Maestro runico: differenze tra le versioni
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Versione delle 21:50, 29 lug 2017
Un maestro runico è quell'artigiano che costruisce pietre runiche.
Origine
In analogia alle pietre runiche scolpite tra il VIII è il XI secolo, alcuni artefatti tra il II e il VI secolo riportavano il termine Erilaz, che in epoca moderna fu interpretato come colui che pratica la magia runica o come maestro runico.[1] Tuttavia, come riporta lo storico e linguista Bernard Mees, esperto di Fuþark antico, tale parola probabilmente deriva dal proto-germanico *erǭ ("combattere") ed è una variante ablativa dell'anglosassone eorl (earl, "conte"), inoltre è linguisticamente collegata al nome della tribù degli Eruli.[2] Pertanto, Erilaz è probabilmente un antico termine germanico per indicare la carica militare di jarl.
Funzione
Probabilmente nell'Alto medioevo la maggior parte degli scandinavi sapeva leggere le rune e scriveva messaggi su pezzi di legno o di osso.[3] Tuttavia, era difficile costruire pietre runiche perché per padroneggiare la tecnica bisognava essere scalpellini.[3] Nell'XI secolo, quando la maggior parte delle pietre runiche era stata innalzata, erano rimasti solo pochi maestri professionisti.[3] Loro e i loro apprendisti erano assoldati per fare le pietre runiche e solitamente, quando il lavoro era finito, segnavano la pietra con il nome dell'artefice.[3]
Più di 100 maestri runici vissuti nell'epoca vichinga e molti di questi sono vissuti nell'XI secolo nell'est della Svealand.[4] Molte pietre runiche anonime sono attribuite quasi sicuramente a questi maestri runici.[4]
Maestri runici importanti
Note
- ^ Thórhallur Eythórsson, Syntactic variation in the older runic inscriptions (PDF), Kulturhistorisk museum (KHM), p. 2. URL consultato il 9 September 2012.
- ^ Messaggio 2003, pp.41-68
- ^ a b c d (SV) Vilka kunde rista runor? al sito del Swedish National Heritage Board
- ^ a b La voce Runristare nella Nationalencyklopedin (1995).
Bibliografia
- Bernard Mees, Runic erilaR, in North-Western European Language Evolution (NOWELE), n. 42, 2003, pp. 41-68, DOI:10.1075/nowele.42.04mee.