FISI-Lezione 31 - 27-05-2016 - REV
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Serbatoi II parte
Nella scorsa lezione si sono trattati i coefficienti elastici che non sono altro che dei coefficienti di
cedevolezza per le strutture curve, in generale: serbatoi, cupole, piastre circolari, anelli ecc. Questo ci
consente di applicare sostanzialmente il metodo delle forze per risolvere questi sistemi. Il metodo delle
forze consiste nel prendere come incognite le forze e assumere come equazioni le condizioni di
congruenza. Se io sostanzialmente tiro fuori dalla mia struttura, in genere iperstatica, queste forze, che
erano delle reazioni vincolari o in linea di massima sollecitazioni interne, vuol dire che ho abbassato il grado
di vincolo della struttura perché ho tirato fuori il suo duale che è una forza. La forza è l’incognita e quindi
può valere infiniti valori perché, finché la struttura che resta abbassata di grado di vincoli è isostatica,
qualunque valore assumano quelle forze, la struttura le equilibrerà sempre quindi diciamo effettivamente
che quelle sono infinite soluzioni elevato al numero di incognite iperstatiche. Quindi l’unica combinazione
tra quelle valide è quella che mi restituisce la congruenza in quanto forze più grandi/piccole violerebbero
gli spostamenti. Consideriamo, per esempio, di liberare un appoggio e di sostituirci una forza ovvero la
reazione vincolare duale. Prendere una forza più grande vuol dire che quell’appoggio invece di essere
fermo come doveva essere si sposterà in un verso o in un altro , in base
a se è più grande o più piccola la forza rispetto al valore giusto. Quando
si sposta di zero, ovvero congruente con il vincolo, allora quello è il
valore giusto. Questo è il metodo delle forze che si aggiunge appunto
alle equazioni cardinali della statica. Quello che ci mancava era capire
quanto valevano i coefficienti di cedevolezza che sono quei termini che
moltiplicati alle forze mi dicono di quanto si sposta, di quanto ruota,
effettivamente quella porzione per effetto di quella forza, infatti il
coefficiente di cedevolezza corrisponde proprio a quanto si sposta o
ruota la porzione considerata per effetto di una forza o coppia pari a
uno. Immaginiamo quindi un serbatoio fatto in questo modo (Fig. 1). Il
serbatoio lo possiamo immaginare costituito da 3 componenti: la
componente cilindrica ovvero questa specie di grande tubo al centro, la
cupola nella parte superiore e la piastra di chiusura nella parte inferiore.
In genere è più probabile che nella parte inferiore ci sia una seconda
cupola, si è preferito considerare però una piastra per visionare più
geometrie differenti considerando quindi un serbatoio abbastanza strano. Figura 1. Serbatoio
Queste 3 componenti di fatto potrebbero essere strutturalmente
indipendenti e collegate insieme. Molto spesso per le strutture metalliche il collegamento è il punto chiave,
cioè io ho più pezzi che poi assemblo insieme. Il Collegamento può essere:
Costruire il serbatoio realmente in 3 parti è un problema perché queste parti in acciaio o in qualsiasi altro
materiale necessitano di un collegamento. Se dovessi fare questo serbatoio in calcestruzzo armato il
problema non sussisterebbe perché la sua costruzione potrebbe richiedere un getto unico senza nessun
particolare collegamento. Tra le altre componenti ci sono gli anelli che sono le porzioni più sollecitate del
serbatoio. Se le sollecitazioni sono troppo elevate devo irrobustire ovvero devo fare in modo che ci sia
qualcosa che assorba le sollecitazioni stesse. Cosa ci metto? Un anello di confinamento, ovvero delle
strutture fatte sostanzialmente come in figura 2.
Chiaramente gli anelli di confinamento sono posizionati sulle sezione più
sollecitate. Un serbatoio del genere come si studia? Costruisco questa
geometria con le caratteristiche del materiale e lo studio con gli elementi
finiti. Si può, volendo procedere a mano, provare a fare qualche
ragionamento in più, applicando il metodo delle forze. Dal lembo di sopra,
per esempio, analizzando solo un lato del serbatoio, posso trovarmi in
questa situazione (Fig.3).Questa è una struttura assial-simmetrica quindi è
ovvio che ogni fetta che faccio è rappresentativa della struttura,
addirittura mi basta lo studio di mezza fetta perché la struttura gode di
assial-simmetria completa (il simboletto a farfalla in cima al disegno vuol
dire che la figura è simmetrica rispetto a quel asse). Sempre in figura 3 ho
la piastra inferiore sottoposta a quella distribuzione di carico, dovuta a una
pressione uniforme distribuita perpendicolarmente su tutte le superfici
interne del serbatoio, dove P è la pressione che voglio agisca, ovvero, la
massima pressione che mi aspetto possa presentarsi.
−𝑀1 + 𝑀2 + 𝑀3 = 0 ∑6𝑖=4 𝑀𝑖 = 0
∑3𝑖=1 𝐻𝑖 = 0 ∑6𝑖=4 𝐻𝑖 = 0
𝑊1 = 𝑊2 = 𝑊3 ; 𝜑1 = 𝜑2 = 𝜑3 ; 𝑊4 = 𝑊5 = 𝑊6 ; 𝜑4 = 𝜑5 = 𝜑6
Dove W è lo spostamento duale di H come ente cinematico. Ho scritto così le 8 equazioni che mi
permettono di ricavare univocamente le 12 incognite. Una volta che conosco ad esempio H3 con la
conoscenza del serbatoio posso valutare come va l’andamento del momento e taglio ma visto che so che
sono funzioni smorzate ai fini del progetto conoscere H3 è più che sufficiente perché tanto nel resto del
tubo avrò degli H o tagli più piccoli e dei momenti più piccoli. Ovviamente W1 chi è? Vediamone giusto
qualcuno dei W. W1 è lo spostamento dell’anello orizzontale perché l’anello si sposta in orizzontale? Si
sposta in orizzontale perché l’anello è soggetto ad H1 e M1.
𝐻 𝑀1
𝑊1 = 𝑊𝑎 1 + 𝑊𝑎
L’anello è soggetto al carico? possiamo immaginare di no perché l’anello sta fuori non all’interno della
𝐻1
struttura quindi non interagisce con il carico. 𝑊𝑎 è il coefficiente dell’anello dovuto ad H1. L’anello si
sposta per una forza? SI. L’anello si sposta per una Coppia? No. E quindi sappiano che:
𝐻1 𝐻 𝑀1
𝑊𝑎 = 𝐻1 𝐶𝑎 0 ; 𝑊𝑎 = 0;
𝐻
Dove 𝐶𝑎 0 è la costante elastica dell’anello o cedevolezza C dovuta a 𝐻0 . La forza che m’interessa per la
costante elastica (ovvero per il coefficiente di cedevolezza) che sta tabellata.
𝐻3 𝑀3 2𝛼 2𝛼 2 𝑃
𝑊3 = 𝑊𝑠 + 𝑊𝑠 + 𝑊𝑠𝑃 = 𝐻3
+ 𝑀3 + ;
𝛽 𝛽 𝛽
𝐻3 𝑀3
Dove 𝑊𝑠 corrisponde allo spostamento orizzontale dovuto a 𝐻3 ; 𝑊𝑠 corrisponde allo spostamento
orizzontale dovuto a 𝑀3 ; e 𝑊𝑠𝑃 invece corrisponde allo spostamento orizzontale del serbatoio dovuto al
𝑃
Δ𝑃 della pressione. Visto che la pressione è uniforme 𝑊𝑠𝑃 = 𝛽 . Ora per i segni, se ho H3 come in figura
allora questo si sposterà verso sinistra, se ho la coppia M3 che ruota in senso antiorario si sposterà
comunque verso sinistra, se ho P che spinge in fuori si sposta sempre verso sinistra quindi sono tutti e 3
concordi. Fate attenzione che qua non posso dire che la convenzione la cambio di volta in volta perché 𝑊3
sarà uguale a 𝑊2 e 𝑊1 quindi dovranno essere espresse con la stessa convenzione, so ho scelto verso
sinistra positivo anche per gli altri dovrò prendere positivo verso sinistra. Poi dovremo chiederci 𝜑5 quanto
vale? Ovviamente è ancora del serbatoio e quindi corrispode a :
𝐻 𝑀 2𝛼 2 4𝛼 3
𝜑5 = 𝜑𝑠 5 + 𝜑𝑠 5 + 𝜑𝑃 = 𝐻5 + 𝑀5 ; 𝜑𝑃 = 0;
𝛽 𝛽
𝐻 𝑀
Dove 𝜑𝑠 5 corrisponde al contributo dovuto a 𝐻5 ; 𝜑𝑠 5 corrisponde al contributo dovuto a 𝑀5 ; e 𝜑𝑃 invece
corrisponde al contributo del serbatoio dovuto al Δ𝑃 della pressione che è uguale a zero perché la
pressione è uniforme sostanzialmente se quello fosse un palloncino non ruota si allarga solo e quindi è
zero. Facciamo un ultimo della piastra circolare, quello della cupola è parente.
Analogamente si può procedere per tutti i 12 termini che alla fine sono tutti tabellati. Ricavo, quindi tutti
gli 𝐻𝑖 e tutti gli 𝑀𝑖 e conosco le sollecitazioni negli estremi queste poi si smorzano lungo la struttura e
quindi so che nel resto della struttura ho sollecitazioni più basse. Queste le devo accoppiare con le
sollecitazioni assiali che sostanzialmente sulla cupa ci devo mettere il peso del serbatoio meno la
componente verticale della pressione che non è altro P*r dove r è il raggio. Nel tubo la componente
verticale è solo il peso proprio del tubo, nella prassi lo sforzo normale è solamente dato da H6 oppure se
vogliamo considerare l’effetto dello spostamento verticale dobbiamo entrare nel regime completo delle
piastre circolari ma è una cosa più complicata. Quindi così posso dimensionare il serbatoio.
Collegamenti
Se dispongo di più pezzi da montare come li assemblo? La conclusione più scontata è quella di usare delle
saldature. L’alternativa era quella di aggiungere delle flange, praticamente degli elementi che sporgono e
dovrò forarli e bullonarli. I collegamenti abbiamo detto che sono di vario tipo, che in certi casi mi incrociano
problemi tecnologici con problemi strutturali. Collegamento irreversibile: saldatura e
rivettatura/ chiodatura. La chiodatura la faccio a caldo (il chiodo viene riscaldato fino a 900 °C, poi
inserito nel foro e ribattuto. Raffreddandosi si accorcia e va ad essere sollecitato a trazione; i lembi uniti
rimangono tali per l'attrito che si forma tra le superfici adiacenti. L'unione a caldo è adatta a pareti di
spessore fortemente sollecitate) o a freddo ( il chiodo è messo nell'alloggiamento e ribattuto, così la
trazione è modesta, quindi pure l'attrito che si genera tra le superfici adiacenti. In questo modo l'unione è
assicurata dalla resistenza a taglio dei gambi dei chiodi, e non per l'attrito. Questo secondo metodo è
più usato per le lamiere, ed i chiodi son detti ribattini).
Il rivetto è un perno che ha una testa che si tira e praticamente quando torna indietro si espande e quindi
chiude dai due lati. Questi sono collegamenti irreversibili, che si significa? Che se dovessi un domani
smontare questa cosa devo rompere il collegamento il che è una cosa abbastanza complessa . Dissaldare si
può come togliere i rivetti ma sicuramente la struttura che rimane dopo è parzialmente danneggiata. Di
fatto la saldatura è un processo termico che tende a dare uno shock termico al materiale, l’escursione
termica abbastanza ampia provoca delle dilatazioni termiche. Se la struttura è iperstatica come facilmente
potrebbe essere, sapete che la dilatazione termica induce delle sollecitazioni, è vero che dopo aver
dissaldato la struttura si raffredda di nuovo ma se la rigidezza era diversa, un pezzo si è allungato di più,
uno di meno, quando torna indietro restano storti.
Collegamento reversibile: bullonatura. Ciò perché come detto prima il bullone lo metto e lo posso anche
togliere. La bullonatura e rivetto-chiodi sono simili perché sono collegamenti puntuali. La saldatura è un
collegamento più diffuso, chiaramente per un serbatoio in pressione la saldatura mi fa comodo perché così
sigillo tutto se lo facessi con delle flange dovrei mettere delle guarnizioni che tengano la pressione
altrimenti i fluidi in generale uscirebbero. C’è però una differenza perché la saldatura e parzialmente la
chiodatura generano anche un incastro nel senso che i due pezzi che sto collegando sono incastrati tra
loro la bullonatura questo incastro non lo genera e questo è un bel problema. Perché non genera questo
incastro? Quindi l’effetto strutturale è legato a un problema tecnologico perché quando metto i bulloni
devo usare una tolleranza. Cos’è una tolleranza? Una tolleranza consiste nel fatto che il foro per il bullone
non deve avere esattamente lo stesso diametro del bullone perché altrimenti non lo si metterà mai. Ciò
perché un minimo di errore fa si che il bullone non entra più, si usano quindi le tolleranze. Le tolleranze
consentono di fare il diametro del foro più grande del diametro del bullone. Ovviamente ci saranno
standard di più tipi ma quello strutturale, quello che si usa in campo civile, vuole che fino al bullone di
diametro 20 il foro è un millimetro più grande del diametro del bullone. Superato il diametro 20 il foro è un
millimetro e mezzo più grande del bullone. Il foro più grande mi garantisce la costruibilità, ovvero, che
effettivamente riuscite ad infilare questo bullone, purtroppo, non vi garantisce più il vincolo, perché
avendo un gioco nascono dei problemi strutturali che vedremo nelle verifiche dei bulloni. Ciò fa sì che vi
sia una possibilità di spostamento. Se il vostro collegamento ha una possibilità di spostamento, voi dite
vabbè si sposta di un millimetro, ma se abbiamo detto che lavoriamo in piccoli spostamenti, se un
vincolo si sposta di un millimetro, diciamo che si è spostato e quindi è come se il vincolo non ci fosse. Non
ragioniamo su grandi spostamenti, non facciamo macchine o robotica. Quindi quel gioco di fatto ci
annulla l’effetto vincolo e fa si che l’incastro diventi una cerniera o meglio al limite tende a
una cerniera. Sarà sempre una cerniera con una molla, nel senso che il
bullone non ruota liberamente ma ha un certo contrasto nel ruotare, però
di fatto ruota. Il gioco, che quindi è necessario alla costruibilità, generà una
piccola complicazione che affronteremo nel progetto, infatti, se devo
Figura 6. Travatura con studiare degli schemi strutturali, che vincolo considero? un incastro o una
collegamenti a incastro. cerniera? Tenderò a mettere delle cerniere. Questo che ripercussioni avrà?
Ora questa bullonatura genera una cerniera e ad un certo punto, anche se sembra un vincolo meno
stringente potrebbe farmi stare la struttura meglio di come in realtà sta. Cosa significa? Significa che per me
a un certo punto la struttura diventa , come si dice in gergo, pendolare cioè, se io non metto una forza, o un
carico o qualcosa sul pendolo, agisce in modo tale che se teso e compresso è soggetto solo a sforzo
normale. infatti non avendo nulla lungo il pendolo: io ho due vincoli alle estremità che mi dicono momento
flettente nullo: non avendo altre azioni esterne il momento sarà costante se le boundary condition mi
dicono che è nullo, vuol dire che è ovunque nullo e che quindi la derivata è nulla ovunque. Un pendolo non
può avere taglio ma solo sforzo normale, purché non è caricato, infatti negli esercizi un pendolo senza
carichi è un vincolo; se però ci abbiamo messo un’azione allora non è più un vincolo ma diventa
una porzione di struttura, diventa un'altra
struttura che avrà due cerniere. Che il
𝑁
pendolo è solo teso o solo compresso Figura 17 𝜎=
𝐴
significa che se io vedo in una sezione
trasversale cosa accade, mi accorgo che
ho uno sforzo pari a N/A (figura 17), se
putacaso non è più una cerniera ma
diventa un incastro succede che non è più
vero che il momento è nullo perché i
vincoli alle estremità, ovvero le condizioni al contorno mi dicono che c'è una coppia a sinistra e a destra.
Quindi a quello sforzo normale io
aggiungerò una coppia. Questo significa Figura 18
𝑁
che avrò una porzione dove la sigma si 𝜎=
𝐴
aggrava e una si sgrava: sostanzialmente
le sigma potrebbero essere più grandi di
quelle che sto considerando, (figura 18).
Se voglio fare una bullonatura devo avere
tutte cerniere per cui i telai non posso
farli come rettangoli, per cui la mia
struttura deve essere a base triangolare
perché il triangolo incernierato è la struttura isostatica: il modulo minimo, è il mattoncino lego con cui
costruisco tutto. Devo fare in modo da avere delle cerniere perché se a un certo punto mi escono gli
incastri, io calcolo una cosa e ne costruisco un altra e il mio calcolo è completamente fantasioso.
Bullonatura uguale cerniera perché il gioco foro/bullone fa si che esista il gioco e quindi è una cerniera,
però di errori ne posso fare molti. Chi progetta strutture metalliche deve essere molto più esperto di chi
progetta strutture in calcestruzzo armato. Nel centro commerciale l’ingegnere poco esperto lo vedete
subito, se la struttura vibra troppo, è progettata male, no nel senso che crolla, ma progettata con una
filosofia da pura resistenza, ovvero che verifichi solo che non crolli. Ma questo significa progettare male
come anche sbagliare i vincoli perché magari non prevedo lo spostamento ma in realtà ruota e quindi poi si
generano errori a catena. Nei progetti in calcestruzzo io faccio getti, quindi alla fine ho un incastro
perfetto, l’unico limite è che non ho delle betoniere infinite quindi non riuscirò mai a fare un intero edifico
completamente tutto in un giorno però con le riprese di getto (dove finisce un getto ne faccio un altro il
giorno dopo) alla fine sostanzialmente di fatto ottengo continuità, almeno che non passa un anno e quella
superficie si altera, fa presa, si chiude e diventa non porosa per cui il getto successivo non fa più presa. Nel
nostro caso abbiamo pezzi sconnessi e dobbiamo collegarli. Come li collego? Bullono?
1. PROBLEMA: immaginate di avere una trave da destra, una trave da sinistra e una da sotto e i
bulloni stanno dentro. Riesco a infilare la mano e infilare il bullone? Ci sono dei casi in cui chi
progetta sulla carta non pensa che quella struttura ha un suo volume
e quindi se qualcuno mi dice che ci deve stare un bullone, ma non ho
spazio per il foro, il bullone non ce lo mette nessuno.
2. PROBLEMA: ho un profilo fatto come in figura 19 e decido di
bullonare. Provo a mettere i bulloni e mi accorgo che quando infilo il
secondo bullone non entra proprio perché ci sta un ingombro.
Classico errore sugli angolari. Sulla carta ci stanno ma dopo che ho Figura 19
messo il primo l’altro non entra più. In quel caso o rimandano tutto
indetro o non mettono i bulloni, poi non ci si deve meravigliare se crolla. Peggio ancora quando il
bullone è completamente inaccessibile.
Per avvitare i bulloni si devono usare le chiavi dinamometriche perché esistono le coppie di serraggio, nel
senso che io devo stringere il bullone con una certa coppia. Sostanzialmente un bullone (figura 20) è
costituito da una testa e un gambo con una filettatura con certo passo standard e un dado a testa
esagonale e vengono impiegate delle rondelle dette anche rosette per due motivi, il primo per aumentare
l’area di contatto tra la testa e la trave, l’altro, se devo lavorare per attrito, aumenta l’uniformità appunto
dell’attrito, in genere un bullone lavora più per attrito che per taglio. Se immaginate un bullone, si fa la
verifica e si nota che lavora molto
male, invece accoppiati, gli
elementi lavorano insieme e non
come uno spinottino che sta
tirato a destra e a sinistra.
3. PROBLEMA: Non bisogna solo avere lo spazio fisico perché i bulloni entrino, ma anche la tolleranza
giusta. Un altro problema è questo: il grado di precisione della struttura. Se ho una struttura in
muratura con pietre o blocchi di tufo io che devo progettare dirò: fai un muro di 30 cm-40 cm ma
se dico fai un muro di 30.6 cm voi dovete considerare che già la pietra sarà 28 o 32, quindi il grado
di precisione deve essere compatibile con il materiale. Se io ad esempio faccio un progetto di una
muratura, non userò mai una misura in millimetri ma in centimetri se la fate in metri ancora meglio,
se faccio un muro di 300 mm avete scritto la stessa cosa ma tecnicamente non è la stessa cosa.
Perché 0.30 significa che il grado di precisione sarà 0.30 0.40 0.35 se metto i millimetri mi aspetto
che qualcuno controlli che non è 301. La tolleranza è una percentuale della misura che sto dando.
Quindi una struttura in muratura la progetto in metri, potrei fare anche centimetri, strutture in
calcestruzzo in metri è troppo grezzo, devo usare misure in centimetri, non ha più senso il
millimetro perché dire che una trave è larga 300 mm vuol dire che qualcuno deve essere abile a
evitare che sia 297,5mm; ma una trave fatta di calcestruzzo, fatta in un cantiere, è chiaro che non
sarà mai perfettamente 300 mm. Questo non è per dire che sono cose fatte male, ma è per dire che
io in quel contesto devo essere cosciente di quello che ottengo, questo rientra nei coefficienti di
sicurezza, nei metodi probabilistici, con questo non voglio dire che nei cantieri non si è precisi, ma
la qualità consiste anche nell’essere coscienti della tolleranza e degli errori che mi posso attendere.
Se faccio una struttura in acciaio, è singolare se la faccio con unità di misura in centimetri perché se
io vado col centimetro e poi ho un foro che va al millimetri è sicuro che quando vado a costruire
non mi troverò mai.
Immaginate che si costruiscano dei ponti a conci
(figura 21), Io costruisco due pile e vado a sbalzo con
dei tratti con precompresso. Praticamente prendo un
blocco di 3 metri ci metto delle barre che pretendono e
me lo attacco tra una pila e l’altra e faccio crescere così
la struttura. Ci hanno messo anni a sviluppare questa
Figura 21. Bozza di un ponte a conci.
tecnologia perché, ovviamente, quando ho un ponte di
50 metri che deve combinarsi con l’altro ponte di 50 metri si avrà una tolleranza che può variare anche di
30 centimetri cioè è folle pensare che parto con un mensolone lungo 30 metri e mi trovo con un foro nell’
altro e ci metto una barra e chiudo. Se sto nella fascia di un metro a destra e a sinistra vado bene perché
sono delle tecnologie che si basano sulle ipotesi che ci sia un errore di connessione di (ad esmepio) 1
metro e arrivare a 1 metro vuol dire davvero essere bravi perché ci vogliono sistemi controllati, sistemi di
controllo continuo. Ma lì sono cosciente che il giunto deve reggere un errore tale, quindi in pratica io
progettista devo essere cosciente della possibilità di errore e non dare la colpa a chi costruisce. Io
progettista sono peggiore dell’ esecutore se non tengo conto dell’errore che mi posso attendere se
progetto immaginando che un ponte che sta in mezzo al mare , abbia tolleranza del millimetro!
Quindi abbiamo parlato di errori relativi all’ inaccessibilità, bullone non inseribile, nel senso che non c’è lo
spazio per inserirlo, la tolleranza è coerente in modo tale che quando faccio il progetto un minimo di
tolleranza in millimetri bastano perché se progetto con tolleranza del centimetro devo fare un foro che è
largo un centimetro in più del bullone ma il bullone è qualche millimetro quindi ci ballerebbe dentro,
bisogna essere congruenti. Passiamo ora agli errori strutturali concettuali.
Piastra
Coprigiunto
Figura 23. Nella prima foto una bozza dello schema di due travi HE collegate da 2 coprigiunto e due piastre, ove si mettono in
evidenza le viti con delle piccoli croci. .Nella foto a lato si riporta un collegamento reale con bulloni e piastre coprigiunto.
La testa del bullone non può andare sullo sguscio perché Sguscio
altrimenti entra tutto storto. Anzi se lo stringo già capite che si
inflette, questo bullone che è dritto incomincia a incurvarsi solo
perché sto stringendo.
Piastre
Figura 33. Due viste frontale e in sezione di una coppia spuria nel collegamento a fazzoletto.
normale, non è a metà dell’ altezza di questo perché presenta delle ali sotto che lo rendono
eccentrico quindi il baricentro è molto più spostato in basso. Se io non metto i bulloni nel
baricentro ottengo una coppia perché praticamente mi fa ruotare la struttura.
Il braccio che si genera, determina la formazione di una coppia, perché la forza nell’elemento
d’acciaio cammina sotto e nel fazzoletto cammina più sopra quindi quel braccio genera una coppia.
Di nuovo i bulloni sono soggetti non più a trazione e taglio ma a delle flessioni strane, il rischio che
questi saltino è altissimo. Ancora una volta queste potevano sembrare simmetriche però il
problema non ce l’ho più in questo piano ma in un altro piano dove ho tutte coppie spurie. Una
struttura progettata bene per l’imponderabile avrà sempre qualche minima eccentricità ma
almeno faccio in modo che siano proprio quelle che non potevo controllare. Non vi ho ancora
scritto una equazione, le equazioni sono semplici formule, tutto sta nel comprendere quello che
succede sul campo quindi è necessaria prima una fase di studio teorico. Per fortuna le
bullonature classiche sono state controllate in laboratorio e quindi sui manuali
trovate come collegare varie cose e in che modo. Però se nel nostro caso non va
bene una bullonatura standard dovete fare voi questi
ragionamenti.
Bullonatura ad attrito
La bullonatura ad attrito si fa con una classe di bulloni a resistenza più alta proprio perché il bullone deve
essere preteso per tenere schiacciati i piatti, (termine tecnico che può
riguardare qualsiasi materiale tenuto insieme dai bulloni non per forza
i piatti d’acciaio). Questi elementi mantenuti vanno tenuti T
precompressi quindi la coppia di serraggio è ancora più importante,
più grande come numero e funzionano così. Io ho per esempio 3
elementi (così evitiamo l’eccentricità) (vedi figura 36). Io ho una forza
nel bullone. Quanto è la massima forza che posso dare? È per esempio
il 90% della forza di snervamento. Se il bullone snerva, si allunga in
Figura 36.
maniera libera e non va più bene. Quindi:
𝐹𝑏 = 90%𝐴𝑟𝑒𝑎𝑁𝐸𝑇𝑇𝐴 ∗ 𝑓𝑦𝑑
𝑓𝑦𝑘
Fate attenzione che: 𝑓𝑦𝑑 = 𝛾
; Purtroppo se di coefficiente per il calcestruzzo armato ce ne è uno solo,
per le strutture in carpenteria metallica (termine tecnico per dire strutture costruite in acciaio) esistono
sostanzialmente un numero enorme di gamma (10-12), per ogni verifica che faccio esce un gamma diverso
perché la resistenza dell’acciaio non è un valore unico di progetto ma dipende dal tipo di verifica che faccio,
più è critica la verifica e più mi cautelo, questo è il classico coefficiente di modello che vi ho citato l’altra
volta. È vero che voglio certezze sul materiale ma se ho anche incertezze sul modello interpretativo del
fenomeno io mi cautelo ulteriormente e quindi quel coefficiente ha anche quella valenza. L’incertezza qua
dove sta? Io immagino che succede una cosa, ma io mi aspetto anche che ne succeda un'altra. Il modello di
calcolo non è al 100% coerente con la realtà e quindi tengo conto dell’ incertezza con un coefficiente.
𝑓𝑦𝑘
Quando scrivo 𝑓𝑦𝑑 in realtà sarebbe più corretto scrivere 𝛾
e il gamma a seconda di quello che faccio
cambia.. Ovviamente questa forza diventa coppia di serraggio. Quando devo stringere un bullone la chiave
dinamometrica me la setto con un regolatore per quel valore di coppia così quando do quella coppia il
cricchetto scatta perché c’è una molla e quindi so che ho stretto bene. Se controllate un cantiere e vi capita
un operaio con una chiave inglese non va bene perché non controlla la coppia. Tutto ciò perché se io
eccedo nella coppia di serraggio il bullone mi si allenta perché snerva e si plasticizza.
𝑇 = 𝑛𝜇𝐹𝑏 𝑛𝑏
Dove T è il taglio;
Come vedete le formule sono molto semplici: il problema è capire cosa succede. Se il bullone invece è
semplice quanto vale?
𝐹 𝑇 𝑓𝑦𝑑 𝑓𝑦𝑑
𝑇= ;⟶ 𝜏 = ≤ ;
𝜇 𝐴𝑁 √3 2
𝑓𝑦𝑑 𝑓𝑦𝑑
tau è T diviso l’aria netta dei bulloni e deve essere minore uguale di se usate Von Mises, altrimenti
√3 2
se uso Tresca.
Quindi la verifica dei bulloni l’abbiamo fatta. Ma perché abbiamo diviso la forza per il numero dei bulloni?
Chi ce lo dice? In realtà è proprio un l’ipotesi che si fa, ovvero, stiamo ipotizzando che ogni bullone si becca
la stessa aliquota, non è strettamente detto ma in genere è vero. Quindi escludendo casi particolari, ci
siamo sempre posti nel caso in cui valga l’ipotesi della piastra rigida e bullone deformabile.