Democrazia Cristiana: differenze tra le versioni
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Versione delle 00:00, 30 lug 2012
Democrazia Cristiana | |
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Segretario | Alcide De Gasperi, Attilio Piccioni, Giuseppe Cappi, Paolo Emilio Taviani, Guido Gonella, Amintore Fanfani, Aldo Moro, Mariano Rumor, Flaminio Piccoli, Arnaldo Forlani, Benigno Zaccagnini, Ciriaco De Mita, Mino Martinazzoli |
Stato | Italia |
Sede | Piazza del Gesù, Roma |
Fondazione | 15 dicembre 1942 |
Dissoluzione | 29 gennaio 1994 |
Ideologia | Cristianesimo democratico, Centrismo, Cristianesimo sociale, Cristianesimo liberale |
Collocazione | Centro |
Coalizione | CLN (1944-1947), Centrismo (1947-1962), Centro-sinistra (1963-1979), Pentapartito (1980-1991), Quadripartito (1991-1994) |
Partito europeo | PPE |
Seggi massimi Camera | Template:Partito politico/seggi (massimo raggiunto nel 1948) |
Seggi massimi Senato | Template:Partito politico/seggi (massimo raggiunto nel 1948) |
Seggi massimi Europarlamento | Template:Partito politico/seggi (massimo raggiunto nel 1979) |
Testata | Il Popolo |
Iscritti | 2 109 670 (1990) |
La Democrazia Cristiana (DC) è stato un partito politico italiano di ispirazione democratico-cristiana e moderata, fondato nel 1942 ed attivo sino al 1994. Ha avuto un ruolo importante nella rinascita democratica italiana e nella costruzione europea. Esponenti democristiani hanno fatto parte di tutti i governi italiani dal 1944 al 1994, esprimendo quasi sempre il presidente del consiglio dei ministri. La DC è stata sempre il primo partito alle consultazioni politiche nazionali cui ha partecipato, con una sola eccezione, nel 1984[1].
Storia
Gli anni della guerra 1942-1945
Dopo il forzato scioglimento del Partito Popolare Italiano (PPI) da parte del fascismo nel 1926, i maggiori esponenti del PPI costretti all'esilio o a ritirarsi dalla vita politica e sociale mantennero la rete di rapporti e relazioni grazie al faticoso lavoro di collegamento di Don Luigi Sturzo che, dall'esilio londinese, mantenne viva la breve esperienza di impegno politico del partito sciolto. L'indicazione delle gerarchie ecclesiastiche di concentrare i ristretti spazi concessi dal regime fascista nell'opera educativa e l'asilo concesso ai leader del partito consentirono la sopravvivenza, e dunque una silenziosa possibilità di operare anche sotto il regime, a formazioni sociali come l'Azione Cattolica e la Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI).
Nel settembre del 1942, quando la sconfitta del regime era di là da venire, i fondatori del partito iniziarono ad incontrarsi clandestinamente nell'abitazione di Enrico Falck, noto imprenditore cattolico milanese. Parteciparono agli incontri: Alcide De Gasperi ed altri esponenti del disciolto Partito Popolare Italiano di don Luigi Sturzo, membri del Movimento Guelfo d'Azione di Piero Malvestiti e intellettuali provenienti dalle organizzazioni cattoliche, come l'Azione Cattolica e la FUCI. Tra i presenti, oltre a De Gasperi, si ricordano Mario Scelba, Attilio Piccioni, Camillo Corsanego e Giovanni Gronchi del PPI, Aldo Moro e Giulio Andreotti dell'Azione Cattolica, Amintore Fanfani, Giuseppe Dossetti e Paolo Emilio Taviani della FUCI e Giuseppe Alessi, primo presidente della Regione Siciliana. Lo stemma del nuovo partito fu lo stesso scudo crociato che era stato adottato dal PPI di don Luigi Sturzo.[2]
Partecipò ai primi incontri di fondazione anche un gruppo attivo nella Resistenza, il Movimento Cristiano Sociale di Gerardo Bruni; posto su posizioni socialiste e anticapitaliste, presto si dissociò e diede poi vita a un partito autonomo di breve durata, il Partito Cristiano Sociale. A Genova, invece, i giovani del Movimento cristiano sociale si unirono ai più anziani militanti del PPI per fondare il "Partito cristiano sociale democratico", che poi, dopo un incontro di Taviani con Pella e De Gasperi, cambiò nome e divenne la sezione ligure della DC.
Un evento fondamentale da cui scaturì l'ossatura del pensiero economico del nascente partito fu la settimana di studio al monastero di Camaldoli (18-23 luglio 1943). Qui, una cinquantina di giovani cattolici promettenti si confrontarono con tre grandi economisti (Sergio Paronetto, Pasquale Saraceno ed Ezio Vanoni). Frutto del convegno fu l'elaborazione di un vero e proprio programma in 76 punti (conosciuto come «Codice di Camaldoli») che nel dopoguerra guidò l'azione della DC in campo economico.
Il partito fondato da De Gasperi visse una vita clandestina fino al 25 luglio 1943. Il governo Badoglio, pur ufficialmente vietando la ricostituzione dei partiti, di fatto ne consentì l'esistenza, incontrandone gli esponenti in due occasioni prima dell'armistizio dell'8 settembre 1943. Il 10 settembre, anche la DC partecipò alla costituzione del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), all'interno del quale il partito cercò di assumere la guida delle forze politiche più moderate, contrapponendosi ai partiti di sinistra (PCI e PSIUP). L'atteggiamento della DC, in linea con quello della Chiesa, era di evitare prese di posizione troppo nette sul destino della monarchia nel dopoguerra, e di ridurre la portata della lotta armata, ad esempio schierandosi a favore della dichiarazione di Roma "città aperta".
La partecipazione alla resistenza
A partire dal 1943 le forze democratiche organizzarono, nelle zone occupate dalle truppe nazi-fasciste, il movimento di Resistenza. Il movimento cattolico mantenne intatta la propria capillare presenza silenziosa - ma significativa - di sostegno concreto ai perseguitati ed alla popolazione. Tutti i partiti del CLN crearono una propria forza militare. La Democrazia Cristiana costituì un suo corpo di brigate partigiane, meno ideologizzate rispetto alle forze del Partito Comunista e del Partito d'Azione. Le Brigate che facevano riferimento alla Democrazia Cristiana ebbero vari nomi a seconda del territorio in cui operarono: nell'Emilia e nella bassa Lombardia si chiamarono Fiamme Verdi, in altre regioni Brigate del popolo, oppure Brigate Osoppo, od anche altri nomi a seconda della località. In Liguria, tuttavia, i rappresentanti della DC nel CLN regionale sostennero la formazione di brigate miste, non divise su base ideologica, e la necessità di un comando militare unico. I comandanti di area democristiana, come Aldo Gastaldi (Bisagno) e Aurelio Ferrando (Scrivia), guidarono brigate e divisioni garibaldine portando al collo il fazzoletto rosso. Infine, persone di orientamento cattolico si arruolarono in brigate di altro colore politico per vicinanza territoriale, amicizie personali od altre cause.
Rappresentante della DC nel Corpo dei Volontari della Libertà, che organizzava la Resistenza, fu Enrico Mattei, il quale cercò di portare sotto le bandiere del suo partito numerose formazioni "autonome" precedentemente costituite. Si calcola che su circa 200.000 partigiani armati nei giorni intorno al 25 aprile 1945, 30.000 appartenessero alle formazioni legate alla DC[3].
Le formazioni di orientamento cattolico ebbero in genere un atteggiamento prudente, sia nei confronti della popolazione (che cercarono di trattare umanamente e cercarono di non esporre inutilmente), che nei confronti degli avversari (nei cui confronti evitarono provocazioni che potessero portare a rappresaglie sulla popolazione), sia nei confronti delle formazioni partigiane di diverso orientamento politico (cercando di collaborare, nonostante momenti difficili e in alcuni casi anche scontri, apportando un contributo di equilibrio).
Tensioni tra partigiani cattolici e comunisti
Tensioni durante la guerra
Indicative dei rapporti tra cattolici e comunisti sono alcune frasi. È famosa un'espressione in uso tra i partigiani delle 'Fiamme Verdi', nelle riunioni dopo la guerra, riferentesi al tempo della guerra di liberazione: "Si discuteva, tra noi e i comunisti, con la pistola sotto il tavolo. Ma si discuteva"[4]
Giuseppe Dossetti, in una lettera a don Carlo Orlandini, comandante delle 'Fiamme Verdi (RE)', riferendosi ai partigiani di altra fede politica, si esprime così: "Imprescindibili pregiudiziali di ordine morale e politico ci impediscono di assumere ancora una volta la responsabilità di tutto quanto loro compiono sotto il titolo di lotta di liberazione."[5] Casi particolarmente gravi di tensioni furono raggiunti sul confine orientale.
Tensioni nel dopoguerra
Le tensioni continuarono e si accentuarono progressivamente nel dopoguerra, sfociando spesso in fatti di sangue. La prima parte della resistenza aveva risolto il dualismo tra le due parti in guerra guerreggiata, ma aveva lasciato irrisolto il nodo dello status dell'Italia, una volta liberata dalla occupazione straniera: democrazia e libertà o dittatura comunista? Forze filo-democratiche e forze filo-autocratiche avevano collaborato alla vittoria sui nemici esterni, ma si poneva ora il problema di chi avrebbe colto i frutti della vittoria.
Lo scontro fu subito assai duro, tra i vincitori della prima parte della resistenza, con un numero elevato di morti. I dirigenti del PCI facevano dettagliati rapporti sulla situazione all'ambasciatore sovietico, a quel tempo Mikhail Kostylev, che a sua volta riferiva al Cremlino. Il segretario del PCI ebbe uno di tali incontri il 31 maggio 1945 e l'ambasciatore riferì "Ercoli (Palmiro Togliatti), considera circa 50.000".[6] Una seconda guerra civile, a bassa intensità, tra i vincitori della prima, durò fino alle elezioni del 1948, che decisero lo scontro a favore della democrazia e della libertà, ma in alcune zone anche oltre.
La fase iniziale e costituente (1944-1948)
La Democrazia Cristiana partecipò al governo Governo Badoglio II, insieme con gli altri partiti del CLN. Dopo la liberazione di Roma, venne formato il Governo Bonomi II, (giugno 1944), durante il quale la Dc decise di partecipare alla fondazione della nuova CGIL (fusione tra la CGL, di sinistra, e la CIL, cattolica), dando vita nel contempo alle ACLI e, per organizzare i lavoratori delle campagne, alla Coldiretti. Il I Congresso Interregionale del partito nominò segretario De Gasperi. Nel dicembre 1944, il Psiup e il Pd'A uscirono dal governo, nel quale si rafforzò il ruolo di De Gasperi, che divenne Ministro degli Esteri (Governo Bonomi III). Dopo il 25 aprile, si formò il Governo Parri, nuovamente con socialisti e "azionisti", nel quale si cementò l'alleanza tra democristiani e liberali.
Nel dicembre 1945 la Presidenza del Consiglio fu assunta direttamente da Alcide de Gasperi (Governo De Gasperi I), il quale gestì le elezioni e il Referendum Istituzionale tra Monarchia e Repubblica (2 giugno 1946). In precedenza, il I Congresso della Dc aveva confermato De Gasperi nel ruolo di segretario del partito. Dopo il referendum istituzionale, il leader democristiano gestì efficacemente il trapasso dei poteri dal Re alla Repubblica (Governo De Gasperi II), lasciando la segreteria ad Attilio Piccioni. Nel gennaio 1947 il Governo De Gasperi III si caratterizzò per la riduzione del peso del Pci nel campo della politica economica.
La rottura tra partiti filo-occidentali e partiti filo-sovietici
Con il Governo De Gasperi IV 31 maggio 1947 la Democrazia Cristiana scelse la strada della contrapposizione tra partiti democratici e partiti di matrice marxista-leninista, con l'esclusione dal governo di comunisti e socialisti, ponendo fine ai governi di unità nazionale. Alla rottura si giunse dopo un lungo periodo di difficile coabitazione. La guerra per la liberazione aveva tenuto assieme culture assai differenti. Vi era un gruppo di partiti politici filo-occidentali ed un gruppo di partiti politici che guardavano al modello sovietico. La rottura era inevitabile ed avvenne nel 1947.
Peraltro l'atteggiamento di Togliatti era volto a evitare lo scontro diretto, come mostrò la sconfessione dell'occupazione della Prefettura di Milano da parte di milizie partigiane comuniste armate alla fine novembre 1947, cui parteciparono esponenti di vertici del PCI, come Giancarlo Pajetta.
Lo spettro della guerra civile
Lo spettro della guerra civile, come resa dei conti tra i due raggruppamenti usciti vincitori dalla I parte della Resistenza, aleggiò a lungo in Italia. Poco dopo la fine della guerra alcuni gruppi di Partigiani, insoddisfatti, ripresero la via dei monti, ed a fatica furono persuasi dai capi a rientrare. Nel settembre 1947 il Ministro dell'Interno Mario Scelba aveva preparato un piano di emergenza per contrastare un tentativo di colpo di stato delle sinistre.
Il 3 e il 4 dicembre 1947 la direzione della Democrazia Cristiana tenne due riunioni. I dirigenti che intervennero nella riunione furono tutti concordi nella necessità di prepararsi alla guerra civile, pur riconoscendo che essa sarebbe scoppiata solo in caso di ordini precisi da Mosca e non per iniziativa autonoma del Pci. Il dibattito si incentrò sulle forze su cui era possibile contare e sulle iniziative da prendere per contrastare un'azione armata della sinistra. Scelba e Taviani concordarono nella debolezza dell'esercito e nella necessità di rafforzare le possibilità dello stato.[7]
La rigidità gerarchica delle strutture dell'apparato comunista, in cui la decisione finale spettava sempre solo a Mosca, e la visione geopolitica valida era quella emessa dal PCUS, non lasciarono spazio a decisioni specifiche del Partito Comunista Italiano. La visione geopolitica sovietica non considerava utile una guerra civile in Italia, e quando il segretario del partito nel colloquio con l'ambasciatore sovietico del 23 marzo 1948, in vicinanza delle elezioni convocate per il 18 aprile, chiese istruzioni, la rapida risposta del Comitato Centrale Sovietico il 26 marzo fu negativa.[8]
Il centrismo
Iniziava il "centrismo", un sistema di alleanze tra la Democrazia Cristiana (DC), il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSDI), il Partito Repubblicano Italiano (PRI), il Partito Liberale Italiano (PLI), e l'affermazione della così detta conventio ad excludendum, estesa fino all'inizio anni sessanta a comunisti e socialisti e missini, e successivamente limitata ai soli comunisti e missini. Il periodo 1945-1948 fu un periodo difficile, di instabilità sociale, con frequenti disordini che le forze dell'ordine e lo stesso governo spesso non riuscivano a gestire al meglio.
Dal 1946 al 1948, la Democrazia Cristiana nell'Assemblea Costituente, partecipò alla stesura della Costituzione italiana, impegnandosi ad evitare un ritorno al passato fascista e contemporaneamente, ad evitare una strada marxista per la società italiana, pur collaborando con i comunisti ed i socialisti. Infatti la DC riuscì, quale partito di maggioranza relativa, a dialogare con tutti gli altri partiti dell'arco costituzionale, assicurando così al Paese una Carta Costituzionale ampiamente condivisa. Esempio di questo impegno è l'art. 1 della Costituzione, che nel definire l'Italia "una repubblica democratica fondata sul lavoro", evitò il riferimento tanto alla "repubblica dei lavoratori" di stampo decisamente marxista, quanto il riferimento ad uno Stato di impostazione liberal-capitalista. La base della DC era infatti interclassista.
La campagna elettorale del 1948
Alle elezioni politiche del 1948, la DC ebbe come principale avversario il Fronte Democratico Popolare, composto principalmente dal Partito comunista e dal Partito Socialista. La propaganda politica democristiana presentò la competizione elettorale come uno scontro tra libertà-capitalismo occidentale e totalitarismo-statalismo comunista. Assai rilevante fu il contributo della Chiesa, che scese in campo a favore della DC. Uno strumento importante furono i Comitati Civici, organizzati da Luigi Gedda.
Vi erano alcuni elementi che pesavano contro il Fronte:
- Il colpo di Stato in Cecoslovacchia contribuì al formarsi di un'opinione sfavorevole nei confronti del Fronte.
- Elemento pure sfavorevole al Fronte fu il ritorno dei prigionieri di guerra italiani dalla Russia.[9]
- Altro elemento sfavorevole al Fronte fu la questione di Trieste.[10]
- Ulteriore elemento sfavorevole al Fronte fu la questione degli aiuti alla ricostruzione, assai più probabili da parte anglo-americana che da parte russa.[11]
Alle elezioni politiche del 1948, la DC (che nel suo II Congresso, alla fine del 1947, aveva mostrato una notevole compattezza, evitando di suddividersi in correnti) ottenne il 48,5% dei suffragi (12.700.000 voti), assicurando così la nascita di un governo di centro, insieme a PLI, PRI e PSDI. Il Fronte Democratico Popolare, composto da comunisti e socialisti ottenne il 31% dei suffragi (poco più di otto milioni di voti). Il risultato delle elezioni del 1948 unito alla prudenza di Stalin stabilizzò la democrazia in Italia. (Il 23 marzo 1945, in imminenza delle elezioni, Togliatti aveva chiesto a Mosca istruzioni sul possibile uso dell'apparato paramilitare del PCI, ricevendo la risposta "di non attuare un'insurrezione armata in nessun modo".[12])
I Legislatura - Gli anni del centrismo degasperiano 1948-1953
In questi anni, la DC fondò governi con PSDI, PRI e PLI. I governi furono sempre guidati da Alcide De Gasperi. Primo di questi fu il Governo De Gasperi V (dopo il quale divenne segretario della Dc Giuseppe Cappi), caratterizzato da una politica moderatamente riformista (piano Ina-casa); la corrente di Giuseppe Dossetti, al III Congresso democristiano nel 1949 chiese di accelerare la politica di riforme, mentre la maggioranza degasperiana elesse segretario Taviani. All'inizio del 1950, in seguito a scontri in cui la polizia uccise alcuni manifestanti, il governo si dimise, e si costituì il Governo De Gasperi VI. Pochi mesi dopo, Gonella divenne segretario, e la corrente dossettiana, ispirandosi al laburismo inglese, ampliò la propria influenza, dando una forte spinta alle riforme (riforma agraria, Cassa del Mezzogiorno, ENI). Nel 1951 fu la volta del Governo De Gasperi VII, che segnò il ritiro di Dossetti dalla politica e la crescita del peso di Fanfani.
In questi anni la Dc risultava dipendente sul piano organizzativo dall'Azione Cattolica. Tuttavia, De Gasperi fece fallire la cosiddetta "operazione Sturzo", cioè il tentativo, appoggiato dal Vaticano, e sollecitato da Pio XII, di formare in occasione delle elezioni comunali di Roma del 1952 una lista civica aperta anche ai monarchici e all'Msi, organizzata da don Sturzo. Grazie alla mediazione di Andreotti, ben introdotto presso il Papa, De Gasperi fece fallire il progetto. Sul piano della vita interna al partito, l'evento più rilevante fu la fondazione della nuova corrente di "Iniziativa democratica" (novembre 1951), sorta sulle ceneri di quella dossettiana, ma aperta anche a persone di altra provenienza (come Taviani). Il IV Congresso della Dc (novembre 1952), vide comunque il partito compatto intorno alla proposta di riforma elettorale sostenuta da De Gasperi. Il risultato delle elezioni, però, segnò la sconfitta del progetto, in quanto la Dc e i suoi alleati rimasero, sia pure di poco, al di sotto del 50% dei voti, necessario per fare scattare il premio di maggioranza, perdendo voti più a vantaggio della destra (Pnm e Msi) che della sinistra.
II Legislatura (1953-1958) - L'avvento delle nuove generazioni
Dopo le elezioni del 1953, e un breve governo De Gasperi, (Governo De Gasperi VIII), si formò il Governo Pella, appoggiato, attraverso l'astensione, dal Pnm. Nel settembre del 1953, De Gasperi tornò alla segreteria. All'inizio del 1954, caduto Pella, si costituì il Governo Fanfani I, che non ottenne la fiducia, seguito dal Governo Scelba, che ebbe un solido appoggio dalla corrente dei sindacalisti Cisl. Contemporaneamente, il caso Montesi, discussa vicenda di cronaca nera, viene sfruttato da Fanfani, ministro degli Interni sotto Pella, per bloccare la successione di Piccioni (il cui figlio era coinvolto nella vicenda) a un De Gasperi ormai malato. Al V Congresso del partito Fanfani, con il sostegno di Iniziativa democratica, divenne segretario della Dc, mentre il partito iniziava a frantumarsi in numerose correnti (sparendo invece il vecchio centro degasperiano). Con Fanfani, la Dc sposò il principio dell'intervento pubblico nell'economia, e la necessità di rafforzare l'organizzazione, fin lì troppo dipendente da quella dell'Azione Cattolica e dal rapporto con la Confindustria. Il 19 agosto 1954, il leader storico, Alcide De Gasperi, morì.
Nell'aprile del 1955, Fanfani subì una sconfitta, quando la maggioranza del gruppo parlamentare, riunita nella cosiddetta "Concertazione", ribellandosi alle indicazioni del segretario, impose l'elezione di Giovanni Gronchi a Presidente della Repubblica. Il governo Scelba cadde poco dopo, venendo sostituito da Segni (anch'egli di "Concertazione", che si spaccò e si sciolse), sotto cui venne creato il Ministero delle Partecipazioni Statali e l'Italia partecipò alla nascita della CEE. In questa fase fu anche attuata l'estensione mutualistica e pensionistica a tutti i lavoratori, in precedenza limitata ai soli lavoratori dipendenti. La Dc conobbe una forte crescita degli iscritti, tanto che il VI Congresso (1956) segnò il momento del massimo trionfo per Fanfani. Nella primavera 1957 divenne capo del governo Adone Zoli, appoggiato dall'Msi, segno che ormai anche la destra democristiana accettava l'espansione dell'economia pubblica. I risultati elettorali del 1958 furono i migliori dell'intera storia della Dc, a parte l'irripetibile 1948 (48,51 %)
III Legislatura (1958-1963) - La spinta a superare il centrismo
Dopo il successo elettorale, Amintore Fanfani poté così formare il nuovo governo, rimanendo segretario della Dc, e occupando anche il Ministero degli Esteri. La Dc mostrò di non gradire una tale concentrazione di poteri, facendolo più volte battere alle Camere, fino a farlo cadere nel gennaio 1959 e a costringerlo ad abbandonare anche la segreteria. Al governo Fanfani fu sostituito da Antonio Segni. Queste vicende portarono alla crisi di Iniziativa democratica e alla scissione del gruppo detto dei "dorotei" (guidato da Rumor e Taviani), che elesse alla segreteria Aldo Moro, con l'appoggio delle correnti di sinistra. La Dc intanto cambiava volto, aumentando i propri iscritti nelle regioni meridionali e diminuendoli in quelle settentrionali, con le correnti trasformate più in blocchi di potere che in posizioni ideologiche.
Nell'ottobre 1959, al VII Congresso, i dorotei prevalsero di poco sui fanfaniani ("Nuove cronache"), confermando comunque Moro segretario (questi costituì una propria sottocorrente detta "morotea"). Nel 1960 si aprì una difficile crisi di governo, che portò all'assegnazione dell'incarico a Fernando Tambroni (alleato di Gronchi), appoggiato dai partiti neofascisti. Gli scontri di piazza che ne seguirono, con morti e feriti, furono sfruttati dall'ala democristiana che desiderava un accordo con il Psi per imporre un nuovo governo di Fanfani, detto "delle convergenze parallele" (in realtà si sarebbero dovute definire simmetriche...), perché sostenuto dall'esterno da Psi e Pdium.
Nel gennaio 1962 Moro stravinse l'VIII Congresso della Dc sulla base di una cauta apertura al Psi, vista come necessaria a fronte delle esigenze della nuova Italia industrializzata. Venne così costituito un nuovo governo Fanfani, con Psdi, Pri e l'astensione determinante del Psi. In quello stesso anno i dorotei ottennero anche la Presidenza della Repubblica con Antonio Segni, mentre il nuovo governo nazionalizzava l'industria elettrica e istituiva la scuola media unica. Alle elezioni del 1963 Dc e Psi si presentarono agli elettori come partiti non alleati tra loro, ma questa scelta strategica non evitò alla Dc di subire una sconfitta: il partito scudocrociato scese al 38,8%, cedendo voti a vantaggio del Pli.
IV Legislatura (1963-1968)- Il centro-sinistra
La delusione per i risultati elettorali rallentò la nascita di un governo di centro-sinistra, spingendo la Dc a costituire temporaneamente un governo monocolore presieduto dal moderato Giovanni Leone; solo nel dicembre del 1963 il Psi entrò nel governo con Moro, sostituito alla segreteria da Rumor. La politica economica del governo, però, deluse il Psi e dopo pochi mesi produsse una crisi: questa si protrasse per settimane, durante le quali il Presidente Segni si mosse in maniera autonoma, anche al di fuori dei suoi compiti istituzionali (il discusso Piano Solo), allo scopo di allontanare il Psi dal governo. Alla fine prevalse la maggioranza dei dorotei, favorevole al proseguimento dell'esperienza di governo con i socialisti, purché senza contenuti riformisti, come accadde con il Governo Moro II. In autunno, il IX Congresso, pur confermando Rumor, mostrò la debolezza della maggioranza dorotea, e la relativa forza della minoranza fanfaniana: la spaccatura del partito si fece sentire alle elezioni presidenziali alla fine del 1964, favorendo la vittoria del socialdemocratico Giuseppe Saragat.
Nel 1966 il governo entrò nuovamente in crisi, a causa del distacco di Moro dai dorotei, ma l'assenza di alternative portò alla nascita del Governo Moro III. Le principali correnti (dorotei, morotei, fanfaniani) si allearono nuovamente in occasione del X Congresso (1967), lasciando isolata la sinistra (Base e Forze Nuove), ma questa riunificazione si rivelò fragile e temporanea. Il fallimento della politica riformista favorì l'esplodere delle tensioni con il fenomeno del "Sessantotto". Del resto i risultati elettorali del 1968 furono favorevoli alla Dc e non ai socialisti e socialdemocratici unificati (PSU), segno che il centro-sinistra non era ostile agli interessi dei ceti legati alla Dc.
V Legislatura (1968-1972) - Gli anni della contestazione
Dopo le elezioni del 1968, venne formato un nuovo Governo Leone, monocolore democristiano, in attesa di definire i rapporti con i socialisti del Psu. Moro, sentendosi accantonato, uscì ufficialmente dalla corrente dorotea con il suo gruppo detto "moroteo". Soltanto nel dicembre 1968 fu possibile ricostituire il centrosinistra con la leadership di Mariano Rumor, che a sua volta lasciò la segreteria della Dc al collega di corrente Flaminio Piccoli. Nel giugno 1969, al XII Congresso, la sinistra democristiana si compattò intorno a Moro, mentre i dorotei mantennero la maggioranza solo grazie all'accordo con i fanfaniani. Poco dopo la scissione in casa socialista tra il Psi e il Psu provocò la caduta del governo, che venne ricostituito ma senza disporre di una solida maggioranza.
Le ripetute sconfitte provocarono il crollo della corrente dorotea, che si divise tra una componente guidata da Rumor e Piccoli (Iniziativa popolare) e l'altra (che riprese il nome ufficiale dei dorotei, Impegno democratico), guidata da Colombo e Andreotti. Il mese successivo venne eletto segretario della Dc il giovane fanfaniano Arnaldo Forlani, come soluzione di compromesso tra le correnti nel pieno del cosiddetto "autunno caldo", che culmina con la strage di Piazza Fontana. Il governo, entrato nuovamente in crisi, venne sostituito dal Governo Rumor III, che approvò lo Statuto dei lavoratori e la legge istitutiva dei referendum (con la speranza di abrogare la legge sul divorzio che stava per essere introdotta)[senza fonte], ma che entrò ancora in crisi a luglio. L'incarico di formare il governo fu affidato a Emilio Colombo, sotto il quale fu approvata la legge sul divorzio.
Le elezioni amministrative del 1971 mostrarono uno spostamento di voti a vantaggio dell'Msi, rendendo così la Dc incerta sulla strategia da seguire, come mostrò il fallimento della candidatura Fanfani alle elezioni presidenziali nel dicembre di quell'anno, nelle quali fu eletto Presidente della Repubblica Giovanni Leone con i voti determinanti di Msi e Pdium. Ne conseguì la crisi del governo Colombo e la nomina di Giulio Andreotti, il quale non disponeva della maggioranza: Leone ne trasse occasione per sciogliere le Camere per le prime elezioni anticipate della storia della Repubblica, alle quali la Dc si presentò come partito affidabile e contrapposto agli "opposti estremismi" (di destra e di sinistra). Il risultato delle elezioni mostrò la compattezza del voto cattolico a favore della Dc, mentre l'unico altro vincitore risultò proprio l'Msi-Dn.
VI Legislatura (1972-1976) - Di fronte all'ascesa del Pci
Dato lo spostamento a destra dell'elettorato, la Dc decise di costituire un governo senza più i socialisti, sempre con la guida di Andreotti, che portò avanti una politica fortemente inflazionistica, in una fase in cui gli scontri di piazza si fecero sempre più frequenti, con morti e feriti tra i militanti di destra e di sinistra e tra le forze dell'ordine. Nella primavera del 1973 il governo Andreotti perse quindi la maggioranza, proprio mentre doveva tenersi il XII Congresso della Dc. Al congresso si formarono tre posizioni all'incirca equivalenti: quella dei dorotei "storici" (Rumor e Piccoli), quella di "destra" (Andreotti e Forlani) e la sinistra guidata di fatto da Moro: alla fine verrà eletto un segretario considerato "forte" e autorevole, ovvero Fanfani.
Formatosi un nuovo governo di centrosinistra con Rumor, Fanfani ritenne necessario un confronto diretto con la sinistra allo scopo di mostrare l'esistenza in Italia di un potenzialmente maggioritario schieramento di centro-destra, in una fase resa difficile dall'impennata dei prezzi del petrolio. La caduta del governo, comunque sostituito da un nuovo esecutivo presieduto dal solito Rumor, spinse Fanfani e tutto il gruppo dirigente della Dc a puntare sul referendum abrogativo della legge sul divorzio, nel quale però lo schieramento cattolico fu nettamente sconfitto (maggio 1974). Nell'ottobre 1974, anche il governo Rumor cadde a causa dei contrasti tra Psdi e Psi, e la Dc scelse di costituire un governo Moro, solamente con il Pri: questo puntò tutto sul tema dell'ordine pubblico e all'inizio del 1975 presentò la cosiddetta legge Reale, che ampliava i poteri della polizia (in compenso il Psi ottenne l'estensione del diritto di voto ai diciottenni e fu istituita la cassa integrazione). La campagna elettorale delle elezioni regionali fu funestata da numerosi scontri di piazza ma il risultato non arrise alla Dc, bensì vide una grande affermazione del Pci.
A questo punto Fanfani fu messo in minoranza dal Consiglio nazionale del partito, che lo sostituì con il moroteo Benigno Zaccagnini, eletto da un'eterogenea maggioranza come soluzione temporanea. Ma a dicembre il Psi tolse il suo appoggio al governo, che si dimise; Moro costituì allora il suo quinto governo, senza più nemmeno il Pri. Il XIII Congresso (marzo 1975) fu molto combattuto: per la prima volta il segretario fu eletto direttamente dai delegati, e sia pure per pochi voti il "progressista" Zaccagnini (salutato dal canto di Bella ciao) prevalse sul "conservatore" Forlani. Poco dopo, per contrasti sul diritto all'aborto, la Dc fu messa in minoranza alla Camera, e scelse la strada delle elezioni anticipate; la Dc ottenne l'appoggio di un vasto schieramento moderato, non necessariamente cattolico (compreso Indro Montanelli che invitava a votare Dc "turandosi il naso", ma anche Umberto Agnelli candidato al Senato), permettendo alla Dc di mantenere un discreto vantaggio su un Pci in crescita, in un contesto di forte polarizzazione del voto. Tra gli eletti democristiani si notò un forte ricambio generazionale (ad esempio con la presenza di esponenti di Comunione e Liberazione).
VII Legislatura (1976-1979) -Dal centrosinistra alla solidarietà nazionale
La Dc decise di trattare con il Pci e il Psi per la costituzione di un monocolore Andreotti (detto della "non sfiducia"[13]). Nei mesi successivi l'inflazione arrivò a livelli particolarmente elevati (intorno al 20%), mentre la delusione per la tendenza del Pci ai compromessi favoriva il crescere di un forte movimento extraparlamentare (vedi Autonomia Operaia), anche con atti di violenza, e si preparava la crescita di organizzazioni come Brigate Rosse e Prima Linea, un fenomeno espresso nella denominazione di "anni di piombo".
Il Pci pretendeva a questo punto di poter concorrere alla definizione del programma di governo; una parte della Dc riteneva che fosse giunto il momento di elezioni anticipate, mentre Moro riteneva di poter concedere ai comunisti l'ingresso nella maggioranza parlamentare, senza però dare nulla in termini di definizione dell'organigramma ministeriale. La mattina del 16 marzo 1978, mentre si recava in parlamento per il voto di fiducia al nuovo Governo Andreotti IV (governo della "solidarietà nazionale"), Aldo Moro fu rapito dalle Brigate Rosse, che uccisero i 5 uomini della sua scorta. Seguirono 55 drammatici giorni in cui le Br tennero Moro prigioniero, divulgando una serie di lettere nelle quali il prigioniero sollecitava il suo partito ad accettare una trattativa, ma che furono giudicate come "estorte" e quindi da non considerarsi valide. Il 9 maggio Moro venne assassinato. Un mese dopo, un referendum sull'abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti fu bocciato dagli elettori ma con una percentuale di "sì" superiore alle previsioni, segno di una crescita della sfiducia verso il sistema dei partiti. A luglio il Pci, cogliendo questi segnali (era stato battuto anche in svariate elezioni locali), dopo aver obbligato alle dimissioni il Presidente Leone, impose l'elezione del socialista Sandro Pertini, e nel gennaio 1979 uscì dalla maggioranza. venne quindi formato il Governo Andreotti V, creato appositamente per non ottenere la fiducia e andare a elezioni anticipate, nelle quali il Pci perse voti ma a vantaggio di altri partiti di sinistra, mentre la Dc rimase poco sopra il 38%.
Dal pentapartito verso la fine
VIII-Legislatura 1979-1983
La nuova legislatura cominciò con un nuovo centro-sinistra (Governo Cossiga I, con Dc, Psdi, Pli e l'appoggio esterno del Psi). Nel 1980 si tenne il XIV Congresso del partito, che sancì la fine dell'esperienza della "solidarietà nazionale".
Arnaldo Forlani, uno dei principali artefici della nuova linea politica, venne eletto presidente del Consiglio nazionale del partito. Nuovo segretario fu il doroteo Flaminio Piccoli, che batté il candidato della sinistra Zaccagnini, sostenuto anche dagli andreottiani («area Zac»). Ad aprile il Psi entrò a far parte del governo (Governo Cossiga II), ma in seguito scoppiarono polemiche su una possibile protezione accordata da Cossiga a Marco Donat Cattin, esponente di Prima Linea e figlio del leader di "Forze Nuove"; il 2 agosto un terribile attentato (strage di Bologna) sconvolse l'opinione pubblica e a settembre Cossiga si dimise; Forlani lo sostituì (Governo Forlani). Nel maggio 1981, il referendum sull'aborto fu vinto dal NO ancora più nettamente di quello del 1974 sul divorzio.
Dopo la sconfitta Forlani si dimise da premier, anche perché alcuni esponenti del governo erano stati coinvolti nel caso P2, mentre le Brigate Rosse continuavano a colpire. Per la prima volta dopo 36 anni la Dc accettò di lasciare la guida del governo, appoggiando il Governo Spadolini I, guidato dal segretario del Partito repubblicano. Espressione del possibile rinnovamento e modernizzazione della Dc apparve allora un esponente dell'"area Zac", Ciriaco De Mita, che appariva come un leader più energico e determinato rispetto agli altri leader di corrente. De Mita vinse il XV Congresso (maggio 1982), venendo eletto segretario con il sostegno di alcuni settori della borghesia imprenditoriale[14]. Il governo cadde nell'estate 1982, per contrasti tra Dc e Psi, ma fu seguito dall'analogo Governo Spadolini II, durato però solo pochi mesi. Ancor meno durò il Governo Fanfani V, dopo il quale si andò a elezioni anticipate, nelle quali la Dc perse circa il 5% dei voti, a vantaggio degli altri partiti della coalizione di governo, e riducendo il proprio vantaggio sul Pci a soli 3 punti percentuali.
IX Legislatura - Dal 1983 al 1987
La Dc lasciò la guida del governo al leader socialista Craxi (Governo Craxi I), il primo Presidente del Consiglio della Repubblica appartenente al Psi, mentre nella Dc si confrontavano la posizione di De Mita, più competitiva con i socialisti, e quella di Andreotti, più propenso alla collaborazione. Nonostante la sconfitta elettorale, De Mita vinse anche il XVI Congresso del partito (1984), ma con uno scarto ridotto rispetto al previsto (ufficialmente, infatti, tutti i capi corrente sostenevano De Mita contro l'altro candidato, Vincenzo Scotti). Le elezioni europee del 1984 videro il sorpasso del Pci sulla Dc, sia pure per lo 0,36%, tuttavia il Psi di Craxi apparve come il più deluso dall'esito elettorale. L'anno dopo, comunque, alle elezioni regionali, la Dc apparve in lieve recupero mentre il Pci perse voti; il successivo referendum sul meccanismo della "scala mobile", fu vinto dallo schieramento governativo, apparendo quindi più una vittoria di Craxi che della Dc.
Nel 1985 De Mita ottenne comunque un successo: la Presidenza della Repubblica per Francesco Cossiga, votato anche dal Pci, mentre il suo alleato-rivale Craxi ricavò grande popolarità dall'atteggiamento di fermezza nel caso del sequestro della nave Achille Lauro. Nel 1986, la gestione De Mita iniziò ad essere contestata da una parte della borghesia, che in teoria ne doveva essere la beneficiaria (inchieste su Il Giornale di Montanelli). Comunque, il segretario viene rieletto dal XVII Congresso, ma con un Consiglio nazionale a lui poco fedele, a parte l'area guidata da Benigno Zaccagnini. Intanto Craxi, più volte battuto in Parlamento dai "franchi tiratori" Dc, si dimise, facendo in modo però di favorire la propria rinomina da parte di Cossiga. Nel febbraio 1987 anche il Governo Craxi II entrò in crisi. Uscito di scena Craxi, venne costituito il Governo Fanfani VI, un monocolore Dc, al solo scopo di non ottenere la fiducia delle Camere e andare così a elezioni anticipate, anche per allontanare la celebrazione di alcuni referendum. Le elezioni confermarono le difficoltà della Dc (34%), ma al tempo stesso mostrarono la debolezza del Pci e la relativa forza di uno schieramento di sinistra moderata che faceva perno sul Psi (salito al 14%).
X Legislatura - Dal 1987 al 1992
Poiché Craxi e De Mita si paralizzavano a vicenda, Cossiga affidò l'incarico di formare il governo a Giovanni Goria, esponente minore dell'area Zaccagnini. Per la prima volta in un governo Dc non comparvero esponenti del Veneto "bianco", proprio mentre stava prendendo piede nel Nord-Est il "leghismo". In autunno, si tennero con successo i vari referendum presentati da uno schieramento alleato al Psi (radicali e verdi). Mentre aumentava il debito pubblico, per la prima volta Ciriaco De Mita accettava l'incarico di guidare un governo, che si insediò nell'aprile 1988. Il Governo De Mita iniziò a pensare a una nuova legge elettorale (premio di maggioranza alla coalizione vincente), con la consulenza di Roberto Ruffilli, il quale però fu ucciso il 16 aprile da un commando delle Brigate Rosse[15]. La nuova legge elettorale non si fece; comunque la maggioranza operò una modifica ai regolamenti parlamentari per ridurre il peso dei "franchi tiratori".
Nel febbraio 1989 si tenne il XVIII Congresso della Dc, nel quale si formò una maggioranza ostile a De Mita (il "grande centro" e gli andreottiani), che elesse segretario Arnaldo Forlani; alcuni esponenti del partito, peraltro, sostenevano l'irregolarità delle votazioni a livello di sezione. De Mita comunque mantenne una posizione antagonistica verso Craxi e i repubblicani, ma a maggio fu costretto a dimettersi. Nel giro di tre mesi non era più né segretario del partito né capo del governo. Dopo la sua uscita di scena venne formato il Governo Andreotti VI, sotto il quale peggiorarono le finanze pubbliche. Alle elezioni regionali del 1990 ottennero un grande successo la Lega Nord ed altri movimenti con base territoriale. Subito dopo Mario Segni, fino ad allora semplice deputato, si pose alla testa di un movimento che si proponeva di modificare le leggi elettorali per via referendaria. Di fronte a questi risultati il Presidente Cossiga iniziò a criticare l'immobilismo della Dc, con cui entrò in sempre più frequenti polemiche.
Nel 1991 si formò il Governo Andreotti VII. Il 9 giugno venne votato il referendum proposto da Segni (e avversato da Craxi), in seguito al quale Cossiga invitò il Parlamento a effettuare riforme istituzionali, senza che la proposta avesse seguito. Alle elezioni del 1992, la Dc scese al di sotto del 30% dei voti, persi soprattutto a vantaggio della Lega Nord.
XI Legislatura - Dal 1992 al 1994
Dopo la sconfitta elettorale, la Dc si impegnò nell'elezione del Presidente della Repubblica, essendosi Cossiga dimesso anticipatamente. Durante le votazioni, fu ucciso il noto magistrato antimafia Giovanni Falcone. Sostenendo che in tale grave condizione si dovesse votare un candidato "istituzionale", venne eletto il Presidente della Camera Oscar Luigi Scalfaro, magistrato, membro della Camera fin dall'Assemblea costituente. Scoppiato il caso Tangentopoli, la Presidenza del Consiglio fu affidata a Giuliano Amato del PSI, sotto il quale proseguì la crisi economica. Alle elezioni amministrative di autunno la Dc subì un crollo, dopo il quale Arnaldo Forlani rassegnò le dimissioni.
Fu eletto nuovo segretario Mino Martinazzoli. Con il Governo Ciampi, la crisi divenne irreversibile, anche per l'introduzione di una nuova legge elettorale. Il 16 gennaio 1994, Martinazzoli annunciò lo scioglimento del partito e la sua trasformazione in Partito Popolare Italiano, mentre una minoranza cattolico-liberale formò il Centro Cristiano Democratico.
Le correnti interne alla DC
Le prime tendenze
- Degasperiani, poi Politica popolare: era il gruppo di politici, prevalentemente provenienti dall'ex PPI, più vicino ad Alcide De Gasperi. Con l'avanzata dei dossettiani (vedi), divenne corrente effettiva, guidata da Attilio Piccioni. Ne facevano parte Mario Scelba, Umberto Tupini, Angela Maria Guidi Cingolani, Raffaele e Maria Jervolino, Pietro Campilli, Giuseppe Spataro, Salvatore Aldisio, Bernardo Mattarella ed il giovane Giulio Andreotti.
- Vespa o vespisti: area di destra nel periodo degasperiano, formata da ex PPI moderati, come Stefano Jacini, ed elementi vicini ai ceti agrari meridionali e alla Confindustria. Leader della corrente era Carmine De Martino. Assunsero tale nome dal luogo di fondazione, il Vespa Club di Roma.
- Politica sociale o gronchiani: eredi della sinistra dell'ex PPI, il leader era Giovanni Gronchi. Ne facevano parte Giuseppe Rapelli, Piero Malvestiti, Domenico Ravaioli, Achille Grandi e Fernando Tambroni. La corrente andò esaurendosi nel corso degli anni cinquanta e gli esponenti s'indirizzarono verso le altre tendenze interne.
- Cronache sociali o dossettiani: Cronache sociali fu fondata dall'omonima rivista, nell'estate 1946, e durò sino all'estate del 1951 quando si sciolse nella nuova corrente di Iniziativa democratica. Capo della corrente era Giuseppe Dossetti, che in seguito avrebbe lasciato la politica per la vita monastica. Ne erano esponenti molti membri dell'Assemblea costituente, come Amintore Fanfani e Giorgio La Pira, più intellettuali cattolici quali Giuseppe Lazzati e Achille Ardigò. Poiché molti suoi militanti erano docenti universitari, prevalentemente all'Università Cattolica di Milano, era detta anche la corrente dei professorini.
- Iniziativa democratica: Il 18 novembre 1951, dall'omonima rivista, fu fondata Iniziativa Democratica, la prima vera corrente strutturata della DC. Questa componente nacque dopo l'addio alla politica da parte di Giuseppe Dossetti; essa mise assieme non solo elementi provenienti dall'area ex-dossettiana di Cronache sociali (quali Fanfani, Moro e Rumor), ma anche esponenti del centro degasperiano (come Taviani e Scalfaro). Iniziativa democratica fu lo strumento attraverso cui la cosiddetta seconda generazione democristiana si affermò all'interno del partito e delle istituzioni. Il principale leader della corrente fu Amintore Fanfani, che al congresso del 1954 fu nomianto Segretario politico anche grazie al sostegno di De Gasperi. Il 9 marzo 1959 di fatto la corrente si sciolse perché la maggioranza dei suoi esponenti, riuniti presso il convento di Santa Dorotea a Roma, mise in minoranza Fanfani; da questa scissione nacquero due nuove componenti: Nuove Cronache, che faceva riferimento alle posizioni dell'ex-Segretario, e i Dorotei, che guidarono il partito nel corso degli anni sessanta e nei primi anni settanta su posizioni moderate.
Lo strutturarsi delle correnti
- Dorotei: il gruppo nacque il 9 marzo del 1959 dalle ceneri di Iniziativa Democratica e guidò il partito nel corso degli anni sessanta e nei primi anni settanta su posizioni moderate.
- La Base: corrente di sinistra, fondata nel 1952 da ex dossettiani fuorusciti da Iniziativa democratica. Ne facevano parte molti esponenti del mondo economico, quali Ezio Vanoni, Giorgio Bo e Giovanni Marcora. Fu sostenuta da Enrico Mattei, presidente dell'Eni, e poi dal suo successore Eugenio Cefis. Afferivano a questa tendenza anche la sinistra fiorentina di Nicola Pistelli e la sinistra veneziana di Vladimiro Dorigo. Più recentemente, vi appartenevano Luigi Granelli, Giovanni Galloni e Ciriaco De Mita. Disponeva di un periodico, Politica, edito a Firenze.
- Forze sociali, poi Rinnovamento democratico, infine Forze Nuove: corrente della sinistra sindacale, vicina alla CISL. Ne fu capo Giulio Pastore. Nacque nel 1953. Ne facevano parte Renato Cappugi, Bruno Storti, Livio Labor, Carlo Donat-Cattin, che succederà a Pastore; più recentemente, Vittorino Colombo, Guido Bodrato, Franco Marini. In occasione del Congresso DC del 1956, alla corrente si associarono le Acli ed essa assunse il nome di Rinnovamento democratico. Infine, prese il nome di Forze Nuove.
- Primavera: corrente della destra democristiana, fondata nel 1954 da Giulio Andreotti. Ne facevano parte Franco Evangelisti, Vittorio Sbardella, Salvo Lima e Paolo Cirino Pomicino.
- Nuove cronache: corrente di sinistra fondata nel 1959 da Amintore Fanfani. Ne facevano parte Ettore Bernabei, presidente della RAI, Giampaolo Cresci, Lorenzo Natali, Arnaldo Forlani, Giovanni Gioia, Franco Maria Malfatti, Ivo Butini, Clelio Darida, Gian Aldo Arnaud, Gianni Prandini.
- Centrismo popolare, poi Forze libere: corrente della destra democristiana, che si poneva in continuità con il centrismo degasperiano, guidata da Mario Scelba. Ne facevano parte Franco Restivo, Oscar Luigi Scalfaro e Giovanni Elkan.
- "Proposta"o "i cento": corrente della destra democristiana nata nel 1977 detta dei cento poiché nacque con la firma di un documento con il quale si chiedeva al partito di abbandonare la linea politica portata avanti dal segretario Benigno Zaccagnini e di chiudere, contrariamente alla linea intrapresa (e che andava in direzione del cosiddetto "compromesso storico"), qualsiasi apertura nei confronti del Partito Comunista Italiano. Ne facevano parte Oscar Luigi Scalfaro (uscito da centrismo popolare durante lo scioglimento della corrente),Mariotto Segni, Severino Citaristi, Giuseppe Zamberletti, Bartolo Ciccardini ed un altro centinaio di esponenti democristiani.
- Amici di Moro, o morotei: la corrente, piccola ma influente, di Aldo Moro. Si scisse nel 1968 dalla corrente dorotea, attestandosi su posizioni progressiste. Esponenti erano Benigno Zaccagnini, Tina Anselmi, Maria Eletta Martini, Tommaso Morlino, Luigi Gui, Leopoldo Elia, Bernardo Mattarella, Sergio Mattarella.
- Ponte, o pontieri: corrente staccatasi dai dorotei nel 1967 e capeggiata da Paolo Emilio Taviani. Ne facevano parte Remo Gaspari e Adolfo Sarti. In occasione del Congresso del 1973, riconfluì nella corrente dorotea.
- Nuova sinistra: piccola corrente staccatasi dalla Base, guidata da Fiorentino Sullo e Vito Scalia.
- Iniziativa popolare: corrente formatasi nel 1969 dalla scissione del gruppo doroteo. La corrente era guidata da Mariano Rumor e Flaminio Piccoli. Ne facevano parte Giovanni Spagnolli, Mario Ferrari-Aggradi, Antonio Gullotti, Antonio Gava. Negli corso degli anni settanta, si ricompattò a Impegno democratico.
- Impegno democratico: l'altro troncone del gruppo doroteo, unitosi con la corrente di Giulio Andreotti. Ne facevano parte lo stesso Andreotti, Emilio Colombo, Franco Evangelisti, Salvo Lima. Nel corso degli anni settanta, si ricompattò a Iniziativa popolare.
- Area Zac: corrente di sinistra che sorse in occasione del Congresso DC del 1980, raccogliendo ex morotei, la Base e fuoriusciti di Forze Nuove, come Guido Bodrato. Sosteneva la candidatura alla segreteria e la linea politica di Benigno Zaccagnini.
- Corrente del golfo: corrente fondata da Antonio Gava e formata principalmente dagli esponenti meridionali del partito, tra cui figurano Enzo Scotti e Paolo Cirino Pomicino
- Preambolo: gruppo di correnti moderate che si presentò al Congresso DC del 1980 a sostegno della candidatura a segretario di Flaminio Piccoli. Ne facevano parte i dorotei dello stesso Piccoli e di Antonio Bisaglia, Primavera di Andreotti e Forze Nuove di Carlo Donat Cattin.
- Alleanza popolare: grande centro doroteo fondato nel 1989. Ne facevano parte i dorotei di Antonio Gava e Flaminio Piccoli e gli amici di Arnaldo Forlani. Alleanza Popolare viene a rappresentare il cosiddetto Grande Centro della Democrazia Cristiana, accanto alla sinistra di Base di Ciriaco De Mita, alla corrente Primavera di Giulio Andreotti, a Forze Nuove di Carlo Donat Cattin ed a quanto rimane del seguito di Amintore Fanfani.
L'ultimo Congresso Nazionale
Nel 1989 si svolse all'Eur, a Roma, l'ultimo congresso DC che vide la sostituzione alla segreteria di Ciriaco De Mita con Arnaldo Forlani con l'85% dei voti, e la creazione di un nuovo Consiglio Nazionale di 180 membri (160 elettivi più 20 donne cooptate) ripartito in 5 correnti:
- Alleanza Popolare (Grande centro "doroteo": area Forlani-Gava-Scotti) - 67 (37,22%)
- La Base (sinistra) - 63 (35%)
- Primavera (andreottiani) - 31 (17,22%)
- Forze nuove (Donat-Cattin) - 14 (7,78%)
- Nuove cronache (Fanfani) - 5 (2,78%)
La confluenza nel PPI
Alle elezioni politiche del 1992 la DC raccolse il 29,7% (il suo minimo storico) e anche gli altri partiti del Pentapartito furono penalizzati. Nello stesso anno era scoppiato lo scandalo di Tangentopoli. La crisi innescata dall'inchiesta Mani pulite spinse il nuovo segretario Mino Martinazzoli a costituire il 18 gennaio 1994, dopo oltre cinquant'anni di attività, un nuovo partito, il Partito Popolare Italiano. Undici giorni dopo la nascita del PPI, il Consiglio Nazionale della DC scioglieva il partito dentro la nuova forza politica[16]. La DC riprendeva di fatto la denominazione del partito fondato da Sturzo nel 1919.
All'interno del PPI confluì gran parte della tradizione politico-culturale della Democrazia cristiana. Il partito mostrava ad esempio una chiara linea "di centro che guarda a sinistra" ed era sostanzialmente spaccato in tre correnti: una sinistra (Amintore Fanfani, Ciriaco De Mita, Gerardo Bianco, Nicola Mancino, Beniamino Andreatta), un centro (Mino Martinazzoli, Pierluigi Castagnetti, Sergio Mattarella, Rosa Russo Iervolino, Giulio Andreotti) ed una destra (Rocco Buttiglione, Roberto Formigoni, Sergio D'Antoni, Emilio Colombo).
Circa dieci ore prima che si costituisse il PPI, alcuni esponenti provenienti soprattutto dalla destra forlaniana-dorotea, favorevoli all'entrata nella coalizione di centro-destra con Forza Italia, Alleanza nazionale e Lega Nord, diedero invece vita al Centro Cristiano Democratico (CCD), guidato da Pier Ferdinando Casini e Clemente Mastella. Altra scissione dalla Democrazia cristiana fu provocata dalla frangia cattolico-sociale raccolta attorno ad Ermanno Gorrieri, che, fondendosi con la pattuglia di socialisti-cristiani di Pierre Carniti, diede vita al Movimento Cristiano Sociali, che contribuiranno a fondare i Democratici di Sinistra nel 1998. La DC si vide così divisa in tre tronconi: il PPI che mantenne la collocazione centrista, il CCD collocato nel centrodestra e i CS collocati a sinistra.
Mariotto Segni e Leoluca Orlando, deputati DC e fautori di una moralizzazione del sistema politico, diedero invece vita rispettivamente a due movimenti politici:
- Popolari per la Riforma, poi transitati in Alleanza Democratica ed evolutisi nel movimento centrista Patto Segni. Il Patto Segni successivamente ha assunto l'attuale denominazione di Patto dei Liberaldemocratici;
- La Rete, movimento di centro-sinistra.
Nell'estate del 1994 Rocco Buttiglione viene eletto segretario del Partito Popolare Italiano, sconfiggendo al congresso l'avversario scelto dalla sinistra del partito, Nicola Mancino. Successivamente anche il PPI, in seguito alla necessità di schierarsi imposta dal nuovo sistema elettorale bipolare, finì col dividersi: Rocco Buttiglione, insieme con una buona parte dell'ala destra del PPI, fondò il movimento dei Cristiani Democratici Uniti (CDU), a cui spettavano il simbolo della DC e il settimanale La Discussione; il resto del partito elesse invece quale leader Gerardo Bianco, che contava anche sul sostegno della maggioranza del consiglio nazionale, conservò invece il nome di Partito Popolare Italiano e il quotidiano Il Popolo. Finì così l'unità politica dei cattolici italiani.
La diaspora democristiana
Finita l'esperienza politica della Democrazia Cristiana, del partito, cioè, che ha governato l'Italia per il maggior numero di anni, e terminate anche le esperienze dei partiti (PPI, CCD, CDU) che ne erano i più immediati eredi, l'attuale situazione politica italiana ha visto la costituzione di nuovi partiti politici che si richiamano in qualche modo all'eredità democristiana, ma che sono ormai frazionati tra i due schieramenti imposti dal bipolarismo.
In ordine di consensi genericamente ricevuti, ovvero dal più rappresentativo al meno rappresentativo, esistettero i seguenti partiti politici, ora sciolti e confluiti in altri partiti:
- La Margherita, partito nato nel 2002 come aggregazione del PPI insieme al movimento de I Democratici di Romano Prodi e Rinnovamento Italiano di Lamberto Dini. È schierato con la coalizione di centro-sinistra e si caratterizza propriamente come un partito di centro che guarda a sinistra, collocato all'interno dell'area cattolico-sociale, pur non facendo parte né dell'Internazionale democristiana, né del Partito popolare europeo. A livello europeo i partiti fondatori del partito aderivano ad aggregazioni liberal democratiche (Rinnovamento italiano, i Democratici) e democratico-cristiane (il Partito popolare italiano). In seguito alla sempre maggiore connotazione del Ppe come partito moderato-conservatore di centrodestra, le diverse componenti cattolico-sociali e riformiste sono fuoriuscite dal partito, fondando un nuovo soggetto politico che concilia le istanze del riformismo cattolico, liberal democratico e socialdemocratico-liberale: il Partito Democratico Europeo. In Italia La Margherita ha sostenuto con convinzione la nascita del Partito Democratico, che unisce le diverse esperienze riformiste di centrosinistra. Il suo leader è stato fino allo scioglimento Francesco Rutelli.
- I Cristiano Sociali, partito fondato nel 1994 da Ermanno Gorrieri e Pierre Carniti, confluito nel 1998 nei Democratici di Sinistra e ora guidato da Giorgio Tonini. Fa ora parte del Partito Democratico come semplice associazione e non più come partito politico.
Sempre in ordine di consensi genericamente ricevuti, ovvero dal più rappresentativo al meno rappresentativo, esistono ancora:
- L'Unione dei Democratici Cristiani e Democratici di Centro (UDC), nato anch'esso nel 2002 dall'unione dei precedenti CCD e CDU. È schierato al centro, all'opposizione di governo e fuori dai due grandi schieramenti, mantiene il simbolo storico dello Scudo Crociato con la scritta "Libertas" e fa apertamente riferimento alla sua collocazione al Centro. Aderisce al Partito Popolare Europeo. Il suo leader è Pier Ferdinando Casini: infatti, il simbolo del partito - dal 2006 - porta al suo interno il nome "Casini". Il segretario politico è Lorenzo Cesa.
- I Popolari UDEUR, partito nato nel 1999 dopo l'esperienza dell'UDR inizialmente voluta dall'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Il suo leader è Clemente Mastella. Sostiene la sua collocazione centrista e aderisce al Partito Popolare Europeo. Il suo simbolo è un campanile, emblema delle strutture ecclesiastiche cristiane. Ha aderito, fino al 2008, alla coalizione di centro-sinistra. Dopo la sconfitta alle ultime elezioni politiche (il partito non è presente in Parlamento), l'UDEUR si è alleato con il PdL.
Una consistente componente democristiana è presente anche nel Popolo delle libertà, che attualmente è il principale rappresentante italiano del PPE. Esistono, inoltre, altri movimenti minori che si richiamano all'esperienza della DC ma che non hanno visibilità sullo scenario politico parlamentare nazionale.
Sono anche nate, su iniziativa di ex-membri della DC, componenti stabili all'interno di altri partiti, come:
- La Democrazia Cristiana per le Autonomie, nata nel 2005, è un partito che svolge un ruolo minoritario. Il suo leader è Gianfranco Rotondi. Fa esplicitamente richiamo al nome "Democrazia Cristiana" e aderisce alla coalizione di centrodestra. È uno dei partiti fondatori del Popolo della libertà, la coalizione presentatasi alle elezioni del 2008 che ha per leader il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, costituitasi poi in un partito unico. Non è riconosciuta a livello internazionale dal PPE.
- I cattolici di Alleanza Nazionale come Gustavo Selva, Antonio Mazzocchi, Andrea Ronchi, Giuseppe Gallo e Gaetano Rebecchini (presidente della Consulta Religiosa di AN).
- I cattolici nella Lega Nord, riuniti nella Consulta Religiosa e nei Cattolici Padani, alcuni dei quali hanno militato nella DC (due "padri nobili" in particolare: Gianfranco Miglio e Giuseppe Leoni, presidente dei Cattolici Padani).
Sono inoltre presenti alcuni piccoli movimenti che rivendicano il nome o il simbolo in continuità con la DC storica: tra questi vi è stato dapprima il movimento Rinascita della Democrazia Cristiana successivamente suddivisosi in vari altri piccoli partiti la Democrazia Cristiana - Scudo Crociato - Libertas, la Democrazia Cristiana di Giuseppe Pizza e Aniello Di Vuolo, il Partito Democratico Cristiano dell'on. Gianni Prandini. Sono dunque numerosi i movimenti politici che portano il nome di Democrazia Cristiana.
Si sono costituiti altri piccoli movimenti che si ispirano all'eredità democristiana: l'Italia di mezzo di Marco Follini, ex segretario dell'UDC, che ha successivamente aderito al Partito Democratico, Rifondazione DC di Publio Fiori, uscito da Alleanza Nazionale e in ultimo una lista civica nazionale denominata Lista Civica Cristiana, fondata da Guglielmo Bonanno.
Il disperdersi del patrimonio immobiliare
La Democrazia Cristiana negli anni di potere, aveva accumulato un ingente patrimonio immobiliare, compresi molti immobili adibiti agli usi delle sezioni. Alla diaspora delle forze del partito, corrispose una caotica fase di lotte tra le diverse "anime" confluite in partiti diversi.
Il grosso del patrimonio immobiliare fu rilevato da un immobiliarista veronese[17] (lo stesso che acquisterà molti degli immobili della Federconsorzi) e che fu poi travolto da un fallimento.[18] I passaggi successivi, molto oscuri, videro poi la proprietà trasferita nella ex-Jugoslavia.[19]
Risultati elettorali
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Segretari Politici
- Alcide De Gasperi (luglio 1944 - settembre 1946)
- Attilio Piccioni (settembre 1946 - gennaio 1949)
- Giuseppe Cappi (gennaio - giugno 1949)
- Paolo Emilio Taviani (giugno 1949 - aprile 1950)
- Guido Gonella (aprile 1950 - settembre 1953)
- Alcide De Gasperi (settembre 1953 - giugno 1954)
- Amintore Fanfani (giugno 1954 - marzo 1959)
- Aldo Moro (marzo 1959 - gennaio 1964)
- Mariano Rumor (gennaio 1964 - gennaio 1969)
- Flaminio Piccoli (gennaio - novembre 1969)
- Arnaldo Forlani (novembre 1969 - giugno 1973)
- Amintore Fanfani (giugno 1973 - luglio 1975)
- Benigno Zaccagnini (luglio 1975 - febbraio 1980)
- Flaminio Piccoli (febbraio 1980 - maggio 1982)
- Ciriaco De Mita (maggio 1982 - febbraio 1989)
- Arnaldo Forlani (febbraio 1989 - ottobre 1992)
- Mino Martinazzoli (ottobre 1992 - gennaio 1994)
Congressi
- I Congresso - Roma, 24-27 aprile 1946
- II Congresso - Napoli, 15-19 novembre 1947
- III Congresso - Venezia, 2-6 giugno 1949
- IV Congresso - Roma, 21-26 novembre 1952
- V Congresso - Napoli, 26-29 giugno 1954
- VI Congresso - Trento, 14-18 ottobre 1956
- VII Congresso - Firenze, 23-28 ottobre 1959
- VIII Congresso - Napoli, 27-31 gennaio 1962
- IX Congresso - Roma, 12-16 settembre 1964
- X Congresso - Milano, 23-26 novembre 1967
- XI Congresso - Roma, 27-30 giugno 1969
- XII Congresso - Roma, 6-10 giugno 1973
- XIII Congresso - Roma, 18-24 marzo 1976
- XIV Congresso - Roma, 15-20 febbraio 1980
- XV Congresso - Roma, 2-6 maggio 1982
- XVI Congresso - Roma, 24-28 febbraio 1984
- XVII Congresso - Roma, 26-30 maggio 1986
- XVIII Congresso - Roma, 18-22 febbraio 1989
Iscritti
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Cariche istituzionali
- Presidenti della Repubblica
- Presidenti del Senato
- Cesare Merzagora
- Ennio Zelioli-Lanzini
- Amintore Fanfani
- Giovanni Spagnolli
- Tommaso Morlino
- Vittorino Colombo
- Francesco Cossiga
- Presidenti della Camera
- Presidenti del Consiglio
- Alcide De Gasperi
- Giuseppe Pella
- Amintore Fanfani
- Mario Scelba
- Antonio Segni
- Adone Zoli
- Fernando Tambroni
- Giovanni Leone
- Aldo Moro
- Mariano Rumor
- Emilio Colombo
- Giulio Andreotti
- Francesco Cossiga
- Arnaldo Forlani
- Giovanni Goria
- Ciriaco De Mita
Note
- ^ Alle Elezioni europee del 1984 la DC fu superata, anche se di poco, dal Partito Comunista Italiano.
- ^ Scheda elettorale delle elezioni del 1924, lista n°5 "PPI".
- ^ Giorgio Galli, I partiti politici italiani, 1991, pagg. 305-320
- ^ Avvenire del 22 aprile 2005. La frase è citata anche dallo storico Paolo Trionfini.
- ^ Avvenire del 22 aprile 2005
- ^ Elena Aga-Rossi Victor Zaslavskyy: Togliatti e Stalin. Il PCI e la politica estera staliniana, p. 115
- ^ Aga-Rossi Elena - Zaslavsky Victor: Top. cit., pp. 231-254. L'insurrezione armata e le elezioni del 1948
- ^ Aga-Rossi Elena - Zaslavsky Victor, op. cit., p. 240. L'insurrezione armata e le elezioni del 1948
- ^ Aga-Rossi Elena - Zaslavsky Victor : Togliatti e Stalin. Il PCI e la politica estera staliniana negli archivi di Mosca - Editore: Il Mulino data publ.: 2007 - Capitolo V pag 157-I prigionieri di guerra italiani nell'URSS
- ^ Aga-Rossi Elena - Zaslavsky Victor, op. cit., cap. IV, pp. 135-156. Il PCI nella politica estera italiana e il problema di Triste
- ^ Aga-Rossi Elena - Zaslavsky Victorop. cit., cap. VI pp. 179-209. L'autarchia comunista e il rifiuto del piano Marshall
- ^ Elena Aga-Rossi - Victor Zaslavsky: Togliatti e Stalin. Il PCI e la politica estera staliniana negli archivi di Mosca - Capitolo : L'insurrezione armata e le elezioni del 1948 - pag 239-240 - Editore: Il Mulino data publ.: 2007
- ^ "Ho pertanto proposto al Capo dello Stato la nomina dei ministri che oggi con me si presentano per ottenere la fiducia o almeno la non sfiducia del Senato e della Camera dei deputati." Seduta della Camera dei Deputati del 4 agosto 1976 (PDF), su legislature.camera.it.
- ^ Salvatore Rea, Si fa presto a dire sinistra. Storia di Ciriaco De Mita dalla Magna Grecia a Palazzo Chigi, Leonardo 1990, pp. 85-86
- ^ L'omicidio di Ruffilli fu interpretato da Up &Down, mensile dell'Ispes, come un segnale ostile al "cambiamento".
- ^ il PPI ha un problema, si chiama De Mita
- ^ C
- ^ La Padania
- ^ Lega nazionale
- ^ Cui si aggiunsero 17 senatori di diritto.
Bibliografia
- Igino Giordani, Alcide De Gasperi il ricostruttore, Roma, Edizioni Cinque Lune, 1955
- Giulio Andreotti, De Gasperi e il suo tempo, Milano, Mondadori, 1956
- Gianni Baget Bozzo, Il partito cristiano al potere: la DC di De Gasperi e di Dossetti 1945-1954, Firenze, Vallecchi, 1974.
- Pietro Scoppola, La proposta politica di De Gasperi, Bologna, Il Mulino, 1977.
- Roberto Ruffilli, La DC e i problemi dello Stato democratico (1943-1960), ne Il Mulino, 6, novembre-dicembre 1976, pp. 835–853.
- Gianni Baget Bozzo, Il partito cristiano e l'apertura a sinistra: la DC di Fanfani e di Moro 1954-1962, Firenze, Vallecchi, 1977.
- Pasquale Hamel, "Nascita di un partito", Palermo, Dario Flaccovio, 1982.
- Giulio Andreotti, De Gasperi visto da vicino, Milano, Rizzoli, 1986.
- Agostino Giovagnoli, La cultura democristiana: tra Chiesa Cattolica e identità italiana 1918-1948, Roma-Bari, Laterza, 1991
- Nico Perrone, De Gasperi e l'America, Palermo, Sellerio, 1995, ISBN 88-389-1110-X.
- Agostino Giovagnoli, Il partito italiano: la Democrazia Cristiana dal 1942 al 1994, Bari, Laterza, 1996
- Nico Perrone, Il segno della DC, Bari, Dedalo, 2002, ISBN 88-220-6253-1.
- Giovanni Sale, De Gasperi gli USA e il Vaticano - All'inizio della guerra fredda, Milano, Jaca Book, 2005
- Gabriella Fanello Marcucci, Il primo governo De Gasperi - (dicembre 1945-giugno 1946) - Sei mesi decisivi per la democrazia in Italia, Soveria Manelli, Rubbettino, 2005
- Luciano Radi, La Dc da De Gasperi a Fanfani, Soveria Manelli, Rubbettino, 2005
- Elena Aga-Rossi - Victor Zaslavsky: Togliatti e Stalin. Il PCI e la politica estera staliniana negli archivi di Mosca - Editore: Il Mulino data publ.: 2007
- Giorgio Galli, Storia della Dc, Kaos edizioni, 2007
Altri progetti
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Voci correlate
- Le idee ricostruttive della Democrazia Cristiana
- Frammentazione della Democrazia Cristiana
- Elenco dei Governi Italiani
- Comitati Civici
- Uccisione di ecclesiastici in Italia nel secondo dopoguerra
- Giorgio Morelli
- Mario Simonazzi
- Eccidio dei conti Manzoni
- Apparato paramilitare del PCI
Collegamenti esterni
- Tre milizie, tre fedeltà: storia della Democrazia Cristiana - La storia siamo noi - Rai Educational
- La storia delle sedi della Democrazia Cristiana a Roma
- Cronologia della DC sul sito del centro studi Malfatti
- Centrostudimalfatti.org approfondimento DC del 1951
- Centrostudimalfatti.org approfondimento: La DC delle origini
- La storia della Democrazia Cristiana sul sito dell'Istituto Renato Branzi
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