempre più scoperto, dalla
ricerca del piacere, di un’esperienza cioè tutta terrena e soggettiva.
Il modello di un universo eliocentrico (al centro dell’universo vi è il sole), che soppianta
quello geocentrico (la Terra è posta al centro dell’universo), comporta però anche il
diffondersi di una sensazione di disorientamento profondo.
Vedremo come alcune opere barocche, trasportino nelle strutture letterarie questa nuova
condizione dell’uomo, che si ritrova a vivere in un universo che ha perso il suo centro.
Ogni aspetto della vita e della cultura dell’età barocca nasce dallo scontro tra due visioni
del mondo, due atteggiamenti fondamentali: quello della tradizione, che ha trovato nel
Rinascimento l’ultima complessa sistemazione, irrigidita dalla Controriforma, e quello
dell’innovazione, rappresentato, nel mondo del pensiero scientifico, da Galilei e nel mondo
della creazione letteraria, dall’opera dei letterati antitradizionalisti (i “barocchi”).
L’origine del termine, secondo alcuni studiosi, sarebbe da ricercare nel portoghese
barocco, che indica una perla irregolare, non sferica, secondo altri nel vocabolo “baroco”,
usato dagli Scolastici un tipo di procedimento logico (di “sillogismo”).
Il termine “barocco” iniziò a essere riferito all’arte del Seicento con evidente intento
polemico, per portare in evidenza il suo amore per la bizzarria e l’irregolarità.
L’età barocca scopre nel disegno della natura l’anomalia, l’eccezione e su di essa
concentra la propria attenzione.
Sono la metafora e l’allegoria a permettere all’artista e al letterato di portare in evidenza
quelle somiglianze segrete tra le cose che possono rilevarne un significato prima d’allora
insospettato e insospettabile.
Per rendere migliore questa nuova concezione dell’arte nelle opere, il letterato ricorre a
quel procedimento che viene definito “concettismo” e che consiste nell’esasperare l’uso
delle metafore, e, attraverso l’”acutezza”, ricercare quelle più strane e inusuali.
Il napoletano Giovan Battista Marino soddisfa per primo sul piano letterario le diffuse
esigenze di rinnovamento che segnano il passaggio all’epoca barocca. Fin dall’esordio,
con la raccolta la Lira, la sua poesia fortemente innovatrice supera l’equilibrio del canone
petrarchesco attraverso uno stile che sperimenta modi più artificiosi (come si riscontra in
parte già in Tasso). L’uso di sistematico di metafore e “concetti”, il controllo magistrale
dell’apparato retorico e della musicalità del verso sono in sintesi le peculiarità stilistiche del
verseggiare di Marino.
A differenza di Marino, il savonese Gabriello Chiabrera si concentra maggiormente sugli
aspetti metrici, imitando le soluzioni adottate dai classici e in particolare dai poeti erotici
dell’antica Grecia.
Un altro ancora, è il frate calabrese Tommaso Campanella, che elabora un linguaggio
originale e denso, aperto alla parlata popolare, che trova precedenti soltanto nella Bibbia e
in Dante.
Caratteristico del secolo barocco è il rovesciamento radicale dei criteri costitutivi del
genere epico e dei valori ideali che esso rappresenta, ad esempio La secchia rapita di
Tassoni e l’Adone di Marino.
La metafora del “gran teatro del mondo”, spesso usata nel Seicento per alludere alla realtà
terrena, mostra senza dubbio che la teatralità rappresenta la dimensione in cui meglio si
esprimono l’ansia profonda di rinnovamento e il riconoscimento della precarietà
dell’esistenza che caratterizzano l’età barocca.
IL MANIERISMO
Il termine fu usato per la prima volta da Giorgio Vasari nelle sue Vite (1550): ricostruendo
per la prima volta una storia dell’arte moderna, egli delineò una linea evolutiva che a
partire da Giotto era culminata con gli artisti rinascimentali; questi avevano raggiunto un
tale grado di perfezione, che agli artisti che sarebbero seguiti non restava che imitare quei
grandi (Michelangelo, Raffaello, Leonardo). Così nacque il Manierismo, uno stile che imita
lo stile di quei grandi. Ma nell’imitarlo, lo trasforma dall’interno. E del resto lo stesso
Michelangelo aveva cominciato a rappresentare la figura umana in modo nuovo e
sorprendente, serpentinata, come in torsione, in pose forzate. Accade così che le regole
della prospettiva e delle proporzioni del corpo umano non vengono più rispettate, l’artista
crea una realtà virtuale, affascinante, sensuale, ma lontana dalla realtà.
In ambito letterario, col termine Manierismo si fa riferimento ad un atteggiamento diffuso a
partire dagli anni ’30 del Cinquecento, anticlassico e antirinascimentale. Ciò accade
quando gli intellettuali assumono un atteggiamento più problematico e una sensibilità più
sottile e drammatica rispetto alla centralità edonistico-rinascimentale dell’uomo e
all’equilibrio dell’arte. Perciò il classicismo si trasforma in maniera: l’imitazione è stilizzata,
stravolge e corrode dall’interno le forme classiche, accentua la raffinatezza formale,
giungendo ad atteggiamenti di affettazione e artificiosità.