Galileo Galilei

Scarica in formato pdf o txt
Scarica in formato pdf o txt
Sei sulla pagina 1di 3

Nell'opera di Galileo ricorre costantemente il richiamo alla necessità di cercare la verità

tramite l'esperienza diretta e l'osservazione dei fenomeni. È un approccio opposto a


quello dettato dal "principio di autorità" secondo il quale non è lecito rivendicare alcuna
autonomia di pensiero rispetto alle opinioni dei grandi filosofi del passato.

La critica all'aristotelismo è un aspetto già maturato nella lezione di grandi pensatori


cinquecenteschi (è il caso di Giordano Bruno). Tuttavia è con Galileo che la visione laica
e scientifica del mondo acquista un impulso dirompente e rivoluzionario,
accompagnandosi al riconoscimento della centralità dell'esperienza e alla concezione
della scienza come dimostrazione e verifica.

Mentre nel medioevo e nel rinascimento la conoscenza della realtà si fonda


prevalentemente sui testi di Aristotele, le opere di Galileo contengono continui e
appassionati inviti a sviluppare un metodo preciso e rigoroso che consiste nell'applicare il
ragionamento matematico all'indagine scientifica.
Grazie a tale metodo si apre il cammino che porta dal principio di autorità al principio di
verificabilità: una teoria non è vera per il solo fatto di essere stata elaborata e sostenuta
da un'autorità (come Aristotele, San Tommaso e altri), ma perché la sua veridicità può
essere empiricamente provata.

L'unica autorità cui la scienza possa sottostare è secondo Galileo quella della ragione.
Le acquisizioni cui egli giunge non sono dimostrate ricorrendo all'IPSE DIXIT (vale a dire
al PRINCIPIO DI AUTORITÀ) ma attraverso "geometriche dimostrazioni" che ognuno può
ripetere a sua volta, verificandone la correttezza.
Tra 500 e 600 si registra infatti una visione più laica dell'attività di ricerca scientifica.
Galileo è il maggiore artefice di questo cambiamento epocale: nel suo approccio alla
realtà non esiste più una gerarchia di valori in quanto tutti i fatti e i fenomeni si pongono
all'interno di una nuova visione unitaria dell'universo, senza più le distinzioni tra mondo
celeste mondo terrestre costituivano le chiavi di lettura imposte dalla teologia e
dall'accettazione acritica dell'aristotelismo per descrivere il mondo.

Al pari di un altro grande pensatore del seicento, l'inglese Bacon, Galileo concepisce la
ricerca della verità come un cammino lungo e faticoso, una conquista disagevole ma
instabile, simile a un'avventura da vivere con pazienza e con il costante pungolo del
dubbio, che spinge a interrogare la realtà senza accontentarsi dei risultati già ottenuti.
Per dar forma a questo impegno, in modo che non rimanga nascosto, ma sia condiviso
con glia otri uomini, è necessario uno sortito nuovo anche nel comunicare.

Galileo è convinto che esista un rapporto indissolubile tra l'operosità intellettuale e la


divulgazione dei suoi frutti: la conoscenza non può essere più ristretta ad un élite di
specialisti ma più a condivisa il più ampiamente possibile, in uno sforzo espressivo che
renda gli uomini partecipi e consapevoli del libro della natura di cui fanno parte.

Per questo la grande aderenza alla realtà propria della scienza di Galileo si riflette anche
nello stile delle sue opere: mentre i suoi contemporanei traggono similitudini e metafore
dai testi letterari o da bizzarre e fantasiose compilazioni sulla natura, egli le ricava
direttamente dall'osservazione della realtà. Ciò non significa che rinunci agli strumenti
retorici tipici della cultura del suo tempo, ma che questi non si presentano più come
vezzo artistico, ma come strumento finalizzato a sostenere le idee in modo efficace.
Uno sconvolgimento così rivoluzionario come è quello portato dalle teorie cosmologiche di
Galileo si deve ad un procedimento sperimentale, che fa convergere in un'unica direzione
la scienza e la tecnica o, se si preferisce, la teoria e la pratica: sono le osservazioni
astronomiche che Galileo compie mediante l'uso del cannocchiale a permettere di
confutare l'opinione comune, secondo cui tutti i pianeti e corpi celesti, ad eccezione delle
stelle fisse, giravano intorno alla terra.

Nelle opere di Galileo le ricerche scientifiche e le acquisizioni tecniche sono strettamente


connesse tra loro: l'elaborazione concettuale e speculativa non può rimanere su un piano
astratto ma deve sposarsi con esempi pratici e risultati verificabili. Si può dire che per
formulare soluzioni di carattere generale occorre partire sempre dalla risoluzione di
problemi concreti. Quest'ottica pragmatica matura in Galileo durante la frequentazione
degli ambienti produttivi della Repubblica di Venezia, come l'arsenale, dove egli può
studiare le soluzioni pratiche escogitate dagli "arsenalotti", gli operai dell'arsenale, che
non sono sempre pienamente consapevoli di tutte le possibili applicazioni del loro lavoro.

Abbandonando ogni aristocratico disprezzo nei confronti nei confronti del lavoro manuale
e della attività degli artefici, cioè degli artigiani, ingegneri e architetti e scambiando con
loro informazioni, Galileo elabora un approccio assolutamente inedito allo studio della
realtà naturale.
Già a partire dal suo primo scritto, "la Bilancetta" (1586), si può notare come si interessi
all'aspetto tecnico e pratico degli esperimenti da lui condotti, assicurandosi perfino di
offrire le indicazioni necessarie affinché chiunque li possa riprodurre per conto proprio,
verificando così l'affidabilità dei risultati ottenuti.

Molti anni dopo le ricerche contenute nel suo ultimo e straordinario lavoro "i discorsi e
dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze" costituiranno l'atto di nascita di
un nuovo sapere che integra scienza e tecnica in un connubio grazie al quale un corpus
organico di teorie può essere per la prima volta applicato all'ingegneria civile e alla
scienza delle costruzioni.

FEDE E CHIESA

Galileo è credente, quindi pensa che la Bibbia non possa in alcun modo affermare cose
false. Per lui sia le scritture sia la natura promanano da Dio, quindi la fede la scienza, che
derivano necessariamente da Creatore, sono entrambe veritiere e non possono
contraddirsi a vicenda; qualora sembrassero farlo, ciò sarebbe dovuto unicamente un
errore umano nell' interpretazione dei testi sacri.

In altre parole non può esistere un contrasto tra verità scientifiche e verità rivelate dalla
Bibbia: eventuali discordanze tra le scoperte scientifiche e le posizioni dei teologi si
verificano solo a causa di un fraintendimento da parte di questi ultimi del vero significato
dello specifico passo biblico, perché i teologi non sono tutti ispirati da Dio e quindi
possono anche sbagliare.

A differenza della teologia, che è soggetta all'arbitrio degli interpreti della Bibbia, la
scienza deve attenersi meticolosamente alle rigide leggi imposte da Dio alla natura,
quindi se condotta secondo i principi che regolano quest'ultima può essere ancora più
affidabile delle scritture, o meglio delle loro interpretazioni per quanto riguarda la
descrizione e lo studio della realtà fisica.

Infatti, mentre "la Scrittura in molti luoghi è non solamente capace, ma necessariamente
bisognosa d'esposizioni diverse dalla parente significato delle parole", la natura è "una
osservantissima esecutrice de gli ordini di Dio" (dalla lettera a Benedetto Castelli), e
quindi è più pienamente comprensibile, in quanto per capirla del tutto, se si conoscono le
leggi che la governano non c'è bisogno di una interpretazione ulteriore.

D'altra parte per potersi rivolgere a tutti gli uomini la Bibbia si serve di immagini,
semplificazioni e metafore che se non adeguatamente decodificate possono ingannare i
più ingenui e sprovveduti alimentando in essi false credenze.

Proprio una lettura superficiale e distorta della Bibbia costituisce secondo Galileo il motivo
principale del rifiuto della dottrina copernicana.
Si tratta europeo si tratta di un brevissimo passo del libro di Giosuè (10, 12 -13) in cui è
scritto che Dio fermò il sole per allungare il giorno e dare agli israeliti il tempo sufficiente
per sterminare il popolo degli Amorrei. Secondo i teologi questi versetti biblici forniscono
la dimostrazione che il sole gira intorno alla terra; infatti se il sole non fosse stato in
movimento, Dio avrebbe potuto fermarlo.

Galileo contesta questa interpretazione e cerca di volgere a proprio favore l'argomento


utilizzato contro di lui. Secondo lo scienziato l'autore del testo biblico nel descrivere il
miracolo dell' allungamento del giorno ha voluto esprimersi usando termini comprensibili
a tutti, anche se non conformi alla realtà dei moti celesti. Del resto anche qualora si
volesse ritenere che quel passo sia la dimostrazione del moto del sole p, Esso sarebbe
comunque in contrasto con la cosmografia tolemaica, accettata dalla chiesa, perché nel
sistema di Tolomeo la lunghezza/durata del giorno non dipende dal movimento del sole
ma da quello del "primo mobile" (uno dei cieli della cosmografia tradizionale).

Quindi se per adeguare il testo delle scritture alla cosmografia tradizionale è necessario
interpretarle in un senso diverso da quello letterale allora è dimostrato che la Bibbia non
va seguita alla lettera, ma "interpretata" specie quando questa tratta questioni legate alla
descrizione del mondo. In questo modo si può capire che la Bibbia non contraddice i
risultati della scienza e che quest'ultima può svilupparsi autonomamente senza per
questo mettersi in conflitto con la chiesa.

Potrebbero piacerti anche