Come Coltivare Il Cappero
Come Coltivare Il Cappero
Come Coltivare Il Cappero
all’isola di Pantelleria, dove viene prodotto il cappero IGP (Indicazione Geografica Protetta).
Oltre a donare un prodotto molto apprezzato dal punto di vista gastronomico, il cappero è una
pianta molto apprezzata anche per il suo valore ornamentale: un folto cespuglio in grado di ingentilire
muretti a secco e aree aride del giardino con il suo bel fogliame e i suoi splendidi fiori.
Capparis spinosa, specie appartenente alla famiglia delle Capparidaceae, se coltivata nelle giuste
condizioni climatiche, è una pianta molto generosa che si accontenta di poche cure.
Il cappero è una specie perenne a portamento cespuglioso ricadente e a sviluppo relativamente ridotto (le
sue dimensioni raramente superano il metro). Coltivata generalmente a ridosso di muretti a secco,
allunga i suoi steli semilegnosi verso il basso; le foglie sono di forma tonda o leggermente ovale, di
consistenza carnosa e colore verde omogeneo.
L’asportazione dei boccioli, ovviamente, limita lo spettacolo della fioritura del cappero. I fiori estivi, infatti,
sono di una bellezza unica alla quale difficilmente si rimane indifferenti: 4 grandi petali bianchi si aprono
mettendo in evidenza un folto ciuffo di stami rosa-violacei.
È comunque molto importante evitare che si formino accumuli e ristagni idrici, che provocherebbero
la sofferenza e morte delle piante. Le piante adulte, già ben affrancate, richiedono apporti idrici sporadici,
da eseguire secondo le necessità, verificando le condizioni del terreno: bisogna intervenire solo quando
questo appare particolarmente asciutto per evitare che secchi completamente ma, allo stesso tempo
evitando di inumidirlo eccessivamente: il cappero è in grado di procurarsi l’acqua di cui ha bisogno da
solo, dall’umidità ambientale e da quella presente in profondità nel terreno.
La raccolta dei frutti è la strada scelta soprattutto nel caso di impianti familiari, non indirizzati alla
produzione di capperi su grande scala. I cucunci, ovvero i frutti, vengono raccolti manualmente dalla
pianta con il loro picciolo man mano che raggiungono lo sviluppo e le dimensioni giuste, ben prima che
inizino ad aprirsi e a far uscire i semini, numerosi, piccoli e neri, immersi in una polpa bianco-rosata. Si
tratta di una raccolta scalare che prosegue per tutto il corso dell’estate fino all’autunno inoltrato, man
mano che maturano. Una volta raccolti vengono sbollentati in acqua e aceto (in ragione di metà volume),
quindi lasciati raffreddare su un panno pulito e asciutto. Infine, vengono conservati entro un vasetto di
vetro per molti mesi, immersi in acqua e aceto, o anche sotto sale.
Prelevare i semi
Nel caso ci si volesse cimentare nella semina di questa pianta, per ottenere nuove piantine, è possibile
procurarsi i semi, in questo periodo.
Lasciando alcuni cucunci sulla pianta, questi matureranno e si apriranno: all’interno ci sono i semi che si possono
raccogliere e conservare dentro un sacchettino di carta per la semina la prossima primavera.
I semini vengono distribuiti in maniera uniforme nella cassetta, e ricoperti da circa 1cm di terriccio. Si
bagna con delicatezza e si conserva in ambiente semiombreggiato per favorire la germinazione dei semi
e la nascita delle piantine. Quando queste avranno raggiunto lo sviluppo di circa 8-10 cm, verranno
trasferite in vasetti singoli o trasferite direttamente all’esterno, a dimora, dove proseguiranno,
lentamente, il loro sviluppo. Per vedere fiorire la pianta ci vorrà molto tempo, almeno un paio di anni dopo
la semina.
Con una forbice da potare dalle lame ben pulite e affilate, si recide da una pianta adulta, sana e vigorosa,
una porzione di fusticino legnoso o semilegnoso, lunga circa 10 cm e dotata di più nodi. La talea viene
conservata per una giornata in acqua, così da mantenere i suoi tessuti ben turgidi e imbibirli di
acqua. Nel frattempo si prepara il vasetto con il substrato di crescita. Un vasetto in terracotta del diametro
di 10-12 cm è sufficiente allo scopo.
Al suo interno si dispongono, partendo dal basso, uno strato di 2 cm di materiale drenante costituito da
argilla espansa, ghiaia o semplici cocci rotti, quindi il substrato composto da un mix tra terriccio universale
(metà) e sabbia grossolana (altra metà) per garantire sofficità e drenaggio allo stesso tempo.
Prima di essere messa nel substrato, la talea deve essere privata delle foglie più basse, quindi, la
sua estremità basale viene trattata per immersione in un prodotto radicante (costituito da ormoni
rizogeni). Mantenuta in posizione semiombreggiata e calda, la talea radicherà nel giro di poche settimane.
Per la sua messa a dimora all’esterno, bisognerà aspettare la primavera successiva.