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Agaricus campestris

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Prataiolo
Agaricus campestris
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoFungi
DivisioneBasidiomycota
SottodivisioneAgaricomycotina
ClasseAgaricomycetes
SottoclasseAgaricomycetidae
OrdineAgaricales
FamigliaAgaricaceae
GenereAgaricus
SpecieA. campestris
Nomenclatura binomiale
Agaricus campestris
L., 1753
Nomi comuni

Prataiolo

Agaricus campestris
Caratteristiche morfologiche
Cappello
convesso
Imenio
Lamelle
libere
Sporata
marrone
Velo
anello
Carne
virante
Ecologia
Commestibilità
commestibile

Il prataiolo[1] (Agaricus campestris L., 1753) è un fungo della famiglia delle Agaricaceae[2] variamente apprezzato; in alcuni Paesi è ritenuto il migliore fungo, mentre è rifiutato altrove. I Romani lo ritenevano ottimo, come ne fanno fede i versi di Orazio "Pratensibus optima fungis/Natura est; aliis male creditur" (in italiano: il prataiolo è il miglior fungo in natura; degli altri non bisogna fidarsi)[3].

Dal latino campester = campestre, perché cresce nei campi.

Descrizione della specie

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A. campestris

Il Cappello è globuloso con margini uniti al gambo, poi emisferico e infine piano-convesso, 5-20 cm di diametro; margini acuti con residuo di velo; cuticola bianco-gialliccia, bruno a maturità, fioccosa-serica e talora squamata.

Incurvate verso il margine, libere al gambo; carnicine, poi rosee o rosso-vinoso e infine bruno-violacee. Le Lamelle non devono essere bianche, nel caso si può trattare di un Leucoagaricus leucothites (commestibilità non dimostrata) o di una amanita mortale.

L'Agaricus campestris ha un gambo cilindrico, solido, liscio, di colore bianco, affusolato alla base.

L'anello è bianco, sottile, effimero, ripiegato a doppio collare.

La volva non è presente: In caso contrario l'identificazione è errata, potrebbe trattarsi di una amanita mortale.

Illustrazione di A. campestris

A medio sviluppo il cappello possiede carne soda, fragile, bianca o leggermente vinata, che vira molto lentamente al rosa al taglio.

L'odore è molto gradevole, aniseo o mandorlato; il sapore dolce o leggermente piccante. Assaggiarlo prima della certa identificazione è estremamente rischioso potendosi trattare di una amanita mortale.

Le spore appaiono ovoidali, brune in massa, 6,5-8 × 4,5-6 µm.

Distribuzione e habitat

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Fruttifica in estate-autunno, comune nei prati, nei campi, nei boschi concimati e pascoli.

Commestibilità

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Ottimo commestibile.

È necessario però prestare attenzione a non confonderlo con il tossico Agaricus xanthodermus o, peggio ancora, con le amanite mortali di colore bianco (Amanita verna, Amanita virosa e Amanita phalloides var. alba).

Sinonimi e binomi obsoleti

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  • Agaricus bisporus (J.E. Lange) Pilát, Sborn. Nár. Mus. v Praze, Rada B, Prír. Vedy 7(1): 46 (1951)
  • Agaricus brunnescens Peck, Bull. Torrey bot. Club 27: 16 (1900)
  • Agaricus cookeanus Bon [as 'cookeianus'], Documents Mycologiques 16(no. 61): 16 (1985)
  • Agaricus hortensis (Cooke) Pilát, Sb. nár. Mus. Praze 7B(1): 37 (1951)
  • Agaricus subfloccosus var. bisporus (J.E. Lange) Hlaváček, Mykologický Sborník 28(4-6): 68 (1951)
  • Psalliota bispora (J.E. Lange) F.H. Møller & Jul. Schäff., Annales Mycologici 36: 69 (1938)
  • Psalliota hortensis (Cooke) J.E. Lange, Dansk bot. Ark. 4(12): 8 (1926)

Specie simili

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  • Agaricus xanthodermus (velenoso), da cui si distingue in quanto di colore giallo/ giallo cromo alla base del gambo (sezionare dopo averlo estratto).
  • Altri funghi tossici del genere Agaricus (stesso discorso).

Specie simili mortali

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  • Amanita verna, Amanita virosa ed Amanita phalloides var. alba, tutte mortali, contengono sostanze estremamente tossiche anche a dosi minime: si distinguono principalmente per la presenza della volva assente nei funghi del genere Agaricus. Il presunto prataiolo non deve essere assaggiato e per essere identificato deve essere tagliato solo dopo averlo estratto completamente.
  1. ^ Giacomo Devoto, Gian Carlo Oli, Dizionario della lingua italiana, Firenze, Le Monnier, 1971, p. 1762.
  2. ^ (EN) Agaricus campestris, in Index Fungorum, CABI Bioscience.
  3. ^ Quinto Orazio Flacco, Satire, II, IV, vv. 20-21.

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