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Coniugazione (linguistica)

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Coniugazione del verbo correre in italiano. Da sinistra: passato (imperfetto), presente e futuro (futuro semplice)

In linguistica, la coniugazione di un verbo (dal latino coniugatio, 'unione', da coniugere, letteralmente 'porre sotto lo stesso giogo'[1][2]) è il complesso sistematizzato delle forme verbali prodotte dal meccanismo di flessione verbale.[3]

Il termine appartiene alla grammatica tradizionale. Vi corrisponde il termine "declinazione", che è la flessione dei sostantivi. Insieme alla declinazione, la coniugazione rappresenta una delle nozioni morfosintattiche fondamentali concepite dai grammatici antichi.[1]

Categorie grammaticali e coniugazione

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In molte famiglie linguistiche, la variazione morfologica dei verbi è influenzata da diverse categorie grammaticali (tempo, modo, persona, numero, aspetto e diatesi).[1]

Il sistema verbale delle lingue romanze è fondamentalmente basato sulla categoria del tempo (io correvo, io corro, io correrò). Si veda come la morfologia verbale italiana, ad esempio, è influenzata dalle altre categorie grammaticali coinvolte:

Tipica delle lingue indoeuropee è la polivalenza della desinenza verbale, in cui è contenuta sia l'informazione relativa alla persona sia quella relativa al numero (ad esempio, nel latino amas, la desinenza -as indica sia la seconda persona sia il singolare). Questo sistema è riconoscibile in diverse lingue indoeuropee moderne:[1]

  1. nell'italiano (ved-o, ved-iamo);
  2. nel francese (je march-e, nous march-ons);
  3. nel tedesco (ich sehe, wir sehen).

Sempre nelle lingue romanze, l'accordo del verbo per persona e per numero dipende dal sintagma nominale che detiene la funzione sintattica di soggetto; nelle lingue ergative, l'accordo dipende invece dalla transitività del verbo; in altri sistemi, come quello dell'ungherese, l'accordo è influenzato dal carattere determinato o indeterminato del nome flesso all'accusativo.[1]

Nei tempi composti, come il passato prossimo, la coniugazione viene influenzata anche dal genere: lui è andato, lei è andata. Dato che le forme del participio non vengono considerate pienamente come coniugabili, in italiano di solito non si parla di coniugazione maschile e femminile.

Il latino presenta una coniugazione separata per la diatesi passiva: amo ('io amo'), amor ('io vengo amato'). Come illustra questo stesso esempio, l'italiano provvede alla forma passiva attraverso forme verbali composte.

Caratteristiche

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Si distingue tra coniugazione tematica e coniugazione atematica, a seconda che vi sia o non vi sia una vocale tematica tra tema e desinenza.[1]

A proposito della coniugazione, si distingue poi tra forme verbali di carattere finito o indefinito, in relazione alla presenza o all'assenza di marche morfemiche che indichino persona e numero[1]; ad esempio, in italiano, il gerundio e l'infinito non cambiano le forme a seconda della persona; inoltre, l'imperativo non è coniugabile in tutte le persone. Ci sono poi particolari verbi detti "difettivi", che non sono completamente coniugabili in quanto mancano di specifiche voci o di interi modi o tempi. Alcuni esempi in italiano sono prudere, bisognare, vigere.

Tra le lingue germaniche, si distingue tra coniugazione forte e coniugazione debole: la prima continua l'antica coniugazione atematica, con apofonia della vocale radicale (in inglese: sing, sang, sung; in tedesco: binden, band, gebunden), mentre la seconda forma il preterito aggiungendo una dentale (in inglese: wash, washed, washed; in tedesco: leben, lebte, gelebt).[1]

Le coniugazioni nelle lingue

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Le coniugazioni della lingua italiana

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Lo stesso argomento in dettaglio: Coniugazione (lingua italiana).

In lingua italiana, si distinguono tradizionalmente tre coniugazioni.

  1. ^ a b c d e f g h Beccaria, pp. 174-176.
  2. ^ Il latino coniugatio corrisponde al greco syzygía (cfr. Beccaria, p. 175).
  3. ^ Coniugazione, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 20 marzo 2021.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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