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Hermann Felsner

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Hermann Felsner
NazionalitàAustria (bandiera) Austria
Germania (bandiera) Germania (1938-1945)
Calcio
RuoloAllenatore (ex calciatore)
Carriera
Squadre di club1
1909-1919Wiener Sport-Club? (?)
Carriera da allenatore
1920-1931Bologna
1931-1933Fiorentina
1933-1936Sampierdarenese
1936-1937Genova 1893
1937-1938MilanDT[1]
1938-1942Bologna
1948-1950Livorno
1 I due numeri indicano le presenze e le reti segnate, per le sole partite di campionato.
Il simbolo → indica un trasferimento in prestito.
 

Hermann Felsner (Vienna, 1º aprile 1889Graz, 6 febbraio 1977) è stato un calciatore e allenatore di calcio austriaco.

Terminata la carriera di allenatore, Felsner tornò in patria, a Graz, dove morì nel febbraio del 1977, all'età di 87 anni.

Ex giocatore del Wiener Sport-Club, dovette concludere la carriera da calciatore per via di un incidente.

L'epopea del Bologna che tremare il mondo fa

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Nel 1920 fu chiamato dal Bologna in maniera abbastanza curiosa: quando il consiglio rossoblù decise di ingaggiare un allenatore professionista, non v'era stato il minimo dubbio che il campo di ricerca dovesse circoscriversi a Vienna, la capitale del calcio tecnicamente più raffinato, quello del Wunderteam che deliziava le folle di tutta Europa. Il presidente del Bologna, Cesare Medica, mise una inserzione su un popolare quotidiano viennese, tra gli annunci economici. Risposero in diversi e allora Arrigo Gradi fu mandato in missione a Vienna. Lo storico fondatore del Bologna scelse Felsner: laureato in giurisprudenza, istruttore di ginnastica, aveva frequentato due corsi in Inghilterra per specializzarsi nel calcio, che amava e nel quale voleva affermarsi come allenatore. Uomo di spiccata personalità, molto sicuro di sé, pretese un lauto ingaggio. Nei libri contabili del Bologna fu riportato: «25 settembre 1920, rimborso spese a Gradi per viaggio a Vienna per assunzione trainer, lire 1183,65» e, più avanti: «Felsner, stipendio primo trimestre 1921, lire 6927»; all'epoca, una cifra molto elevata.

«Chi vide, dopo il match storico di Vercelli (dove il Bologna aveva espugnato un campo imbattuto da dieci anni, n.d.r.), i giocatori rossoblù ancor madidi di sudore e sporchi di fango affollarsi intorno a Felsner, abbracciarlo e baciarlo, può ben dire quale riconoscenza unisca gli allievi al loro maestro»

Felsner (al centro, primo da sinistra) allenatore del Bologna campione d'Italia nel 1928-1929

Al suo arrivo a Bologna spiazzò tutti: nessuno della società era ad attenderlo in stazione; se lo videro arrivare nell'allora sede al "caffè del Corso", in bombetta, palamidone e calzoni alla zuava. Portava anche il monocolo e il pince-nez. Appena lo videro all'opera, i dirigenti del club si resero subito conto di una scelta azzeccata. L'allenatore austriaco si rivelò una svolta storica per la squadra rossoblù: gli allenamenti cominciarono ad essere molto duri, la cura dei fondamentali e della tattica applicati in maniera maniacale. I giocatori del Bologna, quasi tutti studenti o lavoratori, furono sfiancati in infiniti giri di campo, ed esercitati palleggiando per ore contro i muri del vecchio Stadio Sterlino. Il Bologna diventò così non solo una compagine forte e quadrata, ma tecnicamente anche una squadra raffinata, di classica impostazione danubiana.[2][3][4] Felsner rivelò una grande conoscenza calcistica, e studiava i propri giocatori nei particolari: promosse come centromediano Gastone Baldi (fino ad allora mediocre terzino), ruolo che esaltò le sue grandi qualità tecniche facendolo arrivare in Nazionale. Anche Felice Gasperi subì una sorte simile: da attaccante delle formazioni giovanili, nelle quali faceva coppia con Schiavio, fu spostato da Felsner a terzino. Gasperi, in quella posizione, rimase una colonna del Bologna per diciassette anni.

«Ho avuto la ventura di trovare a Bologna quanto di meglio si potesse desiderare per un lavoro serio: materiale, uomo, ambiente, atleti che dal connubio delle doti tecniche e morali ricavano un potenziale di illimitato valore.»

La squadra, grazie anche all'esplosione di una formidabile nidiata di talenti (Baldi, Cesare Alberti, Della Valle, Genovesi, Schiavio e Gasperi), quasi tutti cresciuti alla scuola dall'italo-argentino Angelo Badini, e all'acquisto di Perin dal Modena nel 1919-20, fece il salto di qualità che la portò ad essere protagonista assoluta in campionato. Finalista dei gironi regionali del Nord (che davano accesso alla finalissima nazionale contro le squadre dei gironi del Sud) contro la Pro Vercelli nel 1920-21, persa 2-1 non senza polemiche. Di nuovo in finale di Lega Nord nel 1923-24, sconfitti dal Genoa. Nel 1924-25 il primo storico scudetto, dopo le cinque finali contro il Genoa. Nel 1925-26 nuovamente sconfitti in finale di Lega Nord, questa volta ad opera della Juventus. Nel 1927 secondi dietro al Torino, il campionato dello scudetto revocato alla squadra granata ma mai assegnato alla squadra seconda classificata. Nel 1928-29, secondo scudetto per il Bologna guidato dal "mago" austriaco, vinto in tre partite contro il Torino. Era nato "lo squadrone che tremare il mondo fa", e la popolarità di Felsner era all'apice. A Bologna lo chiamavano "il mago", oppure "il dottore", per via della sua laurea e per la sua scienza calcistica. Il mediano Genovesi lo chiamava, confidenzialmente, "l'umazz", l'omaccio in bolognese, per via dell'imponente statura.

La Fiorentina 1931-1932 di Felsner, alla sua prima stagione in Serie A.

Nel 1931 decise di andare ad allenare la Fiorentina, ma con la squadra gigliata ebbe poca fortuna. Ottenne un quarto posto nel 1931-32, e un quinto posto nel campionato 1932-33.

Sampierdarenese, Genova 1893 e Milan

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Nel 1933, esonerato dai viola, fu scelto dalla Sampierdarenese, squadra dalla quale anni più tardi nacque l'attuale Sampdoria. Con la squadra ligure Felsner rimase per tre anni, culminati nella storica promozione in Serie A nel 1933-1934.

Nel 1936 passò ai rivali storici del Genova 1893 con il quale al primo tentativo riuscì a vincere la Coppa Italia nel 1936-1937. Nella stagione successiva fu chiamato al Milan, e arrivò terzo in campionato e in semifinale di Coppa Italia.

Di nuovo campione a Bologna, gli ultimi anni a Livorno

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Nel 1938 rientrò a Bologna, in sostituzione di Árpád Weisz, allenatore campione d'Italia allontanato dalla panchina a seguito delle leggi razziali fasciste.[5] Scudetto nel 1938-39 e semifinale di Coppa dell'Europa Centrale, persa contro gli ungheresi del Ferencváros; secondo posto nel 1939-40, con scudetto perso all'ultima giornata contro l'Ambrosiana-Inter. Nel 1940-41 il Bologna fu di nuovo campione d'Italia. Era il suo quarto scudetto col Bologna. Vi rimase fino al 1941-42, con un settimo posto. Tornò in Austria nel 1942, poi nella stagione 1947-48 fu richiamato da Dall'Ara come direttore tecnico, al fianco dell'allenatore ungherese Gyula Lelovich; arrivarono ottavi.

Chiuse la carriera da allenatore nel 1950, dopo due campionati nel Livorno.

Bologna: 1924-1925, 1928-1929, 1938-1939, 1940-1941
Genoa: 1936-1937
Sampierdarenese: 1933-1934
  1. ^ Come direttore tecnico insieme all'allenatore József Bánás.
  2. ^ Articolo tratto da La Gazzetta dello Sport: «Il dottor Felsner è uno studioso di rara intuizione e di sicura dottrina, ma la lucerna, la elaborazione teorica, la gioia per la bontà del metodo si riflettono sul gioco di squadra. Una controprova eloquente: il Bologna ha battuto, giocando le sue più belle partite, le squadre più celebri dell'Europa danubiana. Dove il risultato conta meno del match, là il Bologna è signore. Per tutto questo l'elegante squadra emiliana è football medioeuropeo trapiantato ed acclimatato in Italia. Circolano nei suoi ranghi le stesse idee e quella freddezza di temperamento che non è sempre povertà di energia combattiva, ma conseguenza naturale della tecnica e della classe.»
  3. ^ Articolo di Mario Zappa, da La Domenica Sportiva del 1934: «Vi sono delle squadre che nascono col loro crisma in fronte. Il Bologna per esempio è la squadra d'attacco per eccellenza. Come tale si è rivelato al suo esordio nel gran mondo calcistico e come tale è sempre stata considerata. Per quanto sia mutato d'anno in anno il suo stile di attacco, l'essenza della squadra è stata pur sempre nel suo spirito offensivo, inalterabile attraverso i trapassi di uomini e le vicende delle gare. In qualsiasi evento (anche quelli sfortunati) il Bologna di un tempo aveva sempre la superiorità per numero e arte di attacchi e Baldi era la reale personificazione di questa tipica squadra d'assalto, quel Baldi che dava il tono a tutta la squadra e che d'ogni pallone faceva un boomerang lanciato per via tortuosa ma esatta verso la rete avversaria. Il gioco dei rosso-blu ha avuto dapprima il culto della manovra a otto giocatori, tipo viennese; e in proposito ha dato lezioni ed ha aperto gli occhi a moltissimi squadroni italiani. Il gioco era così bello e produttivo che si poteva fare anche a meno di una solida difesa.»
  4. ^ Articolo di Bruno Roghi, da La Gazzetta dello Sport, 12 luglio 1929: «Il Bologna era il successore legittimo del gioco da fighter del Genoa appunto in virtù della fluidità, della esattezza e della eleganza tecnica del suo football più accademico che vigoroso. I grandi giorni di celebrità del Bologna coincidono con i giorni della pienezza stilistica del suo gioco. L'equazione era questa: Bologna-arte.»
  5. ^ Árpád Weisz storia di calcio morte e discriminazioni, su corriereromagna.it. URL consultato il 30 agosto 2019.
  • Davide Rota, Dizionario illustrato dei giocatori genoani, Genova, De Ferrari, 2008, ISBN 978-88-6405-011-9.

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